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Academic year: 2021

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CAPITOLO 3

NORMATIVA SULLA QUALIT

A’

DELL’ARIA

Lo studio dell’ambiente atmosferico, la valutazione del suo stato e dell’impatto che può avere sull’ambiente naturale ed antropico è molto complesso e non si può esaurire in qualche studio isolato ed improvvisato, ma deve avere una organicità ed una organizzazione su scala mondiale.

Grazie alle nuove tecnologie rese disponibili negli ultimi decenni e agli studi scientifici sull’effetto dannoso di molte sostanze presenti nell’aria, si sono potuti avere una grande quantità di dati e dalla loro elaborazione è stato possibile definire un concetto meno astratto di inquinamento atmosferico, quello di qualità dell’aria. Con questo nuovo studio si prevede non più la costanza dei costituenti dell’aria ma la possibilità di una loro variabilità.

Al PM10 fanno riferimento alcune normative (fra cui le direttive europee

sull'inquinamento urbano 1999/30/EC e 96/62/EC e quelle sulle emissioni dei veicoli), tuttavia tale parametro si sta dimostrando relativamente grossolano, dato che sono i PM2,5 ed i PM1 (anche se comunque correlati al PM10) ad avere i

maggiori effetti negativi sulla salute umana e animale. Per quanto riguarda le emissioni in atmosfera, la normativa invece, stabilisce limiti soltanto per il particolato totale sospeso (PTS), ma sempre più spesso anche i controlli periodici effettuati dagli enti competenti e gli autocontrolli eseguiti dalle aziende, vengono estesi anche alla misura delle PM.

La sensibilità degli attuali strumenti di controllo sulle emissioni, apprezza ordini di grandezza del micron. Per rilevare particelle ancora più fini, è necessario utilizzare strumenti di laboratorio molto sofisticati e costosi e su questa categoria di polveri non esistono limiti di legge (che operativamente non potrebbero essere fatti rispettare alla luce della tecnologia attuale).

Nel 2006 l'OMS, riconoscendo la correlazione fra esposizione alle polveri sottili e insorgenza di malattie cardiovascolari e l'aumentare del danno arrecato all'aumentare della finezza delle polveri, ha indicato il PM2,5 come misura

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concentrazione massimi "consigliati" a 20 e 10 microgrammi/m³ rispettivamente per PM10 e PM2.5.

Si sono evoluti nel tempo numerosi provvedimenti contro l’inquinamento atmosferico, ciascuno legato alla qualità dell’aria, riferita sia ad ambienti interni che esterni, stabilendo così standard e limiti di emissione, in modo da proteggere la salute dell’uomo, intesa come benessere fisico, sociale e mentale, e degli ecosistemi. In questo modo siamo passati, da un periodo in cui c’era solo un obbligo morale nel salvaguardare la qualità dell’aria, ad un periodo di emanazione di leggi da parte di tutti i Paesi sviluppati, compresa l’Italia.

I primi passi normativi erano rivolti principalmente alla tutela della qualità dell’aria attraverso il controllo delle sorgenti emissive. A partire dagli anni ’50 del secolo scorso, un ruolo importante nel controllo della qualità dell’aria , è stato svolto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS,1958) che definì “l’inquinamento dell’aria come una minaccia per la salute ed il benessere delle persone in tutto il mondo” ed in particolare nel 1963 ha definito 4 livelli, espressi in termini di concentrazioni degli inquinanti e di tempi di esposizione alle stesse, sui quali basare i criteri per la determinazione degli “standard di qualità dell’aria”:

1. 1° livello - E’ definito da concentrazioni e tempi di esposizione al di sotto dei quali, non si notano effetti diretti o indiretti nell’uomo e nell’ambiente.

2. 2° livello – E’ definito da concentrazioni e tempi di esposizione al di sopra dei quali si notano irritazioni agli organi di senso dell’uomo, deboli effetti sulla vegetazione e visibili effetti negativi sull’ambiente in generale.

3. 3° livello – E’ definito da concentrazioni e tempi di esposizione che provocano variazioni nelle funzioni fisiologiche vitali dell’uomo nonché possibili lesioni croniche, con accorciamento della vita.

4. 4° livello – E’ definito da concentrazioni e tempi di esposizione che provocano effetti acuti o morte in parte della popolazione.

Va precisato che, secondo l’OMS, per “tutela della salute” dell’uomo non si intende solo l’assenza di malattie, ma un ampliamento dello stato di benessere per tutti gli individui.

Negli anni successivi l’OMS ha ripetutamente richiamato l’attenzione nei confronti dell’ inquinamento da particolato, sollecitando i governi a misure legislative a tutela della Salute Pubblica; in particolare nel 1987 ha stabilito una linea guida per l’esposizione al particolato fissando un valore di riferimento, da misurarsi con il

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metodo della riflettanza, pari a 125 µg/m3 come media sulle 24 ore e pari a 50 µg/m3 come media sull’intero anno.

Nel 1997 l’EPA degli Stati uniti ha deciso di regolamentare i livelli di PM2.5 su un

valore medio annuo di non oltre 15 µg/m3 e su un valore giornaliero di 65 µg/m3 ; in questo modo ritiene di prevenire 15000 morti premature e l’aggravamento dell’asma ogni anno per 250000 persone al giorno.

Recenti studi evidenziano che il parametro PM10 adottato fino ad ora per la

definizione delle linee guida o i livelli di riferimento, sarebbe meno rilevante rispetto ai PM2.5 e molto più importante sarebbe la conoscenza della composizione

del particolato. Ad esempio, i solfati sarebbero indicatori ancora migliori del PM2.5 .

E’ per questi motivi, legati anche alla difficile definizione di una soglia oltre la quale si manifestano danni alla salute, che l’OMS non ha più ritenuto opportuno dare una specifica indicazione in termini di PM10 ma dare gli strumenti in termini di

valutazione del rischio, in modo tale da rendere più consapevoli i decisori (WHO, 2000).

Attualmente, in base agli ultimi studi dell’ OMS, si calcola che l’ inquinamento da particolato fine abbia accorciato in media, la vita di ogni europeo di 8.6 mesi e di 9 mesi per ogni italiano.

Va detto che l’evoluzione della normativa riflette anche l’andamento dell’inquinamento atmosferico sul territorio: infatti, principalmente nei paesi industrializzati, si è assistito ad una diminuzione dell’impatto ambientale da biossido di zolfo (dovuta alla differenziazione delle fonti energetiche, alla razionalizzazione del sistema emissivo, e altro), mentre il traffico veicolare ha aumentato il suo contributo al peggioramento della qualità dell’aria nelle città; queste emissioni avvengono al livello del suolo, sono variabili con la tipologia di traffico, sono mobili e sono rilevanti sotto l’aspetto tossicologico.

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3.1- NORMATIVA EUROPEA

Già negli anni ’80 l’Unione Europea (EU) ha approvato una serie di direttive in materia di qualità dell’aria, soprattutto per le emissioni da grandi impianti industriali, stabilendo dei valori limite di emissione e di concentrazione in aria per una serie di sostanze inquinanti che rispecchiavano le conoscenze scientifiche del tempo sulla salute umana e sull’ambiente. In seguito nel 1992, dopo l’approvazione del V Programma di Azione in materia ambientale, si instaura un periodo che vede un grande interesse per il monitoraggio e controllo della qualità dell’aria (direttiva ozono 92/72/CE), vengono fatti numerosi studi chimico-fisici ma anche indagini epidemiologiche, ponendo l’attenzione su un numero maggiore di sostanze inquinanti.

In particolare, con l’emanazione della Direttiva 96/62/CE del 27 settembre 1996

‘Valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente”, detta direttiva quadro, l’Unione Europea ha inteso perseguire la protezione della salute umana e dell’ambiente secondo criteri e metodi standardizzati a livello europeo. Per raggiungere tale scopo prevede una serie di obbiettivi:

• la definizione degli inquinanti regolamentati, alcuni già normati (SO2, NO2,

PTS, PM10, Pb, O3), altri nuovi (benzene, CO, IPA, Cd, As, Ni, Hg);

• creare un sistema coerente a livello europeo per la fissazione di obbiettivi di qualità dell’aria ambiente al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi sulla salute umana e sull’ambiente;

• mantenere e, laddove necessario, migliorare la qualità dell’aria ambiente; • l’istituzione, per ogni Stato Membro, di un sistema di valutazione della qualità

dell’aria ambiente presente nel territorio, sulla base di metodi e criteri comuni; • la valutazione preliminare della QA per la zonizzazione del territorio;

• l’obbligatorietà’ dell’adozione di piani o programmi di risanamento per le aree in cui non sono rispettati gli obbiettivi di qualità dell’aria corrispondenti;

• le norme generali per l’acquisizione, la trasmissione e la pubblicazione dei dati della qualità dell’aria ambiente sia nel confronti della Commissione Europea, che dei cittadini.

In sintesi la direttiva quadro prende in considerazione una gamma più grande di sostanze inquinanti rispetto alle direttive precedenti che regolamentavano solo un

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numero limitato di inquinanti; inoltre prevede una maggiore circolazione di informazioni.

Vengono inoltre introdotti tre nuovi vincoli alle concentrazioni in aria di sostanze inquinanti:

• il valore limite, ovvero un livello di concentrazione determinato in base alle conoscenze scientifiche al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi sulla salute umana e sull’ambiente nel suo complesso, da raggiungere entro la data del conseguimento e poi da non superare. Nel caso si abbiano dei superamenti, è previsto che le regioni applichino un piano o un programma per riportare il livello al di sotto del valore limite stabilito;

• il valore obiettivo, ovvero il livello fissato al fine di evitare a lungo termine ulteriori effetti nocivi sulla salute umana e sull’ambiente nel suo complesso, che dovrà essere raggiunto per quanto possibile nel corso di un dato periodo; • la soglia di allarme, livello oltre il quale vi è un rischio per la salute umana in

caso di esposizione di breve durata e raggiunto il quale è necessario un intervento immediato. Questa viene fissata solo per quegli inquinanti dell’aria ambiente che possono provocare effetti sulla salute nel breve termine e stabilisce determinate concentrazioni che hanno possibilità di accadimento. In particolare, con questa direttiva, per ogni inquinante devono essere fissati:  valori limite (e soglie di allarme) e/o valori obbiettivo di qualità dell’aria;  date per il loro raggiungimento;

 requisiti di monitoraggio:

1. ubicazione dei punti di campionamento; 2. numero minimo dei punti di campionamento; 3. tecniche di misurazione e di campionamento.  requisiti per altre tecniche di valutazione:

1. risoluzione spaziale per la modellizzazione e metodi di valutazione obbiettiva;

2. tecniche di riferimento per la modellizzazione.  garanzie di informazione al pubblico.

La direttiva quadro definisce inoltre i seguenti termini:

• Aria Ambiente (AA): aria esterna presente nella troposfera, esclusa quella presente nei luoghi di lavoro;

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• Inquinante: qualsiasi sostanza immessa direttamente o indirettamente dall’uomo in aria ambiente che può avere effetti nocivi sulla salute e sull’ambiente;

• Livello: concentrazione in aria ambiente, o deposito d’inquinante su una superficie in un dato periodo di tempo;

• Valutazione: qualsiasi metodo impiegato per misurare, calcolare, prevedere o stimare il livello di un inquinante nell’aria ambiente;

• Soglia di valutazione superiore: un livello specificato nell’allegato V, di sotto al quale è consentito ricorrere soltanto alle tecniche di modellazione o di stima oggettiva al fine di valutare la qualità dell’aria, a norma del paragrafo 4 dell’articolo 6 di tale direttiva;

• Margine di superamento: la percentuale del valore limite nella cui misura tale valore può essere superato alle condizioni stabilite da questa direttiva;

• Zona: parte del territorio degli Stati Membri da loro delimitata;

• Agglomerato: zona con una concentrazione di popolazione superiore a 250.000 abitanti o, allorchè la concentrazione di popolazione è pari o inferiore a 250.000 abitanti, una densità di popolazione per Km2, tale da rendere necessarie per gli Stati Membri, la valutazione e la gestione della qualità dell’aria ambiente;

• Evento naturale: eruzioni vulcaniche, attività sismiche, attività geotermiche, incendi spontanei, tempeste di vento o trasporto o risospensione atmosferica di particelle naturali dalle regioni secche.

In particolare nell’allegato 1 di questa direttiva si definiscono gli “inquinanti atmosferici da considerare nel quadro della valutazione e della gestione della qualità dell’aria ambiente”:

I. Inquinanti che devono essere esaminati allo stadio iniziale, ivi compresi gli inquinanti disciplinati da direttive comunitarie esistenti in materia di qualità dell'aria ambiente.

1. Biossido di zolfo

2. Biossido/ossido di azoto

3. Particelle fini quali la fuliggine (ivi compreso PM10)

4. Particelle in sospensione 5. Piombo

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II. Altri inquinanti atmosferici 7. Benzene 8. Monossido di carbonio 9. Idrocarburi poliaromatici 10. Cadmio 11. Arsenico 12. Nichel 13. Mercurio

Gli inquinanti elencati sopra sono stati regolamentati dalle direttive successive, chiamate anche “figlie”, da recepirsi nell’ordinamento nazionale di ogni Stato Membro, che sono la Direttiva 99/30/CE “Valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo”, la Direttiva 2000/69/CE “Valori limite di qualità dell’aria ambiente per il benzene ed il monossido di carbonio” e la Direttiva 2000/03/CE “Valori limite di qualità dell’aria ambiente per l’ozono”.

Poiché spesso i livelli reali di inquinamento sono superiori al valore limite fissato, l’U.E. ha definito un periodo temporale entro il quale deve essere rispettato il valore limite, fornendo così il tempo necessario per operare con piani o programmi che contengano appropriate misure ed interventi di riduzione. In molti casi è previsto un margine di tolleranza rispetto al valore limite, che consente inizialmente livelli di inquinamento più elevati e che deve essere ridotto, fino ad annullarsi con il raggiungimento della data di rispetto del valore limite. Questo margine di tolleranza non è una deroga al valore limite ma un utile mezzo per attivare e realizzare gli interventi necessari al risanamento.

La Direttiva 99/30/CE stabilisce i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto e il piombo, riportati in tabella (Tab.3.1.1), assieme ai termini entro i quali dovranno essere raggiunti e al numero massimo di superamenti consentiti in un anno; i limiti per il particolato sono esposti in una tabella separata (Tab. 3.1.2).

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INQUINANTE Valore limite (nmax superamenti/anno) Periodo di mediazione Data di rispetto Biossido di zolfo 350 µg/m 3 125 µg/m3 1 ora 24 ore 1 gennaio 2005 1 gennaio 2005 Biossido di zolfo per la protezione degli ecosistemi 20 µg/m3 Anno civile e inverno (1 ottobre-31 marzo) 19 luglio 2001 Biossido di azoto 200 µg/m 3 40 µg/m3 1 ora Anno civile 1 gennaio 2010 1 gennaio 2010 Ossidi di azoto per la protezione degli ecosistemi

30 µg/m3 Anno civile 19 luglio 2001

Piombo 0,5 µg/m3 Anno civile 1 gennaio 2005

Tab. 3.1.1- Valori limite di qualità dell’aria previsti dalla Direttiva 99/30/CE

L a n o r m a

Tab. 3.1.2- Valori limite PM10 FASE I e FASE II

La normativa prevede eccezioni per i superamenti provocati da “eventi naturali che risultano per concentrazioni significativamente in eccesso rispetto ai normali livelli” (art. 5.4) ed eccezione per le eccedenze di PM10 causate da “risospensioni delle

particelle a seguito dello spargimento di materiale antigelo sulle strade in inverno” (art. 5.5); gli stati membri sono obbligati a dimostrare che “misure ragionevoli sono state prese per abbassare la concentrazione”.

INQUINANTE Valore limite (nmax

superamenti/anno)

Periodo di mediazione Data di rispetto

PM10

FASE I

40 µg/m3 50 µg/m3

• Concentrazione media annuale • Concentrazione su 24 ore da non

superare più di 35 volte l’anno

01/01/2005 01/01/2005 PM10 FASE II 20 µg/m3 50 µg/m3

• Concentrazione media annuale • Concentrazione su 24 ore da non

superare più di 7 volte l’anno

01/01/2005 01/01/2005

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Per quanto riguarda il monitoraggio delle PM2.5 la direttiva prevede l’installazione

e gestione delle stazioni di misurazione da parte degli Stati Membri, al fine di fornire dati sulle concentrazioni delle particelle fini. Il numero e l'ubicazione delle stazioni di misurazione delle PM2.5 sono determinati dagli Stati Membri in modo

rappresentativo delle concentrazioni delle PM2.5 sul proprio territorio nazionale ed

in genere sono collocate insieme alle centraline che misurano il PM10 (art. 5.2).

Ove possibile, i punti di campionamento devono avere la stessa ubicazione dei punti di campionamento per le PM10. Gli Stati Membri comunicano ogni anno alla

Commissione, non più tardi di nove mesi dopo la fine di ciascun anno, la media aritmetica, la mediana, il novantottesimo percentile e la concentrazione massima calcolate in base alle misure delle PM2.5 su 24 ore in tale anno.

La direttiva stabilisce un periodo transitorio per l’adeguamento dei livelli reali d’inquinamento ai limiti fissati: è previsto un margine di tolleranza che diminuisce linearmente fino al rispetto del limite nella data fissata. Questi margini non devono essere intesi come deroghe ai limiti, ma come un riferimento operativo per far attivare dei piani di risanamento.

Inoltre, la direttiva figlia fissa le soglie d’allarme per il biossido di zolfo ed il biossido di azoto, riportati in tabella (Tab. 3.1.3), ed i dettagli che le regioni devono fornire al pubblico in caso di superamento degli stessi, che dovrebbero comprendere come minimo:

 data, ora e luogo del fenomeno e causa scatenante, se nota;

 previsioni di cambiamento nelle concentrazioni (miglioramento, stabilizzazione o peggioramento), motivo del cambiamento previsto;

 zona geografica interessata;  durata;

 categoria di popolazione potenzialmente sensibile al fenomeno;  precauzioni che la popolazione sensibile deve prendere.

Tab. 3.1.3- Soglie di allarme previste dalla Direttiva 99/30/CE.

INQUINANTE SOGLIA DI

ALLARME

Biossido di zolfo 500 µg/m3

Biossido di azoto 400 µg/m3

Misure su tre ore consecutive in località rappresentative della qualità dell’aria su almeno 100

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La Direttiva 2000/69/CE “Valori limite di qualità dell’aria ambiente per il benzene

ed il monossido di carbonio” stabilisce i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il benzene ed il monossido di carbonio. In tabella (Tab. 3.1.4) sono elencati i valori limite, i termini entro i quali dovranno essere raggiunti e il numero massimo di superamenti permessi in un anno.

Benzene 5 µg/m3 Anno civile 1 gennaio 2010

Monossido di carbonio

10 µg/m3 Media massima giornaliera su 8 ore

1 Gennaio 2005

Tab. 3.1.4- Valori limite previsti dalla 00/69/CE.

La Direttiva 2002/03/CE “Valori limite di qualità dell’aria ambiente per l’ozono” stabilisce i valori obbiettivo, i valori bersaglio e le soglie di allarme e di informazione relative alle concentrazioni di ozono nell’aria (vedi Tab.3.1.5).

Essa garantisce che tutti gli Stati Membri useranno metodi e criteri uniformi per la valutazione delle concentrazioni di ozono e dei suoi precursori (ossidi di azoto e composti organici volatili), per salvaguardare e migliorare la qualità dell’aria. In conformità con le precedenti direttive, stabilisce che le informazioni relative ai livelli di concentrazione, siano messe a disposizione della popolazione e che si realizzi una maggiore cooperazione fra gli Stati Membri per le misure di riduzione di ozono rispetto all’inquinamento transfrontaliero.

Considerando queste direttive, è stato stimato che con le riduzioni previste di qui al 2020, si potranno evitare in Italia ben 12.000 morti premature, ”risparmiando” ogni anno ben 28.000 miliardi di Euro.

Nell’aprile del 2002 è stata pubblicata dal DG Environment della Commissione Europea la “Guida agli annessi della Decisione 97/101/EC sullo Scambio di

Informazioni come aggiornata dalla Decisione 2001/752/EC”, che si presenta come un testo tecnico per i soggetti competenti nel monitoraggio dell’aria ambiente, in cui sono specificati:

 la lista degli inquinanti, i parametri statistici e l’unità di misura;

 le informazioni riguardanti le reti, le stazioni (classificazioni) e le tecniche di misurazione;

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 le minime coperture temporali per poter aggregare i dati;  i formati per lo scambio dei dati.

Ozono Tempo di

mediazione

Valore limite

(all’entrata in vigore del decreto)

Valore limite

1 gennaio 2010

Valore obiettivo per la protezione della salute

umana

Massino della media mobile di 8

ore

120 µg/m3 (da non superare più di 25 giorni in

un anno mediato su 3 anni) Valore obiettivo per la

protezione della salute umana

AOT 40 sul valore orario da maggio a

luglio

18 µg/m3 h

Soglia di informazione Ora 180 µg/m3 Soglia di allarme Ora 240 µg/m3 Obiettivo a lungo termine per la salvaguardia della salute umana Massimo della media mobile di 8 ore 120 µg/m3 Obiettivo a lungo termine per la salvaguardia della salute umana

AOT 40 sul valore orario da maggio a

luglio

6 µg/m3

Tab. 3.1.5- Valori limite per l’ozono previsti dalla Direttiva 2000/03/CE.

Questo atto, fornendo delle indicazioni pratiche molto particolareggiate, è di notevole importanza per la standardizzazione delle reti di monitoraggio e per l’adozione di metodi di campionamento, analisi, validazione e valutazione uniformanti a livello europeo.

Il 21 settembre 2005 l’ Unione Europea ha fatto una nuova proposta che prevede:

• Un valore limite annuale per il PM10 di 40 µg/m3 al 1 gennaio 2010 con un 20%

di tolleranza senza una specifica data di scadenza. Questo significa in realtà un valore limite di 48 µg/m3.

• Un valore limite del PM10 per le 24 ore di 50 µg/m3 con 35 eccedenze, ma con il

50% di tolleranza senza una specifica scadenza.

• Gli Stati membri sono autorizzati a ritardare il conseguimento dei valori limite –

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Europea che essi hanno adottato “tutte le ragionevoli misure”. Tuttavia, nell’articolo 20, si specifica che ogni Stato Membro ha tempo fino al 31 dicembre 2009 per conformarsi ai valori limite del PM10.

• Il valore limite indicativo del PM10 di 20 µg/m3 per il 2010 è stato cancellato. In

associazione con le proposte citate, questa cancellazione rappresenta una significante riduzione delle ambizioni previste nella direttiva del Consiglio 1999/30/CE del 22 aprile 1999.

• Viene introdotto un “tetto” annuale di PM2.5 obbligatorio per legge pari a 25

µg/m3 da introdurre dal 1 gennaio 2010 con il 20% di tolleranza (es. 30 µg/m3 effettivi), da ridurre di 1 µg/m3 ogni anno fino a raggiungere nel 2015 il livello di 25 µg/m3. A parziale giustificazione di questo “tetto” relativamente elevato si deve sottolineare che il “tetto” viene applicato anche nelle rilevazioni effettuate dalle centraline “da traffico”. Dal momento che per le centraline da traffico la concentrazione di PM2.5 può essere più alta in media di circa 5 µg/m3 rispetto

alle centraline di background, questo significa che effettivamente il “tetto” in città può arrivare annualmente a circa 20 µg/m3. In ogni caso si tratta di un valore elevato: sulla base degli studi scientifici più accreditati negli USA è stata proposta la riduzione dello standard annuale di PM2.5 a 12-14 µg/m3 (EPA staff

paper, giugno 2005),

• In risposta ai dati scientifici che dimostrano la natura continua del rapporto concentrazione-risposta tra PM2.5 e mortalità, la Commissione propone inoltre

un programma di “annullamento del divario” (“gap closure”), per arrivare a ridurre del 20% la media del PM2.5 nel 2018/2020 rispetto al periodo di

riferimento 2008-2010; tale riduzione non deve essere perseguita nei luoghi dove la media annuale di PM2.5 è già di 7 µg/m3 o inferiore. Malgrado la

rilevazione del PM2.5 sia stata già prevista dalla normativa fin dal 1999, il periodo

di riferimento viene spostato in avanti al 2008-2010: ciò permetterà di non ridurre i valori entro quella data, in modo da favorire la dimostrazione del “guadagno” negli anni successivi.

Da questo paragrafo si può constatare che a livello europeo sono già state adottate numerose misure per il miglioramento della qualità dell’aria, che prevedono la riduzione delle emissioni su ampia scala; queste però devono essere affiancate e completate da interventi nazionali, regionali e locali al fine di

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raggiungere gli obbiettivi stabiliti nell’ottica del principio di sussidiarietà, secondo cui il processo legislativo e quello decisionale devono svolgersi al livello in cui si rilevano più efficaci.

3.2- NORMATIVA ITALIANA

Il primo provvedimento legislativo organico italiano contro l’inquinamento atmosferico, la legge 615/66, nota come “legge antismog”, non riportò limiti di qualità dell’aria; si dovette così aspettare l’entrata in vigore del D.P.R. n. 322/71 “recante provvedimenti contro l’inquinamento atmosferico limitatamente al settore delle industrie”, il quale riportò, per un limitato numero di inquinanti, una tabella con concentrazioni di punta e concentrazioni medie da non superare.

Si ha poi nell’evoluzione normativa italiana, l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale con la legge n. 833 del 23/12/1978 che stabiliva i limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni ed esposizioni ad inquinanti validi per tutto il territorio.

I primi standard di qualità dell’aria sono stati definiti in Italia dal DPCM 28/03/1983 (limiti massimi di inquinanti nell’aria nell’ambiente esterno) relativamente ad alcuni parametri, modificati poi dal DPR 203 del 24/05/1988 “concernente norme in materia di qualità dell’aria relativamente a specifici inquinanti, e di inquinamento prodotto da impianti industriali” che, recependo quattro Direttive Europee, ha introdotto oltre a nuovi valori limite, i valori guida, intesi come “obiettivi di qualità”. Con il successivo Decreto del Ministro dell’Ambiente del 15/04/1994 (aggiornato con il Decreto del Ministro dell’Ambiente del 25/11/1994) sono stati introdotti i livelli di attenzione (situazione di inquinamento atmosferico che, se persistente, determina il rischio che si raggiunga lo stato di allarme) ed i livelli di allarme (situazione di inquinamento atmosferico suscettibile di determinare una condizione di rischio ambientale e sanitario), valido per gli inquinanti in aree urbane.

Successivamente abbiamo un momento di rinnovamento dell’impianto legislativo italiani grazie al Dlgs 351 del 04/08/1999 che recepisce la Direttiva

quadro 96/62/CE in materia di valutazione e gestione della qualità dell’aria, esso però rimanda a decreti successivi l’introduzione dei nuovi standard di qualità. Infine il D.M. 60 del 2 Aprile 2002 ha recepito rispettivamente la Direttiva

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di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle ed il piombo e la

Direttiva 2000/69/CE relativa ai valori limite di qualità dell’aria ambiente per il benzene ed il monossido di carbonio. I nuovi limiti entreranno in vigore gradualmente, completandosi nel gennaio 2010.

3.2.1- EVOLUZIONE NORMATIVA

In sintesi è di seguito riportata in maniera più schematica l’evoluzione della normativa italiana sull’inquinamento atmosferico ed in particolare quella riguardante i PM; sono state poi esaminate più nel dettaglio le principali normative.  DPCM 28 marzo 1983, “Limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni e di

esposizione relativi ad inquinanti dell’aria e dell’ambiente esterno”;

 DPR 24 maggio 1988, n. 203, “Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell’aria, riguardo a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto da grandi impianti industriali”;

 Decreto Ministeriale 20 maggio 1991, “Criteri per la raccolta dei dati inerenti la qualità dell’aria”;

 Decreto Ministeriale 20 maggio 1991, “Criteri per l’elaborazione dei piani regionali per il risanamento e la tutela della qualità dell’aria”;

 Decreto Ministeriale 6 maggio 1992, “Definizione del sistema finalizzato al controllo ed assicurazione di qualità dei dati di inquinamento atmosferico ottenuti dalle reti di monitoraggio”;

 Decreto Ministeriale 15 aprile 1994, “Norme tecniche in materia di livelli e di stati di attenzione e di allarme per gli inquinanti atmosferici nelle aree urbane”;  Decreto Ministeriale 25 novembre 1994, “Aggiornamento delle norme tecniche

in materia di limiti di concentrazione e di livelli di allarme per gli inquinanti atmosferici nelle aree urbane e disposizioni per la misura di alcuni inquinanti”;  Decreto Ministeriale 21 aprile 1999, n. 163, “Regolamento recante norme per

l’individuazione dei criteri ambientali e sanitari in base ai quali i sindaci adottano le misure di limitazione della circolazione”;

 Decreto Legislativo 4 agosto 1999, n. 351, “Attuazione della direttiva 96/62/CE in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente”;

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 Decreto Ministeriale 2 aprile 2002, n. 60, “Recepimento della direttiva 1999/30/CE del Consiglio del 22 aprile 1999 concernente i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo, e della direttiva 2000/69/CE relativa ai valori limite di qualità dell’aria ambiente per il benzene ed il monossido di carbonio”;  Decreto Ministeriale 20 settembre 2002, “Modalità per la garanzia della qualità

del sistema delle misure di inquinamento atmosferico, ai sensi del decreto legislativo n. 351/1999”;

 Decreto Ministeriale 1 ottobre 2002, n. 261, “Regolamento recante le direttive tecniche per la valutazione preliminare della qualità dell’aria ambiente, i criteri per l’elaborazione del piano e dei programmi di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351”;

 Decreto Legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, “Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti” (nella direttiva è richiesto il monitoraggio dell’aria)”;

 Decreto Legislativo 21 maggio 2004, n. 183, “Attuazione della direttiva 2002/3/CE relativa all’ozono nell’aria”;

 DPCM 8 ottobre 2004, “Modifica del DPCM 8 marzo 2003 inerente combustibili e impianti di combustione”;

 Decreto legislativo 3 Aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”.

Il DPCM 28 marzo 1983, “Limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni e di

esposizione relativi ad inquinanti dell’aria e dell’ambiente esterno”, ha fissato le metodologie di campionamento ed analisi e i valori degli indicatori ambientali per alcuni inquinanti più diffusi nell’ambiente esterno (standard di qualità dell’aria, SQA), espressi per i tempi di mediazione diversi a seconda della sostanza presa in esame.

Gli standard di qualità sono valori massimi consentiti di concentrazione totale per ogni singolo inquinante, riferiti ad un tempo di esposizione e dedotti in base a considerazioni di solo carattere igienico sanitario.

Gli SQA devono essere rispettati in tutto il territorio nazionale, con controllo attraverso la verifica delle concentrazioni, qualunque sia la fonte di inquinamento e sono limiti statistici, il cui superamento o rispetto, viene valutato dopo un anno di misure. Una volta fissati questi valori, se le concentrazioni sono superiori ad essi,

(16)

l’ente preposto al controllo, la Regione, elabora dei piani di risanamento, per garantire il miglioramento progressivo della qualità dell’aria nel territorio.

Il decreto evidenzia anche l’importanza dell’aggiornamento dei metodi di prelievo e di analisi e, cosa molto innovativa rispetto alle norme precedenti, dedica un intero allegato ai sistemi di misura automatizzati. Per questi sistemi viene indicato quali siano i criteri generali, le varie operazioni e le procedure per la verifica dell’accuratezza e della precisione che devono essere attuati, affinchè un sistema automatico possa venir impiegato ai fini del controllo dell’inquinamento atmosferico, in alternativa ai metodi classici di analisi.

Il DPR 24 maggio 1988, n. 203, “Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779,

82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell’aria, riguardo specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto da grandi impianti industriali”, recependo le principali normative comunitarie in materia di qualità dell’aria, aggiorna gli Standard della Qualità dell’Aria e fissa i valori guida, che sono intesi come “limiti delle concentrazioni e limiti di esposizione relativi ad inquinamenti nell’ambiente esterno destinati:

1. alla prevenzione a lungo termine in materia di salute e protezione dall’ambiente;

2. a costituire parametri di riferimento per l’istituzione di zone specifiche di protezione ambientale per le quali e’ necessaria una particolare tutela della qualità dell’aria”.

Ad integrazione di quanto già previsto nel DPCM del 1983 vengono anche specificati i metodi di campionamento, la analisi e le valutazioni da fare per verificare gli standard di qualità dell’aria ed i valori guida. In una nota al DPR n. 203/88 si trova inoltre un primo suggerimento sulla scelta dei luoghi e sul numero

di postazioni da installare per fare misure di concentrazione di biossido di azoto nelle aree da sottoporre a verifica.

Per garantire le migliori condizioni ambientali, vengono posti sotto controllo tutti gli impianti industriali ed artigianali che danno luogo ad emissioni in atmosfera contribuendo all’alterazione delle normali condizioni di salubrità dell’aria. I proprietari di impianti, sia nuovi che esistenti, devono quindi presentare all’autorità competente (la regione o la provincia, secondo quanto previsto dalle legislazioni

(17)

regionali) una richiesta di autorizzazione contenente tutte le indicazioni qualitative e quantitative relative alle emissioni, nonché sulle tecniche adottate per la prevenzione dell’inquinamento.

Inoltre in maniera abbastanza ampia viene definito l’inquinamento ambientale, come: “ogni modificazione della normale composizione o stato fisico dell’aria atmosferica, dovuta alla presenza nella stessa di una o più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da:

 alterare le normali condizioni ambientali e di salubrità dell’aria;

 da costituire pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per la salute dell’uomo;

 da compromettere le attività ricreative e gli altri usi legittimi dell’ambiente;  da alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi ed i beni materiali pubblici e

privati”.

Vengono ora riportati (Tab. 3.2.1.1; Tab. 3.2.1.2), i valori limiti e guida sulla qualità dell’aria, previsti dal DPR 24 maggio 1988, n. 203.

Tab. 3.2.1.1- Valori guida di qualità dell’aria previsti dal DPR 24 maggio 1988, n. 203.

Inquinante Valore guida di qualità dell’aria

Media aritmetica delle concentrazioni medie di 24 ore rilevate in un anno (1 aprile-31

marzo)

40-60 µg/m3

SO2

Valore medio di 24 ore 100-150 µg/m3 50° percentile delle concentrazioni medie di 1

ora rilevate in un anno (1 gennaio-1 dicembre)

50 µg/m3

NO2

98° percentile delle concentrazioni medie di 1 ora rilevate in un anno (1 gennaio-1

dicembre)

135 µg/m3

Media aritmetica delle concentrazioni medie di 24 ore rilevate in un anno (1 aprile-31

marzo)

40-100 µg/m3

PTS

Valore medio di 24 ore 100-150 µg/m3

(18)

Tab. 3.2.1.2- Valori limite di qualità dell’aria previsti dal DPR 24 maggio 1988, n. 203

*

Solo se è superato contemporaneamente il limite per l’ozono.

Il Decreto Ministeriale 20 maggio 1991, “Criteri per la raccolta dei dati inerenti la

qualità dell’aria”, definisce le condizioni per la realizzazione o l’adeguamento di reti di rilevamento dell’inquinamento atmosferico.

Gli obiettivi generali di tali sistemi di rilevamento sono (Art.1):

a. individuare le cause che determinano i fenomeni di inquinamento;

b. fornire, attraverso la misura di specie di inquinanti atmosferici e di parametri meteorologici, un insieme di dati rappresentativi relativi ai processi di inquinamento atmosferico al fine di avere un quadro conoscitivo che consenta una più efficace tutela della salute pubblica e del territorio;

INQUINANTE

VALORI LIMITE DI QUALITA’ DELL’ARIA

Mediana delle concentrazioni medie di 24 ore

rilevate in un anno (1 aprile-31 marzo) 80 98° percentile delle concentrazioni medie di 24 ore

rilevate in un anno (1 aprile-31 marzo) 250 µg/m

3 SO2

Mediana delle concentrazioni medie di 24 ore

rilevate durante l’inverno (1 ottobre-31 marzo) 130 µg/m

3

NO2 98° percentile delle concentrazioni medie di 1 ora

rilevate in un anno (1 gennaio-31 dicembre) 200 µg/m

3

Concentrazione media di 24 ore 20 µg/m3

F Media aritmetica delle concentrazioni medie di 24

ore rilevate in un mese 10 µg/m

3

Media aritmetica delle concentrazioni medie di 24

ore rilevate in un anno 150 µg/m

3 PTS

95° percentile di tutte le concentrazioni medie di

24 ore rilevate in un anno 300 µg/m

3

Pb Media aritmetica delle concentrazioni medie di 24

ore rilevate in un anno

20 µg/m3 Concentrazione media di 8 ore 10 µg/m3

CO

Concentrazione medie di 1 ora 40 µg/m3

HCNM Concentrazione media di 3 ore consecutive 200 µg/m* 3

O3 Concentrazione media di 1ora (max una volta al

mese)

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c. verificare le rispondenze di modelli fisico-matematici a rappresentare la dinamica spazio-temporale dei fenomeni dispersivi degli inquinanti in situazioni specifiche;

d. fornire indicazioni sia per la valutazione sistematica dei livelli di inquinamento sia per la previsione di situazioni di emergenza;

e. documentare il rispetto ovvero il superamento degli standard di qualità dell’aria nel territorio interessato.

Per quanto riguarda gli inquinanti il decreto, definisce quelli da monitorare suddividendoli fra quelli primari e i precursori di secondari, che sono:

 per quanto riguarda gli inquinanti primari: a. fase gassosa: CO,SO2, NO2, HC Volatili;

b. fase particellare: PTS in massa, Pb ed altri metalli pesanti presenti nel PTS;  per i precursori:

a. fase gassosa: NO2, O3, NO;

b. fase particellare: prodotti di trasformazione degli NOx e SO2.

Il decreto definisce anche la struttura generale di una rete urbana di rilevamento dividendola in quattro tipi di stazioni:

 tipo A: stazioni di base in cui vengono monitorati tutti gli inquinanti sia primari che secondari, localizzate in aree non interessate direttamente dalle fonti emissive, come parchi urbani o aree pedonali;

 tipo B: stazioni situate in zone ad alta densità abitativa, ma lontane dai flussi veicolari, in cui vengono misurati sia gli inquinanti primari che secondari, con particolare attenzione agli ossidi di azoto, biossido di zolfo e alle polveri sospese;

 tipo C: stazioni poste in zone con traffico veicolare molto intenso in cui vengono monitorati in particolare l’ossido di carbonio e gli idrocarburi non-metanici;

 tipo D: stazioni situate in zone periferiche per la misurazione degli inquinanti secondari, ozono, biossido di azoto, ecc. le cui concentrazioni sono più significative in aree lontane dalle fonti emissive e poste sottovento, rispetto alla città.

Il numero delle stazioni necessarie per una corretta valutazione dell’inquinamento in un’area urbana, dipende da densità e struttura degli edifici, dalla presenza di sorgenti emittenti, dai dati meteoclimatici e dal numero degli abitanti. Il DM

(20)

20/05/91 divide le aree urbane in tre classi di centri urbani, e stabilisce per ciascuna di esse il numero minimo si stazioni, così come riportato in tabella (Tab. 3.2.1.3):

Tipo di stazione

Numero di

abitanti del

centro urbano

A

B

C

D

Inferiori a 500.000 1 2 2 1 Da 500.000 a 1.000.000 1 3 3 1 Superiori a 1.500.000 2 4 4 2

Tab. 3.2.1.3- Struttura delle reti urbane per il monitoraggio atmosferico (allegato I, DM 20/5/90).

Si ha poi, nello stesso giorno, il Decreto Ministeriale 20 maggio 1991, “Criteri per

l’elaborazione dei piani regionali per il risanamento e la tutela della qualità dell’aria”, che definisce le modalità per la predisposizione dei piani regionali di risanamento delle aree, nelle quali si verifica il superamento o c’e’ il rischio di superamento dei limiti di qualità dell’aria.

Il Decreto Ministeriale 6 maggio 1992, “Definizione del sistema finalizzato al

controllo ed assicurazione di qualità dei dati di inquinamento atmosferico ottenuti dalle reti di monitoraggio”, suddivide il sistema nazionale di rilevamento della qualità dell’aria su tre livelli (nazionale, regionale e provinciale) con specifici compiti operativi, sia di controllo, che di validazione dei dati provenienti dalle reti di monitoraggio.

Gli obiettivi di questo sistema sono due:

1. promuovere la produzione di dati di elevata qualità al fine di poter effettuare rilevamenti fra loro comparabili nelle diverse zone del Paese;

2. definire quelle procedure operative omogenee per la validazione dei dati e la gestione corretta degli analizzatori automatici.

Per realizzare tutto questo il decreto istituisce il CENIA, ovvero il Comitato Nazionale per l’Inquinamento Atmosferico, finalizzato al controllo di qualità dei dati di inquinamento atmosferico. Le funzioni tecniche sono svolte dal CNR, dall’ISS e dall’ISPESL.

(21)

Il Decreto Ministeriale 15 aprile 1994, “Norme tecniche in materia di livelli e di

stati di attenzione e di allarme per gli inquinanti atmosferici nelle aree urbane”, definisce i livelli di attenzione e di allarme (Tab. 3.2.1.4), insieme ai conseguenti stati di attenzione e di allarme, per tutte le aree urbane del territorio nazionale. I livelli di attenzione e di allarme utilizzano indicatori di breve periodo (medie orarie o giornaliere) e vengono utilizzati per identificare situazioni critiche locali. Lo stato

di attenzione identifica una situazione di inquinamento atmosferico che, se persiste, determina il rischio che si raggiunga lo stato di allarme.

Con lo stato di allarme si individua una situazione acuta di inquinamento atmosferico che determina condizioni di pericolo per la salute dei cittadini. La dichiarazione dello stato di attenzione o di allarme si basa su delle soglie percentuali, riportate in tabella.

Il raggiungimento dello stato di attenzione o di allarme (Tab. 3.2.1.5) obbliga l’autorità competente ad adottare opportune misure volte a contenere le concentrazioni di inquinanti ai periodi di esposizione, secondo piani di intervento operativi sviluppati e resi pubblici attraverso una tempestiva informazione nei confronti della popolazione interessata. Per queste procedure l’autorità competente si avvale di un organo tecnico, di cui fanno parte i rappresentanti dei servizi di prevenzione ambientale e, ove esista, del Centro Operativo Provinciale (COP), l’organo previsto dalla normativa per la gestione tecnico-operativa delle reti di monitoraggio.

Inoltre il decreto impone per la prima volta la necessità di misurare, nelle città con più di 150.000 abitanti, alcuni inquinanti “non convenzionali”, fra cui il PM10.

INQUINANTE

LIVELLO DI

ATTENZIONE

µg/m3

LIVELLO DI

ALLARME

µg/m3 SO2 (media giornaliera) 125 250 PTS (media giornaliera) 150 300 NO2 (media oraria) 200 400 CO (media oraria) 15 30 O3 (media oraria) 180 360

(22)

INQUINANTE

STAZIONI

SO2 50% del totale delle stazioni di tipo A, B, C

PTS 50% del totale delle stazioni di tipo A, B, C NO2 50% del totale delle stazioni di tipo A, B

CO 50% del totale delle stazioni di tipo A, C O3 una qualsiasi delle stazioni di tipo A, D

Tab. 3.2.1.5- Numero di stazioni in cui devono essere superati i limiti per l’entrata negli stati di attenzione e di allarme

Il Decreto Ministeriale 25 novembre 1994, “Aggiornamento delle norme tecniche

in materia di limiti di concentrazione e di livelli di allarme per gli inquinanti atmosferici nelle aree urbane e disposizioni per la misura di alcuni inquinanti”, definisce i sistemi di misura e gli obiettivi di qualità dell’aria per gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), per il benzene e, per la prima volta, per la frazione di polveri sospese con diametro aerodinamico inferiore o uguale a 10 micrometri (PM10).

Questi inquinanti sono detti “microinquinanti” o “inquinanti non convenzionali”, in quanto sono presenti nell’aria in quantità molto basse rispetto agli inquinanti convenzionali; tali sostanze hanno però caratteristiche tossicologiche molto pericolose e così sono stati definiti obbiettivi di qualità molto restringenti.

Gli obiettivi di qualità sono “il valore medio annuale di riferimento da raggiungere e rispettare, a partire da una determinata data” e vengono generalmente definiti attraverso indicatori di lungo periodo (medie annuali, esposizioni accumulate, ecc.), definendo così le condizioni medie di non pericolosità dei diversi composti inquinanti che possono essere presenti in atmosfera. Per i tre inquinanti oggetto del presente decreto sono fissati gli obiettivi che si sarebbero dovuti raggiungere entro il 1º gennaio 1999, come media annuale su base giornaliera (Tab. 3.2.1.6). Inoltre il decreto impone l’adozione di sistemi di misura equivalenti a quelli di riferimento, vale a dire che hanno ottenuto un certificato di equivalenza rilasciato da un laboratorio accreditato.

Di questo decreto sono ancora in vigore i criteri per esprimere il giudizio sulla

qualita’ dell’aria (Tab. 3.2.1.7), qui indicati per SO2, NO2, CO, O3, PM10, che viene

formulato in base al peggiore dei valori rilevati e viene calcolato solamente se e’ presente il 75% dei dati. In particolare si dà il giudizio scadente se si osserva il

(23)

superamento del livello di attenzione ed il giudizio pessimo se si supera la soglia di allarme.

Inquinante Obiettivo di qualità

Benzene 10 µg/m3

PM10 40 µg/m3

IPA (riferimenti al benzo(a)pirene)

1 µg/m3

Tab. 3.2.1.6- Obiettivi di qualità (medie annue) previsti dal DM 25 novembre 1994

Tab. 3.2.1.7- Criteri per il giudizio della qualità dell’aria, secondo il DM 25/11/1994 e successive modifiche.

Il Decreto Ministeriale 21 aprile 1999, n. 163, “Regolamento recante norme per

l’individuazione dei criteri ambientali e sanitari in base ai quali i sindaci adottano le misure di limitazione della circolazione”, definisce i criteri in base ai quali i sindaci adottano eventuali provvedimenti di limitazione della circolazione o blocco totale della circolazione veicolare nell’area urbana.

Il decreto si applica ai comuni con più di 150.000 abitanti, a quelli individuati dalle Regioni che devono in una prima fase (entro il 6 agosto 1999):

1. effettuare una valutazione preliminare della qualità dell’aria e del territorio comunale per la realizzazione di una mappatura in relazione a tutti gli inquinanti regolamentati dalla normativa;

2. adottare le misure di limitazione della circolazione dei veicoli a motore applicate su base annuale, al fine di ridurre i livelli nelle aree in cui la valutazione

SO2 NO2 CO O3 PM10 Giudizio di qualità µg/m3 (media su 24 h) µg/m3 (max oraia) µg/m3 (max oraria) µg/m3 (max oraria) µg/m3 (media su 24 h) buona 0-50 0-50 0-2,5 0-60 0-25 Accettabile 51-125 51-200 2,6-15 61-180 26-49 Scadente 126-250 201-400 15,1-30 181-360 50-74 Pessima >250 >400 >30 >360 >74

(24)

preliminare abbia dimostrato il superamento anche di solo uno dei valori obiettivo di qualità previsti per gli IPA, i PM10 ed il benzene,

ed in una seconda fase a partire dal gennaio 2000 e successivamente con cadenza annuale:

3. predisporre un rapporto sulla qualità dell’aria nel territorio comunale; 4. adottare e aggiornare le misure di limitazione della circolazione su base

annuale.

Il decreto precisa inoltre le tipologie di veicoli esclusi dalla limitazione della circolazione, perché considerati di minor impatto sulla qualità dell’aria.

Il Decreto Legislativo 4 agosto 1999, n. 351, “Attuazione della direttiva 96/62/CE

in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente”, contiene i lineamenti per una strategia complessiva e coerente per la gestione della qualità dell’aria, collegata al controllo delle emissioni e al raggiungimento di obiettivi di qualità dell’aria ambiente.

Gli effetti di tale strategia si prevede che si raggiungano in modo graduale in stretto rapporto con la fissazione dei valori limite ed obbiettivo per le varie sostanze inquinanti.

Come “legge quadro”, il decreto prevede l’emanazione di decreti attuativi che andranno lentamente ad abrogare le vecchie norme a partire dal DPR n. 203 del 1988.

Il decreto definisce i principi per:

 stabilire gli obiettivi per la qualità dell’aria ambiente al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti dannosi per la salute umana e per l’ambiente nel suo complesso;

 valutare la qualità dell’aria ambiente sul territorio nazionale in base a criteri e metodi comuni;

 disporre di informazioni adeguate sulla qualità dell’aria ambiente e fare sì che siano rese pubbliche, con particolare riferimento al superamento delle soglie di allarme;

 mantenere la qualità dell’aria ambiente e migliorarla, dove è necessario. Per realizzare questi obiettivi, le autorità competenti sono incaricate di: • valutare la qualità dell’aria ambiente;

(25)

• adottare piani di mantenimento; • garantire l’informazione del pubblico;

• raccogliere informazioni sui superamenti degli obiettivi di qualità dell’aria; • approvare i dispositivi di misurazione;

• garantire la qualità delle misure e coordinare i programmi di garanzia di qualità su scala comunitaria;

• effettuare l’analisi dei metodi di valutazione; E’ demandato invece a successivi decreti:

• la decisione degli obiettivi di qualità dell’aria per i singoli inquinanti (valore limite, valore obiettivo, soglia di allarme e margine di tolleranza);

• le direttive tecniche per la valutazione preliminare;

• le modalità e le norme tecniche per l’approvazione dei dispositivi di misurazione;

• i criteri per l’elaborazione dei piani e dei programmi di risanamento; • le direttive per l’elaborazione dei piani di mantenimento.

Spetta allo stato fissare, nel rispetto delle direttive europee dette “figlie”:

• i valori limite, soglie di allarme, margine di tolleranza e modalità secondo le quali tale margine deve essere ridotto nel tempo, la soglia di valutazione inferiore e la soglia di valutazione superiore;

• entro quando deve essere raggiunto il valore limite; • il valore obiettivo per l’ozono e i requisiti di monitoraggio;

• i criteri per la raccolta dei dati e quelli per le tecniche di misurazione; • i criteri riguardanti altre tecniche di valutazione della qualità dell’aria;

• le modalità di informazione al pubblico nel caso di superamento delle soglie di allarme;

• il formato della comunicazione dei dati.

Allo Stato compete, se necessario, la fissazione di valori più restrittivi di quelli comunitari e di valori limite per altri inquinanti. Inoltre esso deve trasmettere alla Comunità Europea le informazioni circa i superamenti degli obiettivi di qualità ed i piani di intervento.

Alle Regioni ed alle Province spetta invece:

• l’effettuazione della valutazione della qualità dell’aria;

• l’adozione di piani di intervento di breve periodo per le zone dei rispettivi territori;

(26)

• l’adozione di piani di risanamento e di mantenimento della qualità dell’aria; • la trasmissione al Ministero dell’Ambiente, tramite l’ANPA, delle informazioni e

dei piani adottati.

Con questo decreto vengono introdotti nuovi concetti, come ad esempio quello di soglia di valutazione, le cui definizioni, riprese dalla Direttiva 96/62/CE, sono state esposte nella sezione sulla normativa comunitaria (Paragrafo 3.1).

Il Decreto Ministeriale 2 aprile 2002, n. 60, ha recepito le direttive 99/30/CE e 00/69/CE riguardanti i valori limite di qualità dell’aria relativi a biossido di zolfo, ossidi di azoto, PM10, piombo, benzene e monossido di carbonio.

Così come le direttive in questione attuano quanto previsto nella direttiva quadro 96/62/CE, questo DM attua il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351; infatti stabilisce:

I. i valori limite e le soglie di allarme;

II. il margine di tolleranza e le modalità secondo le quali tale margine deve essere ridotto nel tempo;

III. il termine entro il quale il valore limite deve essere raggiunto;

IV. i criteri per la raccolta dei dati inerenti la qualità dell’aria ambiente, i criteri e le tecniche di misurazione, con particolare riferimento all’ubicazione ed al numero minimo dei punti di campionamento, nonché alle metodiche di riferimento per la misura, il campionamento e l’analisi;

V. la soglia di valutazione superiore, la soglia di valutazione inferiore e i criteri di verifica della classificazione delle zone e degli agglomerati;

VI. le modalità per l’informazione da fornire al pubblico sui livelli registrati di inquinamento atmosferico ed in caso di superamento delle soglie di allarme; VII. il formato per la comunicazione dei dati.

Il decreto inoltre indica il significato di alcuni termini, come:

• ossidi di azoto: la somma di monossido e biossido di azoto effettuata in parti per miliardo ed espressa come biossido di azoto in microgrammi per metro cubo;

• PM10: la frazione di materiale particolato sospeso in aria ambiente che

(27)

materiale particolato di diametro aerodinamico di 10 µm con una efficienza di campionamento pari al 50%;

• PM2,5: la frazione di materiale particolato sospeso in aria ambiente che

passa attraverso un sistema di separazione in grado di selezionare il materiale particolato di diametro aerodinamico di 2,5 µm con una efficienza di campionamento pari al 50%;

• Livello: concentrazione nell’aria ambiente di un inquinante in un dato periodo di tempo.

Per la valutazione dei livelli sono previste delle tecniche di rilevazione e di modellazione, che integrano i metodi di analisi e sono precisati gli obiettivi per la qualità dei dati.

Il decreto impone la classificazione delle zone monitorate e la sua revisione almeno ogni 5 anni.

Per quanto riguarda la trasmissione delle informazioni sono definiti i formati per la comunicazione e le scadenze per la realizzazione della valutazione preliminare della qualità dell’aria.

Per ogni inquinante sono indicati (vedi paragrafo 3.2.2): • il valore limite e il margine di tolleranza;

• il metodo di riferimento; • le soglie di valutazione.

Per il particolato sono previste delle deroghe per i superamenti dovuti ad eventi naturali o allo spargimento di sale sulle strade e inoltre è prevista la realizzazione di reti di monitoraggio del PM2,5.

Il DM 60/2002 ha introdotto, inoltre, i criteri per l’ubicazione ottimale dei punti di campionamento in siti fissi, sia per la protezione della salute umana, che per la protezione degli ecosistemi.

L’Allegato IX del DM 60 riporta, infine, i criteri per determinare il numero minimo di punti di campionamento per la misurazione in siti fissi dei livelli di Biossido di Zolfo, Biossido d’Azoto, Ossidi d’Azoto, Materiale Particolato (PM10), Piombo,

Benzene e Monossido di Carbonio nell’aria ambiente. Per la popolazione umana sono definite differenti modalità per le fonti diffuse e per le fonti puntuali.

(28)

Il Decreto Ministeriale 20 settembre 2002, “Modalità per la garanzia della qualità

del sistema delle misure di inquinamento atmosferico, ai sensi del decreto legislativo n. 351/1999”, individua gli organismi incaricati di garantire la qualità del sistema delle misure di inquinamento atmosferico, che attualmente sono: il CNR, l’ANPA, l’ISS, l’ISPEL e l’ENEA.

Le funzioni tecniche svolte da questi organismi riguardano:

1. la preparazione, la certificazione ed il mantenimento di campioni primari e di riferimento di miscele gassose di inquinanti;

2. la garanzia di qualità delle misurazioni effettuate dai dispositivi di misurazione, nonché l’accertamento del rispetto di tale qualità;

3. l’approvazione delle apparecchiature di campionamento e di misura, nonché di sistemi di misura per l’inquinamento atmosferico e la definizione delle relative procedure;

4. l’accreditamento di laboratori di misura e di campionamento pubblici e privati; 5. il coordinamento sul territorio italiano dei programmi di garanzia di qualità su scala

comunitaria organizzati dalla Commissione Europea;

6. l’approvazione delle reti di misura in riferimento ai requisiti di cui al decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351 e i successivi provvedimenti attuativi;

7. l’analisi e l’approvazione di metodi di valutazione della qualità dell’aria, compresi l’utilizzo dei modelli, dei metodi di valutazione obbiettiva e dei metodi indicativi.

Il Decreto Ministeriale 1 ottobre 2002, n. 261, “Regolamento recante le direttive

tecniche per la valutazione preliminare della qualità dell’aria ambiente, i criteri per l’elaborazione del piano e dei programmi di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351”, stabilisce i criteri per la valutazione preliminare della qualità dell’aria ambiente e per la realizzazione di piani e programmi, per questi ultimi vengono precisati:

• gli elementi conoscitivi per l’elaborazione dei piani e dei programmi; • i principi generali per la loro elaborazione;

• la loro struttura ed i loro contenuti, comprendente obiettivi e azioni per la riduzione delle emissioni, dei tempi e dei soggetti responsabili;

(29)

Il Decreto Legislativo 21 maggio 2004, n. 183 “regolamentazione della

concentrazione di ozono nell’aria”, attua la direttiva europea 2002/3/CE ed abroga tutte le disposizioni precedenti riguardanti l’ozono.

Tale decreto fissa:

• i valori limite da rispettare per il 2010;

• gli obiettivi a lungo termine per la salvaguardia della salute umana e della vegetazione;

• le soglie di attenzione (180 µg/m3) e di allarme (280 µg/m3) come medie orarie; • i criteri per la classificazione e l’ubicazione dei punti di campionamento in

continuo;

• i criteri per definire il numero dei punti di campionamento; • i metodi per misurare i precursori dell’ozono;

• gli obiettivi di qualità dei dati;

• i metodi di riferimento per l’analisi dell’ozono.

Il Decreto legislativo 3 Aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, indicato anche come testo unico ambientale, raccoglie tutta la normativa riguardante la problematiche ambientali riferite a tutto il territorio nazionale. Con i suoi 318 articoli e 45 allegati, il decreto legislativo sostituisce la legislazione quadro vigente in materia di rifiuti e bonifica dei siti contaminati, procedure di VIA e VAS e IPPC, difesa del suolo e lotta alla desertificazione, tutela delle acque dall’inquinamento e gestione delle risorse idriche, tutela dell’aria e riduzione delle emissioni in atmosfera e, infine, di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente.

3.2.2- I LIMITI VIGENTI

I limiti delle concentrazioni degli inquinanti dell’aria attualmente vigenti, sono stati fissati dal Decreto Ministeriale 2 aprile 2002, n. 60 (Tab. 3.2.2.1), che ha recepito le direttive comunitarie 99/30/CE e 00/69/CE. Per l’ozono si rimanda ai valori definiti dal decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 183, che ha recepito la direttiva 2002/3/CE; per gli IPA, l’arsenico, il nichel, il cadmio e il mercurio sono in preparazione delle nuove direttive europee, per cui sono omesse dalla trattazione. Per i restanti inquinanti i valori limite sono riportati nelle sottostanti tabelle; in un’altra tabella sono indicati i limiti anno per anno per il PM10 (Tab. 3.2.2.2),

(30)

*

Da non superare più di 3 volte l’anno

BIOSSIDO DI AZOTO Tempo di mediazione All’entrata in vigore del decreto (µµµµg/m3) 01.01.2005 µµµg/m3) 01.01.2010 µµg/mµ 3)

Valore limite per la protezione

della salute umana 1 ora 280

*

200 *

Valore limite per la protezione

degli ecosistemi Anno

58 30 (come NOx)

40

Soglia di allarme 3 ore consecutive 400 *

Da non superare più di 18 volte l’anno

MONOSSIDO DI CARBONIO Tempo di mediazione All’entrata in vigore del decreto (µµµµg/m3) 01.01.2005 µµµg/m3) 01.01.2010 µµg/mµ 3)

Valore limite per la protezione della salute umana

Massimo sulla medi di 8 ore 16 10 BENZENE Tempo di mediazione All’entrata in vigore del decreto (µµµµg/m3) 01.01.2005 µµµg/m3) 01.01.2010 µµg/mµ 3)

Valore limite per la protezione

della salute umana Anno 10 5

PIOMBO Tempo di mediazione All’entrata in vigore del decreto (µµµµg/m3) 01.01.2005 µµµg/m3) 01.01.2010 µµg/mµ 3)

Valore limite per la protezione

della salute umana Anno 0.8 0.5

Tab. 3.2.2.1- Valori limite previsti dal DM 2 aprile 2002, n. 60. BIOSSIDO DI ZOLFO Tempo di

mediazione All’entrata in vigore del decreto (µµµg/mµ 3) 01.01.2005 µµg/mµ 3) 01.01.2010 µµµg/m3)

Valore limite per la protezione

della salute umana 1 ora 440 350 350

Valore limite per la protezione

della salute umana 1 giorno 125

*

Valore limite per la protezione degli ecosistemi

Anno civile e inverno (1/10-31/3)

20

(31)

Tab. 3.2.2.2- Valori limite per il PM10 tenuto conto del margine di tolleranza.

*

Da non superare più di 35 volte l’anno

FASE I FASE II

PM

10 Valore limite di 24 ore per la protezione della salute umana Valore limite annuale per la protezione della salute umana Valore limite di 24 ore per la protezione della salute umana Valore limite annuale per la protezione della salute umana Tempo di

mediazione 24 ore Anno civile 24 ore Anno civile

Entrata in vigore (19 luglio 1999) 75 µg/m 3 * 48 µg/m3 30 µg/m3 1 gennaio 2001 70 µg/m3 46,4 µg/m3 1 gennaio 2002 65 µg/m3 44,8 µg/m3 1 gennaio 2003 60 µg/m3 43,2 µg/m3 1 gennaio 2004 55 µg/m3 41,6 µg/m3 1 gennaio 2005 50 µµµµg/m3 40 µµµg/mµ 3 1 gennaio 2006 28 µg/m3 1 gennaio 2007 26 µg/m3 1 gennaio 2008 24 µg/m3 1 gennaio 2009 22 µg/m3 1 gennaio 2010 50 µµµµg/m3 20 µµµµg/m3

(32)

3.3- NORMATIVA REGIONALE

L’attività normativa regionale in materia di qualità dell’aria ambiente, si inserisce nella disciplina europea e nazionale e mira ad attuarle e completarle, prevedendo una programmazione degli interventi e delle azioni.

Perseguendo tale finalità l’azione preliminare, indispensabile e funzionale a tale gestione è la raccolta dei dati conoscitivi relativi al territorio, alle sorgenti di emissione ed allo stato di qualità dell’aria.

Le competenze delle regioni in questo ambito erano già previste con il DPCM 28 marzo 1983, secondo cui alle regioni veniva demandato il controllo del rispetto degli standard della qualità dell’aria, principio poi riaffermato con il DPR 24 maggio 1988, n. 203, che sanciva la competenza regionale in merito alla formulazione dei piani di rilevamento della qualità dell’aria ed in merito alle funzioni di indirizzo e coordinamento dei sistemi di controllo e rilevazione degli inquinanti atmosferici.

Con la Legge 9 giugno 1990, n. 142, sono state affidate alle province le funzioni amministrative in merito al rilevamento e controllo dell’inquinamento atmosferico. Il Decreto 20 maggio 1991 ha affidato alla regione la funzione di indirizzo e coordinamento dei sistemi di controllo e di rilevazione degli inquinanti atmosferici gestiti dalle province, competenza poi riaffermata con il DM 6 maggio 1992.

Il testo base della normativa regionale in Toscana è la Legge Regionale del 5 maggio 1994, n. 34 “Norme per la tutela della qualità dell’aria” che specifica le competenze regionali, prescrive la successiva adozione del Piano Regionale di rilevamento della qualità dell’aria ambiente e definisce il sistema di controllo della qualità dell’aria.

Secondo tale legge il piano deve contenere:

• i criteri per la realizzazione del sistema regionale di rilevamento della qualità dell’aria e la revisione della strumentazione e delle apparecchiature necessarie all’acquisizione e concentrazione dei dati;

• le proposte di organizzazione e di gestione del sistema; • la valutazione dei costi;

Figura

Tab. 3.1.2- Valori limite PM 10  FASE I e FASE II
Tab. 3.1.4- Valori limite previsti dalla 00/69/CE.
Tab. 3.1.5- Valori limite per l’ozono previsti dalla Direttiva 2000/03/CE.
Tab. 3.2.1.1-  Valori guida di qualità dell’aria previsti dal DPR 24 maggio 1988, n. 203.
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