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(1)Capitolo I LA NORMATIVA IN MATERIA DI LAVORI PUBBLICI «In attuazione dell’art

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Capitolo I

LA NORMATIVA IN MATERIA DI LAVORI PUBBLICI

«In attuazione dell’art. 97 della Costituzione l’attività amministrativa in materia di opere e lavori pubblici deve garantirne la qualità e uniformarsi a criteri di efficienza e di efficacia, secondo procedure improntate a tempestività, trasparenza e correttezza, nel rispetto del diritto comunitario e della libera concorrenza tra gli operatori.»1

Con questo comma iniziava il testo della legge 11 Febbraio 1994, n.

109 Legge quadro in materia di lavori pubblici (altrimenti nota come Legge Merloni) che segnò l’inizio del processo di riforma delle attività, delle figure, dei ruoli e delle responsabilità delle fasi del processo realizzativo dell’opera pubblica.

L’emanazione di tale legge si rese necessaria per dare una risposta forte e concreta all’incapacità da parte delle Pubbliche Amministrazioni di gestire gli appalti pubblici nella realizzazione di opere al servizio dei cittadini. L’Italia era in una situazione di emergenza, a seguito degli

1 Legge n. 109/1994 art. 1, comma 1

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scandali di Tangentopoli. Bisognava porre fine a una stagione in cui gli incarichi di progettazione e realizzazione delle opere pubbliche venivano assegnati con logiche di lottizzazione, in base all’appartenenza a partiti politici, esclusivamente attraverso trattativa privata e gare pilotate. Senza contare che fino agli anni ’90 nessuno strumento normativo era in grado di stabile un iter programmatico e le responsabilità proprie di ogni figura che prendono parte al processo edilizio e che la legge di riferimento vigente all’epoca (il regio decreto 350 del 1895) necessitava di una revisione. La situazione era tale da rendere impossibile la verifica dell’efficacia, della correttezza e rapporto costo globale – valore di utilizzo delle soluzioni proposte.

L'iter legislativo della Legge n. 109/94 comincia nel 1992, nel 1994 viene approvato il testo con la denominazione di "Legge Merloni in materia di lavori pubblici" che subisce una prima modifica nel 1995 con la Legge 216 denominata "Merloni bis" ed infine nel 1998 con la Legge 415 denominata "Merloni ter"

In seguito molti provvedimenti legislativi si sono succeduti per integrare e rafforzare i principi della Legge Merloni, nell’intento di renderla più operativa e flessibile.

Ad oggi il testo che nell’ordinamento italiano regola la realizzazione e gestione delle opere pubbliche è il Testo Unico degli Appalti (detto anche Codice De Lise) ovvero il D.Lgs. n. 163 del 12 Aprile 2006, aggiornato in seguito mediante D.Lgs. n. 6/2007 e D.Lgs. n. 113/2007. Tale decreto nasce come Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE con l’intento di

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riassumere le norme che dal 1994 hanno riguardato la delicata materia delle opere pubbliche.

Da tempo si era posta a livello comunitario la necessità di una riforma al quadro della normativa sugli appalti pubblici, operando una semplificazione ed una risistemazione complessiva della materia, individuando un corpus unitario di norme a valere per forniture, servizi e lavori. In questo quadro, la Direttiva 18 pone, infatti, una normativa comune ai tre settori oggetto d’appalto, unificando la disciplina degli appalti e concessioni di lavori, servizi, forniture nei settori ordinari, mentre la Direttiva 17 disciplina gli appalti e concessioni di lavori, servizi e forniture nei settori cosiddetti “esclusi” o, meglio, “speciali” (gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica).

Nel nostro Paese il precipitato delle nuove Direttive e’ costituito dal Nuovo Codice degli Appalti, anche se la materia e’ stata gestita in modo un po’ emergenziale e forse la stesura del testo avrebbe richiesto maggiori indagini e approfondimenti delle problematiche.

Dalla lettura combinata dell’articolo 5 (Regolamento e Capitolati), dell’articolo 196 e dell’articolo 253 (Norme transitorie) del nuovo Codice dei contratti si comprende che il Regolamento di cui al D.P.R. 554/1999 ed il Capitolato di cui al D.M. n. 145/2000 dovrebbero essere messi in pensione non appena sarà pronto il nuovo Regolamento che deve essere riscritto in alcune parti per adattarlo:

alle modifiche introdotte dal nuovo Codice degli appalti;

per estenderlo anche a servizi e forniture, nonché ai settori esclusi;

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per inserire all’interno dello stesso le norme relative ai requisiti soggettivi, certificazioni di qualità, nonché qualificazione degli operatori economici previsti nella vecchia normativa all’interno del D.P.R. n. 34/2000.

Comunque, la struttura di base dello stesso sarà identica a quella del precedente Regolamento e dovrà dettare le disposizioni di attuazione ed esecuzione del codice. «Fino all'entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 5, continuano ad applicarsi il D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, il D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, e le altre disposizioni regolamentari vigenti che, in base al presente codice, dovranno essere contenute nel regolamento di cui all'articolo 5, nei limiti di compatibilità con il presente codice. Per i lavori pubblici, fino all'adozione del nuovo capitolato generale, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 19 aprile 2000, n. 145, se richiamato nel bando, nei limiti di compatibilità con il presente codice».2

Nel Nuovo Codice sono contenute anche alcune novità rispetto alla Legge Merloni, come per esempio una sostanziale liberalizzazione degli appalti con nuove disposizioni per gli appalti integrati, quegli appalti cioè che prevedono come oggetto non solo la realizzazione dell’opera, ma anche la progettazione (definitiva o esecutiva). Ovviamente si dovrà aspettare l’emanazione del Regolamento per comprendere meglio l’oggetto e le procedure di tale sistema. Nonostante tali novità resta comunque il fatto che il Nuovo Codice ha l’importante compito di

2 D. Lgs. N. 163/2007 art. 253,comma 3, così come modificato dall’art. 2,comma 1, lettera ggg) del D. Lgs. n. 113/2007

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rafforzare e attualizzare le importanti innovazioni che la Legge Merloni aveva introdotto in materia per ristrutturare il mercato dei lavori pubblici.

Per la prima volta veniva posto l’accento a livello normativo sulla programmazione degli interventi e sul progetto, riconoscendo l’importanza di ottenere un prodotto di qualità. «La progettazione ha come fine fondamentale la realizzazione di un intervento di qualità e tecnicamente valido, nel rispetto del miglior rapporto fra i benefici e i costi globali di costruzione, manutenzione e gestione. La progettazione è informata, tra l’altro, a principi di minimizzazione dell’impegno di risorse materiali non rinnovabili e di massimo riutilizzo delle risorse naturali impegnate dall’intervento e di massima manutenibilità, durabilità dei materiali e dei componenti, sostituibilità degli elementi, compatibilità dei materiali ed agevole controllabilità delle prestazioni dell’intervento nel tempo».3

Già la Legge 109, recependo le direttive europee, invitava in modo chiaro e preciso gli operatori del settore a valorizzare e salvaguardare, già in fase di programmazione e progettazione, l’ambiente naturale e il patrimonio storico-artistico. Viene infatti ribadita l’importanza dell'impegno di risorse e materiali rinnovabili poiché «il principio di economicità può essere subordinato, […], ai criteri, previsti dal bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute e dell'ambiente e alla promozione dello sviluppo sostenibile». 4 L’opera viene vista non solo da un punto di vista puramente economico ma nell’ottica dello sviluppo sostenibile e della

3 D.P.R. n. 554/1999 art. 15, comma 1

4 D. Lgs. N. 163/06 art. 2, comma 2

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sempre maggiore complessità della realtà sociale e territoriale in cui è inserita.

Le principali innovazioni che furono introdotte dalla Legge Merloni sono: l’introduzione di una figura di responsabilità dell’intero procedimento, individuando nel Responsabile Unico del Procedimento (RUP) l’interprete e il realizzatore delle esigenze della collettività;

l’attualizzazione della fase di programmazione degli interventi e la definizione specifica degli scopi e delle relative fasi progettuali;

l’introduzione delle verifiche in itinere di tutte le fasi progettuali e il controllo per la validazione degli elaborati esecutivi.

Il Responsabile del Procedimento venne per la prima volta introdotto dalla Legge n. 241/1990, con la responsabilità di seguire l’intero processo edilizio, ma la poca precisione nella definizione di compiti e responsabilità lasciavano molto vaghi le prerogative e i titoli di tale figura.

Per questo la Legge Merloni segna con accuratezza i requisiti, stabilendone in via definitiva funzioni e incarichi dalla fase di programmazione fino a quella di esecuzione e controllo. Il RUP è nominato dall’amministrazione e interviene nelle fasi di aggiornamento annuale del programma triennale, nelle fasi di affidamento, elaborazione e approvazione del progetto, nelle procedure di scelta del contraente per appalti e concessioni, nel controllo periodico del rispetto di tempi, qualità e costi, nelle fasi di esecuzione e collaudo. Le sue funzioni specificate nel suo regolamento attuativo D. Lgs.

n. 554/99 sono riassunte all’articolo 10 del D. Lgs. n. 163/06.

La programmazione dei lavori pubblici scaturisce dalla necessità di utilizzare al meglio le risorse pubbliche da parte della Pubblica

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Amministrazione; «il programma triennale costituisce momento attuativo di studi di fattibilità e di identificazione e quantificazione dei bisogni. […]

Le amministrazioni aggiudicatrici individuano con priorità i bisogni che possono essere soddisfatti tramite la realizzazione di lavori finanziabili con capitali privati, in quanto suscettibili di gestione economica».5 Il programma triennale deve individuare le esigenze da soddisfare, nelle modalità più congrue ed adeguate e sulla base di una indicazione sulle priorità tra progetti ritenuti fattibili e rientranti nelle disponibilità finanziarie stabilite.

L’idea di realizzare un’opera pubblica scaturisce naturalmente dall’intento di fornire un servizio alla comunità. Per questo l’idea iniziale deve prendere corpo ed essere approfondita per meglio comprendere i reali bisogni degli utenti che si intendono servire. Il Nuovo Codice dei Contratti prevede che lo Studio di Fattibilità sia obbligatorio affinché un’opera sia inserita nel programma annuale qualunque sia l’importo (ad esclusione dei lavori di manutenzione per i quali è sufficiente una stima sommaria dei costi e un elenco degli interventi).

Lo SdF permette di mettere in luce tutti gli aspetti che riguardano tali esigenze e rappresenta il documento attraverso cui si raccolgono tutte le informazioni necessarie. Per questo motivo esso ha il compito di delineare attraverso un’analisi propedeutica le varie alternative di progetto che in misura diversa possono rispondere ai bisogni individuati.

5 D. Lgs. n. 163/06 art. 128, comma 2

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Il RUP prima di passare alla fase di progettazione dovrà redigere il Documento Preliminare di avvio alla Progettazione (Dpp) che costituisce una linea guida fondamentale per la verifica dell’attività progettuale; il Dpp contiene infatti gli obiettivi, i vincoli, le esigenze, le funzioni e i requisiti individuati nello Studio di Fattibilità dell’opera che consente all’amministrazione di inserirla nel programma triennale. In particolare il Documento preliminare «con approfondimenti tecnici e amministrativi graduati in rapporto all’entità, alla tipologia e categoria dell’intervento da realizzare, riporta fra l’altro l’indicazione:

a) della situazione iniziale e della possibilità di far ricorso alle tecniche di ingegneria naturalistica; b) degli obiettivi generali da perseguire e delle strategie per raggiungerli; c) delle esigenze e bisogni da soddisfare; d) delle regole e norme tecniche da rispettare; e) dei vincoli di legge relativi al contesto in cui l’intervento è previsto; f) delle funzioni che dovrà svolgere l’intervento; g) dei requisiti tecnici che dovrà rispettare; h) degli impatti dell’opera sulle componenti ambientali e nel caso degli organismi edilizi delle attività ed unità ambientali; i) delle fasi di progettazione da sviluppare e della loro sequenza logica nonché dei relativi tempi di svolgimento; l) dei livelli di progettazione e degli elaborati grafici e descrittivi da redigere; m) dei limiti finanziari da rispettare e della stima dei costi e delle fonti di finanziamento; n) del sistema di realizzazione da impiegare».6

6D.P.R. n. 554/99 art. 15, comma 5

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Il Dpp si pone quindi a cavallo della fase di programmazione e di progettazione preliminare e permette di individuare i requisiti normativi, tecnici ed economici che l’attività di progettazione deve rispettare per rispondere agli obiettivi prefissati.

La differenza rispetto alla normativa precedente, che rimetteva le scelte progettuali nelle mani del progettista, sta nel fatto che il nuovo iter del processo edilizio prevede che sia il Responsabile del Procedimento a specializzare la domanda dell’opera da realizzare cosicché il progettista sia chiamato ad approfondire un tema rigorosamente definito rispettando tutta una serie di vincoli.

In questo contesto la legge stabilisce che «la progettazione in materia di lavori pubblici si articola, nel rispetto dei vincoli esistenti, preventivamente accertati, laddove possibile fin dal documento preliminare, e dei limiti di spesa prestabiliti, secondo tre livelli di successivi approfondimenti tecnici, in preliminare, definitiva ed esecutiva, in modo da assicurare: a) la qualità dell'opera e la rispondenza alle finalità relative; b) la conformità alle norme ambientali e urbanistiche; c) il soddisfacimento dei requisiti essenziali, definiti dal quadro normativo nazionale e comunitario.»7

Il progetto preliminare deve contenere le indagini preliminari e lo studio di fattibilità ambientale, nonché le caratteristiche dell’opera (planimetria generale e schemi grafici) e dei limiti finanziari. In tale fase

7 D. Lgs. n. 163/06 art. 93 comma 1, ex art. 16 L. n. 109/94

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progettuale vengono anche fornite le prime indicazioni e disposizioni per la redazione dei piani di sicurezza.

Il progetto definitivo definisce in completezza l’opera sia sotto gli aspetti architettonici e tecnici, sia sotto l’aspetto finanziario. Si correda di redazioni tecniche e calcoli preliminari sulle strutture, rilievi e studi di impatto ambientale dove previsto.

Il progetto esecutivo determina in ogni dettaglio i lavori da realizzare e il relativo costo previsto; esso è redatto sulla base degli studi e delle indagini compiuti nelle fasi precedenti e permette di identificare in forma, tipologia, qualità dimensione e prezzo ogni elemento del progetto.

Lo scopo della definizione dei livelli di progettazione è quello di assicurare la qualità dell’opera in corrispondenza alle finalità prestabilite, le conformità ai vincoli e il soddisfacimento dei requisiti. Tale corrispondenza è verificata dal RUP attraverso una serie di revisioni del progetto in contraddittorio con i progettisti di tutte le fasi progettuali. La «validazione»

finale del progetto è la condizione necessaria per passare alla fase di affidamento dei lavori.

La verifica dei progetti assume una grande importanza considerando che prima della nuova normativa l’affidamento dei lavori avveniva in maniera fiduciaria e non era inusuale che il progetto prendesse forma in itinere. Le varianti in corso d’opera rappresentavano la normalità per adeguare il progetto a situazioni inaspettate e colmare lacune degli elaborati presentati per l’esecuzione dei lavori, con la conseguenza di rallentamenti, costi elevati, scarso controllo della qualità.

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Le verifiche dei progetti e l’organizzazione della validazione possono essere effettuate direttamente dal RUP utilizzando i propri tecnici e le consulenze esterne necessarie oppure affidando la gestione del processo di verifica a enti accreditati. Il codice contratti stabilisce che «con il regolamento sono disciplinate le modalità di verifica dei progetti, attenendosi ai seguenti criteri:

a) per i lavori di importo pari o superiore a 20 milioni di euro, la verifica deve essere effettuata da organismi di controllo accreditati ai sensi della norma europea UNI CEI EN ISO/IEC 17020; b) per i lavori di importo inferiore a 20 milioni di euro, la verifica può essere effettuata dagli uffici tecnici delle stazioni appaltanti ove il progetto sia stato redatto da progettisti esterni o le stesse stazioni appaltanti dispongano di un sistema interno di controllo di qualità, ovvero da altri soggetti autorizzati secondo i criteri stabiliti dal regolamento; […]»8

Gli organismi preposti al controllo sono enti che offrono servizi ispettivi e che hanno subito una valutazione da parte del SINCERT o altro ente equivalente circa la loro struttura societarie e l’organizzazione interna, le procedure operative e le risorse tecniche a disposizione valutandone la conformità ai requisiti della norma UNI EN 45000.

Tuttavia nell’attesa di un regolamento attuativo di tali disposizioni, risulta ancora molto vago il sistema di affidamento dei controlli ai certificatori e il RUP ha ancora la facoltà di validare i progetti attraverso società o persone che non hanno l’obbligo di possedere una certificazione.

8 D. Lgs. n. 163/06 art. 112 comma 5

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Lo sforzo del legislatore di rapportare ai lavori pubblici il sistema di certificazione della qualità si esplica anche nell’inserimento nella normativa cogente del sistema di qualificazione delle aziende appaltatrici così come predisposto dalle norme della serie UNI EN ISO 90009. Tali disposizioni forniscono una metodologia per l’implementazione di un Sistema di Gestione della Qualità, cioè un insieme di strumenti e procedimenti per assicurare la qualità in un dato contesto socio-economico.

Il Sistema Nazionale per l’Accreditamento degli Organismi di Certificazione e Ispezione (SINCERT) garantisce la professionalità e la competenza degli Organismi di Certificazione; tali organismi dall’emanazione del D.P.R. n. 34/00 sono costituiti dalle Società Organismi di Attestazione (SOA) che a loro volta verificano i requisiti delle aziende per la partecipazione alle gare.10 I controlli sulle aziende riguardano le capacità sia tecniche che organizzative e finanziarie, quindi non solo per verificare che possano rispondere ai livelli prestazionali previsti dal

9 ISO 9000 identifica una serie di norme e linee guida sviluppate dall’ISO, che propongono un sistema di gestione per la qualità, pensato per tenere sotto controllo i processi aziendali indirizzandoli alla soddisfazione del cliente. Le ISO 9000 dall'anno 2000 sono suddivise in:

* ISO 9000 che descrive le terminologia e i principi essenziali dei sistemi di gestione qualità e della loro organizzazione;

* ISO 9001 per la definizione dei requisiti dei sistemi qualità;

* ISO 9004 che è una linea guida per il miglioramento delle prestazioni delle organizzazioni.

Il nome completo della norma recepita in Italia è UNI EN ISO 9001:2002 in quanto la norma ISO è armonizzata, pubblicata e diffusa dall'Ente Nazionale Italiano di Unificazione e dal Comitato Europeo di Normazione in Europa.

10 L’Accreditamento è l’atto conclusivo della procedura mediante il quale gli organismi di accreditamento legittimano gli organismi di certificazione a svolgere le loro attività. La Certificazione è il documento che dimostra il possesso del certificato di sistema di qualità conforme alle norme europee serie UNI EN ISO 9000 e alla vigente disciplina nazionale.

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progetto o dal capitolato, ma anche che siano in grado di mostrare flessibilità e competitività di fronte alla complessità del processo edilizio.

Nonostante la Legge Merloni prevedesse importanti benefici11 a chi ottenesse certificazione di qualità, che sono stati anche recepiti in seguito dal nuovo codice dei contratti, l’applicazione delle normative in merito di certificazione di qualità è ancora molto vaga e purtroppo la realtà delle imprese italiane si mostra inadeguata a competere sotto il profilo della qualità e dell’efficienza sul mercato internazionale.

11 «Le imprese alle quali venga rilasciata da organismi accreditati, ai sensi delle norme europee della serie UNI CEI EN 45000 e della serie UNI CEI EN ISO/IEC 17000, la certificazione di sistema di qualità conforme alle norme europee della serie UNI EN ISO 9000, usufruiscono del beneficio che la cauzione e la garanzia fideiussoria, previste rispettivamente dall'articolo 75 e dall'articolo 113, comma 1, sono ridotte, per le imprese certificate, del 50 per cento» D. Lgs. n. 163/06 art. 40, comma 7.

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LA QUALITÀ NEI LAVORI PUBBLICI

Le recenti richieste del mercato per i professionisti nell’ambito del processo edilizio sono la verifica dell’obsolescenza del progetto, la sostenibilità ambientale, l’efficacia della funzionalità d’uso degli spazi e delle tecnologie da parte dell’utenza. Infatti negli ultimi anni si sta verificando un crescendo delle aspettative da parte degli utenti per quanto riguarda gli edifici, dovuto in gran parte al grande cambiamento delle tecnologie delle strutture moderne. Cercare di soddisfare delle aspettative crescenti è molto costoso, ma non riuscire a soddisfare esigenze insorgenti a seguito del cambiamento lo è ancora di più, in quanto le strutture obsolete impongono gravi fardelli sulle amministrazioni e sugli utenti, che finiscono per sostenere maggiori costi di esercizio per sopperire alla differenza tra necessità e capacità della struttura. Tutti gli operatori del settore, a qualunque livello operino, si trovano a far fronte continuamente a necessità e scelte di investimento per poter dare risposte adeguate a tali nuove richieste.

Le pressioni sopra le imprese verso un continuo progresso ha portato alla ricerca di sistemi di miglioramento di competitività e produttività che troppo spesso portano a scelte basate esclusivamente sui criteri di costo e realizzabilità. Oggi le mutate esigenze soprattutto da parte dell’utenza, hanno fatto della qualità del prodotto uno dei fattori determinanti per il successo.

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La qualità secondo la norma ISO 9000:2002 è «l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche di un prodotto o di un’entità che conferiscono ad essa la capacità di soddisfare esigenze o aspettative espresse, generalmente implicite o cogenti». Questa definizione lascia comunque aperta la questione sulla determinazione precisa delle esigenze nei vari casi particolari che possono essere talvolta difficilmente identificabili. Anche se nell’ambito del processo edilizio si possono individuare esigenze e requisiti, è difficile una chiara definizione della qualità; il processo edilizio infatti è caratterizzato da importanti particolarità che non consentono di ricondurlo a schemi fissi. Nel settore delle costruzioni non è possibile verificare i risultati attesi con un

“prototipo” come invece avviene nei processi di tipo ripetitivo, ad esempio nel settore manifatturiero. Il processo edilizio, inteso quindi come processo produttivo, è sicuramente uno dei più complessi, poiché interessa molteplici discipline e in esso intervengono attività di molti soggetti diversi.

Un’altra considerazione doverosa è che la conformità a precise norme che stabiliscono i requisiti costruttivi, tecnici, prestazionali e funzionali dell’oggetto in esame viene considerata spesso sinonimo di qualità. In realtà la rispondenza alle normative non sempre genera un prodotto di qualità così come è intesa da chi è il reale fruitore. Infatti, nel concetto di qualità deve essere insito il soddisfacimento non solo dei requisiti tecnici, ma anche dei bisogni richiesti dall’utente.

Qualità nelle opere pubbliche – opere di costruzione destinate ad uso pubblico e realizzate, in tutto o in parte, con l’impiego del pubblico denaro – significa capacità di soddisfare i bisogni, morali e materiali,

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sociali ed economici, correlati alla realizzazione ed utilizzazione di tali opere.

D’altronde una delle maggiori limitazioni nel perseguimento della qualità è quella di fare i conti con le limitate disponibilità economiche delle pubbliche amministrazioni e spesso la necessità di contenere i costi degli interventi può portare a soluzioni non ottimali. È fondamentale sotto questo aspetto la determinazione dei costi di ciclo di vita12 che comprendono non solo i costi iniziali (come quelli di progettazione e di costruzione), ma anche quelli legati al funzionamento, cioè alla gestione e manutenzione dell’opera. Infatti durante la vita economica un elemento è soggetto a progettazione, costruzione, uso, riparazione, manutenzione, cambiamenti e infine a dismissione. Questi processi fanno tutti parte del ciclo di vita e i costi relativi creano il costo totale.

Il maggiore potenziale di risparmio nell’ambito di analisi dei costi di un ciclo di vita si ha nelle fasi iniziali del progetto; infatti non solo i potenziali risparmi sono più considerevoli, ma anche i costi di modifica dei piani e delle specifiche sono notevolmente inferiori, perché ancora in fasi decisionali. Man mano che il progetto entra nella fase di realizzazione è sempre più difficile il controllo delle spese richieste.

Appare dunque indispensabile una visione trasversale dell’intero processo edilizio, per rileggere tutte le sue fasi finalizzandole al successivo utilizzo per la gestione e il controllo del prodotto finito. I vari operatori non

12 Life Cycle: periodo di tempo, noto o ipotizzato, in cui il prodotto, qualora venga sottoposto ad una adeguata manutenzione, si presenta in grado di corrispondere alle funzioni per le quali è stato ideato, progettato e realizzato, permanendo all’aspetto in buone condizioni.

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possono più preoccuparsi dello svolgimento di un’unica funzione, ma devono coordinarsi con le altre in un’ottica comune, dove la centralità viene spostata sull’oggetto da realizzare.

Come è possibile progettare opere pubbliche che realmente rispondano alle esigenze degli utenti e al contempo rispettare le limitate risorse a disposizione senza che questo aspetto ne pregiudichi la qualità?

Si rende necessaria l’individuazione di una metodologia flessibile alle esigenze che di volta in volta devono essere analizzate, che tenga conto delle risorse disponibili, che semplifichi le scelte progettuali e attuative, che si basi su un parametro di riferimento che consideri non solo l’aspetto economico e che permetta il facile confronto tra le alternative.

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L’ANALISI DEL VALORE

Una possibile strada da intraprendere è quella della trasposizione del settore dell’edilizia di un procedimento ormai convalidato in ambito industriale, nato nel 1943 negli Stati Uniti ad opera di Lawrence D. Miles.

La messa a punto di tale metodo chiamato Analisi del Valore (AV)13 rappresenta il risultato di diversi anni di lavoro di un gruppo di tecnici della General Electric Company, guidati dall’ingegnere elettronico Miles, funzionario della direzione acquisti. Durante la guerra era frequente che un materiale o un prodotto sparisse dal mercato; Miles nella ricerca di surrogati, aveva osservato che l’essenziale era che essi sapessero svolgere la funzione degli elementi originali, indipendentemente dalle loro caratteristiche fisiche. Miles in altre parole aveva già sviluppato il cosiddetto approccio funzionale nel settore acquisti. Nel 1947 Miles formò un gruppo di ricerca interdisciplinare e con questo lavorò per cinque anni sviluppando tecniche di analisi diverse, verificando e confrontando i risultati delle applicazioni.

Negli Stati Uniti l’Analisi del Valore è attualmente una tecnica universalmente acquisita, tecnica nata e affermatasi per ridurre i costi, che viene vista oggi come un elemento essenziale di spinta per il progresso tecnologico e tecnico-organizzativo dell’azienda. In Europa l’AV non è così

13 Originariamente il metodo era denominato Value Engineering (VE), in seguito venne chiamato Value Analysis (VA); oggi si parla anche in senso più generale del Value Management, in italiano tradotto in Gestione del Valore.

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diffusa come in America e non viene considerata un fattore gestionale essenziale. In certe industrie consociate con industrie americane la metodologia è stata portata direttamente da specialisti inviati dagli Stati Uniti. La spinta giunse per la traduzione e pubblicazione del testo di Miles che fu conosciuto quindi anche in Europa.

In seguito l’AV, da metodo per la miglioria di un prodotto o di un servizio, si è arricchito abbracciando nuovi ambiti, facendone un sistema più generale di Gestione del Valore.

«L’AV è uno sforzo organizzato diretto da una persona esperta nelle tecniche di AV inteso ad analizzare le funzioni di sistemi, impianti, costruzioni, servizi e forniture allo scopo di ottenere le prestazioni essenziali al più basso costo globale compatibile con i richiesti livelli di funzionalità, affidabilità, qualità e sicurezza».14

Oggetto dell’analisi è di regola un valore di mercato o un valore di costo. Quest’ultimo è il caso più frequente nella produzione industriale, mentre nella produzione edilizia l’oggetto è il valore di mercato corrispondente al valore espresso nel contratto d’appalto.

Diverso dall’oggetto è lo scopo dell’analisi, cioè quello di massimizzare il cosiddetto valore funzionale (value). Questo è il concetto di valore che, diversamente dai due precedenti, nasce direttamente con l’AV. Per la maggior parte degli esperti di questa disciplina, il valore funzionale è il minimo costo al quale si può ottenere una determinata funzione. Il concetto è abbastanza chiaro, ma è di difficile determinazione

14 Circolare A-131 American Office of Management and Budget, 1988

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la sua espressione numerica. Per poter arrivare a una quantificazione di tipo più logico e tradizionale (valore alto, numero alto), alcuni suggeriscono di farvi corrispondere un cosiddetto indice di valore funzionale che altro non è che il rapporto tra il valore di costo ordinario (quello che risulta da un normale computo metrico) e il valore funzionale in senso stretto, inteso come valore di costo minimo delle funzioni primarie (necessarie e richieste) cui si contrappongono le funzioni secondarie (non necessarie e non richieste). Un’altra definizione è data da alcuni economisti edilizi per i quali il value altro non è che il rapporto tra qualità e costo. Il value massimo è quindi rappresentato dal richiesto livello di qualità al minimo costo, dal massimo livello di qualità ad un dato costo o da un compromesso ottimale tra i due.

Fare AV significa fare un lavoro altamente impegnativo che richiede l’impiego intensivo di risorse umane specializzate sia nel particolare settore produttivo oggetto dell’analisi, sia nel metodo dell’AV. Queste risorse umane sono di regola organizzate da un Gruppo di Lavoro o di Analisi interdisciplinare, il che assicura risultati sensibilmente superiori a quelli conseguibili dalle stesse persone separatamente. In secondo luogo tale impiego richiede un elevato livello di organizzazione per ricavare il miglior possibile risultato a parità di risorse disponibili. Di conseguenza l’AV si presenta come un procedimento altamente formalizzato e ormai notevolmente standardizzato.

Il procedimento, chiamato Piano di Lavoro, è scandito in una sequenza molto precisa di fasi collegate logicamente l’una all’altra, che

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viene reiterata per ciascun elemento funzionale di un progetto o per ciascuna operazione produttiva prescelta per l’analisi.

A capo del Gruppo di Lavoro c’è un organizzatore, il coordinatore dell’analisi, che dovrà essere possibilmente anche un buon conoscitore dello specifico settore produttivo, ma soprattutto essere un esperto di AV.

Il Capogruppo ha come principali compiti:

scegliere i componenti del Gruppo di Analisi e definire i relativi compiti

curare i rapporti tra Gruppo AV, committente e responsabili del procedimento e i rapporti esterni soprattutto in fase informativa

assicurare la realizzazione del Piano di Lavoro nei tempi previsti

assicurare la migliore atmosfera e collaborazione all’interno del Gruppo

curare la presentazione dei risultati

collaborare con la committenza nell’eventuale fase complementare di attuazione delle proposte.

Il principale carattere distintivo dell’AV è l’approccio funzionale e cioè l’analisi e la classificazione delle funzioni di un prodotto, anziché la semplice ricerca di un abbassamento dei costi di produzione attraverso qualche modifica al prodotto stesso.

A A1

A primarie di A Funzioni B

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L’AV conduce uno studio chiedendosi “Come si possono ottenere le prestazioni essenziali del prodotto a minor costo?”. Il risultato può essere un prodotto simile a quello di partenza, ma anche totalmente diverso.

Per quanto riguarda il concetto di funzione, si considera la definizione di Miles secondo cui la funzione è «lo scopo fondamentale di ogni spesa per beni, lavoro, processi e qualsiasi cosa debba fornire una prestazione».15

L’AV classifica le funzioni in primarie e secondarie. Primarie sono le funzioni che il sistema o elemento deve svolgere. Secondarie sono le funzioni che il sistema o elemento non è richiesto di svolgere ma che di fatto svolge in ragione della particolare tecnologia prescelta per ottenere le funzioni primarie. Tutte le funzioni comportano dei costi, ma mente quelli delle funzioni primarie sono necessari, i costi delle funzioni secondarie sono superflui. Quindi lo scopo principale dell’AV è individuare e quindi ridurre al minimo, o addirittura eliminare, le funzioni secondarie e i relativi costi, ottenendo pertanto le funzioni primarie con soluzioni alternative che comportano meno funzioni secondarie e quindi meno costi superflui.

L’AV si preoccupa soprattutto di controllare che le prestazioni non siano in eccesso rispetto ai requisiti e cioè alle funzioni da assolvere, perché ciò comporta un eccesso di costi.

L’AV si concentra dapprima sulle funzioni distinguendo tra quelle necessarie o primarie e quelle non necessarie o secondarie, poi sulle

15 Miles D.L. – Technique of Value Analysis and Engineering (1972)

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prestazioni e cioè sulla misura in cui le funzioni necessarie sono assolte, cercando di eliminare sia le funzioni non necessarie sia le prestazioni in eccesso.

Ciò presuppone buone conoscenze tecniche di base e soprattutto una documentazione vasta e aggiornata sulla produzione industriale di componenti e impianti, da completare nella fase informativa a seconda delle caratteristiche e delle esigenze di ogni singola costruzione.

Nel caso delle costruzioni l’AV si può applicare al marketing, alla programmazione, ai flussi finanziari, alla progettazione, alle operazioni di cantiere, alla gestione, alla riqualificazione, alla sostituzione. Le applicazione però non sono tutte ugualmente frequenti o redditizie. Infatti non va dimenticato che una sessione di AV ha un costo quasi indipendente dai risparmi conseguibili attraverso la sua applicazione e le varianti suggerite in seguito al lavori di analisi hanno un costo che cresce col grado di definizione e con lo stato di avanzamento progettuale.

TEMPI COSTI

Riduzione potenziale dei

costi di costruzione Costo delle varianti

Programmazione Progettazione Realizzazione Gestione

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Come già evidenziato in precedenza l’esperienza ha dimostrato che l’AV è tanto più redditizia quanto più è precoce. Nelle fasi iniziali del processo edile si possono prendere decisioni fondamentali senza grandi costi e con notevoli vantaggi. Se però si decide di intervenire allo stadio avanzato del processo, ai costi dell’analisi si dovranno aggiungere quelli inutilmente sostenuti per la programmazione e progettazione effettuate fino a quel momento. Da un certo punto in avanti questi costi supereranno i potenziali benefici e non sarà più conveniente applicare l’AV. Maggiore è la cura e la profondità delle analisi nelle prime fasi, minori saranno le variazioni in corso d’opera con ovvi vantaggi di tempo e spese.

Il costo che l’AV intende minimizzare, a parità di prestazioni, è il già citato costo del ciclo di vita o costo globale. Nella sua accezione più semplice il costo globale altro non è che la somma dei costi di produzione e dei costi d’uso di un prodotto o di un suo componente, rispettivamente capitalizzati e attualizzati, cioè riportati alla stessa base temporale.

CG = CP + CU

CP = costo di produzione; in un edificio esso comprende i costi precedenti alla sua utilizzazione e cioè i costi di acquisizione ed urbanizzazione dell’area, di promozione, di progettazione, di costruzione e collaudo.

CU = costo d’uso; in un edificio esso comprende i costi successivi all’inizio della sua utilizzazione e cioè i costi di esercizio (p.e.

amministrazione, energia, portierato, pulizia, smaltimento dei rifiuti), di manutenzione e si sostituzione di elementi, prevedibili entro un determinato orizzonte temporale.

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L’importanza del costo globale degli edifici emerse soprattutto a partire dagli anni ’70, quando si verificarono due crisi energetiche con conseguenti forti aumenti dei costi dell’energia. Contemporaneamente si cominciarono ad analizzare i tempi e i costi delle operazioni di manutenzione e sostituzione dei componenti. Si arrivò così a calcolare che il costo d’uso attualizzato di un edificio può aggirarsi intorno al 50% del suo costo di costruzione. La minimizzazione dei costi d’uso è stata perseguita anche se ciò poteva significare un lieve aumento dei costi di costruzione. Tuttavia ad oggi in Europa e in Giappone la maggior parte delle AV progettuali si fa ancora sul costo di costruzione; ciò è dovuto principalmente alla complessità della stima del costo globale e alla numerosità e aleatorietà dei parametri da considerare.

Alla base dell’AV è l’osservazione che ogni elemento di un processo o di un prodotto esprime funzioni e perciò che occorre almeno sostituire gli elementi che presentano un’alta incidenza di prestazioni secondarie e quindi di costi superflui. Alcuni studiosi hanno invidiato nove fattori che contribuiscono allo scarso valore funzionale dei prodotti e che quindi determinano le ragioni dei costi superflui:

insufficienza di tempo: i tempi di consegna degli elaborati sono sempre molto stretti e il progettista non trova tempo per studiare alternative progettuali e relative conseguenze economiche;

insufficienza di informazioni: è molto difficile essere sempre aggiornati sull’enorme massa di nuove informazioni sui nuovi prodotti dei numerosissimi settori industriali che convergono nell’edilizia;

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insufficienza di idee: in mancanza di una completa informazione e sotto la pressione dei tempi stretti l’idea migliore viene prodotta troppo tardi;

errori in buona fede: sono errori non fondamentali ma che hanno comunque delle conseguenze, che non vengono spesso individuati perché non si riconoscono come tali;

circostanze provvisorie che diventano permanenti;

abitudine: è forse la principale ragione delle diseconomie, degli sprechi, della mancanza di innovazione e del conseguente profitto;

opinioni: l’opinione degli altri è un blocco alla creatività e all’innovazione forse altrettanto forte quanto l’abitudine;

politica: quando sono in ballo contributi o finanziamenti regionali o nazionali è facile che si attivino concentrazioni di interessi forti e complessi, in ogni caso l’uso del suolo è sempre ciò che attiva interessi ed ostacoli da parte di proprietari e amministrazioni;

sistema di onorari: l’onorario dei progettisti aumenta con il costo dell’opera e ciò lascia poca speranza alla riduzione dei costi e allo stimolo per soluzioni innovative.

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LA METODOLOGIA

Nella struttura dell’AV si distinguono tre gruppi di fasi:

le fasi preliminari

le fasi operative

le fasi complementari.

L’AV vera e propria è rappresentata dalle fase operative che costituiscono il Piano di Lavoro. Il P.d.L. formalizza il processo logico, individua i compiti da svolgere per una corretta esecuzione dell’analisi e fornisce una razionale ripartizione dello studio in fasi, ciascuna delle quali può quindi essere programmata e valutata separatamente.

In vari manuali si trovano indicazioni differenti circa lo svolgimento di un Piano di Lavoro; in generale si può dire che esso è composto dalle seguenti fasi:

informativa e funzionale

creativa

selettiva

sviluppo

presentazione.

La fase informativa risponde all’esigenza di conoscere al meglio il contesto in cui si vanno a compiere le scelte. In edilizia per la minore consistenza che assumono le altre fasi essa è molto più importante che in altri settori. La fase informativa non termina all’inizio della fase successiva,

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ma l’acquisizione, l’analisi e l’utilizzo delle informazioni continuano lungo tutto il corso dell’AV.

Relativamente a ciascuna delle aree di analisi individuate, ci si pongono le domande su quali funzioni svolga l’elemento e quali funzioni debba obbligatoriamente adempiere; questo ai fini di distinguere le funzioni primarie da quelle secondarie. Le funzioni primarie sono quelle che rispondono alla domanda: “che cosa deve fare?”; corrispondono alla ragione imprescindibile dell’esistenza dell’elemento o dal sistema oggetto di analisi. Le funzioni secondarie invece sono quelle che rispondono alla domanda: “che cos’altro fa?”; si tratta delle funzioni non indispensabili né al funzionamento né al gradimento e corrispondono a prestazioni in eccesso rispetto a quelle fondamentali.16 Di solito discendono dal modo prescelto per ottenere la prestazione delle funzioni primarie. Non sempre le funzioni secondarie vanno eliminate necessariamente, alcune possono essere accettabili o auspicabili, come per esempio quelle non necessarie ma richieste dal committente.

Per perseguire l’obiettivo fondamentale della fase funzionale occorre:

individuare gli ASO (ambiti spaziali omogenei) o gli AFO (ambiti funzionali omogenei);

individuare le funzioni di ogni ASO/AFO mediante binomi funzionali;

16 Il momento di identificazione delle funzioni è chiamato Random Function Definition e queste vengono classificate in un diagramma gerarchico cosiddetto Function Analysis System Technique (FAST). Il diagramma FAST è in genere solo consigliato perché può essere omesso in caso di studi non particolarmente complessi; è utile per esempio nell’AV di cantiere e delle strutture amministrative.

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classificare le funzioni in primarie e secondarie;

distribuire il costo del sistema tra i suoi componenti e le rispettive funzioni;

cercare in via provvisoria soluzioni alternative che permettano di eliminare il maggior numero di funzioni secondarie e ridurre al minimo i costi degli elementi e delle funzioni non eliminate.

La somma dei costi a cui si perviene è detto valore funzionale e rappresenta il minimo costo al quale si possono ottenere determinati gruppi di funzioni. Il rapporto tra costo ordinario e valore funzionale è chiamato indice di valore. Tale indice di valore si dovrà determinare sia per l’intero sistema, sia per i singoli elementi. Infatti se per alcuni elementi si troverà un basso indice di valore, non sarà conveniente proseguire l’analisi del valore per quello specifico elemento.

Nell’AV in edilizia entrano spesso in gioco numerosi parametri non sempre misurabili economicamente. Pertanto nella determinazione dell’indice di valore è in questo caso ammissibile, vista l’analogia con il concetto di valore, andare a, caso per caso, valutare gli aspetti legati alla sicurezza, benessere, accessibilità e fruibilità, gestione, aspetto, integrabilità, salvaguardia dell’ambiente. Poiché la valutazione dell’utilità del servizio reso in termini di esigenze può non essere possibile in termini assoluti è in queste applicazioni di AV necessario essere supportati da strumenti operativi atti al confronto relativo fra tutte le funzioni.

Si individuano quindi le funzioni medianti binomi funzionali; il binomio funzionale è composto da un verbo transitivo e da un

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complemento oggetto e definisce sinteticamente una funzione. Esso obbliga alla concisione e alla concentrazione dell’attenzione alle funzioni.

Alla fine si è in grado di compilare la scheda funzionale che contiene i binomi funzionali relativi sia alla domanda “cosa fa attualmente?” l’elemento, sia a “che cosa deve fare?”.

Introducendo il concetto di funzione si è in grado di formulare ipotesi alternative stimolando la ricerca di nuove soluzioni al problema.

Questa è la fase creativa, quella in cui vengono prodotte le nuove idee. Ci sono diverse tecniche creative che possono aiutare in questa fase, una di esse è il Brainstorming che consiste in una riunione di più persone guidate da un moderatore. Il Brainstorming si basa sull’ipotesi che l’esposizione consecutiva di idee fra più persone fornisce una produzione di idee superiore alla semplice sommatoria di idee che ciascun membro del gruppo produrrebbe da solo.

Oltre alle varie forme di brainstorming possono utilizzarsi altre tecniche creative, tra le quali le più adatte nel settore dell’edilizia sembrano l’analisi morfologica e l’elencazione delle caratteristiche.

L’esecuzione della fase selettiva è articolata in diverse sottofasi per assicurare una più rigorosa selezione delle varie soluzioni alternative in modo da garantire che l’alternativa vincente sia realmente la migliore, in base a:

fattibilità tecnologica

costo di attuazione

probabilità di attuazione

tempi di attuazione

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potenziali benefici economici.

Ai cinque fattori viene data una votazione da 1 a 10; quanto tutti i criteri sono stati analizzati si sommano i punteggi per ciascuna soluzione proposta. Si può procedere ad una prima selezione eliminando almeno quella metà che ha ottenuto i punteggi più bassi.

Le idee che hanno passato la prima selezione possono essere sottoposte ad un confronto elencando i possibili vantaggi e svantaggi di ogni soluzione, per dare infine un punteggio da 1 a 10 a ciascuna idea.

Un’ulteriore selezione si avvale della cosiddetta valutazione ponderata, facente parte della numerosa categoria delle analisi multicriterio. È un procedimento formale di selezione che viene usato quando occorra una selezione sulla base di numerosi criteri che condizionano in maniera diversa la scelta. Per prima cosa si effettua una ponderazione dei criteri a ciascuno dei quale viene assegnato un peso a seconda dell’importanza che può avere. La compilazione dell’elenco di criteri è il risultato di una discussione tra i componenti del gruppo di analisi. Attraverso la discussine si confrontano i criteri a due a due e di decide quale dei due criteri che formano ogni coppia sia più importante. Si può disporre un punteggio che varia da 1 (preferenza lieve) a 3 (preferenza forte).

L’operazione successiva consiste nell’utilizzare i criteri e i relativi pesi per giudicare le proposte. Vene compilata una matrice che assegna ad ogni soluzione elencata un punteggio da 1 a 4 nella misura in cui soddisfa i vari criteri. Tali punteggi vengono moltiplicati per il peso di

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ciascun criterio e attraverso la sommatoria si può determinare una classifica di priorità delle soluzioni proposte.

Scopo principale della fase di sviluppo è di tradurre in specifiche raccomandazioni e in dettagli tecnico-operativi le scelte emerse nella fase di selezione. Occorrerà in particolare assicurarsi che:

siano soddisfatte le esigenze dell’utenza;

siano soddisfatti i requisiti normativi, tecnici e operativi;

siano determinati i costi non solo riguardo alla produzione, ma anche agli studi ed eventuali sperimentazioni dell’innovazione;

siano valutate le conseguenze e le ripercussioni di carattere tecnico e organizzativo.

La descrizione di ciascuna variante deve essere chiara ma concisa evidenziando le differenze tecniche ed economiche. Infine vengono messi a confronto i costi di produzione delle due soluzioni, evidenziando il risparmio conseguibile con la variante.

In seguito le proposte vengono presentate e illustrate alle altre figure che prendono parte al progetto allo scopo di verificare la sua effettiva efficacia e di adottare la soluzione prescelta.

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L’ANALISI DEL VALORE NEL PROCESSO EDILIZIO

I principali problemi connessi all’applicazione dell’AV in Italia sono problemi di attitudine e mentalità. L’AV è una tecnica abbastanza complessa e faticosa, articolata in fasi con una sequenza ben precisa, che mette insieme correttezza e completezza informativa, analisi funzionale, creatività, tecniche selettive, verifiche scrupolose, capacità di presentazione e soprattutto lavoro di gruppo. Il contributo del metodo AV è importante se rigorosamente applicato, tenendo conto che non si può prescindere dal lavoro di gruppo con fasi di attività interdisciplinare e dal rigore nello svolgimento di tutte le sue fase. È senza dubbio uno sforzo organizzativo notevole.

A questi problemi di mentalità che riguardano la pratica dell’AV se ne aggiungono altri che riguardano specificatamente il settore dell’edilizia.

Questi problemi derivano dalla molteplicità e scarsa interazione dei principali centri decisionali che caratterizza la produzione edilizia (committente, amministrazioni, progettista, costruttore, subappaltatore, produttore di componenti) e la differenza dal settore manifatturiero, dove invece tutte le corrispondenti attività sono coordinate e finalizzate da un unico centro decisionale.

In tutto il mondo ormai l’AV si applica alla produzione industriale da oltre quarant’anni; da tempo è una tecnica molto usata nei progetti edilizi nei paesi anglosassoni e applicata nei cantieri edili soprattutto da parte dei giapponesi.

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Al momento, in attesa dell’emanazione del Regolamento Attuativo del nuovo Codice del Contratti, restano in vigore nella fase di transizione le direttive espresse nel D.P.R. n. 554/99, che costituisce il Regolamento della Legge quadro n. 109/94, in cui il legislatore introdusse come opzione preferenziale l’Analisi del Valore nella fase di progettazione.

« La redazione dei progetti delle opere o dei lavori complessi ed in particolare di quelli di cui all’articolo 2, comma 1, lettere h) ed i)17, è svolta preferibilmente impiegando la tecnica dell’analisi del valore».18

Il legislatore ha intuito le potenzialità di una metodologia del genere che può arrivare ad essere strumento attraverso cui il concetto di valore completa e compensa quello di qualità.

L’Analisi del Valore applicata nell’ambito delle opere pubbliche può intervenire in ciascuna fase del processo edilizio, dalla programmazione fino alla gestione.

La pianificazione di un’iniziativa edilizia o di una costruzione è la fase in cui l’idea iniziale è tradotta in una soluzione operativa. La pianificazione assume l’ipotesi iniziale e la sviluppa per assicurarsi che sia realistica e per ottenere informazioni circa l’approccio da adottare. Lo Studio di Fattibilità può assumere molteplici forme, ma avrà sempre una natura interdisciplinare, in quanto in esso convergono numerose competenze riguardanti campi disparati, come per esempio l’urbanistica, la

17 «Opere e impianti di speciale complessità, o di particolare rilevanza sotto il profilo tecnologico, o complessi o ad elevata componente tecnologica, oppure di particolare complessità […]; progetto integrale di un intervento: un progetto elaborato in forma completa e dettagliata in tutte le sue parti, architettonica, strutturale e impiantistica».

18 D.P.R. n. 554/99 art 15, comma 11

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tecnica di ricerca di mercato, la progettazione architettonica, l’estimo, l’analisi costi-benefici e l’analisi finanziaria. L’AV in questa fase assume una duplice importanza: la prima di contribuire all’ottimizzazione dei risultati finali; la seconda di perseguire l’economicità di attività multidisciplinari afferenti a diversi centri decisionali che caratterizzano la produzione edilizia.

Se nello SdF vengono proposte le diverse soluzioni tecnicamente valide e classificate in termini di valore, è nel Documento Preliminare di avvio alla Progettazione che la soluzione prescelta viene dettagliata per evidenziarne i punti critici e per proporne valide alternative. Il Dpp costituisce la base alla progettazione dove si tracciano le linee guida di risposte progettuali ai requisiti precedentemente individuati.

Nella fase di progettazione dell’opera l’AV si pone come metodo per assicurare la qualità del progetto e la rispondenza dello stesso agli studi fin qui effettuati. L’AV, avendo come base lo studio funzionale degli elementi costituenti il progetto, permette ad esempio di individuare le parti funzionali di costo troppo elevate rispetto alla media, onde ridurne i costi ma non la funzionalità.

Anche nella fase di costruzione è possibile l’applicazione dell’AV al lavoro delle imprese realizzatrici. Oltre al controllo oggettivo della qualità di materiali e componenti utilizzati, è possibile individuare quelli che nello specifico contesto svolgono al meglio le funzioni per le quali sono stati pensati. L’impresa esecutrice dei lavori che si è aggiudicata l’appalto ha la facoltà di presentare varianti migliorative; tali varianti erano già menzionate dalla Legge n. 415/1998 (Merloni ter) e vengono riprese dalla

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nuova legislazione. «Le varianti in corso d'opera possono essere ammesse, sentito il progettista e il direttore dei lavori […] per cause impreviste e imprevedibili accertate nei modi stabiliti dal regolamento, o per l'intervenuta possibilità di utilizzare materiali, componenti e tecnologie non esistenti al momento della progettazione che possono determinare, senza aumento di costo, significativi miglioramenti nella qualità dell'opera o di sue parti e sempre che non alterino l'impostazione progettuale […]».19 L’AV può rappresentare un efficace sistema per verificare la concreta utilità di nuovi materiali e tecnologie.

Infine la fase gestionale dell’opera risulta una facile conseguenza dell’intero iter in quanto l’Analisi del Valore consente di giungere ad un prodotto finito in grado di rispondere alle esigenze dell’utenza. Inoltre attraverso la redazione dei Piani di Manutenzione è possibile preventivare i costi relativi all’esercizio dell’opera che si verificheranno nel corso del tempo poiché la selezione oculata dei materiali e dei componenti costituisce una garanzia di durata ed efficienza.

Il presente studio, illustrato nei successivi capitoli, mostrerà come sia possibile l’applicazione dell’Analisi del Valore per vagliare, attraverso lo SdF e il Dpp, le ipotesi di trasformazioni di aree ad uso pubblico, al fine di individuarne la destinazione d’uso che meglio risponda alle esigenze dell’utenza.

19 D. Lgs. n. 163/06 art. 132, comma 1

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