• Non ci sono risultati.

2 Dal vasospasmo tardivo al danno cerebrale precoce:

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "2 Dal vasospasmo tardivo al danno cerebrale precoce:"

Copied!
14
0
0

Testo completo

(1)

2

Dal vasospasmo tardivo al danno cerebrale precoce:

ruolo dell’ipertensione endocranica

2.1

Introduzione

L’emorragia sub-aracnoidea rimane una patologia devastante con una mortalità immediata prima di ricevere cure mediche del 12%, una mortalità aggiuntiva del 40-50% entro un mese dal ricovero ospedaliero e un 30% di invalidità tra i sopravvissuti.(44)

Nonostante i progressi in ambito chirurgico, anestesiologico e radiologico, mortalità e morbidità rimangono elevate, soprattutto per le forme ad alto grado (H-H 4-5).(18,44)

Il vasospasmo che nel 70% dei casi si verifica tra il III e XIV giorno dall’emorragia sub-aracnoidea, è la più temuta delle complicanze, perché tradizionalmente considerato il più importante determinante di danno ischemico tardivo e principale responsabile di cattiva outcome. (10,55)

Molte sono state le ricerche in merito e le terapie proposte per la prevenzione e il trattamento del vasospasmo, con lo scopo di prevenire e limitare il danno ischemico; tuttavia trias clinici basati su queste strategie, come CONSCIOUS1 clinica trial, hanno evidenziato come alla ridotta incidenza di vasospasmo non corrisponda una riduzione effettiva del danno ischemico tardivo, né un miglioramento nell’outcome a lungo-termine.(45)

Recenti reviews di letteratura inoltre sostengono che la presenza del vasospasmo tardivo non sia un prerequisito per il danno ischemico tardivo, né per cattiva outcome dopo emorragia sub-aracnoidea.

Infatti il 21% dei sopravvissuti che non hanno sviluppato vasospasmo presentano comunque danno ischemico e solo il 20-30% dei pazienti che sviluppa vasospasmo presenta danno ischemico tardivo.(55)

Uno studio condotto su più di mille casi di ESA dalla Columbia University Medical Center rivela che il risanguinamento e l’ischemia vasospasmo-indotta, principali determinanti di mortalità nel passato, negli ultimi anni hanno lasciato il posto al danno diretto, indotto dal sanguinamento, come principale responsabile di mortalità. (54)

(2)

Figura 1. Principale causa di morte per ESA secondo due diversi studi clinici

Questi studi hanno indirizzato l’interesse della ricerca verso il danno cerebrale precoce indotto dall’emorragia sub-aracnoidea e negli anni recenti la letteratura si è rivolta verso i meccanismi fisiopatologici che si attivano pochi minuti dal sanguinamento nell’ESA e sono responsabili non solo di un danno cerebrale precoce generalizzato, ma evolvono nel tempo e possono contribuire al danno ischemico tardivo ed a un cattivo outcome.

2.2

Early Brain Injury

Il danno cerebrale precoce (EBI) si riferisce al danno cerebrale generalizzato che si verifica nelle prime 72 ore dall’emorragia sub-aracnoidea.(46,47)

Mentre tradizionalmente la letteratura si concentra sugli eventi tardivi che portano al vasospasmo tra il III e il XIV giorno dall’emorragia subaracnoidea, nuovi studi si focalizzano sui meccanismi fisiopatologici che insorgono immediatamente dopo la rottura dell’aneurisma.(47)

Sono numerosi i fattori chiamati in causa, responsabili di EBI, come ICP, alterazione della CPP, alterazione dell’ossigenazione cerebrale, rottura della barriera ematoencefalica, edema cerebrale e morte neuronale; sono coinvolti in momenti diversi, nel tempo evolvono e si influenzano in modo sinergico ed oltre a costituire il determinante del danno cerebrale precoce, contribuiscono alle complicanze tardive.(46)

(3)

Figura 2. Meccanismi di EBI dopo emorragia subaracnoidea

Secondi Trauma meccanico, modificazioni fisiologiche 60

minuti

Modificazioni fisiologiche, biochimiche, ioniche, molecolari e vascolari. Morte cellulare. Stress ossidativo. Attivazione della cascata infiammatoria.

24 ore Persistono Modificazioni fisiologiche, biochimiche, ioniche, molecolari e vascolari. Morte cellulare. Stress ossidativo. Attivazione della cascata infiammatoria

72 ore Persistono alterazioni ioniche, biochimiche, molecolari, vascolari, morte cellulare, stress ossidativo e infiammazione.

Tabella 7. Alterazioni patologiche che nel tempo portano a EBI dopo ESA.

Meccanismi del danno cerebrale precoce

 Trauma meccanico è il primo meccanismo di danno associato alla rottura di un aneurisma.

 Alterata fisiologia cerebrale: incremento della pressione intracranica, riduzione della pressione di perfusione cerebrale e del flusso ematico cerebrale. Inoltre frequentemente si verifica una perdita dell’autoregolazione pressoria e della chemoregolazione che è più accentuata nelle prime 72 ore e correla con la severità dell’ESA.

(4)

 Ionico: si verifica una rapida alterazione dell’omeostasi ionica ( Na+, K+, Ca++ e Mg++) che provoca effetti immediati come vasocostrizione, alterazione nella conduzione elettrica neuronale ed effetti ritardati, ma protratti nel tempo attraverso attivazione ed espressione di proteine.

 Biochimico: Danno eccito-tossico caratterizzato dal rilascio di glutammato. I livelli di glutammato cerebrale aumentano entro minuti dall’ESA con un picco massimo approssimativamente a 40 minuti. Questa alterazione biochimica è associata all’intensità dell’insulto iniziale. L’aumento della concentrazione di glutammato interstiziale correla con le alterazioni della trasmissione sinaptica, con l’apertura della barriera ematoencefalica e con l’inibizione del re-uptake del glutammato nel tessuto ischemico. L’iponatriemia è presente nel 10-30% dei pazienti con ESA al momento del ricovero o entro 1-2 giorni dal sanguinamento ed i meccanismi chiamati in causa sono SIADH e CSWS. E’importante il suo trattamento perché responsabile del peggioramento dell’edema cerebrale, tuttavia è difficile il raggiungimento dell’omeostasi e la terapia è associata al rischio di sviluppare ischemia e infarcimento emorragico.

 Vascolare: è stata evidenziata vasocostrizione dei piccoli vasi cerebrali in risposta ad danno endoteliale ed alterazione della membrana basale con aumento della permeabilità vascolare.

 Molecolare: sono stati evidenziati alterazioni di NO/NOS durante le prime 24 ore. In modelli animali sono state evidenziate tre fasi di alterazione, una riduzione nei primi minuti, ritorno a valori normali entro le prime ore ed incremento nelle ore successive. Nell’uomo le prime due fasi delle alterazioni dell’ossido nitrico non sono state studiate a causa della precocità degli eventi, ma è stato descritto l’incremento nelle prime 24 ore. NO gioca un ruolo determinante nel tono vascolare, nell’inibizione dell’aggregazione piastrinica e nelle interazioni dei leucociti con l’endotelio vascolare. La riduzione di NO correla con vasocostrizione, aggregazione PTL e l’adesione nei neutrofili all’endotelio vascolare, l’incremento eccessivo di NO d'altronde esacerba EBI, infatti NO può danneggiare le membrane cellulari, le cellule muscolari lisce e attivare la morte cellulare programmata. L’iniziale caduta, seguita dal successivo incremento di NO è correlato anche alla patogenesi del vasospasmo tardivo, di conseguenza le alterazioni precoci di NO nelle prime 24 ore portano ad un danno acuto che si protrae nel tempo e conseguenze ritardate.

(5)

 E’ stato descritto anche un incremento dell’endotelina-1, potente vasocostrittore rilasciato dagli astrociti e leucociti in risposta alla flogosi ed all’ischemia dopo ESA.  In modelli animali ed in studi sull’uomo indicano che i radicali liberi dell’ossigeno

(ROS) sono generati precocemente dopo ESA e consumano i sistemi antiossidanti enzimatici e non. Sono per lo più generati durante la perossidazione lipidica e dall’ossidazione dell’emoglobina e lo stress ossidativo contribuisce al danno cerebrale precoce e più lentamente al danno ritardato attraverso danno alle cellule muscolari lisce ed endoteliali, distruzione della barriera ematoencefalica, rilascio di sostanze spasmogene e induzione di enzimi apoptotici.

 Numerosi studi supportano l’attivazione precoce della cascata infiammatoria ed elementi importanti chiamai in causa cono i fattori di adesione (VCAM-1,ICAM-1), citochine, leucociti e il sistema del complemento.

 E’ stata evidenziata inoltre un’attivazione piastrinica dopo ESA. Gli aggregati piastrinici sono stati riscontrati nel lume vascolare dei piccoli vasi cerebrali entro 10 minuti dall’emorragia in studi animali e entro 2 giorni in studi autoptici sull’uomo. La presenza di PTL nel lume vascolare è responsabile di ostruzione meccanica e vasocostrizione, danno endoteliale con ulteriore attivazione piastrinica, alterazione della membrana basale, aumento della permeabilità vascolare e attivazione di meccanismi infiammatori che aggravano EBI.

 Morte cellulare:necrosi, apoptosi e autofagia sono precocemente presenti dopo ESA e coinvolgono le cellule cerebrali (neuroni e glia) e cellule vascolari (cellule muscolari lisce ed endotelio). (47)

Via finale comune di EBI

L’ischemia, l’edema cerebrale, lo stress ossidativo e le reazioni infiammatorie hanno tutti un ruolo determinante, in quanto coinvolti nella morte neuronale, responsabile della disfunzione neurologica che segue l’ESA.(44)

(6)

Figura 3.Meccanismi del EBI. Le alterazioni fisiologiche come l’incremento della PIC, la riduzione del CBF, la flogosi, lo stress ossidativo culminano nella morte neuronale.

Apoptosi e necrosi spesso si verificano simultaneamente nell’EBI e per lo più risulta difficile distinguerle. In generale, l’apoptosi, diversamente dalla necrosi può essere vista come un processo energia-dipendente. Ne consegue che di fronte al medesimo stimolo una cellula va in contro a necrosi o apoptosi sulla base dell’intensità dello stimolo lesivo iniziale, perché se sufficientemente severo da consumare energia porta a necrosi. Nell’ESA se l’emorragia iniziale non è così severa da ostacolare il flusso ematico cerebrale come in uno stroke globale, il tessuto cerebrale può sopravvivere.

La necrosi, diversamente dall’ictus, non è il principale meccanismo di morte cellulare nel EBI post ESA. Tuttavia è stata evidenziata in due maggiori aree: nel tessuto vascolare e nelle regioni periventricolari.

(7)

Numerosi studi hanno recentemente evidenziato che l’apoptosi gioca un ruolo centrale nella patogenesi del danno secondario post-ESA. Inizialmente studiata nell’ictus l’apoptosi si verifica nelle regioni che circondano l’area ischemica, la così detta penombra ischemica. Nell’ESA difficilmente è individuabile un “core” ed una “penombra”, in quanto tutto l’encefalo è sottoposto ad un insulto ischemico generalizzato. La cascata apoptotica può essere attivata attraverso la via dei recettori di membrana (Fas, TNFR1, DR3-5), fattori di trascrizione nucleare (p53) e la via delle caspasi mitocondriali ed indipendenti.(44)

(8)

2.3

Ipertensione endocranica precoce

2.3.1

Fisiopatologia e pattern di ipertensione endocranica

.

Il principale evento immediato che segue la rottura dell’aneurisma cerebrale è un incremento improvviso della pressione intracranica.

All’ipertensione endocranica, con conseguente riduzione del flusso ematico cerebrale e ischemia cerebrale globale, segue l’alterazione della barriera ematoencefalica, l’edema cerebrale, l’attivazione della cascata infiammatoria e ossidativa che portano a morte neuronale.(46)

Al momento dell’emorragia il sangue esce sotto pressione dall’aneurisma rotto portandosi nello spazio sub aracnoideo ed è stato dimostrato, sia in studi clinici, sia in studi sperimentali, un incremento acuto della pressione intracranica che riflette la gravità del sanguinamento e porta ad una riduzione della pressione di perfusione cerebrale.(49)

(9)

Sono riconosciuti due diversi pattern di ipertensione intracranica:



Nel primo pattern, osservato nella maggior parte dei pazienti, la pressione intracranica si avvicina a quella arteriosa diastolica e successivamente scende per portarsi a valori prossimi alla norma, ma comunque più alti e le lesioni che ne conseguono possono essere definite “danno edematoso-ischemico

”.

 Nel secondo pattern la pressione intracranica rimane costantemente elevata ed è associato ad elevata mortalità immediata per “lesione emorragico-compressiva”. Questo pattern si associa a sanguinamenti più estesi con immediato effetto massa e l’ipertensione endocranica supera la possibilità di attuare meccanismi di compenso. Questo pattern è tipico di quei pazienti (12%) che muoiono ancora prima di ricevere cure mediche.(49)

La pressione intracranica nell’arco di secondi può raggiungere valori prossimi a quella arteriosa diastolica con severa compromissione fino all’arresto della perfusione cerebrale, che si traduce clinicamente nella perdita della coscienza tipica delle classi H-H IV-V.(60)

Nelle fasi precoci dell’ESA questo costituisce un evento protettivo, in quanto è il principale fattore per arrestare il sanguinamento e consentire la formazione del coagulo nei primi minuti, tuttavia il persistere dell’ipertensione endocranica è responsabile di mortalità nel giro delle prime ore. Dopo il picco iniziale, in un secondo momento, si può avere la riduzione della pressione intracranica, tipica del primo pattern e può essere spiegata da una redistribuzione del sangue negli spazi sub-aracnoidei e dalla messa in atto di quelli che sono i meccanismi di compenso secondo la teoria di Monro-Kellie come lo spostamento del liquor dallo spazio intracranico a quello spinale e riduzione del volume venoso.

Mentre l’incremento improvviso di pressione intracranica correla con il volume di sangue nello spazio sub-aracnoideo, il persistere della ipertensione intracranica è legato all’esaurimento dei meccanismi di compenso e si associa alla vasoparalisi acuta che interessa le arteriole cerebrali distali, all’insorgenza di idrocefalo, all’alterata permeabilità della barriera ematoencefalica ed all’evoluzione dell’ edema cerebrale.(44,49)

Sebbene a lungo ignorato in letteratura, l’edema cerebrale post-ESA è un’importante componente dell’EBI responsabile dell’ipertensione endocranica; gli studi di Classen e colleghi dimostrano che nell’8% dei pazienti è presente un edema cerebrale diffuso alla prima TC e nel 12% dei casi si presenta entro 6 giorni.(58)

(10)

Nei pazienti con ESA l’edema cerebrale è tipicamente di tipo vaso genico, correlato all’alterazione della barriera ematoencefalica, così come dimostrato in modelli sperimentali da Doczi. Tuttavia recentemente in combinazione all’edema vasogenico è stato riscontrato

edema citotossico con l’aiuto di tecniche MRI.(59)

La principale conseguenza dell’incremento iniziale della pressione endocranica è lo sviluppo di un’ischemia cerebrale totale transitoria ed il deficit energetico che ne deriva nei neuroni e nelle cellule gliali, innesca una serie di eventi che portano all’edema citotossico principalmente attraverso un’alterata funzione delle pompe Na+-K+ ATP dipendenti, in assenza di substrato energetico.

L’ischemia comporta inoltre apoptosi delle cellule che costituiscono la barriera ematoencefalica; le cellule endoteliali e gli astrociti perivascolari infatti vanno in contro a morte programmata portando alla diffusione del siero dal lume vascolare al tessuto cerebrale (edema vasogenico).(44)

Un altro meccanismo attraverso cui l’ipertensione endocranica può persistere è la formazione di un idrocefalo acuto a causa di un difetto di riassorbimento per ostruzione secondaria al sanguinamento o su base meccanica.

L'idrocefalo è per lo più di tipo non comunicante, conseguenza dell’ostruzione delle vie liquorali ad opera del sangue e può essere dovuto al blocco delle cisterne della base o al blocco del quarto ventricolo dove la forza del sanguinamento ha retroiniettato del sangue, che coagulando ha bloccato le vie liquorali dando una idrocefalo acuto. Questo tipo di idrocefalo si presenta piuttosto precocemente e compare nel giro di ore o qualche giorno dopo la rottura dell'aneurisma.

L'idrocefalo può comunque svilupparsi anche tardivamente dopo una o più settimane, in tal caso il blocco della via liquorale avviene a livello dei microscopici villi aracnoidei della volta e l'idrocefalo sarà pertanto comunicante.

(11)

2.3.2

Monitoraggio PIC nell’ESA

L’ipertensione endocranica è un'importante complicanza dell’emorragia sub-aracnoidea e spesso comporta una riduzione della pressione di perfusione cerebrale e deterioramento clinico.

Sebbene nelle fasi iniziali dell’ESA sia descritto come il principale meccanismo per arrestare il sanguinamento, contribuendo alla sopravvivenza di alcuni pazienti, la persistenza di valori elevati comporta un’ipoperfusione cerebrale globale.(54,57)

Il principale trattamento dei pazienti con emorragia sub-aracnoidea consiste nell’esclusione dal circolo dell’aneurisma cerebrale al fine di prevenire il risanguinamento, ma il trattamento dell’ipertensione endocranica costituisce una priorità per prevenire il danno cerebrale secondario.

Ogni trattamento atto a ridurre la pressione endocranica deve essere guidato dal monitoraggio della PIC e della PPC, in quanto le terapie possono esacerbare il sanguinamento, se somministrate in assenza di ipertensione endocranica o possono indurre ipotensione sistemica, riducendo la pressione di perfusione cerebrale effettiva.

Tuttavia il monitoraggio della pressione endocranica nei pazienti con ESA non è una procedura standardizzata e diffusa in tutti i centri, ma per quanto non esistano linee guida in merito, viene per lo più impiegato nei pazienti GCS <8 (H-H 4-5). (53)

La letteratura del neurotrauma evidenzia come il monitoraggio della pressione endocranica nei pazienti con grave trauma cranico correli con una riduzione della mortalità e dei giorni di degenza ospedaliera; è intuitivo che lo stesso possa verificarsi nei pazienti con emorragia sub aracnoidea, ma non esistono studi in merito.(51,52)

Anche per quanto riguarda il timing di posizionamento non esistono chiare indicazioni in letteratura tuttavia un precoce posizionamento è auspicabile, anche prima dell’intervento chirurgico, se questo è procrastinato, perché permette di individuare l’ipertensione endocranica, impostare una terapia mirata e titrata sui valori pressori e sulla risposta al trattamento e gestire la pressione arteriosa sistemica così da ridurre il rischio di sanguinamento senza compromettere la PPC.

Il gold-standard per il monitoraggio della pressione endocranica è rappresentato dal catetere di derivazione ventricolare esterna (DVE) che permette, oltre alla misurazione della pressione endocranica, il trattamento dell’ipertensione attraverso la deliquorazione, il trattamento dell’idrocefalo, e la rimozione di materiale ematico dai ventricoli; in alternativa viene

(12)

posizionato un catetere intraparenchimale con microsensore a fibre ottiche nei casi di compressione ventricolare e difficile accesso chirurgico ai ventricoli laterali. (10,53)

Figura 6.Differenti tecniche per monitoraggio della pressione endocranica.

2.3.3

Ipertensione endocranica e Outcome

In letteratura è ampiamente riconosciuto che l’ipertensione endocranica, soprattutto se poco responsiva a trattamento, è associata a cattiva outcome in pazienti con trauma cranico grave.(51,52)

L’incremento della pressione endocranica nei pazienti con emorragia sub-aracnoidea è alla base del danno cerebrale precoce, ma l’andamento della PIC nelle prime ore-giorni dal sanguinamento e l’impatto dell’ipertensione endocranica sull’outcome è stato oggetto di pochi studi.

Studi condotti su un limitato numero di pazienti con ESA documentano un'associazione tra ipertensione endocranica ed insorgenza di lesioni a bassa densità alla TC e cattiva out come.(61,62)

(13)

L’ipertensione endocranica è descritta nel 54% dei pazienti nello studio osservazionale di Gregory et al. e anche se più spesso presente nelle emorragie di alto grado può essere riscontrata anche in pazienti con ESA a basso grado (H-H < 3); tuttavia da un’analisi multivariata si ricava chel’ipertensione endocranica non può essere considerata un predittore indipendente di cattiva outcome.(61)

In conclusione il ruolo dell’ipertensione endocranica come determinante di outcome nell’ESA non è chiaro, in quanto i dati in letteratura sono scarsi ed in contrastato tra i vari studi che differiscono tuttavia per timing di trattamento, timing di posizionamento del monitoraggio e gravità clinica dei pazienti studiati

.

2.3.4

Trattamento dell’ipertensione endocranica

Non esistono delle linee guida specifiche per la gestione dell’ipertensione endocranica dei pazienti con emorragia sub-aracnoidea ed il trattamento fa riferimento a quanto disposto dalle linee guida per neuro trauma.

Una volta accertata l’esattezza della misurazione e la congruenza del valore pressorio con la morfologia dell’onda di pressione, è necessario escludere fattori extracranici che possano aumentare la pressione endocranica quali ipertermia, squilibri metabolici o idroelettrolitici, ipercapnia, alterazione della pressione arteriosa sistemica, convulsioni, stasi venosa per aumento della pressione endotoracica o endoaddominale.

L’ipertensione endocranica può essere trattata secondo un approccio a step oppure fisiopatologico che tenga conto del meccanismo responsabile dell’aumento pressorio o combinando entrambi gli approcci secondo un modello “fisiopatologico a step”.

In primis vengono escluse condizioni che richiedono un trattamento neurochirurgico quali l’idrocefalo ostruttivo, che viene trattato tramite il posizionamento di una derivazione ventricolare esterna e deliquorazione e la presenza di ematomi sottodurali o intraparenchimali secondari alla rottura dell’aneurisma o al risanguinamento che possono richiedere un immediato trattamento evacuativo.

La terapia dell’ipertensione endocranica prevede un’adeguata sedazione, deliquorazione, tarapia osmotica, iperventilazione moderata ed in seconda istanza coma barbiturico con infusione di TPS fino alla “burst soppressione” all’EEG e craniotomia decompressiva.

(14)

TRATAMENTI DI PRIMA SCELTA

 Sollevamento della testa a 30° per facilitare il drenaggio venoso.  Adeguata sedazione

 Ottimizzare la ventilazione (Target PCO2 35 mmHg), evitare valori eccessivi di ipocapnia in quanto la vasocostrizione, comporta in primis una riduzione della PIC, ma facilita eventi ischemici.

 Mantenimento dell’omeostasi sistemica: normotermia, normoglicemia ed equilibrio idroelettrolitico.

 Deliquorazione nei pazienti portatori di DVE

 Terapia osmotica con mannitolo e soluzione ipertonica ( target Natriemia < 160 mEq/L, Osm <320 mOsm/Kg)

TRATTAMENTI DI SECONDA SCELTA  Coma barbiturico

 Ipotermia (pochi studi in merito)  Craniotomia decompressiva

Figura

Figura 1. Principale causa di morte per ESA secondo due diversi studi clinici
Figura 2. Meccanismi di EBI dopo emorragia subaracnoidea
Figura 3. Meccanismi del EBI. Le alterazioni fisiologiche come l’incremento della PIC, la riduzione del CBF, la  flogosi, lo stress ossidativo culminano nella morte neuronale
Figura 4. Meccanismi del EBI e cascata apoptotica.
+3

Riferimenti

Documenti correlati