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Il sistema endocannabinoico nella depressione e nel suicidio

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

FACOLTÀ DI FARMACIA

Corso di laurea Specialistica in Farmacia

Tesi di Laurea

Ruolo del sistema endocannabinoide nella

depressione e nel suicidio

Relatore:

Chiar.mo Prof. Antonio Lucacchini

Correlatore:

Chiar.mo Prof. Gino Giannaccini

Candidata: Alice Roffi

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INDICE

Introduzione ... p. 4 Capitolo I Ruolo del sistema endocannabinoide... p. 5 1.1 Importanza della corteccia prefrontale ... p. 5 1.2 Ipotesi monoamminica relativa alla depressione e al suicidio.... p. 6 1.3 Il sistema EC nel SNC ... p. 7 1.4 Il sistema EC nella depressione e nel suicidio ... p. 11

Capitolo II Modulazione del sistema EC nell’alcoolismo... p. 17 2.1 Recettori CB1 nell’alcoolismo ... p. 18 2.2 Meccanismo di desensitizzazione e sua importanza

fisiologica nell’alcoolismo ... p. 19 2.3 Coinvolgimento del sistema EC nel consumo volontario di

EtOH... p. 21 2.4 Interazione del sistema EC con l’asse

ipotalamo-ipofisi-surrene ... p. 22 2.5 Co-morbidità dei farmaci di abuso con la depressione ed il

suicidio... p. 24 2.6 Possibile meccanismo di un sistema EC alterato nella

depressione e nel suicidio... p. 26

Capitolo III Espressione del recettore CB1 nella corteccia cingolata anteriore nella schizofrenia, nel disordine bipolare e nella

depressione maior... p. 28 Capitolo IV Sistema endocannabinoide: trattamenti farmacologici .. p. 31

4.1 Rimonabant: un nuovo antagonista selettivo del recettore

CB1 per il trattamento dell’obesità... p. 31 4.2 Ruolo del sistema endocannabinoide nel trattamento con

rimonabant ... p. 32 4.3 Farmacocinetica... p. 34 4.4 Trials clinici... p. 34 4.5 Rimonabant nell’obesità ... p. 34 4.6 Interazione con altri farmaci ... p. 36

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Capitolo V Estrogeni: reclutamento del sistema endocannabinoide

nel modulare le emozioni ... p. 37 5.1 Risultati dei tests condotti su ratti femmina ovarectomizzate .. p. 39

Capitolo VI Approfondimento sull’anandamide: regolazione dello sviluppo posnatale della plasticità sinaptica a lungo termine nello striato dorsolaterale di ratto ... p. 43 Conclusioni ... p. 48 Bibliografia ... p. 49

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INTRODUZIONE

La marijuana costituisce a tutt’oggi una delle principali droghe di abuso nel mondo. Le proprietà ricreative e medicinali dei preparati, derivati della cannabis sono note ormai da molti anni.

Tuttavia, a causa degli effetti psicoattivi, l’utilità della marijuana a scopo curativo è risultata limitata. Nel decennio precedente sono stati compiuti notevoli progressi sull’attività dei cannabinoidi (CB). Il sistema EC è costituito da agonisti endogeni del recettore cannabinoide CB, la cui clonazione è avvenuta intorno al 1990, dai recettori CB e da proteine che sono coinvolte nella regolazione e nel metabolismo degli endocannabinoidi. Si tratta di una classe, scoperta recentemente, di mediatori lipidici, comprendenti ammidi, esteri ed eteri di acidi grassi insaturi a catena lunga.

Il primo endocannabinoide è stato isolato da cervello di porco nel 1992 e si tratta di arachinodoiletanolammide (AEA)[10]. Tale derivato è stato definito anandamide dalla parola “ananda” che significa “estasi interiore”. Il recettore CB1 è largamente distribuito in molti regioni del cervello. La sua attivazione ad opera del tetraidrocannabinolo (THC), costituente psicoattivo della cannabis, determina profondi effetti sul comportamento emozionale.

Il sistema EC ha alcuni effetti riconosciuti su varie attività neuronali influenzati attraverso la modulazione di vari sistemi di neurotrasmettitori. Studi recenti hanno evidenziato delle possibili interazioni tra il sistema EC e l’alcolismo.

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CAPITOLO I

RUOLO DEL SISTEMA ENDOCANNABINOIDE

1.1 Importanza della corteccia prefrontale

La corteccia prefrontale è risultata una importante area corticale che fa parte dell’ipotetico circuito cerebrale coinvolto nella fisiopatologia della depressione e nel comportamento suicida.

Studi di neuroimaging e postmortem in pazienti affetti da depressione maior hanno consentito di identificare anomalie neurofisiologiche a livello della corteccia prefrontale ed in altre regioni cerebrali ad essa connesse [1,2].

Nella depressione sono stati identificati un metabolismo del glucosio alterato, una ridotta attività ed un minore volume della corteccia prefrontale [1,3], il trattamento di tale patologia coinvolge l’inversione di questo genere di deficits [3,4].

Danni a livello della corteccia prefrontale sono comunemente associati con lo sviluppo di depressione od impulsività determinando un comportamento inibitorio, una alterata capacità decisionale ed una modificazione dell’espressione delle emozioni [5,6].

Questo genere di funzioni cognitive sono danneggiate in pazienti con depressione e comportamenti suicidi.

Altre regioni corticali, come la corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC) risultano cruciali nella capacità decisionale e sulla memoria spaziale [7,8].

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1.2 Ipotesi monoamminica relativa alla depressione e al suicidio

Studi biologici sulla depressione e sul comportamento suicida hanno focalizzato la loro attenzione sulla neurotrasmissione monoamminica nella corteccia prefrontale, particolarmente in riferimento alla 5-idrossitriptamina (5-HT) ed alla noradrenalina (NA). Inoltre anomalie nella funzione del sistema serotoninergico sembrano essere associate con disordini comportamentali e comportamenti suicidi [9].

La maggior parte di questi studi sono di supporto all’ipotesi di un deficit nella trasmissione serotoninergica nella depressione e nel suicidio.

Gli antidepressivi sono gli agenti terapeutici di consueto impiegati per il trattamento della depressione. Questi farmaci esercitano la loro azione terapeutica attraverso la capacità di aumentare il contenuto sinaptico dei neurotrasmettitori monoamminici. Gli antidepressivi esplicano i loro effetti comportamentali solo dopo assunzione prolungata, dimostrando che una aumentata neurotrasmissione della serotonina e noradrenalina di per sé non è espressione delle azioni cliniche di questi farmaci.

Tuttavia i trattamenti attualmente disponibili sono inadeguati in molti pazienti, pertanto l’esistenza di substrati biologici aggiuntivi potrebbe fornire potenziali targets terapeutici. Recentemente è notevolmente cresciuto l’interesse sul sistema endocannabinoide (EC) per il quale è stato identificato un ruolo cruciale nella regolazione del comportamento, della cognizione, della motivazione e del comportamento emozionale.

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1.3 Il sistema EC nel SNC

Il sistema EC è costituito da agonisti endogeni del recettore cannabinoide CB la cui clonazione è avvenuta nel 1990 dai recettori CB e da proteine coinvolte nella regolazione e nel metabolismo degli endocannabinoidi. Si tratta di mediatori lipidici che comprendono amidi esteri, eteri di acidi grassi insaturi a catena lunga. Il primo endocannabinoide è stato isolato dal cervello di porco nel 1992 e si tratta di arachinodoiletanolammide (AEA) [10]. Questo derivato è definito anandamide, dalla parola ananda che significa “Estasi interiore”.’’

Altri composti analoghi sono attualmente in studio per valutare le loro proprietà e la loro funzione fisiologica (Figura 1).

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Queste molecole sono state trovate in abbondanza nella corteccia cerebrale, nei gangli basali e nella struttura limbica ed esplicano la loro azione preferibilmente attraverso i recettori CB [11].

La biosintesi di AEA può avvenire attraverso 2 distinti meccanismi (Figura 2).

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Il primo meccanismo riguarda la diretta condensazione dell’acido arachidonico (AA) con la etanolammina, ciascuno dei quali può essere rilasciato dalla membrana fosfolipidica (PL), attraverso l’attivazione della fosfolipasi A2 e fosfolipasi D (PLD), rispettivamente. Il secondo meccanismo è relativo alla attivazione della transacilasi che facilita il trasferimento di una porzione arachidonil dall’sn-1arachidonil-PL a fosfatidiletanolammina per formare la N-arachidonil fosfatidiletanolammina (NAPE). Successivamente AEA è rilasciato tramite l’attivazione di una fosfodiesterasi.

La sintesi di 2-AG avviene attraverso l’attivazione di sn-1 diacilglicerolo lipasi, che agisce sull’acido fosfatidico prodotto ad opera della fosfolipasi C (PLC).

La produzione di AEA e di 2-AG tramite due differenti meccanismi molecolari indica che questi due tipi di endocannabinoidi possono esercitare i loro effetti neuromodulatori in maniera distinta, però possibilmente complementare.

Per quanto riguarda questo genere di recettori è stato visto che esistono due sottotipi, CB1 e CB2.

I recettori di tipo CB1 sono localizzati principalmente nel SNC mentre il sottotipo CB2 è presente principalmente in alcuni componenti del sistema immunitario [12] anche se recenti studi hanno individuato questa classe di recettori anche nel SNC [13].

Il recettore umano CB1 è costituito da 472 amminoacidi. Si tratta di un recettore accoppiato con una proteina G (GPCR).

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Tale recettore è il più abbondante GPCR neuromodulatorio ed è altamente espresso nella corteccia, nell’ippocampo, nel cervelletto e nei gangli basali [12].

Tale struttura inoltre risulta accoppiata, attraverso una modulazione negativa, con l’adenilil ciclasi (AC), con i canali al Calcio N e P/Q, mentre regola positivamente i canali di tipo A ed i canali rettificatori al potassio con corrente verso l’interno, le proteine chinasi attivate da mitogeno (MAPK) ed infine le proteine Gi/o [12].

I meccanismi regolatori che governano il sistema endocannabinoide sono ad oggi non chiaramente noti.

Studi di neuroanatomia ed elettrofisiologia hanno rivelato che i recettori CB1 sono localizzati nei terminali presinaptici dei neuroni di mammifero a livello del SNC [12,14].

È stato pertanto proposto che gli endocannabinoidi siano sintetizzati nei neuroni postsinaptici in seguito ad una scissione della membrana fosfolipidica dipendente dallo stimolo e sono rilasciati nel vallo sinaptico con funzione di messaggeri retrogradi.

Alcuni studi hanno indicato un possibile ruolo degli endocannabinoidi nel meccanismo di uptake cellulare – trasportatore di membrana (AMT).

Una serina idrolasi, che lega la membrana dal lato intracellulare, una idrolasi del legame ammidico degli acidi grassi (FAAH), principalmente presente a livello dei compartimenti somatodendritici dei neuroni, è coinvolta nella inattivazione di AEA e dei lipidi ad essa correlati [15].

Nel SNC, gli EC attivano i recettori CB1 e regolano la trasmissione sinaptica dei circuiti eccitatori ed inibitori modulando il rilascio di alcuni modulatori monoamminici [12,14].

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Gli effetti degli EC sembrano dipendere dalla localizzazione dei recettori CB1 nei circuiti neurali eccitatori ed inibitori (Figura 3).

Figura 3: Metabolismo di AEA

1.4 Il sistema EC nella depressione e nel suicidio

Studi sull’uomo

Ad oggi non sono disponibili numerose informazioni riguardo al ruolo del sistema EC nella depressione e nel suicidio.

Un potenziale ruolo del recettore CB1 nella fisiopatologia della depressione è stato rivelato attraverso studi post-mortem [16], che hanno dimostrato livelli più elevati di recettori CB1 e l’attivazione delle proteine G mediata dal recettore CB1 nel DLPFC di vittime suicide depresse

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Recentemente inoltre è stato verificato che esiste un fattore di rischio genetico per la depressione nel morbo di Parkinson (PD) e questa correlazione sembra essere associata con un polimorfismo del gene CNR1 [17].

In accordo con questi studi, pazienti affetti da PD con alleli lunghi nel gene CNR1 sono meno suscettibili alla depressione. Sebbene la relazione tra genotipo e carattere fenotipico è stata stabilita, l’alterazione nell’espressione di CNR1 potrebbe avere un ruolo più marcato nel disordine depressivo.

Recenti studi indicano che esiste una associazione tra l’abuso di cannabis, gli sbalzi di umore e il sistema EC nella eziologia della schizofrenia.

Per esempio un prolungato abuso di cannabis determina una alterazione della cognizione e dell’attenzione, determinando sintomi di anedonia, che sono simili ai sintomi in negativo della schizofrenia [18].

Ulteriori studi postmortem hanno poi mostrato una più elevata densità del recettore CB1 nella corteccia prefrontale, nello striato e nella corteccia cingolata anteriore degli schizofrenici [19,20].

Queste regioni del cervello hanno un ruolo cruciale nella cognizione fisiologica, particolarmente riguardo alla motivazione ed all’attenzione.

Poiché gli EC danneggiano questi processi, l’iperattività dei recettori CB1 in queste regioni potrebbe essere associata con sintomi negativi della schizofrenia [21].

Da studi postmortem di vittime suicide depresse, un aumentato livello dei recettori CB1 in specifiche regioni cerebrali sembra essere associato

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con sintomi di disordini psicotici e di tipo affettivo. In riferimento agli studi postmortem, cambiamenti nella corteccia prefrontale di vittime suicide depresse non possono provare se le alterazioni biochimiche siano correlate con l’insorgenza di depressione e con il suicidio in sé.

In merito a ciò, un recente studio postmortem ha rivelato elevati livelli di recettori CB1 e l’attivazione delle proteine G mediata dal recettore CB1nel DLPFC di vittime suicide alcoliste comparate con soggetti non suicidi alcolisti [22].

In conformità con i dati rilevati da individui suicidi depressi [16], questi studi hanno consentito di evidenziare il collegamento con la sensitizzazione dell’attivazione delle proteine G mediata dal recettore CB1 con il suicidio. Livelli più elevati di EC (AEA e 2-AG) sono stati osservati in DLPFC di vittime suicide alcoliste.

Studi animali correlati con lo stress e con la depressione

Studi farmacologici hanno evidenziato l’importanza del sistema EC nella risposta simil-depressiva nei roditori.

Per esempio gli antagonisti del recettore CB1 e/o gli agonisti inversi come il rimonabant e l’AM251 esercitano effetti analoghi agli antidepressivi in modelli animali [23-25].

Inoltre il rimonabant produce una attività antidepressiva analoga a quella della fluoxetina in svariati modelli animali di depressione [26]. Allo stesso tempo l’effetto è risultato assente in un topo CB-/- trattato con AM251 [23], consentendo di evidenziare un ruolo di rilievo del recettore CB1 nella

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Il meccanismo alla base degli effetti antidepressivi del rimonabant deve essere ancora determinato.

Allo stesso modo il sistema monoamminico del cervello svolge importanti funzioni adattative in risposta allo stress acuto, ed alterazioni a lungo termine nella loro attività potrebbero contribuire allo sviluppo della depressione [1,9].

Una componente chiave nella azione degli antidepressivi clinicamente efficaci consiste nella capacità di aumentare i livelli dei neurotrasmettitori centrali monoamminici.

A sua volta il recettore CB1 regola il rilascio di neurotrasmettitori. Il rimonabant aumenta i livelli di 5-HT, NA e dopamina nella corteccia prefrontale [24,27].

Allo stesso tempo la fluoxetina diminuisce l’espressione del recettore CB1 nei roditori [28]. L’euforia derivante da elevati livelli di 5-HT ad opera della fluoxetina ha una influenza diretta e non sull’espressione dei recettori CB1 indicando un ruolo potenziale dell’interazione tra 5-HT e sistema EC nella regolazione dell’umore.

In contrasto a ciò, un agonista del recettore CB1 come WIN552122 aumenta i livelli di NA nella corteccia frontale del ratto [29].

Inoltre l’agonista parziale del recettore CB1 ovvero il tetraidrocannabinolo (∆9-THC) fa aumentare i livelli di dopamina nella corteccia prefrontale ed i livelli di glutammato [30].

Questi cannabinoidi ed URB597 (un inibitore di FAAH) aumentano l’attività di attacco della 5-HT e dei neuroni contenenti NA [31,32].

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La manipolazione farmacologica con AM404 (un inibitore di AMT) ed HU210 (un agonista del recettore CB1) fornisce una risposta antidepressiva in un ratto sottoposto al test del nuoto forzato [33].

Un simile effetto si manifesta in ratti in cui è stata inibita l’idrolisi di AEA [32].

I dati ottenuti evidenziano che l’inibizione dell’effetto antidepressivo si verifica in seguito all’aumento del meccanismo recettore CB1-AEA.

I risultati contrastanti pertinenti il rilascio di neurotrasmettitore mediato dal recettore CB1 sono già stati evidenziati in precedenza.

La dose, la durata del trattamento e la regione cerebrale di interesse (la corteccia prefrontale comparata alla frontale) costituiscono importanti fattori che contribuiscono a giustificare questa discrepanza.

Alterazioni nel sistema EC centrale dovuta a stress dovrebbero essere associati a sbalzi di umore che si verificano in soggetti depressi.

Hill e coll. [34] hanno dimostrato che esiste una downregulation del sistema EC nell’ippocampo di ratto sottoposto ad uno stress cronico non prevedibile. A sua volta lo stress acuto, provoca elevati livelli di AEA nella corticale prefrontale [35], nel cervello mediano e di 2-AG nei roditori [36].

Sebbene l’insorgenza della depressione maior sia stata correlata con una maggiore vulnerabilità allo stress, l’impatto dello stress sul sistema EC con riferimento a quante alterazioni biochimiche modulino regioni cerebrali estremamente diverse, particolarmente la corteccia prefrontale, e quanto questo dovrebbe agire sull’umore costituisce a tutt’oggi un argomento di notevole interesse.

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Test di immobilità sui roditori sono stati ampliamente usati per verificare e per misurare la sintomatologia simil-depressiva. Studi comportamentali effettuati usando topi che sono privi di recettori CB1 hanno fornito svariati risultati. L’attività locomotoria spontanea è stata sia diminuita [37,38] che aumentata [39] in topi CB-/-.

Le ragioni di queste discrepanze tuttavia non sono chiare; diversi background genetici e differenti ambienti dovrebbero costituire dei fattori che contribuiscono all’insorgenza di tali discrepanze.

Sebbene l’effetto della delezione di CNR1 dovrebbe non essere associata ad un comportamento specifico, cambiamenti neuroadattativi associati con la delezione del recettore sembrano avere un ruolo fondamentale. Chiaramente non esiste ancora una adeguata conoscenza dei meccanismi dei CB nella regolazione dell’umore.

Deve essere ancora verificato se gli EC esercitino i loro effetti di alterazione dell’umore tramite recettori CB1-like o recettori non CB (vanilloide).

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CAPITOLO II

MODULAZIONE DEL SISTEMA EC NELL’ALCOOLISMO

I GPCR giocano un ruolo fondamentale nei meccanismi di transduzione del segnale e sono possibili targets delle principali droghe di abuso, incluso EtOH e marijuana.

Il sistema EC però non è soltanto l’obiettivo di costituenti psicoattivi della marijuana, ma anche un sistema modulatore di circuiti neurali che determinano un potenziamento delle attività delle droghe di abuso come gli oppiacei, le amfetamine, la marijuana, e l’EtOH.

In particolare, recenti studi hanno evidenziato le possibili interazioni tra EtOH e sistema EC. L’assunzione cronica di EtOH è stato visto che determina un aumento dell’accumulo di esteri etilici degli acidi grassi insaturi, dei metaboliti non sottoposti al metabolismo ossidativo dell’EtOH nelle membrane sinaptosomali di topo.

È stato evidenziato che anche se AA (acido arachidonico) costituisce il maggior componente della membrana PL, l’estere etilico di AA non è reperibile nel cervello di topi trattati cronicamente con EtOH. Di notevole interesse il fatto che la upregulation di AEA e la concomitante riduzione del precursore di AEA, il NAPE, è stata verificata in cellule SK-N-SH trattate con EtOH. I dati raccolti suggeriscono pertanto che l’AA rilasciato dalla membrana PL può essere deviato sia ai metaboliti di AA che all’AEA nell’alcoolismo cronico. In uno studio correlato, l’esposizione cronica all’EtOH è stato trovato che attiva il PLA2 Ca-dipendente e AA-specifico, un enzima chiave coinvolto nella formazione degli EC.

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Il trattamento cronico con EtOH di cellule SK-N-SH e dei neuroni granulari cerebellari è stato riscontrato che fa aumentare rispettivamente i livelli di AEA ed AG.

Questi cambiamenti adattativi sono aumentati da uno ionoforo del Ca o ionomicina ed inibiti dalla tossina della pertosse (che inattiva le proteine Gi).

La manipolazione farmacologica con un antagonista del recettore CB1 ovvero SR 141716A attenua l’incremento, EtOH indotto, nell’accumulo di AEA e di 2-AG, che può suggerire una regolazione recettore dipendente di AEA e di 2-AG. L’aumentata velocità di sintesi o la diminuita velocità di degradazione potrebbe avere come conseguenza un aumento dei livelli di EC. Allo stesso modo l’inibizione del trasportatore dell’anandamide ad opera dell’EtOH rappresenta uno dei possibili meccanismi coinvolti nella upregulation di EC.

Il trattamento cronico con EtOH aumenta il contenuto di AEA nel primo strato cerebrale del sistema limbico: questo è indicativo dell’importanza di questa regione cerebrale nelle proprietà di potenziamento delle sostanze che danno dipendenza, e supportano l’ipotesi di un coinvolgimento del sistema EC nei meccanismi di ricompensa da parte di EtOH. Rimane comunque ancora da definire il meccanismo esatto che lega EtOH ad AEA e 2-AG.

2.1 Recettori CB1 nell’alcoolismo

Studi su cervelli di topo hanno evidenziato che il trattamento cronico con EtOH fa diminuire sia la densità dei recettori CB1 che del segnale mediato dalle proteine G.

Questo fenomeno si verifica principalmente a livello della corteccia cerebrale, dell’ippocampo dello striato e del cervelletto. La sensitizzazione

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come pure il segnale mediato dalle proteine G è evidente in tutte le regioni cerebrali dopo 24 ore di privazione di assunzione di EtOH. È stato ipotizzato che la desensitizzazione della funzione del recettore CB1 derivi da una diminuzione indotta da EtOH dell’espressione del gene che codifica per il recettore CB1.

Inoltre, l’esposizione cronica all’EtOH è stato riscontrato che fa diminuire l’mRNA in svariate regioni cerebrali. Altri autori invece hanno dimostrato che ciò non si verifica: pertanto questa discordanza nei dati raccolti, potrebbe derivare da una differenza di misurazione nell’esposizione all’EtOH. La prolungata esposizione ad elevati livelli di EtOH porta ad un aumento dei livelli ematici di EtOH, che può risultare necessaria per provocare la desensitizzazione del recettore CB1.

2.2 Meccanismo di desensitizzazione e sua importanza fisiologica nell’alcoolismo

Ad oggi non è ancora chiaro il meccanismo per il quale l’esposizione cronica all’EtOH determina una diminuzione nell’espressione del recettore CB1.

E’ stato evidenziato che le GPCR subiscono desensitizzazione quando sono stimolate dai propri agonisti endogeni. Pertanto la desensitizzazione del recettore CB1 può essere attribuita ad una sovrastimolazione dei recettori a causa dell’aumento dei livelli di EC che possono giocare un ruolo determinante nel neuroadattamento al trattamento cronico con EtOH. Quando si verifica la privazione di EtOH, questo fenomeno risulta associato con la upregulation del recettore CB1 e con una diminuzione dei livelli plasmatici di AEA suggerendo un neuroadattamento del sistema EC

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Una alterata espressione delle proteine G potrebbe costituire il meccanismo tramite il quale l’EtOH può generare una desensitizzazione eterologa.

La downregulation del recettore CB1 può provocare una riduzione della capacità delle proteine G di interagire con AC. La desensitizzazione dell’accoppiamento della proteina G mediata dal recettore CB1 può ridurre l’inibizione dell’attività di AC, determinando un lieve incremento nel meccanismo mediato da cAMP-PKA-CREB, che può giocare un ruolo nella tolleranza da EtOH e nella dipendenza.

Cambiamenti nel sistema di transduzione del segnale di EC e la sua influenza in altri sistemi di neurotrasmissione nel corso di un trattamento cronico con EtOH, può costituire un meccanismo neuroadattativo conseguente all’assunzione contemporanea di altre sostanze (Figura 4).

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L’alterazione nel sistema EC dovuta ad una esposizione a lungo termine da parte dell’EtOH a livello del SNC, ed in particolar modo nell’ippocampo, può essere associata con cambiamenti nell’apprendimento e nella memoria.

Le conseguenze di un consumo incontrollato e compulsivo di sostanze assunte contemporaneamente può essere correlato con il ricordo dell’assunzione durante un abuso a lungo termine.

Se la memoria dell’uso di una sostanza così come gli effetti e la dipendenza sono associate con la contemporanea assunzione di altre sostanze, rimane da determinare come il blocco della memoria a breve termine si manifesti nelle stesse circostanze.

2.3 Coinvolgimento del sistema EC nel consumo volontario di EtOH

Fattori genetici ed ambientali è stato ipotizzato giochino un ruolo importante nella predisposizione al consumo volontario di EtOH.

La partecipazione del sistema EC al consumo volontario di EtOH è stata suggerita da differenze rilevate nella funzione del recettore CB1 in due ceppi geneticamente distinti di topo, il C57BL/6 che assume EtOH ed il DBA/2 che non assume EtOH.

I livelli di recettori CB1 sono più bassi nel C57BL/6 rispetto al DBA/2. Sono stati riscontrati elevati livelli del recettore CB1 nel topo DBA/2 e tali recettori risultano meno accoppiati con le proteine G rispetto al topo C57BL/6; inoltre il legame di [35S]GTPγS al recettore CB1 è risultato più basso in varie regioni, come nel nucleo caudato, nel putamen ed nel nucleo accumbens di ratti Fawn, consumatori volontari di EtOH rispetto ai ratti Wistar non assuntori. Tutto ciò evidenzia una più bassa funzione del

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nell’attività di componenti distinti del sistema EC in condizioni basali o in risposta all’esposizione all’EtOH possono esistere tra animali che lo assumono e non lo assumono.

Ciò indica che esiste una innata differenza nella funzione del recettore CB1 correlata con la regolazione del comportamento che porta ad assumere EtOH.

L’attivazione del sistema EC inoltre è noto che conduce alla promozione del craving (desiderio ardente) di EtOH.

L’effetto stimolante di un agonista del recettore CB1 sull’assunzione di EtOH è stato rilevato che è completamente bloccata dal pretrattamento con SR 141716A; a sua volta il pretrattamento con SR 141716A inibisce la motivazione dal consumo di EtOH stimolata da CP-55,940 [40].

2.4 Interazione del sistema EC con l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene

L’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), ovvero il sistema neuroendocrino, ha un ruolo cruciale nella regolazione del comportamento [1]. Si tratta del principale sistema regolatore dei glicocorticoidi circolanti-cortisolo nell’uomo, corticosterone nei roditori che risultano elevati in soggetti depressi ed in risposta allo stress.

L’attivazione dell’asse HPA da parte di CB1 è stata osservata in recenti studi [41-42] (amigdala centrale e nucleo paraventricolare), seguendo la stimolazione dei neuroni contenenti il fattore di rilascio della corticotropina [43].

L’incremento nei livelli di corticotropina e corticosterone stimolato dai recettori CB1 è risultato attenuato ad opera del rimonabant [44,45].

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Il segnale derivante da EC inibisce l’asse HPA attraverso il recettore CB1[47-48]. I livelli plasmatici basali e indotti da stress dell’adrenocorticotropina e del corticosterone sono più elevati nel topo CB1-/-, indicando una alterazione con testo dipendente nella funzione dell’asse HPA [49].

Sebbene sia stata evidenziata una certa discordanza nei dati riportati, è possibile ipotizzare che esiste una interazione tra il sistema EC ed il sistema neuroendocrino.

Data l’importanza dell’asse HPA nella fisiopatologia della depressione e nella possibilità di suicidio [50], il sistema EC potrebbe avere un importante ruolo nella regolazione dell’umore e della risposta emozionale, che risultano danneggiati in pazienti con comportamento suicida (Figura 5).

Figura 5: I recettori CB1 modulano la funzione dell’asse HPA e dei sistemi nei

neurotrasmettitori monoamminici. CB1 receptor

HPA axis Neurotransmitters

Suicidality Endocannabinoids

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2.5 Co-morbidità dei farmaci di abuso con la depressione ed il suicidio

Oltre alle problematiche di natura psicosociale che contribuiscono al suicidio, la maggior parte dei suicidi si verifica in un contesto di patologia psichiatrica.

In particolare gli sbalzi di umore ed i disordini che originano dall’abuso di sostanze rappresentano il principale fattore di rischio per il suicidio. Sebbene studi clinici sull’abuso di cannabis abbiano fornito risultati contrastanti, la maggior parte degli studi hanno riportato un impatto negativo sull’abuso cronico di cannabis.

La dipendenza da cannabis è stato trovato che risulta associata ad una percentuale aumentata dei sintomi psicotici e depressivi, in aggiunta al tentativo di suicidio [51-53].

Studi psicologici e psicosociali indicano che i fattori che sono principalmente associati al suicidio sono associati primariamente con impulsività e tale comportamento potrebbe essere parte di una alterazione costituzionale che predispone ad un atteggiamento suicida [6].

Sebbene il ∆9-THC risulti vantaggioso nel trattamento di alcune situazioni patologiche [42], questa sostanza psicoattiva, insieme all’abuso di cannabis ed alcool, induce alcune forme di comportamento impulsivo negli uomini [53-55].

Inoltre una diminuzione nel comportamento impulsivo e/o motivazionale nei confronti dell’alcool potrebbe essere determinata da una delezione genetica e da un blocco farmacologico del recettore CB1 nei roditori [56,57].

In accordo con quanto finora trovato, l’attivazione farmacologica del recettore CB1 nei roditori determina uno stimolo a bere più alcool [56].

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La delezione genetica dell’enzima FAAH [58] e l’iniezione di URB597 a livello della corteccia prefrontale fa aumentare la motivazione nel topo a bere l’alcool [59].

Da questi studi è possibile pertanto evidenziare il ruolo del sistema EC correlato all’assunzione di alcool.

È stata inoltre recentemente evidenziata negli alcoolisti una relazione tra il gene CNR1 e la sindrome da deficit di attenzione con iperattività (ADHD) [60].

Alcuni di questi pazienti hanno manifestato un comportamento suicida [61] che sembra essere associato con una alterata capacità decisionale ed impulsività [62].

Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per definire il meccanismo alla base del sistema EC nell’ADHD, uno studio recente ha indicato che l’uso di antagonisti del recettore CB1 potrebbe avere un valido effetto terapeutico per il trattamento dell’ADHD [63].

Sommati insieme, l’associazione del sistema EC con l’assunzione di alcool ed un elevato tasso di incidenza al suicidio in soggetti che abusano di cannabis ed alcool potrebbe essere uno dei fattori che contribuiscono al comportamento suicida.

Sebbene i dati esistenti siano di supporto alla stretta associazione tra vari disturbi neuropsichiatrici, ovvero i disordini legati all’abuso di una sostanza ed il suicidio, la natura di questa relazione è complessa e dovrebbe variare in dipendenza del disordine in questione e della sostanza di cui è stato fatto abuso. L’esistenza di una relazione causale tra abuso di cannabis ed di alcool, l’alcoolismo, la depressione ed il comportamento suicida rimane a tutt’oggi ancora da stabilire.

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2.6 Possibile meccanismo di un sistema EC alterato nella depressione e nel suicidio

La ragione di elevati livelli di recettori CB1 nel DLPFC di individui depressi suicidi non è attualmente nota [16]. La upregulation di recettori CB1 dovuta alla risposta a feedback legata a bassi livelli di EC nella depressione in sé potrebbe costituire un meccanismo.

La sensitizzazione dei recettori CB1 osservata e l’attivazione mediata dalla proteina G nonostante i livelli più elevati di EC nel DPLFC di suicidi alcoolisti [22] ha costituito un argomento di notevole interesse. È stato ipotizzato che cambiamenti nel metabolismo e nell’uptake di EC sembrano essere responsabili di livelli di EC alterati. Elevati livelli di EC e di recettori CB1 nel DLPFC di suicidi alcoolisti ha condotto a porsi il seguente quesito: quale è il meccanismo che causa questi cambiamenti e quali sono le conseguenze da un punto di vista funzionale?

Rimane da chiarire se alterazioni nei recettori CB1 nella corteccia prefrontale di individui con questi disordini riflettono una patologia primaria o un adattamento compensatorio emostatico.

Anomalie nel meccanismo cAMP-PKA-CREB sono state evidenziate nella corteccia prefrontale, postmortem di depressi suicidi [64]. Poiché il recettore CB1 è il più abbondante GPCR neuromodulatore, alterazioni dei suoi livelli sembrano avere un forte impatto nel meccanismo del cAMP. La upregulation del recettore CB1 dovrebbe migliorare la capacità della proteina Gi di inibire l’attività AC.

Questo sembra spiegare la diminuzione dell’attività del meccanismo cAMP-PKA-CREB che dovrebbe avere un ruolo fondamentale nella fisiopatologia della depressione e del suicidio.

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Uno dei principali obiettivi degli psichiatri è quello di proteggere i pazienti dal tentare il suicidio. Strategie preventive potrebbero essere migliorate arricchendo le conoscenze ad oggi presenti dei disturbi fisiopatologici che sono alla base di questi tentativi; dai dati riportati finora è stato possibile evidenziare che l’alcolismo e la depressione rappresentano due elevati fattori di rischio nei confronti del suicidio.

È stato ipotizzato che circuiti neurali sovrapposti e la relazione tra il sistema EC ed altri sistemi di neurotrasmissione monoamminica sarebbero essenziali per comprendere la fisiopatologia dei disordini mentali. È possibile che l’attivazione di meccanismi di segnalazione multipla per i recettori CB1 e l’esistenza di sottotipi recettoriali contribuisca alla loro eterogenicità.

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CAPITOLO III

ESPRESSIONE DEL RECETTORE CB1 NELLA CORTECCIA CINGOLATA ANTERIORE NELLA SCHIZOFRENIA, NEL DISORDINE BIPOLARE E NELLA

DEPRESSIONE MAIOR

Come affermato in precedenza il sistema cannabinoide endogeno rappresenta un sistema neuromodulatorio basato su recettori accoppiati con proteine G, ligandi lipidici endogeni, enzimi per la biosintesi e la inattivazione di un ligando [65].

Questo sistema è soggetto all’azione di cannabinoidi esogeni, come il principale composto psicoattivo della cannabis, il ∆9-THC, studiato principalmente in associazione con la schizofrenia.

Esistono infatti dati clinici che supportano l’associazione tra l’uso di cannabis e la schizofrenia [66]; inoltre di solito l’uso della cannabis è più frequente in soggetti psicotici che non nella popolazione in generale.

Il prolungato abuso di cannabis può innescare una cascata di sintomi psicotici tipici della schizofrenia e risulta capace di indurre sintomi maniacali nel caso di bipolarismo [67]. Gli endocannabinoidi sono lipidi bioattivi che attivano i recettori CB1.

L’anadamide (AEA), precedentemente citata per la sua azione sul sistema EC è stato evidenziato che in pazienti affetti da schizofrenia acuta è aumentata in maniera significativa [68]; questo tipo di alterazione non è stata riscontrata in pazienti sofferenti di disordini affettivi e demenza [69].

L’incremento di AEA riflette un effetto compensatorio per bilanciare gli altri sistemi di neurotrasmissione nella schizofrenia acuta, specialmente in riferimento ai circuiti del sistema dopaminergico. Alterazioni in differenti sistemi di neurotrasmissione che includono dopamina, serotonina,

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glutammato e GABA , tutti interagiscono con il sistema endocannabinoide, è stato evidenziato che si verificano a livello della corteccia cingolata anteriore (ACC) nella schizofrenia [70-72] .

I dati ottenuti pertanto suggeriscono che cambiamenti dei recettori CB1 possono essere riscontrati in ACC di pazienti affetti da schizofrenia, depressione e disordine bipolare.

L’area 24 del cingolato anteriore rappresenta una sede importante per lo studio delle patologie psichiatriche: a causa della vasta interconnessione con l’area prefrontale e limbica così come con le aree dopaminergiche cerebrali, è fondamentale il suo ruolo nella cognizione, in particolar modo in relazione alla motivazione ed all’attenzione.

La ACC costituisce la porzione rostrale del girus cingolato a livello della superficie mediale di ogni emisfero. Cambiamenti neuropatologici sono stati riportati nel disordine bipolare, nella depressione maior e nella schizofrenia [73].

Impiegando la autoradiografia quantitativa, Zavitsanou e coll. [74] hanno valutato la distribuzione e la densità dei recettori CB1 in ACC postmortem di pazienti affetti da schizofrenia per legame del radioligando 3[H]SR141716A, antagonista del recettore CB1.

Precedentemente Dean e coll. avevano rilevato un incremento del legame di 3[H]55940 al recettore CB1 nella corteccia prefrontale dorsolaterale di pazienti schizofrenici paragonati con i controlli. Questo incremento non è stato correlato all’impiego recente di cannabis.

Newell e coll. [75-76] in una recentissima pubblicazione hanno evidenziato che esiste un forte legame tra 3[H]55940 ai recettori CB1 nella

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CB1 è stato trovato negli strati superficiali, non a causa dell’uso recente di cannabis. Non sono state riscontrate differenze invece negli strati profondi del PCC.

Nella corteccia prefrontale di cervelli postmortem di vittime depresse suicide è stata osservata una significativa upregulation della densità del recettore CB1 e una attivazione delle proteine G stimolate dal recettore [77].

Il ruolo del sistema endocannabinoide nella fisiopatologia della depressione è supportata da studi animali: è stato infatti mostrato che l’antagonismo con il recettore CB1 porta ad un incremento dei livelli di 5-HT e NA [78].

Sebbene l’alterazione del sistema endocannabinoide dovrebbe essere correlata con un comportamento suicida, come elevati livelli di endocannabinoidi, i recettori CB1 ed le proteine G ad esso accoppiate sono risultate ben evidenti nella corteccia prefrontale di suicidi alcoolisti, pertanto i dati trovati suggeriscono che l’iperattività della funzione del recettore CB1 dovrebbe essere correlata con la depressione [79].

Nell’uomo la densità dei recettori CB1 localizzati a livello presinaptico in ACC è moderatamente elevato, come dimostrato dal legame al recettore [80] e dall’immunochimica [81]. Da ciò è stato possibile evincere che cambiamenti nel sistema endocannabinoide possono esistere in ACC.

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Capitolo IV

S

ISTEMA ENDOCANNABINOIDE

:

TRATTAMENTI

FARMACOLOGICI

4.1 Rimonabant: un nuovo antagonista selettivo del recettore CB1 per il trattamento dell’obesità

L’obesità ha ricevuto una attenzione considerevole a causa dei seri rischi che può provocare alla salute. Negli Stati Uniti circa 400000 morti all’anno sono da attribuire all’obesità[82]. Il numero di soggetti in sovrappeso ed adulti obesi ogni anno continua ad aumentare. Il sovrappeso e l’obesità infatti aumentano il rischio di sviluppare patologie a carico del sistema cardiovascolare, polmonare, metabolico e condizioni oncologiche, ed inoltre l’ipertensione, malattie coronariche, sincope, patologie a carico della colecisti, osteoartriti, diabete mellito di tipo II, ipercolesterolemia e carcinoma al seno, alla prostata, endometriale e del colon [83].

La sindrome metabolica, definita come obesità addominale, accompagnata da un incremento dei trigliceridi, una diminuzione delle lipoproteine ad alta densità (HDL), ipertensione e resistenza all’insulina [84] è stata associata con un aumentato rischio di malattie cardiovascolari e di mortalità [85].

L’approccio per la gestione di pazienti sovrappeso, include cambiamenti dello stile di vita, che comprende una dieta ipocalorica ed un aumento della attività fisica. Se dopo sei mesi non si manifesta l’attesa perdita di peso, può essere presa in considerazione una terapia farmacologica appropriata. Gli agenti impiegati attualmente risultano vantaggiosi in pazienti con body max index (BMI) di 30 Kg/m2 [86]. Le sostanze utili per il trattamento

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impiego. Orlistat è approvato per l’assunzione a lungo termine e presenta una documentata efficacia nella capacità di far perdere peso. Ulteriori studi hanno evidenziato una diminuzione dei fattori di rischio correlati con l’obesità, come l’ipertensione, l’iperlipidemia e l’iperglicemia [87-89]. Gli effetti avversi primari includono incontinenza fecale, flatulenza, crampi addominali, tutti correlati al meccanismo di azione di tale sostanza [90]. La sibutramina, un agente serotoninergico, è stato approvato per il suo utilizzo in terapia di lunga durata. Una metanalisi relativa all’uso di questa specialità medicinale pone l’attenzione sulla cautela che si deve adoperare nell’utilizzo in pazienti la cui ipertensione è scarsamente seguita, nella patologia coronarica, nell’insufficienza cardiaca o nelle aritmie a causa della sua capacità di incrementare la pressione sanguigna [91].

Agenti noradrenergici come la fentermina ed il dietilpropione, sono stati designati come farmaci di classe IV a causa dei loro effetti stimolanti e della potenziale sommazione [92]. A causa delle limitate alternative terapeutiche nel trattamento dell’aumento della frequenza, della morbidità e dei costi per la salvaguardia della salute associata con l’obesità sono stati sviluppati alcuni nuovi agenti.

Il rimonabant (Acomplia- Sanofi Aventis) costituisce il capostipite di una nuova classe di agenti ed offre promettenti risultati per pazienti obesi e sovrappeso. È stato valutato il suo impiego anche nello smettere di fumare e nel trattamento della dipendenza dall’alcool.

4.2 Ruolo del sistema endocannabinoide nel trattamento con rimonabant

Il grado di obesità negli adulti è correlato con il rapporto tra l’energie incamerate e l’energie spese. I principali fattori che giocano un ruolo determinante in questo rapporto comprendono fattori ambientali, sociali e genetici. I recettori coinvolti nel mantenimento di questo equilibrio sono

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rappresentati da quelli che stimolano l’appetito, come i serotoninergici ed i peptidi coinvolti nella stimolazione dell’appetito e nel metabolismo energetico, come la leptina [93]. Il ruolo del recettore cannabinoide nel controllo dell’appetito può costituire un nuovo approccio nel trattamento dell’obesità [94].

I ligandi endogeni, come affermato in precedenza, per tale sistema recettoriale includono l’anandamide ed il 2-arachidonoil-glicerolo. La sintesi di questi endocannabinoidi avviene nelle cellule bersaglio a livello postsinaptico e può avere inizio in seguito ad un afflusso di calcio o all’attivazione di altri recettori legati a neurotrasmettitori, come il glutammato. Gli endocannabinoidi sono rilasciati nello spazio extracellulare dopo la loro sintesi ed hanno la capacità di attivare i recettori CB1 localizzati nei neuroni presinaptici inibitori ed eccitatori. Il legame degli endocannabinoidi ai recettori CB1 a livello dei neuroni inibitori porta ad una depolarizzazione ed ad una inibizione del rilascio dell’acido γ-ammino butirrico. Al contrario il legame al recettore CB1 nei neuroni eccitatori porta ad una depolarizzazione ed ad una inibizione del rilascio di glutammato [95]. Gli effetti neurologici che ne conseguono includono la regolazione dei processi di percezione, della coordinazione motoria, delle emozioni e del comportamento motivato [96]. Gli effetti degli endocannabinoidi sull’appetito e su metabolismo periferico sono stati oggetto di numerose ricerche. Gli agonisti degli endocannabinioidi possono influenzare l’assunzione di cibo attraverso mediatori anoressizzanti a livello del SNC, con un coinvolgimento periferico dei recettori CB1 del tessuto adiposo[94]. Gli antagonisti del recettore CB1, come il rimonabant hanno mostrato diminuire gli effetti stimolatori agonisti sull’appetito ed il consumo di cibi gustosi e non, in animali da laboratorio [97].

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4.3 Farmacocinetica

Dati farmacocinetici e farmacodinamici relativi al rimonabant a tutt’oggi sono limitati. Dati preclinici hanno dimostrato una lunga durata di azione (come ad esempio il blocco del recettore CB1) ad opera del rimonabant [99]. In soggetti in salute che ricevono una volta al giorno una dose di rimonabant pari a 20 mg, l’emivita del farmaco risulta di 6-9 ore [100]. In soggetti obesi l’emivita è risultata più lunga (16 ore), a causa del maggiore volume di distribuzione presente a livello periferico.

4.4 Trials clinici

Attualmente sono stati pubblicati i trials clinici di fase III che esaminano l’efficacia e la sicurezza del rimonabant nel trattamento dell’obesità [101-103].

In altri studi pazienti randomizzati sono stati scelti per assumere il rimonabant in dose di 5 mg, di 20 mg al giorno o di placebo affiancata da una dieta ipocalorica. Un ulteriore studio valuta l’impiego del rimonabant in pazienti obesi con diabete di tipo 2 [104,105].

4.5 Rimonabant nell’obesità

Tale studio inizialmente effettuato in Europa è stato poi allargato anche alla popolazione americana.

Nelle Tabelle 1 e 2 sono riportati le principali caratteristiche dei soggetti arruolati per condurre questo studio e gli effetti collaterali che si sono principalmente manifestati nel corso del trattamento con tale sostanza.

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Tabella 1

Tabella 2

Adverse Events Reported in Clinical Trial of Rimonabant

% Patients Adverse Event Placebo Rimonabant 5mg Rimonabant 20mg Upper –respiratory-tract Infection Dizziness Nasopharyngitis Arthralgia Back pain Gastroenteritis Anxiety Diarrhea Nausea Fatigue Influenza Insomnia 7.5-15.2 4.0-6.7 14.0-21.6 6.9-9.6 6.1-10.2 4.8-7.9 2.1-3.8 3.0-5.1 3.2-5.8 3.6-5.6 5.3- 2.6-4.4 7.1-16.1 4.5-8.4 14.4-26.4 7.0-9.6 7.0-9.6 4.3-6.6 2.9-3.3 6.0-7.2 5.1-7.2 3.8-4.0 6.1-8.5 3.0-4.1 5.5-18.5 5.6-10.4 15.5-19.4 5.5-8.8 5.9-9.2 5.7-8.5 6.1-8.7 5.3-7.2 11.2-12.9 4.2-5.2 8.8-9.5 5.8-6.4

Baseline Demographics and characteristics of Subjects in the RIO-Diabets Study 29,30,a Treatment Group Characteristic Placebo Rimonabant 5mg Rimonabant 20mg n Female (%) White (%) BMI (kg/m2) Waist circumference (cm) HbA 1c (%)

Treatment with metformin (%) Treatment with sulfonylurea (%) Hypertension (%) Dyslipedemia (%) Metabolic syndrome (%) 348 46 88.5 34.2+/-3.6 110.3+/-11.1 7.5+/-0.9 66.1 33.9 59.2 53.4 79.2 358 52 88.0 34.4+/-3.6 110.5+/-10.9 7.5+/-0.8 64.2 35.8 60.9 56.4 79.5 339 50 89.1 34.1+/-3.6 109.9+/-10.5 7.5+/-0.8 64.3 35.7 63.7 57.1 79.2

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Alcuni degli effetti verificatisi sono risultati minori o solo temporanei, ciò ha creato qualche difficoltà in termini di discontinuità. Tale discontinuità si è manifestata soprattutto nei soggetti in cui si sono verificati disordini psichiatrici: le situazioni che si sono presentate più frequentemente riguardano la depressione ed uno stato di ansia. È stato rilevato che l’ansietà si manifesta principalmente nei soggetti che assumevano una dose di rimonabant giornaliera pari a 20 mg.

4.6 Interazione con altri farmaci

È stata evidenziata una possibile interazione tra il rimonabant ed il warfarin come substrato del citocromo P450 [106], il midazolam (substrato del CYP3A) [107], la diossina (substrato della glicoproteina P) [108], i contraccettivi orali, l’orlistat e la nicotina [109-111]. Ad oggi invece non sono state evidenziate interazioni tra il farmaco ed il cibo o l’associazione con qualche patologia.

Pertanto l’impiego del rimonabant, come antagonista selettivo del recettore CB1, rappresenta un nuovo trattamento alternativo per la cura dell’obesità e del sovrappeso: nei trials clinici con il rimonabant è stata infatti evidenziata una significativa perdita di peso, un miglioramento del profilo lipidico e del controllo del glucosio ematico.

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CAPITOLO V

ESTROGENI: RECLUTAMENTO DEL SISTEMA ENDOCANNABINOIDE NEL MODULARE LE EMOZIONI

Gli effetti degli estrogeni sulle emozioni e sull’umore sono ad oggi ben noti. Per esempio la diminuzione dei livelli di tali ormoni circolanti in fase menopausale sono accompagnati da un aumento dei disturbi comportamentali come ansietà e depressione [112,113]. Ratti femmina ovarectomizzate manifestano la stessa carenza estrogenica che si evidenzia nella menopausa e di solito si verifica un tangibile aumento dell’ansietà e di comportamenti simildepressivi in tests di emozionalità che sono reversibili per trattamento con dosi fisiologiche di estradiolo [114]. Tali cambiamenti comportamentali sono verosimilmente mediati dalla classica azione nucleare degli estrogeni nella trascrizione dei geni. Inoltre è stato evidenziato un coinvolgimento del recettore 5-HT1A in tali alterazioni del comportamento [115].

Questo ruolo sembra però essere correlato con effetti rapidi degli estrogeni piuttosto che con effetti a lungo termine. Come è stato più volte chiarito in precedenza il sistema endocannabinoide è un sistema neuromodulatorio ed un potenziale obiettivo in grado di regolare gli effetti comportamentali degli estrogeni. L’attivazione del recettore endocannabinoide CB1 ad opera di ligandi esogeni come il tetraidrocannabinolo, costituente psicoattivo della cannabis, e ligandi endogeni come derivati lipidici dell’arachidonato determina profondi effetti sul comportamento emozionale [116].

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Più dettagliatamente l’inibizione dell’enzima primario coinvolto nel metabolismo di AEA, l’acido grasso amide idrolasi (FAAH) riduce l’ansietà nei roditori.

Analoghi effetti sull’ansietà sono stati documentati con la combinazione del trasporto di AEA e l’inibitore di FAAH, AM404 [117]: nel test di nuoto forzato è stato infatti evidenziato un effetto antidepressivo in seguito all’utilizzo di tale combinazione [118].

Effetti completamente opposti sono apprezzabili in seguito alla somministrazione di antagonisti del recettore CB1 [119], mettendo in luce il fatto che il sistema endocannabinoide presenta una complessa regolazione del comportamento emozionale. In riferimento a questa complessità tali effetti derivano da un incremento del segnale derivante dall’interazione AEA/recettore CB1 e risultano simili a quelli conseguenti all’assunzione di estrogeni [114].

A livello molecolare l’enzima FAAH rappresenta un potenziale sito di interazione tra estrogeni ed endocannabinoidi. Infatti l’enzima FAAH possiede un elemento di risposta agli estrogeni nella sua sequenza genetica e la traslocazione del recettore per gli estrogeni a livello del nucleo determina una inibizione nella trascrizione di FAAH [120]. A livello periferico questo tipo di ormoni sottopongono a downregulation l’espressione di FAAH e l’attività a livello del tessuto uterino [121]. La downregulation estrogeno indotta di FAAH potrebbe a sua volta provocare un aumento nel segnale di AEA, che, se verificatosi a livello del SNC potrebbe influenzare i processi correlati con l’emotività. Sono stati pertanto allestiti una serie di esperimenti per verificare tale ipotesi. Il primo ha coinvolto la capacità degli estrogeni di ridurre l’ansietà nel test EPM (elevated plus maze) e nel test a campo aperto, fornendo una risposta antidepressiva nel test del nuoto forzato e rivelandosi sensibile

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all’antagonismo a livello del recettore CB1. Il secondo ha riguardato l’effetto della inibizione farmacologica di FAAH in questi tests comportamentali su ratti femmina sottoposti ad ovarectomia. Dai dati ottenuti attraverso questi metodi di analisi è stato possibile evincere che gli estrogeni ingaggiano il sistema endocannabinoide al fine di modulare il comportamento emozionale potenzialmente attraverso un meccanismo legato al FAAH.

5.1 Risultati dei tests condotti su ratti femmina ovarectomizzate

Sono stati eseguiti due distinti gruppi di esperimenti: il primo ha avuto lo scopo di valutare se gli effetti dell’estradiolo negli esperimenti EPM (elevated plus maze), in OFT (open field test) ed in FST (forced swim test) sono sensibili al blocco del recettore CB1 dei cannabinoidi; il secondo ha avuto come obiettivo quello di verificare se l’inibizione farmacologica di FAAH determina gli stessi effetti farmacologici del trattamento con estradiolo in ratti femmina ovarectomizzate. Il primo esperimento ha confermato l’effetto dovuto alla somministrazione di dosi fisiologiche di estradiolo in ratti femmina ovarectomizzate ed ha generato un effetto ansiolitico.

Il trattamento con estradiolo induce una notevole, ma, allo stesso tempo molto variabile riduzione della immobilità nel test di nuoto forzato, assente in animali che sono contemporaneamente trattati con un antagonista del recettore CB1, l’AM251. Inoltre il secondo esperimento ha rivelato che l’inibizione farmacologica di FAAH, l’enzima primario che regola il metabolismo di AEA ha provocato una significativa riduzione dei comportamenti ansiosi in OFT ed EPM, riducendo anche l’immobilità in

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Dai dati raccolti è stato possibile ipotizzare che i cambiamenti nell’emotività, estradiolo indotti sono sensibili al blocco del recettore CB1, suggerendo che il trattamento con estradiolo aumenta il segnale degli endocannabinoidi. Sembra che questo effetto sia dovuto sia ad un aumento nella biosintesi che nel rilascio di endocannabinoidi o comunque ad una riduzione del loro metabolismo.

L’estradiolo infatti è capace di stimolare rapidamente il rilascio dell’anandamide dalle cellule endoteliali; allo stesso modo se un processo analogo si verifica a livello delle cellule nervose, questo effetto potrebbe verosimilmente non essere importante a livello comportamentale se il dosaggio è avvenuto 48 ore dopo il trattamento con estradiolo. Questi effetti ritardati sono una conseguenza di alterazioni, estradiolo mediate nell’espressione genica. La sequenza genica di FAAH possiede un elemento di risposta per gli estrogeni, che se legato al recettore degli estrogeni inibisce la trascrizione di FAAH. Il declino degli estrogeni derivante dall’ovarectomia può determinare una disinibizione della trascrizione di FAAH e una downregulation dell’espressione di FAAH derivante dall’elevato contenuto in endocannabinoidi. Pertanto questi cambiamenti nell’attività degli endocannabinoidi possono contribuire alla capacità dell’estradiolo di modulare l’umore e l’affettività. Tale ipotesi dovrebbe però richiedere una validazione biochimica per essere confermata: gli estrogeni diminuiscono l’espressione e l’attività del FAAH e provocano un aumento dei livelli di AEA a livello uterino. È stato inoltre riscontrata una diminuzione degli effetti vasorilassanti di AEA in ratti femmina in caso di ovarectomia, che sono ristabiliti in seguito alla concomitante assunzione di estradiolo. Tali dati sono conformi con l’ipotesi che l’ovarectomia provoca una facilitazione nell’attività di FAAH e che il trattamento con estradiolo attenua l’idrolisi di AEA: è plausibile

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che un fenomeno analogo si verifichi a livello del sistema nervoso. A supporto di tutto ciò, l’inibizione farmacologica di FAAH di ratte ovarectomizzate presenta risposte comportamentali analoghe, se non quasi più evidenti in EPM, in OFT ed in FST. In conclusione l’estradiolo può modificare il comportamento emozionale conseguente alla downregulation dell’espressione del FAAH ed all’aumento del segnale AEA/recettore CB1. È stato inoltre dimostrato che la capacità degli estrogeni di modulare il comportamento emotivo è mediata dall’attivazione dei recettori β degli estrogeni, e non dei recettori α.

Il meccanismo con cui gli endocannabinoidi regolano il comportamento emozionale ad oggi non è ancora ben chiaro. Come affermato precedentemente i recettori per gli endocannabinoidi sono distribuiti a livello del sistema limbico, nell’amigdala, nella corteccia prefrontale e nell’ipotalamo, dove regolano una neurotrasmissione inibitoria ed eccitatoria. Una ipotesi alternativa riguarda il fatto che gli endocannabinoidi potrebbero esercitare i loro effetti sul comportamento modulando la trasmissione monoamminica. In particolare, tramite recenti studi è stato dimostrato che gli effetti antidepressivi dell’inibitore del FAAH, URB597, sono associati con un aumento dell’attività dei neuroni serotoninergici a livello del rafe dorsale. Se antagonisti del recettore 5-HT1A sono somministrati in contemporanea con estradiolo gli effetti comportamentali del trattamento con estradiolo sono attenuati. Da ciò deriva che sia il sistema serotoninergico che l’endocannabinoide possono essere coinvolti per quanto riguarda gli effetti dell’estradiolo sull’emotività ed è probabile che gli endocannabinoidi possano agire come mediatori tra gli estrogeni ed una aumentata attività serotoninergica, o viceversa. Il fatto

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precedenti studi effettuati sui ratti maschio. Condizioni ambientali così come condizioni di luminosità oppure storie di precedenti stress potrebbero alterare la risposta delle sostanze prese in esame.

Gli esperimenti descritti evidenziano come il sistema endocannabinoide possa potenzialmente giocare un ruolo preminente nelle ratte femmine piuttosto che nei maschi. Inoltre i dati rilevati suggeriscono che l’inibizione di FAAH rappresenta un target potenziale per lo sviluppo di nuove sostanze terapeutiche per il trattamento della ansietà e della depressione nella donna. Poiché questi disordini comportamentali sono più frequenti nella donna che non nell’uomo, l’identificazione di targets farmacologici che presentano efficacia nei tests preclinici nelle femmine come nei maschi sono essenziali.

Alcuni, ma non tutti gli studi clinici hanno dimostrato che la somministrazione degli estrogeni in donne in post menopausa provocano un miglioramento dell’umore e riducono in maniera adeguata ansietà e depressione. A dispetto di queste buone proprietà sull’umore esercitate dagli estrogeni, l’assunzione di questo tipo di composti in donne in post menopausa è controversa a causa del potenziale rischio di aumentare la possibilità di sviluppare il cancro al seno.

La determinazione del meccanismo con cui gli estrogeni alterano l’umore può aiutare ad oltrepassare il rischio diretto sulla salute dell’assunzione degli estrogeni.

Questo studio suggerisce che gli estrogeni possono facilitare il segnale degli endocannabinoidi, che a sua volta potrebbe essere un meccanismo tramite il quale gli estrogeni modulano l’affettività.

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CAPITOLO VI

APPROFONDIMENTO SULL’ANANDAMIDE: REGOLAZIONE DELLO SVILUPPO POSNATALE DELLA PLASTICITÀ SINAPTICA A LUNGO TERMINE

NELLO STRIATO DORSOLATERALE DI RATTO

I cambiamenti dipendenti dalla attività a lungo termine nella efficacia sinaptica a livello delle sinapsi centrali sono alla base di alterazioni dell’apprendimento e della memoria. Lo striato, specialmente il dorsolaterale (DL) sembra giocare un ruolo importante in relazione alla capacità di apprendimento [122].

Il potenziamento striatale a lungo termine (LTP) determina un aumento di lunga durata nell’efficacia sinaptica e richiede l’attivazione dei recettori del glutammato tipo NMDA [123] e dei recettori D1 della dopamina [124].

A sua volta la depressione striatale a lungo termine (LTD) provoca una diminuzione di notevole durata nella resistenza sinaptica e dipende da un numero di fattori convergenti che includono l’attivazione dei recettori D2 [125] e dei recettori metabotropici del glutammato [126] ed inoltre si verifica un aumento dell’attivazione che coinvolge il calcio a livello intracellulare postsinaptico dei canali del calcio di tipo L [127], ed un rilascio sempre a livello postsinaptico di endocannabinoidi che provocano l’attivazione del recettore CB1, ma non dei recettori NMDA [128]. Entrambe queste forme di plasticità sono determinate da una stimolazione ad alta frequenza (HFS) delle vie afferenti striatali, tuttavia l’espressione di LTP contro LTD varia in funzione dell’età postnatale degli animali.

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Lo stesso protocollo di stimolazione induce in modo predominante LTD nello striato DL di ratti di 15 giorni ed oltre [127]. Come evidenziato ripetutamente, l’anandamide (AEA) e il 2-arachidonilglicerolo (2-AG) attivano i recettori CB1: questi metaboliti lipidici agiscono come molecole segnale di tipo retrogrado ed il rilascio a livello postsinaptico di uno di questi due endocannabinoidi è richiesto per l’ induzione dell’LTD.

L’mRNA del recettore CB1 nel ratto è presente nel cervello in maniera diffusa sia in fase prenatale sia per lo sviluppo postnatale [130]. È stato evidenziato in misurazioni condotte su tutto il cervello di ratto che i livelli di AEA, ma non di 2-AG, aumentano durante lo sviluppo postnatale. Alla luce dei dati raccolti è stato ipotizzato che un cambiamento nello sviluppo della plasticità striatale si verifichi in seguito ad un aumento della sintesi di AEA e del suo rilascio.

In particolare lo studio condotto a tale proposito ha avuto per oggetto la determinazione dell’incremento dei livelli di AEA nel corso della terza settimana di vita dei ratti e che questo aumento contribuisce a modificare l’efficacia sinaptica a lungo termine HFS indotta da LTP ad LTD nello striato DL. È stato evidenziato infatti che, mentre i recettori CB1 sono presenti e pienamente funzionanti nello striato di ratto di 13 giorni, i livelli di AEA nello striato aumentano più di 11 volte tra il tredicesimo ed il diciassettesimo giorno dopo la nascita.

È stato dimostrato che l’AEA applicato in modo esogeno durante l’HFS determina una induzione dell’LTD in sezioni di striato in ratti di 13 giorni, mentre il blocco dei recettori CB1 durante HFS provoca una induzione di LTP in ratti di 16-36 giorni. Inoltre il blocco della sintesi di 2-AG potrebbe non prevenire l’induzione dell’ LTD striatale.

Questi risultati pertanto suggeriscono che tutti gli elementi richiesti per LPT ed LTD sono necessari per ratti dell’età di 13 giorni e la presenza o

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l’assenza di AEA costituisce un fattore determinante per cambiamenti nella plasticità dello striato.

L’ipotesi finora suggerita riguarda il fatto che l’LTD striatale richieda l’attivazione del recettore CB1 combinato e l’attivazione afferente ripetitiva.

L’attivazione afferente da sola non è in grado di indurre l’LTD, come evidenziato dal fatto che l’HFS non induce depressione quando i livelli di AEA sono bassi o quando i recettori CB1 sono bloccati. Approfondendo questi studi l’ipotesi che è stata formulata riguarda il fatto che AEA sia coinvolto nell’LTD striatale che a sua volta dipende dalla attivazione del recettore D2 della dopamina; studi in vivo hanno mostrato che la stimolazione del recettore D2 in seguito alla somministrazione per via sistemica di un agonista dello stesso recettore, il chinpirolo, aumenta il rilascio di AEA ma non di 2-AG nello striato di ratti che si muovevano liberamente [131].

I risultati ottenuti sono stati confermati in sezioni mostrando una risposta analoga in seguito all’applicazione di chinpirolo in presenza di una elevata concentrazione di potassio: tale effetto può essere bloccato in seguito all’applicazione di un antagonista del recettore dopaminergico, come ad esempio la sulpiride. Precedenti studi avevano evidenziato che la attivazione del recettore D2 a livello striatale denota un carattere colinergico che normalmente previene la produzione di endocannabinoidi [132].

Durante l’HFS la stimolazione del recettore D2 della dopamina con concomitante depolarizzazione dei neuroni spinosi dello striato mediano contribuisce alla sintesi di AEA ed al suo rilascio che attiva il recettore

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Anche se AEA rappresenta un agonista per il recettore TRPV1, l’attivazione di tale recettore con AEA applicato in maniera esogena risulta responsabile dell’LTD indotto da HFS in ratti di età di 13 giorni poiché la coapplicazione di un antagonista selettivo del recettore CB1 ne ha bloccato completamente gli effetti [133].

L’LTD striatale non è bloccato dall’antagonista capsazepina. È possibile che l’AEA esogeno manifesti sinergia con altri endocannabinoidi presenti in sezioni striatali di ratto di giovane età.

I livelli di 2-AG sono circa 1000 volte più elevati rispetto ad AEA nello striato e la sintesi di 2-AG sembra coinvolta in una segnalazione retrograda e nell’LTD a livello di altre sinapsi cerebrali.

2-AG è comunque sia un prodotto finale per un meccanismo enzimatico che un precursore per altri meccanismi nel metabolismo lipidico [134].

A questo proposito è stato investigato il ruolo di 2-AG nell’LTD indotto da HFS inibendo la sua sintesi con l’inibitore THL della DAG lipasi ed è stato trovato che l’inibizione non riguarda l’LTD striatale, poiché lo striato è dotato di un circuito unitario. La forte depolarizzazione dei neuroni spinosi a livello della regione mediana dello striato non è sufficiente ad indurre il rilascio di endocannabinoidi, suggerendo che il segnale degli endocannabinoidi nello striato è diverso dalle altre regioni cerebrali. I neuroni spinosi mediani striatali subiscono infatti un numero maggiore di cambiamenti morfologici e fisiologici nel processo evolutivo in cui si può osservare il cambiamento della plasticità striatale.

Questi cambiamenti includono la sinaptogenesi e la formazione di spine dendritiche che possono guidare l’aumento in fase di sviluppo della sintesi di AEA.

Da tutta una serie di studi successiva è stato dimostrato che sia LPT che LTD possono essere espresse a tutte le età in dipendenza dell’attivazione del recettore CB1 suggerendo una possibile relazione “yin/yang” tra le due

Figura

Figura 5: I recettori CB 1  modulano la funzione dell’asse HPA e dei sistemi nei

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