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Editori: Giulia Bellone, Gianmarco Bellucci, Elena Bizzaglia

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Academic year: 2022

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Data: 14 Marzo Editori: Giulia Bellone, Gianmarco Bellucci, Elena Bizzaglia

Autori: Maria Jewel Karatharakkaran, Mariaclaudia Moretti, Giorgia Di Santo, Marianna Esposito, Armando Ferrera, Margherita Furlan

MICROCIRCOLO

In questa lezione verranno trattate tutte le problematiche legate al microcircolo, in cui il sistema cardiocircolatorio esplica la sua ultima funzione: il cuore pompa, facendo un grande lavoro sotto forma di pressione, affinché il sangue possa raggiungere la periferia e arrivare ai tessuti. Il sangue porta nutrienti ed ossigeno ai tessuti periferici e allo stesso tempo contribuisce all’eliminazione di CO2 e prodotti di scarto, funzione non meno importante.

L’organismo possiede un apparato coinvolto nell’apporto dei nutrienti, l’apparato gastrointestinale, e un apparato adibito all’eliminazione dei prodotti di rifiuto, l’apparato urinario. Il sangue contribuisce a tali funzioni; in particolare, quando verranno trattati i reni si comprenderà meglio l’importanza dell’eliminazione dei prodotti di scarto, della funzione di ripulitura continua espletata dal sangue nei tessuti periferici.

Capillari sanguigni

Questa immagine ha lo scopo di ricordare come i capillari formino una rete che è in serie con il sistema arterioso e che tutti i capillari sono in parallelo tra di loro.

La funzione dei capillari è quella di fornire una enorme superficie di scambio: nei capillari sistemici e ancor di più nei capillari polmonari, si ha un’area totale della superficie trasversa che è di 3-4000 cm2, superficie interamente disponibile per gli scambi tra i tessuti periferici e il sistema circolatorio.

Siccome i capillari sono in serie con il sistema arterioso la velocità del flusso ovviamente tracolla.

Questo perché, contando che 5L/min passano per l’aorta e altrettanti tornano al ventricolo destro, la medesima quantità di sangue dovrà passare per i capillari; ma dato il loro ridotto diametro, in ciascuno di essi potrà passare solo un microlitro di sangue al minuto.

La velocità del flusso è inversamente proporzionale alla sezione trasversa del capillare. Nel microcircolo, il tempo che impiega il sangue a transitare attraverso un capillare è di circa 1 s, un tempo relativamente molto lungo. Come si vedrà in dettaglio nei capillari polmonari, il tempo che è necessario al sangue per equilibrarsi completamente con il tessuto circostante è circa 1/3 del tempo di transito e questo è fondamentale per garantire una riserva: se il flusso accelera (per esempio perché si sta facendo esercizio fisico e quindi la gittata cardiaca aumenta, invece di 5

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l/min passeranno 20 l/min), si avrà comunque tempo per garantire adeguatamente gli scambi tra sangue e tessuto. Quindi, il tempo di transito molto breve è fondamentale.

Altro dato importante da considerare è che i capillari non sono normalmente tutti pervi, addirittura nel tessuto muscolare si stima che a riposo in ogni istante siano pervi circa 1/10 dei capillari totali. Questo produce sempre il vantaggio di avere una riserva: se cambia il metabolismo del tessuto, ci sono molti più capillari, i quali normalmente sono chiusi, che possono essere reclutati.

Esistono infatti delle strutture, gli sfinteri precapillari, che si contraggono e si rilasciano molto lentamente. La presenza di questi anelli di muscolatura liscia fa sì che, in un tessuto con basse necessità metaboliche, la quantità di sangue che viene apportata ai capillari al di sotto dello sfintere possa aumentare o diminuire localmente. Da ciò dipenderà anche la quantità di ossigeno disponibile in un tessuto.

Si consideri il caso in cui nel tessuto muscolare ci siano due capillari, il capillare A e il capillare B: quando è aperto solo il capillare A, perché nel capillare B lo sfintere precapillare è chiuso, si osserva che la concentrazione di ossigeno a distanza dal capillare tende a diminuire, e questo può essere tollerabile se il tessuto ha basse esigenze metaboliche, per cui non è necessario un apporto continuo di ossigeno cellula per cellula.

In un tessuto in cui le cellule hanno bisogno di tanto ossigeno, invece, l’apertura di tutti i capillari, rendendoli pervi, permette alla concentrazione di ossigeno di diventare evidentemente più uniforme e più elevata. In questo modo, può essere regolata la quantità di capillari perfusi nell’unità di tempo a seconda delle esigenze metaboliche del tessuto le quali, oltre alla pervietà dei capillari, determinano anche la resistenza arteriolare (come si è visto nelle lezioni precedenti). I concetti di resistenza e pervietà quindi contribuiscono a determinare la frazione di gittata cardiaca che giunge in ciascun distretto corporeo.

Capillari linfatici

Un altro tipo di vasi che non si può dimenticare trattando il microcircolo, sono i capillari linfatici. I capillari linfatici sono fondamentali per tenere “asciutti “ i tessuti.

La quantità di liquido che viene filtrato e riassorbito nel microcircolo è tuttora oggetto di dibattito scientifico anche perché non è facile da misurare. Non potendo conoscere l’esatta quantità di liquido che fluisce nel microcircolo, si fa riferimento a stime che si basano su modelli teorici. È comunque possibile misurare le pressioni interstiziali nei tessuti: nel tessuto in esame vengono inserite delle microsfere cave, si attende che il tessuto cicatrizzi, per poi inserire all’interno delle sfere degli aghi mediante cui si potrà misurare la pressione all’interno della sfera cava che sarà equivalente alla pressione dell’interstizio circostante. Nella stragrande maggioranza dei tessuti la pressione interstiziale è negativa, il che vuol dire che i capillari linfatici aspirano continuamente liquido dai tessuti.

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Una delle poche certezze che si ha sulla funzione del microcircolo è che il flusso di linfa che torna al dotto toracico è di circa 4 litri al giorno. Questo può essere misurato quando si creano anche accidentalmente delle fistole tramite le quali si può avere accesso al dotto toracico.

Una recente ricerca pubblicata su Nature nel luglio 2015 ha dimostrato la presenza di vasi linfatici nella dura madre, confutando l’idea ormai accettata che non fossero presenti vasi linfatici nel sistema nervoso centrale. Nell’encefalo i vasi linfatici sembrano rivestire anche una funzione importantissima nella sorveglianza immunitaria.

Permeabilità dei capillari sanguigni

In tessuti diversi i capillari hanno struttura diversa per cui si hanno:

- regioni in cui è presente un endotelio continuo;

- regioni in cui si ha un endotelio fenestrato, caratterizzato dalla presenza di pori di permeazione abbastanza ampi;

- tessuti in cui i capillari hanno un endotelio discontinuo, come nel fegato o nel midollo osseo, attraverso i quali possono quindi passare non solo sostanze disciolte nel plasma, ma anche le componenti cellulari del sangue. La milza, ad esempio, serve a distruggere i globuli rossi senescenti, che quindi dovranno passare dal sangue nel parenchima splenico;

- regioni in cui sono presenti endoteli con giunzioni serrate, controllati da una barriera emato-encefalica, emato-liquorale, emato-testicolare, a seconda del distretto in cui si trovano. In questi capillari non è possibile la permeazione tra una cellula e l’altra.

Ad eccezione dei capillari con endotelio a giunzioni serrate, negli altri distretti corporei, in particolare nei capillari continui e fenestrati, è possibile la permeazione tra cellule attraverso processi di endocitosi, esocitosi o di diffusione semplice (quest’ultimo è un processo che riguarda in particolare sostanze lipofiliche , ma anche gas respiratori).

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Il plasma, invece, può lasciare il capillare attraverso:

- pori di permeazione, quindi attraverso le fenestrature del capillare;

- giunzioni strette tra le cellule.

Nel plasma sono presenti elettroliti e proteine, che differiscono tra loro principalmente per dimensioni.

Attraverso le fenestrature aperte sicuramente passa la componente acquosa del plasma, trascinandosi dietro anche i piccoli soluti in essa disciolta. Quindi la componente elettrolitica diffonde seguendo l’acqua. La componente proteica invece, può passare attraverso le fenestrature aperte o può essere recapitata al di là della barriera endoteliale attraverso processi di eso-endocitosi .

Le giunzioni strette sono delle strutture estremamente controllabili, poiché sono presenti delle proteine come le occludine e le claudine che non formano un muro insormontabile, ma costituiscono delle strutture assimilabili alle gap junctions, formando dei pori di permeazione attraverso gli spazi intercellulari. Nel versante luminale dell’endotelio è presente un glicocalice formato da glico-proteine che crea una specie di pellicola protettiva disposta anche al di sopra delle giunzioni strette,. La componente proteica del glicocalice ai valori biologici di pH presenta residui carichi negativamente, e ciò forma un primo filtro di selettività legato alla carica. Al di sotto della giunzione stretta è presente poi una membrana basale alla quale le cellule dell’endotelio si ancorano mediante le integrine. Le integrine permettono non solo alle cellule di rimanere ferme legandole anche al citoscheletro, ma anche di regolare le ampiezze dello spazio intracellulare, fondamentale nel determinare il volume di liquido interstiziale.

Come già detto, l’acqua riesce a muoversi sia per via paracellulare tra una cellula e l’altra sia per via trans-cellulare dove ci siano delle acquaporine (numerose sugli eritrociti, in minor quantità presenti anche sulle cellule endoteliali). Questa capacità dell’acqua di diffondere più o meno liberamente fa sì che le concentrazioni di acqua e elettroliti nel plasma siano praticamente uguali a tali concentrazioni nei liquidi interstiziali.

Quindi si individuano un compartimento extracellulare, che contiene il liquido interstiziale, e il plasma, che ha la medesima concentrazione elettrolitica ed osmolarità. Quello che può essere un po’ diverso è il contenuto proteico: non in tutti i distretti il contenuto proteico interstiziale è identico a quello plasmatico. Comunque, di sicuro le proteine sono presenti nel liquido interstiziale e vengono riassorbite attraverso la linfa.

La linfa contiene proteine e questo vuol dire che esse fuoriesco dai capillari e vengono drenate dai capillari linfatici.

Analizzando le vie di permeazione, esistono:

 Pori di piccole dimensioni: si formano attraverso le giunzioni strette, quindi tra una cellula e l’ altra. Sono abbondati e fanno passare acqua e piccoli soluti

 Pori di grandi dimensioni (molto pochi, 1 ogni 4000 pori piccoli) sono dovuti alla fusione di caveole. Essi permettono il passaggio di acqua, piccoli soluti e proteine.

 Acquaporine che per via trans-cellulare fanno passare soltanto acqua.

Quindi di fatto la concentrazione delle proteine nel plasma e nei tessuti interstiziali può essere diversa.

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Forze di Starling

Avendo delle vie di permeazione, bisogna capire quali sono le forze che permettono il movimento di acqua e soluti attraverso la barriera endoteliale.

Sicuramente non esiste una differenza di pressione osmotica a livello del microcircolo dato che i soluti si muovono con l’ acqua, ma vi sono delle pressioni oncotiche (colloido-osmotiche) dovute alla differente concentrazione di proteine tra plasma e interstizio, proprio perché le proteine non possono seguire facilmente l’acqua. Inoltre il sangue subisce un’altra forza, ovvero la pressione impartita dal cuore.

Quindi bisogna considerare un bilancio netto che coinvolge:

 da un lato, la pressione di spinta, ovvero la pressione idraulica con la quale il sangue si impegna nel capillare e la pressione oncotica dovuta alle proteine plasmatiche all’ interno del capillare;

 dall’altre, la pressione oncotica e pressione idraulica proprie dell’interstizio.

Per esempio se consideriamo un rubinetto aperto, l’acqua esce dal rubinetto perché ha una pressione idraulica fornita dal sistema di distribuzione dell’acqua che è quella equivalente a quella fornita dal cuore. Se mettiamo un dito sotto al rubinetto, equivalente della pressione interstiziale, succede che l’acqua smette di uscire perché c’è una pressione uguale ed opposta a quella con cui arriva.

Cosa succede se esistono dei fori nella via di permeazione?

Quando il sangue impegna un capillare in cui sono presenti dei pori; dunque, una parte proseguirà lungo il capillare dall’arteriola verso la venula, ma una parte spinta dalla pressione idrostatica tenderà a passare attraverso i fori.

Esaminiamo quindi le forze di filtrazione che governano i movimenti di plasma che, con le sostanze in esso disciolte, attraversano la membrana capillare.

Ovviamente nel capillare, la pressione idrostatica del sangue (quella impartita dal cuore) è una pressione che spinge il sangue a uscire, mentre le proteine plasmatiche richiamano liquido perché in cerca di solvente.

Se analizziamo il versante interstiziale dobbiamo rovesciare il ruolo delle due pressioni: le proteine interstiziali richiamano solvente dal plasma e quindi richiamano acqua e piccoli soluti, mentre la pressione interstiziale si oppone alla fuoriuscita di plasma.

Quindi, dobbiamo fare un bilancio netto tra queste forze che ci danno quella che si chiama PRESSIONE NETTA DI FILTRAZIONE.

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Qual è invece il flusso che fuoriesce dai capillari?

Possiamo immaginare facilmente che sia proporzionale sia alla pressione di filtrazione sia alla superficie disponibile per la filtrazione

Quindi la pressione netta di filtrazione è data da un bilancio di pressioni:

- pressioni a favore della filtrazione: la pressione idrostatica nel capillare e la pressione oncotica nel liquido interstiziale.

- pressioni contrarie alla filtrazione: la pressione oncotica plasmatica e la pressione idrostatica interstiziale

Ma bisogna considerare un altro elemento: non tutte le sostanze risentono allo stesso modo della pressione oncotica. Le sostanze risentono della pressione oncotica tanto meno quanto più rimangono disciolte nel plasma. Ovvero, ne risentono tanto meno quanto più possono passare liberamente attraverso i pori. Quindi acqua, elettroliti e piccoli soluti risentono poco della pressione oncotica, a differenza delle proteine plasmatiche che ne risentono molto di più.

Quindi si deve definire un coefficiente di riflessione (sigma) che

-vale 0 per tutte le sostanze che passano liberamente attraverso i capillari;

-vale 1 per tutte le sostanze che NON passano attraverso i capillari;

-vale un numero intermedio tra 0 e 1 per quelle sostanze che passano in modo intermedio.

J = A L p [(P c - P i ) – σ (π c – π i )]

.

Quindi dove il coefficiente di riflessione vale zero (come per gli elettroliti) il termine relativo alla pressione oncotica non conta, mentre è importantissimo quando consideriamo le proteine plasmatiche.

J= flusso

A= area totale di scambio

Lp= coefficiente di permeabilità idraulica

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Ritornando ai diversi tipi di capillari, possiamo immaginare che nei capillari cerebrali dove sono presenti giunzioni serrate totalmente impermeabili, il coefficiente Lp è praticamente uguale a 0.

Quindi non è possibile un flusso di filtrazione che non sia governato da processi attivi.

Mentre nei capillari fenestrati del fegato (i sinusoidi epatici), Lp ha un valore praticamente infinito ed il flusso sarà molto elevato.

Negli altri distretti circolatori si avrà un valore intermedio.

Ma tali pressioni non sono uguali lungo tutto il capillare. Innanzitutto, bisogna esaminare le grandezze che possono variare dinamicamente.

o L’area di scambio è determinata.

o La permeabilità del capillare in linea di massima non cambia di molto (la vedremo cambiare solo in determinate condizioni).

o La pressione oncotica delle proteine plasmatiche e interstiziali è determinata. Infatti un individuo sano ha all’incirca 70g/L di proteine plasmatiche. Se cambia la concentrazione delle proteine plasmatiche è segno di patologia, poiché essa non cambia fisiologicamente.

o La pressione del liquido interstiziale in linea di massima tenda a rimanere costante.

o Invece, la pressione con la quale il sangue impegna il capillare ovviamente varia al variare delle condizioni. Per esempio la pressione arteriosa cambia a seconda della giornata, quando dormiamo è più bassa di quando siamo per esempio arrabbiati. Quindi la pressione con la quale il sangue impegna i capillari può variare. Non solo, dato un valore qualsiasi di pressione, quando il sangue impegna il capillare una parte di quella pressione la dissiperà per percorrere il capillare. Pertanto, la pressione idraulica del sangue è maggiore all’estremità arteriolare rispetto a quella venulare: è la fisiologica caduta di pressione che il sangue ha nel percorrere un vaso.

Tutte le altre pressioni più o meno in tutti i capillari sistemici rimangono relativamente costanti.

Questo ha portato Starling a proporre un modello per cui:

-all’estremità arteriolare del capillare prevalgono le forze che tendono a spingere il plasma fuori dal capillare con un processo che si chiama FILTRAZIONE

-all’estremità venulare del capillare la pressione di filtrazione si invertono, diventa negativa e quindi prevalgono le forze di ASSORBIMENTO e quindi si ha l’influsso all’interno del capillare.

Si tratta, quindi, di un sistema molto semplice: il plasma all’estremità arteriolare esce (filtrazione), nel percorso all’interno del capillare la pressione scende, il gradiente pressorio si inverte e all’estremità venulare si ha un processo di assorbimento.

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Fondamentalmente, tanto liquido esce quanto ne rientra e i capillari linfatici riassorbono quella minima quota di liquido che non è stata riassorbita all’estremita venulare.

Abbiamo detto che il flusso linfatico si attesta sui 4L al giorno a livello del dotto toracico, passato tutto il filtro dei linfonodi.

Dunque, il modello di Starling prevede che si abbia una curva praticamente lineare a seconda della pressione netta di filtrazione

Per cui si ha una fase di riassorbimento quando la pressione netta di filtrazione è negativa e una filtrazione pura quando la pressione netta di filtrazione è positiva.

Nel 1927 Landis fece esperimenti che dimostrarono il modello di Starling

In verità questi dati sperimentali furono messi in discussione 50/60 anni dopo. Furono analizzati i capillari del mesentere di rana, fu iniettato un tracciante e si osservò quanto ne veniva iniettato e quanto ne usciva, si misurò il flusso netto a seconda delle forze che venivano utilizzate. Si notò che la fase di assorbimento all’estremità venulare è una fase relativamente transitoria: dopo una decina di minuti si crea una condizione per cui l’assorbimento tende ad arrestarsi.

Si è quindi giunti a modificare il modello di Starling con un modello rivisto che presta una grande attenzione al fatto che i pori grandi attraverso i quale possono passare le proteine, pori in cui si sviluppa la pressione oncotica, non sono un unico compartimento semplice come pensava Starling, ma piuttosto un compartimento complesso. Bisogna prestare attenzione alla regione al di sotto del glicocalice, nella quale le proteine si possono accumulare o possono essere lavate vie da grandi flussi. Per cui la concentrazione proteica, che rappresenta la forza efficace nel produrre la

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filtrazione, non è la stessa di quella nel liquido interstiziale (qui le proteine vengono anche reclutate attraverso altri tipi di pori o altri meccanismi di trasporto).

Quindi, si ha una concentrazione oncotica diversa e per questo vanno modificate le forze che entrano nella legge di Starling. Sicuramente, i processi di filtrazione procedano perfettamente in base al modello previsto da Starling; ma invece, è vero solo entro certi limiti che i processi di assorbimento all’estremita venulare siano minori e quindi la maggior parte dell’assorbimento venga effettuata dai capillari linfatici. Ciò infatti non è vero in alcuni distretti circolatori.

Inoltre bisogna considerare il concetto di stato stazionario. A monte dei capillari ci sono gli sfinteri precapillari che si aprono e si chiudono.

Quando è chiuso non si ha flusso, quando si apre si ha un flusso che non è allo stato stazionario ma è transitorio; ci vorrà del tempo per farlo diventare stazionario. Per esempio quando apriamo la porta inizialmente ci sarà un flusso uscente, poi invece un stato stazionario senza flusso netto.

Quindi è estremamente difficile trovare dei valori esatti della filtrazione capillare a livello dei capillari sistemici. Le stime variano da circa 20 litri al giorno con il modello di Starling a meno di 10 con il modello rivisto. Comunque sono valori di qualche litro al giorno di filtrazione capillare. L’unica certezza è che abbiamo 4 litri di linfa riassorbita al giorno. Alcuni modelli propongono circa 4 litri di filtrazione capillare interamente riassorbiti dai capillari linfatici (senza considerare il circolo renale, che è a parte).

Sono stime molto legate al modello che ognuno ritiene valido. Non è possibile misurare l’insieme della filtrazione in tutti i tessuti, anche perché questa cambia dinamicamente.

I capillari linfatici nella loro porzione terminale hanno delle mini-valvole che permettono il flusso unidirezionale. I capillari linfatici aspirano perché sono circondati da una muscolatura liscia che continuamente ha un tono vasomotore che pompa la linfa che viene riassorbita centralmente Quindi i capillari linfatici attivamente aspirano il liquido interstiziale con le proteine in esse disciolte.

I capillari sono ancorati ad un tessuto connettivo e la linfa percorre i vasi linfatici nei quali sono presenti anche delle valvole in grado di garantire un flusso unidirezionale, sino a giungere ai linfonodi in cui il liquido viene esaminato e presentato al Sistema Immunitario; tuttavia, per quanto concerne la funzione idraulica, i capillari linfatici assicurano, tramite la loro azione di pompa e la presenza di valvole linfatiche estremamente importanti, un flusso continuo di riassorbimento.

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Il modello più moderno di riassorbimento transitorio non è valido in tutti i tessuti:

- nella mucosa intestinale, durante la fase digestiva, in cui vengono metabolizzate le proteine provenienti dal cibo, la quantità di proteine è

talmente tanto elevata che il riassorbimento è continuo.

- nei capillari peritubulari del rene si ha solo riassorbimento, poiché il sangue che scorre in essi ha una pressione oncotica particolarmente elevata;

- All'interno dei capillari glomerulari avviene una filtrazione continua dovuta ad una variazione di pressione notevole.

Pertanto non è una condizione infallibile il fatto che si abbia o meno il riassorbimento e questo rende ancora più complesso misurare quello che accade: un muscolo in esercizio presenterà una condizione diversa rispetto ad un muscolo a riposo e dato che la massa muscolare rappresenta il 40% della massa corporea totale, non sapendo cosa succede nel muscolo risulta molto difficile stabilire cosa si verifica nell'individuo.

Valutando alcuni esempi, in cui variano le forze che entrano in gioco nella legge di Starling, si cerca di capire cosa si verifica in condizioni particolari.

All'interno dei capillari sistemici abbiamo il bilancio classico delle forze di Starling:

filtrazione netta all'estremità arteriorale, forze a favore del riassorbimento all'estremità venulare ed il drenaggio linfatico che si porta via il resto.

 In condizioni di elevate temperature si verifica vasodilatazione, oppure in un caso ancora più semplice, come puntura di zanzara (si entra in contatto con un veleno contro il quale reagisce il nostro sistema immunitario rilasciando sostanze, come l'istamina, in grado di causare vasodilatazione) si profila così una vasodilatazione locale. All'interno di tali capillari, la pressione del sangue all'interno del capillare (Pc) aumenta poiché diminuisce la resistenza e quindi non è più 35 mmHg ma può diventare 50 mmHg. A tale valore risulta ovvio che la forza di filtrazione prevarrà lungo tutto il capillare e che la permeabilità idraulica verrà modificata. Quindi, in caso di vasodilatazione predomina la filtrazione a spese del riassorbimento.

 A seguito di una distorsione della caviglia, essa tenderà a gonfiarsi e risulterà necessario applicare impacchi di ghiaccio al fine di provocare vasocostrizione: causando l'ingresso del sangue nei capillari con una pressione (Pc) fortemente ridotta e la filtrazione tendenzialmente si arresterà, facendo prevalere il riassorbimento.

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Variando lo stato di dilatazione dei capillari, varierà anche il prevalere della filtrazione rispetto al riassorbimento; è improbabile che un individuo si lamenti di avere i piedi gonfi in una giornata molto fredda, tale evento è molto più probabile che si verifichi in una calda giornata estiva.

L'accumulo di liquido interstiziale, dovuto ad uno scompenso tra filtrazione e riassorbimento, prende il nome di edema; esso potrà essere tissutale, periferico o potrà interessare distretti molto più cruciali: l'edema alle caviglie risulta essere fastidioso, tuttavia l'edema polmonare oltre ad essere fastidioso è altamente pericoloso.

A livello polmonare l'edema può profilarsi di diversi tipi: si può trattare di un edema interstiziale che può diventare una condizione di emergenza quando il liquido trasuda dall'interstizio all'interno degli alveoli polmonari (edema alveolare). Il liquido presente nell'interstizio riduce l'ossigenazione del sangue, mentre il liquido presente negli alveoli fa “affogare” il paziente.

Può profilarsi anche edema cerebrale, condizione estremamente rischiosa poiché essendo il racchiuso nella scatola cranica, l'edema provoca una compressione del parenchima cerebrale, causando un aggravamento della condizione dannosa già creata dall'edema cerebrale stesso.

Le condizioni edemigene sono le condizioni che favoriscono l'insorgenza di edema, ovvero quelle che alterano il bilancio delle forze di Starling e quelle che vanno a ledere il riassorbimento linfatico; è evidente che l'occlusione dei vasi linfatici è una condizione che provoca edemi molto gravi.

Esiste un parassita, lafilaria, che si accumula nei vasi linfatici andando ad alterare il drenaggio linfatico della gamba, provocando la sindrome dell'elefantiasi e causando un gonfiore spropositato dell'arto inferiore causato da un mancato riassorbimento del liquido che continua a filtrare.

Per quanto esistano margini di sicurezza, un alterato bilancio delle forze di Starling porta ad edema.

La superficie filtrante (A): non varia notevolmente;

La permeabilità idraulica del capillare (Lp): essa varia con facilità, per esempio in presenza di sostanze che fanno reagire l'endotelio, come in caso di allergie o di altre manifestazioni patologiche;

La pressione idrostatica del capillare (Pc): può variare in modo molto più fisiologico, ad es. a seguito di variazioni di temperatura l'organismo si adeguerà tramite vasocostrizione o vasodilatazione;

La pressione interstiziale (Pi): varia in rapporto al drenaggio linfatico;

La pressione colloido-osmotica del plasma (c) si può ridurre a seguito di bassi livelli di proteine in circolo, a causa di carenza di apporto proteico nella dieta; a seguito di cirrosi epatica, rendendo il fegato incapace di produrre le proteine plasmatiche; per disfunzioni renali che causano la perdita urinaria di

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proteine ed infine per ustioni estese in cui si ha perdita di liquido interstiziale a seguito delle lesioni cutanee. In queste condizioni avviene riduzione della pressione oncotica e di conseguenza riduzione dei processi di riassorbimento. Pur non essendoci riassorbimento a livello capillare, abbassando la pressione oncotica aumenta la filtrazione ed essa può arrivare a superare la capacità riassorbitiva dei linfatici; in ogni caso si ha uno sbilanciamento tra forze di filtrazione e capacità di riassorbimento.

Un altro fattore importante nella genesi di edema riguarda l’ alterazione della pressione venosa.

La pressione venosa centrale varia quando cambia la capacità del cuore di portare sangue in circolo e pertanto tutti gli scompensi cardiocircolatori, come l'incapacità del cuore Sx di pompare sangue nelle arterie (insufficienza cardiaca) causano uno spostamento di sangue nelle vene quindi un sovraccarico del circolo venoso; ciò comporta che la pressione a livello dell'estremità venulare del capillare aumenti, impedendo una fuoriuscita di sangue dall'estremità venularee favorendo la filtrazione.

In caso di scompenso cardiaco il sintomo più eclatante è l'edema diffuso, tanto che lo scompenso cardiaco è definito come una sindrome edemigena; una aumentata pressione venosa si traduce in una aumentata filtrazione capillare.

Come è possibile che l'uomo non sviluppi edema ogni volta che si arrabbia?

Poiché esiste un margine di sicurezza :

- i capillari linfatici possono aumentare, entro dei limiti, la loro capacità riassorbitiva,

- l'interstizio che risulta essere una matrice, un gel, una rete di fibre collagene e di liquido interstiziale, si oppone alla fuoriuscita di liquido. Finché l'interstizio non viene lesionato da una massiccia presenza di liquido, presenterà una compliance molto bassa. Tuttavia se vengono lesionate le fibre collagene e diventa lasso l'interstizio, la compliance precipita e l'edema si sviluppa accrescendo facilmente, finché l'interstizio è talmente gonfio che la pressione interstiziale stessa inizia ad opporsi allo sviluppo di ulteriore edema; tuttavia quanto riportato è relativo, poiché a seconda dei distretti il tessuto può continuare a gonfiarsi.

REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE ARTERIOSA

Iniziamo ad affrontare l'argomento della regolazione della pressione arteriosa; il quale sarà ripreso alla fine del ciclo di lezioni sul rene, essendo meccanismi prettamente renali.

Le patologie cardiovascolari causano 1/3 delle morti a livello mondiale ed una frazione ancora più elevata nel mondo occidentale; le patologie renali croniche, che si scambiano sia come esito che come causa con le malattie cardiovascolari riguardano un ulteriore 10% della popolazione mondiale: si tratta quindi di patologie che riguardano una percentuale notevole di individui e qualsiasi percorso verrà intrapreso da un medico, egli avrà a che fare con una considerevole percentuale di pazienti con problemi di pressione arteriosa.

L'ipertensione è stabilita tramite una soglia, al di là della quale i benefici del trattamento sono maggiori rispetto al mancato trattamento. Pertanto si stabiliscono dei valori medi, al di sopra dei quali è necessario intraprendere un trattamento farmacologico:

• 140 mmHg per la pressione sistolica;

• 90 mmHg per la pressione diastolica

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Vi è stato un imponente studio, effettuato su oltre centomila soggetti provenienti da 18 paesi del mondo, riguardo gli interventi fondamentali per il controllo della pressione arteriosa.

Il trattamento fondamentalmente consisteva nel ridurre l'assunzione quotidiana di NaCl (sale da cucina), ed aumentare l'assunzione di K (potassio).

Il grafico riporta uno studio condotto su 412 individui, i quali passando da una dieta occidentale, a basso contenuto di potassio, ad una dieta in cui viene aumentata la concentrazione di potassio, la pressione sistolica media è crollata di 10 mmHg.

Abbassare di 10 mmHg la pressione arteriosa significa passare da essere ipertesi a non esserlo, e dal dover ricevere un trattamento farmacologico a non doverlo assumere; risulta molto più semplice aumentare il consumo di frutta e quindi l'assunzione di potassio, piuttosto che mangiare cibi fritti e ricchi di NaCl ed assumere, contraddittoriamente, farmaci per l'ipertensione arteriosa.

Lo stile di vita è uno dei principali determinanti dell'ipertensione arteriosa, insieme a molti altri fattori.

Perché è importante assumere molto potassio?

Esiste una scuola di pensiero, dalla quale è difficile dissentire, che ha formulato una serie di teorie riportate su importanti riviste scientifiche.

Essa afferma che il genoma umano si è evoluto e stabilizzato in epoca paleolitica, quando l'essere umano viveva come un cacciatore/raccoglitore.

La vita dell'uomo in quell'epoca era regolata da un movimento continuo, uno stile di vita estremamente attivo finalizzati alla ricerca di cibo; al tempo gli uomini si cibavano con ciò che era disponile in natura: bacche, frutti, occasionali prede catturate, ma tutti cibi a prevalente contenuto di potassio. Pertanto la dieta naturale, sulla quale si è adattato il nostro organismo, è una dieta ricca di potassio in un individuo che fa molta attività fisica.

Una persona che sta seduta tutto il giorno e mangia tutti cibi ad alto contenuto di sale, evidentemente ha una dieta che contrasta la sua costituzione genomica. Pertanto l'organismo si ribella come può.

Si vedrà come a livello renale, maggiore è la quantità di K+ ingerita, maggiore è la quantità di Na+

eliminata. Quello che si vedrà nella lezione di oggi è perché il Na+ è immediatamente legato a un'elevata pressione arteriosa. 



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Perché è importante regolare la pressione arteriosa?

La pressione arteriosa deve essere regolata in quanto rappresenta il postcarico per il cuore e una pressione arteriosa estremamente alta significa surplus di lavoro per il cuore. D'altra parte, ci siamo evoluti con una pressione arteriosa alta perché si deve garantire la perfusione dei tessuti, anche di quelli sopra cardiaci, pertanto serve che il sangue abbia pressione per raggiungere i tessuti e permettere gli scambi capillari. Quindi la pressione arteriosa non può essere troppo bassa, perché altrimenti non riuscirebbe a portare zucchero al cervello, ma non può essere troppo alta perché altrimenti si sovraffatica il cuore.

Si deve quindi stabilire un bilancio, che nell' individuo adulto, medio sano, con una dieta occidentale non troppo sregolata si aggira su un valore medio di circa 90/100 mmHg, corrispondenti ad una pressione sistolica di circa 120/130 mmHg e una diastolica al di sotto dei 90, intorno agli 80 mmHg. 


Quali sono i valori che determinano la pressione arteriosa?


Le arterie sono vasi a bassa compliance quindi fondamentalmente più sangue c'è nelle arterie più è elevata la pressione arteriosa.

Possiamo paragonare i parametri di regolazione della pressione arteriosa alla situazione di un palloncino da gonfiare.In un palloncino nel quale si mette tanta aria, la pressione all'interno è elevata, ma se si prende lo stesso palloncino e si mette meno aria, la pressione è più bassa. Se si prende l'aria del palloncino e si mette in un pallone più grande, il pallone più grande sarà sgonfio, quindi la pressione dipende non solo da quanto contenuto c'è nel contenitore ma anche da quanto è grosso il contenitore. 


Quindi la pressione arteriosa dipende dal volume del contenuto e dal volume del contenitore.

Regolare la pressione arteriosa significa regolare il volume del contenuto, cioè il volume plasmatico e il volume di sangue, e il volume del contenitore, ossia il tono vasale (se si dilatassero tutte le arteriole il volume del contenitore vascolare aumenterebbe molto, viceversa se ci fosse vasocostrizione massimale il volume del contenitore vascolare diminuirebbe molto.

Il volume del contenuto è dato fondamentalmente dal livello di gittata cardiaca.

Se si vuole abbassare la pressione arteriosa, qual è il sistema più semplice? Si toglie il sangue dalle arterie e si mette nelle vene.

Si possono fare i salassi come nell’antichità, ma è un metodo questo che consiste nell'eliminare il sangue dal sistema circolatorio, un po' brutale. Esiste anche un altro metodo più fisiologico per diminuire il volume del sangue nel nostro organismo, attraverso il rubinetto fisiologico dell'organismo, i reni. Si vedrà come i reni intervengono nella regolazione della pressione arteriosa.

Addirittura tutta la scuola di Arthur Guyton afferma molto esplicitamente che il cuore segue i reni, cioè sono i reni che determinano il livello di replezione del sistema cardiocircolatorio e il cuore non può altro che adeguarsi alla pressione arteriosa che viene settata dal rene. Il mondo non è

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intervenire, ma di sicuro più liquidi abbiamo in corpo maggiore è la pressione arteriosa.

Come facciamo a controllarla? Controllando il rapporto tra volume del contenuto e volume del contenitore. In linea di massima i due sistemi che intervengono nel regolare questo rapporto sono il SNA e i reni.

Ciascuna delle variabili che determinano la pressione arteriosa puòessere modulata in modo fisiologico e patologico. 









Questa equazione afferma che il flusso è proporzionale al rapporto tra gradiente pressorio e resistenza periferica totale.

Quindi la differenza tra la pressione arteriosa e la pressione venosa è uguale alla gittata cardiaca (GC) per le resistenze periferiche totali (RPT), ovvero la differenza tra la pressione arteriosa e la pressione venosa è uguale alla gittata sistolica per la frequenza cardiaca per le resistenze periferiche totali. Quindi modificando una qualunque di queste grandezze si può influire sulla pressione arteriosa. 


Assumendo che la pressione venosa sia costante, la pressione arteriosa è data dal prodotto delle RPT per la GC.

- Si possono variare entrambe molto rapidamente utilizzando meccanismi nervosi a breve termine: la vasocostrizione comandata dalla stimolazione l'azione inotropa positiva e l'azione cronotropa positiva del simpatico si sviluppano in 1/2 secondi, tempi molto brevi.

L'azione cronotropa negativa del parasimpatico, anch'essa si sviluppa con un singolo battito cardiaco, quindi sono meccanismi molto rapidi e agiscono sia sulla gittata cardiaca, che sul tono vascolare, quindi sulle RPT. 


- Si hanno poi meccanismi a medio termine che regolano fondamentalmente le RPT e sono vari, ma ci sono anche meccanismi che possono regolare la gittata cardiaca.

- Si hanno meccanismi renali a lungo termine che sono meccanismi che influenzano soprattutto la gittata cardiaca ma anche, seppure in maniera minore, le RPT.










Il grafico, introdotto da Guyton, inquadra i molti meccanismi di regolazione della PA.

Sulle ascisse di questo grafico sono rappresentate delle scale di tempo:

vi sono eventi che si sviluppano nell'ambito dei secondi, eventi che si sviluppano nell'ambito dei minuti, delle ore e addirittura dei giorni.

- Sulla scala più tardiva, quella dei giorni, quello che agisce, rappresentato dalla curva altissima che tende all'infinito, è il meccanismo del controllo renale. Il

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meccanismo dell'aldosterone che è di nuovo un meccanismo renale, è anch'esso importante sui tempi lunghi.

- All'altro estremo, quello dei secondi, vi sono ovviamente riflessi nervosi: il sistema barocettivo e poi il sistema chemocettivo.

- In mezzo ci sono una serie di altri eventi che operano su una scala di tempi tra minuti e ore.






Si rifletta sul concetto di aumento delle RPT e sulla differenza tra RPT e resistenza vascolare in uno specifico distretto, concetti molto diversi che hanno esiti completamente opposti sulla pressione del sangue.

Per capire come gli effetti globali della vasocostrizione possano essere diversi da una vasocostrizione locale si rifletta sul fatto che quando si va a fare shopping gli effetti sull'economia nazionale sono completamente opposti rispetto agli effetti sul nostro conto in banca, questo dice che un medesimo evento può essere visto da punti di vista differenti.

RPT : quando si parla di RPT si parla appunto di resistenza totale, offerta da tutto l'organismo.

Come si può indurre una variazione totale delle resistenze vascolari?

- Una vasodilatazione massiccia generalizzata significa diminuzione della pressione arteriosa.

Unavasodilatazione massiccia e generalizzata si può avere quando fa molto caldo, ciò provoca un crollo delle RPT che a questo punto se diminuisce la RPT significa anche che la pressione arteriosa diminuisce molto perché è aumentato complessivamente il volume del contenitore nel quale si distribuisce la stessa quantità (5L) di sangue.

Se fa molto caldo può succedere qualcosa di peggio perché ovviamente si suda, si perdono liquidi, diminuisce pure il volume del plasma, quindi diminuisce anche il volume del contenuto non solo quello del contenitore, e questo porta la pressione arteriosa ancora più in basso.

- Viceversa, quando fa molto freddo e si ha una vasocostrizione generalizzata, si ha un marcato aumento delle RPT e un marcato aumento della pressione arteriosa.

Questo spiega anche perché nei pazienti ipertesi, la dose di anti-ipertensivo deve essere aggiustata con la stagione, perché in inverno la pressione arteriosa tende ad essere più elevata che in estate, proprio per motivi di capienza del letto vascolare. 


Resistenze vascolari locali.

Cosa succede se si causa una vasocostrizione locale mettendo una mano in un secchio di acqua ghiacciata? di fatto la RPT non cambia, ma sicuramente cambia la resistenza nella mano, quindi la pressione arteriosa sistemica non scende ma la perfusione nella mano tende a diminuire, si ha quindi un aumento delle resistenze vascolari in un singolo distretto.

La pressione nel sangue non può aumentare perché sono aumentate le resistenze che portano il sangue a quel distretto. La pressione totale rimane costante ma nel distretto in cui è avvenuta vasocostrizione, la pressione va a diminuire perché sono aumentate le resistenze. 







Quando si ha una vasocostrizione locale, vi è una caduta di pressione diversa a livello dei vasi, a seconda di quanto questi siano più o meno costretti.

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Questa immagine è stata presa da un'altra lezione, si deve leggere a livello di resistenza vascolare: la caduta di pressione lungo un vaso è direttamente proporzionale alla resistenza del vaso. Se si vasocostringe, si aumenta la resistenza aumentando la caduta di pressione, se si vasodilata, si diminuisce la resistenza diminuendo la caduta di pressione.

In sintesi:

Tornando ad analizzare il grafico di Guyton, si osservino le ordinate.

Esprimono un fattore che è il guadagno del sistema, cioè la capacità di compensazione.


𝐺 = 𝑉𝑚𝑖𝑠𝑢𝑟𝑎𝑡𝑜 − 𝑉𝑠𝑒𝑡𝑝𝑜𝑖𝑛𝑡 𝑉𝑟𝑖𝑝𝑟𝑖𝑠𝑡𝑖𝑛𝑎𝑡𝑜 − 𝑉𝑠𝑒𝑡𝑝𝑜𝑖𝑛𝑡 Esempio. Ammettiamo che la mia pressione

arteriosa media sia di 100 mmHg e per qualunque motivo questa si sposta di 10 mmHg, quindi ho una variazione del 10%.

Il guadagno dei sistemi che la compensano è dato dal rapporto tra il (valore misurato - il valore di setpoint) (nell’esempio, 110-100) diviso ( valore al quale lo vado a riportare - valore di setpoint). Quindi il mio setpoint è 100 mmHg, sale a 110,

intervengono una serie di meccanismi per riportarlo a valori di 100, in alcuni casi i meccanismi ci

riescono perfettamente, e quindi ripristino il valore a 100. Nel qual caso la differenza tra valore ripristinato e setpoint diventa 0 e il guadagno schizza all'infinito.

vasocostrizione locale= caduta di pressione a valle vasodilatazione locale=aumento di pressione a valle

vasocostrizione generalizzata = aumento della pressione arteriosa sistemica.

vasodilatazione generalizzata = caduta della pressione arteriosa sistemica

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Controllo della pressione arteriosa

➢Perturbazioni rapide SISTEMA BAROCETTIVO

Controlla la pressione arteriosa in maniera estremamente veloce, agisce infatti in 1-2s. Ha un guadagno di circa 7 (se la pressione aumenta a 110 mmHg questo la riporta a 102 mmHg).

“Nella quotidianità la pressione può cambiare velocemente ad esempio quando ci si alza dal letto improvvisamente. Se squilla il telefono di notte, ci si alza di scatto per andarlo a spegnere passando da una posizione clinostatica e da una condizione di forte attività parasimpatica (stiamo riposando quindi tono vasomotore è spento, la frequenza cardiaca e la gittata cardiaca sono basse e quindi pressione arteriosa è bassa)ad una posizione ortostatica con conseguente sequestro di sangue dalle parti più declivi del corpo e crollo della pressione dei distretti sovracardiaci. Si può quindi avere una sincope se la pressione del sangue diretto al cervello scende sotto un certo valore. Passando alla posizione clinostatica si risolve il problema.”

Il sistema barocettivo hadei sensori per misurare la pressione arteriosa.

I barocettori sono dei neuroni specializzati situati nell’arco aortico e nei seni carotidei. Questi due posti sono strategici perché non sono influenzati da eventi esterni. Nelle arterie delle gambe, ad esempio, la pressione è influenzata dalle nostre attività (se accavalliamo le gambe modifichiamo la pressione negli arti inferiori) quindi è meglio misurarla in distretti che non risentono di perturbazioni come i 2 sopracitati.

Questi barocettori inviano le loro afferenze al nucleo del tratto solitario(NTS)situato nel bulbo.

Il NTS controlla in modo antagonistico il livello di attività del SNV simpatico e parasimpatico, le cui uscite si trovano al livello bulbo pontino, medialmente rispetto al NTS.

Il sistema parasimpatico e simpatico controllano quindi la GC e il volume vascolare in modo opposto.

• Sistemasimpatico:↑GC, ↑vasocostrizione e ↓V vascolare

• Sistemaparasimpatico: ↓GC, inibizione attività simpatica e quindi ↑ V vascolare

NB il sistema parasimpatico non innerva i vasi generalmente (solo in pochi distretti c’è un’innervazione parasimpatica) quindi l’azione del parasimpatico sui vasi è indiretta, agisce infatti inibendo il simpatico che ha azione vasocostrittrice. Anche l’azione sul miocardio di lavoro è sempre un’azione indiretta (il miocardio di lavoro non è innervato dal nervo vago). Quando a livello dei centri integrativi bulbari viene potenziata l’attività del sistema parasimpatico viene parallelamente diminuita quella dei centri simpatici. Non si tratta comunque di un meccanismo ON/OFF, se si ha forte attivazione parasimpatica, l’attività simpatica resta, seppur

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circa 1-2 Hz tonicamente attivo. Anche il parasimpatico è tonicamente attivo (il cuore denervato batte a una frequenza maggiore perché il tono parasimpatico frena continuamente il cuore).

Dall’arco aortico, il sistema barocettivo raggiunge il bulbo attraverso il nervo vago mentre dai seni carotidei attraverso il nervo glossofaringeo.

Funzionamento dei barocettori:

I barocettori sono neuroni che misurano lo stiramento della parete arteriosa, scaricando PdA che vengono convogliati al NTS la cui frequenza è tanto più alta quanto maggiore è la pressione arteriosa.

Al di sopra di una pressione media di 200mmHg i barocettori sono massimamente attivi mentre a bassa pressione, al di sotto dei 50mmHg, il sistema barocettivo non scarica più e quindi non riesce più a controllare la pressione. In questi casi di bassa pressione interviene un altro sistema a breve latenza, il sistema chemocettivo che, pur essendo meno efficiente di quello barocettivo, è fondamentale perché si attiva per valori inferiori ai 50 mmHg, pericolosi per la vita, che non possono essere controllati dal sistema barocettivo.

Dal NTS vengono regolate le attività di un centro cardioinibitore e di un centro vasomotore.

• Centro cardioinibitore: situato nel bulbo, contiene il nucleo dorsale del vago (centro parasimpatico)

• Centro vasomotore: situato a livello della colonna intermedio-laterale del midollo (centro simpatico) e contiene i neuroni pre-gangliari del sistema simpatico.

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• Se la pressione scende:diminuisce la frequenza di scarica dei barocettori e quindi le afferenze al NTS. La diminuzione della stimolazione del NTS va a potenziare le efferenze simpatiche e a inibire quelle parasimpatiche con il risultato di aumento della gittata cardiaca, diminuzione del volume vascolare e quindi ripristino della pressione arteriosa al valore di setpoint.

• Se la pressione sale: i barocettori aumentano la scarica, il NTS è stimolato maggiormente con conseguente diminuzione della gittata cardiaca, aumento del volume vascolare spegnendo il tono simpatico e abbassamento pressione arteriosa.

In sintesi:

• Se ↓Pa, ↓f di scarica dei barocettori↓, si potenziano le afferenze simpatiche e inibiscono le parasimpatiche, aumenta la GC,↓volemia, la Pa viene riportata verso il valore di controllo.

Se ↑Pa avviene il contrario: ↓GC, ↑volemia spegnendo il tono simpatico.

C’è dunque un lavoro coordinato sulle RPT e sulla GC che regola rapidamente la pressione arteriosa.

La stimolazione simpatica aumenta la GC grazie a:

-

Effetto cronotropo positivo = aumento della frequenza

-

Effetto inotropo positivo = aumento della gittata sistolica

-

Legge di Frank-Starling = la stimolazione simpatica diminuisce la compliance delle vene aumentando quindi il ritorno venoso e dunque il meccanismo di Frank-Starling fa aumentare la gittata cardiaca.

Il controllo della pressione arteriosa quindi deve essere guardato a livello globale, ci sono molti fattori che intervengono, spesso in modo opposto.

In un soggetto normale la pressione varia di pochissimo e il valore quindi è sempre circa 100 mmHg.

In un soggetto denervato le fluttuazioni di pressione sono molto elevate anche se il valore medio non cambia (resta 100 mmHg). Il sistema barocettivo quindi non influenza il valore medio.

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In un soggetto iperteso, la frequenza di scarica dei barocettori non cambia la forma della curva. I barocettori funzionano bene ma c’è un setpoint spostato a valori più elevati.

Quindi non è il sistema barocettivo a indurre ipertensione (esso si preoccupa solamente di far scendere la pressione se questa sale o viceversa la fa salire quando scende)

SISTEMA CHEMOCETTIVO

Si attiva quando il valore della pressione arteriosa scende troppo (sotto i 50 mmHg) e quindi quando il sistema barocettivo perde di efficacia.

Quando la pressione crolla, diminuisce la perfusione cerebrale e quindi l’apporto di O₂ (ipossia) al cervello e aumenta la concentrazione di CO₂ (ipercapnia).

Queste sono le condizioni che stimolano il sistema chemocettivo che ha sia sensori periferici situati nei glomi aortici e sia sensori centrali nell’ipotalamo.

Tali condizioni innescano un riflesso che potenzia l’attività cardiaca con tachicardia e quindi un ripristino della pressione arteriosa.

Questo sistema, pur non essendo potentissimo interviene in condizioni estreme, salvando la vita dell’individuo.

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➢Controllo nervoso della pressione arteriosa

L’emorragia è un’altra condizione relativamente grave: consiste nellafuoriuscita di sangue da un vaso lesionato.

La fuoriuscita di sangue fa diminuire la volemia e dunque la gittata sistolica (↓sangue in circolo⇒↓RV ⇒↓GS); segue il crollo della Pa media e istantaneamente entra in azione il sistema barocettivo.

L’attivazione comporta vasocostrizione generalizzata: riduce innanzitutto il volume del contenitore nel momento in cui si sta riducendo il contenuto ma soprattutto favorisce linnesco dei meccanismi di coagulazione nel vaso lesionato.

La vasocostrizione generalizzata immediata comporta aumento della resistenza periferica totale(↑RPT) eaumento della frequenza cardiaca(f)dovuto al simpatico; perciò la GC, che in un primo momento si era abbassata, viene ripristinata velocemente rispetto ai valori minimi.

Questo è un primo meccanismo compensatorio; se l’emorragia è molto grave si arriva al di sotto di un punto di non ritorno, se è grave ma non troppo una massiccia stimolazione simpatica dovuta a una massiccia attivazione del riflesso barocettivo innesca meccanismi di compenso.

Se l’emorragia è esterna perché uno si fa male e il sangue fuoriesce, è evidente a tutti. Il problema è quando l’emorragia è interna e non conclamata, come può succedere a seguito di un’operazione chirurgica in cui i vasi non vengono opportunamente cauterizzati.

I sintomi di un’emorragia interna sono:

• Pa bassa

• Sintomi di massiccia attivazione simpatica (individuo pallido, sudato, cute fredda, pupille midriatiche=dilatate)

Accertati questi sintomi, si dovrebbe chiamare un’ambulanza.

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Meccanismi a medio termine:

- Stress-rilasciamento: una P elevata causa flussi sanguigni ad alta velocità che in alcuni distretti possono mettere in condizioni di stress la parete capillare.

Lo stress si traduce in produzione di ossido nitrico (NO) che causa vasodilatazione, e quindi ↓RPT e aggiustamento dei valori pressorî.

Viceversa se la Pa si abbassa, è necessario che avvenga vasocostrizione generalizzata.

Per far si che ciò avvenga, l’endotelio, invece di NO, produce endotelina che causa vasocostrizione, e quindi ↑RPT; questo meccanismo perviene immediatamente e si protrae a lungo, a basso guadagno.

- Spostamento del liquido: nel corpo umano sono presenti compartimenti idrici. Il corpo umano contiene circa il 60% di acqua; pertanto un individuo di 70 Kg è costituito da 42l di acqua, ripartiti tra:

liquido intracellulare (28l)

liquido extracellulare (1/3 di 42= 14l), ripartito tra:

• plasma (4l)

• liquido interstiziale (10l)

Se dobbiamo svuotare rapidamente il compartimento plasmatico perché la P è alta, il liquido in eccesso verrà spostato dal liquido interstiziale al liquido intracellulare (1:10).

Spostando 200 ml di plasma (5% del totale) nel liquido intracellulare (dove ci sono 28l di liquido), il liquido nel compartimento intracellulare non subisce variazioni importanti, ha invece un forte impatto sul compartimento plasmatico.

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Gli elettroliti non sono presenti nella stessa concentrazione tra i due compartimenti: nel plasma è presente più Na⁺,nella cellula la sua concentrazione è esigua; di norma però riesce comunque a penetrarvi.

Questo meccanismo è abbastanza perdurante anche se non contribuisce molto alla sottrazione di plasma(non togliamo mezzo litro di plasma con questo sistema ma solo 100-200ml).

Questo meccanismo funziona nei due versi: una dieta ipersodica è una dieta che richiama liquidi nei compartimenti extracellulari e nel plasma. In presenza di troppo Na⁺, il liquido non penetra più all’interno delle cellule: questo meccanismo viene meno e il valore di Pa cambia (di quei 5-10 mmHg riportanti ai valori iniziali nel grafico soprastante).

Negli atri sono presenti sensori a bassa pressione di riempimento non legati all’attività cardiaca (alta pressione) ma al riempimento del sistema cardiovascolare.

Riempimento del sistema vascolare ⇒ all’aumento della quantità di plasma, i compartimenti vengono riempiti di più⇒ più i recettori a bassa P vengono ad essere stimolati dall’abbondante quantità di liquido nel sistema circolatorio.

Sono presenti due tipi di fibre:

- Fibre attive durante la diastole

- Fibre attive durante la sistole atriale che percepiscono minime variazioni di P indotte nei vasi dalla sistole atriale.

- Questi recettori a bassa pressione producono peptidi natriuretici atriali(ANF) che agiscono sul rene, infatti il cuore è un organo con funzione endocrina;

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- la stimolazione di questi recettori invia afferenze ai centri vasomotore e cardioinibitore che attivano il riflesso di Bainbridge = riflesso attivato dai recettori a bassa pressione che modificano la frequenza cardiaca stimolando a livello bulbare per eliminare il sovraccarico di volume plasmatico;

- viceversa quando il sistema si svuota, la frequenza cardiaca è regolata dal sistema barocettivo: uno svuotamento del sistema cardiocircolatorio implica bassa Pa e riflesso barocettivo attivo. La frequenza cardiaca aumenta sia in caso di troppo che di troppo poco sangue nelle arterie.

La frequenza cardiaca ha un minimo quando il riempimento è ottimale e il sistema circolatorio reagisce nel caso ci sia troppo o troppo poco sangue nel cuore.

La legge di Starling enuncia che la frequenza cardiaca segue il ritorno venoso ma la gittata sistolica non aumenta indefinitamente perché in tal caso ci sarebbe troppo sangue nelle arterie, perciò si scatenerebbe il riflesso barocettivo che andrebbe a diminuire la gittata sistolica.

Quindi, quando si va a sovraccaricare il sistema circolatorio, aumenta la frequenza cardiaca, senza aumento della gittata sistolica.

Il seguente schema riassume il controllo della Pa

La Pa media dipende dalle RPTe dalla GC. I meccanismi che regolano la Pa sono quindi quelli che regolano la frequenza cardiaca e la resistenza periferica totale.

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La Pa media regola il sistema barocettivo che a sua volta regola sia la RPT, sia la f cardiaca, e di conseguenza la GC:

- la RPT dipende da fattori locali e sistemici;

- la GC è connessa strettamente al RV e regolata dalla f cardiaca e dalla GS; quest’ultima dipende dal volume telediastolico, telesistolico e dalla contrattilità cardiaca. Il volume telesistolico è regolato dal precarico, dalla frequenza cardiaca e dalla contrattilità; il volume telediastolico è regolato invece dal ritorno venoso, dalla P media di riempimento e così via.

I meccanismi che regolano la gittata di fatto intervengono anche nel regolare la Pa.

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