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L’AUTONOMIA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE NEL QUADRO DELLE NUOVE DISPOSIZIONI CANONICHE

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NEL QUADRO DELLE NUOVE DISPOSIZIONI CANONICHE

G r a z ia L o p a r c o *

Introduzione

L’autonom ia giuridica delle Figlie di M aria A usiliatrice (FM A) fu san­

cita nel 1906, al culm ine di u n processo avviato p er disposizione della Santa Sede. L’aggregazione d ell’Istituto alla Società salesiana, p u r ritenuta anom ala dal punto di vista norm ativo, no n era stata fino ad allora apertam ente censu­

rata, m a nel 1900 la costituzione apostolica C o n d ita e a C h r is to 1, con l ’inte­

grazione delle N o r m a e 2 applicative del 1901, aveva m esso u n punto ferm o p e r il riconoscim ento delle congregazion i relig io se e, com e corollario, sul tem a della dipendenza di un istituto fem m inile da uno m aschile3. Subito dopo l ’attenzione della Santa Sede cadde sulle FM A , così le ingiunzioni successive provocarono la m odifica degli equilibri originari tra i due istituti, m entre don R ua indicava le F M A al p ubblico del “B ollettino S alesiano” com e “l ’altro ram o d ell’albero salesiano”4.

L’atto di autorità della Santa Sede nei confronti delle FM A che no n ave­

vano chiesto nulla, nonostante i toni, non aveva u na connotazione punitiva, piuttosto rientrava nel disciplinam ento ecclesiale d ell’inizio del X X secolo, tra la fine del pontificato di Leone X III e l ’inizio di quello di Pio X, segnato dalla reazione al m odernism o e a ogni m ossa che avesse pur solo parvenza di insu­

* * Figlia di Maria Ausiliatrice, Pontificia Facoltà Scienze dell’Educazione “Auxilium” - Roma

1 Cf L e o XIII, Constitutio apostolica Conditae a Christo, 8 dicembre 1900, in ASS 33 (1900-1901) 341-347.

2 Cf S a c r a C o n g r e g a t i o E p i s c o p o r u m e t R e g u l a r i u m , Normae secundum quas, 28 giugno 1901, in Ladislao R a v a s i , De regulis et constitutionibus religiosorum. Roma - Tournai - Paris, Desclée 1958, pp. 188-226.

3 Sul tema della dipendenza delle religiose in generale, che include il periodo in esame, cf lo studio accurato di Aldo Cooper Tardini, La sujeccion de Congregaciones de religiosas a las religiones de hombres en el Derecho canonico (can. 500,§ 3). Tesi presso la Facoltà Utriu- sque iuris, Pontificia Università Lateranense, moderatore Anastasio Gutiérrez. Roma 1960.

4 BS XXIII (gennaio 1899) 6, pubblicato in Francesco M otto, [Michele Rua]: Circolari alle Cooperatrici e Cooperatori salesiani pubblicate nel ‘‘BS ”, in RSS 28 (2009) 95.

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bordinazione. Purtroppo l ’ordine di norm alizzare la situazione salesiana incro­

ciava un clim a poco sereno soprattutto nei confronti delle istituzioni religiose educative, sia in Italia che in diversi paesi in cui erano presenti i Salesiani. La svolta “strutturale” produsse u na crisi di crescita in u n ’istituzione in espan­

sione che portava ancora l ’im pronta originaria, con 1825 professe nel 1901. A tre n t’anni dalla fondazione, le F M A erano in 197 case di sedici paesi e quattro continenti5. D on M ichele R ua ebbe m olta parte insiem e alla superiora gene­

rale C aterina D aghero nel guidare u n processo delicato e alquanto insidioso.

A conclusione di una ricerca condotta sul filo di tenui tracce storiogra­

fiche6, volta a com prendere le origini e gli sviluppi della separazione giuridica da diverse angolature, se ne tenta ora una panoram ica sintetica che, m uovendo dalla norm ativa e tenendo presente il contesto ecclesiale, politico e sociale in cui essa ricadeva, illum ini le ragioni delle preoccupazioni dei responsabili.

In questo contributo si eviterà di analizzare puntualm ente la cronologia degli eventi già ricostruiti, sia tra le FM A , sia tra i Salesiani che nelle C on­

gregazioni della Santa Sede7. Invece, dopo aver ricordato il panoram a delle congregazioni religiose di vita attiva e i contenuti delle N o r m a e che interessa­

vano da vicino anche le FM A , si richiam eranno gli antecedenti norm ativi e gli sviluppi istituzionali che confluivano nella situazione d ell’istituto fino al 1901 in relazione ai Salesiani, p er poi ripercorrere rapidam ente le tappe signi­

ficative del processo della sua autonom ia, attraverso le reazioni dei diversi at­

tori, in particolare di don Rua.

D opo la consegna delle nuove C ostituzioni nel 1906, si considereranno i cam biam enti, con esiti positivi e aspetti insoluti ancora presenti al m om ento

5 Le comunità delle FMA erano distribuite in cinque paesi europei: Italia (1872), Francia (1877), Spagna (1886), Belgio (1891), Svizzera (1898); otto di America latina: Uruguay, Ar­

gentina, Cile, Perù, Brasile, Messico, Colombia, Paraguay; Medio Oriente: Palestina (1891);

due in Africa: Algeria (1893), Tunisia (1895).

6 L’argomento dell’autonomia e conseguente separazione giuridica era stato trattato nel capitolo Autonomia dell’istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, in Eugenio Ceria, Annali della Società Salesiana. Vol. III. Il rettorato di don Michele Rua. Roma, Ed. SDB, ristampa [I ed. 1945], pp. 605-629 e Giselda Capetti, Il cammino dell’Istituto nel corso di un secolo. Vol.

II. Da don Rua successore di don Bosco al nuovo ordinamento giuridico d ell’istituto 1888­

1907. Roma, Istituto FMA 1973, pp. 202-231; in particolare p. 206.

7 Cf gli studi della fonte, pubblicati da chi scrive: Verso l ’autonomia giuridica delle Fi­

glie di Maria Ausiliatrice dai Salesiani. “Relatio et votum ” di G. M. van Rossum p er il S. Uf­

fizio (1902), in RSS 28 (2009) 179-210; Figlie di Maria Ausiliatrice e Santa Sede. Inediti sugli antecedenti della separazione giuridica dai Salesiani (1901-1904), in “Rivista di Scienze del­

l’Educazione” 40 (2002) 243-256. Per una ricognizione più ampia sull’argomento si veda, della stessa autrice, Le Figlie di Maria Ausiliatrice nella società italiana (1900-1922). Percorsi e problemi di ricerca. (= Il prisma, 24). Roma, LAS 2002, pp. 110-140.

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della scom parsa di don R ua nel 1910. In altri term ini, si vuol delineare come un a norm alizzazione giuridica com une avesse effetti specifici su u n Istituto educativo fem m inile che operava a stretto contatto con le istituzioni civili.

G ià nel 1900 si era ottenuto il pareggiam ento della scuola N orm ale di N izza M onferrato p er la form azione delle m aestre; intorno al 1906, la M inerva, cioè il M inistero della Pubblica Istruzione a Rom a, era dom inata dalla m assoneria;

le C am ere del lavoro effettuavano severe inchieste neg li stabilim enti ind u­

striali e nei convitti p er operaie gestiti da religiose, m entre nelle città indu­

striali com e Torino m ontavano im portanti scioperi; la rivista “C ritica sociale”

di R om olo M urri svolgeva u na ricerca sul lavoro fem m inile, la “C iviltà C at­

tolica” proponeva u n rom anzo a puntate su L a d o n n a n u o v a , criticando il m o ­ dello fem m inista. D on R ua qu ell’anno passò circa quattro m esi in viaggio, v i­

sitando le case salesiane, m aschili e fem m inili, di diversi paesi europei8.

1. La situazione delle Congregazioni religiose fem m inili e le direttive della Santa Sede

L’Istituto delle FM A, fondato nel 1872, era parte della fioritura di reli­

giose al tem po della secolarizzazione in E urop a9. C on la form azione degli Stati liberali era em ersa una m aggiore soggettività fem m inile n ella Chiesa, sia da parte di religiose che di laiche. Tra fine secolo e inizi N ovecento si diffu­

sero nelle parrocchie alcune associazioni, altre si organizzarono a scopi cari­

tativi e filantropici, fino a prom uovere proposte p er le casalinghe, le im pie­

gate e le operaie, nel tem po libero dal lavoro, che iniziava a p rofilarsi nei contesti urbani. G ruppi legati alla m assoneria, al fem m inism o o anche al so­

cialism o facevano concorrenza alle iniziative delle religiose e le stim olavano a un a m aggiore creatività. Le nuove leggi scolastiche le costrinsero a qualifi­

carsi professionalm ente p er acquisire i titoli richiesti p er l ’apertura di scuole e operare nel rispetto della legislazione che non prevedeva più gli antichi privi­

legi p er gli ecclesiastici. D i fatto le m aggiori esigenze produssero u n v an ­ taggio sia p er le educatrici che p e r le allieve. In più, a differenza dei m o na­

8 Cf Maria Virginia Colombo, I viaggi di don Rua, in Grazia Loparco- Stanislaw Zim- niak(a cura di), Don Michele Rua primo successore di don Bosco. Tratti di personalità, go­

verno e opere (1888-1910). Atti del 5° Convegno Internazionale di Storia dell’Opera Salesiana Torino, 28 ottobre - 1° novembre 2009. (= ACSSA - Studi, 4). Roma, LAS 2010, pp. 453-484.

9 Cf Eutimio Sastre Santos, La vita religiosa nella storia della Chiesa e della società.

Milano, Ancora 1997.

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steri, le opere di assistenza attivate dalle religiose costituivano u n evidente profitto econom ico p e r la società; nonostante le critiche, esse erano tollerate com e servizio vicario delle insufficienti strutture statali.

L a Santa Sede e i vescovi avevano p e r lo più appoggiato l ’apostolato at­

tivo delle donne consacrate, cogliendone le potenzialità p er l ’educazione cri­

stiana nelle fam iglie e p e r contenere l ’allontanam ento m aschile dalla pratica religiosa. Le suore lavoravano, penetravano nelle fam iglie con la “predica”

della carità operosa che m anifestava il volto m aterno e sollecito della Chiesa.

Secondo alcuni studiosi era peraltro una nuova alleanza tra p erd enti10, segnata dalla “fem m inilizzazione” del cristianesim o 11.

P ur essendo un contingente prezioso, la posizione canonica delle re li­

giose di voti sem plici era ancora incerta, poiché esse non rientravano tra le re ­ ligiose in senso stretto p er la m ancanza di clausura e di voti so lenni12. N el corso d ell’Ottocento, tuttavia, varie fondatrici avevano insistito e ottenuto il ri­

conoscim ento della figura della superiora generale13, insiem e ad altri elem enti stru ttu rali fra cui il rap p o rto con i v esco v i, re g o la to co n il M e t h o d u s nel 185414. Quando sorsero le FM A le grandi battaglie delle fondatrici erano ormai alle spalle. I cam pi di apostolato fem m inile si erano estesi secondo le neces­

sità, sia in am bito educativo, in cui cresceva la dom anda di istruzione, che per l ’assistenza, nella prospettiva di educare m ente e cuore insiem e, a partire dalla salute fisica. D a m età Ottocento le religiose si erano recate in m issione, m entre n e ll’E uropa liberale alcune fondatrici avrebbero voluto fare a m eno d ell’abito religioso e chiedevano il riconoscim ento di m em bri anche esterni alla com u­

nità religiosa. La risposta fu negativa. Spesso, inoltre, negli istituti di voti sem ­

10 Sulle relazioni tra donne, modernità, Chiesa; potere, poveri e Chiesa nell’Ottocento hanno scritto Paola Gaiotti, Lucetta Scaraffia, Marina Caffiero, Stefania Bartoloni, Susanna Garroni e altri. L’idea che le religiose abbiano costituito un’entratura strategica e conservatrice della gerarchia nella secolarizzazione, in taluni casi evolve fino a riconoscere una convergenza insospettata tra forze diverse emergenti nel Paese intorno ad alcuni interessi incentrati sulla persona e sulle donne in particolare. Il dibattito storiografico è aperto con segnali promettenti di confronto.

11 Cf Claude Langlois, Le christianisme au féminin. Les congrégations frangaises à supérieure générale au XIXe siècle. Paris, Cerf 1984.

121 voti dei consultori Claudio Benedetti e Angelo Lolli, nel luglio 1899 e marzo 1900, costituirono la premessa della decisione successiva. Per un approfondimento, cf le annotazioni in G. Loparco, Le Figlie di Maria Ausiliatrice..., pp. 46-51.

13 Cf Eutimio Sastre Santos, L ’emancipazione della donna nei “novelli istituti”: la creazione della superiora generale, il Methodus 1854. Roma, Ediurcla 2006.

14Methodus, in Collectanea in usum Secretariae Sacrae Congregationis Episcoporum et Regularium cura A. Bizzarri Archiepiscopi Philippensis Secretarii edita. Romae, Ex Tipo- graphia Rev. Camerae Apostolicae 1863, pp. 828-829.

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plici no n furono previsti i voti perpetui, in considerazione dei rischi connessi all’apostolato, alla presunta instabilità e vulnerabilità femm inile.

D opo un secolo di esperienze scaturite dalla tem perie della Rivoluzione francese, la Santa Sede si decise a riordinare la struttura, l ’am m inistrazione, l ’attività degli istituti religiosi, favorendo la centralizzazione e il controllo, in m odo da correggere, tra l ’altro, la dispersione in cam pi di apostolato talora troppo disparati. In particolare, nella prim avera 1898 la S. C ongregazione dei vescovi e regolari (VV. RR.) aveva discusso d ell’eventuale freno da porre alla m oltiplicazione degli istituti di voti semplici. C on l ’autorizzazione del papa si era trovato conveniente studiare le relazioni giuridiche dei nuovi istituti, spe­

cialm ente fem m inili, con gli ordinari, allo scopo di pervenire a una costitu­

zione. Furono incaricati com e consultori prim a Claudio B enedetti e poi Angelo L olli15, che presentarono una riflessione, m a non pare che fossero interessati ad ascoltare anche l ’esperienza delle religiose. U no dopo l ’altro espressero i loro voti. Il secondo, richiesto dopo il dibattito del prim o, era datato 5 n o ­ vem bre 1900; più sintetico, fu sottoposto dal card. ponente A ndrea Steinhuber (1824-1907) al giudizio dei cardinali. L’interesse era prettam ente giuridico16.

Seguirono la C o n d ita e a C h r is to e le N o r m a e s e c u n d u m q u a s applicative, con cui la S. C ongregazione dei VV. RR. regolava l ’approvazione degli istituti, l ’apostolato, i titoli, le caratteristiche delle Costituzioni. Sfoltite di ogni prolis­

sità e riferim ento alla spiritualità specifica d ell’istituto, dovevano attenersi a u n carattere p u ram en te g iu rid ico e a uno schem a b en definito. Vari p u nti avrebbero richiesto notevoli m odifiche anche alle C ostituzioni delle F M A 17.

15 Entrambi ebbero a che fare con il caso dell’autonomia delle FMA.

16 Cf il Voto a stampa di Claudio Benedetti, Roma, 29 luglio 1899, e di Angelo Lolli, Roma, S. Pietro in Vincoli, 5 novembre 1900 riportato nel testo del card. ponente A. Steinhuber, in Archivio della Congregazione degli Istituti di vita consacrata e società di vita apostolica (ACIVCSVA), N. 13135/14. Il volume raccoglie i documenti delle Congregazioni generali.

17 Tra i requisiti di ammissione si prevedeva un’età compresa tra i 15 e i 30 anni. A diffe­

renza del primo anno di noviziato, l’unico prescritto, nel secondo le novizie avrebbero potuto at­

tendere moderatamente agli studi o alle altre opere dell’istituto, ma sempre nel noviziato “a meno che gravi motivi suggeriscano diversamente”. Normae, art. 74. La prassi salesiana da sempre aveva avuto motivi per mandare le novizie a completare il personale delle comunità o gli studi. A salvaguardia della libertà di coscienza delle novizie, prima della professione, sarebbero state in­

terrogate dal vescovo o da un suo rappresentante, similmente a quanto era stato sancito per le mo­

nache, dopo il Concilio di Trento. Normae, art. 80. Dopo un periodo definito di voti temporanei le professe avrebbero dovuto emettere i voti perpetui, da cui la Santa Sede avrebbe potuto dispen­

sare (art. 105, 112); per il voto di povertà le professe perpetue avrebbero potuto spogliarsi del do­

minio radicale dei propri beni solo dietro licenza della Sede apostolica (art. 119-121). Inoltre le Normae orientavano a un’unica categoria di religiose, pur ammettendone una seconda. A tutela delle professe, si davano disposizioni per le ammalate fino al decesso, e per le dimissioni, che non potevano essere causate da motivi di salute, specialmente per le perpetue (art. 199).

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D opo aver prescritto: “N o n si approveranno d ’ora in poi Istituti di Suore dipendenti da consim ili Istituti m aschili di voti sem plici; né Istituti m aschili che si siano aggregati Istituti di Suore e li dirigano” 18, le N o r m a e ribadivano che “nessun Istituto di voti sem plici si può aggregare u n altro Istituto simile di suore, che da esso dipenda o sia diretto” 19.

Tra altri aspetti, si reg o lava la p ratica p er la confessione, d ’accordo con i v escov i e nel rispetto della libertà. P er la com unione n on era scontata la frequenza quotidiana20, com unque il confessore, e n on la superiora, avrebbe potuto decidere p er le singole relig io se21. A tutela della riservatezza n o n era ap p ro v ato che n e lle C o stitu z io n i si a m m ettessero p ro fe s s o ri u o m in i p er suore e alunne22; l ’abitazione del cappellano o del confessore doveva avere in g resso separato, senza co m u n ica zio n e23. L’artico lo 202 co lp iv a d ire tta ­ m ente le FM A : “N o n si am m ette che un superiore generale sia deputato su un intero Istituto approvato o da approvarsi dalla Sede A po stolica ed esteso in più diocesi; a m eno che in p recedenza n o n siano state fatte espressam ente dalla Sede A postolica concessioni partico lari” . L’articolo rap presen tava un punto d ’arrivo. D ifatti nel prim o O ttocento si era diffusa la figura del su­

periore religioso interno a u n istituto fem m inile, p e r la scarsa fiducia nelle relig io se, m a n ella seconda m età del secolo perse riliev o e la Santa Sede in terv en n e p e r so p p rim erla o rid im en sio n arla24. L’au to rità d ella superio ra generale (che com unque restava donna...) era contem perata, lim itata e sup­

p ortata dal C onsiglio, che aveva suffragio decisivo “neg li affari di m aggiore im portanza”25. L ’apostolato doveva essere m eglio circoscritto e attenersi ad

18 Normae, art. 17.

19 Normae, art. 52.

20 Si prevedevano dei giorni in cui le suore si accostassero insieme alla comunione, “ma con moderazione”. Normae, art. 150.

21 Normae, art. 152. Erano raccomandate con misura le penitenze corporali e le mortifi­

cazioni (art. 164-169), come pure alcuni ambienti di clausura (art. 170-172).

22 Normae, art. 173. Nelle uscite le religiose sarebbero state accompagnate, come anche in parlatorio, eccetto che per parlare con i parenti stretti (art. 174-176).

23 Normae, art. 178. Le porte delle case religiose dovevano essere chiuse all’imbrunire e le chiavi consegnate alla superiora, la corrispondenza da lei controllata, eccetto quella con i su­

periori (art. 179-180).

24 Cf Giancarlo Rocca, Donne religiose. Contributo a una storia della condizione fem ­ minile in Italia nei secoli XIX-XX. Roma, Ed. Paoline 1992, pp. 166-167; AA.VV., Superiore ecclesiastico di istituti femminili, in Guerrino Pelliccia- Giancarlo Rocca(a cura di), Dizio­

nario degli Istituti di Perfezione (DIP) IX. Roma, Ed. Paoline 1997, col. 713-737, in partico­

lare G. Rocca, La dipendenza di un istituto religioso femminile dal Superiore generale di un istituto maschile, col. 735-737.

25 Normae, art. 271.

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alcune lim itazioni26, evitando quello che fosse disdicevole alle vergini con- sacrate27.

L’im m agine di v ita religiosa fem m inile perm essa dalle N o r m a e conserva nelle strutture una m atrice di separazione e tutela, con l ’archetipo della vita m onastica no n solo n ella salvaguardia di alcuni valori, m a anche in talune forme, che restringevano gli spazi di apertura verso le esigenze di u na società in cam biam ento. R ispetto all’Italia, in alcuni Paesi com e la Francia e la G er­

m an ia si erano concesse alle religio se m ag g io ri lib ertà n e ll’apostolato. La S anta S ede stav a dando, in so m m a, p ie n a c ittad in an za alle re lig io se n elle strutture della consacrazione, m a con precisi vincoli, p e r certi versi appro­

priati in vista del consolidam ento, p er altri versi restrittivi rispetto ai cam bi culturali che interpellavano le opere delle congregazioni. D i certo, si atten­

deva u n disciplinam ento rispetto alla varietà esistente.

N o n era un m istero a R om a che diversi istituti fem m inili versavano in gravi difficoltà sia p er la specificazione di un proprio spirito e apostolato, sia nella gestione econom ica, sia nella stipulazione di convenzioni, sia n ella rela­

zione con le autorità e la legislazione. D opo l ’im pulso originario im presso da fondatori e fondatrici, il tem po del conso lid am ento era delicato. Le storie degli istituti, le relazioni triennali inviate alla Santa Sede, m a anche le rela­

zioni stese da autorità civili inviate p er le ispezioni, ne danno conto28. In g e­

nere, fino agli inizi del N ovecento le superiore n on avevano u na grande cul­

tura, né una approfondita conoscenza delle leggi canoniche e civili. Le ecce­

zioni legate alla prov en ien za sociale, com e R osa G attorno, ancor p rim a la m archesa M addalena di C anossa, G iulia B arolo, Teresa E ustochio Verzeri, conferm avano la regola.

P er questo C aterina D aghero era consapevole che le F M A erano “santa­

m ente invidiate” da m olte religiose, potendo contare sulla direzione spirituale e sull’aiuto dei Salesiani, generalm ente ben visti e abili consiglieri p er la stabi­

26Normae, art. 8.

27 Non si sarebbe data l’approvazione a congregazioni dedite all’assistenza dei malati a domicilio, uomini e donne, di giorno e di notte, o in ospedali, alberghi e ospizi per ospiti di en­

trambi i sessi o sacerdoti. (Cf Normae, art. 13-14). Le religiose non potevano dedicarsi a ge­

stire seminari, altre case per ecclesiastici o collegi maschili (art. 14); neppure al servizio quoti­

diano nelle famiglie dei poveri e degli operai (art. 13). Erano disapprovate le classi miste, l’in­

segnamento nelle classi per giovanotti (art. 14), ma anche la cura di piccoli negli asili nido, delle partorienti e puerpere (art. 15).

28 Cf la documentazione pubblicata da chi scrive, L ’attività educativa delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Italia attraverso le ispezioni governative (1884-1902), in RSS 40 (2002) 49-106.

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lità delle opere29. N ei loro confronti, le FM A operavano p er lo più nello spirito vigente di subordinazione e ossequio, in continuità con l ’educazione familiare e parrocchiale. In alcuni casi, tuttavia, sarebbe em ersa anche l ’autodeterm ina­

zione nelle scelte, con la presa di distanza da posizioni non condivise30.

A gli occhi della Santa Sede le F M A rientrarono tra le congregazioni da esam inare da vicino. Esse erano num erose, lavoravano in u n am pio raggio in­

ternazionale e non passavano inosservate. Il loro caso, sebbene particolare, no n era isolato, difatti altri istituti pervennero allo stesso esito della separa­

zione dal ram o m aschile, cosa che talvolta rispon dev a a u n desiderio delle religiose, altre volte fu tem uto p er diversi m otivi31.

Q uando furono richieste le C ostituzioni delle FM A a don Rua, nel 1901, la loro posizione rispetto alla Società salesiana rispecchiava le C ostituzioni originarie e la prassi che si era evoluta in tre n t’anni p er rispondere alle esi­

genze di increm ento ed espansione delle case.

29 Contemporaneamente, si può aggiungere, avevano in comune, fino a quel tempo, anche una certa approssimazione nelle strutture e nei contenuti della formazione religiosa, dal momento che i Salesiani erano molto spesso confessori, predicatori, consiglieri autorevoli.

30 All’inizio del Novecento alcune personalità seppero prendere decisioni autonome e di­

verse rispetto ai superiori locali, come la visitatrice Amalia Meana in Francia di fronte alle leggi anticongregazioniste.

31 Negli stessi anni furono separate, ad esempio, le Figlie di S. Maria della Provvidenza (Guanelliane), le Serve dei Poveri del Cusmano (Bocconiste). Cf Michela Carrozzino, La de­

siderata approvazione. Roma, Nuove Frontiere 2008, p. 60; Alejandro Dieguez(a cura di), Fi­

glie di S. Maria della Provvidenza e Servi della Carità nei vent’anni successivi alla morte del fondatore. Roma, Nuove Frontiere Editrice 2003; alle Serve di Maria di Galeazza fu negata la possibilità di dipendere dal priore generale dei Servi di Maria: cf Maria Teresa Lucchetta, La spiritualità mariana nella famiglia religiosa delle Serve di Maria di Galeazza. Evoluzione sto­

rica dal fondatore il Beato Ferdinando Maria Baccilieri (1821-1893) fino agli inizi del Terzo Millennio. Roma, Edizioni “Marianum” 2009, pp. 146-153. Sul contesto più generale, cf G.

R o c c a , Donne religiose...

32 La consegna data alla superiora delle Suore di S. Anna, a cui si era rivolto per una prima stesura delle Costituzioni per le FMA, era di aggiungere e togliere rispetto alla regola sa­

lesiana maschile, ma alla luce di uno scopo chiaro: “Fondare un Istituto le cui figlie in faccia alla Chiesa siano vere religiose, ma in faccia alla civile società siano altrettanto libere citta­

dine”. Lettera di don Bosco a madre Enrichetta Dominici, Torino, 24 aprile 1871, edita in Piera Cavaglià- Anna Costa(a cura di), Orme di vita tracce di futuro. Fonti e testimonianze sulla prima comunità delle Figlie di Maria Ausiliatrice (1870-1881). (= Orizzonti, 8). Roma, LAS

1996, doc. 3, p. 24.

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2. La situazione vigente delle FMA: l ’aggregazione alla Società salesiana

D o n B osco av ev a v o lu to le F M A com e re lig io s e di v o ti se m p lic i32,

“aggregate” alla Società salesiana33. Erano sorte n e ll’Italia liberale già dopo le leggi di soppressione degli ordini religiosi del 1866. P. B raido ripercorre l ’intervento di don B osco e di altri Salesiani nelle tappe iniziali d ell’istituto delle FM A sia sotto il profilo norm ativo, che per le fondazioni, l ’espansione m issionaria, l ’interessam ento dei vescovi34. Egli, vagliando le fonti, asserisce che “il forte legam e operativo con don Bosco e con la C ongregazione sale­

siana, non solo giuridico o testuale, sem bra essersi rivelato determ inante p er la prim a storia e i rapidi sviluppi”35. Le FM A del tem po avrebbero sottoscritto.

D on R ua era sin d all’inizio partecipe delle decisioni, m entre il Capitolo generale dei Salesiani del 1877 fu u n ’occasione per

“confermare ufficialmente nei Salesiani la coscienza della novità salesiana della Congregazione femminile che con la loro Società aveva in comune il Fondatore, le finalità, i metodi e lo spirito, con il conseguente impegno di favorire lo stabi­

lirsi di corretti e proficui rapporti tra l’una e l’altra”36.

P roprio l ’id en tità di obiettivi e l ’in ten sità delle collab orazion i ric h ie ­ deva precauzioni sia p er tutelare reciprocam ente gli interessati, sia p e r evi­

tare calunnie37. Il fondatore intendeva superare l ’im m agin e della sem plice fu nzio n alità delle F M A p e r l ’andam ento dom estico dei collegi m asch ili38,

33 Cf Giovanni Bosco, Costituzioni p e r l ’Istituto delle Figlie di M aria Ausiliatrice (1872-1885). Testi critici a cura di Cecilia Romero FMA. (= ISS - Fonti, Serie prima, 2).

Roma, LAS 1983. Costituzioni [1885], tit. II, art. 1-2-3-4-6. Sull’argomento si veda, oltre la bi­

bliografia nota, lo studio: I riverberi del modello religioso donboschiano su ll’istituto delle Fi­

glie di Maria Ausiliatrice. Spunti di indagine, presentato nel Seminario di studio nel 150° della fondazione della Società Salesiana, organizzato dall’Università Pontificia Salesiana - Centro Studi don Bosco, Roma, 21 febbraio 2009, in corso di stampa.

34 Cf Pietro Braido, Don Bosco prete dei giovani nel secolo delle libertà. II. (= ISS - Studi, 21). Roma, LAS 20093, pp. 117-129. L’autore valorizza le fonti e la bibliografia esi­

stente sull’argomento specifico, che pertanto qui non si ripete.

35Ibid., p. 117.

36 Cf ibid., p. 130. P. Braido ricostruisce la dinamica della discussione capitolare che aveva a che fare con le confessioni, i predicatori, le comunicazioni in genere e nelle case in cui si occupavano di cucina e guardaroba, ma soprattutto diede occasione a don Bosco di espri­

mere il suo parere sull’ampia missione educativa a cui era bene si preparassero le religiose, e anche per le missioni.

37 Cf ibid., p. 131.

38 L’impegno educativo era originario in Maria Mazzarello e nelle compagne, anteriore alla fondazione dell’Istituto, tuttavia dopo il collegio di Mornese, le prime fondazioni successive si erano collocate a fianco di un collegio maschile, pur unendo spesso l’impegno nell’oratorio.

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prospettando il loro com pito di dispensatrici del sa l terrae, vale a dire di re ­ ligiose dedite a ll’apostolato diretto u n a volta riservato ai sacerdoti e orm ai esteso anche alle donne. Q uel C apitolo, p er u n a strategia p artecipativ a del fondatore, ratificava le C ostituzioni delle FM A già approvate da alcuni v e­

scovi. B raido osserva acutam ente che con q u e ll’atto don B osco intendeva che l ’Istituto ricevesse u n riconoscim en to u fficiale da parte della C on gre­

gazione m aschile, e non solo di alcuni m em bri del governo centrale, p o n en ­ dosi così fianco a fianco “ con pari dignità di v ita religio sa e di azione apo- stolica”39.

E la legittim azione da R om a? Se fu il papa Pio IX in persona a suggerire a don B osco di fondare u n istituto fem m inile, e nel 1874 egli com unicava ai Salesiani che con l ’approvazione delle C ostituzioni m aschili era riuscito a far

“incastrare” anche l ’Istituto delle FM A , no nostante m oltissim i ostacoli40, è anche vero che già dalla prim a relazione triennale presentata alla Santa Sede nel 1879 erano pervenute alcune osservazioni di peso. Si notava che l ’Istituto era presentato com e “faciente parte d ell’istituto dei Salesiani”41, e una simile unione era stata sem pre proibita. N ella p rim a risp osta don B osco si b arca­

m enò, sottolineando la distinzione tra l ’autorità del superiore e la giu risdi­

zione dei vescovi, la parte tem porale e quella spirituale. In seconda battuta la S. C ongregazione ribadiva che l ’anorm alità andava corretta, n egava che si fosse parlato d e ll’istituto nel contesto d e ll’approvazione delle C ostituzioni m aschili, poiché m ai avrebbe approvato la dipendenza, specie nei tem pi re ­ centi. D unque don B osco voleva introdurre un a prassi riprovata dalla S. C on­

gregazione. N ella seconda risposta il fondatore specificava i lim iti d ell’inge­

renza dei Salesiani, solo spirituale, e citava il Som m ario della S. C ongrega­

zione in cui si parlava delle FM A:

“Come appendice e dipendentemente dalla Congregazione Salesiana è la Casa di M aria A u silia trice fondata con l ’approvazione dell’Autorità Ecclesiastica in Mornese Diocesi d’Acqui. Lo scopo si è di fare per le povere fanciulle quanto i Salesiani fanno pei ragazzi”42.

39 P. Braido, Don Bosco prete dei giovani..., II, p. 131.

40 Cf lettera di don Domenico Pestarino al nipote don Giuseppe, Torino, 17 aprile 1874, in P. Cavaglià- A. Costa(a cura di), Orme di vita..., doc. 38, pp. 113-114.

41 Tra altri rilievi critici, la S. Congregazione notificava che nell’esposizione non si defi­

niva con precisione il rapporto tra i due istituti e non si teneva presente che la S. Sede non am­

metteva servizi di suore in seminari e ospizi maschili. Cf P. Cavaglià- A. Costa(a cura di), Orme di vita..., doc. 114, pp. 299-310, in particolare 304, e P. Braido, Don Bosco prete dei giovani..., II, pp. 428-429; 465-469.

42 P. Cavaglià- A. Costa(a cura di), Orme di vita..., doc. 114.5, p. 309.

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E gli am m etteva che i cardinali “ fecero alcune dim ande sopra la natu ra e lo scopo di questa istituzione m ostrandosi soddisfatti delle m ie verbali dichia­

ra z io n i c o n c h iu se ro che sa reb b esi p o i tra tta ta la cosa p iù a c cu ra ta m en te quando v enissero presen tate le loro C ostituzion i p e r l ’o pp ortun a app ro v a­

zione della S. Sede”43.

In tale clim a di attesa si guardò bene dal chiedere l ’approvazione. C er­

cando poi u n m odello autorevole a cui riferirsi, nel 1885 don B osco chiese al superiore dei Preti della M issione di Torino, il sig. Stella, l ’indicazione della d ip e n d e n z a d elle F ig lie d ella ca rità dal su p erio re dei la z z a risti, v o len d o

“presso a po co ” la stessa p e r le F M A 44. In m odo oculato, non si era rivolto ai rosm iniani, di fondazione più recente e dunque essi stessi a rischio di sepa­

razione. In effetti, ad es. le A doratrici del P reziosissim o Sangue avevano ten ­ tato invano, proprio in quegli anni, di opporsi alla soppressione del superiore generale dei M issionari del P reziosissim o Sangue com e loro superiore in ­ terno45.

D i fatto l ’ag g reg azio n e dich iarata, d iv ersa da u n se c o n d ’o rdine, non com portava u n ’autorità giurisdizionale, m a una cura e com unanza spirituale46.

Invece, ancora secondo le C ostituzioni riviste da don B osco nel 1885, le FM A rim anevano “ sotto l ’im m ediata dipendenza del superiore generale della So­

cietà di S. Francesco di Sales, cui danno il nom e di Superiore m aggiore”47.

Q uell’anno la superiora generale, C aterina D aghero, aveva 29 anni, le FM A erano 308, distribuite in Italia, Francia, Uruguay, A rgentina. P er affrontare il m are aperto delle istituzioni educative, senza rischiare l ’affondo, sia al fonda­

tore che alle FM A doveva sem brare im pensabile u n ’altra soluzione. Tuttavia nel 1887 i Salesiani del consiglio generale discussero u n ’eventuale autonom ia delle FM A p er sem plificare il lavoro, m a alla fine, tem endo una divergenza nella direzione, posizioni indipendenti o riferim enti a persone indebite, con­

43Ibid., pp. 309-310.

44 Cf lettera di don Bosco al sig. Stella, Torino, 13 giugno 1885, in Eugenio Ceria, Epi­

stolario di S. Giovanni Bosco. Vol. IV. Torino, SEI 1959, pp. 325-326. Le Figlie della carità, tuttavia, non emettendo voti pubblici, non sarebbero rientrate formalmente tra le religiose, per cui dopo le Normae la somiglianza nella dipendenza non poteva essere richiamata come mo­

dello consolidato da una lunga prassi.

45 Cf Maria Paniccia, La spiritualità e l ’opera di Maria de Mattias. Le origini e gli svi­

luppi della Comunità di Acuto. Roma, [s.e.] 1983, pp. 415-437.

46 Cf le spiegazioni fornite da Cecilia Romero, in G. Bosco, Costituzioni, pp. 148-149; si veda inoltre la voce di Valentino Macca, Aggregazione, in DIP I, col. 150-151.

47 G. Bosco, Costituzioni p er l ’Istituto..., ms A, art. 1. L’espressione resta fino alle Costi­

tuzioni del 1885.

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ferm arono lo s ta tu s q u o 48. V icini alla scom parsa del fondatore, istituzionaliz­

zavano m aggiorm ente la prassi.

2.1. N e l r e tto r a to d i d o n R u a

Così era la situazione quando don R ua divenne R ettor m aggiore. Egli conosceva d all’inizio le FM A e com e braccio destro di don B osco aveva p ar­

tecipato anche alla correzione delle C ostituzioni, sicché era b en consapevole d ell’eredità ricevuta49. La superiora generale era stata rassicurata dal suo sin­

cero interesse p er lo sviluppo d ell’istituto e delle sue opere.

La dipendenza sancita dalle C ostituzioni era riferita al R ettor m aggiore, che delegava p er vari aspetti un suo rappresentante. Era la prassi originaria suf­

fragata da buoni esiti, p er la fiducia riposta dal fondatore nelle superiore e nei direttori generali incaricati: don D om enico Pestarino (1872-1874), già direttore spirituale delle F iglie di M aria Im m acolata di M ornese, G iovanni C agliero (1 8 7 4 -1 8 8 5 )50, G io v an n i B o n etti (1 885 -18 91 ), G io v an n i M arenco (1 8 9 2 ­ 1899), Clem ente Bretto (1899-1906/7). Prim i direttori locali a M ornese furono Giuseppe Cagliero (1874), Giacom o C ostam agna (1875-1877), Giovanni B at­

tista Lem oyne (1877-1883) che seguì la com unità a N izza M onferrato.

Con l ’increm ento delle case, aum entarono i direttori locali. Le preroga­

tive di queste figure no n erano però ben circostanziate nelle C ostituzioni, così era inevitabile che con il tem po e le distanze sorgessero equivoci sia tra i Sa­

lesiani, sia in relazione alle autorità fem m inili. N el C apitolo superiore si trattò infatti l ’argom ento in diverse occasioni, p er evitare confusioni di ruoli, inge­

renze e interferenze indebite51. Si aggiunsero poi i chiarim enti dei C apitoli generali, significativi p er il m aggior rispecchiam ento delle realtà locali, dove si giocavano continuam ente le relazioni52.

48 Cf Verbale 14 febbraio 1887, in Verbali Riunioni Capitolari I/A (14/12/1883­

31/01/1888), in ASC D869.

49 Per il passaggio di responsabilità di governo da don Bosco a don Rua, cf P. Braido,

Don Giovanni Battista Lemoyne attraverso 20 lettere a don Michele Rua, in RSS 12 (1988) 116-120; e in Id., Don Bosco prete dei giovani..., II, pp. 569-579.

50 Mentre egli era in America, don Rua fu punto di riferimento per le FMA.

51 Cf il contributo di chi scrive, Don Rua e l ’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice tra continuità e innovazioni, in G. Loparco- S. Zimniak(a cura di), Don Michele Rua..., pp. 189­

193.

52 Nel primo Capitolo svolto dopo la scomparsa di don Bosco, emersero alcune proposte, tra cui la traduzione delle Costituzioni in latino per presentarle alla Santa Sede e una maggior dipendenza dal Rettor maggiore per l’elezione della Superiora generale. Allora non se ne fece nulla. ASC D5800216, Verbale Relazione del V Cap. Generale in Valsalice, Sessione VII, 6

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U n secondo passaggio n e ll’articolazione istituzionale riguardò la nascita delle ispettorie e la figura interm edia d ell’ispettore, a cui il R ettor m aggiore estese ufficialm ente nel novem bre 1892 alcune funzioni relative alle FM A, fino ad allora delegate al direttore generale. N elle circolari agli ispettori e ai direttori il v ic a r io g e n e r a le p e r le s u o r e , don G iovanni M arenco, indicava vari punti da tener presenti, sia p er la disciplina religiosa, sia in m erito alle opere educative53.

L’esperienza, com e sem pre, era la fucina p er forgiare u n m odello coe­

rente allo scopo. D ifatti nel C apitolo generale del 1895 si sentì l ’esigenza di u n R egolam ento p er l ’ispettore, che fu dato in esperim ento. Esso prescriveva la vigilanza e l ’aiuto concreto perché nelle case delle suore si conservasse lo spirito d ell’istituto, si osservassero le C ostituzioni e le deliberazioni, n on si introducessero “variazioni di sorta”54. La preoccupazione dunque era quella di evitare cam biam enti rispetto a u n m odello ritenuto intangibile. P er m ante­

nere “l ’uniform ità di spirito e di direzione”, l ’ispettore doveva essere solle­

cito del bene m ateriale, m orale e spirituale delle FM A , subordinatam ente al R ettor m aggiore e in sua vece al vicario incaricato. In concreto doveva cono­

scere le R egole delle FM A , p e r saperle orientare n ella form azione e n e ll’i­

struzione necessaria ai propri uffici; doveva provvedere a ll’esam e di v o ca­

zione alle novizie; inform arsi dei trasferim enti e delle com unità “n on sog­

gette alla direzione salesiana” ; provvedere il confessore straordinario alm eno due volte l ’anno. D oveva dare suggerim enti alle visitatrici (superiora corri­

spondente FM A ), visitare le case alm eno una v olta l ’anno, ascoltare le reli­

giose, aiutandole nelle relazion i con le autorità e i direttori locali. D oveva vigilare su ll’am m inistrazione, su contratti e costruzioni, intendendosi con il direttore generale che avrebbe inform ato il R etto r m aggiore. P er le nuove fondazioni doveva accertarsi “sulla salubrità del paese e sulla condizione e

settembre 1889. Nel 1892 fu richiesto di distinguere l’ufficio del Catechista generale da quello di direttore generale delle FMA, come di fatto avvenne. Cf ASC D5800316, VII. Proposte varie dei confratelli.

53 Gli argomenti su cui si appuntava l’attenzione del vicario generale per le FMA, don Marenco, concernevano in genere la cura spirituale delle religiose e delle allieve, gli aspetti prudenziali della separazione delle abitazioni: cf José Manuel Prellezo, Circolari collettive inedite del Capitolo superiore coordinate da don Rua e don Belmonte (1887-1895), in RSS 54 (2009) 314, 325, 330, 331, 339, 341, 343, 347, 355, 360; e Id., Circolari collettive inedite del Capitolo superiore (1878-1895). Fonti p er lo studio e la ricerca su don Rua. Annotazioni me­

todologiche, in G. Loparco- S. Zimniak(a cura di), Don Michele Rua..., pp. 269-280.

54Regolamento dell’ispettore p er la direzione delle Figlie di M. A. Cf Deliberazioni del Settimo Capitolo generale della Pia Società Salesiana. S. Benigno Canavese, Tip. e Libr. Sale­

siana 1896, pp. 148-154.

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sicurezza d ell’abitazione, dei m ezzi di sussistenza, della direzione spirituale [...], acciocché andando le suore abbiano m od o di v ivere e lavorare n ella quiete e libertà che richiede il loro stato”55. A vrebbe chiesto al vescovo il p er­

m esso di ascoltare le confessioni di suore e allieve, com e confessore straordi­

nario, lui o altri Salesiani inviati dai superiori. Infine, circa lo stile, doveva com portarsi più da padre che da superiore, secondo “lo spirito e l ’esem pio di d. B osco, evitando le fam igliarità ed il soverchio rigo re” ; doveva m antenersi in buona relazione con la visitatrice, p e r n o n m enom are la sua autorità; p ru ­ dente nelle parole, sollecito verso le inferm e. In conclusione: “N o n sia troppo m inuto nelle prescrizioni e fom enti in ogni m odo lo spirito d e ll’istituto che è spirito di sacrificio, di pietà, di santa libertà e giovialità, salva sem pre la virtù e la p erfezione relig io sa”56. N ello stesso C apitolo si re g istrav a poi la p ro ­ posta, no n accolta, che il C apitolo superiore com ponesse un R egolam ento per il Vicario m oniale, in particolare p e r le sue relazioni con gli ispettori e i diret­

tori locali57.

L’argom ento fu ripreso nel C apitolo del 1898. Filippo R inaldi, a nom e della com m issione, presentava la risposta sia a quella proposta58, sia alla ri­

chiesta di fissare i doveri e i diritti dei direttori verso le F M A delle case an­

nesse a quelle dei S alesiani e di presentare le osservazioni al R egolam ento d ell’ispettore59.

Le richieste di norm e dunque si m oltiplicavano p er u n ’esigenza di orga­

nizzazione, tuttavia la com m issione n on ritenne opportuno u n regolam ento p er il vicario p er le suore, dal m om ento che egli rappresentava il R ettor m ag­

giore, unico loro superiore60.

Sem pre in quel C apitolo, alcuni appunti di M arenco delucidavano che i direttori locali avevano u n ufficio lim itato sostanzialm ente a ll’aspetto spi­

55 Deliberazioni..., 1896, art. 11.

56 Deliberazioni..., 1896, art. 14, A-F.

57 Cf Commissione VI. Pel settimo Capitolo generale. Settembre 1895, IV Congrega­

zione, 4°, in ASC D5810121.

58 Si corresse la terminologia di Vicario moniale in Vicario generale per le suore, in at­

tenzione al fatto che le FMA non erano monache.

59 Cf Relazione del Sac. Filippo Rinaldi, in Atti e Deliberazioni dell’VIII Capitolo gene­

rale della Pia Società Salesiana. S. Benigno Canavese, Scuola Tipografica Salesiana 1899, pp.

93-101.

60 Invece di un regolamento, si suggeriva di aggiungere nelle Deliberazioni che l’unico superiore generale si faceva rappresentare per tutto l’Istituto da un vicario; in ogni ispettoria dall’ispettore e nelle singole case, dove occorreva, da un direttore designato. Ogni anno egli avrebbe presentato una relazione al direttore generale; dove le suore prestavano servizio ai Sa­

lesiani, il direttore in difficoltà avrebbe fatto ricorso all’ispettore o al vicario. Cf Atti e Delibe­

razioni dell’VIII Capitolo generale..., pp. 95-96.

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rituale, senza u n ’autorità d ir e tta sulle religiose; pertanto dovevano evitare intrusioni, lasciando che le direttrici dipendessero dalle visitatrici, che a loro vo lta si sarebbero intese con l ’ispettore. C irca le case annesse a quelle m a­

schili, M arenco precisav a la procedura: le F M A dovevano dipendere dalla direttrice, a sua v o lta in ascolto del d iretto re61. In qu esti casi si fissarono

“doveri e diritti dei direttori verso le suore”, che concernevano la cura spi­

rituale, l ’attenzione a non sovraccaricare di lavoro il personale; di poterne chiedere l ’aum ento o la dim inuzione; di dare il perm esso previo a ll’attu a­

zio n e di v iag g i, spese, o sp italità p e r p erso n e estern e, lav o ri estra n ei alla casa; di consegna delle offerte, a eccezione di quelle con speciale destina- zione62.

M entre queste disp o sizio n i tend ev an o a u n a d elim itazion e di cam po, Pietro B onacina, m issionario in Patagonia, direttore a Fortín M ercedes, con un a puntuale descrizione vo leva dim ostrare l ’im praticabilità della divisione totale delle opere, e com e il tentativ o di division e d e ll’am m inistrazio n e e della direzione dei due collegi, m aschile e fem m inile, avesse provocato disa­

gi anche tra gli allievi. D opo un anno, nel 1898 i due collegi erano tornati al­

l ’unità: il direttore della m issione era uno, le suore erano l ’“ausiliare n eces­

sario”63. Tutto era tornato in ordine, dim inuendo le spese ed aum entando le entrate: SDB e F M A procedevano “ com e u n a fam iglia sola” , “cadauno in ­ tento a ’ propri doveri”64. I pareri erano dunque differenziati.

P er il R egolam ento degli ispettori nel C apitolo generale (1898) si sugge­

rirono lievissim e m odifiche.

In tanta legislazione le F M A erano b en vincolate, al tem po stesso tu te­

late da caratteri arbitrari o autoritari. L’analisi incrociata della sobria corri­

spondenza di direttori e ispettori da una parte, di direttrici e v isitatrici alle

61 G. Marenco notava altresì che le FMA costavano: per la corrispondenza, le medicine, i viaggi in proporzione spendevano più dei Salesiani, dunque era giusto che i Salesiani godes­

sero di diritti. Cf Sig. D. Marenco, VIII Capitolo generale 1897-98. Risposte ed Osservazioni alla IXProposta, in ASC D5810277.

62 Cf Atti e Deliberazioni dell’VIII Capitolo generale..., pp. 97-98.

63Risposte ed osservazioni alla IXproposta, Capitolo generale VIII, 1898, ms senza firma [Pietro Bonacina, direttore al Collegio S. Pietro, 1898, nella Missione di Fortin Mercedes (Argentina)], in ASC D5810277.

64 Due anni prima la direttrice scriveva a don Rua di essere stata “direttrice, direttore, maestro, infermiera e persino medico” nei riguardi del direttore Pietro Bonacina, gravemente ammalato in quel luogo isolato, senza comprensione né aiuti da Viedma. Cf lettera autografa incompleta di sr Ferrero, Fortin Mercedes, Colorado, 25 ottobre 1896, in ASC A4400249.

Prima del Capitolo generale, Bonacina descriveva a don Barberis gli esiti positivi della colla­

borazione. Lettera di don Pietro Bonacina a don Giulio Barberis, Fortin Mercedes, 26 giugno 1898, in ASC B222/12/02, fasc. 3.

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autorità m aschili e fem m inili d a ll’altra, su questo tem a specifico, suscita la sensazione che prevalesse il senso di risp etto recip ro co e di rico n o scen za delle FM A , conced en d o p oco a ev e n tu a li m alu m o ri. Il clim a d e ll’epoca, com e pure l ’im postazione asim m etrica dei rapporti tra i generi, n o n lo com ­ portava. N onostante il riserbo, le lettere esam inate denotano, in genere, l ’in ­ cidenza della m entalità di coloro che in lo c o interpretavano le direttive. So­

prattutto nelle m issioni, dove era più stretta la collaborazione, m aggiore l ’e­

lasticità p er le situazioni contingenti e la subordinazione alle autorità locali che rappresentavano il superiore lontano, ci fu qualche ing erenza indebita dei Salesiani, che creò p roblem a alle F M A 65. È però altrettanto vero il con­

trario, vale a dire di religio se riconoscenti p er la sollecitudine paterna del di­

re tto re o isp etto re n e ll’aspetto m ateria le e sp iritu ale, con v an tag g i p e r le opere66.

A com pletam ento della struttura di governo, va aggiunto che l ’introdu­

zione del visitatore interessò pure le FM A, poiché ad esem pio don Paolo A l­

bera visitò le loro opere e ascoltò le religiose nel suo viaggio p er l ’A m erica (1900-1903), m entre in E uropa si preparavano i cam biam enti.

2.2. A s p e t ti d i g o v e r n o in te r n o

P er il governo interno, le R egole stabilivano che il C apitolo superiore (consiglio generale) delle FM A aveva il com pito di governare e dirigere l ’Isti­

tuto. Esso era com posto dalla superiora generale, la vicaria, l ’econom a e due assistenti, in dipendenza dal R ettor m aggiore, che poteva presiedere il C api­

tolo superiore tram ite u n direttore delegato67. C om e di fatto avveniva, e nel frattem po sotto la guida di don R ua le C onsigliere stavano articolando i loro com piti e separando il governo locale da quello generale d ell’istituto. Tutte le case dipendevano nel “m ateriale e m orale” dalla superiora generale, libera di

65 Cf Paolo Albera- Calogero Gusmano, Lettere a don Giulio Barberis durante la loro visita alle case d ’America (1900-1903). Introduzione, testo critico e note a cura di Brenno Ca­

sali. (= ISS - Fonti, Serie seconda, 9). Roma, LAS 2000, in diverse lettere; e lo studio di TheHan Argeo Corona Cortés,La visita de don Albera a las casas de América, 1900-1903.

Una strategia de animación y gobierno en el rectorado de don Rua, in G. Loparco- S. Zim- niak(a cura di), Don Michele Rua..., pp. 227, 231-232.

66 Cf lettere di FMA a don Rua: Angela Vallese, Punta Arenas 10 febbraio 1889, in ASC A4450110; Giuliana Prevosto, S. Nicolas 25 marzo 1891, in ASC A4430306; Giovanna Borgna, Viedma, 6 dicembre 1890, in ASC A4380116; Lucia Martinez, Santiago, 26 gennaio 1893, in ASC A4420167; Antonio Malan a don Rua, Cujabà, 12 luglio 1895, in ASC A4420122; Michele Foglino, Paysandù 16 aprile 1891, in ASC A4400311.

67 Cf G. Bosco, Costituzioni [1878], tit. III, art. 1-4.

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trasferire le religiose e assegnare i com piti, m entre p er acquisti e vendite di stabili o costruzioni doveva intendersi col direttore generale e avere il con­

senso del superiore m aggiore68. N elle C ostituzioni del 1885 si era aggiunto che la superiora generale ogni anno avrebbe reso conto al superiore generale dello stato m orale fisico e m ateriale d ell’istituto, “ed avvenendole di avere denaro oltre lo stretto bisogno glielo consegnerà, affinché lo im p ieg hi se­

condo che ei giudica della m aggior gloria di D io”69.

C irca la professione religiosa, inizialm ente n on si esplicitò nelle R egole l ’obbligo dei voti perpetui70, sebbene stessero a cuore a don B osco e m olte F M A li em isero senza indugi. Erano prescritti voti tem poranei, triennali; dopo uno o due trienni, il Superiore m aggiore, d ’accordo col C apitolo superiore, po teva am m ettere ai voti perpetui, “ qualora giudichi tale cosa tornare utile alla R eligiosa ed a ll’istituto ”71. Si adottò la form ula m olto in uso tra le reli­

giose: “I voti obbligano finché si dim ora in C ongregazione”72. Lo scio gli­

m ento dai voti dipendeva dal Som m o pontefice “o” dal Superiore m aggiore73:

era stato don B osco a inserire il riferim ento al p apa nel testo indicato come M anoscritto D, intorno al 187474.

D a ll’inizio si era p arlato di u n ’unica classe di religiose, senza d istin­

zione. E ra richiesta una dote di 1000 lire (secondo le indicazioni prudenziali della Santa Sede), m a si poteva transigere su ll’effettivo versam ento, se la can­

didata avesse doti equipollenti, in altro m odo redditizie p er il sostentam ento personale e l ’increm ento delle opere. Si allargava così la p ossib ilità di ac­

cesso a ll’istituto e si conferm ava la tendenza delle religiose a vivere del p ro ­ prio lavoro, progressivam ente p iù qualificato.

N e lla p ra tic a i S alesian i co n sid eraro n o le F M A com e so re lle co n la stessa m issione educativa, adattata alle esigenze delle ragazze e alle condi­

zioni della società. N onostante u n certo paternalism o tipico all’epoca, accet­

tato senza discussioni dalla m aggioranza delle FM A, persone com e don R ua e don F rancesco C erruti spinsero le responsabili a saper assolvere i propri com ­

68 Cf ibid., art. 4.

69 Cf G. Bosco, Costituzioni [1885], tit. VI, art. 4.

70 Cf Costituzioni e Regole [SSA], tit. II, art. 2: “Si fanno voti temporanei”.

71 Cf G. Bosco, Costituzioni [1878], tit. I, art. 4; Costituzioni [1885], tit. II, art. 2-3.

72 Cf G. Bosco, Costituzioni [1878], tit. I, art. 4; tit. II, art. 9.

73 Cf ibid., tit. II, art. 9; [1885], tit. II, art. 3.

74 Il testo studiato da Cecilia Romero contiene il puntuale riferimento a p. 95. Questa re­

dazione è stata pubblicata a sé in forma anastatica: Costituzioni p er l ’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Edizione anastatica delle prim e Costituzioni corrette da san Giovanni Bosco. Roma, Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice 2008.

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piti, favorendo l ’acquisizione di com petenze e saperi, dunque l ’assunzione graduale di u n ’autonom ia in dialogo. L a presenza del direttore salesiano nei collegi m aggiori, negli oratori, nelle scuole, com e confessore e predicatore, apportò certam ente più vantaggi che aspetti problem atici, sia p er la cura spiri­

tuale, sia p er l ’increm ento delle vocazioni, sia p e r l ’aiuto e il consiglio nel consolidam ento delle opere. Il controllo, esercitato in conform ità a u n a v i­

sione p er lo più riduttiva delle religiose e del m ondo fem m inile, poté talvolta lim itare alcune scelte di apertura; tuttavia è vero anche il contrario, vale a dire che u n a v isione p iù larga d e ll’apostolato e della società da p arte m aschile suggerì di intraprendere iniziative inedite, di relazionarsi con m aggior sicu­

rezza con autorità civili ed enti prom otori di fondazioni.

D on R ua nella consueta lettera ai C ooperatori nel num ero di gennaio del B o lle ttin o S a le s ia n o , dando conto delle opere salesiane, firm ava con sponta­

neità nel 1897:

“Dacché il cuore di D. Bosco, così sensibile ad ogni sventura, si sentì commosso dai pericoli gravissimi che corrono cotante inesperte fanciulle, e si arrese a quella voce che lo invitava a far per esse, coll’istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ciò che fanno i Salesiani pei giovanetti, questi due rami della famiglia salesiana vengono per necessità ad intrecciarsi fra loro nel campo della carità”75.

P er il 25° dalla fondazione, che cadeva q u ell’anno, egli, di iniziativa p ropria o assecondando m ons. C agliero, aveva pensato a ll’opportunità di re ­ g o larizzare la loro posizione. C agliero, che era stato d iretto re g en erale al tem po di don B osco e di M. M azzarello, aveva indicato a M arenco u n “santo stratag em m a” p e r otten ere u n ’appro v azio n e in d iretta del R etto r m aggiore com e superiore delle FM A , da parte della Santa Sede. U na lettera di com ­ m endo con u n ’afferm azione in tal senso firm ata dal pap a sarebbe stata v ali­

75 Cf BS XXI (gennaio 1897) 6, ora pubblicate in Francesco M otto, [Michele Rua]:

Circolari alle Cooperatrici e Cooperatori salesiani pubblicate nel "BS ”, in RSS 53 (2009) 80­

81. Nel 1899 ribadiva: “Questa succinta relazione non sarebbe però compita, se qui non facessi anche un breve cenno di quanto fecero le Figlie di Maria Ausiliatrice, le quali sono l’altro ramo dell’albero salesiano”. BS XXIII (gennaio 1899), in ibid., (aprile 1899) 95. È molto indicativo che nel gennaio 1906 don Rua desse ancora notizie delle opere FMA “siccome bramate cono­

scere anche le loro fondazioni, ve ne trascrivo l’elenco” trasmesso da suor C. Daghero, supe­

riora generale. Additava la benedizione delle “opere di Don Bosco”. Per la prima volta pren­

deva pubblicamente le distanze, senza rinunciare a indicare la ragione dell’affinità. BS XXX (gennaio 1906), in ibid., (maggio 1906) 148. L’anno successivo riportava persino con citazione diretta della superiora generale la situazione, che però era meno rosea, per mancanza di perso­

nale e di mezzi. BS XXXI (gennaio 1907), in ibid., (maggio 1907) 152-153. Dal 1908 silenzio sulle FMA.

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dissim a p e r il futuro, badan d o a n o n chied ere l ’app ro vazio ne, secondo la m e n s di don B osco, che riteneva le F M A e ju s d e m S o c i e ta t is 16. In effetti, don B o sco n o n a v e v a u sa to fo rse l ’e sp re ssio n e te c n ic a , m a il d e sid e rio era quello.

Fino al 1900 le FM A non avevano dato preoccupazioni a R om a, perciò avevano proseguito nel loro m o d u s v i v e n d i, senza aspirare a u n decreto di lode. La Santa Sede, com e si è notato, intendeva nel contem po regolarizzare le congregazioni, che non godevano più delle rendite dei m onasteri, erano p o ­ tenzialm ente soggette a operazioni di sfruttam ento da parte di am m inistratori rapaci, talvolta erano vittim e di soprusi e ingerenze da parte di vescovi, diret­

tori spirituali e superiori in genere. Le attività esplicate in vari am biti le p o n e­

vano a m aggio r contatto con gli esterni, pertanto erano p iù esposte. A questa preoccupazione erano sfuggite le F M A che, appoggiate ai Salesiani, cresce­

vano in Italia e nelle m issioni, povere m a senza dissesti. Su qualche aspetto affiorò però qualche disagio.

3. I fatti nella percezione dei protagonisti

Il contesto appena richiam ato lascia intuire com e e perché alcuni im m e­

diati antecedenti costituirono le cause congiunturali d ell’intervento del S. U f­

fizio e della S. C ongregazione dei VV. e RR. nei riguardi delle FM A, p ro vo ­ cando il cam bio strutturale. N e ll’archivio della C ongregazione della dottrina della fede, com e pure in quello dei VV. R R., restano depositate alcune de­

nunce, ricorsi di cui don R ua aveva sentore o tram ite i visitatori locali, o tra­

m ite le richieste di chiarim ento che gli giunsero da R om a intorno e dopo il 1900. L’intreccio con la docum entazione interna delle due congregazioni sa­

lesiane situa la percezione dei fatti secondo le diverse prospettive.

76 Marenco avrebbe dovuto offrire un modulo ai vescovi disposti a inviare delle com­

mendatizie a Roma con gli elogi delle FMA, con il riferimento chiaro a don Bosco fondatore e al Rettor maggiore come superiore nella direzione e amministrazione dell’istituto. Tali let­

tere non dovevano avere lo scopo di chiedere la sua approvazione, ma solo di testimoniare il bene operato tra le ragazze e ottenere dal papa una lettera di lode per il 25°, in cui fosse espli­

cita la dipendenza dal Superiore. “L’approvazione loro non fidarsi mai chiamare, secondo la mente di Don Bosco - ma dobbiamo cercare di avere documenti che esse sono sotto la dire­

zione stessa dei Salesiani, cioè dal loro Rettor maggiore; e cioè, avere qualche altra parola come quella dell’ejusdem Societatis; questa idea, forse, non sarà nuova e, allora, tanto me­

glio”. Lettera di mons. G. Cagliero a G. Marenco, Fortin Mercedes, Colorado, 19-5-1897, in ASC B6770645.

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3.1. I m p e g n o r ic h ie s to d a lla S a n ta S e d e d i p o r r e “s u p i ù s o lid e b a s i l ’I s titu to ” ( 1 9 0 1 -1 9 0 5 )

A lcuni indizi sfavorevoli ai Salesiani confluirono al vertice a ll’inizio del N ovecento e interpellarono il R ettor m aggiore. A lcuni vescovi n on vedevano bene la dipendenza di religiose da religiosi, perché essa ledeva la loro autorità e i diritti episcopali. L’Istituto delle F M A in effetti era ancora di diritto dioce­

sano e l ’aggregazione ai Salesiani, di diritto pontificio, rendeva un p o ’ am ­ bigua la loro posizione.

Inoltre, i Salesiani in genere erano confessori delle FM A e delle allieve.

In alcuni casi, specie in A m erica, m a non solo, tra fine secolo e i prim i del N ovecento pervennero delle lam entele p er la m ancanza di libertà nella scelta dei co n fesso ri. E ra p a ra lle la alle d iffico ltà seg n a la te alla cu ria ro m an a a riguardo dei collegi salesiani m aschili, in cui ci si atteneva alla tradizione risalente a don B osco. U n esam e rigoroso e u na risposta severa sfociarono nel divieto ai direttori di confessare i dipendenti, da parte del S. U ffizio77. In quel contesto il S. U ffizio fu interpellato anche p er le FM A e in seguito rim andò la pratica alla S. C ongregazione dei VV. e RR. p er l ’applicazione delle N o r m a e . D unque la via p e r cui la Santa Sede incrociò u fficialm en te l ’Istituto delle F M A fu quella del richiam o a ll’ordine, supponendo abusi e, p er di più, una certa resistenza da parte di don Rua. D i certo, n on era u n sentiero piano.

Il percorso accidentato che riguardò le FM A dal 1901-02 al 1905, anno del C apitolo generale, è stato già rintracciato, soprattutto grazie alla do cu ­ m entazione delle due C ongregazioni rom ane, S. U ffizio e VV. RR., che agi­

rono in sinergia78. C on la pubblicazione delle N o r m a e il procuratore don G io­

vanni M arenco avvertì il C onsiglio dei Salesiani delle novità rom ane e della necessità di fare qualcosa p e r la stabilità d ell’istituto delle FM A 79. Prim a che ci si m uovesse, un pronto ricorso del 29 settem bre 1901 alla S. C ongrega­

77 La questione è stata studiata da Miguel Canino, con pochi riferimenti alle FMA. Cf Mi­

guel Canino Zanoletty,Las “pruebas ” de d. Rua: la prohibición al superior salesiano de con- fesar a sus subditos, in G. Loparco- S. Zimniak(a cura di), Don Michele Rua..., pp. 103-137.

78 Cf gli studi citati nell’Introduzione di questo contributo, specie G. Loparco, Verso l ’autonomia giuridica..., pp. 179-210.

791 verbali del Capitolo superiore annotano nel 1901: “Stante le cose come sono disposte nell’oratorio il capitolo a pieni voti sospende la venuta delle Suore nella nostra cucina”. ASC D869: Verbali delle riunioni capitolari, Vol. I/B 7 febbraio 1888-23 dicembre 1904, 24 luglio 1901. E “Si legge una lettera di D. Marenco il quale, avuto colloquio col card. [vuoto] ci av­

verte che canonicamente i voti delle nostre suore sono nulli e quindi la necessità di fare appro­

vare da Roma il loro Istituto e le loro regole, in modo che restino sotto la nostra direzione, c’è anche pericolo che siano staccate da noi”. Ibid., 30 luglio 1901.

Riferimenti

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