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Risarcimento del danno - danno biologico - CTU medico legale - valutazione del magistrato come peritus peritorum - colpo di frusta - riscontri oggettivi - soggettività - valutazione

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Academic year: 2022

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A cura di MASSIMO CALVINO

Risarcimento del danno - danno biologico - CTU medico legale - valutazione del magistrato come peritus peritorum - colpo di frusta - riscontri oggettivi - soggettività - valutazione

Tribunale Roma, sez. 6° civile, 1/2/95, n. 3699 - Pres. Turchetti - Est. Rossetti - Pantanella c. Ricotta, Morra e Lloyd Adriatico SpA

La sentenza in esame ci sembra degna di considerazione poiché, partendo dalla necessità di valutare se e quale consistenza invalidante attribuire al classico “colpo di frusta” in un incidente stradale, evidenzia il ruolo del magistrato nella veste di peritus peritorum. La legge attribuisce con chiarezza siffatto ruolo al magistrato ma troppo spesso, per assenza di specifiche cognizioni su una determinata materia (ad esempio, la medicina legale), questo ruolo si impoverisce fino a lasciare carta bianca al consulente ausiliario del giudice che spesso “liquida” il controllo sostanziale sull’operato del CTU con un semplice “conclusioni pienamente condividibili”.

In relazione, poi, a un danno quale il colpo di frusta, che nel panorama degli incidenti stradali ha conosciuto negli ultimi anni un vero e proprio boom, il ruolo che dovrebbe rivestire il CTU medico è davvero notevole trattandosi, nella quasi maggioranza di casi, di esiti lesivi riconosciuti unicamente in base a quanto descritto dal periziato; insomma, un danno dove la soggettività esplica un ruolo quasi esclusivo e che condiziona spesso il CTU.

Infatti, questi, davanti a sintomi descritti ma non riscontrabili oggettivamente, e in relazione alla compatibilità di quei dolori, limitazioni funzionali ecc., si trova quasi

“costretto” a giudicare presente un simile danno.

A prescindere dall’importantissima problematica sulla soglia minima di necessaria intensità di un urto tra due veicoli affinché si possa seriamente ipotizzare avvenuto un siffatto trauma, vogliamo ribadire l’importanza del ruolo del CTU (e del magistrato in qualità di peritus peritorum) nell’accostarsi al problema del colpo di frusta proprio perché trattasi di eventi dove la soggettività, in moltissimi casi, è l’unica base su cui basare il giudizio.

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Riteniamo indispensabile che la partenza dell’esame clinico del periziato avvenga

“dopo” aver valutato quale tipo di danno ha subito il veicolo, quale intensità d’urto si è esplicata; insomma, troppo spesso si attribuisce un IP senza conoscere se la macchina è stata distrutta dal tamponamento ovvero ha riportato un danno di centomila lire (la casistica raccolta sull’argomento è troppo eloquente).

Il CTU medico deve, è noto ma è bene ribadirlo, innanzitutto ricercare il nesso causale tra le lesioni descritte e l’evento che le ha originate, e ciò deve passare attraverso la completa valutazione dei dati modali, qualitativi, quantitativi, topografici e cronologici: la presenza o no delle cinture di sicurezza al momento dell’urto, ecc.

Il giudizio sull’esistenza o no del nesso causale deve esser certo e non ci sembra una seria valutazione lasciarlo imprecisato o, peggio, neanche evidenziato nell’elaborato medico.

Nella sentenza qui in esame il magistrato, in qualità di peritus peritorum, ha ritenuto non corrette le conclusioni alle quali è invece pervenuto il CTU medico, giudicandole non adeguatamente motivate.

E la critica mossa ci sembra assai pertinente.

Infatti, il medico legale, dopo aver in premessa riscontrato l’assenza di postumi alla mano e al ginocchio (contusioni) e aver rilevato solo uno “sfumato ipertono dei muscoli paravertebrali”, conclude riconoscendo presente una “cervicalgia con lieve limitazione funzionale, comunque priva di impegno vestibolare e/o radicolare” accreditandola con una IP del 5% e una malattia guarita con 20 giorni di inabilità temporanea totale e 20 giorni di parziale.

Le critiche operate dal magistrato muovono dalla constatazione che il CTU medico si è basato, per fondare le proprie conclusioni, unicamente su quanto riferito dal periziato (dolore alla digitopressione sul tratto cervicale) pur in assenza di visite specialistiche, prescrizioni mediche, cure e altre visite.

Insomma, difettava qualunque riscontro oggettivo e valido medicolegalmente.

Pertanto, con un siffatto quadro, il magistrato non ha condiviso quell’IP del 5%

attribuito dal CTU medico e l’ha ridotta a un semplice ...1%. Inoltre, nella determinazione del quantum risarcitorio, ha ritenuto, partendo dal parametro della fictio del triplo (e non del quadruplo come operato comunemente dal tribunale di Roma della pensione sociale e dal coefficiente di capitalizzazione in relazione all’età della vittima

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(anni 37 = 16,8), di operare un abbattimento del 90% per adeguare equitativamente l’ammontare del risarcimento alla natura del danno effettivo.

Prima di concludere, vogliamo però muovere qualche altra osservazione: ci chiediamo, cioè, se una IP dell’1% possa davvero costituire un danno irreversibile, capace di accompagnare per tutta la vita residua il soggetto colpito impedendogli di godere la vita nell’identica misura antecedente l’evento (l’1% è una “misura” davvero quantificabile rispetto a un 100% che rappresenta la totale integrità psicofisica di un soggetto?).

Le stesse considerazioni ci sembrano movibili alla valutazione dell’inabilità temporanea totale, nel senso che se essa è impedimento “totale” allo svolgimento delle normali occupazioni giornaliere di una persona (lavarsi, vestirsi, uscire, camminare, mangiare, svagarsi, incontrare amici, ecc.?) appare palese che un colpo di frusta non viene a recidere totalmente siffatte occupazioni, per cui apparirebbe più corretto riconoscere alla malattia solo il periodo di inabilità temporanea parziale.

Tagete n. 3-1995 Ed. Acomep

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