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5. Alcuni strumenti per conoscere il territorio

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Academic year: 2021

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Alcuni strumenti per

conoscere il territorio

Dopo aver descritto le principali fasi evolutive che definisco-no lo specifico territoriale della definisco-nostra area, possiamo ora ap-profondire l’analisi della zona sotto il profilo degli strumen-ti a disposizione per lo studio urbanisstrumen-tico. Prima di questo passaggio però sono necessarie alcune considerazioni prelimi-nari che contribuiscono a contestualizzare il nostro studio nel più ampio argomento delle aree interne che stiamo trattando. Alla luce dell’inquadramento territoriale appena affrontato, giova osservare e ricordare i seguenti aspetti:

• la Valfreddana, per i caratteri morfologici che la interessano e per gli aspetti fisici che vi ricorrono, costituisce un comprensorio simile alle aree interne dei contesti dell’Italia appenninica, inserita però in un sistema di ordine provinciale e sovracomunale di minore perifericità e decentramento.

• come per la gran parte dei contesti rurali dell’ Italia centale e meridionale, anche in Valfreddana si sono registrati i più mar-cati squilibri sociali e territoriali nel momento in cui (a partire dal secondo dopoguerra) si è alterato il secolare rapporto con la vocazione agricola prevalente che storicamente aveva strut-turato la società, gli insediamenti umani e gli usi del suolo.

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• Immediata conseguenza di questo assunto è l’imporsi di un problema funzionale per queste aree, con cui si confronta la pianificazione locale, fra alterni e constrastanti indirizzi che non risolvono il problema generale e aumentano semmai la frammentazione territoriale.

• Sono riconoscibili in Valfreddana le stesse dinamiche generali proprie delle aree interne in particolare per quel che riguarda il decremento demografico, la contrazione dei servizi pubblici, lo scadimento della qualità ambientale e paesaggistica e le difficoltà organizzative della società locale.

• L’appartenenza amministrativa, criterio organizzativo principa-le di programmazione e base di classificazione territoriaprincipa-le per gli interventi sostenuti dalla strategia, ha escluso e esclude la Valfred-dana da qualsiasi approccio analitico e progettuale unitario. Il nostro territorio appartiene dunque a una categoria intermedia, che scompare dalle classificazioni e come vedremo risulta molto difficile da conoscere e approfondire. In questo capitolo infatti ci proponiamo di indicare alcune proposte di metodo per lo studio di territori con le caratteristiche poco sopra ricordate; verificheremo altresì quanto tale obiettivo risulti complicato da difficoltà che di fatto rendono molto parziale (all’attuale livello di disponibilità di mezzi e dati) qualsiasi lavoro di analisi che miri a far emergere la complessità dell’area.

5.1 Gli strumenti per la conoscenza del territorio

Nell’avvicinarci alla Valfreddana, dopo aver considerato le sue caratteristiche generali, abbiamo iniziato a entrare nel dettaglio degli strumenti di analisi classica dell’urbanistica territoriale. Per qualsiasi processo di pianificazione il primo approdo è rap-presentato dalla formazione di un quadro conoscitivo esaustivo, che abbia lo scopo di mettere in evidenza tutto quello che di notevole è nell’area di studio e che qui accade e si sviluppa, innescando relazioni di causalità su cui il pianificatore interverrà secondo una prerogativa di governo territoriale.

Proviamo dunque a porci in questo ruolo e in considerazione del-le finalità operative contenute nella Strategia Nazionadel-le per del-le Aree Interne e riferite in questo lavoro al capitolo uno,

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proponia-moci di lavorare alla redazione di un quadro conoscitivo, preli-minare necessario per un passaggio progettuale di proposta.1

Per quanto riguarda la conoscenza fisica e morfologica del territorio, le fonti a disposizione sono estremamente precise e dettagliate; al di là infatti degli aspetti descrittivi che concorrono a individuare l’idro-grafia e l’orol’idro-grafia del territorio, gli strumenti urbanistici dei vari co-muni si dimostrano molto accurati nello studio delle componenti am-bientali che interessano questi due aspetti. Di interesse e pertinenza per la nostra area soprattutto gli studi geologici, pedologici e natura-listici. I primi ci segnalano, la prevalenza di strutture dendritiche di forme piuttosto evolute rappresentative di sistemi in cui è nettamen-te privilegiato il ruscellamento superficiale rispetto all’infiltrazione nel sottosuolo. Tali caratteri richiamano quindi a una morfogenesi attiva, con versanti tuttora in evoluzione con conseguente precario equilibrio di gran parte delle zone collinari e montuose. La situazione è sempre più aggravata dall’eccessivo scorrimento di acque superfi-ciali in forma disordinata, in massima parte da collegare all’abban-dono della pratica agricola e forestale, che assicurava, con inter-venti modesti ma diffusi, un più regolare regime degli impluvi. Ne deriva un quadro geomorfologico di diffusa fragilità con fenomeni e processi morfogenetici in atto su entrambi i versanti della Valfred-dana interessati in prevalenza da frane attive o quiescenti e da aree rocciose semicoerenti soggette a franosità per forte acclività. Ne sono testimonianza i numerosi eventi che hanno ciclicamente colpito di-verse frazioni e che costituiscono la principale causa di investimenti pubblici sul territorio. Per la combinazione dei fattori sopra indicati si noti come ampie parti di quasi tutte le frazioni siano soggette a ele-vato rischio geomorfologico e a pericolosità da frana; spesso interi tratti di viabilità di accesso ai paesi si trovano su versanti di frana quie-scenti (Castagnori, Torre, Gombitelli, Fibbiano, Montigiano, Fiano e Loppeglia) e in alcuni casi sono coinvolte in queste anche porzioni dei centri abitati e insediamenti storici (Torre, Fiano, Orbicciano). Nel fondovalle, il torrente Freddana e i numerosi suoi tributari, tutti dal regime spiccatamente variabile e a carattere torrentizio,

genera-1 Ricordiamo a questo proposito, le indicazioni progettuali che vengono assunte dalla Strategia articolate su due livelli: il primo relativo alle precondizioni per l’intervento (sotto cui si riuniscono tutte le iniziative necessarie atte a garantire il rafforzamento e l’efficienza dei servizi essenziali di istruzione, sanità e mobilità) e il secondo che comprende tutte le misure di sviluppo locale (nei vari settori non compresi nella precendente classificazione; agricoltura, turismo, tecnologie, impresa, energia, lavoro).

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no un’ampia fascia a pericolosità idraulica che occupa l’intera vallata nel suo tratto iniziale, e anche in questo caso include vaste porzioni di abitati (alcune località di Montemagno, Valpromaro, insediamenti sparsi di Orbicciano e di Piazzano, zona pianeggiante di Monsagrati, San Martino in Freddana e Torre). In questo senso la recente realiz-zazione di due casse di espansione in linea a Orbicciano, ha mitigato il rischio idraulico del medio tratto della Freddana, il più soggetto a ricorrenti fenomeni di tracimazione. Restano notevoli le criticità nel primo tratto del corso d’acqua soprattutto in relazione alla scarsa manutenzione dell’alveo e delle alte sponde che lo caratterizzano. La trasposizione di questo dato su cartografia è dunque lo strumento più adeguato per una visione di insieme degli aspetti morfologici e naturali.

Anche dal punto di vista degli attributi ambientali e “culturali” i documenti di piano sono assai dettagliati. L’introduzione dei si-stemi e subsisi-stemi territoriali negli strumenti ancora vigenti e or-mai in via di sostituzione, avevano infatti rappresentato l’occasio-ne migliore per uno studio approfondito di questi elementi. Oltre alle peculiarità della flora e della fauna della Valfreddana, i piani inseriscono una precisa descrizione dei sistemi di organizzazione delle aree rurali, indicando l’assetto poderale dove presente e ci-tando gli elementi ricorrenti del paesaggio locale e le sue perma-nenze storiche come elementi di accentuazione qualificativa (mu-lattiere, sentieri, sacre edicole, fontane, lavatoi, oratori, cimiteri, opifici storici). Tuttavia, malgrado il riconoscimento del valore ca-ratterizzante di questi aspetti, ci si limita a una sua ricognizione distributiva e a una descrizione qualitativa, spesso non del tutto completa, senza indagarne il ruolo sociale da essi esercitato.2

L’analisi urbana dei centri minori come quelli che interessa-no l’area di cui ci occupiamo, è dettagliata nei piani attraver-so la formazione di categorie omogenee per la lettura degli im-pianti urbani nel caso degli insediamenti maggiori. Tale dato tuttavia manca nella cartografia territoriale, impedendo così un’analisi di insieme del tessuto insediativo nella sua distribuzione.

2 Analoghe considerazioni valgono pure per i beni architettonici di interesse culturale, la cui individuazione è ancora limitata nei vigenti strumenti urbanistici ai soli luoghi sottoposti a specifico provvedimento di interesse culturale ai sensi delle disposizioni per la tutela, la conservazione e la valorizzazione.

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- Una frana attiva sul versante della Valfreddana nella frazione di Vecoli

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Per i tre aspetti fin qui esposti dunque esiste un’informazione di conoscenza nutrita e pertinente, approfondita e fatta propria dagli strumenti di pianificazione: manca semmai un’approccio relazionato fra le varie tematiche, che associ a una condizione descrittiva dello stato di fatto (obiettivo precipuo di un quadro conoscitivo per la me-todologia di analisi classica dell’urbanistica) rapporti di reciprocità in senso storico, economico e sociale. In buona sostanza per questi temi di studio e nei territori come la Valfreddana il metodo conoscitivo fin qui adottato risponde alla domanda “com’è il territorio?” e non a “quali processi innesca e da quali deriva la condizione attuale del territorio?”

Ciò è tanto più vero se ci proponiamo di studiare il paesaggio del-la nostra area di studio, in redel-lazione a quelle caratteristiche di omogeneità che fin dall’inizio della seconda parte abbiamo pre-sentato come identificative di tutta la zona. Ci rifacciamo per que-sto scopo alle indicazioni definitorie del capitolo terzo di queque-sto lavoro, che richiamiamo sommariamente per ribadire che con il termine paesaggio intendiamo quella costruzione culturale che si basa sulla sintesi della relazione ternaria fra natura, uomo e società, così come definita da Giorgio Pizziolo.3

L’introduzione del paesaggio, attraverso i suoi molteplici rapporti, come principale elemento per lo studio territoriale di queste aree, ci deve far considerare una sua qualità propria. Vale a dire l’im-mediatezza, l’efficacia e la completezza con cui esso comunica le relazioni che lo costituiscono. Tale circostanza dunque ci chiama necessariamente in causa nell’ elaborazione di strumenti semplici in grado di far comprendere in profondità la costruzione paesaggistica come combinazione di aspetti relazionati.

Se si considerano poi i fenomeni che abbiamo individuato come pro-pri della nostra area di studio e di tutte quelle zone che si trovano in contesti simili, si nota come la necessità di un’analisi approfondita non possa limitarsi a un passaggio di generale ricognizione e assem-blaggio in scala. Tale metodo, per quanto in se rigoroso, non ci indi-ca nulla di più di quello che immediatamente è comprensibile da un’ interpretazione di una qualsiasi immagine aerea o cartografica. Occorre quindi un passaggio aggiuntivo, un contributo di meto-do ulteriore per una conoscenza più significativa e pregnante.

3 Pizziolo G., L’architettura del paesaggio: uno strumento per lo sviluppo autosostenibile, in op.cit., pp. 199 – 208.

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5.2 Natura, uomo e società per lo studio della

Valfreddana: un metodo da costruire

Il titolo del paragrafo spiega la declinazione del contributo metodologico che cerchiamo di proporre e che intendiamo essere integrativo (non sostitutivo) delle indagini conoscitive normalmente compiute. Oltre a ciò si segnala la necessità di rivedere la strut-tura messa a punto per l’individuazione e la classificazione delle aree interne, correggendone quelle storture che rendono banali o artificiose, a seconda dei casi, l’individuazione di alcune zone sotto le categorie proposte dalla strategia.

Il paesaggio, inteso secondo la triade che da il nome a questo ca-pitolo, ci suggerisce tre ambiti di approfondimento connessi re-ciprocamente in modo molto profondo: l’uso del suolo, il tessuto insediativo e le dinamiche sociali in atto. Per tutte e tre queste te-matiche non si riscontra infatti un processo di studio attento né in sede di pianificazione locale, né tanto meno nella Strategia.

Le cause di tale lacuna possono essere molteplici. D’altra parte la Strategia per le Aree Interne nella sua impostazione organizzativa, demanda ai territori l’elaborazione di un documento strategico ap-punto, che se da un lato non esclude l’affinamento dello studio pa-esaggistico così inteso, dall’altra si rivolge direttamente alla ricerca di soluzioni innovative, sia per quel che riguarda le precondizioni sia per i progetti di sviluppo locale, prediligendo un lavoro operati-vo e dando in buona parte per scontato il processo di ricerca. Proprio per questo possiamo ritenere il nostro contributo come inte-grativo dei percorsi intrapresi; tuttavia, mostreremo qui di seguito la grande difficoltà nel poter procedere alla realizzazione di indicatori precisi e corretti data l’esiguità dei dati a disposizione. Quest’aspetto, sicuramente complicato dalla particolare condizione di frammenta-zione amministrativa della Valfreddana, è però una realtà diffusa per tutti i contesti territoriali di frazioni, che anche a livello cono-scitivo vivono una situazione di marginalità, dovuta essenzialmente all’applicazione di strumenti non idonei al rilievo delle informazio-ni. Tale condizione di inadeguatezza riguarda anche i metodi come vedremo e produce una base di conoscenza molto imprecisa sia nei risultati sia per l’utilizzo degli stessi in una logica di pianificazione.

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Due direzioni conoscitive per la lettura del territorio:

insediamenti e spazi aperti

In questo senso l’uso del suolo o, come definite da Conzen,4 le forme di

uso del suolo rappresentano un esempio interessante di necessità di accuratezza dello studio per una migliore caratterizzazione del territorio.

Allo stato attuale infatti esistono diverse elaborazioni prodotte da enti o categorie che si occupano dell’argomento in relazione a obiettivi di ca-rattere politico, economico, ambientale (Regione Toscana, Coldiretti, Agea). La ricognizione delle numerose fonti cartografiche presenta però un problema assai significativo: esse infatti derivano tutte da processi di fotointerpretazione. Le ricerche più aggiornate si sono occupate di rendere quanto più versatile la produzione di questi dati: hanno cioè investito sulla multifunzionalità delle informa-zioni raccolte da operainforma-zioni di lettura fotografica, implementando possibilità di analisi per i differenti livelli di scala. Quest’ultimo passaggio si è reso possibile proprio negli ultimi anni attraverso l’informatizzazione in rete dei dati di carattere territoriale e la for-mazione dei webgis, concepiti come archivi di contenuti di analisi. Le stesse ricerche tuttavia hanno precisato l’obiettivo del processo di fotolettura, distinguendo precisamente i due concetti di land

co-ver o copertura del suolo, e cioè ciò che attiene alle caratteristiche

fisiche della superficie terrestre con la distribuzione di vegetazione, acqua, ghiacci, deserti e altre caratteristiche fisiche indotte dalle at-tività umane come infrastrutture e insediamenti e land use o uso del suolo, ovvero tutto ciò che attiene all’impiego e alle strategie di gestione di determinate coperture del suolo da parte dell’uomo. Ma il serio problema che affrontiamo riguarda l’attendibilità delle informazioni che derivano da queste carte. In particolare si riscontrano due importanti criticità.

• Per quanto concerne il caso di studio e dunque volendo genera-lizzare, per tutte le aree caratterizzate da un sistema insediativo in larga parte storico e a bassa densità, si riscontrano alcuni er-rori di valutazione e categorizzazione per i centri abitati di più piccola dimensione, sparsi nel territorio aperto. I dati cartogra-fici regionali infatti riportano tre categorie per gli insediamenti di carattere residenziale che hanno l’obiettivo di classificarli in

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relazione al tessuto (quello che Conzen chiamerebbe impianto urbano). Tuttavia le comprensibili esigenze di omogeneità ge-nerale, che nel caso delle indagini regionali per la formazione del PIT hanno circoscritto a tre le possibilità identificative (tes-suto continuo, tes(tes-suto discontinuo, edificato sparso), non rap-presentano compiutamente situazioni varie e molto diffuse nel contesto ambientale. Appare evidente come le categorie intro-dotte siano forse più pertinenti e proprie per i contesti urbani, in cui le relazioni complessive del tessuto insediativo sono di altra scala. Se dunque per la classificazione introdotta in cartografia sono prevalenti aspetti dimensionali di occupazione del suolo, ne risulta facilmente che piccoli aggregati di carattere rurale composti da pochi fabbricati, spesso connotati da funzioni col-lettive tutt’ora esistenti, vengono ritenuti parte di un non meglio identificato edificato sparso. Da un punto di vista conoscitivo dunque occorrerebbe correggere questo dato in senso sociale e percettivo, in modo da poter associare agli insediamenti, non solo caratteri di assoluta evidenza fisica, per altro facilmente ri-scontrabili da qualsiasi cartografia non tematizzata, ma anche attributi sul valore di quei piccoli episodi architettonici nella co-stituzione di un tessuto comunque importante ma più diradato. • Ma è sugli spazi aperti che riscontriamo la maggiore difficoltà. Per quanto i livelli di classificazione multiscala contribuiscano a precisare sempre più le fotointerpretazioni, vi è un limite insito che se non riconosciuto può portare a considerazioni errate e a previsioni scarsamente suffragate dalla realtà su cui dovrebbero basarsi. La lettura di ciò che non è edificato infatti, anche nel caso di carte di uso del suolo a piccola scala, non ci da nessuna informazione sull’effettivo esercizio delle coperture. A un con-fronto di dettaglio fra i risultati dell’indagine e l’evidenza pratica emerge chiaramente una notevole discrepanza, soprattutto per quel che riguarda gli spazi individuati come seminativi. Il pro-blema non sta nell’ambiguità definitoria delle classi d’uso, che sono invece molto precise e circostanziate, quanto piuttosto sul-la lettura del dato. Portare a coincidenza il dato riscontrabile dal-le carte di uso o copertura del suolo con l’effettivo utilizzo in ter-mini agricoli degli spazi aperti rappresenta un’approssimazione certo troppo grossolana per territori come questi, sia in termini produttivi, sia per le implicazioni paesaggistiche e ambientali.

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- La stessa zona identificata come edificato sparso costituisce in realtà una rete di insediamenti storici distribuita nella campagna collinare.

- Il problema della classificazione degli insediamenti nella carta dell’uso del suolo. In rosso i piccoli borghi storici, identificati nella categoria edificato sparso.

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- Lo stesso appezzamento indentificato come oliveto nella carta dell’uso del suolo si presenta nella realtà incolto e in abbandono.

- Il problema della classificazione degli spazi aperti nella carta dell’uso del suolo. In giallo un appezzamento nella frazione di Montemagno classificato come Oliveto.

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Il problema quindi è che ciò che le analisi territoriali chiedono di poter trovare nella carta di uso e copertura del suolo, in realtà non è l’oggetto dello studio di quell’elaborato. Ci siamo chiesti allora quale potesse essere una modalità correttiva tale da farci compren-dere meglio alcuni elementi d’uso del territorio non edificato. A tale scopo ci siamo mossi in due possibili direzioni.

Da un lato abbiamo cercato di elaborare un indicatore produttivo per l’agricoltura nell’alta Valfreddana. L’impresa si è rivelata estrema-mente complessa sia per la natura dei dati (spesso non cartografici e difficilmente esprimibili in termini di tendenze generali dato l’esiguo numero di aziende agricole), sia per la loro stessa disponibilità. In li-nea teorica il censimento dell’agricoltura avrebbe dovuto rappresen-tare la chiave risolutiva dei nostri problemi, ma la particolare condi-zione amministrativa della Valfreddana, divisa come abbiamo visto in più porzioni comunali, rende impossibile dissociare i dati.5

Molto difficile anche riuscire ad avere un quadro significativo dal-le associazioni di categoria, sia per la frammentazione deldal-le si-gle di settore, sia per il tipo di informazione da essa derivabili. In alternativa allora abbiamo utilizzato i dati provenienti da AGE-A,6 e dal suo braccio operativo toscano ARTEA. Ad essa

afferisco-no tutte le richieste di agricoltori e aziende agricole per il soste-gno alla propria attività. L’agenzia, istituita nel 1999, si occupa infatti di raccogliere, coordinare e erogare i contributi agricoli provenienti dai Fondi Europei (FEAGA: fondo europeo agrico-lo di garanzia e FESR: fondo europeo di sviluppo rurale). Ad essa annualmente arrivano le richieste di produttori con l’associato piano colturale aziendale, costituito dai dati delle superfici e delle specificazioni agronomiche delle colture in atto al momento della richiesta. L’agenzia domanda queste informazioni prendendo a ri-ferimento il catasto: ogni imprenditore agricolo richiedente com-pila il suo piano colturale secondo gli estratti mappa e ciò consen-te ad ARTEA (nel caso toscano) di individuare in cartografia la consistenza di ogni azienda e la sua organizzazione territoriale. Dall’altro si è cercato di dare un’ interpretazione diacronica alla re-lazione che lega agricoltura e paesaggio. Si è proceduto cioè con il medesimo metodo di fotointrerpretazione usato per la redazione delle carte di uso del suolo. Stavolta però anziché classificare le

ti-5 Come vedremo tale considerazione è estendibile anche al Censimento della Popolazione che di fatto risulta per i nostri scopi inutilizzabile.

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pologie di copertura o di occupazione, abbiamo introdotto l’unica categoria degli spazi aperti, come distinzione fra le superfici fore-stali e boscate e quelle agricole. Abbiamo ritenuto questo aspetto particolarmente significativo dal momento che è direttamente as-sociato a una qualità ambientale e paesaggistica soprattutto in ter-mini percettivi. Per gli abitanti come vedremo meglio nel capitolo successivo, esiste una dipendenza diretta fra degrado ambientale, scadimento delle qualità paesaggistiche e abbandono dell’agricoltura. Se infatti si escludono pochi casi, il processo di avanzata del bosco è la conseguenza dell’abbandono delle terre da parte degli agricoltori. Si comprende quindi come tale fenomeno non sia e non possa essere interpretato come una rinaturalizzazione degli spazi quanto semmai come un segno di degrado.

Da queste analisi si possono trarre alcune significative conclusio-ni, utili elementi per la costruzione di un quadro conoscitivo più completo. Dal punto di vista organizzativo esistono 66 produttori agricoli in alta Valfreddana,7 tutti di piccola dimensione,

caratte-rizzati da multiproduzioni su piccole estensioni territoriali, spesso non contigue fra loro. Nei piani colturali prevalgono i boschi, seguiti dagli oliveti e dai seminativi. Tuttavia, se confrontiamo il modestis-simo dato dei piani colturali aziendali con l’entità degli spazi aperti attuali, ci accorgiamo rapidamente che la gran parte di essi non è gestita o condotta da produttori professionisti, o per lo meno non accede alle forme di sostegno all’agricoltura. È dunque da ritenersi un’attività non principale per i propri conduttori, in larga parte di carattere hobbistico e priva di qualsiasi forma aziendale.

Dal punto di vista della modalità di coltivazione prevalgono quelle tradizionali con una buona diffusione delle tecniche colturali biolo-giche, localizzate in particolare a Torre, Orbicciano e Montemagno; alcuni oliveti in particolare sono in via di conversione a questo regime colturale.

La perimetrazione degli spazi aperti invece ci consente di avanza-re qualche considerazione in merito alla conservazione della qua-lità paesaggistica dei luoghi. Con questa metodologia si è cercato soprattutto di interpretare le relazioni sistemiche fra il tessuto in-sediativo e la sua distribuzione territoriale, e la consistenza e l’or-ganizzazione spaziale degli appezzamenti aperti. Al di là

dell’im-7 Si comprendono in questa definizione sia aziende, sia produttori che posseggono i requisiti professionali per ricevere contributi e erogazioni per le proprie produzioni agricole.

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pressionante trasformazione storica dei luoghi che in molti casi ne pregiudica aspetti di riconoscibilità, si nota come una più generale qualità paesaggistica si riscontri nelle frazioni sparse, là dove gli abitati si distribuiscono in piccoli nuclei a poca distanza gli uni dagli altri. In questo senso potremmo dire che la permanenza dell’atti-vità agricola costituisce ancora un elemento identitario dal punto di vista paesaggistico, e di lettura unitaria della comunità. Il capi-tolo successivo, che affronta in chiave percettiva le dinamiche ter-ritoriali, mostrerà bene questo aspetto, che lega la popolazione al proprio territorio, in dipendenza di una serie di caratteristiche e di usi diffusi, che ne consentono appunto una percezione unitaria. Nei paesi costituiti da un nucleo compatto e laddove più forte è stato lo spopolamento, la contrazione degli spazi aperti è maggiore, sia in termini di estensione di spazi agricoli perduti, sia per la com-promissione dei valori paesaggistici. Da un confronto delle ortofo-to-carte interpretate e da un esame sul campo, si nota la definitiva estinzione di alcune colture come i cereali, tanto in altura quanto in piano. In drastica diminuzione anche i vigneti. L’esame delle rap-presentazioni storiche della campagna consente di apprezzare le differenze fra i vari ambiti colturali della vallata, della collina e della montagna; qui in particolare è interessante notare la diffusione dei terrazzamenti atti a garantire la lavorabilità delle terre. Dalle foto degli anni Cinquanta, si nota anche l’estrema varietà negli usi del suolo, proprio per quel che riguarda gli appezzamenti montani, in cui si alternano in breve successione gli spazi destinati a pascolo, i seminativi, le zone destinate alle colture legnose e il bosco.

Questo per quel che riguarda gli aspetti percettivi della componente naturale; quelle forme di uso del suolo che secondo Conzen rappre-sentano la cifra del paesaggio territoriale, più mutevole e soggetta alle trasformazioni nel corso del tempo.

Tale aspetto, particolarmente significativo per il contesto che stiamo studiando vista la natura della nostra area ci ha suggerito di sviluppare un approfondimento sui tipi dell’impianto urbano, su quegli aspetti morfologici cioè che strutturano il tessuto insediativo nei suoi diversi episodi. Si è trattato di legare assieme alcune caratteristiche rilevan-ti degli insediamenrilevan-ti (la posizione, lo sviluppo urbano, l’origine) con le funzioni e il ruolo degli stessi all’interno del contesto territoriale. Quello che emerge è dunque una lettura che associa la morfologia degli abitati alla loro dimensione sociale, in modo da cogliere le ra-gioni funzionali originarie dell’abitare sul territorio. Da tale analisi si

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possono trarre interessanti informazioni in senso storico e evolutivo. Di sicuro, alla luce di quanto fin qui approfondito, si può compren-dere quanto le fasi di sviluppo contemporanee abbiano contribui-to all’occultamencontribui-to e alla trasformazione degli insediamenti scontribui-torici non solo a livello tipologico, quanto soprattutto in termini funziona-li. Ribadiamo in sostanza, anche sotto questo profilo, che la questio-ne centrale questio-nelle trasformazioni di questo territorio è di carattere funzionale: la perdita di ruolo e di funzione per la campagna della Valfreddana ha chiaramente interessato l’intero sistema territoriale, producendo conseguenze più vistose nei riguardi degli spazi aperti, ma coinvolgendo notevolmente anche gli aspetti insediativi.

E proprio di questo ci occupiamo in conclusione di questo capito-lo, secondo la volontà iniziale di approfondire gli aspetti costitutivi di quel paesaggio definito da Pizziolo e da Conzen come somma-toria complessa di elementi interagenti. In questo caso dal punto di vista metodologico, il nostro obiettivo era quello di indagare con precisione, al di là di marcatori statistici, i processi in atto nella so-cietà locale e negli spazi dell’uomo, per il nostro studio i paesi. Anche in questo ambito si deve constatare l’enorme difficoltà o l’im-possibilità nell’acquisizione di dati sufficientemente precisi, utili a far emergere una realtà oggettiva e a caratterizzarla in termini quali-tativi e quantiquali-tativi. Come accaduto per l’uso del suolo non abbiamo un livello di dettaglio delle informazioni a disposizione già rilevate, che ci consenta di studiare il nostro territorio. Ancora una volta la condizione amministrativa della Valfreddana limita il campo di in-dagine. Per quanto possa sembrare incredibile, non riusciamo nem-meno a ricuperare i dati relativi ai censimenti della popolazione per le frazioni della nostra area di studio. Ciò è reso di fatto impossibile dalla modalità di individuazione delle sezioni di censimento, che a ogni anno di rilevazione, rappresentano la minima unità di disag-gregazione del dato. Nel caso delle aree rurali, la loro suddivisione in unità censuarie non segue unicamente criteri di prossimità fisica, ma tiene in considerazione anche questioni dimensionali in modo da rendere confrontabile il lavoro di ogni rilevatore in termini di perso-ne e abitazioni da censire. Ciò però fa si che all’interno della mede-sima sezione ricadano frequentemente più centri abitati, più frazio-ni o parti vicine di più fraziofrazio-ni diverse, e che i piccoli insediamenti sparsi sul territorio, componenti caratteristici di alcuni paesi anche nella nostra zona, vengano aggregati in un unico raggruppamento per comune chiamato case sparse. L’impossibilità di scendere oltre

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questo livello di dettaglio, rende impercorribile qualsiasi strada per la dissociazione di più piccola scala, che ci sarebbe utile come primo passo per l’acquisizione di un quadro conoscitivo di piccola scala.8

Su quest’ultimo aspetto di scala sarebbe molto rilevante riflettere. Come già notato infatti gli strumenti a disposizione dell’analisi ter-ritoriale non sembrano sufficientemente adeguati a descrivere e a consentire la formazione di un quadro conoscitivo utile alla pianifi-cazione per aree come queste. Aree caratterizzate cioè da bassa den-sità insediativa, da una condizione amministrativa che non segue i caratteri morfologici del territorio, e da dinamiche locali che non hanno mantenuto, riconvertito, sostituito o ristrutturato la voca-zione agricola originaria dei luoghi. Si impone quindi la necessità di affinare i mezzi di indagine in modo da renderli più adatti alla descrizione di questi contesti territoriali: a tale proposito sembrano particolarmente utili i frequenti passaggi di scala, che consentono, avvicinandoci, di conoscere con precisione aspetti e grandezze fon-damentali e permettono, allontanandoci, di apprezzare il complesso territoriale. Tale possibilità non ci serve soltanto per descrivere me-glio quel che riguarda lo studio morfologico degli elementi che com-pongono le varie dimensioni; piuttosto per risolvere il problema che caratterizza i nostri strumenti di analisi, incapaci di mettere a fuoco alcune dinamiche quantitativamente di piccola entità ma spesso molto rilevanti per i contesti che studiamo.

Ancora una volta quindi, la richiesta che giunge dal nostro contesto è l’elaborazione di strumenti specifici e più precisi per la ricognizione degli stati di fatto del territorio; strumenti e dispositivi anche maggiormente versatili, capaci di poter consentire elaborazioni di-verse secondo molteplici aspetti, ma che fin dall’inizio considerino la necessità di affrontare i processi che si propongono di descrive-re e misuradescrive-re con una scala adeguata ai contesti come questi.9

L’ impossibilità di utilizzare le indicazioni statistiche

provenien-8 Esiste anche un’altra difficoltà relativa alla modalità con cui viene e veniva effettua-to il censimeneffettua-to. Stante la necessità da parte dell’Istitueffettua-to Nazionale di Statistica di ela-borare criteri omogenei in tempi e modi della rilevazione su tutto il territorio, nel caso dell’ultimo censimento del 2011 per esempio, i dai rilevati all’epoca sono divenuti ufficia-li nel 2013, dopo le verifiche richieste dall’ISTAT su svariate situazioni di incongruen-za fra cittadini e famiglie. Tali verifiche sono state compiute dai Comuni appunto nel 2013, su una condizione diversa rispetto a quella originarimente misurata nel 2011. 9 Tale considerazione è valida sia per le operazioni censuarie, sia per quelle di analisi territoriale condotte a scale spesso inadeguate.

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ti dal Censimento della popolazione, complica non poco il nostro lavoro se consideriamo che in un attimo scompaiono tutti i dati strutturali relativi agli abitanti, alla loro condizione professionale, alle loro specializzazioni, al pendolarismo, al tasso di occupazione delle abitazioni e così via. Un limite enorme dunque, che abbiamo potuto aggirare soltanto attraverso le anagrafi comunali, che ci han-no fornito i dati che hanhan-no archiviato al termine di ogni anhan-no. Per quel che riguarda il sistema insediativo, occorre anche qui no-tare l’opportunità di approfondire l’argomento interessandoci sia di un dato di carattere quantitativo, sia di un aspetto qualitativo. L’ultima delle due questioni è documentata nella cartografia di pia-no, che tuttavia si limita a indagare i caratteri storici dei fabbrica-ti e dei nuclei abitafabbrica-ti, senza spingersi a una lettura fabbrica-tipologica o a comprendere maggiormente il legame strutturale fra di essi e gli spazi esterni. Sugli aspetti quantitativi, strettamente legati anche al grado di utilizzazione dei fabbricati, vi sono però le medesime in-certezze che si sono riscontrate dal fatto di non poter considerare attendibili i dati dei censimenti. A questo scopo abbiamo costruito un altro indicatore che considera le prime case presenti nell’area di studio; tale dato è stato ottenuto facendo un’ estrazione dai siste-mi gestionali degli uffici tributi dei comuni dell’area. Per ogni foglio catastale si sono richiamate le abitazioni principali, regime fiscale che non prevede l’imposizione per cui non è prevista l’IMU.10

5.3 Percezione e conoscenza

Ci troviamo di fronte a un apparato conoscitivo molto parziale che non consente di valutare appieno le caratteristiche del territorio. Tale condizione, come abbiamo visto, è il risultato di un’inadegua-tezza degli strumenti di indagine a disposizione, che non misurano o interpretano con precisioni realtà come queste. Si realizza anche in chiave territoriale, quello che Mauro Volpiano aveva intuito per i centri storici, e che abbiamo riportato già nel paragrafo 3.6 di

que-10 Fino a qualche decennio fa l’effettiva occupazione delle abitazioni veniva elaborata at-traverso una serie di indicatori ritenuti di alta attendibilità, che comparivano proprio in molti studi territoriali su aree rurali con la duplice funzione di essere sia rilevatori d’uso, sia misuratori dell’ “xammodernamento domestico”. Si trattava in particolare del nume-ro di utenze telefoniche domestiche collegate, o anche del numenume-ro di apparecchi televi-sivi. Le attuali condizioni tecnologiche e di mercato associate alle mutate abitudini so-ciali e individuali, rendono di fatto impraticabili e prive di significato tali elaborazioni.

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Tabella 1: Rapporto fra la popolazione residente nell’area di studio e il pa-trimonio edilizio esistente

Patrimonio edilizio e popolazione in Valfreddana

CAMAIORE MASSAROSA PESCAGLIA LUCCA Popolazione Residente 1198 809 1964 585 Abitazioni Principali 434 / 699 429 Abitazio locale con regolare contratto 10 / / 15 Abitazione locata a canone concordato / / / 18 Abitazione concessa in comodato / / / 5 Altri fabbricati 980 / 2190 788

Fonte: Servizi demografici e uffici tributi dei comuni di Camaiore, Massarosa, Pescaglia e

Lucca.

Precisazione: attraverso questa elaborazione ci si proponeva di ottenere un indica-tore di misura del livello di occupazione dei fabbricati e della consistenza del patri-monio edilizio nella zona. I risultati del Comune di Massarosa non sono stati forni-ti per problemi di aggiornamento dei sistemi informaforni-tici e delle aliquote fiscali alle

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sto lavoro. Molti dei processi di pianificazione sui luoghi minori si basano su conoscenze labili e poco approfondite; in questo senso dunque, il quadro conoscitivo assume un ruolo accessorio di fasci-nazione se non di legittimazione ex-post di certi interventi.11

Ribadiamo dunque un’ esigenza urgente di lavorare alla messa a punto di un sistema di indagine e conoscenza del territorio a bassa densità insediativa, al fine di poter costituire quadri conoscitivi più esaustivi. Tale richiesta, che necessariamente mobilita energie e in-vestimenti potrebbe rappresentare un’evoluzione della pratica del-la zonizzazione, non più redel-lativa alle destinazioni, quanto piuttosto alla conoscenza. Ci limitiamo qui a proporre il bisogno e le possibili-tà di uno zooning conoscitivo, in cui le varie zone non sono compar-timenti stagni di funzioni associate a un certo luogo; sono piuttosto contesti e territori che pur nella loro varietà manifestano caratteri simili prevalenti in termini di macrofenomeni e di percezione. Una tesi di questo tipo non interroga più solo le difficoltà stru-mentali delle indagini e delle elaborazioni urbanistiche; ne chia-ma in causa il suo stesso oggetto e ci richiede una precisazione. Le modalità con cui l’urbanistica indaga sono quelle considera-te proprie dell’oggetto del suo inconsidera-teresse, vale a dire del considera-territorio. Esso infatti è la cosa su cui lavora questa disciplina e proprio l’a-zione urbanistica costituisce una parte fondamentale dell’al’a-zione di governo territoriale. Ma poiché il territorio è un elemento dell’am-biente di vita di una società, ciò significa che l’amdell’am-biente è il con-testo di ricaduta del governo (urbanistico) territoriale. Ecco allora la responsabilità e la necessità di vedere e monitorare l’ambiente della popolazione più che il suo territorio e di formulare e perse-guire gli obiettivi di piano in funzione di effetti ambientali. Dun-que l’accezione sociale del termine ambiente ci ricorda che il senso dell’urbanistica non si esaurisce né entro i confini di doveri ammi-nistrativi né in esercizi disciplinari con scarsi riflessi esterni, e che le esigenze umane che la interrogano vanno ben al di là di quanto indicato nelle leggi e nelle elaborazioni di governo del territorio.12

Questa considerazione chiarisce bene il motivo per il quale abbia-mo ritenuto opportuno proporre come ulteriore abbia-modalità di

poten-11 Volpiano M., Il progetto di conoscenza tra città territorio e paesaggio: alcune

prospet-tive di ricerca, in Paesaggi e città storica: teorie e politiche del progetto, a cura di Fabrizio

Toppetti, Associazione Nazionale Centri Storico Artistici, Alinea editrice srl, Città di Castel-lo, 2011., pp. 196 -198.

12 Caniglia Rispoli C., Il territorio e l’ambiente, in Paesaggio urbano-dossier di cultura e

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ziamento del quadro conoscitivo; un questionario sulla percezione della qualità della vita del nostro territorio. In assenza di elementi qualitativi e quantitativi risultanti dalle analisi generali e tradizio-nali, data la mancanza delle condizioni realizzative per la costru-zione di indicatori alternativi più precisi, il questionario, che sarà oggetto del prossimo capitolo, ha l’obiettivo dichiarato di estendere il proprio raggio di influenza a tutta l’area di studio indipenden-temente dalla sua appartenenza amministrativa, selezionando un campione ragionato di intervistati per frazione caratterizzato per differenti età, sesso, condizione professionale, titolo di studio, anni di residenza sul territorio. Questo sondaggio non si pone come una forma conoscitiva alternativa; caso mai integrativa rispetto a ana-lisi e a indagini che necessitano, come abbiamo visto, di strumenti di maggiore accuratezza. A tale scopo si ribadisce la natura di que-sto problema conoscitivo che non è di ordine concettuale, (essendo validi i presupposti che consentono la formulazione di considera-zioni a partire dai metodi tradizionali di indagine) ma di adegua-tezza di scala e di strumenti e di precisione dell’informazione.

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