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Andrea C. Montanaro RUVO DI PUGLIA E IL SUO TERRITORIO LE NECROPOLI I CORREDI FUNERARI TRA LA DOCUMENTAZIONE DEL XIX SECOLO E GLI SCAVI MODERNI

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Andrea C. Montanaro

RUVO DI PUGLIA E IL SUO TERRITORIO

LE NECROPOLI

I CORREDI FUNERARI TRA LA DOCUMENTAZIONE

DEL XIX SECOLO E GLI SCAVI MODERNI

<<L'ERMA>> di BRETSCHNEIDER

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ANDREA C. MONTANARO Ruvo di Puglia e ii suo territorio

Le necropoli

I corredi funerari tra la documentazione del XIX secolo e gli scavi moderni

© Copyright 2007 - <<L'ERMA>> di BRETSCHNEIDER Via Cassiodoro, 19 - 00193 Roma

http://www.lerma.it

Tutti i diritti riservati. E vietata la riproduzione di testi e illustrazioni senza ii permesso scritto dell'Editore

ISBN 978-88-8265-455-9

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A rn/a moglie

Anna Maria

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Volume stampato con ii contributo di:

GUASTAMACCHIA spa engineering & construction

costruzioni generali e

produzione di energia da fonte eolica e solare

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INDICE

Prefazione di Ettore M. De Juliis . P. 9

Introduzione ...>> 13

CAPITOLO I

Lineamenti di topografia storica ...>> 19

CAPITOLO II

La storia del rinvenimenti nella documentazione ottocentesca:

ii saccheggio delle necropoli e ii fenomeno del collezionismo

antiquario ...>> 31

CAPITOLO III

Le necropoli: la distribuzione topografica ...>> 75

CAPITOLO IV

Le strutture funerarie: tipologie, tecniche costruttive e

decorazione pittorica ...>> 91

CAPITOLO V

I corredi funerari: composizione e cronologia ...>> 119

CAPITOLO VI

Riflessioni conclusive ...>> 157

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CATALOGO DEl CORREDI

I - Rinvenirnenti nell'area del centro storico . . . p. 211 II - Rinvenimenti all'esterno del centro storico ... >> 281 II,a - Settore orientale ... >> 281 II,b - Settore settentrionale ... >> 333 II,c - Settore occidentale ... >> 429 II,d Settore meridionale ... >> 595 III - Rinvenimenti nell'area della periferia meridionale,

al di là della linea ferroviaria (Contrade Pantano, Chiancata,

Arena, La Zeta) ...>> 845 IV - Rinvenimenti net tenitorio extraurbano: nell' area delle

Murge . . . >> 999 V - Rinvenimenti di incerta localizzazione ...>> 1019 Bibliografia generale ...>> 1027 Tavole ...>> 1091

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PREFAZIONE

Andrea Montanaro ha conseguito recenternente it titolo di Dottore di Ricerca, dopo essersi laureato e specializzato presso 1'Università di Ban.

I suoi interessi scientifici Si SOflO concentrati soprattutto sul centro indigeno di Ruvo, in eta prerornana, netcui anibito rientrano due suoi studi, dedicati rispettivamente

ad una tomba arcaica (A. C.

Montanaro,

Una tomba principesca di Ruvo,

in

Taras,

XIX, 2, 1999, pp. 217-249) e alle oreficerie greche ed etrusche, ritrovate in grande quantità nelle necropoli ruvesi (A. C. Montanaro,

Gli ori di Ruvo di Puglia Ira Greci ccl Etruschi,

Bari 2006).

Con questo studio 1'Autore ha approfondito ed ampliato forternente la docurnentazione archeologica relativa all'antico centro peucezio, migliorandone forma e contenuto netcorso del triennio di Dottorato, fino a meritare it prestigioso prernio "L'Erma di Bretschneider" con la conseguente pubblicazione dell'opera.

II Catalogo delle necropoli ruvesi, che rappresenta una parte cospicua dell'intero studio, richiede la presentazione di una "chiave di lettura", indispensabile per chiarire la vasta e complessa docurnentazione.

Questa

è

articolata in 8 gruppi di rinvenimento, compresi in altrettante aree archeologiche, secondo una disposizione che procede dal centro storico verso la periferia. All'interno di ciascun gruppo sono inserite tombe o schede di rinvenimento, comprendenti notizie sulla scoperta e sullo scavo e, soprattutto, quando possibile, !'elenco degli oggetti formanti it corredo. Complessivamente gli otto gruppi sono formati da ben

473 tra tombe e schede di rinvenirnento.

In questa fase di studio è stato fondarnentale to sforzo volto at riconoscirnento dci reperti, spesso diffusi in Musei e Collezioni di tutto it mondo. L'irnpresa, che da principio sembrava disperata, è stata portata avanti con risultati straordinariarnente positivi.

Cia 6 stato possibile grazie a diverse circostanze favorevoli, tra le quali fondanientale 6 stata la consultazione lunga, faticosa e tenace da parte dell'Autore degli archivi ricchi di notizie coeve ai frequenti ritrovamenti ottocenteschi di tombe ruvesi (Archivio di Stato di Napoli, Archivio di Stato di Bad, Archivio Storico delle Soprintendenze di Napoli e di Ban, manoscritti di studiosi beau, talvolta del tutto inediti).

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Partendo da questi docurnenti si Sono potuti seguire i numerosi passaggi di proprietà di singoli reperti o di gruppi di reperti, dal mornento della scoperta, ai primi studiosi beau, agli antiquari napoletani, able grandi raccolte internazionali (Parigi, Londra, Monaco, Berlino, San Pietroburgo), a Collezioni private poi smembrate e confluite in altri musei (specialmente americani), oppure di nuovo inserite nel circuito delle Case d'asta.

Ció che è sempre stato ii nodo pifl difficile da sciogliere, ossia ii riconoscimento di un corredo tombale e dei reperti pertinenti, è stato qui superato, in gran parte, grazie alla consultazione dei documenti cartacei e ancor piü grazie all'abitudine degli eruditi locali di descrivere in maniera estremamente analitica ogni reperto (soprattutto i vasi figurati), consentendo ii riconoscimento, spesso sicuro, dell'oggetto ricercato. Individuati i vasi o i bronzi piü importanti, l'aggregazione degli oggetti minori è stata pifi facile e obiettivamente meno indispensabile.

Oggetti vaganti per ii mondo anche da un paio di secoli trovano, grazie a questo studio, una patria sicura (Ruvo), un'area di ritrovamento riconoscibile (prima in gran parte ignota) e, infine, un contesto certo o almeno probabile.

Accanto al recupero di un contesto archeologico tra i maggiori dell'Italia meridionale si pongono altri elementi nuovi neIl'ambito di problematiche di pifl ampio respiro.

Mi riferisco alla prima parte dell'opera, articolata in sei capitoli comprendenti alcuni aspetti fondamentali dell'archeobogia ruvese: dab saccheggio delle necropoli allo sviluppo del collezionismo antiquario, dalla tipobogia tombale al rituale funerario e, ancora, alla disposizione topografica delle necropoli.

Per quanto riguarda quest'ultimo problema, la lettura topografica nelle zone di rinvenimento appare agevolata dall ' inserimento, alla fine deli' opera, di quattro planimetrie, che vanno dalla Carta catastale di Ruvo, della fine dell'Ottocento, alla recentissima pianta turistica deli'odierna città. Quest'ultima appare indispensabile per chi voglia considerare la toponomastica ottocentesca in rapporto a quella attuale, che ha cancellato spesso del tutto la precedente. Ii doppio riscontro, rafforzato anche dall'impiego dei corrispondenti Fogli dell' I. G. M., dà la possibilità di individuare, ancora oggi, il luogo approssimativo dei vecchi rinvenirnenti.

Dab Catabogo dei Rinvenimenti e dci Corredi funerari

Si

possono ricavare altre importanti notizie sulle classi di materiali presenti a Ruvo, spesso in quantità elevate e di particolare pregio e rarità. E' questo ii caso delle importazioni di vasi attici Sia a figure nere, sia a figure rosSe. Dei primi sono stati registrati circa trenta esemplari, dei secondi circa centodieci, cui vanno aggiunti ulteriori, recenti reperti (Beazley

1956; 1963; 1971; 1982).

Per quanto riguarda la cronobogia dci vasi attici a figure rosse va osservato che il picco massimo delle importazioni si registra nella seconda metà del V secobo a.C. Inoltre, a differenza di quanto avviene nelle maggiori necropoli della Puglia centro-meridionale (Rutigliano, Ceglie del Campo, Gravina, Rudiae, Vaste, Cavallino) l'importazione di vasi attici si protrae anche nei primi decenni del IV secobo, con opere di grande qualitá artistica, attribuibili ai maggiori vasai del momento, tra i quali si ricordano i Pittori di Tabs, di Kadmos, di Pronomos.

Nelbo stesso tempo, cioê nei decenni di passaggio tra il V e ii IV secolo, ai vasi attici si affiancano i "nuovi" vasi protoitalioti, dapprima quelli lucani e poi (fino alla fine del

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IV secolo) quelli apuli dci maggiori maestri. Significative, a questo proposito, appaiono le quantità dei vasi italioti a figure rosse ritrovati a Ruvo. Su un complesso di circa 430 esemplari 60 sono attribuibili alla "scuola" lucana e ben 370 a quella apula.

Per concludere, lo studio di Andrea Montanaro costituisce non solo uno strumento indispensabile per chi voglia approfondire i vari aspetti della civiltà della Magna Grecia, ma anche (e questo è essenziale), un notevole passo avanti nel lungo e complesso percorso verso una conoscenza sempre piü approfondita e documentata della civiltà della Puglia anellenica e preromana.

ETTORE M. DE JULIIS

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INTRODUZIONE

Ii volume sulle necropoli di Ruvo e del suo territorio nasce come una ricerca puramente filologica che intende apportare nuovi dati, nonché proporre suggerirnenti e nuove aperture utili per le future indagini sul centro apulo. Si tratta di dati scaturiti dallo studio di documenti del tutto inediti, che hanno consentito ii recupero e la ricomposizione di nurnerosi contesti funerari che sembravano ormai dispersi, permettendo di formulare alcune rifiessioni su tale ingente patrimonio archeologico. Nell'introdurre l'argomento è doveroso sottolineare come, nella letteratura archeologica pifi conosciuta, ii nome di Ruvo sia spesso accostato soprattutto alla sua tomba pifi celebre scoperta ii 15 novembre del 1833, la "Tomba delle Danzatrici", e al prestigioso Museo Jatta con i suoi numerosi e raffinati vasi trovati nelle ricche tombe della città apula. Purtroppo, sono assolutarnente inesistenti, anche per la mancanza di sicuri dati di scavo, studi sugli altri e pur numerosi rinvenimenti che caratterizzarono la storia degli scavi archeologici ruvesi dci primi decenni del XIX secolo. Ció nonostante, tali ritrovamenti sono ben documentati sia in vane pubblicazioni ottocentesche, sia in numerosi docurnenti di archivio, redatti dalle vane autorità preposte alla tutela del patrimonio archeologico, nonché in vane relazioni e testimonianze manoscritte di storici ed eruditi locali che si interessarono alla Storia dell'insediarnento peucezio di Ruvo, i quali non mancano di fornire preziose notizie sulle modalità dci ritrovamenti e sui corredi funerari, alcuni dci quali di straordinaria ricchezza.

Ii caso pifl eclatante è quello del rinvenirnento di un eccezionale corredo tombale di eta tardo-arcaica, scoperto a Ruvo di Puglia verso la fine del mese di ottobre del 1833: si tratta, come si vedré piui dettagliatamente nel capitolo dedicato al catalogo dci rinvenimenti e dci corredi, di un complesso funerario unico, assolutamente inconsueto in quel territorio, che costituisce tuttora l'unico aspetto noto e fruibile della sepoltura.

Essa, tuttavia, riveste una grande importanza anche per la sua struttura, le dimensioni e il luogo del rinvenimento, caratteristiche che la accomunano alla pifl famosa "Tomba delle Danzatrici". Nonostante ii rinvenirnento fosse di eccezionale rilevanza, forse pifi della stessa "Tomba delle Danzatrici", trovata circa quindici giorni piui tardi accanto alla stessa tomba principesca, non se ne fece un gran

rumore

da parte degli scopnitori, il cui unico scopo, molto probabilmente, era quello di occultare gli oggetti pifi preziosi che componevano lo straordmario corredo per poi poterli vendere ai migliori offerenti

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nel mercato antiquario. Tuttavia, l'eccezionalità della scoperta non è sfuggita ad alcuni eruditi locali contemporanei, tra cui vanno menzionati soprattutto ii padre ruvese Federico Laviola1 ed Onofrio Bonghi, i quali scrivevano in un mornento immediatamente successivo allo straordinario ritrovamento, all'epoca in cui, nel territorio di Ruvo, si susseguivano una serie di innumerevoli scavi2, in una vera e propria corsa ad impadronirsi degli oggetti piü pregevoli che emergevano dal sottosuo103.

Infatti, l'attenta analisi ed un puntuale confronto tra una cosI abbondante docurnentazione archivistica e le nurnerose relazioni e mernorie suddette hanno permesso di ricostruire anche le circostanze e i luoghi di rinvenimento di un altro gran numero di tombe e di restituire un conteSto, altrimenti perduto, ai numerosissirni e pregevolissimi oggetti in esse rinvenuti. D'altronde, è noto che, già dalla fine del 1700, la cittadina apula divenne uno dei principali centri in cui si esercità l'opera degli scavatori alla ricerca dei sepolcri e degli oggetti in essi contenuti. Tali reperti venivano recuperati soprattutto dalle numerose e ricche tombe che, inizialmente, erano rinvenute in maniera occasionale4, durante lavori agricoli ed edilizi5, e che successivamente, con ii moltiplicarsi delle scoperte e l'acquisita consapevolezza della ricchezza che ne poteva scaturire, diventarono oggetto di una frenetica ricerca, talora regolare e autorizzata, nonché promossa dallo stesso governo borbonico per arricchire le raccolte del Real Museo di Napoli. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, tale opera di ricerca era di carattere illecito e clandestino e, soprattutto negli anni'20 e '30 del 1800, raggiunse livelli mai pin eguagliati, tanto da far precipitare la situazione, che divenne cosI incontrollabile da trasforrnare l'intero territorio della cittadina in un vero e proprio cantiere di scavo e del cui clima di fervore ci forniscono interessanti testirnonianze anche G. Jatta6 e il suo ornonimo nipote7.

A questa vera e propria "miniera" del sottosuolo ruvese attinsero non solo i nurnerosi collezionisti locali, ma anche veri e propri "imprenditori" dello scavo, organizzati in società, i quali investivano nella ricerca dei reperti e ricavavano proventi dalla loro venditat, che avveniva soprattutto a Napoli, centro principale del floridissimo commercio

LAvIOLA in URSI 1835, pp. 119-125.

2 Si segnalano tra le sintesi pin recenti sugli scavi di Ruvo nei primi decenni del XIX secolo I seguenti autori: Di PALO 1987, pp. 59-71; Bum 1994, pp. 13-14; ANDREASSI 1996, pp. 14-18; BORRIELLO 1996, pp.

223-225; CASSANO 1996b, pp. 109-112.

Naturalmente per I'acquisto dci vasi era seguito un criterio estetico come 6 testimoniato da un episodio riferito da U. Petroni, ii cui protagonista G. Jatta distrusse 'pigiandoli" i vasi trovati in una tomba perché "di poco pregio e rustici" (PETRONI 1880, p. 26 poi in Bucci 1994, p. 15). Sui criteri della scelta dei reperti da parte

dci collezionisti ottocenteschi si veda anche la sintesi di R. CASSANO 1996a, pp. XI-XV.

Si veda URSI 1835, capitoli 1 e 2 per i primi epiSodi isolati.

In particolare era lo scasso delle vigne, tuttora elemento dominante nel paesaggio delle campagne circostanti il centrn urbano, nbc consentiva di scendere ad una profondità tale da rinvenire grosse sepolture (JATTA 1869, p. 6; RunniERo 1888, pp. 562-563, lettera dell'Intendente Marchese di Montrone del 31 ottobre 1834, inCASSANO 1996b, pp. 109-110).

JATTA 1844, pp. 56-61. E ricordato in particolare l'anno 1822 in cui Rla specolazione rid scavalnentiginnse alflurore ejiu portata ad on punto do non potersi oItu'cpassarcs (p. 58); infatti, proprio allora furono emanate disposizioni nbc regolamentavano questa attivitd (AN0REASSI 1996, pp. 16-17).

2 JATTA 1869, pp. 6-11.

UR5I 1836a, pp. 88-90. Dal 1830 al 1835 sembra che siano entrati nd "Paese" per la vendita dci vasi p16 di centomila ducati. Si fa inoltre riferimento alla società del Lamberti a Napoli e al mercante Casanova insieme a tanti altri che fanno acquisti per i rnusei di Russia e Prussia: Durant, Pacilen, Pizzati-Gargioli.

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antiquario, ed anche all'estero. Questo fenomeno non rimase isolato, tant'è vero che, a rendere ii panorama ancora piü deprimente, contribul la grande affluenza nella città di Ruvo anche di studiosi e di numerosi commercianti ed emissari senza scrupoli dei musei stranieri, venuti con l'intento di impadronirsi, con offerte di denaro assai interessanti, degli esemplari piü notevoli e dell'immenso materiale prezioso trovato nelle necropoli di Ruvo. Infatti, la quantità del materiale recuperato da tali scavi fu veramente imponente e la qualità del reperti (si pensi ai vasi figurati, greci ed italioti, alle oreficerie, ai bronzi) si rivelà essere di grandissimo pregio.

Naturalmente, ii connotato essenziale che caratterizzava gli scavi condotti in quel periodo era quello della clandestinità. Questo è quanto è accaduto alla maggior parte delle tombe rinvenute a Ruvo, i cui corredi funerari furono saccheggiati e smembrati dci loro oggetti pin preziosi. Fortunatamente, gran parte del materiale ritrovato ê giunto a Napoli, allora capitale del Regno Borbonico, e adorna, ancora oggi, le sale del Museo Nazionale. Tuttavia, è indispensabile sottolineare che, sfortunatamente, in conseguenza di quanto si è appena detto, accadeva anche che i pin bei vasi, le magnifiche oreficerie, gli splendidi bronzi ed un'enonrie quantità di pregevoli reperti, una volta confluiti nelle trame del commercio antiquario napoletano, lasciassero Ruvo per varcare addirittura Ic frontiere del territorio italiano, disperdendosi all'estero e arricchendo tuttora le sale dci piü prestigiosi musei del mondo, quali ii British Museum di Londra, 11 Louvre a Parigi, l'Antikensammlungen di Monaco di Baviera, il Badisches Landesmuseum di Karlsruhe, l'Antikenmuseurn di Berlino, l'Hermitage di San Pietroburgo, il Metropolitan Museum di New York, ii Museum of Fine Art di Boston, per citare I piü farnosi, e tanti altri ancora.

Recentemente, sono stati effettuati ulteriori rinvenimenti che hanno consentito di conoscere nurnerose altre sepolture, ma i correcli rinvenuti nel corso dell'Ottocento, per la loro straordinaria ricchezza e per la qualitâ dci reperti, rimangono unici nel loro genere. Si è già affermato che gli studi su tali monumenti e sui loro corredi sono pressoché inesistenti:

infatti, tranne le già citate relazioni del Laviola, riprese ed arricchite con ulteriori particolari in due manoscritti di un altro canonico ed erudito locale quale Don Giacomo Ursi 9 e in un prezioso manoscritto di Salvatore Fenicia'°, per il resto non rimangono solo che cenni sparsi su alcuni oggetti di pregio facenti parte di tall corredi, presenti in altri scritti ed opere di Salvatore Fenicia", in diversi nunieri del

Bullettino clell'Instituto di CorrispondenzaArcheologica' 2

e in una cospicua serie di atti d'archivio'3.

G. URSI, Ricerche istoriche ,s'ulI'oi'igine ed antichith di Rum", 1835, pp. 119-125 (ii inanoscritto 4 custodito nella Biblioteca Nazionale "Sagarriga Visconti" presso La "Cittadella della Cultura" di Ban); G. URsI,

"Collezioni del/c descrizioni archeolagichejbtte dai varii aulori in Ri,vo", 1836; pp. 93-98 (ii manoscritto originale sembra si trovi presso la biblioteca pnivata delta famiglia Jatta, mentre una copia dello stesso si trova presso un privato).

° S. FENIcIA. "Meinoria Archeologica sulle preziose anticag/ie, date c/a/Ia Cittd di Ruva di Puglia al Reale Mzosea Booboo/co c/a/I 'epoca, in Gui 6 stain iota//ala in Reale Caonnsissione dd Scavi. Opera .ccritta nd Noveonbre del 1840 dal Cansigliere D. Salvatore Fenicia Archealogo e Presidenle del/a detta Conan issione

1840 (i] manoscritto e conservato nella direzione del Museo Nazionale di Napoli).

S. FENICIA 'Ode anacreontica sulfa Ruvo Appula" 1836.

2 Bull. dell'fnst. 1834, 1836, 1837, 1840, 1842.

"Docuonenti Inediti do service per /0 Storia dci Zvlusei duo/ia", vol. IV, 1880, pp. 89-92, per

Citare un esernpiu.

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Tali riferimenti, perO, riguardano solarnente alcuni vasi figurati oppure oggetti pregiati come era nello stile degli studi ottocenteschi, le cui indagini sui vari monurnenti erano prettamente di carattere iconografico o mitografico, quando si trattava delle ceramiche figurate, oppure di carattere essenzialmente estetico o stilistico per le altre classi di oggetti, anche perché gli scavi condotti in quel peniodo erano finalizzati esciusivamente al saccheggio delle tombe e degli oggetti in esse contenuti, trascurando ii contesto di provenienza dei reperti'

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. Infatti, il mancato nigore scientifico dei ritrovamenti ha purtroppo causato la gravissima perdita di una notevole e importante quantità di dati materiali utili per la definizione di un quadro ii piiii vicino possibile ai fenomeni storici, culturali ed economici della Ruvo peucezia. Ii fatto stesso che nei documenti rnenzionati manchino notizie sia sui luoghi di rinvenimento che sui corredi considerati globalmente, denuncia chiaramente che al dato archeologico non veniva posta alcuna domanda che riguardasse situazioni storiche, sociali e culturali in genere dei personaggi sepolti nelle tombe.

Ma, fortunatarnente, non sono mancati studiosi ed eruditi locali (tra cui si ricordano ii Padre Laviola, ii canonico Ursi, i fratelli Jatta e Salvatore Fenicia) ed anche stranieni (Schultz, Braun, Gerhard e Sanchez) che in diversi casi si SoflO soffermati anche sulla descrizione di alcuni particolari strutturali delle tombe e dei loro corredi considerati globalmente, contribuendo a trasmetterci on patrirnonio di informazioni fondamentali altnimenti sconosciute. Naturalmente, non mancano i difetti in questi lavori, come la scarsa considerazione delle ceramiche acrorne,

"infime terrecotte senza alcuna dipintura "15,

o delle cerarniche geometriche beau,

"vasi rustici ".

Le uniche relazioni dettagliate sono proprio queue del Laviola e le mernorie del canonico Ursi, i quali Si SoflO soffermati, oltre che sulla tipologia delle tombe, Sulle loro dimensioni e parzialrnente sulle loro eventuali decorazioni pittoniche, anche sul rito funerario e soprattutto sulla posizione, all'interno delle tombe, di alcuni tra gli oggetti piü importanti.

Tuttavia, dopo tali relazioni e dopo gli accenni e i niferirnenti già citati, è calato su tali monumenti e sui loro corredi un silenzio durato circa 170 anni, interrottoSi dopo un recente eSame, da parte dello scnivente°, delle fonti docurnentanie sulla scoperta di una tomba principesca e degli oggetti componenti ii SUO corredo, che hanno portato per la prima volta alla ricomposizione di tale straordinario contesto, nonché delle fonti letterarie ed iconografiche, le quali hanno conSentito di individuare nell'inSieme degli oggetti un nituale di passaggio ed una valenza simbolica per ognuno di essi niconducibile a cnedenze escatologiche.

Le strutture funeranie e gli immenSi e nicchi cornedi mettono in evidenza ii livello socio-economico e culturale notevolmente elevato della cornmittenza della città nuvese.

Una committenza, come si vedrà, anche allogena, i cui corredi, spesso composti da un notevole numero di oggetti di importazione, ne sottolineano ii gusto e l'ideologia raffinati in un centro che vanta un vero e propnio pnimato nella frequenza dei nitnovamenti di

4 è una testimonianza it titolo del libretto URsI 183 6b else con ferma tale approccio ai reperti archeologici:

"Spiegazione c/cite favole clip/n/c Sill vasi fatti elevare a penneito dot Signor Canon/co Don Giacomo Ursi All/ore c/cite Ricerche Patric MDCCCXXXVI". Si veda anche CASSANO 1996a, p. XLI, a proposito degli studi deII'Avellino e del Finati sui vasi figurati.

JATTA 1884, pp. 117 e251.

6 MONTANARO 2004, pp. 217-252, taw. XCII-CXVI; MONTANARO 2005, pp. 7-8.

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ceramica attica ed italiota, veicolo di trasmissioni di modelli formali e di iconografie cariche di elementi simbolici.

I temi affrontati all'intemo dell'opera sono i seguenti: ii volume si apre con una sintesi sulle testimonianze storico-archeologiche che hanno caratterizzato l'insediamento peucezio dagli inizi dell'età del Ferro fino al tardo ellenismo. Segue, quindi, un contributo in cui saranno affrontate le vane problernatiche relative alla consistente documentazione ottocentesca, attraverso la quale si ê cercato di ricostruire una storia dei rinvenimenti e del collezionismo antiquario di quel periodo, alla luce delta documentazione inedita ritrovata.

Ii terzo capitolo è dedicato allo studio delta distribuzione topografica delle aree di necropoli e alla localizzazione delle singole strutture funerarie, laddove i dati d'archivio lo hanno consentito. A tal proposito it lavoro è corredato da diversi stralci planirnetrici (tavv. I- III) con la localizzazione dei rinvenimenti, caratterizzati da una legenda che individua le diverse fasi cronologiche dei contesti: tra questi, vi è anche una pianta ricavata dai fogli catastali del 1874, dove sono indicati i toponirni dei luoghi di quel periodo storico, che ha consentito di collocare i numerosi ritrovamenti effettuati nel corso XIX secolo.

Ii quarto è stato dedicato allo studio delle diverse tipologie tombali riscontrate nell'insediamento di Ruvo, all'analisi delle tecniche costruttive, nonché delta decorazione pittorica, ove questa è presente. Completa ii quadro dci vari argomenti affrontati it capitolo relativo alla cronologia dei corredi e ai possibili confronti con altri contesti apuli e italici. Chiude, infine, l'ampio spettro delle ternatiche discusse un contributo relativo alle riflessioni conclusive, che hanno ii solo scopo di proporre nuovi spunti e nuovi stimoli per la futura ricerca, riguardo allo studio del rituale funerario, nonché dci vari aspetti economici e sociali che hanno caratterizzato l'antica Ruvo nella sua evoluzione storica, dalla prima eta del Ferro sino alle soglie della rornanizzazione.

La seconda parte del volume è costituita dal catalogo sistematico dci corredi:

ogni contesto comprende una scheda relativa alla ricostruzione delle circostanze del rinvenimento della sepoltura e il catalogo dci materiali ritrovati con le rispettive schede.

I ritrovamenti sono divisi in aree individuate, sulla base delta moderna configurazione topografica, partendo dal centro storico per proseguire verso ii territorio. Ii presente lavoro è, dunque, frutto di una minuziosa e rigorosa attività di ricerca e di analisi della copiosa docurnentazione d'archivio pervenuta, conservata presso gli archivi statali (Archivi di Stato di Ban, Napoli, Roma, Archivio Storico della Sopnintendenza Archeologica di Napoli e Caserta, Archivio delta Soprintendenza Archeologica della Puglia) e gli istituti di archeologia (Istituto Archeologico Gennanico di Roma), che in quel momento costituivano i centri di riferimento e di istituzione della ricerca e delta tutela del patrimonio archeologico. Tali documenti, confrontati con le memoric degli eruditi locali, hanno permesso di constatare l'attendibilità di questi ultimi, apportando una serie cospicua di informazioni utili a ricostruire le circostanze e i luoghi dci rinvenimenti, le tipologie tombali, nonché le vicende prima ruvesi, poi napoletane e infine addirittura estere degli oggetti componenti gli eccezionali corredi funebri. Sulla base di queste descrizioni e di questi documenti sono stati effettuati i confronti con i materiali custoditi nei depositi dci vari musei (Ban, Taranto, Napoli, Londra, Parigi, Monaco di Baviera, Karlsruhe, Benlino, San Pietroburgo) che hanno permesso di riconoscere i numerosi reperti illustrati nei suddetti documenti.

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Per concludere, ii gradito compito di ringraziare quanti hanno contribuito in vario modo a questa ricerca, permettendo lo studio dei materiali e la consultazione degli archivi. Desidero ringraziare in maniera particolare ii prof. Ettore De Julius, guida fondamentale e indispensabile durante i miei anni di studio e per la mia continua crescita culturale, ii quale ha seguito in maniera costante e con grande entusiasmo la mia ricerca, suggerendo al sottoscritto preziosi e fondarnentali consigli. Un sentito ringraziamento alla prof.ssa Maria Bonghi Jovino, la quale si ê resa disponibile fornendo contributi critici tanto neIl'irnpostazione che nell'elaborazione del presente volume. Particolare gratitudine nutro nei confronti dell'amico Cleto Bucci, al quale sono debitore per i suoi utili suggerimenti e per le preziose notizie sulla topografia ruvese, e nei riguardi della dott.ssa Mimma Labellarte per i suoi opportuni consigli.

Un ringraziamento d'obbligo va al Soprintendente per i Beni Archeologici di Napoli e Caserta, la dott.ssa Maria Luisa Nava, per avermi concesso la consultazione degli archivi e la visione dci materiali custoditi nei depositi del Museo di Napoli, e ai funzionari che hanno facilitato la mia ricerca, la dott.ssa Maria Rosaria Esposito, per l'Archivio Storico del Museo di Napoli, la dott.ssa Lista per i depositi del Museo, nonché la dott.ssa Villone per l'Archivio Fotografico. Naturalmente, un ringraziarnento è rivolto anche al Soprintendente per i Beni Archeologici della Puglia, ii dott. Giuseppe Andreassi, per aver concesso la visione dei materiali conservati nei depositi del Museo di Taranto, alla dott.ssa Laura Masiello, per la sua estrema disponibilità nell'avermi facilitato la visione di tali materiali, e alla dott.ssa Francesca Radina, direttrice del centro operativo di Bari della Soprintendenza Archeologica della Puglia, per la consultazione dell'Archivio Fotografico. Ringrazio tutti i funzionari dell'Archivio di Stato di Napoli e dell'Archivio di Stato di Bari per la gentilezza e la cortesia con cui hanno agevolato ii lavoro di ricerca del sottoscritto.

Un doveroso grazie va alla Guastarnacchia spa die COfl grande entusiasmo si è prestata quale sponsor dell'opera.

Infine, sono particolarmente grato ai membri della Commissione del prestigioso prernio <<L'Erma>> di Bretschneider per aver proclamato quest'opera vincitrice della XIII edizione, nonché all'editore R. Marcucci, alla dott.ssa E. Montani e al dott. D. Scianetti per la cortesia con cui hanno seguito e sollecitato la stampa del volume.

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CAPITOLO I

Linearnenti di topografia storica

Le informazioni su!l'antico centro peucezio di Ruvo, tramandate per lo pifi dalle fonti scritte letterarie ed epigrafiche, sono piuttosto scarse e risalgono ad un'epoca piuttosto tarda. Le prime, consentono soprattutto di collocare l'insediarnento lungo alcuni importanti itinerari di eta romana', mentre tra le seconde, costituite in particolare da epigrafi funerarie, si puà segnalare un'iscrizione contenente un riferimento ad un

"muruin"

che potrebbe aver circoscritto, giã in eta preromana, la zona pifl alta della collina 2 . Sono hen noti, invece, i reperti provenienti dalle immense necropoli e dalle ricche tombe, completamente devastate dall'espansione edilizia quando, fin dai primi anni dell'Ottocento, cominciarono a nascere sobborghi al di fuori delle mura, presso l'insediamento conventuale dci Padri Scolopi (ex Convento Domenicano) a Porta Noè, al Largo del Buccettolo e fuori la Porta del Castello, lungo la via del Convento dei Cappuccini e quella per Corat03.

Purtroppo, i numerosissimi e pregevoli reperti recuperati, che finirono per alimentare, oltre alle collezioni locali (in gran parte disperse), queue napoletane e straniere, non erano accompagnati, come si è giá riferito, da un'adeguata documentazione sulla collocazione topografica delle tombe e sui contesti degli oggetti piü prestigiosi riversati nel mercato antiquario. Inoltre, si deve aggiungere Ia completa ignoranza circa Ic testimonianze relative aIl'abitato, costituite soltanto da pochi ed isolati accenni a strutture di difficile identificazione presenti nella letteratura archeologica del passato4, dovute principalmente al fatto che l'indagine archeologica ottocentesca ha privilegiato la ricerca delle necropoli a scapito degli altri aspetti insediativi.

M. MAR1N 1981, pp. 128-132. La città S ricordata da Orazio nella satira in cui descrive it suo viaggio da Roma a Brindisi (ORAzIo, S(1l. 1, 5, 94 ss.). Altre citazioni sono presenti in P1mm (PuNlo, N. H., III, 105), in Frontino (F1tONT1NO, USer Coloniaruni, 1, 262 L.), nelI'Itinerario Antonino (Ilinerario Antonino, 116- 117), nell'Itinerario Burdigalense (Itinerario Burdigalense, 609-610), nella Tabula Peutingeriana (Tabula Peulingeriana, VI. 5) c, infine, neII'Anonirno Ravennate (ANONIMO RAVENNATE, IV, 45).

2 M. MARIN 1981, pp. 200-201; CHELOTTI 1987, pp. 30 e 46-51, n. 2; in generale sulle iscrizioni si veda M.

MAR1N 1981; CHELOTTI 1987; Ci-1ELOTT1 1989, pp. 11-26.

Di PALO 1987, p. 84.

Si ricorda un "anlico fdbbricato lingo e so-ella" rinvenuto nel 1854 sotto la chiesetta di S. Sabino (M.

MARIN 1981, p. 135, con bibliografla precedente); ii ritrovarncnto, net 1822, di una "otjicina anhicamente ac/della

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Fortunatamente, invece, le recenti ricerche condone dalla SoprintendenzaArcheologica della Puglia hanno permesso di ottenere degli interessanti risultati conoscitivi riguardo all'urbanistica e alla tipologia abitativa dell'antico centro apul0

5

, nonostante le notevoli difficoltà di indagine dovute alla continuità insediativa che ha portato alla sovrapposizione dell'abitato moderno a quello medievale e quindi a quello antico, con le inevitabili interferenze e sovrapposizioni di fasi costruttive riferibili a epoche diverse.

Una semplice analisi dei materiali di provenienza ruvese consente di delineare le vane correnti commerciali che interessarono ii vivace insediarnento di Ruvo nei secoli in esame. Infatti, esso sembra caratterizzato precocemente, come gli altri centri della Peucezia

6

, dal concomitante apporto di materiali di diversa provenienza, indice della sua particolare agiatezza, documentata anche, come si vedrà in seguito, dalla diffusione di tipologie tombali monumentali, associate in alcuni casi a decorazioni dipinte7.

Andando indietro nel tempo, Sino alle prime fasi dell'età del Ferro, quando l'intero territorio regionale era coinvolto dallo sviluppo della civiltà iapigia, si nota che le forme insediative in queSta fase (IX-VIII secolo a.C.) appaiono artico late per nuclei indifferenziati di abitati posti sulle modeste ondulazioni della fascia premurgiana, in luoghi difesi naturalmente o in prossimità di solchi torrentizi, come le lame, particolarmente idonei allo svolgimento delle attività prirnarie. Piuttosto incerta, al mornento, è la conoscenza riguardo ai rapporti di relazione topografica con le aree adibite ad uso funerario, le cui emergenze monumentali sono costituite dalla tipologia delle tombe a tumulo. Al loro intemo sono Stati rinvenuti elementi di corredo funerario costituiti da pendagli antropomorfi e zoornorfi in bronzo e da fibule a doppia spirale e ad arco serpeggiante, rispettivamente riconducibili alle tipologie di tradizione adriatica e tirrenica cornunemente attestate nelle necropoli di eta protostorica in Basilicata e nella Puglia settentrionale5.

Pur nel cedimento della omogeneità culturale iapigia, per effetto della colonizzazione greca con il conseguente processo di differenziazione dci tradizionali comparti etnico- culturali della Puglia antica, la Daunia a nord, la Peucezia e la Messapia nel centro-sud, il VII secolo registra per l'evidenza archeologica ruvese una sostanziale continuità di vita dei nuclei residenziali sparsi nel territorio, secondo il precedente schema di tipo paganico- vicanico, cos! come ii costume funerario segnala una fase di attardarnento nell'uso delle strutture funerarie a tumulo di tradizione protostorica, i cui dati evidenziano una gravitazione del centro nell'ambiente culturale della Daunia meridionale e, in particolare, con la città egemone di Canosa. Tale collegamento con la città daunia, collegata a Ruvo da antichi itinerari, è documentato dalla diffusione della cerarnica con decorazione geometrica prodotta in quel centro e dall'attestazione della tipologia abitativa a pianta

al lavoro di vasi di creta coi comodi inservienti all'arte suddetta, e collafoi-nace ave i vasi si cuocevano ",

al

largo della Cattedrale, come testimonia

C.

JATTA Senior (1844, p. 103), notizia confortata dal rinvenimento di una fomace sotto la Cattedrale, che potrebbe indicare una possibile esistenza nella zona di botteghe artigianali (CA5SANO 1987, p. 157).

LABELLARTE 1987, pp. 43-46.

6 Sulla composizione dei corredi della Peucezia tra VI e IV secolo aC. Si veda DE JuLIIs 1989; RICCARD1 1989; DEPALO 1989.

RICCARD1 1989; DEPALO 1989; DE JuLus 1996b, pp. 241-242 e pp. 286-287.

5 A. JATTA 1904, pp. 90-94; per le indagini recenti: STRICCOLI 1994 e 1995.

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absidata ricollegabile a modelli edilizi esciusivi di quel distretto ofantino. Ma già in questo periodo si hanno le prime attestazioni di oggetti di lusso e di prestigio importati nei corredi funerari, che evidenziano i precoci contatti con le principali correnti commerciali:

infatti, nel Museo Jatta sono conservati una pisside "calcidese" 9 , decorata con anirnali fantastici, e un discreto nurnero di vasi corinzi ed etrusco-corinzi 10, tra cui

aryballoi

ed

alabastra

con decorazioni zoomorfe, databili tra la fine del VII e la rnetà del VI secolo a.C., tutti, verosimilmente, di provenienza ruvese°.

Analogarnente, a mettere ancor pii in rilievo i precoci contatti intercorsi tra la città ruvese e l'Etruria attraverso la Campania etruschizzata concorrono anche numerosi vasi riferibili alla stessa corrente artistica etrusco-corinzia conservati nel Museo Nazionale di Napoli, come segnala l'Heydemann. Si tratta, in particolare, di una ventina di esemplari,

tra cui figurano aiyballoi

globulari,

alabastra, Icylikes, olpai, oinochoai

e pissidi, decorati anch'essi con fregi di animali ed esseri fantastici e non o con scene figurate, riferibili per la maggior parte alla produzione della "Terza Generazione Vulcente" (580-560 a.C.), come quella del "Ciclo dci Galli Affrontati" e del "Gruppo delle Pissidi" 2 . Nello stesso Museo di Napoli sono, inoltre, presenti alcuni vasi riferibili alla produzione corinzia, come

oinochoai, olpai

ed

alabastra

decorati con esseri fantastici e con scene figurate rappresentanti anche esseri urnani' 3 . Oltre a tali classi cerarniche, si segnalano anche nurnerosi e pregevoli oggetti in metallo provenienti dalle stesse aree: infatti, proprio del corredo della monumentale "Tomba del Principe", contenente una

lekythos

attica a figure nere e fondo bianco del "Pittore di Edimburgo" 14, la cui provenienza ruvese è Stata recuperata grazie all'accurata descrizione di G. Ursi 15 , faceva parte anche un grande cratere di bronzo, secondo l'autore di fabbrica laconica' t o corinzia; tali importazioni, dunque, attestano rapporti con la Grecia propria, attraverso l'Adriatico e lo Ionio'7.

La posizione privilegiata di Ruvo, posta al confine tra i due gruppi etnici confinanti, Dauni e Peucezi, ma anche sulle vie di comunicazione tra l'interno e la fascia costiera, si riflette nella associazione tra la ceramica subgeornetrica daunia (Subgeometrico Daunio I-TI) e quella peucezia' 5 , quest'ultima presente nelle sue due classi, bicroma e monocrorna,

Ruvo, Museo Nazionale Jatta, ii. 1565 (Gruppo della Coppa di Fineo): RUMPF 1927, p. 33, n. 197, tav.

CLXVIII; Di PALO 1987, fig. a p. 109; lozzo 1993, P. 218; LABELLARTE 1997, P. 44.

'° Tra essi Ruvo, Museo Nazionale Jatta, nn. 1579, 1594, 1585; Lo PORTO 1981, p. 15; Di PALO 1987, figg.

a pp. 210-211; LiPPous 1997, p. 546, ii. 46.

BELLELLI 2003, pp. 71-125 (per ii quale tali oggetti non sarebbero di provenienza ruvese, ma di provenienza nolana in quanto acquistati a Napoli da G. Jatta e indicati come nolani dallo stesso autore).

12 HEYDEMANN 1872, pp. 9-12, nn. 255; 271; 275, inv. 80308 (kylix); 276; 277; 279 (aiyballoi); 283; 285;

287; 288 (alabaslia); 290; 294; 303; 309 (arxballoi); 327; 360; 366, inv. 80287; 368 (alabastra); SZYLAGYI 1998, pp. 399-413 e pp. 611-623.

° HEYDEMANN 1872, p. 8, n. 255; p. 9, n. 350, 352 e 355; p. 12, n. 347 e 361; p. 11, n. 309 e 330.

' Edimburgh, Royal Scottish Museum, L 224.379; HASPELS 1936, p. 217, n. 19; BEAZLEY 1971, p. 217, n.

19; BOARDMAN 1990, p. 154 e fig. a p.241.

° URSI 1835, pp. 123-124; URSI 1836a, pp. 95-96. Lo studioso locale G. Ursi raccolse, nella sua opera storica, alcune "Memorie" del padre Laviola, di contenuto archeologico, delle quali si parlerà nei capitoli seguenti.

6 Descritto in URSI 1835, pp. 120-121; URs1 1836a, pp. 93-94.

17 Sulk importazioni in questa fase in Peucezia si veda DE JuLHs 1989.

16 La ceramica subgeometrica daunia nella classificazione del De Juliis (1977) si articola in tre fasi: Daunio 1(700-550), Daunio 11(550-400), Daunio III (400-300).

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rinvenute nelle Iasi di frequentazione di un edificio arcaico scavato recentemente, la cui tipologia abitativa, a pianta rettangolare absidata, rimanda proprio alle unitâ abitative dell'area canosina-ofantina'9.

Verso la fine del VI secolo, la struttura insediativa è caratterizzata da una serie di modifiche, cui corrispondono processi di maturazione socio-economica, come accade anche nei principali centri della Peucezia, attratti nell'orbita economica e culturale di Taranto e Metaponto. L'insediarnento peucezio sembra organizzarsi in questa fase sulla collina delI'odierna città, seguendo una tendenza sinecistica che, cornunque, non va oltre uno sviluppo di tipo pre-urbano. Nuclei abitativi con annesse aree di necropoli si dispongono tra V e III secolo nell'area collinare senza un preciso piano preordinato di utilizzo degli spazi. Solo recentemente, in occasione di interventi edilizi nella periferia sud-orientale, sono state acquisite le prime testimonianze relative a strutture abitative di eta classica ed ellenistica composte da ambienti a pianta rettangolare monocellulare o articolati in pin vani, con fondazioni in muratura a secco, elevati in materiali deperibili e copertura di tegole, all'intemo dei quali erano praticate le sepolture infantili, in adeguarnento al costume funerario apulo20.

Per quanto riguarda l'evidenza archeologica proveniente dalle necropoli, i corredi indicano una stratificazione sociale, con ai vertici gruppi elitari coinvolti in sisterni di relazioni e scambio estemi, per i quali l'ambiente greco-coloniale rappresenta ii principale punto di riferimento culturale. Tale ricettività si intensifica particolarmente nella seconda rnetà del VI secolo a.C., quando, infatti, compaiono nei corredi funerari ruvesi, come pure in quelli delle sepolture pid ricche di altri insediamenti apuli e lucani, elernenti di panoplie oplitiche e di bardature equine rnutuati dal mondo greco, che vengono utilizzati, secondo un'ideologia tipicamente indigena, quali segni di distinzione sociale e di adesione a modelli "ideali" aristocratici propri della cultura greca, come l'oplitismo, e vi permangono dal VI fino alla fine del IV secolo aC., dapprima con importazioni di oggetti greci o di produzione coloniale (Metaponto prima e Taranto poi), in seguito con Ic loro rielaborazioni beau 21. Tra le importazioni di ceramica va segnalato ii consistente numero di vasi attici a figure nere22, a par-tire con un solo esemplare noto

La prima è infatti diffusa nell'entroterra murgiano, la seconda è caratteristica delta zona costiera adriatica. Sulia posizione di confine di Ruvo: DE Juuis 1988b, p. 47; DE JULES 1996b, p. 131; LABELLARTE 1997, p. 44.

20 Per le indagini recenti: LABELLARTE, DEPAL0 1986; DEPALO, LABELLARTE 1987; LABELLARTE 1997;

LABELLARTE 2004.

21 Da segnalare 6 soprattutto la produzione, da coilocare presurnibilmente nelia stessa Ruvo e foise anche nella vicina Canosa, dei cosiddetti elmi "apuio-corinzi"; si vedano BOTTINI 1990a; BOTTINI 1992b, P. 148;

BOTTINI 1993, pp. 89-91. Tra -Ii esemplari da Ruvo di Puglia: B0TTINI 1990b, p. 34, nn. 4-6 (London, British Museum, WALTERS 1899, n. 2831; Napoli, Museo Archeologico Nazionale, poi abbr. MAN, lnvv. 5731 e 5732), p. 35, n. 6 (luogo di conservazione ignoto - coil. Lipperheide), p. 36, n. 1 (Ban, Museo Archeologico Provinciale, mv. 7697) e CASSANO 1996, p. 123, n. 10.42 (Napoli, MAN, i. 3707), dove sono schedate anche altre armi da difesa (pnoinetopiclia,prosterniclia, e schinieri) con la stessa provenienza da Ruvo e databili tra la fine del VI e gli inizi delV secolo aC. (pp. 123-127). In generale si veda anche DE JULIIS 1988b, pp. 84-85 e p. 137; LABELLARTE 1997, p.44.

22 All'elenco dci vasi già indicati come provenienti da Ruvo dal Beazley (1956), si pi° aggiungere la già ricordata lekythos del "Pittore di Edimburgo", Ia cui classe è documentata a Ruvo anchc da altri esemplani

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