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D opo u n rapido e x c u r s u s attraverso le sfaccettature della vicenda del­

l ’autonom ia giuridica delle F M A em ergono gli esiti positivi di qu ell’evento inizialm ente paventato e alcuni problem i aperti alla scom parsa di don R ua nel 1910.

In prim o luogo, in m erito al R ettor m aggiore, abbondanti dati attestano la continuità del riferim ento a lui da parte del consiglio generale delle FM A, rassicurato dalla sua prom essa di aiuto. La sua considerazione, già m olto alta, anziché dim inuire p er certi versi aum entò121. Egli continuò a visitare con la

121 Cf lo studio di Maria Maul, “Mi sembrava di parlare con un santo”: le testimonianze delle Figlie di Maria Ausiliatrice su don Michele Rua, in G. L o p a r c o - S. Z i m n i a k (a cura di), Don Michele Rua..., pp. 77-99.

stessa affabilità e discrezione le case, a rispondere alle richieste e alle lettere, a trattare gli interessi delle F M A com e cosa propria.

L’esperienza di organizzazione efficace, m aturata in più di tre n t’anni con l ’appoggio m aschile, im pedì poi lo sm arrim ento delle FM A nella ristruttura­

zione, dopo u n prim o m om ento di incertezza. La piena responsabilità indusse le superiore a ponderare le scelte, a industriarsi ancora di più p er procurarsi i m ezzi necessari alle opere in aum ento e soprattutto la form azione necessaria p er condurle con successo. Il consiglio sem pre chiesto e m ai negato perm ise di procedere senza gravi errori. N ei C onsigli com e nei C apitoli generali, il parere di don R ua risuonava com e “R om a locuta, causa finita”, e costituisce la riprova concreta che il Consiglio generale delle FM A no n am biva a libe­

rarsi della figura del superiore. A l contrario, il suo orientam ento palesem ente m antenuto sulle orm e del fondatore era percepito com e indicazione sicura per la realizzazione della propria m issione.

Il processo di separazione tra due istituti m olto estesi no n poteva essere perfettam ente controllato dal centro. Finché ci fu don Rua, in coincidenza con il m om ento più difficile d ell’operazione, no n ci furono problem i di interpreta­

zione. O ltre alle FM A , qualche salesiano probabilm ente n o n prese b ene la novità; gli inviti del superiore a non pretendere più obbedienza dalle suore, un certo irrigidim ento da parte di qualche vescovo che intese recup erare p ie ­ nam ente i propri diritti, fece sì che qua e là i Salesiani n on solo prendessero distanza, m a ad d irittu ra si estraniassero. V olenti o no lenti. C om u nq ue sul piano spirituale non sorsero disorientam enti particolari tra le religiose. Passati i prim i anni difficili, di cautela m a anche di chiarim ento degli spazi concessi dalla Santa Sede, ove fu possibile, i Salesiani rim asero n o n solo form atori delle FM A, m a anche prom otori delle vocazioni com e confessori.

Piuttosto forse risentì del cam bio qualche aspetto dello stile educativo, non ancora ben assim ilato a livello locale. Il M anuale, in cui si prescrivevano le buone pratiche salesiane, accentuava u n atteggiam ento im prontato a con­

trollo, consono ai tem pi e alla diffusione delle case. Se da una parte questo p o ­ teva indurre a raffreddare l ’am abilità, alm eno in am bienti com e i collegi, evitò pure la dispersione di interpretazioni arbitrarie. L’insistenza su ll’esatta osser­

vanza dei regolam enti ridusse forse talvolta la vivacità e l ’adattam ento alle situazioni locali, però consentì di rafforzarsi intorno a u n m odello com une.

L’im pegno di consolidare l ’unità e l ’appartenenza passò attraverso le let­

tere circolari, i C apitoli generali, le lettere, i viaggi e le visite, i confessori, i consigli, i program m i, le convenzioni, fino alla fondazione d ell’U nione inter­

nazionale delle ex allieve nel 1908. M ezzi connettivi pratici furono gli abbo­

nam enti alle “Letture cattoliche” , al “Bollettino Salesiano” ; l ’utilizzo dei libri

di testo approvati da don C erruti, i libri form ativi, la fedeltà alle pratiche risa­

lenti a N izza M onferrato, icona dello spirito originario.

Le m aggiori m odifiche avvennero dal punto di v ista istituzionale, con l ’articolazione ufficiale delle ispettorie. Lo stesso C onsiglio generale, rieletto, gestì la novità d ell’assetto. P er alcuni anni, dal 1906 al 1911, le FM A vissero anni incerti p er l ’applicazione delle leggi canoniche, poiché dipendevano da num erosissim i vescovi, e con ciascuno occorreva definire le relazioni. Oltre alle norm e scritte, c ’erano i caratteri, le m entalità e le tradizioni locali.

M adre D aghero dovette prendere la parola risolutiva davanti a ll’istituto, davanti alla C hiesa e alle autorità civili, senza p o ter rim andare ad altri appelli.

N e conseguì il peso di alcune critiche, insiem e a ll’im pegno di scelte corag­

giose. A d esem pio m olte com unità restarono irregolari, troppo piccole. La su­

periora non si fece intim idire dai richiam i della S. C ongregazione, spiegando che si trattava di case di am m inistrazione in centri m edio-piccoli, dove i ri­

chiedenti facevano di tutto p er restringere il num ero delle retribuzioni, m entre le religiose accettavano, nonostante il lavoro n on di rado sproporzionato, per non privare le bam bine, le ragazze, le fam iglie di una presenza educativa. In quegli anni ci fu il boom di convitti, asili, scuole di lavoro e scuole com unali in Italia, p e r contrastare le iniziative anticlericali.

I benefici econom ici prodotti d a ll’autonom ia superarono alcuni sv an ­ taggi, m a n o n subito. F ino ai p rim i del N o v ecen to n elle com u nità vigev a m olta povertà e austerità, finché com inciarono alcuni reclam i, perché le diret­

trici cercavano di risparm iare p er inviare denaro alle superiore e risultavano talora poco com prensive e generose con le suore. In effetti era ancora p re ­ sente la tubercolosi, di cui m orì ad es. sr Teresa Valsè Pantellini a 28 anni nel 1907. L a proprietà di un certo num ero di case da am pliare, l ’im pegno di co­

struirne di nuove specie nelle città e nelle m issioni, attivò l ’intraprendenza, in un a gestione che non appare m ai sprovveduta, anche grazie alle indicazioni dei Salesiani. N el 1909, ad es., anche su consiglio della Santa Sede, sorse una società p er assicurare le proprietà in Italia, poiché si tem evano colpi di m ano del governo, sulla scorta delle leggi francesi122.

122 Cf G. Loparco, Le Figlie di Maria Ausiliatrice..., pp. 149-151; G. Rocca, Le stra­

tegie anticonfisca degli istituti religiosi in Italia dall’Unità al Concordato del 1929: appunti per una storia, in Roberto Di Pietra - Fiorenzo Landi (a cura di), Clero, economia e contabi­

lità in Europa. Tra Medioevo ed età contemporanea. Roma, Carocci 2007, pp. 226-247.

Conclusione

A l term ine di questa ricostruzione affiora un a dom anda: era m eglio ri­

m anere così com e don B osco aveva im m aginato le due fam iglie religiose, non am m esso dalla S. Sede, allora? In altri term ini, era p iù m oderno far lavo­

rare insiem e religiosi e religiose, o separare, dando l ’autonom ia?

P er certi v ersi la soluzione originaria sem bra sim ile ad alcune nuove forme di vita consacrata sorte di recente. N e ll’esperienza salesiana, m aturata nei condizionam enti storici sia delle FM A , dei Salesiani, sia della Santa Sede, appare che nel prim o tem po quella form ula fu propizia alla crescita e al conso­

lidam ento. C on il grande sviluppo delle due congregazioni, l ’autonom ia p rob a­

bilm ente accrebbe le possibilità p er le FM A, che furono rese p iù direttam ente responsabili dello sviluppo delle opere, e dunque quasi forzatam ente private del sostegno m aschile che dava sicurezza, m a contem poraneam ente risentiva della m entalità, con rischi di forme di paternalism o da una parte e di ossequio anche acritico dall’altra. Il com pito di pensare e discernere e agire con piena responsabilità si rivelò efficace, perché le FM A non si scostarono dalla radice.

L’esigenza di confrontarsi con i Salesiani favorì u n ’assim ilazione, una specie di decodificazione dello spirito salesiano p er riesprim erlo con m aggiore consa­

pevolezza e in m odo adatto alla m issione specifica tra le ragazze.

L a cesura giuridica e am m inistrativa delle F M A dai Salesiani ebbe delle ripercussioni sugli equilibri interni e su quelli tra le due C ongregazioni p er il governo generale e locale, m a non produsse una vera soluzione di continuità nel vissuto, anche p e r la perm anenza sia di don R ua che di m adre Daghero, testim oni autorevoli della m e n s di don B osco. L’insistenza su ll’unità come d o v ere di u n ifo rm ità fu p ro b a b ilm e n te ac c e n tu a ta d alla sep a raz io n e , p e r rafforzare l ’identità con u n m odello chiaro dinanzi a tutti, m entre si sfuocava l ’appoggio dei Salesiani.

Le superiore, p u r esercitate a decidere, rispecchiavano una f o r m a m e n tis cauta, se non un p o ’ diffidente, verso le capacità fem m inili di governo, p er cui cercavano il confronto e la conferm a dei superiori. E ssi aiutavano a discer­

nere nelle situazioni e a difendere le opere, in genere, spingendo in avanti. La forza della collaborazione risiedeva nella sinergia verso la m issione educativa inform ata allo stesso spirito.

N el lungo legam e tra don R ua e le FM A, l ’autonom ia rappresenta uno snodo n el p a ssa g g io dal p rim o co n so lid am en to an co rato alle o rig in i alle istanze di una società più critica ed esigente. Forse nel secondo decennio di rettorato egli si rese conto che con l ’espansione d ell’istituto il cam biam ento era inevitabile e poteva divenire persino opportuno? Forse gli apparve chiaro

che diventava utopico difendere il rapporto nelle form e originarie, con il m ol­

tiplicarsi delle ispettorie m aschili e fem m inili? N o n conosciam o in profondità il suo pensiero, sebbene sappiam o che no n voleva allontanarsi dal fondatore;

di certo agì con prudenza e senza forzature.

Le nuove C ostituzioni fissarono un punto di no n ritorno, con la reg ola­

m entazione del m inistero sacerdotale in dipendenza dalla gerarchia e n on più dalle prim itive regole date da don Bosco. F u così sanata l ’irregolarità che pur aveva consentito un solido sviluppo. A livello istituzionale la fedeltà-conti­

nu ità si spostava dal riferim ento alla persona autorevole del superiore (che aveva sem pre richiam ato le C ostituzioni), alla m ediazione scritta dei testi. V i­

vificati però dalla presenza m ediante il consiglio, le visite, i confessori. Il ca­

rattere riservato di don Rua, a m io parere, aveva m odulato una paternità m eno appariscente, non m eno incisiva in ordine a ll’affiancam ento d ell’autogoverno delle FM A . U n segno elo q u en te d ella ro b u ste z z a sp iritu ale fu la santità:

Laura Vicuna, Teresa Valsé, M addalena M orano vissero e m orirono in questi anni, 1902, 1907, 1908.

P urtroppo m ancano inform azioni puntuali sulle reazioni alla separazione nella base della C ongregazione salesiana, com e pure se qualcuno l ’avesse già prim a auspicata. Il silenzio potrebbe anche essere u n indizio. N o n è da esclu­

dere che alcuni ispettori avvertissero u n alleggerim ento di responsabilità. P ro­

babilm ente il nuovo assetto diede adito a qualche equivoco tra alcuni Sale­

siani convinti che le FM A avessero desiderato l ’autonom ia, m entre di fatto i ricorsi erano stati m inim i. E. Sorbone, vicaria generale in visita in A m erica alla scom parsa di don Rua, lo pianse m olto, ricordando che “era l ’unico che ancora si d isfaceva di giubilo nel dirci: Voi siete le m ie b uo ne fig lie!” 123.

D unque l ’im patto c ’era stato.

N el 1911 si introdusse la causa di beatificazione di m adre M azzarello, che sarebbe stata forse trasc u rata se la situ azion e n o n fosse m utata; nello stesso anno l ’Istituto ricevette il decreto di approvazione pontificia, che, a dif­

ferenza di m olte congregazioni fem m inili, non era stato am bito e forse n ep ­ pure richiesto.

N el C apitolo generale del 1913 le FM A ribadivano di v oler restare spiri­

tualm en te v in co late ai S alesiani. P er re ite rata rich ie sta alla S anta Sede, il R ettor m aggiore fu nom inato delegato apostolico p er le FM A nel 1917. N on cam biava nulla a ll’autonom ia, m a ricostituiva u n nesso esplicito con il R ettor

123 Cf Diario del viaggio in America della Reverenda Vicaria Generale M. Enrichetta Sorbone. Dal 1° gennaio a tutto dicembre 1910, in AGFMA 1262 01-0-01, II volume dattilo­

scritto, di suor Clelia Genghini.

m aggiore. In seguito, un esposto del consiglio generale FM A al corrispettivo salesiano, n e ll’am bito d ell’attività precapitolare d ell’V III C apitolo, nel 1922, lam entava il disinteresse e la scarsa conoscenza delle suore da parte dei con­

fratelli, m olti dei quali neppure sapevano che esse costituivano la seconda fa­

m iglia di don B osco. L a loro m enzione era scom parsa dai docum enti ufficiali, dalle pubblicazioni, nella predicazione e n ella prom ozione delle vocazioni, m entre le F M A continuavano a riferirsi a loro: si sentivano trattate da m eno dei C ooperatori. Si erano forse allontanate dallo spirito del fondatore124? D on R inaldi rispondeva di essere a conoscenza dei differenti atteggiam enti dei Sa­

lesiani; n o n era venuto m eno l ’in teressam en to dei superiori, com e g ià era stato p e r don B osco nei riguardi delle sue figlie. Si era attuata un a purifica­

zione nella pro v a125.

Gli esiti nei tem pi più lunghi attestavano dunque che don R ua era riu ­ scito a m antenere salda l ’unità salesiana, in sinergia con m adre D aghero, su­

periora p e r 45 anni, m a il diradam ento delle file dei prim i testim oni lasciava dei vuoti. Le FM A , n e ll’assim ilazione d ell’autonom ia continuarono a riv ol­

gersi ai custodi prim i d ell’unico spirito e la preoccupazione di non allontanar­

sene le m antenne in una costante ricerca di fedeltà. A l tem po di don R ua quel processo era appena agli inizi. P robabilm ente egli aveva colto anche i v an ­ taggi della separazione, con la chiarificazione progressiva della sua reale p o r­

tata e insiem e delle condizioni da assicurare, p er n on disperdere la ricchezza di quanto doveva restare in comune.

124 Cf Esposto inviato dal Consiglio Generale FMA al Consiglio generale SDB, 25 marzo 1922, in AGFMA 11.8/110.

125 Cf lettera autografa di Filippo Rinaldi a C. Daghero, Torino, 2 aprile 1922, in AGFMA 11.8/110.

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