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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

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Academic year: 2021

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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Il mercato globale di oggi vede l'offerta dei prodotti agroalimentari condizionata da una domanda sempre più differenziata – in termini di comportamenti dei consumatori – circa qualità e salubrità di un alimento, e dalla continua nascita di nuove esigenze a cui dare risposta; una trasformazione continuamente in atto, motivata da ragioni di tipo sicuramente più sociologico che economico.

Le crisi degli anni '90 hanno avuto un effetto a dir poco dirompente sulle abitudini alimentari del consumatore europeo il quale, dopo una fase iniziale di generale allarmismo, si è prima rinchiuso in un precauzionale senso di sfiducia tanto verso le Istituzioni comunitarie (che si erano evidentemente rivelate incapaci di garantire la sua sicurezza) quanto – a maggior ragione – nei confronti dell'industria alimentare, dopodiché ha iniziato a sviluppare una sacrosanta curiosità circa ogni possibile aspetto legato all'igiene di tutto ciò che dal carrello della spesa sarebbe finito nel suo frigorifero.

Nuovi saperi scientifici e tecnologici e la loro facile diffusione via web hanno fatto il resto nel portare all'evoluzione di una nuova tipologia di consumatore più informato e selettivo, e soprattutto, intenzionato a giocare un ruolo più attivo nell'ambito della sua posizione essenziale di ultimo anello della supply chain.

Si è così fatta strada una più complessa idea di qualità, continuamente aperta ad ogni possibile sua nuova accezione e dove ormai risiedono in pianta stabile aspetti come la salubrità, la convenienza, la genuinità, la naturalità, l'etica, la sostenibilità animale e ambientale; in particolare, la sicurezza alimentare è diventata un'incombenza da gestire, a livello internazionale, come “responsabilità condivisa”, assumendo un carattere di trasversalità.

Le Autorità europee hanno risposto a queste nuove esigenze con il Regolamento (Ce) n. 178/2002, un punto di rottura con cinquanta anni di vuoto di controllo e di informazioni, espressione della volontà di gettare le fondamenta di una nuova legislazione alimentare i cui obiettivi fossero la tutela della salute umana, degli animali e dei vegetali, e con princìpi di ordine generale a fare da bussola, come il carattere integrato “dai campi alla tavola” della catena alimentare, l’analisi del rischio,

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la responsabilità di tutti gli operatori del settore alimentare, la rintracciabilità, il diritto all’informazione dei cittadini.

Pur con motivazioni e finalità diverse, la continua evoluzione dei concetti di qualità e di sicurezza, e la necessità di saper garantire entrambe nel proprio lavoro, sono diventate interessi preminenti anche di ogni singola organizzazione operante nel sistema agroalimentare, nel quale il grado di competitività fra le imprese di settore è via via cresciuto in linea con il tenore delle pretese di consumatori più inflessibili; come diretta conseguenza, a tutti i livelli del sistema sono state intraprese iniziative volte all’obiettivo di assicurare sicurezza e qualità al cliente.

Sul finire degli anni '90 hanno cominciato a diffondersi nel settore alimentare gli schemi di assicurazione della qualità già in voga nell'industria e più di recente nel settore dei servizi, schemi la cui veste di strumenti utili alle aziende intenzionate a conformarsi a requisiti predeterminati, si rivela “su misura” anche per i processi produttivi dell'industria alimentare, chiamata a rispondere alle istanze di una qualità “costante” dei propri prodotti, della quale la sicurezza igienica non è che un fondamentale prerequisito.

Come ogni altra impresa, anche quella agroalimentare ha fini di lucro, la tutela della salute del consumatore non rientra fra i suoi obiettivi quanto piuttosto fra quelle incombenze imposte per legge, la cui osservanza è, in ogni caso, obbligatoria de facto per rimanere sul mercato: dopo la paura (col senno di poi, quanto realmente giustificata?) della “mucca pazza” il cittadino europeo – nonché consumatore – è diventato scettico, e un alimento di cui non si fida non lo acquista punto e basta, si tratti pure di un prodotto che rispetta ogni direttiva o regolamento del caso!

Di fronte ad una situazione del genere, il sistema agroalimentare europeo si è visto colto alla sprovvista, costretto di colpo a dover individuare nuove variabili strategiche e nuovi mezzi, adatti a consentire (e a comunicare) la gestione della qualità (e dunque anche della sicurezza) in un'ottica sistemica; in un baleno sicurezza alimentare e qualità sono divenute strategicamente inscindibili, e la filosofia del Total Quality Management (TQM) è divenuta bagaglio culturale di quella parte dell'industria alimentare in grado d'investire tempo e denaro in una riorganizzazione dei propri processi mirata ad un approccio “integrato” al problema qualità, il quale, abbandonato l’assunto che qualità e sicurezza di un alimento possano essere

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opportunamente identificate e valutate con la sola analisi del prodotto finale, ha portato ad abbracciare una nuova filosofia di assicurazione preventiva della qualità (e dunque anche della sicurezza) di un alimento.

Un risvolto di tale approccio, consiste nello stringere le maglie della catena per rafforzare la cooperazione tra gli attori operanti ai diversi livelli di ogni filiera, con l’obiettivo condiviso di integrare le richieste della collettività – in termini di qualità e sicurezza – nei propri processi individuali di gestione; in definitiva, standard come il BRC o l'IFS sono nati allo scopo di agevolare la verifica da parte delle associazioni di reatailers inglesi, tedesche e francesi, dei criteri igienici e annesse metodiche di lavorazione dei fornitori per i propri prodotti a marchio. Come sinteticamente mostrato nel Capitolo 3, tali standard si strutturano su alcuni punti cardine, tra i quali il sistema qualità, il rispetto della normativa cogente, l'allestimento di sistemi di autocontrollo igienico basati sul metodo HACCP e il rispetto delle Buone Pratiche di Trasformazione (GMP).

Ecco, pertanto, spiegato il perché della massiccia diffusione degli standard privati nel settore agroalimentare: i meccanismi di attuazione dei loro sistemi di gestione hanno rappresentato (e rappresentano) agli occhi delle imprese, utilissimi schemi già pronti per adempiere in modo efficiente alle disposizioni cogenti in materia di sicurezza alimentare; è praticamente impossibile non notare le forti analogie esistenti tra un piano per l'autocontrollo alimentare HACCP e un sistema per la gestione della qualità secondo la norma ISO 9000:2008: in entrambi si illustrano scopi, definizioni, campi d'applicazione, e le interrelazioni fra i diversi reparti aziendali; entrambi convogliano le conoscenze tecniche di un insieme (team) diversificato di figure professionali; entrambi vengono sottoposti a periodici riesami ed eventuali riaggiornamenti; entrambi operano secondo la logica induttiva di focalizzare i possibili fattori di rischio connaturati al ciclo produttivo per prevenire la comparsa di non conformità; entrambi incoraggiano l'azienda a motivare e coinvolgere tutto il personale sull'importanza del proprio operato, e via dicendo.

Lo standard ISO 22000:2005 rappresenta la proposta dell'International Standardization Organization in tema di normazione volontaria sulla sicurezza degli alimenti; immediato suo pregio è la possibilità di poter usufruire di un'unica forma di certificazione universalmente valida, invece del vasto insieme di standard talvolta

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troppo onerosi e – di conseguenza – economicamente insostenibili per molte aziende prive di consistenti risorse finanziarie. Con la sua pubblicazione avvenuta nel settembre del 2005, il nuovo standard sulla sicurezza alimentare dei prodotti e dei processi si pone come obiettivo il controllo sistematico di tutti i soggetti coinvolti nella supply chain, dai produttori primari ai distributori finali, per garantire un'efficiente gestione dei rischi relativi alla sicurezza degli alimenti.

Secondo la nuova norma, l'organizzazione interessata alla sua implementazione deve essere in grado di valutare ogni pericolo che possa manifestarsi lungo la filiera alimentare, tenendo in considerazione i processi che la caratterizzano, gli ambienti in cui essi si svolgono e tutte le componenti che – più o meno direttamente – prendono parte al sistema produttivo; come ampiamente illustrato nel Capitolo 4, due sono i princìpi basilari della norma che sottendono a tale finalità: la comunicazione interattiva fra tutti gli operatori di filiera e l'attuazione dell'autocontrollo HACCP.

BRC ed IFS sono sostanzialmente standards di certificazione customer oriented e scaturiscono perciò dalla necessità di rispondere a richieste specifiche da parte dei retailers che, se non arrivano ad obbligare, quanto meno inducono progressivamente l’azienda ad adeguarsi a questo tipo di certificazione, pena l’intensificazione degli audits di seconda parte che i retailers stessi effettuano a carico dei fornitori.

Lo standard ISO 22000 si mostra più completa e più flessibile, estendendosi all’intero comparto alimentare (non solo food propriamente detto, ma anche packaging, macchine alimentari, distribuzione, servizi di pulizia e sanificazione), se non altro perché l’approccio come norma ISO si dimostra positivamente meno schematico e più calzante a ciascuna specifica realtà aziendale; ciò non significa che l'implementazione dello standard sia meno impegnativa rispetto alla certificazioni BRC o IFS, per le quali è sufficiente che l’azienda sia conforme ai requisiti puntuali previsti dagli standards, la ISO 22000 prevede un approccio integrato e più complesso alla questione sicurezza alimentare (ad esempio, in termini di individuazione e corretta gestione dei PRP, PRP operativi, SSOP, e così via). Non soltanto il mero rispetto dei punti di una “fredda” checklist, certificarsi ISO 22000:2005 è fonte di stimolo per una (re)visione globale dell'intero iter produttivo di un'azienda agroalimentare, che indirizzi ogni sua procedura verso il raggiungimento efficiente di una continua e sistematica sicurezza dei suoi prodotti.

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Numerosi sono i vantaggi per l'azienda decisa a certificarsi ISO 22000:2005: uno è sicuramente di marketing, dato l'importante ritorno d'immagine che consegue alla possibilità di comunicare al consumatore la propria trasparenza e il proprio impegno nel fornirgli cibo sicuro, inoltre, a quasi dieci anni dalla emissione, l'alto grado di diffusione e apprezzamento nei suoi confronti, hanno fatto della Norma un prerequisito necessario in numerose gare d'appalto per refezioni scolastiche, sanitarie e militari; volendo focalizzare l'attenzione su un punto di vista inerente all'operato aziendale, i punti di forza dello Standard si esplicano in una serie di molteplici aspetti positivi che, per brevità e semplicità di stesura, vengono qui raccolti in un elenco sommario:

• possibilità di garantire il rispetto dei vincoli della legislazione applicabile;

• rapidità e minor impiego di risorse nell'identificare i rischi reali per l’azienda e per i consumatori;

• formalizzazione e messa a punto di un SGSA operativo all’interno di un preciso quadro normativo di riferimento;

• ottimizzazione delle risorse;

• migliore pianificazione preventiva, e conseguente minore verifica post produzione;

• documentazione di migliore qualità; • gestione sistematica dei PRP; • maggiore due diligence;

• comunicazione dinamica delle problematiche relative alla sicurezza e all'igiene dell'alimento con fornitori, clienti, autorità di regolamentazione e altri parti interessate;

• approccio sistematico e proattivo per l'identificazione dei rischi per la sicurezza e l'igiene alimentare e lo sviluppo e l'implementazione di misure di controllo.

• completa integrabilità e compatibilità con altre norme, in particolare ISO 9001 e ISO 14001.

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Di fronte a tali e tanti punti di forza, non passa inosservato quello che viene universalmente riconosciuto come l'unico punto di debolezza della Norma: la genericità dei PRP. Il GLOBAL FOOD SAFETY INITIATIVE (GFSI) consiste in una libera associazione privata, nata allo scopo di favorire la collaborazione trasversale in materia di sicurezza alimentare tra i maggiori esperti di sicurezza alimentare del mondo, retailers internazionali, produttori e società di servizi alimentari, fornitori di servizi associati alla filiera alimentare, organizzazioni internazionali, università; le attività del GFSI comprendono la definizione dei requisiti di sicurezza alimentare lungo tutta la catena di approvvigionamento alimentare per coprire ambiti quali l'alimentazione, la distribuzione e l'imballaggio. Ebbene, come già detto nel Capitolo precedente, le conclusioni in seguito alla gap analysis effettuata dagli esperti in seno al GFSI sull'effettiva efficacia della ISO 22000:2005 all'indomani della sua pubblicazione, evidenziavano che lo Standard, poiché focalizzato su una logica di sistema di gestione, non copriva con sufficiente dettaglio i programmi dei prerequisiti (PRPs) (lasciando all’azienda il compito di determinare autonomamente i prerequisiti operativi da applicare sulla base di GMP).

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