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CAPITOLO 5 SPERIMENTAZIONE IN LABORATORIO

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CAPITOLO 5

SPERIMENTAZIONE IN LABORATORIO

L’obiettivo della sperimentazione condotta è stato determinare se fosse possibile, tramite processi di scambio ionico su colonne di resina chelante, riuscire a rimuovere selettivamente i soli metalli pesanti disciolti negli elettroliti esausti provenienti da impianto elettrocinetico.

Nelle soluzioni elettrolitiche esauste oltre ai metalli pesanti, target del trattamento di scambio ionico, sono presenti in soluzione anche molti altri elementi e composti chimici, tra i quali metalli alcalini e alcalino-terrosi, cloruri, solfati, nitrati e altri elementi in tracce. Si parla allora di rimozione selettiva perché si vuole ottenere un elevato rendimento di rimozione solo degli ioni dei metalli pesanti presenti, mentre tutte le altre specie chimiche disciolte negli elettroliti non devono essere trattenute in maniera significativa dalla resina utilizzata: un loro trattenimento indesiderato farebbe saturare la resina in breve tempo, rendendo necessari operazioni di rigenerazione più frequenti.

Come è stato già evidenziato al paragrafo 2.2.1, la composizione degli elettroliti esausti in uscita da un impianto elettrocinetico per il trattamento di sedimenti marini non è sempre uguale, bensì varia in funzione delle caratteristiche iniziali dei sedimenti trattati, delle strategie impiegate per condizionare i valori di pH nell’impianto elettrocinetico e della frequenza con cui le soluzioni elettrolitiche vengono sostituite. Tuttavia, un aspetto che si riscontra sempre negli elettroliti esausti è che le concentrazioni dei metalli pesanti in soluzione sono molto minori rispetto a quelle degli altri macro-elementi.

Nel trattare soluzioni con questo tipo di composizione, il rendimento di rimozione che si può ottenere con i processi di scambio ionico diventa incerto. Infatti, anche utilizzando resine chelanti con alta selettività teorica nei confronti dei metalli pesanti, è possibile che la contemporanea presenza di molte specie chimiche disciolte, tra le quali alcune presenti in concentrazioni di diversi ordini di grandezza maggiori rispetto ai metalli pesanti, possano comportare una selettività effettiva delle resine non ottimale. Esiste anche la possibilità che l’elevato contenuto salino negli elettroliti, dovuto principalmente alla presenza di cloruri, solfati e nitrati, possa interagire con la matrice delle resine provocandone funzionamenti

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anomali. Tutte queste considerazioni rendono necessario eseguire, caso per caso, dei test sperimentali, per verificare se le prestazioni che si possono conseguire nella rimozione dei metalli pesanti dagli elettroliti esausti siano adeguate agli obiettivi prefissati.

5.1: Impostazione del lavoro.

5.1.1: Caratterizzazione degli elettroliti

Le prime operazioni eseguite sono state il prelievo e la caratterizzazione dei campioni di elettroliti da utilizzare per i test in laboratorio.

Al momento del prelievo, i campioni di elettroliti erano stati impiegati in ricircolo nell’impianto SEKRET per un periodo di circa due mesi. I campioni di anolita e catolita sono stati raccolti separatamente in due contenitori ermetici, in quantitativi sufficienti all’esecuzione dell’intero ciclo di test.

La caratterizzazione della composizione chimica delle soluzioni elettrolitiche è stata eseguita analizzando i campioni di elettroliti esausti con strumentazione ICP-OES, ottenendo dalle prime analisi i risultati riportati in tabella 5.1:

pH Ca Mg Fe Cr Cu Pb Cd Ni N-NO2 N-NO3 N-NH4

ppm ppm Ppm Ppm Ppm Ppm Ppm Ppm ppm ppm ppm

anodo 1.61 1420 960 110 0.4 <LR <LR <LR 0.16 0.07 5548 109.7

catodo 2.39 1370 880 167 0.39 <LR <LR <LR 0.20 0.08 5785 499.9

LR=0,2 LR=0,2 LR=0,1

Tabella 5.1: caratterizzazione degli elettroliti impiegati nei test su colonne di resina

Come si può osservare, per alcuni metalli pesanti di interesse (rame, piombo e cadmio) non è stato possibile valutare le concentrazioni presenti, in quanto inferiori alla soglia di rilevazione dello strumento.

Per chiarire i valori di queste concentrazioni incognite, qualche tempo dopo le analisi sono state eseguite nuovamente con altra apparecchiatura ICP, ma questa volta solo sul catolita (dai risultati delle prime analisi, si è visto che le composizioni chimiche del catolita e

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89 dell’anolita sono molto simili, quindi, nel ripetere l’analisi, si è ritenuto sufficiente analizzare solo una delle due). Questa volta i risultati ottenuti sono stati quelli riportati in tabella 5.2:

Parametro Media Dev.st Unità Parametro Media Dev.st Unità

Conducibilità 47.8 0.8 mS/cm Piombo 0.3 0.05 mg/L

pH 1.98 0.51 - Potassio 328 33 mg/L

Alluminio 12.1 4.1 mg/L Rame 0.18 0.04 mg/L

Calcio 1495 93 mg/L Sodio 7512 386 mg/L

Cadmio 0.017 0.003 mg/L Zinco 1.38 0.19 mg/L

Cromo totale 0.4 0.25 mg/L Ammonio 211.3 21.3 mg/L

Magnesio 562.5 47.9 mg/L Solfati 952 149 mg/L

Manganese 3.38 0.05 mg/L Nitrati 4621 809 mg/L

Nichel 0.24 0.01 mg/L Cloruri 4835 202 mg/L

Tabella 5.2: caratterizzazione degli elettroliti impiegati nei test su colonne di resina, dati dalla medie di 4 misure

Dai valori della tabella 5.2 si può osservare che:

- i metalli pesanti sono presenti negli elettroliti da trattare in concentrazioni molto basse, quasi tutte nell’ordine di 0,1 mg/L (0,1 ppm);

- tra le altre specie chimiche presenti in soluzione, alcune di esse sono presenti in concentrazioni di 3 o 4 ordini di grandezza maggiori dei metalli pesanti, in particolare calcio, sodio, cloruri e nitrati. Di queste specie non si è però interessati ad ottenere la rimozione dagli elettroliti con processo di scambio ionico.

Entrambi questi aspetti erano previsti: la bassa concentrazione di metalli pesanti è una diretta conseguenza sia della modesta contaminazione da metalli pesanti che i sedimenti di dragaggio trattati nell’impianto SEKRET esibivano fin dall’inizio (Scarpellini 2015), sia dei lunghi tempi che la tecnica EKR richiede per estrarre i metalli dai sedimenti trattati e trasferirli alla fase liquida; l’elevata concentrazione delle altre specie chimiche, invece, è in parte di origine naturale vista la provenienza marina dei sedimenti (cloruri, solfati e sodio) e in parte deriva dalla degradazione dei reagenti chimici introdotti nei circuiti elettrolitici per il condizionamento del pH (nitrati e sodio).

Queste caratteristiche della composizione chimica degli elettroliti esausti ha creato notevoli difficoltà nell’eseguire, in laboratorio, le misure di concentrazione dei metalli pesanti disciolti sia negli elettroliti tal quali che in quelli trattati, per le ragioni esposte più avanti.

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5.1.2: Schema sperimentale classico

Quando vengono eseguiti dei test per valutare le prestazioni di trattenimento conseguibili nel trattare un certo tipo di soluzione su colonne di un certo tipo di resina scambiatrice, il tipo di test che generalmente si effettua è piuttosto semplice ed è descritto di seguito in questo paragrafo.

Come prima cosa si misura la concentrazione iniziale con cui l’ elemento chimico di cui si vuol valutare il trattenimento conseguibile è presente nella soluzione da trattare. Tale concentrazione iniziale viene indicata con X0.

Adottando poi un allestimento sperimentale come quello schematizzato nella figura 5.1, si esegue il test di seguito descritto:

Figura 5.1: schema classico di test di trattamento su colonna di resina

1. All’inizio dell’esperimento la colonna di resina è immersa in acqua deionizzata e completamente rigenerata (100% dei gruppi di scambio carichi);

2. Un certo volume W0 della soluzione da trattare, con concentrazione iniziale X0

nota dell’elemento di cui si sta valutando il trattenimento, viene inviato attraverso la colonna di resina;

3. In uscita dal sistema iniziano a defluire delle portate liquide. I primi volumi liquidi uscenti, però, sono costituiti dall’acqua deionizzata che era presente nella colonna all’inizio del test e che viene spinta fuori man mano che la soluzione da trattare viene inviata nella colonna di resina. I primi volumi uscenti vengono

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91 dunque lasciati defluire e scaricati (per un volume circa pari al volume contenuto all’interno della colonna di resina);

4. Dopo aver lasciato defluire il volume liquido descritto al punto 3), in uscita dal sistema inizia a presentarsi la soluzione trattata. Se ne raccoglie un certo volume We in un contenitore a chiusura ermetica;

5. Si analizza il volume We, misurando la concentrazione residua con la quale

l’elemento indagato è presente nella soluzione trattata: Xr;

6. Il rendimento di trattenimento per l’elemento indagato è: 𝜇 = 1 −𝑋𝑋𝑟

0 .

Nella sperimentazione eseguita per il presente lavoro di tesi, però, fin dalle prime fasi è emersa una difficoltà aggiuntiva di natura analitico-strumentale: l’impossibilità di misurare in laboratorio le concentrazioni X0 ed Xr di metalli pesanti presenti nelle soluzioni

elettrolitiche. Le ragioni di questa problematica sono spiegate nel paragrafo 5.1.3.

Per aggirare questo problema è stato necessario ideare un tipo di esperimento leggermente diverso da quello appena illustrato (che viene descritto al paragrafo 5.1.4), che ha permesso di valutare il trattenimento dei metalli in maniera inversa, senza la necessità di misurare le concentrazioni di ioni metallici direttamente nei campioni di elettroliti tal quali o trattati.

5.1.3: Problema strumentale nelle misure di concentrazione dei

metalli pesanti

Lo strumento disponibile in laboratorio per la misura delle concentrazioni presenti nei campioni liquidi è stato uno spettrofotometro ad assorbimento atomico (AAS). Questo tipo di strumento permette di analizzare piccolissimi volumi di una soluzione liquida e rilevare le concentrazioni presenti di un singolo elemento alla volta, con sensibilità molto elevate (anche nell’ordine del microgrammo/litro, ppb).

I principi essenziali di funzionamento di uno spettrofotometro sono di seguito descritti (figura 5.2):

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Figura 5.2: Rappresentazione schematica del funzionamento di uno spettrofotometro ad assorbimento atomico

Il campione liquido da analizzare viene inserito nel fornetto di grafite, nel quale altissime temperature fanno evaporare il solvente ed atomizzare gli atomi presenti in soluzione. Il fornetto di grafite, nel quale sono ora presenti in forma atomizzata le specie chimiche solute nel campione liquido, viene attraversato dalle radiazioni elettromagnetiche emanate da due lampade particolari: una lampada a catodo cavo (che emette radiazione solo nelle lunghezze d’onda specifiche dello spettro atomico dell’elemento di cui si misura la concentrazione) e una lampada a deuterio (che emana la stessa energia totale di radiazione, ma distribuita su un intervallo di lunghezze d’onda molto più ampio). Passando attraverso il fornetto di grafite, una parte della radiazione emessa dalle due lampade viene assorbita dagli elementi atomizzati presenti. Ciascun elemento chimico assorbe radiazione solo in corrispondenza delle lunghezze d’onda proprie del suo spettro atomico, in particolare:

- l’assorbimento della radiazione emanata dalla lampada a catodo cavo è dovuta solo alla presenza degli atomi dell’elemento ricercato;

- l’assorbimento della radiazione emanata dalla lampada a deuterio è dovuta indistintamente a tutti gli atomi, compresi tutti quelli diversi dall’elemento cercato, che costituiscono il cosiddetto background atomico.

Dopo avere attraversato il fornetto di grafite, la radiazione attraversa un monocromatore che lascia passare solo le radiazioni a cavallo di un range di lunghezze d’onda e, infine, raggiunge un detector. Il detector di radiazione elettromagnetica è collegato ad un software di elaborazione che, confrontando il rapporto tra le quantità di radiazioni emanate dalle due lampade che sono state assorbite, è in grado di calcolare quanti atomi dell’elemento cercato erano presenti nel campione analizzato e, di conseguenza, la sua concentrazione.

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93 Tuttavia, quando si analizza con uno spettrofotometro un campione liquido nel quale l’elemento di cui si vuole misurare la concentrazione è presente in quantità molto più piccole rispetto al background atomico totale, può accadere che il rapporto fra l’assorbanza relativa alle radiazioni delle due lampade tenda a zero. In pratica, la massiccia presenza di background atomico crea un segnale di disturbo e, in queste condizioni, le misure che si riescono ad ottenere dallo AAS diventano poco accurate e precise.

Proprio questo tipo di problematica è stata riscontrata durante la sperimentazione in laboratorio. È stato quindi necessario ottenere dei campioni nei quali non fosse presente la matrice salina che crea il segnale di disturbo per lo spettrofotometro.

5.1.4: Descrizione delle ipotesi e dello schema sperimentale adottati

Allo scopo di snellire la sperimentazione di laboratorio, sono state adottate le due seguenti decisioni:

1. L’esperimento sarebbe stato condotto su una sola delle due soluzioni elettrolitiche: il catolita;

2. Si sarebbe ricavato per via diretta, tramite misura della quantità di metallo trattenuto dalla resina, il rendimento di rimozione di un solo metallo pesante presente nel catolita: il rame.

La scelta 1) è giustificata dal fatto che le soluzioni anolitica e catolitica hanno composizioni chimiche molto simili (come si può osservare dai dati riportati nella tabella 5.1), per cui sarebbe stato ridondante eseguire lo stesso test su entrambe.

La posizione 2) deriva, invece, dall’esigenza di ridurre il numero di diverse specie chimiche di cui misurare strumentalmente le concentrazioni allo AAS. Dovendo decidere per un solo metallo pesante da indagare, la scelta è ricaduta sul rame perché esso è uno dei metalli pesanti che, prima del trattamento, è presente nel catolita in concentrazione più bassa: a parità di altri fattori questa condizione rende più difficile ottenere un rendimento di rimozione elevato, costituendo così un banco di prova per la resina ancor più severo.

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Si fa presente che, al momento dell’esecuzione del test, era nota la caratterizzazione degli elettroliti riportata in tabella 5.1, ma si stavano ancora aspettando i risultati dell’analisi del catolita riportati nella tabella 5.2. La concentrazione iniziale di rame nel catolita esausto, X0,

è dunque da considerarsi incognita.

Il test principale eseguito sul catolita esausto, è stato eseguito secondo lo schema sperimentale schematizzato in figura 5.3 e di seguito descritto da un punto di vista esclusivamente qualitativo per spiegarne la logica:

Figura 5.3: schema dell’esperimento con colonne di resina in serie eseguito sul catolita esausto

Si può osservare che questo schema sperimentale differisce da quello classico rappresentato in figura 5.1 per tre aspetti fondamentali: la concentrazione X0 è incognita; invece di una

singola colonna di resina vengono impiegate due colonne collegate in serie; è presente un pH-metro in linea per misurare le variazioni di pH della portata liquida in uscita dalle colonne: l’utilizzo del pH-metro in linea consente di verificare l’avvenuto completamento delle diverse fasi del trattamento di scambio ionico.

Tramite un sistema di valvole a vie multiple, disposte in ingresso e in uscita delle due colonne, è possibile modificare i collegamenti idraulici e passare dallo schema relativo alla fase di esercizio a quello relativo alla fase di eluizione.

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95 Fase di esercizio:

1. Le due colonne di resina sono collegate in serie, entrambe immerse in acqua deionizzata e con i gruppi di scambio carichi al 100%. Il pH-metro in linea segnala un valore di pH pari a quello dell’acqua deionizzata (circa 5,5);

2. Un volume noto W0 di catolita viene inviato all’interno delle colonne di resina con

flusso dal basso verso l’alto e con valori di portata controllati, corrispondenti ai valori limite indicati dalla scheda tecnica della resina per la fase di esercizio; 3. Dal momento in cui si comincia ad alimentare il catolita nelle colonne di resina, in

uscita dal sistema inizialmente fuoriesce l’acqua deionizzata che viene spinta fuori e solo dopo un po’ inizierà a fuoriuscire il catolita trattato. Monitorando il momento in cui il pH-metro rileva le prime variazioni di pH nel flusso in uscita, è possibile riconoscere il momento in cui il catolita trattato inizia a presentarsi all’uscita del sistema. Tuttavia, per le problematiche descritte al paragrafo 5.1.3, non sarebbe possibile analizzare la concentrazione residua di rame nel catolita trattato, per cui si lascia defluire questo volume senza raccoglierlo;

4. A questo punto, il volume W0 di catolita è stato processato dalle colonne di resina.

All’interno delle colonne di resina è ancora presente la soluzione catolitica e gli elementi chimici che erano disciolti nel volume di catolita trattato sono stati parzialmente trattenuti dalle colonne di resina;

5. Le colonne vengono alimentate con acqua deionizzata. Il flusso a pistone che si genera espelle dal sistema tutta la soluzione catolitica, fino a lasciare le colonne nuovamente immerse in acqua deionizzata (il raggiungimento di tale stato è riconoscibile in quanto il pH-metro torna a rilevare un pH del flusso in uscita pari a quello dell’acqua deionizzata). Dato che l’acqua deionizzata non reagisce con la resina scambiatrice, gli ioni che la resina ha trattenuto dal catolita durante la fase relativa al punto 3) sono ancora legati ai gruppi di scambio della resina;

Fase di eluizione

6. Si agisce sulle valvole a vie multiple per passare allo schema idraulico relativo alla fase di eluizione: la seconda colonna viene messa in stand-by mentre la prima lavora adesso in funzionamento stand alone e si procede alla sua eluizione;

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7. La prima colonna viene alimentata con un volume noto, W1,el, di soluzione

rigenerante (acido cloridrico). L’alimentazione avviene con flusso dall’alto verso il basso e a valori di portata controllata, corrispondenti ai valori limite indicati dalla scheda tecnica della resina per la fase di rigenerazione. Durante questa fase la resina rilascia i cationi trattenuti nella precedente fase di esercizio e si ricarica di ioni idrogeno;

8. Dalla colonna in eluizione, inizialmente defluisce l’acqua deionizzata presente al suo interno: questo volume iniziale viene lasciato defluire. Dal momento in cui il pH-metro segnala una variazione di pH nei flussi liquidi in uscita, segno che sta iniziando a defluire la soluzione di eluizione arricchita dei cationi rilasciati dalla resina, si raccoglie in un contenitore a chiusura ermetica un volume pari a circa 3W1,el= W1;

9. Agendo nuovamente sulle valvole a vie multiple, si mette ora in stand-by la prima colonna e si procede all’eluizione della seconda colonna in maniera analoga a quanto fatto con la prima nelle fasi relative ai punti 7) ed 8): nella seconda colonna viene inviato un volume di soluzione rigenerante W2,el e, a partire dal momento in

cui il pH-metro rileva che dal sistema sta fuoriuscendo la soluzione di eluizione, si raccoglie il flusso in uscita in un contenitore a chiusura ermetica, per un volume pari a circa 3 W2,el=W2;

10. Nei volumi W1 e W2, raccolti durante l’eluizione separata delle due colonne, sono

contenuti tutti gli ioni che le colonne avevano precedentemente rimosso dal catolita durante la fase di esercizio. In questi volumi liquidi non sono invece presenti i macro-elementi salini disciolti nel catolita, poiché durante la fasi di esercizio ai punti 3) e 5) la resina non li ha trattenuti. Sarà quindi possibile misurare allo AAS le concentrazioni di rame presenti nei volumi W1 e W2 (indicate

rispettivamente con X1 e X2);

11. A questo punto è possibile calcolare i quantitativi di rame che sono stati trattenuti dalla prima e dalla seconda colonna di resina, pari rispettivamente ai prodotti W1*X1 =Cu1 e W2*X2=Cu2 .

Nell’ipotesi, più che ragionevole, che le due colonne abbiano lo stesso rendimento di trattenimento del rame, a questo punto si possiedono tutte le informazioni necessarie a

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97 trarre le conclusioni di interesse: ricavare il rendimento di rimozione del rame μ e, in modo indiretto, la concentrazione di rame iniziale prima del trattamento (X0). Il calcolo di queste

grandezze può essere ottenuto ragionando sul confronto tra le quantità Cu1e Cu2 rilevate

alla fine dell’esperimento.

Si verificherà, infatti, uno di questi due possibili scenari:

1) Tutto il rame contenuto nel volume di catolita trattato verrà trattenuto dalla prima colonna: verrà riscontrato in questo caso un valore non nullo di X1 e, quindi, di Cu1. Nella

seconda colonna il catolita entra già del tutto privo di rame, per cui sia X2 che Cu2saranno

uguali a zero. Se ne deduce che il rendimento di rimozione conseguito è del 100%. Riassumendo: se Cu1≠0 e Cu2=0 allora μ=100% e X0= Cu1/ W0 ;

2) Parte del rame contenuto nel catolita trattato verrà trattenuto nella prima colonna di resina, ma quando il catolita passa nella seconda colonna sarà ancora presente una concentrazione non trascurabile di rame. Il trattenimento del rame, allora, avverrà anche nella seconda colonna. Analizzando i volumi di eluizione troveremo, quindi, valori non nulli sia di X1 che di X2, con X2 < X1 . Accettando per ipotesi che il rendimento di trattenimento

di rame μ sia il medesimo per entrambe le colonne, si può concludere che: 𝜇 = 1 −𝐶𝑢𝐶𝑢2

1.

Inoltre, se la quantità α=1-μ, che rappresenta il rapporto tra la quantità di rame in uscita da una colonna e la quantità di rame che vi fa ingresso, risulta sufficientemente basso da far si che α2<<1, si può dedurre che il trattenimento di rame complessivo nel sistema è stato

sostanzialmente totale: Xcatolita trattato≈0. Infine, sarà possibile valutare quantitativamente

la concentrazione di rame che era inizialmente presente nel catolita trattato: 𝑋0 = 𝐶𝑢1 𝜇∗𝑤0 = 𝐶𝑢1 (1−𝐶𝑢2 𝐶𝑢1)∗𝑊0 .

In entrambi i casi sarà possibile valutare il rendimento μ di rimozione di rame conseguito e calcolare la concentrazione iniziale di rame nel catolita, X0. Il valore X0 trovato sarà

confrontato col risultato delle analisi ottenute anlizzando il catolita all’ICP-OES, come riportato in tabella 5.2, per verificare la correttezza del test e dei calcoli eseguiti.

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5.2: Materiali e metodi

5.2.1: Resina utilizzata

La scelta della resina scambiatrice da utilizzare per i test in laboratorio è ricaduta sulla resina commerciale denominata AMBERLITE IRC748. Questo tipo di resina viene prodotta dalla Rohm&Haas, che fa parte della multinazionale statunitense Dow Chemical Company. La stessa Dow Chemical Company ha fornito i campioni di resina impiegati per i test.

Tra le resine chelanti selettive per i metalli pesanti disponibili sul mercato, questa resina esibisce una scala di selettività particolarmente favorevole verso i principali metalli pesanti presenti nelle soluzioni elettrolitiche esauste da trattare (rame, piombo e nichel). Essa fornisce quindi buone garanzie di potere ottenere un rendimento di trattenimento elevato e selettivo di questi metalli pesanti, anche se essi sono presenti in concentrazioni molto minori rispetto ad altri elementi in soluzione.

La AMBERLITE IRC748 è una resina macroreticolare cationica che utilizza come gruppo funzionale di scambio l’acido iminodiacetico (IDA, vedi capitolo 4). È proprio la presenza dell’IDA che fornisce alla resina le sue capacità chelanti selettive. La scala di selettività della resina verso i vari elementi è la seguente (dichiarata nella scheda tecnica della resina dalla casa produttrice):

Fe3+ > Hg2+ > Cu2+ > Pb2+ > Ni2+ > Zn2+ > Cd2+ > Co2+ > Fe2+ > Mn2+ > Ca2+ >> Na+

Nella scheda tecnica fornita dalla casa produttrice sono indicati anche i valori assoluti di selettività verso ciascuno di questi elementi. Questi valori assoluti, però, vengono ricavati testando le resine con soluzioni standard, cioè con soluzioni che contengono in soluzione, di volta in volta, soltanto l’elemento chimico a cui si riferisce il valore di selettività. Non sono quindi utilizzabili per prevedere i rendimenti di rimozione ottenibili nel trattare soluzioni complesse, come quelle elettrolitiche in uscita da un impianto elettrocinetico; la stessa casa produttrice segnala, infatti, la necessità di eseguire una sperimentazione preliminare per verificare le effettive prestazioni che la resina può conseguire trattando la specifica soluzione del caso.

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99 Si riporta di seguito la scheda tecnica relativa alla resina AMBERLITE IRC748:

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Per le applicazioni di laboratorio, sono fondamentali le indicazioni relative ai valori di portata che devono essere impiegati durante le fasi di esercizio e di rigenerazione: lo scambio ionico si basa su reazioni di equilibrio e, rispettando i valori limite delle portate, si assicurano tempi di contatto sufficienti al raggiungimento dell’equilibrio.

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5.2.2: Strumentazione utilizzata

La strumentazione impiegata per l’allestimento del sistema sperimentale e per l’analisi dei campioni liquidi ha compreso:

Una pompa elettronica di precisione Dionex gpm-2 a due canali, utilizzata per alimentare le colonne di resina con portate fino a 10mL/min (figura 5.4); una pompa peristaltica Gilson Minipuls, utilizzata per alimentare le colonne di resina con portate superiori a 10mL/min;

due colonne cromatografiche in vetro per contenere Figura 5.4: Pompa elettronica Dionex gpm-2

la resina scambiatrice (figura 5.5). All’interno delle colonne cromatografiche la resina è mantenuta in posizione dalla presenza di due filtri porosi dotati di O-ring per la tenuta idraulica. L’altezza utile all’interno delle colonne può essere modificata facendo scorrere i filtri porosi. Le due colonne impiegate hanno grandezze differenti: quella più grande ha un diametro di 30mm e un’altezza di 40cm, mentre la più piccola è

dotata di diametro 12mm e altezza 30cm; Figura 5.5: colonna cromatografica in vetro

un pH-metro, modello Hl110 della Hanna Instruments, per controllare in tempo reale il pH dei flussi in uscita dal sistema;

uno spettrofotometro ad assorbimento atomico, modello per l’analisi delle concentrazioni nei campioni liquidi raccolti durante gli esperimenti (figura 5.6);

una bilancia digitale di precisione per pesare i quantitativi di resina inseriti all’interno delle due colonne e i quantitativi di soluzione elettrolitica e di acido cloridrico di rigenerazione inviati nel sistema.

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L’allestimento sperimentale allestito in laboratorio secondo lo schema di figura 5.3, è rappresentato in figura 5.7:

Figura 5.7: set-up sperimentale. A sinistra è presente una sola colonna in modalità stand-alone; a destra sono

raffigurate le due colonne collegate in serie

5.2.3: Operazioni preliminari di allestimento delle colonne di resina

La resina viene fornita dalla casa produttrice in uno stato drenato gelulare, in forma di palline (figura 5.8). Prima di poterla utilizzare per il trattamento di scambio ionico, è stato necessario caricare la resina nelle colonne cromatografiche e condizionarla nel modo corretto.

Sono stati prelevati 180 grammi di resina. Il primo passaggio è consistito nel reidratare la resina: la resina è stata trasferita gradualmente in una beuta contenente acqua deionizzata,

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103 La miscela di acqua deionizzata e resina idratata è stata poi versata all’interno della colonna cromatografica più grande, avendo cura di mantenere sempre la resina completamente immersa. Il letto di resina formatosi all’interno della colonna cromatografica è alto circa 28,3cm e corrisponde ad un volume di circa 200mL.

La resina è stata poi sottoposta ad un ciclo completo di rigenerazione, in modo da caricare completamente i suoi gruppi di scambio.

La soluzione rigenerante impiegata, come indicato nella scheda tecnica della resina, è una soluzione di acido cloridrico al 9%. Il quantitativo di HCl necessario a rigenerare al 100% i gruppi di scambio della resina è stato calcolato con la relazione:

𝐻𝐶𝑙100% 𝑟𝑒𝑔. =𝑐𝑎𝑝𝑎𝑐𝑖𝑡à 𝑑𝑖 𝑠𝑐𝑎𝑚𝑏𝑖𝑜 𝑟𝑒𝑠𝑖𝑛𝑎∗𝑒𝑞.𝐻𝐶𝑙 𝑝𝑒𝑟 𝑟𝑖𝑔𝑒𝑛𝑒𝑟𝑎𝑟𝑒 1𝑒𝑞.𝑑𝑖 𝑟𝑒𝑠𝑖𝑛𝑎

𝑛𝑜𝑟𝑚𝑎𝑙𝑖𝑡à 𝐻𝐶𝑙 = 0.89𝐵𝑉 = 178𝑚𝑙;

in cui: con BV (Bed Volume) si intende un volume pari a quello occupato dal letto di resina presente nella colonna: 200mL;

la capacità di scambio della resina è fornita dalla casa produttrice: 1,35 eq/litro di resina; il quantitativo di equivalenti di HCl necessari a rigenerare un equivalente di resina è stato assunto pari a 2 (Rohm&Haas co.,2005);

la normalità del acido cloridrico utilizzato per la rigenerazione è 3,02.

Per ottenere una rigenerazione completa della resina è stato quindi calcolato un quantitativo teorico di HCl necessario pari a 178ml.

Operando in leggero eccesso di acido rigenerante, 200ml di HCl sono stati inviati all’interno della colonna con portata pari a 6 ml/minuto equivalenti a 2BV/h.

La colonna di resina rigenerata è stata quindi lavata con acqua deionizzata ad una portata di 25mL/min, equivalente a 7.5 BV/h. Questa portata è stata mantenuta fino a riscontrare in uscita dalla colonna un liquido con lo stesso pH dell’acqua deionizzata.

La prima colonna a questo punto è risultata correttamente caricata nella colonna cromatografica e rigenerata.

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Le operazioni descritte sono state ripetute anche per la seconda colonna cromatografica più piccola. Nella colonna cromatografica più piccola sono stati caricati 20 grammi di resina, che hanno formato un letto alto 20 cm per un volume pari a circa 22ml.

La seconda colonna è stata rigenerata con 40ml di HCl e lavata con acqua deionizzata con modalità analoghe a quelle della prima.

5.3: Risultati e osservazioni

5.3.1: Esecuzione e risultati del test

L’esperimento effettuato per valutare il rendimento di trattenimento del rame contenuto nel catolita, con trattamento su colonne di resina AMBERLITE IRC748, è stato eseguito secondo le modalità descritte al paragrafo 5.1.4.

In questo paragrafo vengono riportate le informazioni quantitative sull’esecuzione del test e sui risultati osservati.

Durante la fase di esercizio sono stati trattati 400ml di catolita, ad una portata di 8ml/min.

Una volta terminata l’alimentazione del catolita nel sistema, nelle due colonne ancora collegate in serie è stata fatta passare acqua deionizzata ad una portata di 15ml/min, fino a riportare il pH del flusso in uscita a 5,5.

La colonna più piccola è stata messa in stand-by ed è stata eseguita l’eluizione della colonna più grande.

Per l’eluizione della prima colonna sono stati impiegati 250ml di acido cloridrico al 9% ad una portata di 6.5ml/min (2BV/h). Terminata l’alimentazione di acido cloridrico è stata inviata acqua deionizzata nella colonna, ancora alla portata di 6.5 ml/min.

Il flusso in uscita dalla prima colonna è stato raccolto a partire dal momento in cui il pH-metro ha rilevato un pH in uscita diverso da quello dell’acqua deionizzata. L’eluizione

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105 della colonna grande è stata raccolta in 3 frazioni da 250 ml ciascuna, in flaconi di vetri pirex con tappo a vite.

La colonna più grande è stata a questo punto messa in stand-by e si è passati ad eseguire l’eluizione di quella più piccola.

In essa sono stati inviati 40ml di acido cloridrico alla portata di 1ml/min (circa 2,7 BV/h). Dopo l’acido di rigenerazione, ancora alla portata di 1ml/min, nella colonna piccola è stata alimentata acqua deionizzata.

Analogamente a quanto fatto per la colonna più grande, la soluzione di eluizione in uscita dalla seconda colonna è stata raccolta in 2 frazioni distinte da 50ml ciascuna, in flaconi di vetro pirex con tappo a vite

Le soluzioni di eluizione sono state analizzate allo AAS, misurando la concentrazione di rame in esse presenti. I valori di concentrazione rilevati sono riportati nella tabella 5.3:

Eluizione prima colonna Eluizione seconda colonna Volume raccolto Concentrazione

rame misurata

Volume raccolto Concentrazione rame misurata Prima frazione Seconda frazione Terza frazione 250 ml 250 ml 250 ml 0,271 mg/l 0,0061 mg/l 0.0028 mg/l Prima frazione Seconda frazione 50 ml 50 ml 0.023 mg/l 0.008 mg/l

Volume totale, W1 Concentrazione

rame media, X1

Volume totale, W2 Concentrazione

rame media, X2

750 ml 0.0933 mg/l 100 ml 0.0155 mg/l

Il quantitativo totale di rame trattenuto dalla prima e dalla seconda colonna è stato dunque: Rame trattenuto nella prima colonna: Cu1 =W1*X1=0,0699 mg;

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106

Nell’ipotesi che la prima e la seconda colonna abbiano avuto lo stesso rendimento di rimozione di rame 𝜇, in virtù delle considerazioni fatte al paragrafo 5.1.4 è allora possibile concludere che in ciascuna colonna è stato ottenuto un trattenimento di rame pari a:

𝜇 = 1 −𝐶𝑢2

𝐶𝑢1 = 1 −

0,0015

0,0699= 0,978 = 97,8%

Pertanto, del quantitativo di rame inizialmente presente nei 400ml di catolita trattato, la percentuale che non è stata trattenuta nel sistema delle due colonne è pari allo:

(1 − 𝜇)2= 0,0005 = 0,05%

Assumendo allora che la somma dei quantitativi di rame trattenuti nelle due colonne, Cu1 e

Cu2, sia pari alla totalità del rame presente nei 400ml di catolita trattato, si ricava una

concentrazione iniziale X0 di rame nel catolita pari a:

𝑋0 = 𝐶𝑢1+ 𝐶𝑢2

𝑊0 =

0,0699 + 0,0015

0,4 = 0,178𝑚𝑔/𝑙

La concentrazione di rame nel catolita esausto, misurata all’ICP-OES (tabella 5.2), è 0,18mg/l. Questo valore è in perfetto accordo con quello ricavato nell’attività sperimentale, a conferma della sostanziale correttezza delle ipotesi di lavoro e delle procedure realizzate.

5.3.2: Osservazioni

In conclusione, nell’attività sperimentale condotta è stata realizzata una colonna a scambio ionico in scala per testare l’utilizzo della resina chelante selettiva per i metalli pesanti AMBERLITE IRC748 per trattare il catolita in uscita dall’impianto elettrocinetico realizzato nel progetto SEKRET. Lo scopo principale dei test eseguiti è stato verificare se, anche in presenza di una soluzione da trattare che presentasse contemporaneamente concentrazioni di metalli pesanti estremamente basse (0,2ppb) e concentrazioni di metalli alcalini, cloruri, nitrati e solfati migliaia di volte maggiori, la resina sarebbe stata in grado di manifestare effettivamente un comportamento selettivo nel trattenere quasi esclusivamente i metalli pesanti.

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107

I risultati sono stati molto incoraggianti, avendo ottenuto un abbattimento di rame nel catolita trattato del 98% circa mentre la matrice salina nel fluido in uscita dalla colonna di resina era ancora massicciamente presente.

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