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Academic year: 2021

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Isaac Newton

A quasi un anno dalla morte di Galilei, il giorno di Natale del 1642 (*) veniva alla luce Isaac Newton. Era un bambino piccolissimo perché era nato prematuro e la madre Hannah Ayscough avrebbe affermato in seguito che era così piccolo

(*) è la data secondo il calendario giuliano corrispondente al 4 gennaio 1643 del calendario gregoriano. La riforma gregoriana (1582) sarebbe stata adottata in Inghilterra solo nel XVIII secolo.

da poter essere contenuto

senza difficoltà in un recipiente da un litro.

Il padre Isaac era morto 3 mesi prima.

Il luogo della nascita è questo

“castello” situato nella cittadina di Woolsthorpe, 10 km a sud di Grantham nella contea del Lincolnshire in Inghilterra.

Il castello era appartenuto ad

Ulf, ultimo figlio di re Aroldo II

d’Inghilterra morto durante la

battaglia di Hastings (1066).

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(*) il giorno è ancora in accordo col calendario giuliano, ma l’anno no perché in Inghilterra prima dell’introduzione della riforma gregoriana gli anni iniziavano il 25 marzo e quindi la data di battesimo all’inglese pre-riforma sarebbe 1 gennaio 1642.

Contrariamente a quanto pensato da molti, il piccolo sopravvisse e fu battezzato il 1 gennaio del 1643 (*).

Due anni dopo la madre si risposò col pastore

luterano Barnabas Smith, rettore della parrocchia di Ritornato di proprietà della corona reale all’epoca di Enrico VIII (1491-1547), il castello era stato regalato dalla figlia Elisabetta I (1533-1603) a Lord Burghley (1520-1598), suo ministro e consigliere, che l'aveva venduto a un antenato del padre del piccolo Isaac

North Witham, non prima di avergli fatto garantire una terra con una rendita

annuale di 50 sterline per Isaac e l’impegno a restaurare e ingrandire il castello.

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Il piccolo Isaac fu lasciato al castello ed affidato alle cure della nonna materna e alla tutela dello zio James Ayscough. Frequentò la scuola elementare prima a Skillington e poi a Stoke e quando compì 12 anni fu mandato alla scuola superiore di

Grantham. Qui era a pensione presso

un’amica di famiglia che, rimasta vedova con 3 figli (Arthur, Edward e Catherine Storer), aveva sposato William Clark, lo speziale della città, nella cui casa risiedevano anche alcuni giovani apprendisti.

Il fratello minore dello speziale, Joseph era il medico di Grantham e aveva mantenuto nella soffitta della casa del fratello una piccola

biblioteca. Questa fu assiduamente

frequentata da Isaac che a differenza dei suoi coetanei prediligeva lo studio alle attività ludiche. Isaac amava costruire giocattoli meccanici e congegni di ogni tipo e con una serie di piccoli attrezzi, che si era

procurato, aveva realizzato: un modello di mulino a vento con una ruota azionata da un topo, i mobili per la casa delle bambole di Catherine, un carretto a 4 ruote

azionato da una manovella, lanterne di carta crespa con cui illuminare il cammino verso la scuola nelle mattine invernali (*) e una serie di orologi ad acqua.

(*) rientrato a Woolsthorpe avrebbe attaccato le lanterne agli aquiloni per spaventare i

contadini che le consideravano di cattivo augurio.

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Nella casa di Clark, Isaac aveva realizzato un sistema di orologi solari così

preciso (costituito da una serie di paletti piantati lungo i muri del corridoio, della sua stanza e di diverse altre stanze cui aveva appeso delle sfere che gli consentivano di misurare le ombre e segnare le ore e le mezze ore) che i vicini di casa venivano a “leggere il tempo”.

La mamma di Isaac rimasta vedova nel 1656, aveva fatto ritorno al castello di Woolsthorpe con i 3 figli che aveva avuto dal reverendo Smith. Non aveva

difficoltà economiche, anzi, ma pensò che fosse giusto richiamare a casa Isaac anche a causa della difficile situazione in cui versava l’ Inghilterra (*).

(*) Alla morte di Elisabetta I (Tudor) avvenuta nel 1603, il trono d’Inghilterra e Irlanda era passato al parente più prossimo Giacomo Stuart (figlio di Maria Stuarda, già re Giacomo IV di Scozia) che era divenuto re di Inghilterra Irlanda e Scozia. La tensione fra i 3 paesi era forte anche a causa di motivi religiosi: l’Inghilterra era anglicana ma c’era una parte della popolazione che voleva ritornare al cattolicesimo, l’Irlanda era cattolica e la Scozia oscillava fra cattolicesimo e puritanesimo (calvinismo). Quando nel 1625 a Giacomo I succedette il figlio Carlo I (nato nel 1600 e decapitato nel 1649) la situazione si fece esplosiva. Carlo I sciolse il parlamento nel 1629 e poi lo ricostituì nel 1640, Nel 1649 Oliver Cromwell dichiarò la fine della monarchia e l'inizio della repubblica ma poi, nel 1653, instaurò una sorta di

dittatura militare con cui mantenne saldo il potere e seminò il terrore fino alla sua morte

(1658). Nel 1660 Carlo II Stuart avrebbe ripreso il trono e dato inizio al periodo noto come

Restaurazione.

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Nel 1658 Isaac tornò a Woolsthorpe. Nessuno in famiglia si era reso conto delle sue straordinarie doti per cui gli fu affidato il compito di occuparsi delle sue terre e dei suoi animali. Isaac tentò di assolverlo ma i risultati furono fallimentari per cui la madre decise di rimandarlo a Grantham presso i Clark. A 18 anni Isaac fu ammesso al Trinity College dell' Università di Cambridge, lasciò Grantham e Catherine con cui si era fidanzato e che voleva sposare non appena fosse stato un pò più avanti con gli studi [1].

Isaac Barrow era rientrato in Inghilterra (da cui si era allontanato per motivi politici nel 1655) nel 1659 e nel 1663 era divenuto professore lucasiano [2] di matematica a Cambridge. La sua influenza su Newton fu grande: lo introdusse allo studio delle scienze e gli diede importanti fondamenti di matematica.

[1] Catherine, stanca di attendere, sposò un altro.

[2] il termine trae origine dal nome del reverendo Henry Lucas, che rappresentò l'Università di Cambridge alla Camera dei comuni (fra il 1640 e il 1648) e, che alla sua morte (1663),

lasciò in eredità parte dei suoi beni alla stessa Università affinché fosse istituita una cattedra

di matematica. Nelle disposizioni testamentarie, Lucas precisò che il titolare di detta cattedra

non doveva obbligatoriamente essere un membro della Chiesa anglicana. Isaac Barrow fu il

primo titolare della cattedra lucasiana. Si sarebbe dimesso sei anni dopo per lasciare il posto

al suo allievo Isaac Newton di cui aveva compreso le straordinarie capacità.

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Il Trinity College dell' Università di Cambridge

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Nel 1665, poco prima di ottenere il bachelorato a Cambridge, Newton formulò il teorema binomiale secondo cui è possibile espandere una qualsiasi potenza intera di (a+b) nella forma

dove è il coefficiente binomiale esprimibile come

( a+b)

n

= ∑

k =0

n

( n k ) a

n−k

b

k

( n k ) k!(n−k)! n!

I coefficienti binomiali sono rappresentati nel noto triangolo di Tartaglia (*)

(*) Niccolò Fontana (Brescia 1449, Venezia 1557) matematico, detto Niccolò Tartaglia a

causa della balbuzie, nel suo General trattato di numeri et misure del 1556 riporta una figura

(il triangolo) che ammette non essere di sua invenzione, in quanto già nota ai cinesi e agli

indiani, ma che da allora ha preso il suo nome.

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Nello stesso anno un epidemia di peste iniziò a diffondersi da Londra ([1]) e l’ Università di Cambridge venne chiusa per cui Newton si vide costretto a rientrare a Wolsthoorpe. Qui rimase due anni dedicandosi prevalentemente all’algebra e al calcolo infinitesimale ([2]), ma anche allo studio dell’ottica e agli esperimenti con prismi, luci e specchi.

Nel lavorare/levigare le lenti, per costruire un piccolo telescopio, con una macchina che aveva costruito da solo si accorse di un effetto (l’aberrazione cromatica) che produceva una cattiva definizione dei contorni ([3]).

[1] La grande peste di Londra che sarebbe stata debellata definitivamente solo a seguito di un incendio che il 2 settembre 1666 distrusse larga parte della città.

[2] Una curiosità: il puntino che utilizziamo per indicare la derivata (due puntini per la derivata seconda) è stato “inventato” da Newton.

[3] Probabilmente fu l’osservazione di questo effetto che lo portò ad intuire che la

luce bianca risultava dalla composizione di diversi colori.

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Le osservazioni di Galileo avevano alimentato la disputa sulla natura delle immagini prodotte dalle lenti che molti consideravano innaturali e quindi non degne di essere prese in considerazione. Allo stesso tempo la necessità di utilizzare lenti (e specchi) sempre migliori, per aumentare le prestazioni degli strumenti (cannocchiale e microscopio [1]) che erano stati inventati da poco, favoriva l’interesse per la loro produzione e il loro studio. L’ottica, intesa come studio della propagazione della luce attraverso questi mezzi, cominciò ad attrarre attenzione e suggerì a molti che le distorsioni e le trasformazioni subite dalla luce non fossero innaturali (alla stregua dei moti violenti di Aristotele) ma governate da precise leggi che potevano essere scoperte attraverso la sperimentazione. Del

resto erano noti fin dall’antichità i fenomeni di riflessione e rifrazione e Descartes (1596,1650) aveva recentemente (1637) derivato nel suo Discorso sul Metodo la legge che regolava il fenomeno di rifrazione ([2])

[1] Lo stesso Galileo ne realizzò uno che chiamò occhialino per vedere le cose minime ma la paternità dell’invenzione è oggetto di controversia.

[2] detta legge di Snell in quanto era stata scoperta nel 1621 da Willebrord Snel von

Royen (1580-1626) matematico, astronomo e fisico olandese, ma rimasta inedita fino alla

sua morte, o legge di Descartes o Snell-Descartes dai francesi. In realtà nè Snell nè

Descartes, che avevano derivato la legge in modo indipendente, erano stati i primi a

trovarla. La legge compare infatti in un manoscritto (Il libro sugli strumenti ustori) dell'

astronomo persiano Abū Sa'd al-'Alā' ibn Sahl (940-1000) in cui vengono discusse

diffusamente le proprietà di specchi e lenti e Thomas Harriot (1560-1602) astronomo e

matematico inglese l'aveva riscoperta nel 1602 ma non aveva pubblicato il suo risultato.

(10)

Descartès era convinto, seguendo Aristotele, che la luce bianca fosse pura e omogenea, e i colori fossero una modificazione o colorazione della stessa.

Newton trasformò una stanza del castello in un laboratorio d'ottica,

escludendone la luce del giorno con l'eccezione di un forellino in comunicazione con l'esterno ed iniziò a fare una serie di esperimenti .

Per prima cosa collocò un prisma davanti al forellino e come scriverà lui stesso (in una lettera del 1672 alla Royal Society)

Rimasi sorpreso nel vederli disposti secondo una forma oblunga, mentre, per le note leggi di

rifrazione, mi attendevo che essa fosse circolare.

Newton si aspettava che la forma della figura prodotta dal prisma fosse

uguale a quella di entrata (circolare e sottile come il forellino) invece si trovò

davanti un' immagine allungata.

(11)

Nella lettera del 1672 scrisse:

un divario così fuori dall'ordinario fra lunghezza e larghezza stimolò in me una curiosità straordinaria di ricercare da che cosa potesse derivare .

Per capire i motivi di questa forma così inattesa, Newton:

- usò prismi di spessore diverso,

- ruotò i prismi per far in modo che la luce passasse attraverso parti diverse di essi,

- modificò la dimensione del foro,

- collocò il prisma fuori dalla finestra in modo che la luce del sole passasse attraverso il buco dopo aver attraversato il prisma,

- controllò minuziosamente tutti i prismi che aveva utilizzato alla ricerca di eventuali imperfezioni nel vetro a cui potesse attribuire l'effetto.

Nulla di tutto questo ebbe effetto sulla forma dell'immagine che rimaneva sempre oblunga con i colori che risultavano deviati di un certo angolo fra di loro.

Newton cominciò a sospettare che si potesse spiegare la forma della macchia

luminosa supponendo che il prisma facesse in qualche modo deviare i raggi di luce.

Ciò lo indusse a progettare un'altra serie di esperimenti.

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Dopo una serie di prove Newton giunse a realizzare quello che chiamò l' Experimentum crucis (*).

presi due assicelle, e una la collocai subito dietro il prisma sulla finestra in

modo che la luce potesse passare attraverso un piccolo foro, praticato in essa a questo scopo, e cadere sull'altra assicella che collocai a una distanza di circa 12 piedi, avendo prima praticato anche in essa un piccolo foro, affinché una parte della luce incidente lo attraversasse. Dietro questa seconda assicella collocai poi un altro prisma, in modo che la luce, attraversate entrambe le

assicelle, passasse anche attraverso quello e venisse di nuovo rifratta prima di arrivare sulla parete. Fatto questo, presi in mano il primo prisma, e ruotatolo lentamente avanti e indietro intorno al proprio asse, per fare si che le diverse parti dell'immagine, proiettate sulla seconda assicella, passassero una dopo l'altra attraverso il foro praticato in essa, potei osservare su quali luoghi della parete il secondo prisma le avrebbe rifratte. E per effetto della variazione di quei luoghi, notai che la luce diretta verso quell'estremità dell'immagine, in direzione della quale avveniva la rifrazione del primo prisma, subiva nel

secondo prisma una rifrazione considerevolmente maggiore di quella della luce diretta verso l'estremità opposta.

(*) Con questo termine il cui significato in inglese (crucial experiment) appare più chiaro si

intende indicare l’esperimento capace di discriminare fra teorie diverse per la spiegazione

di un fenomeno.

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L' Experimentum Crucis di Newton: ruotando il primo prisma (A) in corrispondenza del buco sulla seconda asticella entrano colori diversi che vengono rifratti dal

secondo prisma F (fisso). Questa importantissima

scoperta sulla natura della

La luce bianca era dunque costituita da diversi

colori che avevano diversa rifrangibilità questa era la ragione per cui, attraversando il

prisma, la luce veniva scomposta nei diversi colori.

luce fece capire a Newton che per quanto perfettamente lavorate le lenti avrebbero sempre mostrato l' aberrazione cromatica e che era preferibile costruire un telescopio che fosse basato sugli specchi.

Uno fra i tanti esperimenti fatti da Newton

consistette nel posizionare i prismi in modo

da riottenere la luce bianca.

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Nel 1667 Newton tornò a Cambridge, l'anno successivo ottenne il Master e nel 1669 Barrow si dimise per lasciare a lui la cattedra lucasiana. Newton poteva insegnare qualsiasi argomento, ma decise di insegnare ottica (anche se le sue lezioni non furono frequentate da molti studenti).

Nel 1671 presentò ai membri della Royal Society (*) un telescopio che aveva costruito fondandosi sui suoi studi di ottica. All epoca, pochi avevano sentito parlare di lui, ma il suo telescopio suscitò enorme interesse e sensazione. Lo strumento era molto compatto (focale di 16 cm e apertura di 3.5 cm) e le sue prestazioni uguagliavano quelle dei telescopi molto più grandi.

(*) La Royal Society (tuttora attiva) era stata fondata pochi anni prima,nel 1660, il nome

completo era The President, Council and Fellows of the Royal Society of London for

Improving Natural Knowledge. Il motto inciso nell' emblema è Nullius in verba (che

potremmo tradurre in modo esteso come non prendere per buono nulla che sia fondato

solo sulle parole). I membri della Royal Society si riunivano settimanalmente, per

analizzare e discutere gli articoli presentati da alcuni membri. Questo modo di procedere fu

molto importante per la stimolazione e la professionalizzazione della ricerca ed in modo

più generale della scienza, poiché sveltiva il processo di diffusione e di difesa

dell’informazione scientifica. I membri della Royal Society potevano presentare i risultati

delle loro ricerche in una lettera che se ritenuta degna di nota veniva pubblicata. Poteva

accadere che fossero anche alcuni membri della Royal Society a chiedere a qualche altro

membro di occuparsi di uno specifico argomento. Poteva accadere, come nel caso di

Newton, che a presentare un risultato fosse anche un esterno (non membro). All’inizio le

lettere furono pubblicate nella Correspondence della società che fu in seguito soppiantata

dalle Philosophical Transactions, vere e proprie antenate delle moderne riviste scientifiche.

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Vari membri cominciarono a tentare di costruirsene uno da sé e l'anno successivo (1672) accolsero Newton come membro. Fu in quell'occasione che Newton scrisse una monografia sotto forma di lettera indirizzata a Oldenburg (il segretario della Royal Society) in cui descrisse tutti gli esperimenti che aveva fatto sulla natura della luce. Era talmente ben fatta che venne pubblicata nelle Philosophical Transactions della Royal Society.

Il lavoro di Newton tuttavia non fu accolto con benevolenza da alcuni scienziati in particolare da Christiaan Huygens ([1]) e da Robert Hooke ([2]). Newton non inviò più alcun lavoro alla Royal Society ([3]) e attese la morte di Hooke per pubblicare il suo trattato di Ottica.

[1] Matematico, fisico e astronomo olandese (L' Aja 1629-1695). Con un telescopio rifrattore di propria fabbricazione (avente una lente del diametro di 5 cm e una lunghezza focale di più di 3 m) scoprì nel 1655 Titano, il satellite di Saturno, e nel 1659 teorizzò che tale pianeta fosse circondato da un anello sottile di polvere. Per quanto riguarda la luce Huygens aveva sviluppato una teoria ondulatoria, mentre Newton era convinto che la luce fosse costituita di corpuscoli. Huygens riconobbe la validità e il rigore degli esperimenti di Newton ma non ne comprese a fondo l'importanza. Newton, che aveva un' levata considerazione di Huygens, soffrì per non essere stato capito.

[2] Fisico, biologo, geologo inglese (Freshwater 1635,Londra 1703) lo ricordiamo per la legge della molla. La controversia fra lui e Newton fu molto accesa anche perché fomentata da Oldenburg che non sopportava Hooke. Newton non aveva una grande stima di Hooke e per questa ragione si sentì offeso quando egli lo apostrofò come “novizio”.

[3] O meglio nel 1675 inviò un manoscritto intitolato Ipotesi per spiegare le proprietà della luce

in chiara polemica con i Micrographia di Hooke ma con esplicita richiesta che non fosse

pubblicato.

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Il trattato di Newton sull’ Ottica ,

pubblicato prima in inglese (nel

1704) e solo successivamente

(1706) in latino.

(17)

Ma le controversie per Newton non erano finite.

Quando nel 1686 presentò alla Royal Society il libro dei Principia, Hooke che ne era divenuto segretario (*), lo accusò di plagio sostenendo che l'idea di una

forza con andamento inversamente proporzionale al quadrato della distanza era sua. Newton si difese citando il lavoro pubblicato da Hooke nel 1674 An Attempt to Prove the Motion of the Earth from Observations che conteneva solo queste affermazioni:

I corpi celesti indistintamente hanno un'attrazione o forza che gravita verso i propri centri.

I corpi celesti attirano anche tutti gli altri corpi celesti che si trovano nella sfera della loro influenza.

Tutti i corpi di qualsiasi tipo che vengono messi in un moto diretto e semplice,

continueranno il loro moto rettilineo e uniforme, fino a quando non verranno deviati e piegati da qualche altra forza efficace.

Queste forze attraenti sono tanto più potenti nell'operare, quanto più vicino ai propri centri si trova il corpo sul quale agiscono.

(*) alla morte di Oldenberg avvenuta nel 1679.

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In realtà Hooke aveva avuto l'informazione che la forza centripeta che tratteneva un pianeta in orbita potesse dipendere dal quadrato della distanza da Halley ([1]) che avendo avuto questa intuizione si era recato a Londra nel 1684 per parlarne con lui e con Wren ([2]). Hooke aveva sostenuto non solo di essere già al corrente di questo fatto ma di possedere tutti gli strumenti per dimostrarlo. Né Halley, né Wren erano rimasti convinti delle sue affermazioni, che non aveva giustificato in alcun modo.

Questo colloquio andato a vuoto aveva indotto però Halley a recarsi a Cambridge per parlare con Newton, che conosceva Wren e che a detta di quest'ultimo si era occupato del problema del moto dei corpi celesti.

Quando Halley aveva chiesto a Newton quale sarebbe stata l'orbita di un corpo celeste soggetto a una forza centrale che variava in dipendenza dell’inverso del quadrato della distanza ne aveva avuto una risposta immediata: un'ellisse.

[1] Edmond Halley (Greenwich 1656, Londra 1742) astronomo, matematico, fisico, meteorologo, noto per aver predetto il ritorno al perielio (nel 1756) della cometa che porta il suo nome.

[2] Sir Cristopher Wren (1632, 1723) architetto, fisico e matematico inglese.

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Non solo, considerato che le condizioni economiche della Royal Society non erano delle migliori ([1]), fu chiesto allo stesso Halley di finanziare la pubblicazione ([2]) Nonostante le innumerevoli recriminazioni di Hooke, che fu sentito diverse volte, il 5 luglio 1686 la Royal Society decise di procedere alla stampa e nell' estate successiva uscì il volume di 500 pagine. Il titolo esatto era Philosophiae naturalis Principia mathematica. Il libro era preceduto da una elegante prefazione in forma di poesia scritta in latino dallo stesso Halley dedicata all'illustre Isaac Newton e alla sua opera nel campo della matematica e della fisica ([3])

[ 1] molti soci, fra cui il filosofo Locke, non pagavano la quota associativa da diversi anni e, come se non bastasse, molte opere pubblicate erano rimaste invendute. Infine l'ultima opera stampata il De Historia Pescium del naturalista Francis Willughby era costata molto a causa dell'innumerevole quantità di tavole illustrate.

[2] Halley si ritenne onorato da questa richiesta.

[3] La poesia di Halley fece da prefazione a tutte e 3 le edizioni in latino dei Principia (1687, 1713, 1726) ma non nella edizione in inglese (1729).

Halley aveva chiesto allora a Newton di dimostrare la sua affermazione e questi gli aveva risposto che aveva fatto la dimostrazione qualche anno prima. Non riuscendo però a ritrovare i suoi appunti, aveva promesso a Halley che l'avrebbe rifatta e nel novembre dello stesso anno gli aveva mandato la soluzione del problema.

Era stato quindi lo stesso Halley a spingere Newton a sottomettere il suo lavoro

alla Royal Society e gli aveva fatto anche una presentazione di supporto.

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Il primo libro si apre con una serie di definizioni e assiomi che costituiscono la prima presentazione codificata della meccanica.

Newton definisce la quantità di moto e quantità come la vis insita e la vis impressa che rappresentano rispettivamente l'inerzia della materia e il modo in cui lo stato di moto di un corpo può essere mutato. Riprendendo un’intuizione di Galilei, Newton afferma che in assenza di una vis impressa (quella che oggi chiamiamo la Forza esterna) un corpo avrebbe continuato a restare fermo o a muoversi con velocità costante secondo la propria vis insita, ossia la capacità di persistere nel suo stato di quiete o di moto.

Nel primo libro, inoltre, sono enunciate le 3 leggi del moto (le 3 leggi della dinamica) ed è presente anche la dimostrazione che il moto di un punto materiale sotto l'effetto di una forza centrale segue la legge delle aree (*) e che questa forza è inversamente proporzionale al quadrato della distanza se la curva descritta dal punto è un ellisse e il centro della forza occupa uno dei fuochi.

(*) la seconda legge di Keplero

I Principia consta in realtà di 3 libri e la legge di gravitazione universale occupa

soltanto una piccola parte dell'opera.

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Il secondo libro è dedicato allo studio del moto dei corpi in un mezzo resistente ove la resistenza sia proporzionale alla velocità o alla velocità al quadrato del

corpo.

Inoltre, vengono discusse le proprietà dei fluidi e la propagazione delle onde nei fluidi.

Il libro si conclude con una discussione sulla natura corpuscolare della luce.

Nel terzo libro viene esposto il sistema del mondo. Il moto dei pianeti e dei

satelliti viene descritto sulla base della legge di gravitazione universale e viene data una giustificazione “teorica” delle 3 leggi di Keplero (la prima e la terza

derivano naturalmente dalla “forma” (l’andamento rispetto ad r) della legge di gravità, la seconda dal fatto che la Forza di gravità è una forza centrale, ossia diretta come “r”).

Vengono quindi derivati i rapporti fra le masse dei pianeti e la massa della Terra, calcolata la massa del Sole e dei pianeti che possiedono satelliti e determinata la densità della Terra (*).

(*) con un errore del 10% rispetto al valore vero.

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Viene dimostrato che l'appiattimento della Terra è la causa della precessione degli equinozi ([1]).

Viene giustificato il fenomeno delle maree e mostrato come queste siano più forti (maree di acque vive) quando Luna e Sole sono congiunti e più deboli (maree di acque morte) quando Luna e Sole sono in opposizione.

Viene mostrato, inoltre, come dalla differenza di altezza fra le acque (vive e morte) si possa calcolare la massa della Luna.

Viene dimostrato, infine, che le comete appartengono al sistema solare e che descrivono attorno al Sole parabole o ellissi molto allungate.

In questo secondo caso è possibile prevedere il ritorno delle comete e si sfateranno definitivamente le credenze sulla loro natura di annunciatrici di catastrofi dovute all'ignoranza.

Verso il 1691 la prima edizione dei Principia (che era stata stampata in 300 esemplari) era esaurita. Halley premeva perchè Newton ne facesse una riedizione revisionata, ma quest'ultimo, che avrebbe voluto mettere a punto una teoria sul moto della Luna, rispondeva che

(*) che si genera dall'attrazione congiunta di Sole e Luna su un ellissoide appiattito e che ha

un periodo di circa 26000 anni.

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l'argomento gli dava il mal di testa (*) e non aveva più voglia di occuparsene.

(*) È il ben noto problema dei 3 corpi che fa comprendere la ragione per cui non si riuscisse a dare una descrizione soddisfacente del moto della Luna. Bisognerà attendere il XIX secolo e gli importanti progressi dell'analisi matematica e della meccanica celeste.

(**) John Flamsteed (1646-1719) astronomo inglese promotore della costruzione dell' Osservatorio di Greenwich di cui divenne il primo direttore.

Tuttavia, nel 1694 Newton iniziò la revisione dei Principia . Per poter elaborare la sua Teoria sul Moto della Luna gli servivano dei dati e pertanto andò a trovare l'astronomo reale Flamsteed (**) a Greenwich.

La casa di Flamsteed adiacente al Royal

Observatory

Greenwich

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Tuttavia, nel 1694 Newton iniziò la revisione dei Principia . Per poter elaborare la sua Teoria sul Moto della Luna gli servivano dei dati e pertanto andò a trovare l'astronomo reale Flamsteed ([1]) a Greenwich. Flamsteed era reticente a

concedere i dati soprattutto perchè temeva che Newton li avrebbe mostrati ad altri e particolarmente ad Halley che gli era profondamente antipatico ([2]).

La casa di Flamsted al Royal Observatory Greenwich

[1] John Flamsteed (1646-1719) astronomo inglese promotore della

costruzione dell' Osservatorio di Greenwich di cui divenne il primo direttore.

[2] “sentimento” ricambiato da Halley.

(25)

L’incontro si rivelò un nulla di fatto, così Newton iniziò un lungo scambio epistolare con Flamsteed per convincerlo a passargli i dati. Quando capì che questi era irremovibile gli offrì denaro in cambio dei dati.

Flamsteed si offese a morte e Newton fece una seconda ingenuità: mise in giro la voce che Flamsteed non aveva capito l’importanza dei suoi dati per la teoria che egli (Newton) voleva sviluppare. Questa voce giunse a Flamsted che si offese ancora di più.

Così la pubblicazione della seconda edizione dei Principia fu ritardata (*)

(*) sarà pubblicata soltanto nel 1713 ad opera di Richard Bentley (1662-1742) e di Roger Cotes (1682-1716), che dal 1706 era professore di astronomia a Cambridge. A Cotes

andarono 12 copie (delle 750 stampate, 200 delle quali spedite in Olanda) e a Bentley gli utili delle vendite. Quando chiesero a Newton perché avesse affidato la cura della sua opera ad un incompetente come Bentley egli rispose che sapeva che versava in difficoltà economiche e lo voleva aiutare.

Flamsteed era reticente a concedere i dati soprattutto perchè temeva che Newton li avrebbe mostrati ad altri e particolarmente ad Halley che gli era profondamente

antipatico (come, del resto, a Halley era antipatico Flamsteed)

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Prima della polemica con Flamsteed erano accadute diverse cose. Nel 1688 Newton era stato nominato rappresentante dell'Università di Cambridge al Parlamento e per questa ragione aveva vissuto a Londra fino al 1690. Appena rientrato a Cambridge aveva perso la madre e nel 1693 un incendio scoppiato nel suo appartamento al Trinity College aveva distrutto il suo laboratorio chimico e una grande quantità di manoscritti a cui teneva moltissimo. Quest'incidente gli aveva provocato un gravissimo esaurimento nervoso a cui avevano fatto seguito allucinazioni, senso di persecuzione ecc.

Il 19 marzo 1696 Newton fu nominato amministratore generale della Zecca per cui, senza lasciare la cattedra all'Università, si trasferì di nuovo a Londra. Qui lo raggiunse la nipote Catherine Barton che si sarebbe presa cura di lui fino alla sua morte.Newton si dedicò a questa nuova attività con dedizione ed efficienza e risolse in breve tempo tutti i problemi legati al conio delle monete.

Il 10 dicembre 1701 si dimise dalla cattedra lucasiana e il 30 novembre 1703 fu eletto presidente della Royal Society.

La salute di Newton cominciò a declinare nel 1724. Nel 1725 abbandonò Londra per Kensington (un sobborgo di Londra che all'epoca era aperta campagna). Il 28 febbraio 1727 appena rimessosi da un attacco di gotta si recò a Londra per presiedere una riunione della Royal Society ma il viaggio gli fu fatale. Tornato a Kensington si mise a letto e spirò il 20 marzo a 85 anni.

Newton ebbe una cerimonia funebre solenne, le sue spoglie mortali riposano a

Westminster e i suoi beni furono equamente divisi fra i suoi nipoti.

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Il 19 marzo 1696 Newton fu nominato amministratore generale della Zecca per cui, senza lasciare la cattedra all'Università, si trasferì di nuovo a Londra. Qui lo raggiunse la nipote Catherine Barton che si sarebbe presa cura di lui fino alla sua morte. Newton si dedicò a questa nuova attività con dedizione ed efficienza e

risolse in breve tempo tutti i problemi legati al conio delle monete.

Il 10 dicembre 1701 si dimise dalla cattedra lucasiana e il 30 novembre 1703 fu eletto presidente della Royal Society.

La salute di Newton cominciò a declinare nel 1724. Nel 1725 abbandonò Londra per Kensington (un sobborgo di Londra che all'epoca era aperta campagna). Il 28 febbraio 1727 appena rimessosi da un attacco di gotta si recò a Londra per presiedere una riunione della Royal Society ma il viaggio gli fu fatale. Tornato a Kensington si mise a letto e spirò il 20 marzo a 85 anni.

Newton ebbe una cerimonia funebre solenne, le sue spoglie mortali riposano a

Westminster e i suoi beni furono equamente divisi fra i suoi nipoti.

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La statua di Isaac Newton

nella cappella del Trinity

College a Cambridge,

realizzata nel 1755 da Louis

Francois Roubillac (1702,

1752) scultore francese che

visse e operò in Inghilterra.

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