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Secondo questo nuovo approccio la cultura si configurerebbe come la stratificazione contestualizzata di significati, condivisi e negoziati socialmente alla stregua di un testo

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE

Il presente lavoro nasce dalla riflessione sull’incontro con Mimmo Cuticchio, teatrante di tradizione palermitano, tutt’ora in attività, e sulla mia esperienza a seguito della sua compagnia teatrale.

Tale riflessione si muove, dunque, su due livelli: il primo riguarda la natura del mio incontro etnografico, l’altro la complessità e la ricchezza di questo teatrante di tradizione.

Lo svolgersi della presente analisi si articola in quattro capitoli, e di un’Appendice che comprende i miei dialoghi con Cuticchio e gli atti del Convegno, I sentieri dei narratori, svoltosi a conclusione del festival La Macchina dei sogni, rassegna teatrale organizzata, annualmente, da Cuticchio.

Prima di affrontare, nello specifico, la riflessione antropologico-teatrale, ho presentato, nel I capitolo (Opra e cunto), le caratteristiche delle due arti tradizionali a cui appartiene Cuticchio.

Partendo da una breve ricognizione storica sulle due arti ho cercato di focalizzare l’aspetto sociale e performativo di questi due mestieri, tra oralità e scrittura, per giungere alla biografia e al percorso personale di Cuticchio.

Il II capitolo, Biografia di un incontro, (diviso in tre paragrafi: Da Pianoro a Palermo, L’incontro etnografico e Reciprocità e confronto con un testo vivente) prende in esame parte dei recenti

indirizzi antropologici (interpretativista e dialogico) che giustificano un diverso orientamento allo studio etnografico. Secondo questo nuovo approccio la cultura si configurerebbe come la stratificazione contestualizzata di significati, condivisi e negoziati socialmente alla stregua di un testo. La comprensione delle varie realtà contestuali presupporrebbe un atteggiamento euristico,

un’azione di traduzione da un codice ad un altro. Procedimento di conoscenza antropologica, questo, che coinvolgerebbe la persona di entrambi i protagonisti dell’esperienza etnografica.

Dall’incontro culturale fra attanti, in questo caso tra me e Cuticchio, distinti e distanti, nascerebbe un nuovo testo di significazione, proficuo, in ultima analisi, ad entrambi: per l’osservatore è occasione di arricchimento e acquisizione di nuove prospettive conoscitive, per l’osservato è il mutamento da semplice risorsa informativa a interlocutore dialettico. La prospettiva sarebbe dunque

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quella di un contesto o di un testo di reciprocità e di travaso, dall’uno all’altro, di responsabilità ed esigenze conoscitive. Nell’ultima parte del capitolo si evidenzierebbe la natura dialettica sviluppatasi, nel frangente della mia permanenza presso il teatrino-laboratorio di Cuticchio, tra me e il teatrante: il puparo-cuntista palermitano, infatti, ha espresso l’esigenza di una collaborazione nell’approfondimento, sotto una luce diversa da quella museale, delle sue arti e ha mostrato una disponibilità ad affidarmi alcune problematiche relative all’arte dell’opera dei pupi.

Nei due capitoli successivi ho ritenuto interessante analizzare e trascrivere la polivalenza sperimentale della vita artistica del fenomeno Cuticchio, portatore e innovatore di un patrimonio antico, capace di ricollocarsi nel presente e nel più magmatico mondo del teatro contemporaneo.

Egli ha trasportato nel contesto odierno, sotto altra forma e funzione due arti a rischio di estinzione.

Come si potrà delineare nel corso dei capitoli, Cuticchio ha vissuto e poi rielaborato la fine, o la presunta morte di un sapere, dimostrando che ogni tradizione è in realtà un processo dinamico di cambiamento e trasformazione. La prassi di Cuticchio si manifesta principalmente in due dimensioni: una esterna ed una interna. Il III capitolo, La Macchina dei sogni, tematizza il primo aspetto: l’incontro e lo scambio con altre tradizioni, la riflessione su teorie e tecniche teatrali con studiosi e antropologi, e la messa in atto di una nuova modalità di trasmissione del sapere tradizionale. In questo capitolo racconto la mia esperienza al festival La Macchina dei sogni, nel luglio del 2004 (a Polizzi Generosa, in provincia di Palermo), in particolar modo la mia partecipazione, come auditrice, al laboratorio sulla narrazione per attori professionisti, tenutosi la prima settimana dell’evento. Da questa esperienza si rileverebbe il carattere critico e innovativo di Cuticchio. Infine nel IV capitolo, I viaggi di Cuticchio, affronto il secondo aspetto e cioè la pratica di sperimentazione e sconfinamento che Cuticchio opera nei confronti della propria arte. Il primo paragrafo, Il testo di una tradizione, preliminarmente, aggancia la dinamicità testuale e contestuale di Cuticchio ad una concezione di tradizione come processo, piuttosto che prodotto, attraverso una breve ricognizione concettuale fra quegli studi che affermano la relatività e l’opacità della nozione di tradizione e patrimonio. A seguito di questa focalizzazione teorica, prendo in esame le specifiche

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modalità di trasposizione e sperimentazione teatrale del puparo-cuntista, attraverso il commento e l’analisi di alcuni spettacoli, appartenenti alla nuova produzione di Cuticchio. Quest’ultimi rappresentano, in parte, la magmaticità e lo stato in fieri del teatrnte, il quale è riuscito a far trasmigrare la propria arte da un contesto performativo popolare, da tempo ormai perduto, ad uno più ampio e contemporaneo: la tradizione del teatro in quanto tale.

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