1 Influenza degli ultrasuoni sullo scambio termico in monofase e bifase
1. Introduzione
Le tecniche di incremento (enhancement techniques) dello scambio termico convettivo si prefiggono di aumentare lo scambio di calore a parete, fissati alcuni vincoli operativi (constraints), adottando sistemi passivi o attivi. Nei sistemi passivi non c’è diretta applicazione di potenza esterna, mentre i sistemi attivi richiedono un’azione dall’esterno.
Lo studio delle tecniche di incremento dello scambio termico ha assunto negli ultimi anni un’importanza sempre crescente, al punto da poter essere considerato un campo di ricerca dotato di propria autonomia e dignità. In tabella 1 è proposta una classificazione delle tecniche di incremento dello scambio termico con l’indicazione, per ogni categoria, del numero (in percentuale) di citazioni bibliografiche, [1-2]. Dall’esame di suddetta tabella si rileva che grande attenzione è stata, ed è tuttora, rivolta all’applicazione delle tecniche di incremento nell’ambito di processi in convezione forzata.
Diversamente, l’aumento dello scambio termico in convezione naturale sembra riscuotere minor interesse, nonostante le numerose applicazioni ingegneristiche in cui questo meccanismo è utilizzato [3]. La distinzione tra convezione forzata e naturale ha profonde implicazioni nell’analisi dell’incremento termico: in convezione forzata, infatti, la portata di fluido che alimenta il processo di scambio termico può essere controllata in maniera indipendente: l’eventuale incremento di scambio termico derivante dall’uso, ad esempio, di superfici alettate, deve essere valutato in considerazione del probabile aumento della potenza di pompaggio necessaria a garantire il funzionamento del dispositivo in presenza della medesima portata.
La condizione operativa “ottimale” è quindi quella che realizza il miglior compromesso tra i benefici (incrementi dei coefficienti di scambio termico) ed i costi energetici (potenza di pompaggio) connessi all’applicazione della tecnica di incremento. In convezione naturale la portata del fluido non può essere controllata indipendentemente, ma è stabilita da un bilancio tra le forze di galleggiamento, di inerzia e viscose. Per effetto di una variazione della configurazione geometrica di scambio termico (ad esempio aggiunta di alette) il sistema si “autoregola”, senza concedere alcuna possibilità di controllo esterno della portata di fluido. Di conseguenza, in un processo convettivo naturale, l’applicazione di una tecnica che preveda una maggiore superficie di scambio termico (rispetto ad una situazione di riferimento) può non produrre il risultato sperato (maggiore scambio termico, a parità di differenza di temperatura tra parete e fluido) a causa di una significativa riduzione di portata dovuta alle maggiori resistenze viscose incontrate dal fluido. In convezione
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- ridurre le dimensioni dell’elemento di scambio, a parità di differenza di temperatura e di potenza termica scambiata.
Quest’ultimo beneficio è particolarmente apprezzato, perché consente di “miniaturizzare”
gli apparecchi, riducendo nel contempo il contenuto di fluido che può essere costoso o pericoloso.
Tra le principali tecniche di tipo attivo che sono state ampiamente investigate negli anni passati ed ormai diffuse nella pratica tecnologica, vi sono:
- l’agitazione indotta da vibrazioni o di una superficie o di un fluido;
- i campi elettrici e/o magnetici;
- l’iniezione e l’aspirazione, ad esempio di piccoli getti di aria;
- il “jet impingement”, cioè l’uso di un getto impattante su un superficie da raffreddare.
La tecnica di incremento dello scambio termico presa in esame in questa tesi è di tipo attivo, e può rientrare nella prima tipologia sopra elencata, in quanto riguarda la convezione naturale, in condizioni monofase e bifase alla pressione atmosferica, tra una superficie cilindrica, riscaldata per effetto Joule, ed acqua distillata, per mezzo di onde ultrasoniche, alla frequenza di 40 kHz. Queste sono generate da un trasduttore di potenza, a sua volta variabile: tale metodologia prevede dunque una spesa energetica. Gli ultrasuoni sono onde meccaniche sonore, caratterizzate da frequenze superiori a quelle udibili dall’orecchio umano. La frequenza convenzionalmente utilizzata per discriminare le onde soniche da quelle ultrasoniche è fissata in 20 kHz, come schematizzato in Fig.1.1:
Fig. 1.1: Onde sonore classificate in base alla loro frequenza
Come ogni altro fenomeno ondulatorio gli ultrasuoni sono soggetti a fenomeni di riflessione, rifrazione e diffrazione e sono definiti mediante parametri quali la frequenza, la
Infrasuoni Campo udibile da orecchio umano
ULTRASUONI
20Hz 20KHz 2MHz 200MHz
Note di basso
Applicazioni in campo chimico
Applicazioni mediche e controlli
distruttivi
Diagnostica
lunghezza d’onda la velocità di propagazione, l’intensità (misurata in decibel) e l’attenuazione (dovuta all’impedenza acustica del mezzo attraversato).
La nostra ricerca di base ha avuto come scopo fondamentale quello di chiarire l’influenza degli ultrasuoni nello scambio termico, a pressione atmosferica, in regime di convezione naturale monofase e bifase sia sottoraffreddata che nucleata. Sono state indagate, e conseguentemente ottimizzate, le variabili coinvolte nello scambio termico, nel range di variazione consentito dall’apparecchiatura utilizzata. La scelta del fluido di lavoro è ricaduta su un liquido, in quanto il coefficiente di estinzione ultrasuoni in aria è quattro ordini di grandezza superiore rispetto a quello in acqua.
L’effetto di onde acustiche, sia sonore che ultrasoniche, sull’enhancement in liquidi, è stato investigato sperimentalmente sin dagli anni’60: non sono reperibili tuttavia in letteratura lavori di tipo sistematico sull’argomento. Negli ultimi tre anni nel laboratorio di Termofluidodinamica del Dipartimento di Energetica “L.Poggi” è stata intrapresa una campagna di prove per ampliare il campo di indagine relativo ai risultati precedenti. In particolare ci siamo prefissi di valutare l’effetto dovuto alle onde ultrasonore, in condizioni mediamente stazionarie e che garantissero ripetibilità dei risultati, e cioè abbiamo operato in presenza di cavitazione detta “locale”. Gli ultrasuoni generano in un fluido cavitazione
“globale”, quando vi è notevole presenza di gas nel fluido, nel caso in cui questo non sia stato opportunamente degasato, e cavitazione “locale”, cioè dovuta al rilascio di bolle gassose intrappolate nelle asperità presenti sulla superficie riscaldata. Il nostro scopo è stato quello di eseguire una campagna di prove sperimentali in assenza di cavitazione
“globale”, perché questo fenomeno è transitorio. L’indagine ha investigato diverse variabili coinvolte nello scambio termico, con lo scopo di minimizzare la differenza di temperatura tra cilindro ed acqua, a parità di superficie di scambio, per massimizzare il coefficiente di scambio convettivo. Il flusso termico specifico è stato variato sempre nello stesso range, scelto in funzione di una possibile applicazione pratica. E’ stata modificata la posizione del cilindro, ovvero la distanza dal piano orizzontale passante per il suo asse e la superficie inferiore della vasca, e quella tra il piano verticale passante ancora per il suo asse e la parete frontale della vasca stessa. Come già menzionato precedentemente, è stato possibile variare la potenza ultrasonica, da 300 a 500W, per ottimizzare la spesa energetica di una possibile tecnica di enhancement, che preveda l’uso di ultrasuoni.
Il parametro più significativo è risultato senza dubbio la temperatura del fluido, e dunque il regime di scambio termico adottato: gli incrementi maggiori del coefficiente di scambio termico si sono riscontrati in ebollizione sottoraffreddata. In particolare in tale regime, alla
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pressione atmosferica, per temperature dell’acqua tra i 65 e gli 85°C, abbiamo riscontrato aumenti medi del coefficiente di scambio intorno al 60%, dovuti probabilmente, viste anche le foto e le riprese effettuate, alla favorevole combinazione di due effetti: l’uno dovuto alla cavitazione “locale” indotta dagli ultrasuoni e l’altro alla presenza massiccia in regime di sottoraffreddamento di bolle di vapore. E’ da specificare però che gli ultrasuoni non inducono turbolenza nel fluido, perché non si assiste alla formazione di vortici, né su micro, né su macro scala.
Il range dei valori di flusso termico dissipati per effetto Joule sulla superficie del cilindro sono stati da noi scelti, come prima accennato, in base ad una futura applicazione pratica:
dopo aver passato in rassegna diversi lavori sui problemi di raffreddamento in particolari componenti elettronici di ultima generazione, è sembrata una buona soluzione l’uso di un sistema di raffreddamento ad ultrasuoni. Questi componenti microelettronici, chiamati “3D packaging systems”, sono al momento ostacolati nel loro sviluppo da problemi di origine termica: essi infatti smaltire ingenti quantità di flussi specifici da smaltire, ma al contempo hanno dei limiti, legati al materiale, sul raggiungimento di temperature ”critiche”, oltre le quali si formano “hot spots” sulla loro superficie ed ha origine il loro deterioramento irreversibile. Per questo motivo i valori di flusso dissipato dal nostro riscaldatore sono stati scelti proprio pari a quelli che i 3D packaging systems devono smaltire, e cioè nell’ordine di grandezza tra 104e 106 W/m2 . Visti i notevoli risultati da noi ottenuti, anche se a livello di ricerca di base, le onde ultrasoniche potrebbero contribuire ad un più rapido sviluppo di tali sistemi.
La presente tesi si articola sostanzialmente in tre fasi: nella prima sono stati riportati richiami teorici sulla convezione libera, specialmente in condizioni bifase, e sulle onde ultrasonore, insieme ad una rassegna dei lavori scientifici, a nostro riguardo più significativi, sull’uso degli ultrasuoni come tecnica di enhancement, insieme ad una panoramica sui problemi termici dei 3D packaging systems, in vista della possibile applicazione pratica dei nostri risultati proprio a questi sistemi. Nella seconda parte è stata focalizzata l’attenzione sulla nostra campagna di prove: l’apparato sperimentale, la procedura di prova, l’elaborazione dati ed il calcolo dell’incertezza sperimentale. Infine l’ultima parte riporta i risultati sperimentali ottenuti con la loro relativa analisi, per poter arrivare a trarre le conclusioni ed i possibili sviluppi di questa indagine sperimentale.