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STANZIALI NOMADI 2

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Academic year: 2021

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NOMADI

V

s

STANZIALI

CAPITOLO

2

Copert

ina del catalogo del

la mostra

Italy: The new domest

ic landscape al MoMA d

i New Y

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APIT

OLO 2

In questo paragrafo si approfondisce il tema della flessibilità nel vivere domestico e della mobilità come condizione abitativa. Manufatti, at-trezzature, moduli divisori non vengono analizzati solo come pezzi di arredamento, ma come oggetti nomadi che consentono diversi livelli di flessibilità, diventando veri e propri elementi di architettura, forme ibride, in cui abitazione e arredamento sono uniti entro una sola entità funzionale.

Le proposte che ne scaturiscono di questi spazi abitativi si pongono su un campo limite tra architettura, industrial design e progettazio-ne ambientale: esse puntano a non separare mai progettazio-nettamente le due condizioni tradizionalmente contrapposte dell’abitare, la stanzialità e il nomadismo, e in alcuni casi la domesticità viene ridefinita come dota-zione/equipaggiamento del corpo degli abitanti.

Si esplorano le caratteristiche ibride dell’arredamento e dell’architet-tura che agiscono da divisori per organizzare uno spazio o ne creano uno dove prima non c’era; assicurano le funzioni fondamentali (archi-viazione, spazio di lavoro, letto e cucina); possono essere spostati o ripiegati. Questi oggetti polifunzionali sono declinabili in oggetti di microarchitettura da disporre nello spazio secondo una logica compo-sitiva attentamente studiata.

Quello che tradizionalmente accadeva pensando all’ambiente dome-stico era la soluzione di un calcolo matematico: un divano + una tele-visione = un soggiorno. Un letto + una serie di cassetti = una camera da letto. Oggi ciò che rende una stanza soggiorno, sala da pranzo o camera da letto, sta diventando molto più fluido, strettamente connes-so alla perconnes-sonalità e alle abitudini di chi la abita1.

La casa del futuro è funzionale, versatile, “smart”; ti permette di vive-re la propria intimità, ma anche di lavoravive-re e condividevive-re spazi: ecco come il capo design IKEA, Marcus Engam prefigura l'ambiente dome-stico. In un'intervista rilasciata al sito di architettura Fastcodesign, nel 2015, alla richiesta di fare previsione sul futuro delle nostre case, fa riferimento allo sgabello come elemento simbolo di questa trasforma-zione e flessibilità dello spazio domestico in atto oggi:

CAPITOLO 2

NOMADI Vs STANZIALI

DALL'OGGETTO

NOMADE

ALL'OGGETTO

STANZIALE

<<ln un mondo in rapida urbanizzazione le persone dovranno accontentarsi di spazi più piccoli, gli arredi nelle nostre case dovranno diventare sempre meno, ma sempre più versatili.

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Gli ideatori della serie televisiva realizzata alla fine degli anni '90, Sex

and the City, nel rappresentare la casa della giornalista single Carrie

Bradshaw, interpretata dall’attrice Sarha Jessica Parker, sono andati addirittura ben oltre i canoni dello spazio domestico abituale e il tema della flessibilità dell'arredo.

Nel suo appartamento si vive un’innovazione degna di nota: la perdita di confine non avviene solo tra le pareti interne della casa, ma si veri-fica anche tra casa e città, con il conseguente spostamento in ambito urbano di attività tipicamente domestiche come cucinare, mangiare o scrivere articoli. Vi è un interessante scambio di ruoli tra la dimensione domestica e quella metropolitana che fa nascere un nuovo rapporto tra privato e pubblico: la cucina è sostituita dai ristoranti di New York, il tavolo del soggiorno diventa all’occorrenza scrivania, coffe table o tavolo da pranzo. “Se lo spazio fisico della casa si contrae intorno al suo abitante, quello potenziale si dilata oltre le mura domestiche”3.

L'idea che lo spazio all'interno e all'esterno fosse continuo e infinito, in realtà, arriva da molto prima: suggerita dal testo Platz und Monument (1908) dello storico Albrecht Brinckmann, diventa uno tra gli aspetti più originali del pensiero sullo spazio degli anni Venti, sviluppato soprat-tutto dalla Bauhaus, dal gruppo olandese De Stijl e dall'architetto vien-nese Friedrich Kiesler, che diede a quest'idea una delle prime espli-cite dimostrazioni progettuali attraverso l'installazione del padiglione austriaco all'Esposizione di Parigi del 19254. Raumstadt, la Città nello

spazio: la sua visione comprendeva blocchi urbani che si libravano in

aria, oltre a “edifici viventi” liberi da pareti e fondazioni che abbraccia-vano la completa eterogeneità delle attività umane. Il progetto era sia un’opera di arredamento che un modello architettonico descrittivo di un nuovo concetto di città.

Andando ancora più in dietro nel tempo si trovano soluzioni vernaco-lari di arredi architettonici: dal Lit-Clos bretone, rivisitato nel 2000 da Ronan e Erwan Bouroullec, alla tradizionale stufa russa in muratura5.

Pensato per abitazioni con un'unica camera da Ietto, il letto incassato ad armadio consentiva una certa privacy e teneva al caldo in inverno; una cassa di legno della stessa lunghezza del Ietto svolgeva la duplice funzione di cassapanca e gradino per salire sul Ietto. Analogamente, l’architettura della stufa russa permetteva di riscaldare l'ambiente e di cucinare, e in più creava uno spazio dove dormire. Questi oggetti poli-funzionali fungevano da elementi organizzatori dello spazio, favorendo sia l’interazione che la privacy, creando gli strumenti e le condizioni per usare un ambiente anche molto piccolo con la massima intensità. Oggetti domestici mobili, flessibili e polifunzionali hanno una lunga tradizione nella società occidentale. Una questione centrale protago-nista di tutta la modernità è stato lo studio e la diffusione delle qualità dinamiche di una casa e degli oggetti che la popolano. L’incremento di uno stile di vita mobile e flessibile ha originato poi ricerche verso architetture e oggetti di design adattabili, assemblabili, pieghevoli, trasportabili, indossabili o abitabili.

La zona di confine in cui si incontrano arredamento e architettura crea un tutto organico che si espande in direzioni diverse. Lo storico dell'architet-tura Kenneth Frampton ha descritto la parigina Maison de Verre (1928-32) di Pierre Chareau come un “oggetto di arredamento esageratamente grande, inserito in un ambiente, nel complesso, ancora più grande”6.

È Probabile che molto presto, uno sgabello possa diventare uno degli oggetti più importanti, perché capace di rispondere a diverse esigenze: oltre od essere quello che

è, si può usare come comodino, sedia, tavolino, o una scaletta, e si può facilmente progettare per essere affiancabile e impilabile.2>>

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Insomma “gli oggetti diventano case e le case diventano oggetti”7. E

come tali sono trasformabili e talvolta trasportabili. Addirittura assimi-labili agli arredi, ai mobili della stessa casa.

Se si rileggono i pensieri annotati da Le Corbusier durante un viag-gio in nave verso l’Argentina, si evince che per il maestro svizzero la somma di involucro architettonico e arredi funzionali produce ambienti capaci di rispondere a tutte le esigenze individuali. Lo spazio si specia-lizza annullando la separazione tra architettura e design:

In seguito a queste riflessioni, l'architetto comincerà a definire l’ogget-to del suo interesse: la casa dell’uomo, la cellula in scala umana, sulla base della quale realizzerà il Cabanon a Cap Martin: 15mq di propor-zioni perfette per un capanno fatto di tronchi d’albero. Realizzato nel 1952, si tratta di una mini abitazione di 336 x 336 x 226 cm; uno spazio finito e autonomo in legno di pino all’esterno e di quercia all’interno, allestito con arredi integrati alla struttura, simili a quelli da lui vissuti in nave.

Ogni elemento d’arredo, per quanto piccolo, viene considerato come un organismo complesso, non solo dal punto di vista funzionale - ogni arredo ha almeno un doppio uso, come il letto che diventa un armadio - ma anche da quello spaziale: il supporto verticale del lavandino funge da contenitore e da elemento di organizzazione e separazione dello spazio; una scatola quadrata in legno massello, simile ad una cassa, può ruotare e collocarsi indistintamente nello spazio trasformandosi in sgabello, tavolino o contenitore9. Anche ai tradizionali elementi

archi-tettonici vengono assegnate nuove funzioni: la parete si trasforma in un tavolo e in mensole, il soffitto diventa un ripostiglio.

A partire da gli anni '70 molti oggetti d’uso comune vennero messi su ruote anticipando soluzioni tipiche dell’architettura di oggi. Una delle esperienze più interessanti di quel periodo, apripista dell’ibridazione tra oggetto e stanza, fu la Minikitchen di Joe Colombo, monoblocco su ruote, di legno acciaio e plastica, alimentato elettronicamente. Un microcosmo, di mezzo metro cubo circa, fornito di piastre, frigorifero, cassetti, stoviglie e utensili per sei persone.

Per Colombo l'idea della meccanizzazione dell'abitare è trasferita dall'architettura alle attrezzature, pensate come oggetti di arredamen-to indipendenti, non convenzionali e avulsi dallo spazio conteniarredamen-tore, ai quali l'utente dà forma temporanea ad ambiti funzionali attivando specifiche porzioni10.

Qualche hanno dopo, nel 1969, Joe Colombo pubblicò una serie di

ar-<<…due parole sulla vita che si svolge a bordo di un piroscafo: per quindici giorni, da Bordeaux a Buenos Aires, sono tagliato fuori dal resto del mondo, dal mio parrucchiere,

dalla mia lavandaia, dal mio fruttivendolo, dal mio macellaio. Ho aperto i bauli, mi sono sistemato nella mia casa: sono nei panni di un signore che ha affittato una casetta. Ecco il mio letto… Ecco l’armadio...Questo armadio potrebbe essere attrezzato infinitamente meglio; però è molto utile lo stesso. Di fronte, fra i due letti, la scrivania con tre cassetti molto preziosi; un tappeto di moquette, molto piacevole per i piedi scalzi (è bello stare a piedi scalzi!). Attraverso una piccola porta: un grande lavabo, un buon armadio per la biancheria, cassetti per gli oggetti di toilette, specchi, molti attaccapanni, luce elettrica a profusione. Attraverso una seconda porta: vasca da bagno, bidet, cesso, doccia con

scolo diretto dell’acqua a terra. Ho un telefono a portata di mano, dal letto e dalla scrivania. È tutto qui. Dimensioni 3 m x3,25 m per la camera. Tutto compreso: 5,25 m x 3

m = 15,75 mq. Ricordiamoci la cifra. Un uomo è felice, realizza tutte le funzioni della vita domestica, dorme, si lava, scrive, legge, riceve gli amici in 15 mq.8>>

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ticoli nelle riviste Casabella e Domus, in cui espose le sue idee radicali, definendo il suo lavoro Anti-design. Il concetto di dinamismo ha qui un ruolo fondamentale: le sue unità abitative, esse stesse in primo luogo trasportabili, sono caratterizzate da elementi mobili, pareti scorrevo-li, piani estraibiscorrevo-li, o girevoscorrevo-li, oggetti multifunzionascorrevo-li, coperture apribiscorrevo-li, lampade magnetiche che aderiscono a qualsiasi superficie, letti con le ruote e molto altro. Il dinamismo permette la reinterpretazione del minimo essenziale in cui Colombo mette in primo piano l’individuo. Lo spazio diventa neutrale e le capsule abitative hanno il compito di definire la funzione e Io scopo dell’ambiente; queste unità sono spazi svincolati dalla struttura architettonica.

Il Personal Container è uno dei primi moduli polifunzionali, progettato da Colombo nel 1964 e prodotto da Arflex dal 1965 fino alla fine degli anni Sessanta: è un contenitore di legno impiallacciato con guarnizioni in ferro e rivestimento in feltro con accessori di vario genere incorpo-rati. Il contenitore chiuso forma un baule che misura 181 x 82 x 46,5 e facilmente trasportabile. Il mobile aperto ha diverse funzioni e può essere utilizzato per creare spazi privati in luoghi pubblici. La versione

Study Container è attrezzata con una scrivania apribile, degli scaffali

per i libri e un comò11.

Emilio Ambasz nel 1972 idea e crea al Museo MOMA di New York la mostra Italy: The new Domestic Landscape, dove già dal titolo si asso-cia il termine paesaggio all'ambiente domestico.

In tale occasione Joe Colombo progetta la Total Furnishing Unit, con cui realizza una cellula abitativa autonoma dotata di massima flessibi-lità e dinamismo. Il progetto è un blocco compatto formato da cellule singole, collegate fra loro e che Colombo chiama Kitchen, Cupboard, Bed and Privacy e Bathroom. Tutte le cellule possono essere staccate e distribuite nello spazio creando una molteplicità di soluzioni oppure essere utilizzate come blocco unico. Al di sopra dei due letti estraibili si trovano le porte attraverso le quali ci si può ritirare anche in due cellule separate. Tramite tubi sul soffitto doveva essere garantito il ri-fornimento per bagno e cucina. Un gruppo di fari completano questa macchina abitabile.

I contenitori progettati da Sottsass, che ospitano al loro interno gli elementi necessari per soddisfare i bisogni dell’utente, lavorano sullo stesso concetto della Total Furnishing Unit. Anche in questo caso ogni box è dotato di ruote così che possano essere spostati facilmente, av-vicinati o allontanati gli uni dagli altri in base ai bisogni del fruitore. Sottsass immagina ogni individuo avere il suo stock personale da tra-sportare quando e dove vuole; scegliere la composizione della propria casa cosi come ogni mattina si scelgono i propri vestiti da indossare. In questo processo di riconfigurazione dello spazio domestico e dell'arredo si arriva poi alle sperimentazioni più attuali, che partono dall'idea di abitazione come luogo vivo, rinnovabile e variabile, in cui le trasformazioni sono affidate alle attrezzature domestiche inse-rite in uno spazio indeterminato. Le nuove ricerche, legate al tema dell'“equipaggiamento del vuoto”, di uno spazio indeterminato e a-funzionale, possono considerarsi declinazioni contemporanee di quel-la linea di pensiero nata e sviluppatasi negli anni Settanta, che vedeva Colombo come principale guida12.

Si pensi ad esempio alla Crate House, sperimentazione sul tema dei di-spositivi funzionali monoblocco condotta nel 1991 da Allan Wexler svi-luppata a seguito della richiesta da parte di Le Galleries dell’Università del Massachusetts di realizzare uno spazio abitativo contemporaneo. Opera al confine tra scultura, architettura e oggetto d'interni, consiste in un ambiente vuoto con al suo interno un volume cavo contenente

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quattro mobili-carrello estraibili, assimilabili per funzioni e arredi alla cucina, al letto, al soggiorno e al bagno. I volumi, se necessario, posso-no essere infilati dentro uposso-no per volta come cassetti. Mai tutti insieme: la stanza da letto esisterà solo quando bisognerà dormire e la cucina sarà li solamente quando si dovrà mangiare. È la casa come spazio neutro: una scatola il cui interno cambia al variare delle esigenze di chi la abita e dove le funzioni diventano mobili. Nella doppia eccezione del termine: nel senso che si possono muovere nello spazio e possono essere pezzi di arredo.

Un'altra sperimentazione estrema sul concetto di flessibilità dell'abita-re che pdell'abita-rescinde dalla considerazione dell'organismo architettonico, avvicinandosi alle logiche di occupazione provvisoria e collocandosi sul confine tra la casa flessibile e la casa mobile13, è il progetto The

Cra-tes della cinese Jingjing Nahian Li, che prevede le funzioni dell'abitare

all'interno di vere e proprie scatole con le ruote.

Designer di Pechino che fa la spola tra la Cina e l’Inghilterra, da qual-che tempo realizza su commissione case imballaggio qual-che diventano mini stanze attrezzate. Per lei, vissuta in una città dove non solo le abi-tazioni ma interi quartieri scompaiono per riapparire rinnovati nell’arco di pochi mesi, le funzioni della casa sono mobili: un’idea trasportabile anche in occidente, nelle metropoli popolati dai nomadi urbani. Le sue collezioni, fatte da arredi compatti facilmente spostabili, sono perfette per occupare i vuoti delle architetture storiche impossibili da ristruttu-rare, bypassando ogni forma di divieto che sovrintende la progettazio-ne dell’esistente progettazio-nella città consolidata.14

La fluidità degli spazi, sempre meno determinati da forme e funzioni, quanto piuttosto dall’uso che si fa, rappresenta una vera e propria ri-voluzione nella disciplina architettonica.

I mobili non sono più oggetti identificabili per tipologia, ma volumi indeterminati che mutano il loro ruolo e di conseguenza quello degli ambienti nei quali si trovano, rispetto alle esigenze. Le strutture e gli interni, parallelamente, si trovano a dover essere sempre più versatili, luoghi in cui gli arredi rappresentano il punto di incontro ideale fra architettura e design.

Visti sotto questo punta di vista, il Lit-Close bretone, la tradizionale stufa russa o i moduli di Joe Colombo non risultano semplici oggetti di arredo, ma il loro rapporto con lo spazio architettonico è tale da per-mettere di riconoscere tutta una serie di fertili scambi avvenuti durante l’evoluzione storica delle due diverse culture, nomadica e stanziale.

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12 | Cfr. Percoco, M. La casa adatta: una nuova tipologia? Op. Cit 13 | Ibidem

14 | Cfr. Valenti, A. Case disperatamente contem-poranee. Op. Cit.

8 | Cfr. Le Corbusier, Conferenza a Buenos Aires, 10 ottobre 1929. 9 | Crf. Valenti, A. Terra/ mare andata e ritorno. In Valenti, A. Zignego, M.I. Interior Design Multitasking. Incroci tra nautica e Architettura. Genova, 2015 10 | Cfr. Percoco, M. La casa adatta: una nuova tipologia? In A.A.V.V. Nella Ricerca, Annali Dipartimento di Architettura e Urbanisti-ca per l'Ingegneria La Sapienza Università di Roma. Gangemi Edito-re. Roma. 2008 11 | Esistono poi varianti con giradischi e radio, bar comple-to, portacenere e le versioni Man-Woman Container contengono 1 | Arrighi, L. Design multitasking. Barche e microarchitetture a confronto. In Area n°151 2017 2 | Ibidem 3 | Ibidem 4 | Cfr. Forty, A. Parole e edifici. Un vocabolario per l'architettura moderna. Edizioni Pendragon, 2005 5 | Crf. Yudina, A. Fornitecture. Arredi che trasformano lo spazio. Milano, 2015 6 | Frampton, K. Storia dell’architettura moder-na. Milano. 1982 7 | Valenti, A. Case disperatamente con-temporanee. Op. cit.

NOTE

lampade flessibili, col-legamenti elettrici per rasoi o altri apparecchi cosmetici, specchi mobili, barometro e termometro, calenda-rio, orologio e comparti per riporre oggetti personali.

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Fr

ederick Kiesler

, Raumstad

t [City in Space], Esposizione internazionale d

i art i decorat ive e industrial i moderne, Parigi – 1925. Pierr e Char eau, Maison de V err e, model lo d i stud io – 1932.

(10)

Le Corbusier , Cabanon, r eal izzato in tr onchi d i legno e tet to a falda, visto dal

l’esterno, Cap Mart

in – 1952.

Foto sopra: Interno in legno del Cabanon, tra gl

i arr

ed

i fissi: due let

ti, un tavolo con

mensole e un lavabo in metal

lo fissato ad un supporto vert

icale. Foto sot to: Det tagl io degl i arr ed

i su misura del Le Cabanon. Lo sgabel

lo è l

’unico

pezzo mobile del

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Joe Colombo, T

otal Furnishing Unit, r

eal

izzata per la mostra Italy: The new Domest

ic

Landscape al Museo MOMA d

i New Y

ork – 1972.

Le Corbusier

, "Une Pet

ite Maison". La casset

tiera integrata forma anche una

piat

taforma con un tavolo, Corseaux-V

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Joe Colombo, T

otal Furnishing Unit, r

eal

izzata per la mostra Italy: The new

Domest

ic Landscape al Museo MOMA d

i New Y

ork – 1972.

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Foto a sinistra: Al

lan W

exler

, Crate House, mobile let

to – 1991.

Foto a destra: Al

lan W

exler

, Crate House, mobile cucina – 1991.

Al

lan W

exler

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Naihan Li , The Crates, Pechino – 2011. Naihan Li, The Crates, mobile zona giorno, mobile zona pranzo, mobile zona armad

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Note al lettore

Nelle pagine che seguono vengono declinate le diverse azioni dell’a-bitare come dormire, cucinare, stoccare (roba) e stare, svolte secondo le due diverse modalità del vivere: nomadico e stanziale. Si analizzano le relazioni, gli scambi e gli sconfinamenti dei prodotti tradizionali re-alizzati per gli stanziali da una parte e dei maggiori prodotti industriali realizzati per il nomade urbano dall’altra.

Si ottengono delle metamorfosi dei sistemi che diventano da stanziali a nomadici, modificando il proprio aspetto, la propria forma, i propri ele-menti costruttivi, ma non il loro significato intrinseco legato alla funzione. Obiettivo di questo parallelo tra i due modi di vivere è dimostrare gli sconfi-namenti e i punti di incontro degli oggetti più che la distanza l’uno dall’altro. Ognuna delle quattro azioni dell’abitare viene analizzata attraverso una serie di progetti che in qualche modo ne hanno permesso il suo svolgimento all’interno dello spazio abitativo e che nel tempo ne han-no mutato i caratteri.

Questi progetti, o oggetti nomadi, sono prodotti industriali, della tra-dizione o vernacolari, che in qualche modo hanno avuto delle contami-nazioni dal mondo nomade e viceversa; prodotti che si trasformano in oggetti di micro-architettura sfumando i confini tra mobile extra-large e edificio extra-small; sono arredi integrati e ripiegabili, mobili o multi-funzionali; possono funzionare sia come autonome “stanze nelle stan-ze” che come elementi divisori all’interno di uno spazio neutro. Questi progetti esprimono nuovi modi di interagire con lo spazio dell’abitare.

Dormire, Cucinare, Stoccare, Stare: Ogni progetto viene presentato

in una scheda sinottica dove viene indicato: il nome, l’architetto, il de-signer, l’artista o l’artigiano che l’ha creato; l’anno nel quale il progetto è stato completato.

Per ogni progetto vengono rappresentati attraverso un grafico i suoi caratteri nomadici e stanziali accanto ad una breve descrizione testua-le. Ad ogni progetto ne viene affiancato e confrontato un secondo, scelto per analogia dei caratteri indicati nel grafico.

DORMIRE

CUCINARE

STOCCARE

STARE

CAPITOLO 2

NOMADI Vs STANZIALI

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# Raggruppamento in caratteristiche nomadiche e stanziali. Le rappresentazioni

grafiche sono un modo per sintetizzare in maniera visivamente efficace le informazio-ni acquisite. Un grafico può essere di gran-de aiuto nella comprensione di un fenome-no, e nell'individuazione di caratteristiche specifiche dell'oggetto che si sta studiando. Per un'analisi il più possibile oggettiva, che permettesse la lettura delle caratteristiche essenziali e una successiva lettura e con-fronto tra i casi studio, si è scelto di esami-nare ciascun progetto attraverso 12 carat-teri scelti tra i connotati nomadici e quelli stanziali più frequentemente emersi duran-te lo studio dei vari progetti presi in esame. Nello specifico, il grafico mostra e mette in relazione visiva sei caratteri nomadici come: modificabile, reversibile, leggero, tempora-neo, mobile, flessibile, da una parte, e sei caratteri stanziali dall'altra: immutabile, irre-versibile, pesante, durevole, fisso, rigido. I caratteri scelti sono dunque di tipo qualita-tivo e rappresentano caratteristiche nomi-nali, espressi mediante aggettivi.

Le operazioni effettuate sui caratteri qualita-tivi sono state poi l'osservazione della pre-senza o dell'aspre-senza nei casi scelti e la loro misurazione.

Grafico

rigido mob ile flessibile du re vo le p es an te fisso im mut abi le irre ver sib ile mod ific abi le te mpo rane o le gg er o rev ers ib ile

caratteri

nomadici

caratteri

stanziali

I caratteri quantitativi rappresentano ca-ratteristiche in qualche modo misurabili, e sono stati espressi mediante una quantità congetturata, rilevata dopo una lettura cri-tica dell'oggetto.

# Rappresentazione grafica dei dati

Per poter rappresentare la distribuzione dei caratteri nomadici e stanziali di ciascun progetto, si è scelto di utilizzare un grafico a settori circolari, o spicchi: ogni carattere è rappresentato dall'area di uno spicchio, la cui altezza è pari alla densità di frequenza; ogni settore del grafico rappresenta quindi il peso assunto da ciascuna caratteristica.

# Osservazione e lettura dei grafici

La creazione e il successivo confronto di due o più grafici ha permesso di indivi-duare con immediatezza eventuali relazio-ni esistenti fra i casi studio presi in esame, visualizzando l'esistenza di analogie tra gli “oggetti nomadi”, anche distanti storica-mente o concettualstorica-mente.

Le varie schede, dopo essere state con-frontate, sono state inserite nel testo in modo tale da mostrare le relazioni esistenti tra le coppie di progetti attraverso le somi-glianze dei valori dei singoli caratteri.

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Nel 2012 un arti-colo uscito su The

Wall Street Journal

rivelava che a New York l’80% dei giovani professionisti, grazie alla diffusione della tecno-logia digitale, lavora spesso e volentieri dal proprio letto. Da questo dato statistico la storica e teorica dell’architettura Beatriz Colomina ha realizzato il saggio intitolato The Century of the Bed in cui afferma che “un’unica architettura di tipo orizzontale ha preso il sopravvento tra il letto e l’ufficio, non distinguendoli, ma fondendoli insieme”1.

Un’architettura orizzontale che viene rafforzata dalle reti piatte dei so-cial media, le quali ormai non distinguono e non contemplano più la differenza tra pubblico e privato, lavoro e gioco, attività e riposo; tutti elementi, questi, reciprocamente integrati nell’ambito professionale dell’industria e degli affari.

L’industrializzazione aveva portato con sé il turno di 8 ore e la separa-zione radicale tra casa e ufficio/fabbrica, riposo e lavoro, notte e gior-no. Ora, con la crisi della post-industrializzazione, il lavoro fatto da casa si svolge prevalentemente in camera da letto e nel letto stesso. La crisi globale condiziona l’abitare contemporaneo e il predominio della tecnologia e del mondo virtuale sul lavoro, come l’utilizzo di ta-blet, pc e smartphone, sta modellando una generazione che lavora letteralmente dal letto o dal divano e stando a casa gira il mondo vir-tualmente, afferma Colomina. La camera da letto non è uno spazio in-nocuamente situato all’interno della casa, ma è un luogo interiorizzato, attivamente interiore, non solo “dentro” la casa. È consapevolmente costruito come l’antinomia assoluta di tutto ciò che è esterno: cioè la camera da letto è il tutto. Milioni di posti letto stanno prendendo il posto di edifici per uffici, “il boudoir sta sconfiggendo la torre”2.

Le tecnologie elettroniche in rete hanno tolto ogni limite a ciò che può essere fatto a letto. E non è solo il letto/ufficio che è stato reso possibile dai nuovi media. Piuttosto i nuovi media sono stati progettati per estendere la connettività domestica a milioni di persone. La città si è spostata nel letto: ci si sdraia non per riposare, ma per muoversi. Il letto è ormai un sito d’azione. Tra il letto inserito in ufficio e l’ufficio inserito nel letto tutta una nuova architettura orizzontale ha preso il sopravvento3.

Questa filosofia era già incarnata nella figura di Hugh Hefner che no-toriamente non abbandonò quasi mai il suo letto. Quando si trasferì nella Playboy Mansion a Chicago nel 1960, spostò letteralmente il suo ufficio nel letto, trasformando il suo pigiama di seta e la vestaglia nel suo abbigliamento da lavoro. Il famoso letto rotondo di Hefner era esso stesso una casa: la struttura rotante e vibrante era allestita di ul-teriori arredi ed elettrodomestici, come un piccolo frigorifero, un hi-fi, il telefono, un armadio, una zona bar, il microfono, il dittafono, alcune videocamere, le cuffie, il televisore, un tavolo per la colazione ed un piano di lavoro e controllo per tutti gli apparecchi di illuminazione. Il letto svolgeva la funzione di ufficio, la sede degli affari, dove Hefner conduceva interviste, faceva telefonate, selezionava immagini,

regola-DORMIRE

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va i layout, modificava i testi, mangiava, beveva e si consultava con i suoi collaboratori.

Analogamente, nel 1969 con la performance Bed-in for Peace, la ca-mera e il letto tornano ad essere considerati come un ufficio in cui lavorare, mentre i giornalisti riversano le immagini dell’evento: da mar-tedì 25 a lunedì 31 marzo 1969, Johon Lennon e Yoko Ono, dopo il loro matrimonio celebrato pochi giorni prima, passarono la loro luna di miele nel letto della suite presidenziale numero 702 dell'Amsterdam Hilton Hotel. Il Bed-in for Peace è una performance dove i due coniugi in pigiama e perennemente a letto ricevono la stampa e un affollato pubblico per parlare della guerra in Vietnam. Era il loro modo non-vio-lento di protestare contro la guerra e di promuovere la pace mondiale: non fare assolutamente nulla, in una stanza da letto, insieme ad altre persone, come impulso al cambiamento4.

Con la tecnologia che invade la camera e il letto, scombussolando i ritmi naturali del nostro corpo, molte persone non riescono a dormire la notte. Inoltre, il confondersi dei confini tra lavoro e vita familiare fa sì che, anche quando si è liberi, raramente si riesca ha rilassarsi com-pletamente.

Con questi presupposti i due studi di architettura HASSELL e Draisci Studio e il collettivo Werkstatt elaborano il progetto Hypnos: The

ar-chitecture of sleep, ideato per aiutare chi fatica a prendere sonno.

Il progetto consiste in delle amache in feltro – o vasche del sonno – che isolano i visitatori dal frenetico mondo esterno, mentre le storie sussur-rate, le luci soffuse, le texture calde, gli odori e i colori assicurano una vera esperienza di ritiro. Il team che ha progettato l’installazione si pro-poneva di esplorare gli spazi architettonici necessari per il riposo fisico e mentale a breve termine, cercando di rispondere alla domanda: se il pisolino diurno è sempre più accettato socialmente e culturalmente, i “salotti del sonno” potrebbero diventare una realtà del nostro paesag-gio urbano futuro?

3 | Ibidem

4 | Cfr. Giberti, M, La casa è un sogno. Geno-va. Sagep Editori 2017 1 | Colomina, B. Rumpfhuber, A. The Century of the Bed. Moderne Kunst Nürnberg. 2015. 2 | Intervista a Colo-mina, B. Playboy e l’ar-chitettura: un binomio inatteso. Architetto. info. Ottobre 2014

NOTE

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IR

WIN, Marina Abramović, foto Bojan Br

ecel

j.

Pagina a lato: Hugh Hefner

, let

to Playboy T

ownhouse, Chicago.

Adol

f Loos, camera da let

to nel

l’appartamento d

i Lina and Adol

f Loos, V

ienna –

1903 Pagina a lato: David Gr

(20)
(21)

154 | C

APIT

(22)

155 | C

APIT

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Danica Pistekova, W

earable Cocoon.

Pagina a lato: John Lennon, Y

oko Ono, Bed In for Peace, Amster

dam – 1969. Hassel l Draisci Stud io, W erkstat t, Hypnos: The ar chitectur e of sleep.

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ST

ANZI

ALE

rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Questo mobile trasformabile è un armadio con ante scorrevoli che può contenere un letto singolo o matrimoniale, può anche essere a due piani e nelle campagne accoglieva tutta la famiglia.

È stato presente in molte abitazioni tradizionali nel nord Europa per tutto l’Ottocento.

Veniva utilizzato nelle case, spesso, costituite da una sola stanza mono-funzionale, nella quale il focolare fungeva da sistema di riscaldamen-to e da dispositivo per cucinare, il letto bretone si trasformava da volume convesso a unità minima abitabile concava, durante le ore di inattività.

Durante il giorno veniva chiuso nascondendo il letto alla vista e trasformandosi in parte del mobilio. Presentava spesso una cassapanca davanti ad esso che fungeva da scalino per entrare nel letto, da seduta durante il giorno e contene-va gli abiti.

Letto Bretone

Anonimo

1650

NOM

ADICO

rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Sempre sullo stesso limite il proget-to ibrido di Goula Figuera, Orwell, la fusione di un divano, un letto e un abitacolo che porta ad una serie di vantaggi multifunzionali nell’ambi-ente in cui è inserito, dando vita a forme inaspettate e nuove modalità di interazione.

L’idea del prodotto è quella di recuperare l'intimità che a volte può mancare, anche all'interno delle nostre abitazioni. Orwell ti invita a riposare nel suo interno e rimembra-re quel ricordo d'infanzia della capanna, le pesanti tende trapun-tate isolano dal suono e le sue dimensioni, simili a quelle di un letto, ne consentono l'uso sia per stare seduti che sdraiati.

Orwell

Goula / Figuera

2012

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rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Questo mobile trasformabile è un armadio con ante scorrevoli che può contenere un letto singolo o matrimoniale, può anche essere a due piani e nelle campagne accoglieva tutta la famiglia.

È stato presente in molte abitazioni tradizionali nel nord Europa per tutto l’Ottocento.

Veniva utilizzato nelle case, spesso, costituite da una sola stanza mono-funzionale, nella quale il focolare fungeva da sistema di riscaldamen-to e da dispositivo per cucinare, il letto bretone si trasformava da volume convesso a unità minima abitabile concava, durante le ore di inattività.

Durante il giorno veniva chiuso nascondendo il letto alla vista e trasformandosi in parte del mobilio. Presentava spesso una cassapanca davanti ad esso che fungeva da scalino per entrare nel letto, da seduta durante il giorno e contene-va gli abiti.

Letto Bretone

Anonimo

1650

NOM

ADICO

rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Sempre sullo stesso limite il proget-to ibrido di Goula Figuera, Orwell, la fusione di un divano, un letto e un abitacolo che porta ad una serie di vantaggi multifunzionali nell’ambi-ente in cui è inserito, dando vita a forme inaspettate e nuove modalità di interazione.

L’idea del prodotto è quella di recuperare l'intimità che a volte può mancare, anche all'interno delle nostre abitazioni. Orwell ti invita a riposare nel suo interno e rimembra-re quel ricordo d'infanzia della capanna, le pesanti tende trapun-tate isolano dal suono e le sue dimensioni, simili a quelle di un letto, ne consentono l'uso sia per stare seduti che sdraiati.

Orwell

Goula / Figuera

2012

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La pratica di nascondere il letto divenne una forma d'arte del 19° Secolo e una soluzione pratica alla mancanza di spazio. Il salotto tra il 1850 e il 1900 era la stanza più pubblica della casa, dove la famiglia mostrava il proprio ceto sociale. Le decorazioni esibivano il livello di signorilità al pubblico ed era il luogo in cui tutti gli arredi migliori veniva-no mostrati.

Alle famiglie della classe media, il letto Marphy permetteva ad una sola stanza di servire sia da salotto che dalla camera da letto. Questo arredo ha permesso di avere il massimo dello status symbol e un letto extra, tutto in un unico pezzo di arredamento. rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Letto Marphy

Mr. Marphy

1900

NOM

ADICO

rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Il progetto Daybed della designer Stephanie Hornig è ispirato alla vita nomade e al campeggio, ma è per un interno. Composto da un sacco a pelo dotato di gambe che all’occor-renza può chiudersi e trasformarsi in un divano, modificando o nascon-dendo la funzione del dormire.

Daybed

Stephanie Hornig

2012

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La pratica di nascondere il letto divenne una forma d'arte del 19° Secolo e una soluzione pratica alla mancanza di spazio. Il salotto tra il 1850 e il 1900 era la stanza più pubblica della casa, dove la famiglia mostrava il proprio ceto sociale. Le decorazioni esibivano il livello di signorilità al pubblico ed era il luogo in cui tutti gli arredi migliori veniva-no mostrati.

Alle famiglie della classe media, il letto Marphy permetteva ad una sola stanza di servire sia da salotto che dalla camera da letto. Questo arredo ha permesso di avere il massimo dello status symbol e un letto extra, tutto in un unico pezzo di arredamento. rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Letto Marphy

Mr. Marphy

1900

NOM

ADICO

rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Il progetto Daybed della designer Stephanie Hornig è ispirato alla vita nomade e al campeggio, ma è per un interno. Composto da un sacco a pelo dotato di gambe che all’occor-renza può chiudersi e trasformarsi in un divano, modificando o nascon-dendo la funzione del dormire.

Daybed

Stephanie Hornig

2012

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Prende vita da un futon e dei cusci-ni. Il materasso può essere piegato o disteso e, a seconda della neces-sità, si trasforma in divano e letto matrimoniale o poltrona e letto singolo. Può diventare anche una comoda chaise longue a terra. È come avere due prodotti in uno: piccolo divano e letto matrimoniale. Grazie alla sua leggerezza, Chama è anche facilmente trasportabile.

rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Chama Sofa

Mi Jin Park

2011

NOM

ADICO

rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Fold Place è un progetto dello studio olandese Makkink & Bey, che fa parte di una gamma di oggetti che esaminano il concetto di interno domestico non più legato ad uno spazio fisico.

Si tratta di un letto o una sedia da portare in giro come fosse uno zaino.

L'utente indossa una giacca di lana unita ad un telaio per trasportarlo. Posizionandolo sul pavimento, il materasso arrotolato funge da sedile e il telaio funge da schienale. Per convertirlo in un letto, bastano pochi gesti.

Il Team afferma che così si apre uno scenario in cui l'individuo viaggia leggero e rimane a suo agio, mentre attraversa interni senza limiti.

Fold Place

Makkink & Bey

2014

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Prende vita da un futon e dei cusci-ni. Il materasso può essere piegato o disteso e, a seconda della neces-sità, si trasforma in divano e letto matrimoniale o poltrona e letto singolo. Può diventare anche una comoda chaise longue a terra. È come avere due prodotti in uno: piccolo divano e letto matrimoniale. Grazie alla sua leggerezza, Chama è anche facilmente trasportabile.

rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Chama Sofa

Mi Jin Park

2011

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ADICO

rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Fold Place è un progetto dello studio olandese Makkink & Bey, che fa parte di una gamma di oggetti che esaminano il concetto di interno domestico non più legato ad uno spazio fisico.

Si tratta di un letto o una sedia da portare in giro come fosse uno zaino.

L'utente indossa una giacca di lana unita ad un telaio per trasportarlo. Posizionandolo sul pavimento, il materasso arrotolato funge da sedile e il telaio funge da schienale. Per convertirlo in un letto, bastano pochi gesti.

Il Team afferma che così si apre uno scenario in cui l'individuo viaggia leggero e rimane a suo agio, mentre attraversa interni senza limiti.

Fold Place

Makkink & Bey

2014

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Le strutture letto di questa installazione in acciaio rivestita da leggeri tessuti intrecciati,

proposta per il salone del mobile di Milano nel 2017, sono costituiti da reti utilizzate sui catamarani. Risul-ta un semplice cambio di materiale rispetto a quello del pavimento, diventando così estremamente flessibile ai diversi usi e integrato con l’itera abitazione.

rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Breathe Bed

So-il

2017

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ADICO

rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Il trio di designer svizzero Atelier Oï ha realizzata the Hammock per la collezione Objets Nomades di Louis Vuitton.

Questa sofisticata amaca è stata ispirata dal classico letto a baule di Louis Vuitton, progettato nel XIX secolo per l'esploratore francese Pierre Savorgnan de Brazza. Il materiale utilizzato sono lunghe strisce di pelle e rivetti dorati.

The Hammock

atelier oï

2012

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Le strutture letto di questa installazione in acciaio rivestita da leggeri tessuti intrecciati,

proposta per il salone del mobile di Milano nel 2017, sono costituiti da reti utilizzate sui catamarani. Risul-ta un semplice cambio di materiale rispetto a quello del pavimento, diventando così estremamente flessibile ai diversi usi e integrato con l’itera abitazione.

rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Breathe Bed

So-il

2017

NOM

ADICO

rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Il trio di designer svizzero Atelier Oï ha realizzata the Hammock per la collezione Objets Nomades di Louis Vuitton.

Questa sofisticata amaca è stata ispirata dal classico letto a baule di Louis Vuitton, progettato nel XIX secolo per l'esploratore francese Pierre Savorgnan de Brazza. Il materiale utilizzato sono lunghe strisce di pelle e rivetti dorati.

The Hammock

atelier oï

2012

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Abitacolo è una struttura ludico-ed-ucativa progettata per dare ai bam-bini un ambiente adeguato alle loro necessità. Un elemento modulare e multifunzionale che permette di leggere, lavorare, giocare, riordinare. Questo storico progetto di Bruno Munari, premiato con il Compasso d’Oro nel 1979 è caratterizzato da una struttura leggera ed essenziale che si sviluppa su due livelli attrez-zabili con diversi accessori. Si tratta di uno spazio delimitato e ben definito, ma al tempo stesso aperto, che si adatta perfettamente a chi lo vive. Abitacolo è infatti un vero e proprio modulo abitabile capace delle più diverse configurazioni, l’utente può crearsi un proprio mondo esclusivo, strutturandolo e arredandolo come più gli piace, senza essere imprigionati da soluzi-oni precostruite. Abitacolo è dotato di due piani in rete ed è attrezzabile con mensole, cestelli e tavolino reclinabile in laminato. rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Abitacolo

Bruno Munari

1971

NOM

ADICO

rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Bed & Study che già dal nome suggerisce una doppia valenza è un progetto di Rasmus B. Fox.

Il quale ha voluto alimentare il dibat-tito sulla mancanza di posti letto per studenti, creando una struttura a forma di casa che offre uno spazio sufficiente per un tavolo, ribaltabile con relativa seduta; di notte, l’unica parete di questa mini-abitazione si ripiega per diventare un letto.

Bed & Study

Rasmus B. Fox

2013

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Abitacolo è una struttura ludico-ed-ucativa progettata per dare ai bam-bini un ambiente adeguato alle loro necessità. Un elemento modulare e multifunzionale che permette di leggere, lavorare, giocare, riordinare. Questo storico progetto di Bruno Munari, premiato con il Compasso d’Oro nel 1979 è caratterizzato da una struttura leggera ed essenziale che si sviluppa su due livelli attrez-zabili con diversi accessori. Si tratta di uno spazio delimitato e ben definito, ma al tempo stesso aperto, che si adatta perfettamente a chi lo vive. Abitacolo è infatti un vero e proprio modulo abitabile capace delle più diverse configurazioni, l’utente può crearsi un proprio mondo esclusivo, strutturandolo e arredandolo come più gli piace, senza essere imprigionati da soluzi-oni precostruite. Abitacolo è dotato di due piani in rete ed è attrezzabile con mensole, cestelli e tavolino reclinabile in laminato. rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Abitacolo

Bruno Munari

1971

NOM

ADICO

rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Bed & Study che già dal nome suggerisce una doppia valenza è un progetto di Rasmus B. Fox.

Il quale ha voluto alimentare il dibat-tito sulla mancanza di posti letto per studenti, creando una struttura a forma di casa che offre uno spazio sufficiente per un tavolo, ribaltabile con relativa seduta; di notte, l’unica parete di questa mini-abitazione si ripiega per diventare un letto.

Bed & Study

Rasmus B. Fox

2013

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166 | C APIT OLO 2 Il fornello, “mu-nito di chiavar-de e di rubinet-ti", era simile “al cruscotto di un sommergibile", la cappa che lo sovrastava era “un vascello con le vele spiegate"5.

In un racconto autobiografico scritto nel 1937, Alberto Savinio descri-ve, cosi come apparivano trasfigurati nelle fantasie dell‘autore bambi-no, gli oggetti che popolavano la cucina della casa.

La Cucina dell’infanzia di Savinio non e più il “laboratorio di streghe”, né il luogo in cui “il rosseggiare dei tizzoni” rompe le tenebre del-l’”antro acherontico", vale a dire la cucina quale veniva descritta nel secolo precedente in un famoso brano de Le confessioni di un italiano di Ippolito Nievo6. Immagini ormai più familiari anche se decisamente

moderne, meno esoteriche anche se non meno fantastiche (la nave, il sommergibile), suggeriscono la novità delle modificazioni che andava-no producendosi nell’”angolo più caldo della casa” fra il dicianandava-novesi- diciannovesi-mo e il ventesidiciannovesi-mo secolo.

Le parole di Savinio e le immagini da lui evocate riconducono a chi, con intenti non soltanto letterari, si era avvalso di riferimenti altrettanto suggestivi per promuovere la riforma dei modi di organizzazione della cucina e del lavoro che vi si svolgeva. Com’è noto, Catherine Beecher e Harriet Beecher Stowe, nel loro The American Woman’s Home, edito negli Stati Uniti nel 18697, si servono dello studio delle cucine dei

bat-telli a vapore per disegnare uno spazio disposto e arredato secondo norme atte a rendere più semplice e agevole l’attività di preparazione, cottura e conservazione dei cibi. Al pari dei cuochi delle navi, la donna "deve avere a portata di mano tutti gli utensili" e deve poter raggiun-gere tutto ciò di cui ha bisogno “non compiendo più di un passo o due"8.

Sin dal Settecento, l’uso del fornello a più fuochi (il potager, poi sosti-tuito dalle stufe in ghisa a legna o carbone) aveva introdotto nuovi pro-cedimenti culinari e imposto l’impiego di un numero svariato di utensili e tegami di diverse dimensioni, come indica l’iconografia dell’epoca, mentre la possibilità di preparare contemporaneamente più pietanze suggeriva programmi organizzativi perlomeno per la cottura. La lette-ratura sull’arte del cucinare nasce infatti fra il Settecento e l’Ottocento. Ma con ciò il lavoro di cucina era ancora in tutto simile ad un qualche processo rituale, che poco aveva da condividere con quel “mestiere” della donna di casa che realmente interessava le Beecher. Le cucine che infatti disegnano, con piani di lavoro continui e ribaltabili e con una grande varietà di cassetti, contenitori e scaffali, risultano delle antici-pazioni straordinarie delle più note realizzazioni del ventesimo secolo. Nei loro progetti intervengono in cucina eliminando il grande tavolo, la tradizionale credenza, sostituendoli con una serie di piani di lavoro accostati, ubicandoli sotto le finestre e inserendo scaffali e contenitori che trovano posto sotto e sopra i piani di lavoro9.

Successivamente la loro analisi prosegue sui procedimenti con i quali vengono compiute le varie attività di lavoro, usando gli stessi metodi del tayIorismo, scomponendo cioè i movimenti necessari per svolgere

CUCINARE

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167 | C

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OLO 2

le singole operazioni e metterli poi in rapporto diretto con la progetta-zione dell'ambiente nel suo complesso.

Questi decenni sono densi di sviluppi: al progetto della cucina della

Haus am Horn, redatto nel Bauhaus, alla Cucina in nicchia di Franz

Schuster installata in migliaia di abitazioni operaie in Austria, all’arma-dio-Cucina di El Lissitskij si affianca la notissima Frankfurter Kuche pro-gettata da Grete Schutte-Lihotzky nel 1926, prodotta in serie e adot-tata nelle grandi Siedlungen della Francoforte di Ernst May. La cucina comincia così a diventare “non più un ambiente isolato”, ma “un ele-mento integrato nell’organismo della casa”10.

Quello che accomuna le nuove sperimentazioni erano: “i piani di lavo-ro continui che sostituiscono ovunque l`uso delle credenze; i cassetti di vetro diventano traduzione immediata di tutti gli ideali di igienicità e pulizia; gli utensili e le casseruole in alluminio, acciaio, vetro e leghe antitossiche fanno bella mostra di sé negli appositi spazi; l’espandersi degli odori è impedito dividendo la cucina dagli altri ambienti della casa con una vera e propria porta, o con pareti scorrevoli di vetro; i rifiuti, triturati o incanalati negli appositi scarichi, scompaiono alla vi-sta”11.

L’introduzione degli elettrodomestici sembrò portare trasformazioni decisive perlomeno nella quantità di lavoro che la massaia doveva svolgere. Disposti in ordine sui ripiani delle cucine, richiedevano più attenzione e nuove conoscenze nel loro impiego, ed erano in fondo soltanto un prolungamento e una specializzazione di attività già accet-tate.

Con il diffondersi di oggetti ed elettrodomestici, la pubblicità, con im-magini di moderne famiglie felici e didascalie che hanno fatto proprio il linguaggio altrettanto moderno della razionalizzazione, la donna di casa impara velocemente il mestiere di consumatrice.

In Italia i princìpi della razionalizzazione trovano sfogo con il periodo fascista nelle costruzioni di “case” (del Balilla, della Gioventù Italiana del Littorio, del Fascio, della Maternità e dell’infanzia).

Vanno in oltre considerate le soluzioni “elettriche” di Piero Bottoni per la cucina della Casa Elettrica realizzata nel 1930, che forniva una versio-ne nazionale delle migliori esperienze europee; poi versio-negli anni quaranta la realtà della guerra promuove le prime riflessioni sulla futura ricostru-zione e i progetti più significativi sono elaborati da Libera e Vaccaro intenti nello studio della “casa di serie”12.

Dagli anni Sessanta, il design italiano è stato al centro delle sperimen-tazioni relative allo spazio cucina e alla cultura alimentare, con soluzioni compatte dentro un “paesaggio domestico” di configurazioni interat-tive tra utente e oggetto.

La Mini-Kitchen di Joe Colombo (1963), per esempio, supera la dis-sociazione tra apparecchiature elettriche e arredi in un unico sistema integrato. Attraverso il suo design flessibile e modulare, fa sì che gli ambienti abitativi possano essere adeguati al dinamismo della vita con-temporanea, a una vita in movimento. L’unità da cucina Mini-Kitchen è una piccola cucina mobile progettata per Boffi, un parallelepipedo in legno dalle dimensioni di 75 x 90 x 75 centimetri, con elettrodomestici ad incastro e ruote in plastica. La cucina è dotata di accessori per sei persone: un fornello, un frigorifero, apriscatole, cassetti per stoviglie, posate e bicchieri, piani d'appoggio e un vano per libri. Non essendo più vincolata al pavimento, essa ridefinisce il rapporto tra spazio abi-tativo e funzione.

Con E5 di Marco Zanuso (la soluzione componibile in acciaio inossi-dabile e ante di laminato plastico con apertura a gola) e Timo di Vico Magistretti (entrambi i modelli del 1966) si eliminano progressivamen-te pensili e maniglie e la cucina diventa un volume unico o una pareprogressivamen-te

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APIT

OLO 2

attrezzata e razionale.

I princìpi di mutabilità e adattabilità guidano invece il progetto di

Spa-zio Vivo di Virgilio Forchiassin (1968) che intuisce la necessità di un

ambiente dinamico attentamente ottimizzato, disponendo i moduli cucina in modo alternativo al consueto allineamento lungo le pareti. Il prodotto viene esposto nel 1972 alla celebre mostra The New

Dome-stic Landscape; contestualmente viene presentata la capsula integrata

Cucina-Bagno-Letto in materiale plastico di Joe Colombo (1969) e la micro casa di Zanuso e Sapper che riunisce Cucina-Soggiorno-Letto-Servizi in un’unità telescopica di alluminio e plastica.

Negli anni Ottanta la forma si libera presto dalla funzione e il design esprime ottimismo in oggetti ironici, audaci e postmoderni. Esplode la passione per le firme, l’idea di stile negli interni domestici viene ora dal mondo della moda e le cucine presentano ante con colori e finiture intercambiabili, come fossero abiti.

Oggi si può parlare di cucina nomade, in quanto i prodotti industriali che vengono concepiti cambiano le relazioni dinamiche tra gli indivi-dui, le postazioni di lavoro diventano sempre più fluide e delocalizzate, l'efficienza, i rapidi tempi d’uso e la personalizzazione estetica diven-tano le nuove priorità.

Gli spazi ristretti offerti dalle abitazioni contemporanee, siano mono o bilocali, la possibilità di cucinare all’interno o all’esterno della propria abitazione e gli infiniti usi da parte degli utenti, portano per esempio al progetto per la cucina portatile Critter, la cucina free-standing nonché mobile disegnata dal designer Elia Mangia e realizzata dal brand ita-liano Skitsch. È completamente smontabile con poche mosse semplici e veloci ed è tenuta insieme da solo 8 viti; sul piano trovano posto un piano cottura con bruciatore a due fuochi alimentato dal gas di una bombola, un lavello ad una vasca e un piano di lavoro removibile, che nasconde al suo interno alcuni vani portautensili a scomparsa ed un pratico binario porta mestoli e pentole, posto sotto il bancone; per finire, un bidone per la spazzatura è incorporato nello spazio al di sotto del lavello.

Spartana sia nelle linee che nei materiali (acciaio e legno), rappresenta l'evoluzione della cucina moderna in cucina nomade o portatile, ri-chiamando un po' il concetto di cucina da campo o cucina all'aperto e mantenendo tuttavia le dotazioni di una cucina tradizionale; anche le misure sono compatte ma non così ridotte, visto che è lunga 240 cm x 65 cm x h 91 cm.

(36)

169 | C APIT OLO 2 5 | Savinio, A. Tragedia dell’infanzia, Ed. La cometa, Roma 1937 6 | Nievo, I. Le con-fessioni di un Italiano, 1867 7 | Beecher, C., Stowe Beecher, H. The Ameri-can Woman’s Home or Principles of Dome-stic Science, being a guide to the formation and maintenance of economical, healthful, beauty and Christian homes, New York 1869. Di Catherine Beecher va ricordato anche il Treatise on Domestic Economy, edito nel 1841

8 | Beecher, C., Stowe Beecher H. , op.cit. 9 | Baroni, D. L’uso sociale della cucina. In Ottagono n°48 1978 10 | Giedion, S. Mechanization Takes Command. Oxford Uni-versity. 1948. (ed. it. L'era della meccanizzazione. Milano. 1967)

11 | Avon, A. L’orga-nizzazione razionale del lavoro domestico fra le due guerre in Il progetto domestico. La casa dell’uomo: archetipi e prototipi. Electa. 1986 12 | AA.VV. Verso la casa esatta. Milano 1945

NOTE

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Cat

herine Beecher e Harriet Beecher Stowe, nel lor

o The American W

oman’

s Home.

Krylov Gurij Iosafovic (1805-1841) Una cucina, 1826-1827. Ol

io su cartone 35,5x44 cm.

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Schema del

la cucina pr

oget

tata da Franz Schuster per alcuni al

loggi a Francoforte – 1925 cir ca. Frankfurter Kuche pr oget tata da Gr ete Schut te-Lihotzky . Monoblocco pol

ifunzionale cucina-lavanderia Mar

gar ete Schüt te-Lihotzky . Cucina del la Haus am Horn, pr oget tata da Benita Ot te e Ernst Gebhar d t, esposta a W eimar , Germania - 1923.

(39)

Qual è il futur

o del

la stufa? La pentola d

iventa ind

ipendente e autonoma, svuotando

inevitabilmente la stufa d

i qualsiasi significato. Interpr

etazione t

ipologica d

i Daniel

Chenut. Diagramma monoblocco pr

odot to sot to gl i auspici del l'Uf ficio centrale d i Chauf fe Rat ionnel e del l'Electricité de France – 1958. Pier o Bot

toni per la cucina del

la Casa Elet

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Mini-Kitchen d

i Joe Colombo – 1963.

Joe Colombo, T

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(42)

Cucina E5 d i Mar co Zanuso. Pagina a lato: V ivo d i V irgil io For chiassin.

Pagina a lato: Il Bof

fi "E15" in una pr oduzione pr oget tata da Corsini e W iskemann; nel la sua l inearità d

iventa un sistema a mur

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ST

ANZI

ALE

rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

L’architettura della stufa russa permetteva di riscaldare l'ambiente e di cucinare, e in più creava uno spazio dove dormire. Questo ogget-to polifunzionale fungeva da elemento organizzatore dello spazio, favorendo sia l’interazione che la privacy, creando gli strumenti e le condizioni per usare un ambi-ente anche molto piccolo con la massima intensità.

Stufa Russa Tradizionale

Anonimo

XV Secolo

NOM

ADICO

2,5³ è la risposta contemporanea al “living cube” di Papanek e Hennessey degli anni ’70.

Il team di designer Chmara & Rosike ha disegnato un cubo minimale di lato 2,5m con al suo interno uno spazio concepito per essere multi-funzionale, una cucina che può essere trasformata in scrivania, nello stesso tempo ospita anche il letto che si trasforma in divano e si chiude sull’armadio, in generale si nota uno studio approfondito di ogni dettaglio, concepito per assol-vere a più funzioni. L’intero cubo può essere chiuso con tessuti per proteggere il proprio spazio intimo e la struttura che viene venduta come un kit di montaggio, ed installata in circa un’ora. rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

2,5

3

Chmara & Rosinke

2013

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rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

L’architettura della stufa russa permetteva di riscaldare l'ambiente e di cucinare, e in più creava uno spazio dove dormire. Questo ogget-to polifunzionale fungeva da elemento organizzatore dello spazio, favorendo sia l’interazione che la privacy, creando gli strumenti e le condizioni per usare un ambi-ente anche molto piccolo con la massima intensità.

Stufa Russa Tradizionale

Anonimo

XV Secolo

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ADICO

2,5³ è la risposta contemporanea al “living cube” di Papanek e Hennessey degli anni ’70.

Il team di designer Chmara & Rosike ha disegnato un cubo minimale di lato 2,5m con al suo interno uno spazio concepito per essere multi-funzionale, una cucina che può essere trasformata in scrivania, nello stesso tempo ospita anche il letto che si trasforma in divano e si chiude sull’armadio, in generale si nota uno studio approfondito di ogni dettaglio, concepito per assol-vere a più funzioni. L’intero cubo può essere chiuso con tessuti per proteggere il proprio spazio intimo e la struttura che viene venduta come un kit di montaggio, ed installata in circa un’ora. rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

2,5

3

Chmara & Rosinke

2013

(45)

178 | C APIT OLO 2

ST

ANZI

ALE

È considerata una pietra miliare nell'architettura domestica. Proget-tata nel 1926 dall'architetto austria-co Margarete Schütte-Lihotzk, era una cucina stretta a due file che misurava 1,9 mx 3,4. L'ingresso era situato in una delle pareti corte, di fronte alla quale si trovava la fines-tra. La stufa era posizionata lungo il lato sinistro, seguita da una porta scorrevole che collegava la cucina alla sala da pranzo e al soggiorno. Sulla parete destra c'erano gli arma-dietti e il lavandino, di fronte alla finestra uno spazio di lavoro.

Contenitori di stoccaggio dedicati, etichettati per ingredienti comuni erano destinati a mantenere la cucina in ordine e ben organizzata; lo spazio di lavoro disponeva di un "cassetto per rifiuti" integrato e rimovibile. rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Cucina di Francoforte

Grete Schutte-Lihotzky

1926

NOM

ADICO

rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

La Mini-Kitchen di Giò Colombo supera la dissociazione tra apparec-chiature elettriche e arredi in un unico sistema integrato. Attraverso il suo design flessibile e modulare, fa si che gli ambienti abitativi possa-no essere adeguati al dinamismo della vita contemporanea, a una vita in movimento. L’unità da cucina Mini-Kitchen è una piccola cucina mobile progettata per Boffi, un parallelepipedo in legno dalle dimensioni di 75 x 90 x 75 centime-tri, con elettrodomestici ad incastro e ruote in plastica. La cucina è dotata di accessori per sei persone: un fornello, un frigorifero, apriscatole, cassetti per stoviglie, posate e bicchieri, piani d'appoggio e un vano per libri. Non essendo vincolata al pavimento essa ridefinisce il rapporto tra spazio abitativo e funzione.

Mini-Kitchen

Joe Colombo

1936

(46)

179 | C APIT OLO 2

ST

ANZI

ALE

È considerata una pietra miliare nell'architettura domestica. Proget-tata nel 1926 dall'architetto austria-co Margarete Schütte-Lihotzk, era una cucina stretta a due file che misurava 1,9 mx 3,4. L'ingresso era situato in una delle pareti corte, di fronte alla quale si trovava la fines-tra. La stufa era posizionata lungo il lato sinistro, seguita da una porta scorrevole che collegava la cucina alla sala da pranzo e al soggiorno. Sulla parete destra c'erano gli arma-dietti e il lavandino, di fronte alla finestra uno spazio di lavoro.

Contenitori di stoccaggio dedicati, etichettati per ingredienti comuni erano destinati a mantenere la cucina in ordine e ben organizzata; lo spazio di lavoro disponeva di un "cassetto per rifiuti" integrato e rimovibile. rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Cucina di Francoforte

Grete Schutte-Lihotzky

1926

NOM

ADICO

rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

La Mini-Kitchen di Giò Colombo supera la dissociazione tra apparec-chiature elettriche e arredi in un unico sistema integrato. Attraverso il suo design flessibile e modulare, fa si che gli ambienti abitativi possa-no essere adeguati al dinamismo della vita contemporanea, a una vita in movimento. L’unità da cucina Mini-Kitchen è una piccola cucina mobile progettata per Boffi, un parallelepipedo in legno dalle dimensioni di 75 x 90 x 75 centime-tri, con elettrodomestici ad incastro e ruote in plastica. La cucina è dotata di accessori per sei persone: un fornello, un frigorifero, apriscatole, cassetti per stoviglie, posate e bicchieri, piani d'appoggio e un vano per libri. Non essendo vincolata al pavimento essa ridefinisce il rapporto tra spazio abitativo e funzione.

Mini-Kitchen

Joe Colombo

1936

(47)

180 | C APIT OLO 2

ST

ANZI

ALE

Faceva parte del progetto Casa Elettrica patrocinato dalla Società Generale Italiana Edison e inaugura-to nel 1930. Gli architetti Figini e Pollini sono gli autori del progetto edilizio.

Il gruppo cucina-acquaio era staccato dalla sala da pranzo tramite una parete attrezzata costi-tuita da tre vani apribili. Questi tre vani erano: un passa vivande, un mobile rotante per stoviglie di forma circolare, che metteva in comunica-zione, contemporaneamente, cucina, sala da pranzo e acquaio. I piatti preparati in cucina passavano attraverso il passa vivande al tavolo della sala da pranzo per poi, una volta finito di mangiare, transitare attraverso il mobile e andare nel lavandino dell’acquaio per il lavag-gio. In tal modo, e per la prima, volta in Italia, fu fatta anche una pianta del percorso delle stoviglie dalla cucina alla sala da pranzo .

rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

Cucina Elettrica

Piero Bottoni

1930

NOM

ADICO

rigido mob ile flessibile du rev ole pe sa nte fisso im muta bile irre vers ibile mod ific abi le tem pora neo le gg er o rev ers ibi le

La cucina all-in-one, completamente equipaggiata, vanta una capacità pari a quella di dodici credenze, “impacchettate” in un cilindro girev-ole con porte scorrevoli – il tutto in meno di 1,8 m2. Il concept è finaliz-zato a risparmiare sia tempo che spazio: la cucina può essere ruotata per far si che gli oggetti “arrivino” all’utente, senza che sia l’utente a doversi spostare per raggiungerle.

Circle Kitchen

Alfred Averbeck

2014

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