• Non ci sono risultati.

1 IL PIANO DI ELIMINAZIONE DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "1 IL PIANO DI ELIMINAZIONE DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE"

Copied!
133
0
0

Testo completo

(1)
(2)

1.1 Introduzione

Ogni anno gli enti pubblici finanziano opere di realizzazione e/o manutenzione stradali, lavori di sistemazione dell’arredo urbano, ristrutturazioni di edifici pubblici (scuole, teatri,ecc.), con adeguamento delle strutture alle normative vigenti in materia di sicurezza, prevenzione incendi, e così via; di fatto non sempre tali interventi vengono eseguiti prevedendo l’abbattimento delle barriere architettoniche presenti. D’altro canto anche gli interventi ad hoc vengono nella maggioranza dei casi decisi puntualmente, senza una programmazione strategica, in grado di dare risposta alle esigenze prioritarie.

Lo strumento finalizzato ad ovviare a tali problematiche è il Piano di Eliminazione delle Barriere Architettoniche (PEBA): esso prevede l’analisi della situazione dell’accessibilità a livello edilizio ed urbano, con il rilievo delle barriere presenti negli edifici e nei percorsi urbani, l’individuazione delle possibili soluzioni con stima di massima dei costi, configurando in tal modo la fase preliminare della progettazione di lavori pubblici ai sensi della normativa vigente in materia, nonché la definizione di esigenze prioritarie, consentendo quindi una programmazione degli interventi il più possibile collegata con quelli previsti in altri ambiti di competenza.

A livello attuale probabilmente la maggior parte degli Enti Pubblici non è provvisto di un PEBA aggiornato e/o operativo, quindi utilizzabile; in molti casi il Piano è presente quale mero rispetto della normativa.

Le cause di tale situazione sono molteplici e legate tra loro, rientrando in una generale carenza di natura culturale e tecnica; di seguito vengono citate sinteticamente le più significative:

- insufficiente conoscenza della normativa in materia di abbattimento delle barriere architettoniche e progettazione accessibile da parte di amministratori pubblici e tecnici; - scarsa attenzione nei confronti del tema della mobilità in generale, e quindi dell’arredo

urbano e adeguamento alle condizioni di fruibilità per tutti;

- carenza della normativa di riferimento per lo strumento PEBA, e suo inadeguato livello di specificazione;

- difficoltà nell’interpretazione della complessa normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche e di criteri di accessibilità;

(3)

Date queste problematiche, risulta comprensibile la reale difficoltà da parte degli uffici tecnici degli enti pubblici sia nel redigere internamente il PEBA, sia nell’affidarne l’incarico a professionista esterno, anche per la complessità che si riscontra nella definizione degli obiettivi che lo strumento si deve porre. Non ultimo si ribadisce che generalmente a tutti i livelli, statale, regionale e locale, si assiste ad un limitato stanziamento di finanziamenti destinati all’abbattimento delle barriere architettoniche e alla progettazione accessibile.

Il 2003 è stato dichiarato l’anno europeo delle persone disabili.

La legge che introduce l’obbligo di adozione di piani per l’eliminazione delle barriere architettoniche da parte degli Enti Pubblici risale al 1986 (Legge n. 41/1986, art. 32).

Il piano di eliminazione delle barriere architettoniche previsto dalla legge sopra citata, è praticamente uno strumento in grado di consentire alle varie amministrazioni un controllo spazio-temporale degli interventi mirati al superamento o all’eliminazione delle barriere architettoniche, consentendo quindi la programmazione sia economica che organizzativa dell’intera operazione.

I piani di eliminazione delle barriere architettoniche non coinvolgono solamente le Amministrazioni Comunali, ma coinvolgono tutti quei soggetti che hanno funzioni e quindi strutture pubbliche o aperte al pubblico. Esisterà così un PEBA comunale, uno provinciale, uno regionale: un PEBA quindi per ogni competenza specifica. Ognuno di questi enti si è adoperato, in diversa misura, nella redazione dei suddetti piani, ma con modalità disomogenee.

Si ritiene opportuno chiarire che nell’affrontare le problematiche dell’accessibilità e la redazione del piano va salvaguardato in primis il principio secondo cui ogni cittadino deve poter accedere alle strutture pubbliche in condizioni di autonomia e sicurezza, ma in generale si invita a richiamare il “buon senso” nell’applicazione delle specifiche tecniche indicate dalla legislazione.

Per quanto attiene alla situazione urbana, una parola va spesa per quei comuni la cui posizione geografica ed orografica rende estremamente difficoltoso un adeguamento ai criteri di accessibilità. Si pensi ad esempio al caso dei comuni montani, nei quali è impensabile realizzare percorsi con pendenza ottimale del 5%; va considerato il fatto che se l’edificio pubblico o ad uso pubblico soddisfa il requisito di accessibilità, ed esistono

(4)

parcheggi riservati e percorsi di collegamento privi di barriere tra questi e l’ingresso all’edificio, allora si potrà considerare soddisfatto il requisito dettato dalla normativa. Altra considerazione per il patrimonio edilizio: molti degli edifici rappresentativi e sedi istituzionali sono vincolati ai sensi della normativa in materia di tutela dei beni architettonici ed ambientali; intervenire in essi potrebbe comportare, in situazioni estreme, anche lo stravolgimento della struttura originaria, oppure, per integrare l’intervento rispettando l’esistente con utilizzo di materiali pregiati, i costi potrebbero essere elevatissimi. In questo caso la soluzione potrebbe essere di individuare una struttura accessibile adeguabile dove eventualmente spostare le attività.

(5)

1.2 Il quadro esigenziale

1.2.1 Generalità

Molto spesso i progettisti di fronte al problema dell’eliminazione delle barriere architettoniche rispondono che i loro progetti o i manufatti realizzati sono a norma perché prevedono rampe e servizi igienici accessibili come se questi fossero gli unici elementi utili a valutare l’accessibilità di una struttura.

Tale errore viene commesso perché nell’immaginario collettivo il disabile viene visto secondo lo stereotipo della persona su sedia a ruote.

Probabilmente è lo stesso simbolo internazionale dell’accessibilità, che rappresenta in forma pittografia un uomo su sedia a ruote, a generare l’equivoco. Tuttavia si deve considerare che la disabilità può non essere sempre visibile, oppure può essere temporanea, includendo in questa condizione almeno il 20% della popolazione, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, tra cui gli anziani (numero in costante crescita), i menomati sensoriali (non udenti, non vedenti ed ipovedenti: tra questi rientrano anche molti anziani), i cardiopatici, le donne in stato di gravidanza o con un passeggino, i bambini, le persone affette da nanismo, gli individui convalescenti a seguito di un’operazione o con un’ingessatura agli arti inferiori.

1.2.2 Definizione di barriere architettoniche

Secondo l’art. 1 del DPR 24 luglio 1996 n. 503 (“Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici”), riprendendo quanto già espresso nell’art. 2 del DM 14 giugno 1989, n. 236 (“Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata ed agevolata, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche”) per barriere architettoniche si intende:

a) gli ostacoli fisici che sono fronte di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea;

b) gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di parti, attrezzature o componenti;

(6)

c) la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi.

Nella definizione di “barriera architettonica” viene messo bene in evidenza che il problema di relazione con la città e/o con le sue parti o componenti riguarda “chiunque” e quindi tutti gli individui, precisando poi di prendere in considerazione le esigenze delle persone con impedita o ridotta capacità motoria e dei non vedenti, ipovedenti e sordi.

Da quanto detto si deduce che il campo della progettazione si deve ampliare anche a coloro che possiedono condizioni fisiche diverse, senza più fare riferimento al solo individuo “normodotato” ideale; e che il concetto di “barriera architettonica” deve essere ampliato perchè non è solo un salto di quota da superare con una rampa, come spesso si intende, interpretando in maniera superficiale la legge, ma può essere costituita da elementi della più svariata natura, da limitazioni percettive, oltre che fisiche, o da particolari conformazioni degli oggetti e dei luoghi che possono risultare fonte di affaticamento, di disagio, di pericolo.

1.2.3 Antropometria e quadro esigenziale

Al di là della definizione di disabilità data dalla legge n. 104/92 “Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”, che considera la “persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”, sono da considerare altre importanti variabili, rappresentate dal grado di autonomia della persona nelle funzioni della vita quotidiana, dal contesto e dal quadro organizzativo che sostiene e accompagna la persona stessa, oltre che dal coincidere di alcune patologie.

Allo scopo, dunque, di definire le caratteristiche dimensionale e morfologiche di ambienti e manufatti pienamente accessibili a chiunque, è opportuno individuare ambiti esigenziali omogenei.

In particolare si possono definire cinque profili di utenza: 1) persone con ridotta o impedita capacità di movimento;

(7)

4) persone con disabilità mentali;

5) persone con altre forme di disabilità invisibili.

Nei primi due casi si parla sia di persone affette da disabilità motorie permanenti (affette da paralisi parziale o totale) o temporanee (persone temporaneamente inferme per l’ingessatura ad un arto inferiore, persone convalescenti a seguito di un intervento chirurgico); esse sono persone con handicap di origine traumatica o congenita che camminano con difficoltà, servendosi di bastoni, tutori, grucce, stampelle o elettroscooter, carrozzina meccanica o elettrica, autonomamente o con l’aiuto di un’altra persona. In tale categoria rientrano anche quelle persone che non necessariamente sono affette da una qualche malattia, ma ad esempio ne fanno parte anche gli anziani, anche le donne in stato di gravidanza, le persone con passeggino al seguito, con valige o buste della spesa, i bambini al di sotto dei 3 anni.

Alcuni dei problemi riscontrati sono:

• Difficoltà o impossibilità nel superare dislivelli eccessivi e scale;

• Difficoltà o impossibilità a percorrere una rampa in discesa, alla quale è talora preferito il gradino;

• Difficoltà o impossibilità nel passare attraverso spazi eccessivamente stretti;

• Difficoltà ad aprire le porte, soprattutto se hanno dei meccanismi di ritorno non controllati;

• Difficoltà ad azionare oggetti e meccanismi che richiedono l’uso di entrambe le mani.

Per agevolare la fruizione dei luoghi e delle strutture per tali soggetti occorre prevedere: • percorsi in piano e complanari;

• punti di sosta lungo i percorsi; • porte a ritorno automatico ritardato;

• carrozzine o altri mezzi (es. elettroscooter) nei punti di lunga percorrenza pedonale; • corrimano lungo le scale e nelle rampe;

• posti riservati, opportunamente dimensionati sui mezzi di trasporto pubblico;

• eventuali permessi per arrivare in auto e parcheggi riservati nei pressi del luogo da visitare.

(8)

Disabili sensoriali sono i non vedenti, gli ipovedenti, i soggetti affetti da sordità che, se congenita, è spesso associata al mutismo. Si tratta di persone impossibilitate all’uso di uno o più sensi.

Alcuni dei principali problemi riscontrati dalle persone con gravi problemi della vista, nella fruizione autonoma di luoghi e strutture sono:

• Difficoltà nell’identificazione degli oggetti utili (come le pulsantiere degli ascensori, ecc.)

• Difficoltà nell’individuazione di ostacoli, di oggetti pericolosi sui percorsi pedonali o di dislivelli;

• Difficoltà a muoversi autonomamente in spazi aperti non strutturati o privi di indizi percettivi (acustici, tattili).

Alcuni dei principali problemi riscontrati dalle persone con problemi gravi di udito sono: • Difficoltà nell’identificazione di segnali acustici (allarme, voci, ecc.);

• Sensazione di isolamento rispetto all’intorno.

La disabilità visiva e quella uditiva hanno quadri esigenziali abbastanza diversi, per cui è opportuno fare alcune precisazioni in relazione agli interventi volti a favorire l’accessibilità dei luoghi pubblici per i disabili sensoriali.

La mobilità delle persone non vedenti può essere favorita da elementi che possono costituire “guide naturali” e consentire l’orientamento, da guide artificiali con pavimentazione differenziata (“percorsi tattili”), avvisatori acustici per la segnalazione di fonti di pericolo, mappe tattili di rappresentazione dei luoghi con scritte in braille, bottoniere di ascensori con numerazione in rilievo e braille, informazioni alla fermata del bus con avvisatori acustici. Per non creare barriere percettive, fonti di pericolo per il non vedente, è necessario evitare di disporre lungo i percorsi ostacoli pendenti e/o sporgenti tali da non poter essere intercettati con il movimento del bastone e dal cane guida.

Per le persone con una forte riduzione della vista occorre garantire dei riferimenti visivi che contrastino con l’intorno, definire gli spazi interni evidenziando l’attacco tra parete verticale e piano orizzontale (battiscopa ben contrastato), prestare grande attenzione all’uso delle superfici trasparenti, alla riflessione della luce naturale e artificiale, a tutti gli elementi che possono creare disturbo visivo, lavorare sui contrasti di luminanza tra materiali per poter aumentare gli indizi percettivi.

(9)

Non sono richiesti ausili particolari, ma bisogna considerare tutti gli aspetti che attengono alla sfera della comunicazione. Tutte le informazioni date attraverso comunicazioni verbali dovrebbero essere date, a favore dei non udenti, anche attraverso segnalazioni visive (display con scritte leggibili in luogo pubblico, per esempio, nel quale si diffondono informazioni con altoparlante, telefono con sistemi DTS, avvisatori luminosi per la segnalazione di fonti di pericolo). Esistono anche soluzioni tecnologiche che potenziano l’indizio acustico negli spazi interni. In generale, per aumentare il comfort degli ambienti interni per tutti, ma in particolar modo per chi ha ancora un residuo uditivi (ipoudenti), bisogna progettare spazi dove gli indizi acustici non siano mascherati da elementi che creano disturbo uditivo.

Ci sono situazioni in cui è necessaria la presenza degli interpreti del linguaggio dei segni, anche se non tutti i non udenti lo conoscono o sono concordi su tale soluzione, poiché preferiscono leggere le labbra.

Occorre, a tal proposito, prestare attenzione tuttavia alla progettazione degli sportelli aperti al pubblico, in modo che le condizioni della luce rispetto al personale preposto alla comunicazione con gli utenti favorisca la lettura del labiale.

Le persone con disabilità mentali hanno un’insufficienza di tipo intellettivo (ritardo mentale, disturbi del comportamento), con una capacità parziale o totale di gestire autonomamente le situazioni, le nuove relazioni, le comunicazioni, gli spostamenti, la cura della propria persona. Le difficoltà che riguardano le attività di relazione in alcuni casi, possono essere causa di esclusione e discriminazione. Per quanto riguarda gli aspetti meramente tecnici, è difficile definire una progettualità riferita propriamente alle disabilità cognitive o ai disturbi del comportamento. In generale occorre prestare attenzione al comfort degli ambienti, utilizzare colori che non suscitano irritabilità, costruire spazi di facile comprensione, disporre paraspigoli sugli elementi di arredo ed evitare che ci siano nell’ambiente oggetti che possano costituire fonte di pericolo.

Molti soggetti possono avere limitazione delle potenzialità fisiche non visibili all’esterno: cardiopatici, persone con problemi di alimentazione, persone con epilessia, persone con diabete, persone con insufficienza renale, dializzati; persone con insufficienza respiratoria; persone con allergie, ecc.

Si tratta di patologie che, quando non richiamano situazioni descritte nei casi precedenti, non richiedono soluzioni specifiche dal punto di vista dell’accessibilità e della visitabilità

(10)

dei luoghi. Può essere necessaria, invece, per tali soggetti, la disponibilità in loco di servizi e presidi sanitari, diete o alimenti specifici nella ristorazione o punti per la somministrazione dell’ossigeno.

1.2.4 Classificazione delle barriere architettoniche

Le barriere architettoniche vengono di seguito illustrate con riferimento ad alcune problematiche evidenziate nella stessa definizione contenuta nella vigente normativa, suddividendole in:

• Situazioni che presentano “ostacoli” o impedimenti fisici; • Situazioni che costituiscono “barriere percettive”;

• Situazioni che costituiscono “fonti di disagio”; • Situazioni che costituiscono “fonti di pericolo”; • Situazioni che generano “affaticamento”.

A margine di ogni schema grafico esemplificativo sono riportati dei pittogrammi identificativi dei soggetti per i quali la situazione individuata costituisce pericolo, ostacolo, barriera percettiva, fonte di disagio o affaticamento.

(11)

1.3 La normativa vigente in Italia

I Piani per l’eliminazione delle barriere architettoniche (PEBA) vengono per la prima volta previsti dalla normativa italiana con la legge 28 febbraio 1986, n. 41, nel quale all’art. 32, comma 21 si dice : “Per gli edifici pubblici già esistenti non ancora adeguati alle prescrizione del decreto del Presidente della Repubblica 27 Aprile 1978, n. 384 (abrogato e sostituito dal DPR 503/96),dovranno essere adottati da parte delle amministrazioni competenti piani di eliminazione delle barriere architettoniche entro un anno dalla entrata in vigore della presente legge”.

Tale articolo obbliga tutti gli enti pubblici (tra i quali le amministrazioni comunali e provinciali) a dotarsi di uno specifico “Piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche” relativo ai propri edifici, senza però fissare un limite massimo di tempo entro cui si debba provvedere ad adeguare gli edifici stessi.

1.3.1 Analisi della Normativa Nazionale

Qualunque edificio di nuova costruzione e qualunque intervento edilizio su edifici esistenti, privati, pubblici o aperti al pubblico è soggetto all’applicazione di precise e severe norme in materia di barriere architettoniche. Il quadro normativo di riferimento tra leggi, decreti e circolari consta di circa quarantacinque provvedimenti, che hanno disciplinato la materia in ogni settore. Al fine di capire come un edificio possa, in tutto o in parte, essere reso privo di barriere architettoniche, occorre quindi esaminare le norme tecniche alle quali fare riferimento. La normativa sull’abbattimento delle barriere architettoniche che ha interessato il nostro paese è riportata nella tabella XXX. Tali provvedimenti legislativi si sono occupati nel tempo delle barriere architettoniche; alcuni di essi, trattando altri argomenti, hanno al loro interno inserito norme riguardanti, in diversa misura, questa materia. In questo corpo normativo abbastanza articolato emergono alcune norme che possiamo ritenere più importanti: il DPR 384 del 1978, la Legge 13 del 1989, il DM Lavori Pubblici n. 236 del 1989, la legge 104 del 1982 e il DPR 503/96.

Sono norme che interessano o hanno interessato campi di applicazione diversi e pertanto verranno esaminate separatamente.

(12)

Dispositivo Titolo

Legge 30/03/ 1971, n. 118 “Conversione in legge del D. Lgs. 30/01/1971, n. 5, e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili”

D.P.R. 27/04/1978, n. 384 “Regolamento di attuazione dell’art. 27 della legge 30/03/1971, n. 118, a favore dei mutilati ed invalidi civili, in materia di barriere architettoniche e trasporti pubblici”

Legge 09/01/ 1989, n. 13 “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”

Legge 27/02/ 1989, n. 62 “Modifiche ed integrazioni alla legge 09/01/1989, n. 13 recante disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”

Decreto Ministeriale Ministero dei Lavori Pubblici 14 giugno 1989, n. 236

“Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche” Circolare Ministeriale -

Ministero dei Lavori Pubblici

“Circolare esplicativa della legge 9 gennaio 1989, n. 13”

Legge 15 gennaio 1991, n. 15 – 22 giugno 1989, n. 1669

“Norme intese a favorire la votazione degli elettori non deambulanti”

Decreto Ministeriale – Ministero dei Trasporti 18 luglio 1991

“Caratteristiche costruttive dei veicoli adibiti al trasporto in comune di persone, sia a uso pubblico che privato, con numero di posti superiore a otto oltre il conducente, destinati al trasporto sia contemporaneo che esclusivo di passeggeri a ridotta capacità motoria ancorché non deambulanti”

Decreto Ministeriale - Ministero del Turismo e dello Spettacolo – 13 gennaio 19912, n. 184

“Regolamento di esecuzione della legge 4 novembre 1965,n. 1213 per quanto attiene la costruzione, trasformazione, adattamento di immobili da destinare a sale e arene per spettacoli cinematografici, l’ampliamento di sale e di arene cinematografiche già in attività, nonché la destinazione di teatri a sale per proiezioni cinematografiche”

Legge 15 gennaio 1992, n. 21 “Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea”

Legge 5 febbraio 1992, n. 104 “Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”

Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285

(13)

Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495

della strada”

Legge 14 luglio 1993, n. 235 “Norme sulla pubblicità negli ascensori finalizzata degli interventi in favore delle persone handicappate”

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 settembre 1994

“Determinazione dei criteri per la concessione dell’autorizzazione all’apertura di sale cinematografiche”

Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626, 8 settembre 1994

“Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE e 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro”

Decreto del Presidente della Repubblica

16 gennaio 1995, n. 42

“Regolamento di attuazione della legge 14 luglio 1993, n. 235, recante norme sulla pubblicità negli ascensori finalizzata al sostegno degli interventi in favore delle persone handicappate”

Decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503

“Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici”

Legge 23 dicembre 1996, n. 662 “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”

Circolare del Ministero LLPP n. 4809 del 19 giugno 1968 e la legge 30 marzo 1971, n. 118.

La prima disposizione riguardante l’abbattimento delle barriere architettoniche è da ricercare in una vecchia Circolare del Ministero dei LLPP n. 4809 del 19 giugno 1968 “Norme per assicurare l’utilizzazione di edifici sociali da parte dei minorati fisici e per migliorarne la godibilità generale”, che stabiliva, con dovizia burocratica e precise prescrizioni tecniche, le caratteristiche degli spazi di edilizia pubblica relativi ad edifici di uso pubblico di nuova costruzione o esistenti, nel caso che questi ultimi fossero sottoposti a ristrutturazione. Questa circolare ebbe il merito di promuovere un processo di sensibilizzazione degli organi interessati e dell’opinione pubblica nei confronti di un problema che interessava circa il 15% della popolazione italiana, tuttavia, trattandosi di una circolare ministeriale, ebbe limitata applicazione.

(14)

Il primo provvedimento legislativo, invece, è da collegare agli artt. 27 e 28 della Legge 30 marzo 1971, n. 118 dal titolo “Conversione in legge del DL 30 gennaio 1971 n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili”.

Si tratta di una norma in cui appare evidente come la materia delle barriere architettoniche sia agli inizi ma di estrema importanza in quanto pone per la prima volta tale problematica all’attenzione dei progettisti di opere edilizie. Di fatto decreta l’eliminazione delle barriere architettoniche dagli edifici pubblici.

L’art. 27 di tale legge prevede che, “per facilitare la vita di relazione dei mutilati e invalidi civili gli edifici pubblici o aperti al pubblico e le istituzioni scolastiche, prescolastiche, o di interesse sociale di nuova edificazione dovranno essere costruiti in conformità alla Circolare del Ministero dei LLPP del 19 giugno 1968 riguardante l’eliminazione delle barriere architettoniche anche approntando le possibili e conformi varianti agli edifici appaltanti o già costruiti all’entrata in vigore della presente legge”.

In tale articolo viene previsto che: i servizi di trasporto pubblico, e in particolare i tram e le metropolitane, siano accessibili ai non deambulanti; in nessun luogo pubblico o aperto al pubblico possa essere vietato l’accesso ai disabili; in tutti i luoghi dove si svolgono manifestazioni o spettacoli pubblici di nuova costruzione siano previsti e riservati posti per disabili non deambulanti; gli alloggi dell’edilizia economica e popolare, siti nei piani terreni, vengano assegnati per precedenza agli invalidi che hanno difficoltà di deambulazione, qualora ne facciano richiesta.

L’art. 28, comma 1 lettera b, insiste particolarmente sulla necessità di rimuovere gli ostacoli negli edifici scolastici, per permettere l’accesso a ragazzi disabili. La Legge 118/71 non era tuttavia di immediata applicazione. Infatti rinviava l’attuazione di questi dettami legislativi a un provvedimento attuativo che doveva essere emanato entro un anno dall’entrata in vigore della stessa legge, ma che fu emesso solo dopo sette anni.

DPR 27 aprile 1978 n. 234

Il decreto, suddiviso in cinque Titoli, prevede l’abbattimento delle barriere architettoniche da tutti gli edifici a carattere pubblico. Il Titolo I specifica gli scopi e il campo di applicazione della normativa. In particolare, il decreto si applica alle strutture pubbliche, soprattutto a quelle di carattere collettivo-sociale, e riguarda sia le nuove costruzioni che quelle esistenti nel caso siano sottoposte a ristrutturazione, mentre per gli edifici esistenti,

(15)

anche se non ristrutturati, la norma prevede che debbano essere apportate le possibili e conformi varianti.

Il titolo II “Strutture esterne connesse agli edifici” tratta l’argomento relativo agli standard dimensionali richiesti ai percorsi pedonali, ai parcheggi, alle soste, agli accessi, alle piattaforme di distribuzione, alle scale, alle rampe, ai corridoi.

Il titolo III “Struttura edilizia in generale” (artt. 7-16) affronta l’argomento relativo agli standard dimensionali richiesti, alle porte, ai locali igienici, agli ascensori, agli apparecchi di comando e di segnalazione.

Il titolo IV tratta le tipologie abitative e gli edifici scolastici.

Per le abitazioni viene riportato quanto già previsto dall’art. 27 della legge 118/71 e cioè la riserva degli alloggi al piano terreno dei fabbricati ricadenti nel campo dell’edilizia economica e popolare.

Per le scuole si prevede la completa accessibilità.

Il titolo V affonda il tema dei trasporti pubblici urbani ed extraurbani su ruote e su binario, dei servizi di navigazione, delle aerostazioni, degli impianti telefonici pubblici, delle sale e dei luoghi per riunioni e spettacolo.

Il DPR 384/78, abrogato dal successivo DPR 503/96, trovò scarsa applicazione sia nelle nuove costruzioni che nelle ristrutturazioni di edifici pubblici. Nonostante la normativa fosse molto dettagliata, gli enti pubblici furono restii alla loro applicazione, il che in generale fu dovuto ai seguenti aspetti: standard dimensionali di tipo prescrittivi, mancanza di sanzioni nei confronti degli inadempienti, scarsità di risorse, limitata sensibilità nei confronti delle problematiche dell’handicap. Gli standard contenuti nella norma, oltre ad avere carattere prescrittivi da cui non ci si poteva discostare, si presentavano in genere anche sovradimensionati, in quanto dettati essenzialmente dalla preoccupazione di favorire comunque un’agevole circolazione dei disabili su sedia a rotelle e pertanto eccessivi rispetto alle reali esigenze del portatore di handicap, pressoché impossibili da rispettare negli edifici di ridotte dimensioni, nelle ristrutturazioni e negli adeguamenti.

Legge n. 41 del 28/2/86 (Legge Finanziaria) – art. 32 commi: 20-21-23-24-25.

La legge è tuttora in vigore, tanto da essere stata confermata e ampliata dalla successiva legge quadro sull’handicap (Legge n. 104/92 art. 24), di cui parleremo dettagliatamente nel seguito. La legge 41/86, in particolare, stabilisce che nessuna opera pubblica di nuova

(16)

costruzione o soggetta a ristrutturazione può essere finanziata se non conforme alle prescrizioni riguardanti l’abbattimento delle barriere architettoniche.

Egualmente non possono essere erogati, dallo Stato o da altri Enti Pubblici contributi o agevolazioni per la realizzazione di progetti in contrasto con il DPR 384/78.

La legge 41/86 ha introdotto i “piani di abbattimento delle barriere architettoniche” (art. 32 comma 21); si tratta di piani finalizzati all’abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici esistenti non ancora adeguati alle prescrizioni del DPR 348/78.

La legge 41/86 per assicurarne e facilitarne l’applicazione prevedeva alcuni finanziamenti (commi 23 e 24), oltre a severe conseguenze per i Comuni e le Province inadempienti, per i quali era addirittura previsto il commissariamento regionale (comma 22).

Legge 9 gennaio 1989 n. 13

Costituisce un’ulteriore innovazione nel campo delle barriere architettoniche. Essa contiene “disposizioni per il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati e negli edifici di edilizia residenziale pubblica, sovvenzionata ed agevolata”. Le principali disposizioni, integrate successivamente dalla Legge 27 febbraio 89 n. 62 e dalla circolare dal Ministero dei LLPP del 22/6/89 n. 1669, si applicano dunque a tutti i progetti relativi alla costruzione di nuovi edifici a progetti di ristrutturazione, sia di proprietà privata che quelli di edilizia pubblica convenzionata (art. 1 comma 1).

L’applicazione della legge, oltre a incidere profondamente sulla progettazione di nuovi edifici e sulla ristrutturazione di quelli esistenti, implica anche sensibili costi. L’ articolo 9 della 13/89 concede a tal proposito contributi a fondo perduto per la realizzazione di opere finalizzate al superamento e all’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici esistenti.

Con tale legge vengono introdotti alcuni importanti concetti come i requisiti di accessibilità, visitabilità e adattabilità negli edifici privati.

D.M. n. 236 del 14 giugno 1989

Il D.M. 236/89 è il decreto attuativo della legge 13/89 e consta di 5 parti. Al capo I (art. 1) viene specificato il campo di applicazione del decreto. Il D.M. 236/89 si applica agli edifici privati di nuova costruzione o soggetti a ristrutturazione (residenziale e non, ivi compresi quelli di edilizia residenziale convenzionata e ai loro spazi esterni di pertinenza) e agli edifici di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata ed agevolata di nuova costruzione o

(17)

D.M. 236/89 si delinea in sostanza un doppio regime normativo: il primo, che fa capo al DPR 384/78 riguarda tutti gli edifici di proprietà pubblica ad eccezione degli edifici residenziali. Mentre tutti gli edifici di proprietà privata e di edilizia residenziale pubblica o privata sono soggetti al D.M. 236/89.

L’art. 2 del D.M. 236/89 definisce il concetto di “barriera architettonica”. Con tale definizione la norma intende:

a) Gli ostacoli fisici che sono di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea.

b) Gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di parti, attrezzature e componenti.

c) La mancanza di accorgimenti o segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i non udenti.

Questa definizione rappresenta un importante passo in avanti per una serie di motivi.

Il primo è la constatazione che le barriere architettoniche non si riferiscono più esclusivamente al “minorato” o al “disabile”, nei confronti del quale si prevedono misure specifiche, ma a “chiunque”, cioè ad una molteplicità di soggetti con caratteristiche, capacità ed esigenze individuali che possono venire alterate in modo più o meno sensibile e in misura temporanea o permanente in qualsiasi momento della propria vita (utenza ampliata).

Ulteriore elemento di novità, contenuto nella stessa definizione di barriera architettonica, è l’associazione al concetto di sicurezza, inteso come insieme delle attività finalizzate alla riduzione dei rischi dipendenti da eventi incidentali connessi all’esercizio del sistema edilizio.

La prevenzione e protezione incendi riguarda specificamente le misure di sicurezza che devono essere assunte all’interno degli organismi edilizi in generale, e in particolare a quelli soggetti a controllo dei vigili del fuoco per il rilascio del certificato di prevenzione incendi.

A quest’ultima prestazione è direttamente connessa l’evacuazione in caso di emergenza, che prevede la predisposizione negli edifici di percorsi di deflusso adeguati a garantire l’esodo degli occupanti in condizioni di sicurezza e specifiche precauzioni per i portatori di

(18)

handicap, ovvero per coloro i quali, potenzialmente, possono incontrare dei problemi in caso di esodo di emergenza.

La necessità di adottare, nelle attività di prevenzione incendi, misure pensate per le persone che, permanente o momentaneamente, presentano difficoltà di deambulazione, si evince, ancor prima che da specifiche disposizioni normative, dal fine primario della prevenzione incendi, che è quello di “salvaguardare l’incolumità delle persone” qualunque sia lo stato fisico, l’età o la salute di esse.

Infine, la prevenzione e protezione da agenti meteorologici e sismici richiede che le strutture portanti degli edifici siano stabili e resistenti alle azioni di vento, neve ed eventuali terremoti.

Occorre precisare che gli accorgimenti di sicurezza previsti dal D.M. 236/89 (eliminazione dei gradini isolati, corretta progettazione delle scale, vetri infrangibili o di sicurezza, altezza minima dei parapetti) sono da applicare nella generalità dei casi, indipendentemente dal fatto che l’edificio rientri o meno all’interno del campo di applicazione del D.M. 236/89.

In relazione all’utilizzo degli spazi costruiti è importante richiamare tre livelli di qualità edilizia (accessibilità, visitabilità e adattabilità), fondamentali per l’autonomia del disabile, espressi dal D.M. 236/89 nel Capo II “criteri generali di progettazione”:

§ Accessibilità (D.M. 236/89, art. 2 lett. G):

È il livello più alto di qualità edilizia e indica una completa fruibilità di tutti gli spazi in condizione di sicurezza e autonomia. Si ha la totale assenza di barriere architettoniche e la presenza di adeguamenti, elementi di ausilio, e di orientamento.

§ Visitabilità (D.M. 236/89, art. 2 lett. h):

È un livello intermedio di fruibilità dello spazio riservato a quegli edifici che non sono completamente accessibili, ma che lo sono solo in parte.

L’accessibilità è limitata solo ad alcune parti, i cosiddetti “spazi di relazione”, ovvero quegli spazi più o meno estesi che permettono all’utente di entrare in relazione con la funzione principale che si svolge all’interno dell’edificio (compresi la facile individuazione e l’agevole utilizzo di almeno un servizio igienico). Sono da considerarsi spazi di relazione gli ambienti di soggiorno o

(19)

(banche, auditorium), nei quali la persona entra in rapporto con la funzione ivi svolta.

§ Adattabilità (D.M. 236/89, art. 2 lett. i):

Si definisce adattabile ciò che non risponde ai requisiti di accessibilità e visitabilità, ma che, per caratteristiche funzionali, strutturali e impiantistiche, può essere reso accessibile a costi limitati.

Il D.M. 236/89 elenca, poi, le diverse tipologie di edifici indicandone il grado di fruibilità richiesto.

In generale, dovranno essere completamente accessibili:

§ Gi edifici pubblici e gli spazi pubblici, compresi i relativi spazi esterni di competenza (quota parte posti auto nei parcheggi o autorimesse), gli spazi esterni (coperti e scoperti) di pertinenza degli edifici privati e, in particolare, quelli di accesso interposti tra l’edificio e la viabilità pubblica (il requisito è soddisfatto anche se esiste un solo percorso accessibile tra il confine sulla pubblica via e la soglia di ingresso dell’edificio), quota parte posti auto esterni;

§ Le parti comuni di tutti gli edifici (hall d’ingresso, corridoi comuni, atri, vestiboli, foyer, piattaforme di distribuzione dei collegamenti verticali comuni);

§ Il 5% degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (con un minimo di uno, tutti gli altri potranno essere soltanto visitabili);

§ Gli ambienti destinati ad attività sociale, indipendentemente dal tipo di proprietà (scuole, strutture sportive, sanitarie, culturali);

§ Luoghi aperti al pubblico di proprietà pubblica;

§ Gli edifici privati sedi di aziende (esercenti qualsiasi attività) soggette al collocamento obbligatorio di cui alla L. 482/68 ( si tratta, in sostanza, di tutti i luoghi di lavoro con complessivamente più di 35 dipendenti tra operai e impiegati, esclusi gli apprendisti). § Dovranno essere visitabili:

§ Le unità immobiliari degli edifici plurifamiliari (edilizia residenziale pubblica e privata);

§ Le sale e i luoghi per riunioni, spettacoli e ristorazione; § Le strutture ricettive;

§ I luoghi di culto;

(20)

§ Dovranno essere adattabili:

§ I luoghi di lavoro non aperti al pubblico (comprese le sedi di aziende o imprese soggette al collocamento obbligatorio e gli studi professionali);

§ Gli edifici residenziali unifamiliari (comprese le ville);

§ Gli edifici plurifamiliari se privi di parti comuni (ad esempio le case a schiera).

Il D.Lgs 626/94

Il D.Lgs 626/94 si occupa delle barriere architettoniche all’art. 30 del Titolo 2: “I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali lavoratori portatori di handicap”.

L’obbligo vige, in particolare, per le porte, le vie di circolazione, le scale. Le docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati o occupati direttamente da lavoratori portatori di handicap.

“La disposizione di cui sopra non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del primo gennaio 1993, ma devono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l’utilizzazione di servizi sanitari e di igiene personale”.

Il D.Lgs 626/94 non abroga le precedenti normative sulle barriere architettoniche e non si applica a quegli edifici disciplinati da altre norme.

Quindi il D.Lgs 626/94 non si dovrebbe applicare:

§ Agli edifici pubblici che rientrano nel campo di applicazione del D.P.R. 384/78 e della Legge 104/92.

§ Agli edifici privati che rientrano nel campo di applicazione del D.M. 236/89 (nuovi o ristrutturati costruiti dopo l’entrata in vigore del D.M. 236/89).

§ Agli edifici privati aperti al pubblico resi accessibili a seguito dell’applicazione della Legge 104/92.

Si applica a quegli edifici che non hanno mai avuto l’obbligo di essere accessibili solo nel caso in cui vi siano impiegati portatori di handicap.

Il D.P.R. 503, 24 luglio 1996

Il legislatore, con il D.P.R. 503/96 “Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici”, abroga il D.P.R. 384/78 e si ricollega al D.M. .236/89, unificando così i due ambiti (pubblico e privato) in precedenza scollegati e conflittuali. All’art. 1, comma 3 viene precisato il campo di applicazione della

(21)

temporaneo, o quelli esistenti, qualora sottoposti a ristrutturazione. A tutti gli edifici, comunque, anche non soggetti a recupero, devono essere apportati quegli accorgimenti che possono migliorare la fruibilità entro 180 giorni dall’entrata in vigore della Legge. La norma si applica anche agli edifici e spazi pubblici sottoposti a qualsiasi intervento edilizio suscettibile di limitare l’accessibilità e la visitabilità e nel caso di cambio di destinazione se finalizzata all’uso pubblico.

L’art. 19 affronta l’argomento delle deroghe e soluzioni alternative in caso di dimostrata impossibilità tecnica connessa agli elementi strutturali o impiantistici.

In particolare, per gli edifici vincolati ai sensi dell’art. 1 della Legge 29 giugno 1939, n. 1497, e all’art. 2 della Legge primo giugno 1939, n. 1089, la deroga è consentita nel caso in cui le opere di adeguamento costituiscono pregiudizio per valori storici e del bene tutelato.

Il requisito di accessibilità, in questi casi, deve essere comunque garantito mediante il ricorso ad opere provvisionali (elementi rimuovibili quali rampe in legno, strutture provvisorie ecc.), o, sin subordine, con attrezzature d’ausilio e apparecchiature mobili non stabilmente ancorate alle strutture edilizie, sempre nei limiti però della compatibilità suggerita dai vincoli stessi.

Ai sensi dell’art. 20, comma 2, è espressamente previsto poi l’obbligo di allegare i progetti, per l’esecuzione di lavori riguardanti edifici pubblici o aperti al pubblico, una documentazione grafica e un’espressa dichiarazione di conformità del progetto alla normativa vigente in materia di eliminazione delle barriere architettoniche (art. 21, comma 1).

Il Titolo V (edilizia scolastica) all’art. 23 prevede l’abbattimento delle barriere architettoniche anche negli edifici pre-scolastici e scolastici, comprese le università e le altre istituzioni di interesse sociale nella scuola.

Il comma 4 dell’art. 23 prevede che, nel caso di edifici scolastici a più piani senza ascensore, la classe frequentata da un alunno non deambulante venga situata in un’aula al pianterreno raggiungibile mediante un percorso continuo orizzontale o raccordato con rampe.

Il Titolo VI (servizi di pubblica utilità) affronta la problematica delle barriere architettoniche nei servizi pubblici:

(22)

§ Treni, stazioni ferroviarie (art. 25).

§ Servizi di navigazione marittima: navi nazionali (art. 26). § Servizi di navigazione interna (art. 27).

§ Aerostazioni (art. 28).

§ Servizi per viaggiatori (art. 29). § Impianti telefonici pubblici (art. 31).

In definitiva, preme sottolineare che con il D.P.R. 503/96, che costituisce il nuovo regolamento per l’eliminazione delle barriere architettoniche, ogni luogo pubblico deve essere fruibile a chiunque, superando così la definizione di disabile e di handicap. Tecnicamente, per quanto riguarda le caratteristiche prestazionale degli spazi e oggetti edilizi, il Decreto si ricollega, come già in precedenza evidenziato, al D.M. 236/89, risolvendo i problemi di diversità sorti per effetto dell’applicazione della precedente normativa, tra edifici pubblici e privati.

Inoltre fornisce nuove indicazioni in materia urbanistica in cui non si fa più solo riferimento all’adozione di specifici Piani di eliminazione delle barriere architettoniche, ma il concetto di accessibilità si estende a tutti gli strumenti urbanistici in generale.

1.3.2 Analisi della Normativa Regionale

La Regione Toscana ha emanato nel corso degli anni varie leggi che dettano le regole per gli interventi di conservazione e trasformazione della città, e tra queste sono incluse quelle finalizzate alla fruibilità della città da parte di tutti.

La norma di riferimento è la L.R. 47/91 “Norme sull’eliminazione delle barriere architettoniche”, in cui all’art.1, comma 1 parla di “… norme per la piena utilizzazione di un ambiente costruito rispondente alle esigenze di tutti i cittadini, indipendentemente dall’età, dalle caratteristiche psico-fisiche e senso-percettive, al fine di garantire a ciascuno l’esercizio autonomo di ogni attività”.

Viene richiesta la redazione di programmi comunali di intervento per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

La L.R. 5/95 all’art. 28 contempla tra i contenuti essenziali del Regolamento Urbanistico la Mappa di accessibilità urbana che contiene un censimento delle barriere architettoniche in ambito urbano e la determinazione degli interventi necessari al loro superamento, per

(23)

garantire una adeguata fruibilità delle strutture di uso pubblico e degli spazi comuni delle città da parte dei cittadini compresi gli anziani, i bambini e i disabili.

(24)

1.4 Piani di Eliminazione delle Barriere Architettoniche

1.4.1 Obiettivi e finalità

Il piano di eliminazione delle barriere architettoniche (PEBA) è uno strumento urbanistico definibile come “piano di settore” in quanto tale strumento consente di operare all’interno della realtà urbana, non più attraverso episodici e frammentari progetti, ma disponendo un quadro ordinato ed omogeneo di interventi, in modo da minimizzare l’impatto sulla scena urbana e razionalizzare le risorse.

Oggetto del PEBA è il piano orizzontale del percorso e la fruizione degli edifici pubblici o privati aperti al pubblico di rilevante interesse sociale.

Il marciapiede e gli edifici sono, il primo l’ambito primario destinato allo spostamento pedonale, il secondo sono gli ambiti destinati agli incontri, all’istruzione, alle relazioni sociali. Generalmente si riscontrano in entrambi i casi delle barriere che ostacolano la normale fruizione da parte di tutti come ad esempio il fatto che spesso i marciapiedi risultano invasi da pali della segnaletica o cassonetti dell’immondizia; ed ancora spesso gli edifici presentano un’area d’ingresso rialzata rispetto al piano del marciapiede, che deve essere raccordata mediante diversi sistemi di collegamento verticale (scale, rampe, ascensori) e con l’ausilio di un opportuna segnaletica per i disabili visivi.

Alcuni obiettivi fondamentali del piano di eliminazione delle barriere architettoniche sono tesi al recupero funzionale di alcuni tracciati urbani a fruizione urbana, e fornire le prescrizioni affinché gli edifici esistenti siano resi fruibili e quelli nuovi contemplino le esigenze di una utenza ampliata.

1.4.2 Esperienze

Per la prima volta in Italia si è parlato di Piani per l’abolizione delle barriere architettoniche con la legge finanziaria n. 41/86, facendo obbligo ai Comuni di dotarsi, entro un anno, di tale strumento a carattere pianificatorio-programmatorio. La normativa relativa è stata successivamente disposta con la legge quadro n. 104/92.

Fin dall’inizio è emersa tuttavia l’esigenza di individuare riferimenti e indicazioni a carattere metodologico, che i più sensibili progettisti interessati a questo specifico settore della pianificazione hanno ricercato nel coinvolgimento della stessa utenza svantaggiata.

(25)

Piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche di diventare, secondo lo schema operativo di seguito esposto, uno strumento di programmazione avente come primo obiettivo il soddisfacimento dei fabbisogni pregressi relativi al patrimonio edilizio comunale.

I Piani di eliminazione delle barriere architettoniche hanno finito quindi col configurarsi quale censimento delle situazioni di fatto deficitarie, corredate da specifiche misure di correzione realizzabili a medio termine, con contestuale previsione delle valutazioni della spesa e indicazione delle priorità d’intervento, per quanto attiene in particolare alle proprietà comunali.

La nuova generazione di Piani per l’eliminazione delle barriere architettoniche deve tuttavia costituire, non solo l’occasione per la realizzazione di interventi riguardanti l’accessibilità delle specifiche strutture e dei percorsi pedonali, ma anche il modo di impostare il problema in un’ottica di più estesa riqualificazione sostenibile dell’ambiente urbano, coinvolgendo anche altri settori quali la viabilità, la sicurezza, l’ambiente, l’arredo, ecc…

Risulta anche necessario superare un limite tipico dei Piani della vecchia generazione, che non erano facilmente aggiornabili e consultabili, essendo di fatto schede con planimetrie su supporto grafico.

Diventa pertanto necessario e prioritario prevedere per i nuovi strumenti una stesura anche su supporto informatico: si potranno così aggiornare nel Piano i singoli costi preventivati per le opere di adeguamento, al fine di rendere più semplici gli impegni di spesa relativi alle opere pubbliche da realizzare.

Potranno inoltre essere adeguate le schede del piano, immettendo nuove zone urbanizzate o le opere edilizie realizzate, congiuntamente all’automatico aggiornamento dei costi di adeguamento da indicare nel Piano e i relativi stanziamenti di bilancio.

È opportuno che nella stesura dei nuovi Piani vengano utilizzate tutte quelle informazioni e dati che oggi sono più facilmente reperibili attraverso le banche dati o gli studi specifici, mediante strumentazioni e tecnologie informatiche a servizio delle Pubbliche Amministrazioni (si pensi ai Sistemi Informativi Territoriali).

I dati così raccolti possono diventare patrimonio comune di altri soggetti pubblici e privati, mediante la diffusione in rete.

(26)

Dallo scambio di informazioni si possono ottenere delle progettazioni o degli interventi puntuali nel territorio coerenti con le previsioni dei Piani.

I dati raccolti possono inoltre essere rielaborati per programmare una serie di “Progetti-pilota” finalizzati ad un miglioramento della qualità della vita, quali ad esempio la realizzazione di mappe tematiche per l’accessibilità delle città – con l’indicazione dei percorsi e servizi accessibili – la riqualificazione del verde pubblico, il miglioramento della segnaletica, ecc…

Tutto ciò, qualora ben utilizzato e aggiornato costantemente, fornirà adeguate risposte alle reali esigenze di tutta la cittadinanza.

1.4.3 Struttura del Piano

La struttura di un Piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche si può dividere in due fasi:

- fase di analisi: in cui si individuano gli edifici pubblici e i percorsi da rendere accessibili attraverso la rilevazione delle barriere architettoniche;

- fase di progetto: in tale fase si ha un elenco delle opere di adeguamento, un preventivo sommario ed un programma di interevento.

1.4.4 Fase preliminare – raccolta del materiale

RACCOLTA DEL MATERIALE

L’indagine preliminare consiste nelle seguenti fasi:

- Individuare sulla planimetria gli edifici pubblici di propria competenza;

- Evidenziare i tratti di percorso pedonale urbano di propria competenza e che saranno oggetto di rilievo;

- Localizzare le eventuali emergenze e segnalazioni sociali;

- Individuare sulla planimetria i luoghi di aggregazione (fermata mezzi pubblici, luoghi di spettacolo, chioschi, parcheggi, mercati, ecc.);

(27)

1.4.5 Rilievo e compilazione delle schede

Concluse le operazioni descritte nella fase preliminare si può iniziare il rilievo.

Le schede A1 e B1 sono le schede con le quali si effettua il rilievo in loco della situazione edilizia ed urbana; l’insieme di tali schede fornisce un monitoraggio completo del grado di accessibilità urbana delle città o dell’ambito urbano in esame.

Infatti le schede si dividono in quattro parti di cui la prima è costituita da uno stralcio planimetrico in cui attraverso simboli vengono identificate le tipologie dei percorsi, la pendenza, la presenza di eventuali raccordi con il piano stradale, ecc.;la seconda e terza scheda sono composte da un insieme di domande che rilevano il tipo di barriera presente e un’ultima scheda fotografica dove vengono evidenziati i tipi di barriere architettoniche. Tali schede sono state utilizzate sia per il rilievo dei percorsi di maggiore interesse che per il rilievo degli edifici pubblici e privati di interesse pubblico; in questo caso i parametri di valutazione sono connessi al tipo di ingresso, al sistema di collegamento verticale, alla presenza di servizi igienici accessibili.

La fase di rilievo comporta il riconoscimento della barriera architettonica e l’individuazione dell’eventuale soluzione per la sua eliminazione; nelle schede A1 e B1 una serie di domande facilita tali compiti, costituendo un efficace supporto alla compilazione del piano.

Effettuato il rilievo e compilate le schede A1 e/o B1, vi è una parte di tali schede in cui è possibile fare una stima totale delle parti degli edifici (parcheggio, accesso, servizi igienici, collegamenti verticali e percorso interno) e dell’urbano (pavimentazione, dislivelli, ostacoli, parcheggio e varie); la loro somma fornirà la stima totale per l’adeguamento dell’edificio o della via.

La scelta delle priorità di intervento sarà il risultato di valutazioni successive ed incrociate delle caratteristiche descritte nei vari campi compilati, e delle stime calcolate, nonché di valutazioni di natura politica espresse dagli amministratori dell’ente locale.

Piano di Eliminazione delle Barriere Architettoniche – Analisi Edilizia

La legge 41/86 articolo 32, comma 21, stabilisce l'obbligo da parte delle Amministrazioni competenti di adottare un piano per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici pubblici.

(28)

Il Piano di Eliminazione delle Barriere Architettoniche fotografa la realtà esistente evidenziando tutti quegli elementi fisici ma anche culturali che limitano o impediscono in qualche modo la libera e completa fruizione degli spazi e degli ambienti. Garantire la completa Accessibilità degli Edifici Pubblici o ad Uso Pubblico e dei servizi ad essi collegati comporta, oltre al rispetto della normativa vigente, un miglioramento della qualità della vita per tutti.

A grandi linee il PEBA è suddiviso nelle seguenti fasi:

- Individuazione degli edifici di interesse pubblico: tutti gli edifici che hanno rilevanza pubblica (scuole, uffici pubblici, negozi, strutture ricettive e di svago, …) vengono individuati, classificati per categorie e rappresentati cartograficamente;

- Individuazione delle funzioni presenti: spesso capita che all’interno di un unico involucro edilizio si abbiano più funzioni (scuola+palestra+camposportivo+aula magna+…) che vengono utilizzate dalle persone in tempi diversi;

- Individuazione delle necessità e delle emergenze: la presenza di personale o di utenti con determinate necessità viene segnalata ed inserita nel PEBA;

- Rilievo degli ostacoli e delle barriere architettoniche e stima per la loro eliminazione: tutti quegli elementi fisici e/o culturali che impediscono la libera e sicura fruizione di spazi ed ambienti divengono oggetto di rilievo accurato e di studio per la loro eliminazione o superamento, con relativa stima di massima;

- Priorità: ad ogni intervento o gruppo di interventi, alle varie funzioni e ad ogni edificio, sarà assegnato una priorità di realizzazione rispetto agli altri (ad es. l’adeguamento dell’accesso deve avvenire prima dell’adeguamento dell’altezza delle maniglie delle porte interne; l’adeguamento del municipio o dell’ufficio anagrafe è prioritario rispetto al cinema);

- Peba: realizzazione del PEBA inteso come piano informatizzato per la consultazione, e gestione della programmazione degli interventi per l’eliminazione delle barriere architettoniche.

Piano di Eliminazione delle Barriere Architettoniche – Analisi Urbana

La Legge 5 febbraio 1992, n° 104 ribadisce l'obbligo di redigere il piano da parte dei comuni, integrandolo con lo studio degli spazi urbani, con la realizzazione di percorsi

(29)

realtà che accoglie al suo interno quartieri, piazze, spazi verdi, edifici pubblici e privati, tra loro collegati da arterie stradali di sezioni diverse, presuppone che questi siano in qualche modo raggiungibili. Questa necessità (lo spostamento all’interno dell’ambiente urbano) avviene con tempi e modi diversi a seconda delle capacità (fisiche o sensoriali), delle necessità (alimentari, di svago,..), della disponibilità dei mezzi (tram, auto, bici,..), o in base a scelte personale (preferisco andare al lavoro a piedi così mi faccio una passeggiata). Il Piano di Eliminazione delle Barriere Architettoniche in definitiva, deve garantire ad ognuno la possibilità dei spostarsi autonomamente e in sicurezza, all’interno dell’ambiente urbano al di la della sua condizione fisica, sensoriale o anagrafica. L’Analisi che viene condotta sul Territorio tiene conto delle relazioni che esistono tra strutture, infrastrutture e fruitori, cercando di individuare tutto ciò che non funziona, che è fonte di pericolo, che è ostacolo o che può causare imbarazzo o discriminazione. Gli elementi che vengono presi in considerazione in un PEBA sono sinteticamente i seguenti:

- Individuazione degli edifici di interesse pubblico: tutti gli edifici che hanno rilevanza pubblica (scuole, uffici pubblici, negozi, strutture ricettive e di svago, …) vengono individuati e rappresentati cartograficamente;

- Individuazione dei servizi e delle infrastrutture: vengono individuate e analizzate le fermate dei mezzi pubblici, l’accessibilità dei mezzi di trasporto pubblico, le caratteristiche e le dimensioni dei percorsi urbani;

- Mappatura delle necessità e delle segnalazioni: la presenza di una barriera, la segnalazione di un disservizio, la necessità di avere un parcheggio riservato in prossimità dell’abitazione, la richiesta di avere percorsi protetti casa-scuola per i bambini, sono solo alcune delle indicazioni che possono pervenire dal privato cittadino attraverso strumenti di coinvolgimento diretto e che dovranno rientrare nel PEBA; - Individuazione tratti urbani oggetto del PEBA: tutti i percorsi ove insistono in numero

rilevante episodi precedentemente citati, faranno parte della successiva analisi per l’individuazione delle barriere architettoniche dell’ambiente urbano.

- Rilievo degli ostacoli e delle barriere architettoniche e stima per la loro eliminazione: tutti quegli elementi fisici e/o culturali che impediscono la libera e sicura fruizione divengono oggetto di rilievo accurato e di studio per la loro eliminazione o superamento, con relativa stima di massima;

(30)

- Priorità: ad ogni intervento o gruppo di interventi e ad ogni tratto urbano, sarà assegnato una priorità di realizzazione rispetto agli altri;

- Peba: realizzazione del PEBA inteso come piano informatizzato per la consultazione, e gestione della programmazione di eliminazione delle barriere architettoniche.

Criteri d’intervento

Concluse le fasi preliminari e di rilievo a questo punto si è in possesso di tutti gli elementi in grado di consentire all’amministratore pubblico, o altro decisore, una programmazione degli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche, suddividendoli per stralci o priorità.

A questo punto si può passare alle fasi di progettazione in cui risulta determinante individuare dei “Poli urbani”, ovvero centri di aggregazione urbana che saranno collegati mediante “Percorsi pedonali protetti”.

Nei “Poli urbani” si localizza i servizi e le attrezzature di interesse collettivo, gli elementi di arredo urbano per la sosta dei pedoni (panchine, cabine telefoniche, parcheggi riservati). I “Percorsi pedonali protetti” possono essere del tipo:

- percorso con sfalsamento di piano, in cui si prevede un adeguamento della sezione del marciapiede almeno agli standard minimi per il passaggio della sedia a ruote; con l’inserimento nel cordolo di bordo di accorgimenti per la segnalazione tattile e cromatica dello sfalsamento;

- percorso a livello, in cui la separazione tra sede stradale e percorso pedonale avviene mediante dissuasori.

La finalità prima di un Piano di Eliminazione delle Barriere Architettoniche è proprio costituita dalla programmazione degli interventi, completa di una stima di massima dei medesimi.

Il programma degli interventi viene stabilito in funzione delle esigenze di utilizzazione dei servizi da parte delle persone con esigenze speciali e delle disponibilità economiche dell’Amministrazione, che in questo modo stabilisce le priorità d’intervento.

(31)

APPENDICE A – DESCRIZIONE DELLE

SCHEDE DI RILIEVO

(32)

Scheda A1 – Descrizione delle barriere architettoniche negli edifici

Parcheggio:

D.P.R. 503/96, artt. 10, 16; codice della strada art. 20 fig. 79/a, art. 149 figg. 445/a, 445/b: 1. il numero di posti macchina riservati non deve essere inferiore a 1 ogni 50;

2. a volte il posto macchina riservato è adeguato ma non è stata inscritta la segnaletica verticale (cartello con il simbolo dell’accessibilità) o viceversa (striscia gialla, tratteggio, simbolo dell’accessibilità).

Accesso:

3. art. 16 D.P.R. 503/96: il percorso pedonale è considerato accessibile se il marciapiede, sia in rilevato sia a raso, risulta privo di dislivelli causati da gradini superiori a 2,5cm, strozzature, restringimenti. Deve avere inoltre larghezza utile netta superiore od uguale a 90cm e slarghi di 150x150cm almeno ogni 10m.

4. art. 8.1.1 D.M. 236/89: prevede dimensioni minime di 135x135/141cm per consentire la rotazione della carrozzina. Per consentire la rotazione della carrozzina consigliamo 150x150.

5. art. 15 D.P.R. 503/96: molti materiali (pietra, marmo, ecc…) se al momento della posa possono essere bocciardati o martellinati, col tempo le asperità si consumano, con il conseguente risultato di una superficie liscia e levigata. La pioggia e l’umidità aumentano la sdrucciolevolezza. Il degrado e la sconnessione del materiale è un problema frequente causando discontinuità della superficie e conseguente rischio di inciampo e caduta.

6. I pozzetti, le griglie o quant’altro, sono elementi che se sporgono dalla quota pavimento, creano pericoli d’inciampo e conseguente rischio di cadute.

7. art. 8.1.1 D.M. 236/89: lungo il percorso pedonale non devono esserci dei gradini, e l’adeguamento più frequente è la realizzazione di una rampa in corrispondenza degli stessi con larghezza minima di 90-150cm e pendenza che dovrà essere inferiore all’8%. Ricordiamo la formula: altezza/lunghezza = pendenza.

8. art. 15 D.P.R. 503/96: per superare la serie di gradini l’eventuale soluzione adottata può essere l’inserimento di una pedana elevatrice o servoscala.

9. art. 15 D.P.R. 503/96: le rampe esistenti non devono superare la pendenza

(33)

dei percorsi devono essere evidenziate con variazioni cromatiche (art. 4.2.1 D.M. 236/89).

10. art. 8.1.1 D.M. 236/89: verificare la misura netta in quanto una dimensione inferiore agli 80cm potrebbe non consentire l’accesso alle persone non deambulanti.

11. art. 4.1.1 D.M. 236/89: è importante presegnalare le trasparenze in modo da evitare eventuali ed accidentali urti che potrebbero causare anche la rottura dell’elemento vitreo con conseguente pericolo di ferite e tagli.

12. art. 17 D.P.R. 503/96: accessibilità significa anche fornire indicazioni chiare, leggibili e semplici, in modo da informare e garantire autonomia nei movimenti agli utenti.

13. art. 8.1.5 D.M. 236/89: la posizione verticale da pavimento è essenziale per garantire l’autonomia delle persone.

Servizi Igienici:

14. art. 8.1.6 D.M. 236/89: attenersi alle misure descritte dalla normativa; in caso contrario sarebbe difficile, se non impossibile garantire l’effettivo utilizzo dei servizi igienici e delle attrezzature presenti.

15. valgono le stesse cose dette al precedente punto. 16. valgono le stesse cose dette al precedente punto.

Collegamenti verticali:

17. artt. 13, 15 D.P.R. 503/96: nel caso l’edificio lo consenta inserire un ascensore per il superamento dei dislivelli tra piano e piano.

18. art. 8.1.12 D.M. 236/89: verificare le dimensioni della cabina ascensore per consentirne l’utilizzo.

19. art. 8.1.12 D.M. 236/89: verificare le dimensioni e l’altezza della porta ascensore per consentirne l’utilizzo.

20. art. 8.1.12 D.M. 236/89: verificare l’altezza dal pavimento dei vari accessori.

21. art. 8.2.2 D.M. 236/89: molti materiali (pietra, marmo, ecc…) se al momento della posa possono essere bocciardati o martellinati, col tempo le asperità si consumano, con il conseguente risultato di una superficie liscia e levigata. La pioggia e l’umidità aumentano la sdrucciolevolezza. Il degrado e la sconnessione del materiale è un problema frequente causando discontinuità della superficie e conseguente rischio di inciampo e caduta (artt. 4.1.10, 8.1.10 D.M. 236/89). Per agevolare persone con deficit

(34)

visivo, si consiglia di differenziare cromaticamente la fine della pedata e l’alzata del gradino.

22. artt. 4.1.10, 8.1.10 D.M. 236/89: oltre a questo tipo di corrimano, verificare se occorre anche quello per i bambini che dovrà essere posto ad una altezza di 75cm da terra. Ricordare, inoltre, che il corrimano dovrà iniziare 30cm prima e dopo l’ultimo gradino. 23. artt. 4.1.10, 8.1.10 D.M. 236/89: per impedire eventuali cadute, porre attenzione

all’altezza del parapetto che deve essere almeno a 100cm dalla quota pavimento.

24. artt. 4.1.10, 8.1.10 D.M. 236/89: il corpo scale è tra gli elementi edilizi quello considerato più pericoloso. Si controlli l’illuminazione, che deve essere priva di zone d’ombra.

Percorso interno:

25. art. 8.2.2 D.M. 236/89: molti materiali (pietra, marmo, ecc…) se al momento della posa possono essere bocciardati o martellinati, col tempo le asperità si consumano, con il conseguente risultato di una superficie liscia e levigata. La pioggia e l’umidità aumentano la sdrucciolevolezza. Il degrado e la sconnessione del materiale è un problema frequente causando discontinuità della superficie e conseguente rischio di inciampo e caduta.

26. art. 4.1.9 D.M. 236/89: lungo il percorso orizzontale non devono esserci dei gradini e l’adeguamento più frequente è la realizzazione di una rampa in corrispondenza degli stessi. Ricordiamo la formula: altezza/lunghezza = pendenza.

27. art. 4.1.11 D.M. 236/89: le rampe esistenti non devono superare la pendenza longitudinale dell’8-12% (art. 8.1.11 D.M. 236/89), infatti con pendenza superiore, sarebbe difficile percorrerle. La pendenza che ci permettiamo di consigliare è del 3%. 28. art. 23 D.P.R. 503/96, art. 4.1.4 D.M. 236/89: per garantire l’autonomia della persona,

bisogna che anche l’arredo sia adattato alle possibilità degli utilizzatori.

29. artt. 4.1.4, 4.1.9 D.M. 236/89: il percorso è considerato accessibile se di larghezza minima utile di 90cm al netto di eventuali arredi ma in ogni caso dovranno essere previsti slarghi nelle parti terminali e comunque ogni 10m.

30. art. 1 D.P.R. 503/96: gli elementi ed impianti tecnologici, spesso vengono posizionati ad altezza o con sporgenza da filo muro tale da divenire eventuali fonti di pericolo all’incolumità della persona .

(35)

31. art. 1 D.P.R. 503/96, art. 4.3 D.M. 236/89: accessibilità significa anche fornire indicazioni chiare, leggibili e semplici, in modo da riuscire a rendere autonomi gli utenti.

32. art. 8.1.1 D.M. 236/89: verificare l’effettiva luce netta delle porte in modo da garantire l’attraversamento.

33. art. 4.1.5 D.M. 236/89: è obbligatorio, negli edifici scolastici ma è consigliabile anche per gli altri, l’utilizzo di interruttori luminosi facilmente individuabili anche al buio.

Scheda B1 – Descrizione delle barriere architettoniche nei percorsi

Pavimentazione:

1. art. 4.2.1 D.M. 236/89, art. 3 codice della strada, D. Lgs. 285/92: per percorso pedonale si intende sia il marciapiede in rilevato sia il marciapiede a raso, le strozzature sono dei restringimenti dello stesso, in quanto se la sua larghezza utile risulta inferiore a 90cm, la carrozzina non può passare.

Nb: il codice della strada definisce “marciapiede”: parte della strada esterna alla carreggiata, rialzata o altrimenti delimitata e protetta destinata ai pedoni. In tal senso anche la sola riga di vernice sull’asfalto, a lato della carreggiata deve considerarsi a tutti gli effetti marciapiede e deve avere quindi dimensione minima di 90cm. Nel caso si decidesse di adeguare un solo marciapiede, scegliere quello che rispetta il codice della strada così come descritto all’art. 190 dello stesso.

2. art. 4.2.1 D.M. 236/89: si evidenzia la necessità di mantenere una limitata inclinazione

trasversale, un valore superiore all’1% (es. passi carrai) impedisce la direzione

rettilinea di una persona in carrozzina.

3. art. 8.2.2 D.M. 236/89: molti materiali (pietra, marmo, ecc…) se al momento della posa possono essere bocciardati o martellinati, col tempo le asperità si consumano, con il conseguente risultato di una superficie liscia e levigata. La pioggia e l’umidità aumentano la sdrucciolevolezza.

4. art. 8.2.2 D.M. 236/89: il degrado e la sconnessione del materiale è un problema frequente causando discontinuità della superficie e conseguente rischio di inciampo e caduta.

5. art. 8.2.2 D.M. 236/89: i pozzetti, le radici affioranti o quant’altro, sono elementi che creano lo stesso problema del precedente punto.

Riferimenti

Documenti correlati

Il presente Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC), è stato redatto ai sensi del D.Lgs. n.81/2008 Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza

La luce netta della porta di accesso di ogni edificio e di ogni unità immobiliare sarà prevista maggiore a cm.80. La luce netta di tutte le porte interne di ogni unità

Art. Nella formulazione dei piani, programmi e progetti generali e settoriali, anche di carattere informativo e di aggiornamento, la Regione tiene conto – con particolare riferimento

Bracciolo regolabile in altezza e in profondità New height and depth adjustable armrest Nuevo brazo regulable en altura y profundidad Poggiatesta regolabile in profondità.

Pertanto qualora si intende realizzare più opere, se queste sono funzionalmente connesse il richiedente deve formulare un'unica domanda essendo unico il

LÕoccasione fornita dalla redazione di un Piano per lÕeliminazione delle barriere architettoniche offre numerosi spunti, che permettono di pianificare ed attuare

Scegli la categoria corrispondente alla criticità riscontrata tra marciapiede assente, marciapiede stretto, marciapiede con ostacolo (semaforo, segnaletica

Non sono presenti parcheggi riservati ai disabili in prossimità dell'ingresso dell'edificio che ospita il Centro, e nemmeno percorsi pedonali privi di barriere per raggiungere