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Academic year: 2021

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CAPITOLO 2

DERIVAZIONE DELLA FUNZIONE DI GREEN IN

FORMA CHIUSA NEL DOMINIO SPAZIALE PER

UNA GENERICA STRUTTURA PLANARE A

MICROSTRISCIA.

2.1 DESCRIZIONE DI UNA GENERICA STRUTTURA A MICROSTRISCIA

Una generica struttura a microstriscia, nella sua forma classica, è caratterizzata da una metallizzazione finita che si comporta come un piano di massa, un substrato dielettrico e una lamina metallica di forma pressoché arbitraria, come illustrato in figura 2.1.

Le strutture a microstriscia possono essere utilizzate come linee di alimentazione (linee a microstriscia), come elementi passivi per la realizzazione di filtri o schermi selettivi in frequenza (dicroici) o come

(2)

In questo paragrafo ci riferiremo in particolare alle antenne, in quanto l’analisi di tali strutture è lo scopo ultimo di questo lavoro di tesi, ma quanto detto vale per una qualsiasi struttura a microstriscia [11].

Piano di massa Strato di dielettrico

Metallizzazione

Fig. 2.1 Antenna a microstriscia

La lamina metallica che si trova sopra lo strato dielettrico viene detta

patch, e nelle antenne funge da radiatore; per questo le antenne a

microstriscia vengono anche dette antenne a patch.

Il substrato ha altezza h molto minore di λ0 (tipicamente compresa tra

0.003λ0 e 0.05λ0) e il patch ha spessore t << λ0, dove λ0 è la lunghezza

d’onda in spazio libero.

Antenne di questo tipo hanno un massimo del diagramma di irradiazione in direzione ortogonale al patch (broadside).

Per un patch rettangolare, la lunghezza L dell’elemento è solitamente compresa tra λ0/3 e λ0/2 e la costante dielettrica del substrato è, di norma,

compresa tra 2 e 12: substrati alti con piccoli valori di costante dielettrica consentono di ottenere antenne con banda più larga e maggiore efficienza, mentre substrati sottili con elevati valori di costante dielettrica sono da

(3)

questo caso infatti, la dimensione ridotta consente un’agevole integrazione e l’alta costantre dielettrica permette di confinare i campi nelle vicinanze dell’antenna, riducendo radiazioni e accoppiamenti indesiderati. Purtroppo, a causa delle alte perdite, le antenne con elevata costante dielettrica hanno bassa efficienza e una banda relativamente stretta. Queste esigenze contrastanti vincolano i progettisti a trovare un giusto compromesso dipendentemente dall’applicazione per cui l’antenna viene realizzata.

Nelle antenne a microstriscia, l’elemento radiante e le linee di alimentazione sono solitamente stampate con tecnica fotolitografica sul substrato dielettrico. Il patch radiante può essere quadrato, rettangolare, lungo e sottile (dipolo), circolare, elittico, triangolare e di varie altre forme, come illustrato in figura 2.2.

Fig. 2.2: Principali configurazioni per il patch radiante

I patch di forma quadrata, rettangolare, a dipolo e circolare sono i più comuni perché sono semplici da analizzare e da realizzare e hanno buone

(4)

componenti cross-polari. I dipoli a microstriscia sono antenne particolarmente interessanti perché hanno banda larga e occupano poco spazio; ciò le rende particolarmente adatte per la realizzazione di array, cioè schiere di singoli elementi radianti che possono essere proficuamente utilizzati per indirizzare il fascio principale dell’antenna in una particolare direzione desiderata o per ottenere alti guadagni.

Le antenne a microstriscia hanno avuto negli ultimi anni un’enorme diffusione. I pregi di queste antenne sono numerosi e di diversa natura. Infatti,

• hanno un profilo ridotto, dimensioni limitate e un peso contenuto, • possono essere conformi sia a superfici planari che non planari, • sono semplici da progettare ed economiche da realizzare,

• hanno una struttura estremamente robusta se installate su superfici rigide,

• sono versatili in termini di frequenza di risonanza, polarizzazione, diagrammi di irradiazione e impedenza di ingresso.

Purtroppo si hanno anche numerosi difetti che ne limitano l’applicazione in alcuni ambiti:

• bassa efficienza,

• fattore di qualità eccessivamente alto (talvolta supera anche 100), • radiazione spuria della linea di alimentazione,

• banda stretta (dell’ordine di qualche unità percentuale).

Esistono, comunque numerosi metodi che consentono di aumentare la larghezza di banda e di ridurre le radiazioni spurie.

(5)

2.1.1 TECNICHE DI ALIMENTAZIONE

Esistono diverse tecniche di alimentazione di una antenna a microstriscia. Le quattro più diffuse sono la linea a microstriscia, il cavo

coassiale, l’accoppiamento tramite slot e l’accoppiamento per prossimità.

Esempi di alimentazioni di questo tipo sono illustrati nelle figure 2.4-2.7, mentre in figura 2.3 sono mostrati i circuiti equivalenti corrispondenti alle tecniche suddette.

(a) Linea a microstriscia (b) Cavo coassiale

(d) Accoppiamento per prossimità (c) Accoppiamento tramite slot

Fig.2.3 Circuiti equivalenti per i tipi di alimentazione più comuni

Alimentazione a microstriscia

L’alimentazione a microstriscia è essenzialmente composta da una striscia conduttrice, di solito di larghezza molto inferiore di quella del patch, realizzata sullo stesso substrato dell’oggetto radiante. E’ particolarmente semplice da progettare e da realizzare e consente di

(6)

ottenere un buon adattamento con l’antenna tramite il solo corretto posizionamento della linea nei confronti del patch.

Purtroppo, all’aumentare dello spessore del substrato, con una configurazione di questo tipo si ha un notevole aumento delle radiazioni spurie e delle onde superficiali che contribuiscono a ridurre la larghezza di banda (tipicamente al 2-5%).

Microstriscia

Patch radiante

Fig. 2.4 Alimentazione in microstriscia

Cavo coassiale

L’alimentazione tramite cavo coassiale avviene connettendo l’anima centrale del cavo al patch radiante e la calza al piano di massa, come mostrato in figura 2.5. Questo tipo di alimentazione, insieme alla linea a microstriscia, sono probabilmente quelle più usate a causa della loro semplicità di realizzazione.

Un vantaggio dell’alimentazione in cavo coassiale sta nel fatto che la calza esterna del cavo si comporta come uno schermo e limita le radiazioni indesiderate. Come per la linea a microstriscia però, questa configurazione

(7)

è caratterizzata da una banda stretta; inoltre diventa complicata da modellare soprattutto quando il dielettrico diventa troppo spesso (h>0.02λ0).

Sia la linea a microstriscia che il cavo coassiale hanno una asimmetria intrinseca che genera modi di ordine superiore i quali producono alti livelli di componenti cross-polari. Per evitare alcuni di questi problemi, sono stati introdotte tecniche di alimentazione che non prevedono un contatto tra il patch radiante e la linea di alimentazione e che vedremo di seguito.

Fig.2.5 Alimentazione tramite cavo coassiale

Accoppiamento tramite slot

L’accoppiamento tramite slot avviene praticando una fessura in un piano metallico che si trova tra due substrati dielettrici. Sulla base del substrato inferiore è stampata una linea a microstriscia che si accoppia con il patch stampato sul substrato superiore tramite la slot praticata nel piano metallico (Fig. 2.6).

Tra i quattro tipi di alimentazione elencati è sicuramente il più difficile da fabbricare ed ha ancora una banda relativamente stretta. Al contrario però, è abbastanza semplice da progettare, consentendoci infatti di ottimizzare separatamente la linea di alimentazione e il patch radiante.

Solitamente il substrato inferiore è sottile e ha un’alta costante dielettrica, mentre il substrato su cui è stampato il patch è più spesso e ha

(8)

inoltre, isola la linea a microstriscia dal patch, riducendo in questo modo le radiazioni spurie che deformano i diagrammi di irradiazione innalzano i livelli delle componenti cross-polari.

Fig.2.6 Alimentazione slot coupled

I parametri elettrici dei substrati, la larghezza della linea a microstriscia e le dimensioni e la posizione della slot possono essere modificati per agevolare l’ottimizzazione. L’accoppiamento è solitamente regolato dalla larghezza della linea di alimentazione e dalla lunghezza della slot: la slot, infatti, può essere rappresentata come un dipolo elettrico equivalente che tenga conto delle componenti di campo elettrico ortogonali (alla slot) e un dipolo magnetico equivalente che tenga conto delle componenti tangenti (alla slot) di campo magnetico.

Per massimizzare l’accoppiamento è opportuno centrare la slot rispetto al patch, nella posizione in cui idealmente il campo elettrico è nullo e il campo magnetico è massimo (per il modo dominante). Teoricamente, questo accorgimento annulla le componenti cross-polari.

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Accoppiamento per prossimità

L’ultimo tipo di alimentazione, quello per prossimità, si ottiene avvicinando una linea a microstriscia al patch e generando quindi un accoppiamento di tipo capacitivo.

Fig.2.7 Alimentazione tramite accoppiamento per prossimità

Tra i quattro tipi elencati è quello che ha banda maggiore (fino al 13%) ed è relativamente facile da progettare. La realizzazione della struttura risulta, invece, piuttosto complicata. L’ottimizzazione avviene regolando il rapporto lunghezza/larghezza del patch e la lunghezza della linea a microstriscia.

Nel paragrafo seguente vedremo come è possibile analizzare strutture a microstriscia utilizzando il Metodo dei Momenti.

(10)

2.2 DIFFICOLTA’ DI CALCOLO NEL METODO DEI MOMENTI CONVENZIONALE

L’analisi rigorosa di elementi a microstriscia, come per esempio antenne a patch o dipoli stampati, richiede l’utilizzo della funzione di Green vettoriale e scalare per mezzi stratificati con piano di massa. E’ tuttavia ben noto che le funzioni di Green per mezzi stratificati sono costituite da integrali impropri, in particolare noti come Integrali di

Sommerfeld, i cui integrandi sono oscillanti e lentamente convergenti. Da

questo deriva che il loro calcolo richiede un notevole impegno computazionale per la maggior parte delle configurazioni di interesse.

Un nuovo approccio al problema è stato sviluppato recentemente per ovviare al problema e consiste nell’introduzione dell’espressione in forma chiusa della funzione di Green nel dominio spaziale; essa corrisponde ai potenziali scalari e vettoriali associati ad un dipolo elettrico posto orizzontalmente su un substrato dielettrico infinitamente esteso limitato inferiormente da un piano di massa, anch’esso infinito.

Usando questa espressione in forma chiusa della funzione di Green nel dominio spaziale all’interno di una tecnica variazionale come il gia introdotto Metodo dei Momenti (MoM), si ottiene un sostanziale risparmio di tempo di calcolo nell’analisi di strutture planari a microstriscia.

Il MoM può essere applicato sia nel dominio dello spazio che in quello spettrale, e quest’ultimo è stato lungamente ritenuto il più adatto all’analisi di strutture planari a microstriscia. Come vedremo di seguito però, questo non è più vero se è possibile utilizzare la forma chiusa della funzione di Green nel dominio spaziale.

(11)

Analizzeremo ora brevemente entrambi gli approcci, andando a confrontare l’efficienza computazionale dei due metodi.

2.3 ANALISI NEL DOMINIO SPAZIALE

Consideriamo una generica struttura a microstriscia, con substrato che si estende all’infinito in direzione trasversale. Chiamiamo d e εR

rispettivamente lo spessore e la permittività dielettrica relativa dello strato dielettrico.

Riprendendo la EFIE introdotta nel capitolo precedente, il campo elettrico tangente sul piano del patch (z = 0) può essere scritto in termini della densità superficiale di corrente J e delle funzioni di Green per il potenziale scalare e vettore GA e Gq:

[

G J 1 J G E ⊗∇⋅ ∂

]

∂ + ⊗ − = A x q xx x x j j ω ω (2.1.a)

[

G J 1 J G E ⊗∇⋅ ∂

]

∂ + ⊗ − = A y q yy y y j j ω ω (2.1.b) dove

(12)

¾ Gmn indica la funzione di Green per il potenziale vettore nella

direzione n dovuto ad un dipolo elettrico elementare diretto lungo la direzione m.

Nel caso di strutture panari, come nel nostro caso, assumono importanza solo le componenti xx e yy del potenziale vettore, che per altro, data la simmetria cilindrica del sistema in esame, risultano uguali ( Gxx=Gyy ).

Per trovare la densità superficiale di corrente per mezzo del MoM, il primo passo è scrivere tali densità superficiali come combinazioni lineari delle funzioni di base

) , ( J A J xn x y n n x =

(2.2.a) ) , ( J B J yn x y n n y =

(2.2.b)

dove An e Bn sono i coefficienti incogniti per cui vengono moltiplicate le

funzioni di base Jxn e Jyn.

Ora sostituiamo l’espressione (2.2) nella (2.1) e moltiplichiamo l’espressione ricavata per opportune funzioni di testing Txm e Tym

utilizzando un’apposita definizione di prodotto interno

∫∫

= *( , ) ( , )

,g dxdy f x y g x y

f ; (2.3).

in questo modo si ottiene l’EFIE descritta nel capitolo 1. Sviluppiamo, per esempio, uno dei prodotti interni ottenuti:

(13)

) ' ,' ( J ) ' ,' ( G ' ' ) , ( T J G , T ) ( ( ) y x y y x x dy dx y x dy dx xn T D D B A xx xm xn A xx xm ⊗ =

∫∫

∫∫

− − (2.4)

Nella (2.4), D(T) e D(B) rappresentano rispettivamente il dominio delle funzioni di test e di base e si ha:

) ( G~ ) ( ) ( G (2) 0 ρ ρ ρ ρ ρ ρ dk k H k A k xx A xx

∞ ∞ − = (2.5)

In generale, ogni termine derivante dal prodotto interno nel dominio spaziale è un integrale quintuplo: un integrale è associato alla funzione di Green stessa ed è un integrale improprio su un dominio infinito (Integrale

di Sommerfeld), due sono integrali di convoluzione e i rimanenti due

derivano dal prodotto interno.

Dato che il calcolo di un integrale quintuplo è impegnativo dal punto di vista computazionale, l’integrale di convoluzione tra la funzione di Green e la funzione di base è sempre trasformato in prodotto fra la funzione di base e la funzione di test, rendendo così possibile la risoluzione analitica dell’integrale stesso. Così facendo, l’ordine dell’integrazione può essere ridotto a tre.

Malgrado questo, il calcolo del prodotto interno impegna ancora molto tempo di elaborazione a causa della lenta convergenza dell’integrando della funzione di Green, il cui andamento è mostrato in figura 2.8.

(14)

Fig.2.8: Parte reale dell’integrando della (2.6)

2.4 ANALISI NEL DOMINIO SPETTRALE

Il campo elettrico tangente sul piano del patch dovuto alle correnti Jx e

Jy può essere espresso, nel dominio spettrale, nella seguente forma

) , ( J ~ ) , ( Z ~ ) , ( J ~ ) , ( Z ~ ) , ( E~x kx ky = xx kx ky x kx ky + xy kx ky y kx ky (2.6.a) ) , ( J ~ ) , ( Z ~ ) , ( J ~ ) , ( Z ~ ) , ( E~y kx ky = yx kx ky x kx ky + yy kx ky y kx ky (2.6.b)

(15)

dove il simbolo ∼ identifica la trasformata di Fourier, e la funzione di Green per il campo elettrico Zij è esprimibile in forma chiusa.

Ancora una volta applichiamo il metodo dei momenti espandendo le densità superficiali di corrente sul patch come in (2.2), facendone la trasformata di Fourier e sostituendole nelle (2.6). A questo punto facciamo il prodotto interno delle espressioni ottenute con la trasformata di Fourier delle funzioni di test.

Seguendo la seguente procedura si arriva alle seguenti espressioni algebriche 0 J ~ Z ~ , T~ B J ~ Z~ , T ~ A +

=

n n xm xy yn xn xx xm n n (2.7.a) 0 J ~ Z ~ , T ~ B J ~ Z ~ , T~ A ym +

=

n n ym yy yn xn yx n n (2.7.b)

dove i prodotti interni sono definiti su un dominio infinito e sono del tipo

) , ( J ~ ) , Z( ) , ( T~ J ~ Z ~ , T~xm xx xn = ∞ dkxdky xmkx kykx ky xn kx ky ∞ − ∞ ∞ −

∫ ∫

(2.8)

Dato che le funzioni di Green nel dominio spettrale sono esprimibili in forma chiusa, gli elementi della matrice del MoM sono rappresentati da integrali doppi su dominio di integrazione infinito (2.8), ma possono essere portati ad una integrazione finita portando l’integrando in coordinate polari. Di conseguenza, per strutture a microstriscia, il MoM spettrale può essere più conveniente del MoM spaziale convenzionale.

(16)

dato che gli integrandi dipendono in modo oscillante dalle variabili del dominio di integrazione.

2.5 FUNZIONE DI GREEN PER IL POTENZIALE VETTORE E SCALARE IN FORMA CHIUSA NEL DOMINIO DELLO SPAZIO

Un rimedio per i suddetti problemi di convergenza si trova nella espressione della funzione di Green in forma chiusa nel dominio spaziale. Una tale espressione ci permette di trasformare i prodotti interni in integrali su domini finiti, eliminando così totalmente la parte “time-consuming” del metodo dei momenti nel dominio dello spazio, che imponeva la valutazione della forma integrale della funzione di Green.

Gli integrali di Sommerfield per le funzione di Green per il potenziale vettore e scalare introdotte precedentemente sono:

) ( G~ ) ( 4 1 G (2) , 0 , ρ ρ ρ ρ ρ π dk k H k k q A SIP q A

= (2.9) dove

¾ è la funzione di Green per il potenziale vettore nel dominio spettrale,

A

G

¾ è la funzione di Green per il potenziale scalare nel dominio spettrale,

q

(17)

¾ H(2) è la funzione di Hankel del secondo tipo,

¾ SIP è un cammino di integrazione modificato (Sommerfeld Integration Path) utilizzato per evitare di avvicinarci troppo alle singolarità dell’integrando, come mostrato in figura 2.9.

Fig. 2.9: Sommerfeld Integration Path

Qui di seguito presenteremo una tecnica numerica efficiente per ottenere la forma chiusa della funzione di Green nel dominio spettrale per strutture a microstriscia, che trova importanti applicazioni nell’analisi numerica di antenne e circuiti stampati.

La procedura da seguire è la seguente:

1) Calcolare la funzione di Green per il potenziale vettore e scalare nel dominio spettrale.

2) Trovare le “quasi-static images”, e i loro contributi alla funzione di Green mediante l’utilizzo dell’identità di Sommerfeld.

3) Estrarre i poli delle onde superficiale e calcolare i loro contributi analiticamente.

4) Approssimare i rimanenti integrandi in termini di esponenziali complessi mediante il metodo “Generalized Pencil Of Functions” (GPOF Method) e

(18)

Per l’applicazione del metodo riferiamoci ad una struttura planare a micristriscia con un substrato e un superstrato di spessore arbitrario come mostrato in figura 2.1 e applichiamo passo passo la procedura ora illustrata.

Fig. 2.10 : Struttura con substrato e superstrato

1. Funzione di Green per il potenziale vettore e scalare nel dominio spettrale.

Per la geometria mostrata in figura 2.10, la funzione di Green per il potenziale vettore e scalare può essere ottenuta in forma chiusa ed è data da: ) ( T~ 2 G~ z k j TE zi A xx µ = (2.10.a) εo, µo εr(i-1), µr(i-1) di-1

Piano di massa perfettamente conduttore Dielettrici privi di perdite di z εri, µri x HED

(19)

⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎣ ⎡ ⎟⎟ ⎠ ⎞ ⎜⎜ ⎝ ⎛ ∂ ∂ + + = TM zi TE zi TE zi i q z jk k k k j T ~ 1 T~ T~ 2 1 G~ 2 2 ρ ε (2.10.b) dove (2 ) ( ) T jk zzi jkzi d zi jkzi z TE e R eTE R eTE − + − − − − ⎡ ⎤ = + +  (2.11) e ± TE TM

R , 1 dipendono da i coefficienti di riflessione generalizzati TE e TM all’interfaccia fra le regioni i e i+1, i quali sono definiti in base ai coefficienti di riflessione di Fresnel.

Questa forma della funzione di Green è valida per z ∈ [ 0 , di ], ma noi

considereremo solo il caso z=0, in quanto consideriamo solo strutture a microstriscia planari, cioè con punto di osservazione sullo stesso piano del punto sorgente.

2. Estrazione delle Quasi-Static Images.

Per ottenere la corrispondente nel dominio spaziale della (2.10), è necessario valutare la sua trasformata di Hankel inversa, valutando l’integrale in (2.9).

Generalmente tale integrale non può essere calcolato analiticamente così com’è, ma per le quasi-static images, che sono approssimazioni esponenziali della funzione di Green nel dominio spettrale quando , la trasformata di Hankel inversa può essere valutata analiticamente

0

0 →

(20)

.

e

j

H

(2) 0

(

)

2

z jk z jkr z SIP

e

dk k

k

r

ρ ρ ρ

ρ

k

− −

= −

Dato che il campo quasi statico è definito per distanze di osservazione molto più piccole della lunghezza d’onda nello spazio libero (ρ << λ), esso corrisponde alle componenti asintotiche della funzione di Green nel dominio spettrale (kρ → ∞).

Se, quindi si estraggono i termini dovuti al campo quasi-statico dalla funzione di Green, si fa in modo che essa decada più rapidamente per grandi valori di kρ.

I contributi del campo quasi-statico alla funzione di Green, dette anche

quasi-static images, possono essere scritti come

2 1 2 2 0 2 4 4 G 2 1 2 − + − − + − = − i d jk jk A xx d e e i i i ρ π µ ρ π µ ρ ρ (2.12.a) + − + − + + = − − + − − + + − + − ρ πε ρ πε ρ πε ρ πε ρ ρ ρ ρ i i i i i i jk i i i i d jk i i i i i i d jk i i i jk i e K d e K K d e K e 4 2 4 2 4 4 1 G 1, 2 2 2 , 1 1 , 2 2 2 1 , q0 2 2 2 2 2 2 2 , 1 1 , 2 1 2 2 2 , 1 2 4 2 4 ) 1 ( 2 2 2 1 2 i d jk i i i i i i d jk i i i d e K K d e K i i i i + − + − − + − − + − + − − − ρ πε ρ πε ρ ρ (2.12.b) dove ) ( ) ( ) 1 ( ) 1 ( 1 , + + + + − = i r ri i r ri i i K ε ε ε ε , (2.13) ) ( ) ( ( 1) , 1 ri i r i i K ε ε ε ε + − = − − .

(21)

Si nota che il primo termine nella (2.12.a) e (2.12.b) rappresenta il campo diretto, cioè la risposta a una sorgente puntiforme in un mezzo infinito e omogeneo con numero d’onda ki.

3. Poli delle onde superficiali.

L’integrale di Sommerfeld per mezzi stratificati contiene un certo numero di poli e queste singolarità sono associate alle onde superficiali, laterali e leaky lanciate dalla sorgente. Tra tutte, le onde superficiali assumono un ruolo importante perché sono guidate attraverso tutta la struttura senza perdere energia, come vedremo più in dettaglio nei paragrafi successivi.

Le singolarità dovute alle onde superficiali si trovano sull’asse reale del piano complesso kρ. Anche se deformiamo il cammino di integrazione in

modo che passi non troppo vicino alle singolarità (SIP), la loro presenza influenza comunque il valore dell’integrale per piccoli valori di kρ; è quindi

preferibile estrarre queste singolarità dall’integrando, così da renderlo più uniforme e di conseguenza più facilmente approssimabile mediante il metodo GPOF.

Il contributo di un generico polo dell’onda superficiale può essere scritto come 2 2 ) ( 2 p p p k k k a residuo k ρ ρ ρ ρ − (2.14) dove kρp è il polo dell’onda superficiale, per cui i contributi alla funzione

(22)

(

)

( ) 1 () ) 2 ( 0 ) ( ( ) 1 2 4 G N i i p i p i Asw xx j k H k res TE

= − = π ρ π µ ρ ρ (2.15.a) ) ( 1 () ) 2 ( 0 ) ( ( ) 2 ) 2 ( 4 1 G N N i i p i pi i qsw j TE

+ TMk H k res = − = π ρ πε ρ ρ (2.15.b)

dove NTE e NTM sono il numero dei poli delle onde superficiali TE e TM.

Le funzioni di Green per il potenziale vettore e scalare possono quindi essere scritte nel seguente modo

zi Asw xx A xx A xx k j k F k H k dk 2 ) ( ) ( 4 G G G (2) 1 0 0 ρ ρ ρ ρ ρ π µ

∞ ∞ − + + = (2.16.a) zi i qsw q q k j k F k H k dk 2 ) ( ) ( 4 1 G G G (2) 2 0 0 ρ ρ ρ ρ ρ πε

∞ ∞ − + + = (2.16.b)

Le (2.16) possono essere valutate numericamente o approssimate mediante l’espressione in forma chiusa.

4. Approssimazione dell’integrando residuo mediante il metodo GPOF.

Le funzioni F1(kρ) e F2(kρ) sono ora approssimate in termini di

esponenziali complessi mediante il metodo Generalized Pencil Of

Function (GPOF [22]).

Per essere in grado di utilizzare l’identità di Sommerfeld con gli esponenziali ottenuti dall’applicazione del metodo GPOF, questi esponenziali devono essere funzione di kzi che è una variabile complessa.

(23)

Dato però che il metodo GPOF è applicabile solo a funzioni complesse di variabile reale, dobbiamo preventivamente trasformare la variabile complessa kzi in una variabile reale t mediante la funzione parametrica

⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎣ ⎡ ⎟⎟ ⎠ ⎞ ⎜⎜ ⎝ ⎛ − + − = 0 1 T t jt k kzi i , 0 ≤ t ≤ T0 (2.17) che mappa t ∈ [ 0 , T0 ] in kzi ∈ [ki , -jkziT0 ].

Ovviamente la scelta di T0 è dipendente dall’andamento dell’integrando è

quindi deve essere adattata al caso in esame: in particolare si può dimostrare che risulta accettabile un valore di T0 leggermente maggiore di

r

ε del substrato dielettrico.

Entrambe le F1(kρ) e F2(kρ) devono essere uniformemente campionate

lungo il cammino di integrazione C che corrisponde alla variabile t e approssimate in termini di esponenziali, ancora di variabile t o kzi come

segue: zi ni n ni n k N i ni t N i ni n k a e b e F α β ρ − = =

= = 1 1 ) ( , n = 1,2 (2.18) dove bni e βni sono ) 1 ( 0 0 jT k T i ni ni+ β ; niki ni ni

a

e

b

=

β .

(24)

2 2 2 ) ( 1 1 ( ) 4 G 2 2 2 1 i j jk N i i Aci xx j e b i i β ρ π µ ρ β − + = − +− =

(2.19.a) 2 2 2 ) ( 1 2 ( ) 4 1 G 2 2 2 2 i j jk N i i i qci j e b i i β ρ πε β ρ − + = − +− =

(2.19.b).

Nel metodo GPOF, il numero di campioni deve essere almeno il doppio del numero di esponenziali usati per l’approssimazione. Se il numero di campioni prelevati è esattamente il doppio del numero degli esponenziali, l’approssimazione risulterà esatta solo nei punti campionati e non ci saranno garanzie sull’accuratezza dei risultati in tutti gli altri punti. A causa di ciò, si è soliti prendere un numero di campioni molto maggiore del doppio del numero degli esponenziali utilizzati per l’approssimazione per assicurare l’aderenza della funzione approssimata all’andamento reale.

Seguendo la procedura fin qui descritta abbiamo ottenuto la forma chiusa della funzione di Green nel dominio spaziale per il potenziale vettore e scalare dovuta ad un dipolo elettrico orizzontale posto all’interfaccia fra substrato e superstrato, la cui espressione è data da:

Aci xx Asw xx A xx A xx G G G G = 0 + + (2.20.a) qci qsw q q G G G G = 0 + + , (2.20.b)

(25)

1 1 1 (2) ( ) ( ) 0 ( ) 1 1 1 1 1 ( 2 ) ( )Re 1 4 i d i i TE i i jk r jk r N N jk r A i xx p i p i i i i d i i e e e G j k H k s r r ρ ρ r

µ

π

ρ

π

− − − = = ⎛ ⎞ = − + − +

b ⎠ 2 3 4 6 , 1 , 1 1, 2 3 5 2 1, 1, , 1 1, 4 5 (2) ( ) ( ) 0 ( ) 2 1 1 1 4 4 4 1 1 1 (1 ( ) ) 4 4 4 1 1 ( 2 ) ( ) Re 2 4 4 i d i i i i i i i i i jk r jk r jk r q i i i i i i i d i i i i jk r jk r jk r i i i i i i i i i i i i i i i p i p i i i i e e e G K K K r r r e e K K K K r r j kρ H kρ s b πε πε πε πε πε πε π ρ πε πε − − − + + − − − − − + − = + − + − − − − + − + 2 2 1 1 2 i i TE TM jk r N N N i i i e r − + = =

6 e r − +

Quest’ultima e’ la struttura della funzione di Green che e’ stata implementata nel codice sviluppato.

2.6 CAMPO INCIDENTE IN PRESENZA DI UN MEZZO STRATIFICATO

Consideriamo un’onda piana incidente con un angolo θ rispetto alla normale su un mezzo stratificato composto da uno o più strati dielettrici e da un piano di massa perfettamente conduttore, come mostrato in figura 2.11.

(26)

Fig.2.11: Onda incidente su un mezzo stratificato

Le costanti elettriche del m-esimo strato sono σ ε µm, m, m e hm è lo spessore.

Supponiamo dapprima che l’onda incidente sia polarizzata lungo iθ: si

parla in questo caso di incidenza parallela perché il vettore del campo elettrico è parallelo al piano di incidenza (piano xz).

Ci poniamo il problema di calcolare il coefficiente di riflessione della struttura al fine di ottenere il valore del campo sull’interfaccia.

A questo scopo possiamo definire un’equivalenza con la teoria delle linee di trasmissione, come mostrato in figura 2.12:

Fig.2.12: Analogia con le linee di trasmissione per un mezzo stratificato εo, µo εr2, µr2 h1 z θ εr1, µr1 h2 h3 εr3, µr3 Dielettrici privi di perdite h1 h2 h3 K0 K1 K2 K3

(27)

In questa analogia ogni sezione della linea corrisponde ad uno strato di dielettrico e il corto circuito finale corrisponde al piano di massa. La tensione lungo la linea corrisponde al campo elettrico e la corrente al campo magnetico; la lunghezza della linea è pari allo spessore dello strato dielettrico corrispondente e la costante di propagazione um e l’impedenza

caratteristica di ogni tratto di linea sono rispettivamente um e Km, che

valgono: 2 2 m m m m m u u K j λ γ σ ωε = + = + (2.21) dove 2 2 0sin m j m m m m j γ σ µ ω ε µ ω λ γ θ = − = − (2.22)

Supponiamo ora di avere un solo substrato dielettrico con caratteristiche elettriche ε µ1, 1 e con σ1 =0; in questo caso si ottiene

(

)

(

)

2 1 0 0 2 0 0 0 2 0 0 1 sin 1 sin sin r r r r u j K K ω ε µ ε µ θ µ θ ε ε µ ε µ θ ε ε = − = − − = (2.23) (2.24) (2.25)

(28)

Si può allora calcolare l’impedenza d’ingresso della linea come:

( )

(

(

2

)

)

1tanh 1 1 1tan 0 0 sin

in r r 1

Z =K u h = jK ω ε µ ε µ − θ h (2.26)

A questo punto è possibile calcolare il coefficiente di riflessione della struttura presa in esame e da questo il campo risultante all’interfaccia:

(

)

(

)

(

)

(

)

2 2 1 0 0 1 0 0 2 2 0 1 0 0 1 0

tan sin 1 sin

tan sin 1 sin

r r in in r r jK h Z K Z K jK h ω ε µ ε µ θ ζ θ ω ε µ ε µ θ ζ θ − − − − Γ = = + + & . (2.27)

Supponiamo ora invece che l’onda incidente sia polarizzata lungo iφ: si

parla in questo caso di incidenza perpendicolare perché il vettore del campo elettrico è perpendicolare al piano di incidenza.

Anche in questo caso si ha un equivalenza con la teoria delle linee di trasmissione; l’ammettenza caratteristica della linea è data da:

ω µmm m j u N = (2.28)

dove vale ancora la prima delle (2.21).

Possiamo ancora calcolare l’ammettenza d’ingresso della linea come:

(

)

(

1

)

2 0 0 0 1 1 0 sin tan 1 ) tanh( 1 h jN h u N Y r r in θ µ ε µ ε ω − − = = (2.29)

e da questa il coefficiente di riflessione Γ⊥ e il campo risultante

(29)

2.7 LE ONDE SUPERFICIALI TE E TM

Abbiamo visto nei paragrafi precedenti quanto sia utile la forma chiusa della funzione di Green per mezzi stratificati, perché permette un’analisi molto efficiente delle strutture a microstriscia mediante l’utilizzo del Metodo dei Momenti.

Abbiamo anche visto che l’integrando dell’integrale di Sommerfeld, che ci dà la funzione di Green per questo tipo di mezzi, presenta un certo numero di poli, in generale complessi, dati dalle onde TE e TM modali e non modali eccitate dalla struttura. Queste onde sono dette onde superficiali e

onde leaky, e devono essere tenute in conto se si vuole fare un’analisi

accurata della struttura.

Possiamo tuttavia limitare il nostro studio all’analisi delle onde superficiali dato che sono quelle che risultano più rilevanti ai fini del calcolo approssimato della funzione di Green.

Un’onda superficiale è un onda che si viene a creare nelle immediate vicinanze di una interfaccia fra due materiali dielettrici con costante dielettrica diversa. In generale le onde superficiali possono quindi esistere in una varietà di geometrie che comprendono interfacce con dielettrici e metalli; qui, in particolare, considereremo dapprima le onde superficiali TE e TM che possono essere eccitate lungo un strato dielettrico limitato inferiormente da un piano di massa (fig.2.13) e poi allargheremo la nostra analisi anche alle strutture con substrato e superstrato, come illustrato nel paragrafo 2.5.

Le onde superficiali sono caratterizzate da un campo che decade esponenzialmente allontanandosi dall’interfaccia: è un tipico esempio di

(30)

onda non uniforme, dato che ha un’ampiezza che varia lungo la direzione z, oltre ad un fattore di propagazione lungo gli assi x e y.

Nelle onde superficiali, quindi la maggior parte del campo è contenuto nei pressi dell’interfaccia aria-dielettrico e lo è tanto di più quanto più è alta la frequenza.

A causa della presenza del dielettrico stesso, la velocità di un’onda superficiale è inferiore a quella che si avrebbe se tale onda si propagasse nel vuoto.

Andiamo ora a vedere nel particolare i modi di propagazione TE e TM di tali onde[12].

Fig.2.13: Substrato dielettrico infinito poggiato su un piano di massa

¾ Modi TM

La figura 2.13 illustra una struttura composta da uno strato dielettrico di spessore d e costante dielettrica relativa εr , limitato inferiormente da un

piano di massa assunto come PEC, entrambi infinitamente estesi nelle direzioni x e y e immersi nel vuoto. Si assume inoltre una propagazione

εo, µo

εr, µr

di

Piano di massa perfettamente conduttore

z

x

Dielettrico privo di perdite

(31)

lungo la direzione + x con un fattore di propagazione e senza variazioni lungo la direzione y ( ∂/∂y=0).

x j e− β

Dato che in questa struttura ci sono due distinte regioni di spazio con caratteristiche propagative differenti, dovremo considerare separatamente i campi nelle due regioni e uguagliarli all’interfaccia.

Il campo Ex deve soddisfare l’equazione d’onda per i modi TM [14] in

ciascuna delle due regioni:

∞ ≤ ≤ = ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛ + ∂ ∂ ≤ ≤ = ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛ + ∂ ∂ z d per y x e k z d z per y x e k z x x r , 0 ) , ( 0 , 0 ) , ( 2 2 0 2 2 2 2 0 2 2 β β ε (2.30)

dove Ex(x,y,z) = ex(z,y) e-jβx.

Il numero d’onda di cut-off nelle due regioni vale: 2 2 0 2 = kε β kc r (2.31.a) 2 0 2 2 k h = β − (2.31.b)

dove il segno di h è stato scelto in anticipo perchè ci aspettiamo un risultato esponenzialmente decadente per x > d.

Le soluzioni generali delle (2.30) sono del tipo:

( )

( )

∞ ≤ ≤ + = ≤ ≤ + = − d z per z k B z k A z y ex( , ) sin c cos c 0 (2.32)

(32)

Le condizioni al contorno che devono essere soddisfatte sono: d z per continuo z y x H d z per continuo z y x E z per z y x E z per z y x E y x x x = = = = ∞ → ∞ < = = ) , , ( ) , , ( ) , , ( 0 0 ) , , ( (2.33)

Per le caratteristiche delle onde TM si ha Hz = Ey = Hx = 0.

Le condizioni (2.33) applicate alle equazioni (2.32) implicano:

B = 0 C = 0 hd cd De k Asin( )= − • hd c c r e h D d k k Acos( )= − ε

Combinando insieme le ultime due equazioni precedenti si arriva a h

d k

kctan( c )=εr , (2.34)

mentre, eliminando 7 dalle (2.31) si trova

(

)

2 0 2

2 h 1 k

kc + = εr − . (2.35) Le equazioni (2.34) e (2.35) costituiscono un sistema di equazioni trascendenti che devono essere risolte per le costanti di propagazione kc e h,

(33)

Questo sistema può essere agevolmente risolto in maniera numerica, ma ne mostriamo una soluzione grafica che ha il pregio di rendere più immediata l’interpretazione. Moltiplicando, infatti, entrambi i membri della (2.35) per

d2 si ottiene l’equazione di un cerchio nel piano (kcd, hd), con raggio

1

0d r

k ε , che è facilmente rappresentabile, e moltiplicando per d entrambi i membri della (2.34) si trova la curva:

dh d

k d

kc tan( c )=εr , (2.36) anch’essa rappresentabile nel piano (kcd, hd).

In figura 2.14 sono rappresentate le due curve sopradette, ed è chiaro che la loro intersezione rappresenta una soluzione del sistema costituito dalle (2.34), (2.35).

Fig.2.14:Soluzione grafica delle equazioni trascendenti per la determinazione dei poli delle onde superficiali TM

Dalla figura si osserva subito che essendo la circonferenza centrata nell’origine, si avrà sempre almeno un’intersezione fra le due curve; questo implica che ci sarà sempre almeno un modo TM che si può propagare

(34)

dominante della “guida d’onda dielettrica” e ha una frequenza di cut-off pari a zero.

Si può notare inoltre che se la quantità k0d εr −1 diventa più grande a seguito di un incremento della costante dielettrica relativa del substrato, il cerchio può intersecare più di un ramo della (2.36), consentendo quindi la propagazione di più di un modo TM.

Le soluzioni per h < 0 devono essere escluse a causa delle assunzioni sul segno fatte all’inizio, mentre kc può essere sia negativo che positivo e

questo si riflette solo sul segno della costante A.

Analizzando la figura 2.14 e ponendo t=k0d εr −1, si può trovare una formula esatta per la determinazione a priori del numero dei poli dell’onda TM della struttura [18]:

{

+1 π < <( +1)π

= n n t n

NTM . (2.37)

¾ Modi TE

Una struttura come quella mostrata in figura 2.13 supporta anche modi di propagazione TE. In questo caso il campo Hx deve soddisfare le

equazioni [14]: ∞ ≤ ≤ = ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛ ∂ ∂ ≤ ≤ = ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛ + ∂ ∂ z d per y x h h z d z per y x h k z x x c , 0 ) , ( 0 , 0 ) , ( 2 2 2 2 2 2 (2.38)

(35)

dove Hx(x,y,z) = hx(z,y) e-jβx.

Analogamente al caso TM, le soluzioni delle (2.38) sono del tipo:

( )

( )

∞ ≤ ≤ + = ≤ ≤ + = − per d z De Ce z y h d z per z k B z k A z y h hz hz x c c x ) , ( 0 cos sin ) , ( (2.39)

Se applichiamo le condizioni di continuità dei campi all’interfaccia e le condizioni al contorno per i campi magnetici, troviamo ancora un sistema di due equazioni trascendenti, le cui soluzioni rappresentano i poli delle onde superficiali TE innescate nella struttura in esame:

h d k kc c = − cot( ) (2.40)

(

)

2 0 2 2 h 1k kc + = εr − (2.41)

Possiamo ancora dare una rappresentazione grafica del sistema, come illustrato in figura 2.15.

(36)

Dalla figura notiamo subito che , dato che le soluzioni per h negative vengono escluse in partenza, non si propaga nessun modo TE nella struttura fino a che non si ha un raggio della circonferenza pari ad almeno

π/2.

Analogamente al caso TM anche qui è possibile trovare una formula per il calcolo a priori del numero dei poli delle onde superficiali TE [18]:

⎪ ⎪ ⎩ ⎪⎪ ⎨ ⎧ ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛ + < < ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛ − < = π π π 2 1 2 1 2 0 n t n per n t per NTE (2.42).

Tralasciamo ora la risoluzione grafica del sistema e concentriamoci sulla soluzione numerica per il calcolo del valore effettivo dei poli delle onde superficiali TM e TE necessari per il calcolo della nostra funzione di Green.

Per i nostri scopi è più utile elaborare algebricamente i sistemi visti precedentemente per ottenere una sola coppia di equazioni trascendenti, le cui soluzioni rappresentano proprio i poli delle onde superficiali.

Per fare questo ci spostiamo nel piano complesso 2 2

y x k k

kρ = + già

introdotto nel paragrafo 2.1. In questo caso, le equazioni che devono essere risolte per calcolare il valore dei poli sono [18]:

TE: t2 h2 +hcot(h)=0 (2.43) TM: ε t2 h2 +htan(h)=0 (2.44)

(37)

dove t=k0d εr −1 e 2 2

0 p

rk k d

h= ε − ρ .

Si può dimostrare che, in assenza di perdite e quindi per valori reali di εr,

sono reali anche le radici della (2.43) e (2.44), che sono rispettivamente i poli delle onde superficiali TE e TM. Si può inoltre dimostrare che essi si trovano all’interno del segmento k0 <kρp < εrk0. La determinazione delle radici delle (2.43) e (2.44) può quindi essere agevolmente effettuata in modo numerico usando ad esempio la formula di quadratura di Newton-Raphson o, come in questo caso, un algoritmo di ricerca ad hoc.

Analogamente alla trattazione ora fatta per le strutture con un solo strato dielettrico, possiamo giungere alla forma finale delle equazioni trascendenti nel piano complesso kρ anche per le strutture con substrato e

superstrato introdotte nel paragrafo 2.5.

Tralasciando la trattazione teorica, si può dimostrare che i poli delle onde superficiali TE e TM di una struttura substrato-superstrato corrispondono alle radici delle seguenti equazioni trascendenti[19]:

Modi TE

(

)

(

) (

)

( )

( )(

) (

)( ) (

)

⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎣ ⎡ − ⎟⎟ ⎠ ⎞ ⎜⎜ ⎝ ⎛ = = ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎣ ⎡ ⎟⎟ ⎠ ⎞ ⎜⎜ ⎝ ⎛ + − − − − − − − − 1 1 1 2 1 1 1 1 1 cot sin cot 1 ) cos( i i i i i i i i i i i i i i i d d d d d d d d d d t α γ α δ δ µ µ δ δ α α µ γ µ µ δ

(38)

Modi TM

(

) (

)

(

)

( )

( )(

) (

) (

)( )

⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎣ ⎡ + ⎟⎟ ⎠ ⎞ ⎜⎜ ⎝ ⎛ = = ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎣ ⎡ ⎟⎟ ⎠ ⎞ ⎜⎜ ⎝ ⎛ − − − − − − − − − − i i i i i i i i i i i i i i i i d d d d d d d d d d d γ α α δ δ ε ε δ δ α ε α γ ε ε δ 1 1 1 2 1 1 1 1 1 1 cot sin 1 cot ) cos( .

Figura

Fig. 2.1 Antenna a microstriscia
Fig. 2.2: Principali configurazioni per il patch radiante
Fig. 2.4 Alimentazione in microstriscia
Fig. 2.9: Sommerfeld Integration Path
+2

Riferimenti

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