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Capitolo 1 – Responsabilità dell’amministrazione finanziaria

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Capitolo 1 – Responsabilità dell’amministrazione finanziaria

1.1- Evoluzione e natura giuridica della responsabilità dell’amministrazione

finanziaria

Il termine responsabilità deriva dal latino re-spondeo composto da spondeo che indica

l’atto solenne del promettere e del garantire cioè impegnarsi, dare la propria parola5.

Spondeo inizialmente veniva usato nelle cerimonie matrimoniali in quanto spondeo indicava l’impegno che il padre assumeva con lo sposo dandogli la propria figlia in

sposa6. L’etica della responsabilità si declina come etica della promessa e

dell’impegno7. Re-spondeo quindi assume il significato di uno scambio di garanzie, un

garantirsi reciprocamente8. Il respondeo fa riferimento ad una relazione

intersoggettiva, ad una relazione tra più persone. Il termine responsabilità si lega poi a responsus, participio passato del verbo respondere cioè rispondere, impegnarsi a rispondere a qualcuno o a sé stessi delle proprie azioni e delle conseguenze che ne derivano9.

La responsabilità può essere definita come la possibilità di prevedere le conseguenze

del proprio comportamento e correggere lo stesso sulla base di tale previsione10.

Alla base della responsabilità c’è una situazione di libertà in cui la persona può

scegliere quale comportamento tenere. Se tale scelta non fosse possibile infatti anche laddove fosse in grado di prevedere le conseguenze delle sue azioni, non potrebbe

comunque adottare un diverso comportamento alla luce delle sue previsioni11. Un

soggetto può quindi essere ritenuto responsabile di uno stato di cose quando lo stato di cose è una conseguenza diretta del suo volontario comportamento.

5 Alici L., Azione e persona: le radici della prassi V&P Università, Milano,2002, pag. 141. 6 Calabrò G.P., La nozione di responsabilità tra teoria e prassi, Cedam, Milano, 2010, pag. 14 7 Turoldo F., bioetica ed etica della responsabilità dai fondamenti teorici alle applicazioni pratiche,

Cittadella Editrice,Assisi, pag.8

8 Calabrò G.P., La nozione di responsabilità tra teoria e prassi, Cedam, Milano, 2010, pag. 14. In tal

senso anche Alici L., Azione e persona: le radici della prassi V&P Università, Milano,2002, pag. 141

9 Zanatta M., Figure della responsabilità nel mondo greco, Collana di Studi Internazionali di Scienze

Filosofiche e Pedagogiche Studi filosofici, numero1/2006, pag.2

10 www.wikipedia.org 11 www.wikipedia.org

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Il termine responsabilità entra a far parte nel lessico filosofico, in particolare in quello

di carattere giuridico-politico, intorno al XVIII secolo12 per designare la responsabilità

propria del governo, dei ministri, dei funzionari.

Spesso il termine responsabilità viene usato nel linguaggio comune insieme ad un aggettivo: ad esempio di parla responsabilità legale, educativa, giuridica.

La responsabilità nel diritto è anzitutto una responsabilità giuridica cioè una “scienza

del dover essere13” in cui la libertà è limitata da una norma giuridica che impone un

dovere giuridico. Il comportamento contrario alla previsione della norma giuridica ha come conseguenza l’irrogazione di una sanzione anch’essa stabilita da una norma giuridica. La responsabilità giuridica indica quindi l’attitudine di un soggetto ad essere

chiamato a rispondere del suo comportamento o di fatti a lui imputabili14 che sono

contrari a norme giuridiche con la conseguenza dell’applicazione di una sanzione che

viene riconnessa dall’ordinamento a quel comportamento illecito15.

Il diritto distingue tre tipologie di responsabilità giuridica: civile, penale e amministrativa.

La responsabilità civile16 sussiste quando ad essere violata è una norma di diritto civile

e ad essa si ricollega una sanzione quale il risarcimento del danno17.

La responsabilità penale sorge quando è violata una norma di diritto penale e a tale violazione si ricollega una sanzione quale l’assoggettamento dell’autore stesso del

reato alla potestà punitiva dello Stato18.

La responsabilità amministrativa invece prevede la violazione di una norma amministrativa e ad essa fa seguito una sanzione di carattere amministrativo. Con riguardo alla responsabilità civile si può far riferimento ad una responsabilità

extracontrattuale, contrattuale o precontrattuale19. La responsabilità precontrattuale

12 Da Re A., Filosofia Morale, Giuffrè, Milano, 2003, pag.155

13 Calabrò G.P., La nozione di responsabilità tra teoria e prassi, Cedam, Milano, 2010, pag. 33 14 Calabrò G.P., La nozione di responsabilità tra teoria e prassi, Cedam, Milano, 2010, pag. 33 15 Rescigno G. U., La responsabilità politica, Giuffrè, Milano,1967, pag. 46

16 L’istituto della responsabilità civile è il cuore del sistema codicistico italiano e più in generale dello

Stato di diritto.

17 Monti P., E se…, Moduli di diritto civile, Zanichelli, Bologna, 2009, Modulo I, pag. 4, Gioè C, Profili di

responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007, pag.2

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concerne la fase delle trattative antecedenti la stipula negoziale20 ed è regolata

dall’art. 1337 c.c. prevedendo che “le parti nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto devono comportarsi secondo buona fede”. La responsabilità di natura contrattuale consegue invece all’inadempimento di una obbligazione

assunta. L’art. 1218 c.c. stabilisce infatti che “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che

l’inadempimento o il suo ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione

derivante da causa a lui non imputabile”21. Tale responsabilità presuppone un rapporto

precedente di tipo obbligatorio tra danneggiato e danneggiante e consiste quindi nella violazione di uno specifico dovere.

La responsabilità extracontrattuale o aquiliana invece fa riferimento alla violazione del principio del “neminem laedere”, principio secondo il quale tutti sono tenuti al dovere

di non ledere l’altrui sfera giuridica22. E’ l’art. 204323 del c.c. che prevede tale dovere

sanzionando ogni violazione di posizione giuridica soggettiva.

Ponendo l’attenzione ora sul rapporto intercorrente tra cittadino e pubblica amministrazione si evidenzia una possibile responsabilità da parte della pubblica amministrazione connessa all’attività da questa svolta. La responsabilità civile e la responsabilità amministrativa può infatti essere riferita anche all’azione della pubblica

amministrazione24 mentre la responsabilità penale essendo di carattere personale

potrà riferirsi ai singoli soggetti preposti agli uffici o agli organi dell’amministrazione25.

19 Per un approfondimento: Viola L. (a cura di), La responsabilità civile e il danno, Halley Editrice,

Matelica, 2007, Cataldo G., La responsabilità precontrattuale in Viola L. (a cura di), Studi Monografici di diritto civile, Matelica, 2007

20 Casetta E., Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè Editore, Milano, 2011, pag. 639 21 La norma, garantisce la tutela sostanziale della posizione creditoria ma va incontro a dei

temperamenti, frutto del coordinamento con la disposizione di cui all'art. 1176 c.c. in materia di diligenza nell'adempimento dell'obbligazione, in conseguenza della quale, il debitore che, nonostante abbia agito con la diligenza richiesta, non abbia potuto adempiere all'obbligazione, sarà comunque esonerato dalla responsabilità risarcitoria. La diligenza cui fa riferimento il primo comma dell'art. 1176 c.c. è quella media del "buon padre di famiglia", mentre quella di cui al secondo comma, relativa all'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, va valutata con riguardo alla natura dell'attività esercitata.

22 Grimaldi L., Pareri di diritto civile 2011, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 2011, pag. 343 23 Art. 2043 c.c. “ Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui

che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

24 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007, pag. 2 25 Dei danni causati agli amministrati risponderà esclusivamente l’autore dell’illecito, laddove non si

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Parlare oggi di responsabilità civile della pubblica amministrazione è più agevole rispetto al passato. La responsabilità della pubblica amministrazione infatti si è

affermata in modo graduale in Italia26 ma anche in altri stati europei. Inizialmente si

escludeva il fatto che la lesione di un interesse legittimo, cioè la lesione di una posizione soggettiva correlata all’esercizio di un potere da parte della pubblica

amministrazione, fosse idonea ad originare una responsabilità e quindi di conseguenza

una obbligazione risarcitoria da parte della pubblica amministrazione27.

Una responsabilità civile della pubblica amministrazione veniva negata28 in quanto

questa responsabilità era ritenuta incompatibile con il perseguimento dell’interesse

pubblico a cui era preposto l’agire amministrativo29. Prima dell’affermazione del

moderno Stato di diritto, avvenuta nella seconda metà del XIX secolo,

l’amministrazione pubblica godeva infatti di una immunità in tal senso30. Questa

immunità era ricollegata alla sovranità dello Stato, alla concezione di Stato creatore del

diritto e al fatto che lo Stato fosse incapace di compiere illeciti31. Si voleva tutelare poi

il bilancio pubblico da ingenti esborsi collegati al riconoscimento di una tutela risarcitoria per gli errori commessi.

L’unico soggetto che poteva essere eventualmente considerato responsabile a seguito di un procedimento amministrativo era il pubblico dipendente che agiva in nome e per conto della Pubblica amministrazione. Il dipendente pubblico violando una precisa

26 D’Alberto M., Lezioni di diritto amministrativo, Giappichelli, Torino, 2012, pag. 281.

Inizialmente in Italia, come in Francia, si trattò di vicende legate alle attività materiali, non

provvedimentali della pubblica amministrazione. Uno dei primi casi riguardava danni provocati su un paziente da una trasfusione di sangue effettuata in un ospedale pubblico senza adottare le cautele preventive comunemente seguite. I giudici di cassazione con sent. S.S.U.U 19 giugno 1936,

sottolineano che vi era responsabilità diretta della p.a. la quale non poteva spingersi oltre il “comune modo di agire”.

27 Cimbali F., La responsabilità da contatto, Giuffrè Editore, Milano, 2010, pag. 62, Corso G., Manuale di

diritto amministrativo, Giappichelli Editore, Torino, 2013, pag. 424

28 Per riprendere l’opinione di Mantellini, Lo stato e il codice civile, I, Firenze, 1880, p. 59, si riteneva che

lo Stato non potesse diventare “mai l’uomo che civilmente rispondere debba di danno che gli si possa imputare”.

29 In tal senso A.A. V.V. (a cura di), Percorsi di diritto amministrativo, Giappichelli Editore, Torino, 2014,

pag.589

30 Carlotti G., Clini A. (a cura di), Diritto amministrativo, Maggioli Editore, Santarcangelo in Romagna,

2014, pag.173

31 In tal senso Laperuta L., Compendio di diritto amministrativo, Maggioli Editore, Santarcangelo in

Romagna, 2012, pag.401, Carlotti G., Clini A. (a cura di), Diritto amministrativo, Maggioli Editore, Santarcangelo in Romagna, 2014, pag.173, Corso G., Manuale di diritto amministrativo, Giappichelli, Torino, 2013, pag. 417

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norma attributiva del potere alla Pubblica amministrazione commetteva un illecito. L’atto amministrativo in sé non veniva considerato lecito o illecito ma illegittimo o

legittimo32 e per questo non poteva essere attribuita alcuna responsabilità alla

pubblica amministrazione né in modo diretto per l’atto compiuto, né in via indiretta

per culpa in vigilando33.

Successivamente la distinzione tra atti di imperio e atti di gestione della pubblica

amministrazione34 portò a considerare, per il secondo tipo di atti, una responsabilità

della pubblica amministrazione per i danni cagionati ex art. 2043 c.c (responsabilità extracontrattuale) in quanto posti in essere in una situazione di assoluta parità con il

cittadino privato35. La teoria della incapacità dello Stato di creare illeciti entrò

definitivamente in crisi con l’affermazione del principio dello Stato di diritto ispirato alla separazione dei poteri.

Con lo Statuto Albertino, prima costituzione dell’Italia del 1848, si affermò il principio di legalità dell’azione amministrativa in virtù del quale l’attività dei pubblici apparati deve svolgersi all’interno dei limiti posti dalla legge.

Fino alla Costituzione del 1948 l’unica norma che disciplinava l’illecito dei soggetti

pubblici era l’art. 4 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 36 per mezzo del quale si veniva

a creare un collegamento tra responsabilità del singolo e responsabilità dell’organo37.

Questo collegamento si fondava sul rapporto organico che legava l’uno all’altro. Secondo questa teoria (teoria organica) quindi la pubblica amministrazione veniva

32 Carlotti G., Clini A. (a cura di), Diritto amministrativo, Maggioli Editore, Santarcangelo in Romagna,

2014, pag.174

33 L'espressione indica la colpa sottostante alla responsabilità per il fatto illecito altrui, che viene

attribuita a coloro che sono tenuti alla sorveglianza di determinate persone.

34 Avanzini G., Responsabilità civile procedimento amministrativo, Cedam, Padova, 2007, pag.68.

Con tale distinzione quando lo Stato agisce iure privatorum, in una posizione paritaria rispetto al privato, vengono applicate ad esso come per qualsiasi soggetto di diritto comune le regole del codice civile comprese le regole della responsabilità. Quando invece lo Stato agisce come potere sovrano, esercitando poteri di governo, l’unica responsabilità ipotizzabile rimane di ordine politico.

35 Per l’adesione della Cassazione al criterio basato sulla distinzione tra atti di imperio e atti di gestione,

tra le tante, si cita la sent. Cass., 31 luglio 1876, in Giur. it., 1876, I, 1, p. 740, con nota di GABBA; Cass., 1 gennaio 1880, in Giur. it., 1880, I, 1, p. 598, con nota di GABBA; Cass., Sez. un., 25 aprile 1887, in Mass., 1887, p. 647

36 Legge abolitrice del contenzioso amministrativo

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considerata direttamente responsabile per il principio di immedesimazione organica38.

In base a tale principio il legame tra pubblico dipendente e organo di appartenenza era talmente stretto da crearne un unico soggetto, un unico punto di riferimento per gli atti posti in essere da quell’ente. Questa teoria prendeva in considerazione il fatto che l’ente non potesse agire da solo ma per il tramite di una persona fisica. La Pubblica Amministrazione rimaneva però immune da responsabilità nel caso in cui il rapporto tra dipendente e ente risultava spezzato dal fatto che il dipendente agiva per interessi personali39.

Questo filone di pensiero, in mancanza di una specifica normativa, non fù oggetto di critiche fino all’entrata in vigore della Costituzione del 1948.

L’art. 28 della Costituzione sancisce tutt’oggi che: “ I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.”

L’inserimento di questo articolò provocò una rottura nel previgente orientamento e aprì un ampio dibattito giurisprudenziale. L’art. 28 in un primo momento attribuiva ai funzionari e ai dipendenti pubblici una responsabilità diretta e subito dopo estendeva tale responsabilità allo Stato e agli enti pubblici senza stabilire se tale responsabilità è diretta o meno.

Le teorie che si diffusero sulla base dell’art. 28 della Costituzione erano molteplici40:

- Teoria della responsabilità indiretta (Casetta): l’art 28 prevedeva una responsabilità diretta del dipendente per fatti illeciti da lui compiuti ex art. 2043 c.c. e una responsabilità solo indiretta per culpa in vigilando o in eligendo41 in capo alla pubblica amministrazione ex art. 204942. La

38 Sella M., La responsabilità civile nei nuovi orientamenti giurisprudenziali, Giuffrè Editore, Milano 2007,

pag. 1007

39 Benvenuti F., Appunti di diritto amministrativo, Cedam, Padova, 1987, pag. 281 e seg.

40 Alessi R., La responsabilità del pubblico funzionario e la responsabilità dello Stato in base all’art. 28

Cost, in Riv. Trim, dir.pubblico,1951,885 definisce l’art. 28 una disposizione “quanto mai nebulosa” Si veda anche Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova,

2007,pag. 16 e seg.

41 La culpa in eligendo si concretizza nella responsabilità addebitabile ad un soggetto per aver scelto

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responsabilità della pubblica amministrazione è una estensione della

responsabilità del dipendente43 cioè la responsabilità dell’ente pubblico viene

in considerazione solo secondariamente. Parlare di responsabilità diretta dell’ente sarebbe una finzione giuridica se non addirittura un controsenso in quanto l’ente pubblico agisce attraverso persone fisiche. Questa teoria è stata però criticata affermando: - l’impossibilità di avere una culpa in eligendo in quanto il dipendente pubblico viene scelto per concorso pubblico,

l’impossibilità di avere una culpa in vigilando per i dipendenti più alti in grado

per i quali risulta impossibile la sorveglianza44

- Teoria della duplice responsabilità (Alessi)45: secondo altre scuole di pensiero

non era possibile affermare, senza nessun riferimento normativo, la natura della responsabilità dell’Ente nel caso di fatto illecito compiuto dal dipendente. La mancanza di un riferimento normativo non era casuale ma stava a significare il fatto che tale responsabilità poteva essere sia diretta sia indiretta. La

responsabilità dell’ente era diretta nel caso in cui l’illecito commesso dal dipendente fosse riferito allo svolgimento di una funzione propria dell’ente, indiretta nel caso di svolgimento di una attività totalmente estranea ai fini propri dell’ente. L’ente era responsabile direttamente anche nel caso in cui il dipendente avesse commesso l’illecito con la consapevolezza di commettere un illecito ma lo avesse commesso al fine di ottenere un interesse pubblico.

Diversamente la responsabilità era indiretta nel caso in cui il dipendente avesse

agito per un fine personale. Tale tesi non ha però avuto un notevole successo46.

dello stesso abbia ingenerato dei danni risarcibili. L'imputazione di tale profilo di colpa presuppone un rapporto di dipendenza, una relazione di fiducia, tra soggetto responsabile ed autore del fatto illecito.

42 Grimaldi L., Pareri di diritto civile 2011, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 2011, pag. 365,

Franceschetti P., La responsabilità civile, Maggioli editore, Santarcangelo di Romagna, 2009, pag. 290

43 Zanobini G., corso di diritto amministrativo, vol I , Giuffrè Editore, Milano, 1958, pag. 144, Torrente

A.,La responsabilità indiretta della P.a., in Riv. Dir. Civ., 1958 , pag. 278

44 Franceschetti P., La responsabilità civile, Maggioli editore, Santarcangelo di Romagna, 2009, pag. 290

e seg.

45 Secondo R. ALESSI, L’illecito e la responsabilità civile degli enti pubblici, Milano, 1972, 59, «l’art. 28,

come del resto appare dalla sua lettera, contiene due norme distinte» e la responsabilità del funzionario deriva da un obbligo autonomo di non ledere antigiuridicamente i diritti dei terzi, perché per gli atti riferibili all’ente «in base alla norme comuni non potrebbe sorgere alcuna responsabilità personale del funzionario, trattandosi di atti che giuridicamente sono riferibili soltanto all’ente, non già alla persona fisica».

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- Teoria responsabilità diretta (Sandulli,Duni)47: questa teoria si ricollegava alla

previgente teoria organica e affermava che l’introduzione dell’art. 28 della Costituzione non andava ad innovare il sistema previgente ma andava solo ad aggiungere una responsabilità personale e diretta del dipendente pubblico che

aveva commesso l’illecito48.

La tesi della responsabilità diretta è stata accolta dalla sentenza 2700/197049 dalle

Sezioni Unite della Cassazione secondo la quale la responsabilità degli enti pubblici per fatti illeciti dei dipendenti è definibile giuridicamente come responsabilità diretta quale che sia la mansione espletata dai dipendenti. L’ente pubblico resta però escluso da responsabilità quando il dipendente abbia agito al di fuori dell’esercizio delle sue mansioni e per un fine egoistico e privato, determinandosi l’estraneità dell’ente pubblico alla condotta del dipendente poichè tali circostanze avrebbero comportato la rottura del rapporto di immedesimazione organica.

Il principio della responsabilità dell’amministrazione finanziaria ha avuto ancora più

difficoltà50 ad affermarsi rispetto al principio della responsabilità della pubblica

amministrazione intesa in senso generale.

Se l’immunità della pubblica amministrazione, era dovuta al perseguimento di un interesse pubblico, l’immunità dell’amministrazione finanziaria era espressione dello ius imperii e dell’imposizione di tributi come manifestazione tipica della sovranità dello

Stato 51. A questo si ricollegava il permanere del principio del favor fisci, principio

secondo cui si dava prevalenza alle esigenze erariali di certezza e rapidità nella riscossione dei tributi rispetto ai diritti che facevano capo al contribuente come ad

Franceschetti P., La responsabilità civile, Maggioli editore, Santarcangelo di Romagna, 2009, pag. 290

47 Secondo G. DUNI, Lo Stato e la responsabilità patrimoniale, Milano,1968: «scopo dell’art.

28 … è stato quello di riaffermare la responsabilità diretta dei dipendenti, che si credeva, a torto o a ragione, esclusa dalla legislazione precedente, o quanto meno caduta in desuetudine», mentre la seconda parte della disposizione sarebbe servita solo ad evitare «l’equivoco che alla responsabilità dell’ente si fosse voluta sostituire quella del dipendente». Secondo A.M. SANDULLI, Diritto

amministrativo, vol. II, Napoli, 1989, 1182, la disposizione è innovativa non tanto per la responsabilità diretta dell’amministrazione (già prevista in precedenza), ma per la «responsabilità civile

diretta degli agenti (prima generalmente esclusa), verso i danneggiati”: infatti quest’ultima, «dato il rapporto organico che lega gli agenti all’amministrazione, in applicazione dei principi non

dovrebbe sussistere».

48 Franceschetti P., La responsabilità civile, Maggioli editore, Santarcangelo di Romagna, 2009, pag. 291 49 Cass. Sez. Unite n. 2700 del 17 dicembre 1970 in Il Foro It. Vol. 94, 2 Febbraio 1971, pag. 387 e seg. 50 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007,pag.6 51 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007,pag.6

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esempio il diritto di difesa, il principio di capacità contributiva52. Queste esigenze

preminenti dell’erario avevano un’influenza indiretta anche sul sistema della responsabilità dell’amministrazione finanziaria. Atro elemento che ha inciso notevolmente sull’affermarsi di tale responsabilità fa riferimento allo stato di

soggezione in cui i cittadini venivano a trovarsi rispetto all’amministrazione finanziaria. La svolta che ha portato ad una sia pure lenta affermazione del principio di

responsabilità aquiliana o extracontrattuale ex art. 2043 c.c. dell’amministrazione finanziaria va individuato nella sentenza della Cassazione a sezioni Unite n. 500 del 22 luglio 1999 e nella sentenza n. 722 del 15 ottobre 1999.

La sentenza n. 500/9953 infatti sostenne una responsabilità della pubblica

amministrazione per lesione di interessi legittimi. La massima della sentenza recita:” In presenza di un atto amministrativo illegittimo della P.A., che sia stato posto in essere con dolo o colpa e che abbia causato un danno ingiusto, il suo destinatario ha titolo al risarcimento dei danni; anche se titolare non di un diritto soggettivo, ma di un

interesse giuridicamente rilevante”. Con l’espressione interesse legittimo54 si fa

riferimento alla situazione giuridica soggettiva della quale è titolare un soggetto nei confronti della pubblica amministrazione che esercita un potere autoritativo

attribuitole dalla legge e consiste nella pretesa che tale potere sia esercitato in

conformità alla legge55. Secondo Casetta, l’interesse legittimo può configurarsi come

quella "situazione giuridica di vantaggio, costituita dalla protezione giuridica di interessi finali che si attua non direttamente e autonomamente, ma attraverso la protezione indissolubile e intermediata di un altro interesse del soggetto, meramente

52 Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano,2012 pag.975, più in particolare Gioè C, Profili di

responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007,pag.8 e seg.,

53 Sent. 500/99 in Foro it, 1999, I, 2487

54 L’interesse legittimo ha trovato riconoscimento nel nostro ordinamento, con la legge n.5992/1889

istitutiva della IV sez. del Consiglio di Stato. Esso è previsto dalla nostra Carta costituzionale che lo inserisce a fianco dei diritti soggettivi nell’art.24 assicurandogli la massima tutela davanti alla giustizia amministrativa. Viene poi inserito anche negli artt.113 in riferimento alla possibilità di impugnare gli atti della pubblica amministrazione dinanzi alla giurisdizione ordinaria o amministrativa. Infine nell’art.103 quando la costituzione afferma che gli organi della giustizia amministrativa hanno giurisdizione "per la tutela degli interessi legittimi". Tuttavia nessuno di questi citati articoli della Costituzione si occupa di dare un’espressa definizione del significato di interesse legittimo.

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strumentale, alla legittimità dell’atto amministrativo e soltanto nei limiti della

realizzazione di tale interesse strumentale"56.

L'interesse legittimo ha come oggetto una utilità o un bene della vita che un soggetto privato mira, rispettivamente, a conservare o a conseguire tramite l'esercizio legittimo

del potere amministrativo57.

Nel primo caso si parla di interesse legittimo oppositivo, che sorge, per esempio, nei casi di espropriazione o di imposizione di un vincolo alla proprietà; nel secondo caso di interesse legittimo pretensivo, che sorge per esempio in relazione a un'autorizzazione

o a una concessione necessaria per intraprendere un'attività58.

La giurisprudenza59 aveva sempre negato la risarcibilità delle posizioni di interesse

legittimo, riconoscendo una tutela risarcitoria indiretta solo per gli interessi legittimi oppositivi e non in relazione agli interessi legittimi pretensivi.

La negazione di una responsabilità per danno da lesione di interessi legittimi prima

della sentenza n. 500/99 era connessa all’interpretazione60 data all’art. 2043 c.c.

riguardo l’espressione “danno ingiusto”. Secondo tale interpretazione l’ingiustizia del danno, elemento essenziale affinché le conseguenze pregiudizievoli di un evento dannoso possano essere traslate dalla sfera giuridica del soggetto effettivamente inciso dall'evento ad altro soggetto, faceva riferimento solo alla lesione di un diritto

soggettivo perfetto61. L’ingiustizia del danno che prevedeva una responsabilità civile

doveva intendersi nella duplice accezione di danno prodottosi non iure, ossia quando

sia stato cagionato da una condotta che non risulta in alcun modo giustificata

56Bianco F., Compendio di diritto amministrativo, Guida Editori srl, Napoli, 2011, pag. 13

57 Ragucci G., La responsabilità tributaria dei liquidatori di società di capitali, Giappichelli Editore, Torino,

2013, pag. 187

58 Caringella F., Corso di diritto amministrativo, Tomo I, Giuffrè, Milano, 2005, pag. 333-358

59 Tra le molte sentenze si veda: sent. Cass. N. 1217 del 15 aprile 1958 in foro amm. 1958, I, 486 con

nota di Cintolesi, Sent. Sez. Unite n. 3541 del 12 giugno 1982 in Giur. It.,1983, I 1, 1150, sent. Cass. N. 1589 del 1 marzo 1990 in Riv. Giur. Edilizia, 1990, I, 489.

60 Giovagnoli R., La responsabilità extra e pre-contrattuale della PA: percorsi giurispudenziali, Giuffrè

Editore, Milano, 2009 pag. 264

61 Si ha diritto soggettivo perfetto, ogni qualvolta, una norma di relazione (diretta a disciplinare

comportamenti intersoggettivi), attribuisca ad un soggetto un potere diretto ed immediato per la realizzazione di un proprio interesse, a cui corrisponde un obbligo in capo a soggetti determinati o in capo a tutta la collettività.

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dall'ordinamento; in secondo luogo, esso doveva essere contra ius, vale a dire lesivo di

un interesse meritevole di tutela per l'ordinamento62.

Il risarcimento del danno derivante da lesione di interesse legittimo era quindi escluso per ragioni di carattere sostanziale in quanto, nel modello della tutela aquiliana di cui all'art. 2043 c.c., il danno ingiusto veniva fatto coincidere con la lesione di un diritto soggettivo o in ogni caso, di una situazione giuridica protetta direttamente da una norma giuridica preesistente. Si aveva quindi una esclusione di tutela della lesione di diverse posizioni giuridiche come, per l'appunto, quella costituita dagli interessi legittimi la cui lesione conseguiva ad una violazione di una norma sull'agere

dell'amministrazione e non già di una norma posta a presidio diretto degli interessi legittimi63.

La giurisprudenza64 escludeva poi il risarcimento del danno per la violazione di un

interesse legittimo per motivi di ordine processuale. Il giudice amministrativo, competente a giudicare in materia di interessi legittimi, poteva esclusivamente

disporre l'annullamento dell'atto lesivo ma non il conseguente risarcimento del danno. Il giudice ordinario, che aveva il potere di disporre la condanna al risarcimento del danno, non aveva, però, competenza a giudicare in ordine all'interesse legittimo. Uniche eccezioni circa la risarcibilità del danno cagionato a situazione giuridiche diverse dal diritto soggettivo perfetto si avevano nell’ipotesi di diritto soggettivo

affievolito e nei casi di riespansione di un diritto soggettivo non originario65.

Nel primo caso, il diritto soggettivo degradava a interesse legittimo a causa

dell’esercizio di un potere discrezionale da parte della pubblica amministrazione66.

Nonostante questo la tutela ex art. 2043 c.c. veniva riconosciuta allorchè il

62 Annunziata G., La responsabilità civile e le fattispecie di responsabilità presunta, Cedam, Padova,

2008, pag. 17, Chieppa R., Giovagnoli R., Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè Editore, Milano,2011, pag. 699 e seg.

63In questo senso si hanno varie sentenze: sent. Cass. Sez. Unite n. 3183 del 3 luglio 1989 in Giust. Civ.

Mass., 1989, pag. 37

64 Tra le sentenze che sollevano il problema giusdizionale si ha: sent. Sez. Un. N. 442 del 21 gennaio 1988

in Mass. Gius. Civ., 1988, fascicolo 1, Cass. Sez. Un. N. 5030 del 10 gennaio 1982 in Cons. Stato, 1983,II,30.

65 Giovagnoli R., Il risarcimento del danno da provvedimento illegittimo, Giuffrè Editore, Milano

2010,pag. 5

66 Ad esempio si fa riferimento al diritto di proprietà: il proprietario che subisce l’espropriazione per

pubblica utilità. Il soggetto avrà diritto ad un equo indennizzo ma anche all'accertamento se c'era l'interesse pubblico, o sindacare se si pensa che il pubblico interesse non ci sia. Questo diritto nasce soggettivo, ma cede contro la pubblica amministrazione. Quindi il soggetto si affievolisce.

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provvedimento ablatorio67 fosse annullato dal giudice amministrativo con effetto ex

tunc. In questo modo infatti la posizione soggettiva affievolita, degradata, riprendeva

l'originaria consistenza di diritto soggettivo68. Il previo annullamento dell’atto

amministrativo illegittimo da parte del giudice amministrativo si poneva come presupposto necessario per l’azione di risarcimento davanti al giudice ordinario. La posizione del suddetto titolare, avendo natura di diritto soggettivo, prima del provvedimento di decadenza, riacquisiva questa consistenza per effetto del venir meno retroattivamente dell’affievolimento scaturito dal provvedimento stesso, in

conseguenza del suo annullamento69.

Con la tesi del diritto affievolito, trovavano dunque tutela risarcitoria indiretta70 gli

interessi legittimi di carattere oppositivo mentre rimanevano privi di qualsiasi tutela giuridica di carattere risarcitorio gli interessi di natura pretensiva.

Nel secondo caso il diritto soggettivo sorgeva in forza di un provvedimento

amministrativo71 e degradava a interesse legittimo a causa di un provvedimento

caducatorio (revoca, annullamento). Il privato poteva chiedere un risarcimento dei danni sofferti al giudice ordinario soltanto dopo la pronuncia del giudice

amministrativo della non conformità alla legge del provvedimento caducatorio. Con la pronuncia del giudice amministrativo della non conformità alla legge infatti l’interesse

legittimo riacquisiva la natura di diritto soggettivo72.

La sentenza n. 500/99 rappresenta una svolta epocale con la quale viene riconosciuto che l’art. 2043 c.c. è una norma primaria di protezione, volta ad apprestare una tutela risarcitoria nel caso di lesione di interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, indipendentemente dalla loro qualificazione formale (di diritto soggettivo o di interesse legittimo). Con tale sentenza viene ridotto lo strapotere della Pubblica

67 Potere ablatorio: è il potere della P.a. di sacrificare con un procedimento (detto provvedimento

ablatorio) un interesse privato per motivi di interesse pubblico.

68 Salerno Cataldo G., La revoca dei provvedimenti amministrativi e i principi della funzione, Giappichelli

Editore, Torino, 2014, pag. 46 e seg.

69 In tal senso si hanno varie sentenza della Corte di cassazione a Sezioni Unite: n. 2436 del 19 marzo

1997 in Riv. Giur. Sarda 2000, Cass., Sez. III n. 6542 del 9 giugno 1995 in Giur. It. 1996, I, pag. e n. 5210 del 27 maggio 1994.

70 Non c’è infatti una tutela diretta da parte dell’ordinamento giuridico ma solo indiretta per effetto

della tutela accordata dell’ordinamento alla pretesa del soggetto privato ad un corretto esercizio del potere.

71 Concessione, autorizzazione, licenza.

72 Sentenze Cass. Sez. Unite n.5145 del 5 ottobre 1979 in Gius. Civ, 1979, Cass. Sez. Unite n. 2443 del 6

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Amministrazione, nei confronti dei cittadini amministrati superando la tradizionale interpretazione di “danno ingiusto”. “Ingiusto” ovvero prodotto non iure cioè “in carenza di causa di giustificazione” e “lesivo di un interesse meritevole di tutela e quindi rilevante per l’ordinamento”. La lesione di un interesse legittimo è condizione necessaria ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art.2043. c.c. E’ necessario infatti che risulti leso per effetto dell’attività illegittima e colpevole della pubblica amministrazione, l’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo si correla e che detto interesse al bene risulti meritevole di tutela alla luce

dell’ordinamento positivo73. Compito del giudice, chiamato ad attuare la tutela ex art.

2043 c.c., è quindi quello di procedere ad una selezione degli interessi giuridicamente rilevanti, poiché solo la lesione di un interesse siffatto può dare luogo ad un "danno ingiusto". Ad accertare questo provvederà istituendo un giudizio di comparazione degli interessi in conflitto, e cioè comparando l'interesse effettivo del soggetto che si

afferma danneggiato e l'interesse che il comportamento lesivo dell'autore del fatto è volto a perseguire, al fine di accertare se il sacrificio dell'interesse del soggetto

danneggiato trovi o meno giustificazione nella realizzazione del contrapposto interesse

dell'autore della condotta, in ragione della sua prevalenza74. La Corte ha precisato che

il giudice deve valutare la colpa dell’amministrazione intesa come apparato nel caso in cui l’adozione o l’esecuzione dell’atto illegittimo sia avvenuta in violazione delle regole

di imparzialità, di correttezza e buona amministrazione75. Non è pertanto sufficiente

l’obiettiva illegittimità del comportamento ma occorre che tale illegittimità sia

connotata dal suddetto quid pluris di violazioni. Per la Cassazione l’onere di provare la colpa spetta al privato seguendo la regole generali dell’art. 2043 c.c. . Tuttavia sorgono dubbi in quanto per alcuni autori il privato è sollevato da tale prova nel caso di carenze

organizzative o altri fatti a lui ignoti o difficilmente conoscibili76.

La sentenza n. 500/99 statuisce poi la possibilità di chiedere al giudice ordinario il risarcimento del danno causato da lesione di interesse anche prescindendo dal previo

73 Cassano G., La responsabilità civile. Con ampio formulario e giurisprudenza sul nuovo danno non

patrimoniale, Giuffrè Editore, Milano, 2012, pag.441

74 Sent. Cass. Sez. Unite 500/99 in foro it., note di A.Palmieri, R.Pardolesi

75 Boletto G., Responsabilità per danni dell’amministrazione finanziaria, in Riv. Dir. Trib, 2003 pag. 104 76 In tal senso: Boletto G., Responsabilità per danni dell’amministrazione finanziaria, in Riv. Dir. Trib,

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annullamento dell’atto illegittimo77. Nel caso di materia esclusiva del giudice

amministrativo, la domanda và posta al giudice amministrativo stesso.

In questo modo si evita un lungo procedimento che vede in sequenza un giudizio amministrativo di annullamento ed un giudizio civile di risarcimento che possono estendersi su cinque gradi di giudizio (o anche di più), meccanismo sicuramente avvertito dai giudici della Corte come in contrasto con il principio costituzionale di effettività della tutela giurisdizionale.

A tale sentenza ha fatto seguito la sentenza n. 722/99 che ha riaffermato l’applicabilità

dell’art.2043 c.c. in questo caso alla specifica materia fiscale78.

La sentenza afferma infatti che “l'attività della P.A., anche in campo tributario, deve svolgersi nei limiti posti non solo dalla legge ma anche dalla norma primaria del neminem laedere, per cui è consentito al giudice ordinario accertare se vi sia stato da parte dell'Amministrazione un comportamento colposo in violazione della suindicata

norma primaria, che abbia determinato al contribuente un danno risarcibile”79.

Con questi due importanti interventi si vuol rendere piena ed effettiva la tutela del cittadino in quanto parte debole del rapporto in generale, con la pubblica

amministrazione, e più specificatamente, con l’amministrazione finanziaria. Anche nel campo del diritto tributario, quindi, il contribuente può subire un danno ingiusto risarcibile. Le ipotesi di responsabilità possono essere numerose poiché nel

campo della responsabilità civile vale il principio della atipicità dell’illecito80. Nei

capitoli che seguono verranno affrontate varie ipotesi specifiche che possono portare ad una responsabilità dell’amministrazione finanziaria.

77 Sent. Cass. Sez. Unite 500/99 in foro it., note di A.Palmieri, R.Pardolesi

78 Gioè C, Profili di responsablità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007 pag. 9 79 Sent. Cassazione Sezioni Unite 722/99 in Gius. Civ., 1999, pag. 50

80 A differenza del diritto penale dove gli illeciti sono tipici, nel diritto civile il legislatore non ha

provveduto a fare un elencazione tassativa degli illeciti. Qualunque pregiudizio, colposamente o dolosamente cagionato, può essere giudicato ingiusto e pertanto risarcibile.

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