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Quando il clima fa la Storia

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«la Stampa» 10 maggio 2013

Quando il clima fa la Storia

Massimiliano Panarari

Molte sono le storiografie che si possono fare, quasi per ogni argomento. E, quindi, se da tempo è in campo – con tutti i crismi della dignità accademica – la storia ambientale, ora è la volta della Storia culturale del clima. Dall’Era glaciale al Riscaldamento globale (Bollati Borin- ghieri, pp. 350), raccontata dallo studioso tedesco Wolfgang Behringer, professore all’Univer- sità del Saarland. Che ci dice che per capire il passato (e pure il futuro), oltre a sovrani e bat- taglie, e alle pratiche e alle mentalità delle popolazioni, bisogna tenere attentamente d’occhio l’influenza delle temperature e dei mutamenti (soprattutto quando repentini) del clima.

Basti pensare alle carestie che hanno prostrato e abbattuto intere culture, annichilendo la fiorente “civiltà Harappa” (il nome che designa il complesso delle civiltà dell’Indo), quando, in- torno al 1700 a. C., si seccò la valle del fiume Ghaggar. O alla civiltà moche che si sviluppò, tra piramidi e manifestazioni artistiche, per raggiungere l’apice nel VI secolo d. C., lungo la striscia costiera del Perù settentrionale (oggi arida), e venne distrutta dal combinato disposto delle guerre e di una rapida successione tra inondazioni e siccità.

O si prendano, ancora, le impressionanti implicazioni culturali per l’Occidente della cosiddet- ta “Piccola era glaciale”, il termine inventato, a fine anni Trenta, dal glaciologo Usa François Matthes, per indicare il periodo compreso tra il XIII e il XIX secolo in cui avanzarono guada- gnando terreno i ghiacciai alpini, quelli scandinavi, quelli dell’America del Nord. Con il risultato di condizioni climatiche estremamente sfavorevoli nelle nazioni settentrionali, tanto da deter- minare la fine degli insediamenti dei vichinghi in Groenlandia che vollero cocciutamente restare attaccati al loro stile di vita contadino. E il dilagare, tempo dopo, nell’Europa cinquecentesca (anche in seguito all’eruzione del vulcano islandese Laki che oscurò a lungo il sole) di un’epidemia di disagio psichico, di cui sono simboli il secondo dei Saggi di Montaigne (quella Della tristezza) e il ruotare di tanta parte della cultura dell’epoca intorno al tema della malin- conia e della depressione, ribattezzata Elizabethan malady perché raggiunse i suoi picchi sotto il regno di Elisabetta I. Il “crimine” per eccellenza (e il capro espiatorio) della Piccola era gla- ciale (che vide, in pittura, l’invenzione del genere del “paesaggio invernale”, come quelli celebri di Pieter Brueghel il Vecchio) fu la stregoneria, cui si imputava la responsabilità dell’infertilità dei terreni.

Insomma, dimmi in che clima vivi, ti dirò che tipo di civiltà sei…

IL LIBRO

Wolfgang Behringer, Storia culturale del clima. Dall’era glaciale al Riscaldamento globale, Bol- lati Boringhieri, Torino aprile 2013 (pagg.349)

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