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Capitolo III DAL COSTO AL FAIR VALUE

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Capitolo III

DAL COSTO AL FAIR VALUE

1. I modelli di bilancio: il modello continentale e il modello anglosassone

Analizzando le peculiarità che contraddistinguono il modello di bilancio IAS/IFRS è possibile capire le diverse problematiche che si sono originate in seguito all’implementazione dei principi contabili internazionali negli ordinamenti giuridici dei paesi membri dell’Unione Europea e in particolare nel nostro paese, tali problematiche sono state nel corso degli anni oggetto di un acceso dibattito.

La regola contabile, infatti, dipende ed è condizionata dalle caratteristiche del contesto sociale ed economico nel quale vivono, sia l’impresa chiamata ad applicarla, sia la comunità alla quale l’informazione è destinata.

In particolare diversi studi hanno cercato di classificare le prassi contabili nazionali1 sviluppate all’interno dell’Unione Europea allo scopo di individuare degli elementi comuni e delle caratteristiche distintive all’interno dei sistemi di bilancio, individuando sistemi contabili di origine o derivazione anglosassone e sistemi contabili di origine o derivazione continentale.

1 Nella formazione dei principi contabili si sono alternati/succeduti due possibili approcci: quello induttivo e quello deduttivo.

L’approccio induttivo (o descrittivo) vuole la regola contabile scaturita da un processo di osservazione dei comportamenti della pratica operante, in modo da dedurre valutazioni di prevalenza e conseguenti generalizzazioni normative. Quest’approccio ipotizza che la pratica operante tenda a una selezione naturale dei comportamenti migliori. Manca in questo approccio ogni riferimento a un sistematico fondamento teorico. Il metodo induttivo ha il pregio di condurre a formulazioni teoriche che risultano aderenti alla pratica operante.

L’approccio deduttivo (o prescrittivo) fa discendere la regola contabile dalla sua coerenza logica con gli assunti di base, selezionati ed accettati come corretti in modo indiscutibile. Si fonda sul riconoscimento di verità assolute, di valori giudicati meritevoli di essere perseguiti, dai quali si fanno discendere regole di condotta che per effetto logico della loro formazione assumono significato normativo. Il metodo deduttivo ha il pregio di giungere a prescrizioni specifiche coerenti e sistematiche.

E’ ampiamente condiviso in dottrina che nessuno dei due approcci è in senso assoluto migliore dell’altro. E’ necessario che essi si integrino, in modo da comporre i rispettivi pregi.

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46 Il diverso configurarsi del sistema socio economico nell’ambito dei quali i due modelli hanno trovato origine e sviluppo, esercita alcuni importanti condizionamenti sui caratteri dell’informativa contabile, contribuendo a definire i destinatari privilegiati e le finalità e le funzioni ad essa attribuite.

Il modello anglosassone, adottato nel Regno Unito e nei Paesi Bassi, trova origine all’interno di un contesto ambientale caratterizzato da una larga presenza di società di capitali ad azionariato diffuso, che in via privilegiata reperiscono fonti di finanziamento ricorrendo sul mercato dei capitali ampio ed efficiente. L’informativa contabile di bilancio sulla situazione aziendale, che per l’impresa diviene strumento funzionale e necessario per attrarre capitale di rischio identifica quali suoi destinatari privilegiati gli investitori presenti e futuri per i quali è importante conoscere quelle informazioni che consentono loro di capire se l’investimento nell’impresa è destinato a mantenere il suo valore, oppure a variarlo e, in questo secondo caso, in quale direzione e quale misura. Estremamente forti in un simile contesto sono le pressioni affinché l’informazione contabile sia trasparente, attendibile e basata su valori correnti. Particolare rilievo in questo modello assume la dimensione prospettico-finanziaria dell’informazione stessa, in quanto funzionale a rendere disponibili per l’investitore conoscenze utili all’attuazione di scelte economiche future.

Il modello continentale, raggruppa invece i principali paesi dell’Europa continentale tra cui Francia, Germania e Italia.

Il modello continentale si sviluppa all’interno di un contesto che storicamente si è distinto per il prevalere di imprese gestite da azionisti-amministratori, nelle quali di rado si è fatto ricorso al mercato finanziario per il reperimento dei capitali privilegiando l’indebitamento presso le banche e altri istituti di credito.

In questo modello l’informativa di bilancio trova quali suoi naturali interlocutori privilegiati i soci e i creditori aziendali. I primi interessati a conoscere l’entità degli utili prelevabili a titolo di dividendo, invece i secondi interessati a vedere preservata l’integrità del capitale sul quale, eventualmente rivalersi.

La limitata presenza di investitori esterni e il conseguente minor peso riconosciuto alle loro esigenze conoscitive ha conferito ai sistemi contabili continentali due peculiari caratteristiche:

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47 tutto a conformarsi alle disposizioni impartite dal legislatore civilistico o da autorità di controllo e vigilanza e, solo successivamente, ai fabbisogni informativi nel concreto avvertiti dagli investitori.

- la contabilità si contraddistingue per l’approccio retrospettivo e conservativo-prudenziale. Per quanto riguarda l’approccio retrospettivo, il bilancio d’esercizio è visto come il rendiconto della gestione trascorsa e dell’operato degli amministratori, anche se alla sua formazione concorrano valutazioni sulle future condizioni d’impresa e d’ambiente, quindi il reddito d’esercizio e il capitale di funzionamento assumono anche significato prospettico. La rappresentazione in bilancio della situazione aziendale è ispirata a criteri prudenziali ed è fortemente condizionata dall’obiettivo di giungere alla quantificazione di un risultato economico di periodo che possa essere distribuito senza compromettere la futura redditività aziendale e di pervenire a una valutazione del capitale netto di funzionamento che mantenga inalterata la capacità di svolgimento della gestione.

Il diverso configurarsi del sistema socio-economico, i differenti interessi tutelati in via privilegiata dalla comunicazione aziendale, le diverse finalità perseguite mediante la redazione del bilancio d’esercizio hanno finito per condizionare in modo significativo sia la definizione delle quantità oggetto di determinazione e di rappresentazione, quanto i criteri di valutazione utilizzati nell’ambito dei due modelli.

La dottrina economico aziendale infatti ha sempre riconosciuto come vi sia una stretta relazione di interdipendenza fra gli scopi conoscitivi attribuiti al bilancio d’esercizio e i criteri di valutazione adottati.

Il modello di bilancio proposto dagli IAS/IFRS si inserisce a pieno titolo nell’ambito del modello anglosassone, quindi l’aver privilegiato un particolare contesto, con la sua impresa caratteristica e la sua tipica platea di destinatari ha creato non poche perplessità circa la compatibilità dei principi internazionali con le differenti condizioni socio-economiche e culturali e con le tradizioni contabili dei contesti nei quali avrebbero dovuto trovare applicazione.

Inoltre, a seconda dei diversi obiettivi conoscitivi che i portatori di interesse hanno, e quindi a seconda dell’obiettivo a cui la formazione del bilancio risponde avremo criteri di valutazione delle poste di bilancio differenti. In altre parole, a seconda dello scopo dell’informazione di bilancio, ovvero dalle diverse conoscenze che dal bilancio si

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48 vogliono trarre dipendono i principi di redazione ed i connessi criteri valutativi.

Il modello continentale e il modello anglosassone, infatti, in merito merito ai criteri di valutazione hanno assunto due differenti impostazioni, uno privilegia l’utilizzo di valori storici mentre l’altro predilige l’utilizzo di valori correnti.

In sintesi, la tutela dei creditori, assunta dall’impostazione continentale come obiettivo di fondo del bilancio, viene realizzata attraverso i seguenti postulati:

- il principio della prudenza nelle valutazioni;

- il criterio del costo storico, o meglio del minore tra costo storico e valore di realizzo; - il calcolo del reddito prodotto.

Mentre, al contrario, la tutela degli investitori sia attuali che potenziali, assunta come riferimento nell’impostazione anglosassone e dai principi contabili internazionali, mira alla redazione di un bilancio dal quale emerga il valore di mercato della società costituente il soggetto giuridico dell’impresa; tale redazione risulta pertanto incentrata sui seguenti postulati:

- il principio di valutazione orientato al mercato;

- i criteri valutativi ancorati al fair value, ovvero ai valori correnti; - il calcolo di un “reddito potenzialmente prodotto” o “realizzabile”.

Quindi il modello continentale individua nei soci e nei creditori i portatori dei diritti di base da tutelare mediante una rappresentazione in bilancio della situazione aziendale ispirata a criteri prudenziali, attraverso la quale essi possano controllare la capacità dell’impresa di raggiungere o di mantenere l’equilibrio reddituale, patrimoniale e finanziario e la possibilità di distribuire dividendi, ovvero la necessità di ricoprire le perdite subite. In coerenza con tale fine conoscitivo, le valutazioni sono fondamentalmente attuate in applicazione del criterio del costo storico, eventualmente rettificato per tener conto delle perdite presunte. Tale criterio è capace di esprimere in modo prudenziale il valore dei cicli di gestione non compiuti così da giungere, da un lato alla quantificazione di un reddito che possa definirsi come prodotto, ovvero realizzato ed in quanto tale distribuibile senza pregiudizio per l’economico svolgimento della gestione futura, e dall’altro, all’attribuzione al capitale netto di funzionamento di un valore che non ne comporti la sopravvalutazione economica.

Invece il modello anglosassone e i principi contabili internazionali privilegiano quale destinatario principale del bilancio l’investitore sia attuale che potenziale. Ciò comporta

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49 come naturale conseguenza una maggiore enfasi verso gli aspetti finanziari dell’informativa contabile e giustifica l’ampio ricorso a valutazioni fondate su valori correnti in luogo di quelli storici.

Se il criterio del costo storico, infatti, è funzionale alla valutazione dell’affidamento che l’impresa può dare ai propri creditori e alla quantificazione di un risultato di periodo distribuibile senza danno economico per gli esercizi futuri, i valori correnti si reputano più efficaci nel soddisfare il fabbisogno conoscitivo degli investitori attuali o potenziali, in quanto maggiormente capaci di fornire informazioni utili ad una valutazione prospettica aziendale.

L’esigenza di fornire una visione prospettica dei risultati economici e più in generale, della situazione aziendale porta ad utilizzare criteri di valutazione orientati al mercato e conduce all’imputazione in conto economico anche degli utili solo sperati sulle operazioni ancora in corso di svolgimento al termine dell’esercizio e quindi ad evidenziare una configurazione di reddito definita come “potenzialmente prodotta”. Dal diverso configurarsi delle finalità conoscitive attribuite al bilancio deriva un più ampio ricorso ai criteri di valutazione basati sui valori correnti accanto o in sostituzione di quelli storici, ritenuti non sempre idonei a fornire una visione in chiave prospettica dell’azienda e della sua performance.

Viste le differenze tra i due modelli contabili è possibile comprendere le criticità che sono emerse in seguito all’adozione dei principi contabili internazionali, tali criticità hanno riguardato sia la portata informativa del bilancio redatto secondo la nuova regolamentazione, sia le tematiche di valutazione e il significato della configurazione di reddito e capitale emergenti dall’utilizzo degli IAS/IFRS.

Tabella 1: I due modelli di bilancio d’esercizio:

PRINCIPI CIVILISTICI ( o modello continentale di bilancio)

PRINCIPI IAS/IFRS (o modello anglosassone di bilancio)

TUTELA DEI CREDITORI TUTELA DEGLI INVESTITORI ATTUALI E POTENZIALI

PRUDENZA COMPETENZA

COSTO STORICO FAIR VALUE

REDDITO PRODOTTO (o reddito realizzato)

REDDITO POTENZIALE (o reddito realizzabile)

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50 2. La valutazione degli elementi di bilancio nel modello IAS/IFRS

Oltre alle novità in termini di struttura e contenuto dei prospetti di bilancio, visti nel precedente capitolo, gli IAS/IFRS hanno introdotto anche criteri di valutazione delle poste assolutamente differenti da quelli previsti dalla normativa civilistica italiana alla base della redazione dei bilanci.2

In particolare gli IAS/IFRS privilegiano, sul piano valutativo, il criterio del fair value3 a fronte del tradizionale criterio del costo storico. Il fair value non si traduce solo nella scelta di un metodo alternativo di contabilizzazione degli eventi di gestione, ma è una conseguenza della differente funzione che il modello IASB attribuisce alla funzione del bilancio d’esercizio; inoltre differenti criteri di valutazione conducono anche a differenti configurazioni del reddito e del patrimonio e di conseguenza a differenti concetti di integrità economica del capitale stesso.

I principi contabili internazionali IAS/IFRS, differentemente da quelli italiani assegnano al bilancio una funzione preminentemente informativa: la redazione del bilancio deve essere idonea a fornire un’informazione rilevante per le scelte degli investitori. L’informazione di bilancio è destinata a consentire la previsione dei flussi finanziari, in entrata e in uscita, scaturiti da attività e passività presenti in bilancio; in altre parole dovranno essere comunicate tutte le informazioni atte a esprimere la capacità dell’azienda di creare valore prospettico; in quest’ambito nasce l’esigenza di adottare un criterio di valutazione che soddisfi questa specifica finalità conoscitiva: il fair value. L’obiettivo della valutazione di bilancio tramite l’applicazione del fair value è quello di determinare un valore per l’iscrizione contabile legato a un prezzo corrente, cioè di

2 I cardini del modello IASB sono:

- il passaggio da una ottica reddituale a una ottica patrimoniale, per cui assume concettualmente preminenza lo stato patrimoniale rispetto al conto economico; le definizioni di reddito e delle sue componenti che dipendono, in tal modo dalle attività e dalle passività.

- il bilancio deve soddisfare anzitutto le esigenze informative di investitori attuali e potenziali, finanziatori ed altri soggetti che similmente devono decidere sulla concessione di finanziamenti alle imprese, il loro interesse è rivolto quindi alla capacità dell’impresa di generare flussi di cassa positivi.

- introduzione del fair value come criterio di valutazione delle poste di bilancio.

3 L’espressione fair value è nata nei paesi anglosassoni quale criterio guida nelle valutazioni che vedevano coinvolti azionisti di minoranza al fine di salvaguardarli. Richiama profili di giustezza ed equità che probabilmente sono all’origine della traduzione valore equo. La nozione di fair value è quindi collegata al criterio di oggettività e di aggancio alle condizioni correnti di mercato ecco perché risulta più appropriata la traduzione di valore corrente o valore di mercato, dove però il mercato esista e sia un equilibrato e un imparziale misuratore dei valori aziendali.

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51 mercato per uno scambio potenziale riferito alla data della valutazione.

Il fair value, infatti, è definito come il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata o una passività trasferita, in una libera transazione tra parti consapevoli e disponibili. Tale valore può essere determinato con riferimento ai prezzi di mercato o in loro assenza, mediante l’impiego di tecniche valutative.

Il fair value ha quindi come caratteristiche: - l’autonomia delle parti contrattuali; - l’assenza di asimmetrie informative; - la razionalità degli operatori economici; - la “normalità” della transazione.

In definitiva il fair value è un parametro di riferimento che tende a essere neutrale nella valutazione di un’attività o di una passività, in quanto rappresenta il potenziale valore di un componente patrimoniale di un’impresa determinato tenendo conto sia delle condizioni di mercato, sia delle caratteristiche specifiche del singolo bene al momento della transazione.

L’adozione del fair value come criterio di valutazione di attività e di passività, sia finanziarie che reali comporta la determinazione in bilancio di una configurazione di reddito, definita “reddito potenzialmente prodotto”, da cui deriva la possibilità di iscrivere a conto economico, al fine di indicare la performance complessiva del periodo, componenti reddituali non ancora realizzate.4

In tal modo nel risultato d’esercizio sono compresi, oltre gli utili derivanti dalle operazioni di gestione, anche quelli originati dalla valutazione dei singoli elementi patrimoniali.

Questa è la ragione per cui il principio della prudenza non trova spazio nei principi contabili internazionali, se non in un’accensione molto sfumata, che impone solo un certo grado di cautela nell’effettuazione delle stime. In particolare, la prudenza consiste nell’impiego di un grado di cautela nell’esercizio dei giudizi necessari per l’effettuazione delle stime richieste in condizioni di incertezza, in modo che le attività o i ricavi non siano sovrastimati e le passività o i costi non siano sottostimati.

4 Le plusvalenze da fair value sono imputate direttamente a conto economico quando sono relative alle “attività correnti” (es. plusvalenze su strumenti finanziari di negoziazione), mentre sono imputate al prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo quando originate da “attività non correnti” ( es. rivalutazione di attività materiali, rivalutazione di attività immateriali, plusvalenze su strumenti finanziari destinati alla vendita).

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52 Il sistema IAS/IFRS tuttavia non può definirsi un sistema a fair value, ma piuttosto un sistema ibrido nel quale convivono fair value e costo storico; infatti uno stesso cespite può essere misurato in molti modi diversi e con conseguenti impatti sul conto economico.

Originariamente, il framework individuava quattro criteri generali di valutazione da seguire nel processo di determinazione del valore delle attività e delle passività; criteri che si applicavano sia in fase di riconoscimento iniziale che durante la valutazione di fine esercizio:

- costo storico: le attività sono iscritte all’importo monetario, o suo equivalente pagato, o al fair value del corrispettivo versato al momento di acquisire l’attività. Le passività sono iscritte all’importo del corrispettivo ricevuto in cambio di tale obbligazione;

- costo corrente: le attività sono iscritte all’importo di denaro, o suo equivalente, che dovrebbe essere pagato se la stessa attività fosse acquisita al momento attuale. Le passività sono iscritte all’importo di denaro, o suo equivalente, non attualizzato che si prevede sarebbe necessario per estinguere l’obbligazione al momento attuale;

- valore di realizzo (regolamento): le attività sono iscritte al valore del denaro, o suo equivalente, che potrebbe essere ottenuto al momento attuale vendendo un’attività in una dismissione non forzosa. Le passività sono iscritte ai loro valori di regolamento; in pratica al valore non attualizzato di denaro, o suo equivalente, che si presume debba essere pagato per estinguere le passività nel normale svolgimento dell’attività;

- valore attuale: le attività sono iscritte al valore attuale, attualizzato, dei futuri flussi finanziari netti in entrata che si prevede che l’elemento possa generare nel normale svolgimento dell’attività. Le passività sono iscritte al valore attuale, attualizzato, dei futuri flussi finanziari netti in uscita che si prevede siano necessari per estinguere le passività nel normale svolgimento dell’attività.

Tuttavia, molti altri criteri di valutazione, come il valore di mercato (market value), il valore d’uso (value in use), il valore recuperabile (recoverable value), sono stati introdotti successivamente dai vari IAS/IFRS che si sono succeduti nel corso degli anni. Ad oggi il Board ha individuato ben 27 diverse misure di contabilizzazione di cui 22 riferibili a varianti del fair value e 5 riferibili a varianti del costo.

Pertanto l’insieme dei principi contabili IAS/IFRS presenta un variegato e complesso insieme di valutazioni, tra loro anche molto differenti e di conseguenza difficili da

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53 gestire.

Ben diversa è la funzione attribuita al bilancio dal nostro legislatore, secondo il quale scopo del bilancio è quello di fornire una rappresentazione chiara, veritiera e corretta della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico d’esercizio, con lo scopo di fornire un’informazione di tipo garantista ai terzi creditori. Tali soggetti infatti trovano nel patrimonio dell’impresa l’unica garanzia per il soddisfacimento delle rispettive legittime istanze. Il bilancio quindi è redatto sulla base del principio della prudenza e della garanzia dei terzi ai fini della conservazione del capitale. Ed è proprio per la funzione attribuita al bilancio e per evitare depauperamenti del capitale sociale in funzione della determinazione degli utili distribuibili, che si giustifica la scelta del nostro legislatore di utilizzare come criterio di valutazione il costo storico. Tale criterio valutativo a fronte di ogni altro criterio trova base certa in dati reali, non arbitrari e non personali, offrendo in tal modo però una visione retrospettica dell’impresa.

L’utilizzo del criterio del costo storico permette di determinare il reddito effettivamente prodotto e distribuibile, inteso come l’accrescimento del capitale dell’azienda in un determinato periodo in conseguenza delle operazioni di gestione. In questa prospettiva, infatti è possibile imputare a conto economico solamente componenti reddituali effettivamente realizzate e non anche quelle potenziali.

Quindi mentre il sistema di contabilità a costi storici si collega più strettamente a una funzione informativa interna a servizio soprattutto delle esigenze e delle analisi degli amministratori o dei managers, il bilancio redatto secondo il criterio del fair value si rivolge gli investitori fornendo le informazioni utili a promuovere il loro processo di investimento/disinvestimento fornendo informazioni per un’analisi della quantità e qualità del futuro cash flow dell’impresa, informazioni che si muovono più in termini prospettici che in termini consuntivi. L’applicazione sempre più vasta del fair value quale riferimento per criteri valutativi sembra rispondere, nell’ottica dei principi contabili internazionali, all’idea di ancorare la contabilità a valori correnti, nell’intento di fornire una più significativa rappresentazione della performance aziendale a tutti coloro che si basino sull’informativa di bilancio per prendere decisioni economiche attinenti i loro investimenti o i loro rapporti con l’impresa.

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54 3. Pregi e limiti del costo storico come criterio valutativo

I pregi del costo storico:

- è un criterio efficace che ha resistito nel passare del tempo, molti utilizzatori dell’informativa contabile hanno imparato a interpretare e usare ai fini decisionali le informazioni da esso fornite.

- il reddito contabile, misurato in base al costo storico, è misurato sulla base di dati certi e obiettivi: le transazioni poste in essere dall’impresa. Essendo l’iscrizione dei ricavi vincolata dal principio di realizzazione, il reddito contabile soddisfa il criterio della prudenza e quindi non registra oscillazioni nel valore delle attività detenute che non siano realizzate per effetto della gestione.

- è un criterio oggettivo e semplice da applicare. Una conseguenza della sua semplicità d’applicazione è costituita dalla ridotta onerosità della sua implementazione nel sistema contabile aziendale, mentre l’oggettività è connessa al fatto che il costo deriva da valori negoziati con terze economie. Esso quindi è ritenuto un criterio di valutazione affidabile e attendibile perché fondato su eventi già definiti e riflessi nelle registrazioni della contabilità aziendale. Per questo motivo inoltre è ritenuto un criterio di valutazione poco manipolabile, anche se non sono esclusi elementi di soggettività, in quanto, in certe situazioni incorpora componenti positivi e negativi di reddito di natura stimata o congetturata come il calcolo della frazione imputabile dei costi generali o la quota di ammortamento dei cespiti reperibili.

- il reddito contabile, determinato in base al costo storico, è ritenuto utile ai fini del controllo e in particolare nella rendicontazione della funzione manageriale e quindi delle modalità con cui il management ha utilizzato le risorse affidategli perché in grado di misurare nel tempo il risultato delle scelte assunte dal management in condizioni di incertezza e di verificare come esso abbia svolto la propria funzione.

Punti di debolezza del costo storico:

- la sua scarsa capacità di fornire una visione aggiornata della situazione patrimoniale. Questo problema si è manifestato sopratutto negli anni settanta, quando l’elevato incremento del livello generale dei prezzi ha originato il fenomeno dell’inflazione e la conseguente repentina perdita del potere di acquisto della moneta. L’inflazione ha

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55 originato effetti sulla significatività delle rappresentazioni di bilancio fondate sul principio del costo storico, perché questo è espressivo dei valori monetari registrati nel passato, cioè di quando l’evento di gestione è stato rappresentato.

Questo ha creato disomogeneità dei valori espressi in relazione all’acquisizione di cespiti e all’assunzione di debiti effettuati in tempi diversi e di conseguenza la possibilità di una sottovalutazione del capitale investito e dei relativi ammortamenti e quindi una possibile sopravvalutazione degli utili distribuibili.5

- il reddito realizzato spesso non esprime appieno le potenzialità dell’azienda in quanto può risentire di condizioni maturate in precedenti esercizi.

4. Pregi e limiti del fair value come criterio valutativo

I pregi del fair value:

-la maggiore capacità di esprimere la performance aziendale in quanto riflette i valori correnti cioè è capace di esprimere i futuri cash flows legati all’elemento valutato. - la comparabilità dei valori di bilancio, dal momento che gli elementi sono valutati con riferimento ad una stessa data.

- limita la possibilità di effettuare manovre di bilancio tese a spostare gli effetti della realizzazione di alcune operazioni.

Punti di debolezza del fair value:

- concorre a determinare risultati di esercizio maggiormente altalenanti e, pertanto, più volatili.

- è un sistema di valutazione più complesso che necessita di costi di implementazione maggiori rispetto a quelli tradizionali.

- la ridotta significatività, data l’assenza di una concreta transazione;

- nella circostanza in cui i valori espressi dal fair value possono essere scarsamente documentati scontano un certo grado di soggettività e hanno modeste possibilità di

5 Per ovviare al problema si proposero modelli alternativi di valutazione in sostituzione del costo storico fra questi il costo corrente o il costo di rimpiazzo. L’Italia affrontò il problema con leggi di rivalutazione monetaria che consentissero l’adeguamento dei costi storici ai valori monetari modificati.

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56 riscontro. L’applicazione del criterio infatti, richiede il ricorso a parametri e ipotesi non esenti da incertezza, in quanto con il fair value la transazione non si è verificata ma è solo ipotizzata. Ciò comporta un incremento dei valori di bilancio di determinazione stimata o soggettivi aumentando la discrezionalità degli amministratori e rendendo necessaria una più onerosa attività di verifica a garanzia dei terzi.

5. Integrità del capitale nel nei principi contabili IAS/IFRS

La logica valutativa del fair value implica rilevanti ripercussioni sulla configurazione di reddito scaturente dal bilancio, la quale non può essere considerata un reddito prodotto o distribuibile, ma piuttosto un reddito potenzialmente prodotto e potenzialmente distribuibile.

La valutazione al valore corrente di alcune voci di bilancio, consente l’anticipazione di utili in corso di formazione che non derivano dalla gestione in sé, ma dalla valutazione di alcuni elementi patrimoniali.

Questo coerentemente con la logica patrimonialista, propria degli IAS/IFRS che vede il reddito come frutto del capitale, e in quanto tale esso discende dalle variazioni subite dai singoli elementi componenti il patrimonio.

Al contrario la logica sottesa alla redazione del bilancio civilistico è quella redditualista che vede il reddito come l’accrescimento del capitale di un’impresa per effetto della gestione. Secondo tale concezione soltanto nello scambio il reddito di determina. I ricavi e i costi si dicono realizzati non quando la produzione ha inizio o termine o al momento dell’incasso o del pagamento del corrispettivo, ma qualora si siano verificati gli atti o i fatti giuridici dai quali tali ricavi e costi derivano. In particolare, i ricavi possono dirsi realizzati quando il processo di vendita giunge a compimento con la consegna del prodotto o l’erogazione del servizio; mentre i costi possono dirsi realizzati al momento della consegna o della spedizione del bene acquistato o all’atto della prestazione del servizio erogato. Da ciò deriva che un utile può considerarsi realizzato solo qualora derivi da una combinazione economica che ha trovato compimento nell’esercizio. La determinazione dei ricavi e dei costi è dunque strettamente correlata alla presenza di una transazione effettiva e specifica posta in essere tra le parti. Per la

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57 valutazione delle operazioni in corso di svolgimento, l’applicazione del principio della prudenza da un lato prescrive la contabilizzazione delle perdite anche se solo presunte, e dall’altro impone di rinviare la rilevazione dei risultati economici in corso di formazione al momento in cui il ciclo di gestione avrà termine con lo scambio. In questo modo l’applicazione prudenziale dei criteri non superiori al costo consente di non anticipare utili ancora in corso di formazione, assicurando un reddito non contaminato da componenti solo sperati e la conservazione di un integrità del capitale di tipo finanziario e nominale.

Estranea a tale impianto teorico è la determinazione del fair value che, segnando il superamento concettuale dello scambio effettivo, assume a fondamento della valutazione degli elementi patrimoniali lo scambio potenziale. Il reddito e il capitale vengono calcolati ipotizzando di procedere alla realizzazione delle attività e al trasferimento delle passività al momento della valutazione.6

In applicazione al fair value infatti concorrono alla formazione del reddito anche utili attesi riferibili a operazioni in corso di svolgimento.

Il framework infatti definisce i ricavi come incrementi nei benefici economici di competenza dell’esercizio amministrativo, che si manifestano sotto forma di nuove attività in entrata o accresciuto valore delle attività esistenti o diminuzioni delle passività che si concretizzano in incrementi di patrimonio netto.

Al contrario, i costi sono individuati nei decrementi nei benefici economici di competenza dell’esercizio amministrativo, che si manifestano sotto forma di flussi finanziari in uscita o riduzioni di valore di attività o sostenimento di passività che si concretizzano in decrementi di patrimonio netto, diversi da quelli relativi alle distribuzioni a coloro che partecipano al capitale.

In questi termini trova giustificazione, nel contesto dei principi internazionali, la considerazione all’interno del risultato d’esercizio di utili derivanti da valutazioni, anziché solamente dalla gestione.

L’utilizzo combinato del criterio del costo e dei criteri ancorati al fair value7, quindi al

6 Il passaggio dalla contabilità a costi storici a quella a fair value presuppone un passaggio dallo scambio effettivo verso lo scambio potenziale quale principale riferimento per le valutazioni di bilancio.

7 Per molte voci di bilancio è consentita, anche se sono pochi i casi in cui è prevista obbligatoriamente, la valutazione al fair value. Nei principi contabili IAS/IFRS è consentita la valutazione al fair value, in alternativa al costo, per:

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58 valore corrente, non consente una piena assimilazione alla teoria patrimonialista, rendendo assai arduo capire la natura della configurazione di reddito, di capitale e della connessa integrità.

L’impostazione degli IAS/IFRS attua quindi, almeno potenzialmente, una commistione di valori, che priva reddito e capitale di un preciso e definito significato: utilizzando la logica del costo si ammette l’imputazione dei soli componenti reddituali relativi alla gestione; contemporaneamente, però, consentendo l’utilizzo del fair value per alcune valutazioni si ammette che il reddito possa derivare, solo in parte, dal patrimonio. La configurazione di reddito che ne emerge, risulta del tutto particolare, esso è svincolato dai principi di prudenza e di realizzo, comprendendo oltre agli utili e alle perdite realizzate, anche gli utili e le perdite maturate.

Questo, evidentemente, se non ottemperato da opportuni meccanismi di tutela, implica il rischio di distribuzione di utili solo sperati, il che significherebbe minare l’integrità economica del capitale proprio investito in azienda.

Conseguentemente alla possibilità dell’utilizzo combinato del costo e del fair value, anche la nozione di capitale non risulta ben definita nel contesto dei principi contabili internazionali; il framework infatti prevede due accezioni distinte di capitale: la nozione finanziaria che considera il capitale come denaro investito o come potere d’acquisto investito e la nozione fisica che concepisce il capitale in termini di capacità produttiva. Il framework prevede quindi anche due distinte accezioni di integrità del capitale, rispettivamente finanziaria e fisica, lasciando al redattore del bilancio la possibilità di scegliere quale delle due nozioni perseguire.

Il capitale in senso finanziario è mantenuto integro solo se l’importo finanziario o monetario dell’attivo netto alla chiusura dell’esercizio è superiore all’importo finanziario o monetario dell’attivo netto all’inizio dell’esercizio, dopo aver escluso qualsiasi distribuzione ai soci e contributo da parte di questi avvenuto nel periodo. Tale concetto di integrità è generalmente collegato all’impiego di costi storici.

Al contrario, l’integrità del capitale considerata in accezione fisica è garantita se la

- beni materiali strumentali IAS 16; - attività immateriali IAS 38;

- terreni e fabbricati costituenti investimenti immobiliari IAS 40;

Per gli strumenti finanziari, almeno per la gran parte, il fari value costituisce l’unico criterio di valutazione applicabile. Infine il fair value costituisce parametro di riferimento anche nelle operazioni di aggregazione aziendale, e nella valutazione delle attività biologiche dei prodotti agricoli IAS 41 e nei piani di remunerazione basati sulle azioni IFRS 2.

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59 capacità produttiva fisica dell’impresa, intesa come le risorse o i fondi per ottenere tale capacità, alla chiusura dell’esercizio è superiore alla capacità produttiva fisica all’inizio dell’esercizio, dopo aver escluso qualsiasi distribuzione ai soci e contributo da parte di essi avvenuto nel periodo. Tale concetto di integrità risulta garantita dall’impiego di valori correnti.

La nozione di integrità è quindi indissolubilmente legata alla configurazione di capitale che emerge dal bilancio: il capitale considerato in termini finanziari dovrà essere mantenuto integro con riferimento all’importo monetario dello stesso, mentre il capitale considerato in termini fisici dovrà essere mantenuto integro con riferimento ai singoli beni costituenti la capacità produttiva.

Il framework ammette quindi la necessità di adottare differenti criteri valutativi in relazione allo nozione di integrità prescelta, ovvero allo scopo perseguito nella redazione del bilancio. Il concetto di conservazione del capitale fisico richiede l’adozione del costo corrente. Per il concetto di conservazione del capitale finanziario dobbiamo distinguere se riferirci all’integrità in senso nominale e allora impiegheremo i valori storici; se invece vogliamo mantenere un capitale finanziario adeguato alle variazioni del potere d’acquisto della moneta faremo riferimento, anche in questo caso, ai valori correnti.

La libertà di scelta attribuita ai redattori del bilancio per quanto riguarda i criteri valutativi adottabili e le conseguenti nozioni di capitale e di integrità perseguiti denota una totale mancanza di un obiettivo logico di fondo che ispiri la scelta dei principi e dei conseguenti criteri da applicare nella formazione del bilancio.

La logica di applicazione del fair value nel contesto dei principi contabili IAS/IFRS prescinde quindi da qualsiasi principio di fondo e da una chiara nozione di integrità economica del capitale che si intende preservare.

Questo denota una totale mancanza di un obiettivo di logico di fondo che ispiri la scelta dei principi e dei conseguenti criteri da applicare nella formazione del bilancio, infatti la scelta del fair value molto spesso non è imposta ma solo consentita nel contesto globale dei valori legati al costo, da questo deriva una commistione di valori e di logiche profondamente diverse.

Pertanto vi è la necessità di ricercare un principio unificatore che tenda logicamente a legare insieme la determinazione di distinti valori. Il principio unificatore è quello che

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60 compone il bilancio in unità logica e informa tutte le valutazioni; la razionalità e la coerenza dei criteri di valutazione devono quindi essere giudicate unicamente alla luce del principio unificatore che impone di indirizzare ad un unico scopo, o a più scopi tra loro compatibili, tutti i criteri di valutazione, nel senso che il perseguimento di uno scopo non deve esigere valutazioni diverse da quelle richieste da altri scopi.

Tali criteri devono essere ricavati da un attenta disamina dello scopo assegnabile al bilancio di funzionamento; tra gli scopi convenientemente assegnabili a tale bilancio vi è quello di costituire un orientamento per ordinare la politica di remunerazione dei finanziamenti attinti con vincolo di capitale proprio, garantendo l’integrità del capitale investito e la sopravvivenza dell’impresa nel tempo.

Invece l’impostazione degli IAS/IFRS che prevede l’utilizzo del fair value in via obbligatoria per alcune poste di bilancio e in via facoltativa per altre, sembra prescindere prescindere dalle valutazioni afferenti la sostenibilità economica di tali valori nel tempo da parte dell’impresa, in altre termini, non sembra preoccuparsi della salvaguardia del capitale proprio investito consentendo l'applicazione di criteri differenziati in via del tutto discrezionale.

In sintesi, nell’impostazione IASB manca un profilo unificatore che lega a sistema i valori, informando coerenti criteri di iscrizione e valutazione. Ciò risulta aggravato dalla possibilità di utilizzare liberamente valori correnti, con il conseguente rischio di rilevare e distribuire utili non ancora realizzati, attraverso valutazioni magari non sostenibili in futuro a danno dell’integrità economica del capitale.

Lo IASB, infatti finisce per attribuire al redattore del bilancio il compito di mantenere una logica nel sistema dei valori, sarà suo compito stabilire la nozione di reddito e di capitale e di relativa integrità che intende ottenere e tutelare, applicando conseguentemente criteri valutativi. Ciò implica una solida cultura e responsabilità da parte dei redattori del bilancio, che dovranno identificare il miglior criterio che consenta di realizzare l’obiettivo di fondo prestabilito.

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61 6. Il fair value oggi

Per quanto sia stata notevole l’attenzione al tema della misurazione del fair value, i risultati del riferimento di tale parametro si sono dimostrati alquanto insoddisfacenti, nel senso che non si è dimostrato capace di realizzare le prerogative dell’imparzialità ed oggettività delle determinazioni di valore che ne costituiscono il primario motivo di scelta. L’insoddisfazione per il fair value ha trovato un momento di acuta criticità in occasione della recente crisi finanziaria, molti infatti hanno ritenuto l’impiego del fair value un fattore di generazione della stessa crisi.

Con la crisi economica molte imprese sono state indotte a rilevare per alcune categorie di attività, soprattutto finanziarie, notevoli perdite di valore, senza che le avessero realmente subite ma semplicemente per assecondare le flessioni dei mercato borsistici. Il deprezzemento di molte attività finanziarie, associato ad un elevata volatilità dei corsi, ha manifestato così anche i timori prospettati fin dall’adozione degli IAS/IFRS secondo i quali l’utilizzo di valori correnti accresce automaticamente la volatilità dei mercati.

Infatti, quando il valore di mercato scendeva le aziende per evitare di svalutare venderanno prima gli strumenti finanziari valutati al fair value favorendo ancora di più la discesa del corso dei relativi titoli.

In aggiunta a ciò, la svalutazione andava a diminuire il patrimonio netto delle banche, principali attori dei mercati finanziari, e dal momento che il patrimonio netto rappresenta un vincolo per la concessione dei crediti alla clientela, una svalutazione rilevante ha finito per restringere gli affidamenti, trasformando la crisi finanziaria in crisi reale per mancanza di liquidità (credit crunch).

L’eccessiva volatilità dei corsi che ha caratterizzato i valori degli strumenti finanziari ha creato serissimi problemi in merito alla possibilità di pervenire alla redazione di bilanci contenenti informazioni attendibili, per questo in alcuni settori regolati le autorità di vigilanza hanno richiesto una sospensione del criterio e disposto il ritorno delle valutazioni al costo. In particolare per arginare il problema, si è reso ammissibile la riclassificazione di talune poste di bilancio relative a strumenti finanziari, valutati a fair value, ad altre voci di bilancio che ammettono la valutazione al costo.

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62 Tuttavia, nonostante le numerose critiche mosse nei confronti del fair value lo IASB continua a farvi affidamento e a manifestare la sua posizione favorevole nell’adozione di tale criterio.8 Il fair value per lo IASB continua a rappresentare un importante criterio dalle notevoli potenzialità per il futuro sviluppo della comunicazione economico finanziaria d’impresa. Quindi, la volontà dello IASB in tema di fair value non è stata quella di riconsiderare la nozione provvedendo ad un suo integrale ripensamento e rielaborazione, ma quella di definire una guida completa ed univoca che riducesse la complessità della sua applicazione e consentisse il raggiungimento di un più elevato grado di uniformità nei criteri volti alla sua misurazione e alla sua stima.

Questa ragione ha spinto lo IASB ha emanare un nuovo principio, lo IFRS 13 “fair value measurement”.

Le linee guida contenute nell’IFRS 13 infatti mirano a produrre benefici in termini di semplificazione in merito alle complicate indicazioni fornite dai vari standard.9 Tutti questi aspetti avevano influito in modo negativo sulla qualità dei bilanci redatto secondo gli IAS/IFRS a causa dell’eterogeneità dei valori fair che ne erano conseguiti per i diversi assets. Inoltre avevano incentivato le direzioni aziendali all’attuazione di politiche di earing management (manipolazione contabile volta a rappresentare determinati livelli di reddito agendo principalmente su voci di costo e di ricavo) piegando frequentemente lo strumento contabile al perseguimento di scopi opportunistici non sempre compatibili con le esigenze delle imprese.

8 Tale posizione è stata assunta anche a seguito di uno studio effettuato nel 2009 dalla SEC che ha esaminato i pro e i contro del fair value. Dopo aver ritenuto che non sia stata l’applicazione di tale criterio nei bilanci a causare i fallimenti di numerosi istituti finanziari statunitensi a aver ricevuto da associazioni di investitori forti conferme circa l’utilità informativa del fair value, è arrivata a invocare il suo mantenimento. I criteri alternativi sono stati ritenuti peggiori. Lo studio conclude con alcune raccomandazioni per migliorare e semplificare le valutazioni al fair value, come un potenziamento della discloure, delle guide di comportamento in caso di mercati non attivi, e dello sviluppo di competenze valutative.

9 Prima dell’emanazione dell’IFRS 13 in ambito IAS/IFRS non era riscontrabile un’unica configurazione di valore cui ricondurre universalmente la nozione di fair value, ma il sistema era incentrato su un principio di relativismo secondo il quale i diversi standard individuavano, a seconda della fattispecie che si proponevano di disciplinare, specifici criteri di determinazione.

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