Premessa
Il sistema industriale italiano è caratterizzato dalla prevalenza delle piccole e medie imprese (PMI). Inoltre, le medie imprese rappresentano oltre la metà delle multinazionali italiane con attività produttiva all’estero. Deve essere sottolineato come il protagonismo all’estero delle imprese minori abbia compensato, negli ultimi anni, il contestuale scarso dinamismo delle grandi imprese italiane che, dopo essere state artefici quasi esclusive dell’espansione multinazionale italiana nella seconda metà degli anni Ottanta, appaiono oggi, con poche eccezioni, in crisi. Dal punto di vista settoriale la maggiore concentrazione di multinazionali si ha nei settori specialistici della meccanica ed elettromeccanica strumentale e nei settori tradizionali ove maggiore è la forza competitiva del paese, quali i prodotti in metallo, l’abbigliamento, i prodotti in legno. Nel grande scacchiere di opzioni internazionali determinate dalla crescente globalizzazione dei mercati, emerge dunque un’Italia delle medie imprese che, oltre ad orientarsi verso l’Unione Europea, ormai vista come “mercato domestico”, sta sviluppando la presenza nei paesi asiatici e americani.
Le imprese minori colgono all’estero opportunità di crescita in grado di valorizzare le loro risorse distintive, attivando un processo complementare e non sostitutivo della crescita delle attività originarie. Tali imprese delocalizzano le loro attività all’estero in ragione, sia del mutare dei vantaggi comparati di paese (costo del lavoro, delle materie prime, ecc.), sia dell’emergere di vincoli allo sviluppo, dovuti al deterioramento delle dotazioni infrastrutturali e alle strozzature nell’offerta di risorse da parte dei contesti locali.
Va rilevato che, nonostante la spinta all’internazionalizzazione, le imprese
italiane rimangono poco internazionalizzate e poco capaci di competere sui
mercatiinternazionali, rispetto alle concorrenti europee e statunitensi. Ciò può
essere motivato con un sostanziale ritardo, ma anche con motivazioni
scoraggianti gli investimenti all’estero. In primo luogo, vi è un significativo
PREMESSA
XII
trade-off tra riduzione dei costi, ottenibile tramite decentramento internazionale della produzione, ed altri fattori critici, quali la sicurezza degli approvvigionamenti, la qualità del prodotto, i tempi di consegna e il servizio al cliente; in secondo luogo, gli investimenti diretti all’estero espongono le imprese ad una serie di rischi aggiuntivi, fra i quali un ruolo di rilievo è assunto dai rischi finanziari.
I rischi finanziari non riguardano solamente le aziende che importano o esportano, ma anche quelle che operano nel mercato delle materie prime, acquistando, vendendo e trasformando, e quelle che si indebitano nel medio- lungo termine, esponendosi al rischio di variazione dei tassi di interesse. A queste condizioni di natura micro-economica si aggiungono gli effetti macro- economici, in base ai quali l’andamento economico, in termini di crescita della domanda, di tasso di inflazione, tasso di interesse e cambio dei principali paesi, ha impatto sulle aziende. Il mercato finanziario nel quale le imprese operano è, quindi, altamente mutevole e spesso imprevedibile. Questi mutamenti dei mercati finanziari generano i rischi cui l’azienda è esposta per il semplice fatto di operare nel mercato stesso: vendere, acquistare, produrre, sostenere costi, investire, indebitarsi, espongono l’azienda a rischi la cui prevedibilità è sempre più labile. I rischi, quindi, non possono essere evitati o ignorati, fanno parte del business aziendale e, come tutte le altre aree del business, anch’essi devono essere gestiti:
il risk management è appunto la metodologia tecnica di comprensione e gestione del rischio. 1 Questo lavoro intende analizzare la necessità per le aziende di gestire il rischio relativo ai rapporti con l’estero e le pratiche di risk management applicabili, con particolare attenzione al rischio di cambio.
L’analisi delle pratiche di risk management relative alle attività con l’estero, svolta in questo lavoro di tesi, ha inizio nel primo capitolo nel quale vengono richiamati i principali rischi a cui le aziende non finanziarie possono essere
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