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Gli sfridi di molatura non sono tuttora considerati come rifiuti speciali

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Academic year: 2021

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1 Introduzione 

Questo  lavoro  di  tesi  è  nato  dall’esigenza  della  Sarplast  S.p.A.  di  evitare  la  messa  in  discarica  un  loro  scarto  di  lavorazione,  lo  sfrido  di  molatura delle tubazioni in vetroresina. Gli sfridi di molatura non sono  tuttora considerati come rifiuti speciali; visto però che le normative per  la messa in discarica si fanno d’anno in anno sempre più stringenti si è  ritenuto indispensabile valutare strategie alternative che consentano, al  minimo, di non ricorrere a discariche e, in una prospettiva ottimale, di  ricavare un utile. 

Un  aspetto  saliente  delle  polveri  di  molatura  di  cui  ci  siamo  occupati  e  la  costanza  delle  loro  caratteristiche.  Ciò  è  determinato  dai  controlli rigorosi posti sia sulle materie prime usate per la produzione  dei  tubi,  sia  sui  parametri  operativi  per  la  loro  lavorazione.  In  modo  particolare  ci  riferiamo  alle  fase  di  finitura  dei  tubi,  nella  quale  di  provvede ad eliminare le loro zone terminali e a predisporre le sedi per  l’alloggiamento delle guarnizioni di tenuta. 

La  vetroresina  è  un  materiale  “delicato”,  nel  senso  che  velocità  di  molatura  eccessive  possono  favorire  la  “bruciatura”  della  resina  reticolata o determinare  la rottura di uno o più strati del composito. In  entrambi  i  casi  il  pezzo  finito  (un  tubo  di  12  m)  è  da  scartare.  D’altra  parte  una  velocità  troppo  bassa  diminuisce  la  produttività  dell’impainto. 

É  stata  trovata  una  velocità  ottimale  di  lavorazione  e  questa  non  è  mai  variata.  Inoltre,  per  consentire  al  personale  di  operare  in  un 

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  4 ambiente il più possibile salubre, si provvede ad aspirare la polvere già  nella  fase  di  formazione  impedendole  di  cadere  sul  pavimento  dove,  inevitabilmente,  si  sporcherebbe.  In  definitiva,  si  dispone  di  un  prodotto pulverulento di caratteristiche costanti e pulito. 

La  polvere  è  composta  solamente  da  fibra  di  vetro  e  resina  poliestere. La fibra di vetro utilizzata solitamente è di tipo E o in alcuni  casi  ECR  (vetro  E  resistente  alla  corrosione)  quindi  si  tratta  di  vetro  d’ottima  qualità  sia  dal  punto  di  vista  della  composizione  (che  per  necessità di fonderia non variano) sia dal punto di vista meccanico. La  resina  poliestere  può  variare  in  base  all’applicazione  finale  e  dalle  condizioni ambientali in cui lavorerà il tubo in ogni caso per le possibili  applicazioni future delle polveri questo è in pratica trascurabile. 

Dopo  questa  breve  descrizione  delle  peculiarità  dello  sfrido  di  molatura  si  può  capire  che  è  un  materiale  che  può  avere  un  notevole  valore  aggiunto  sia  per  l’azienda  che  lo  produce  (evita  sicuramente  i  costi  di  discarica)  sia  per  il  possibile  utilizzatore  finale  che  si  trova  un  materiale  dalle  buone  caratteristiche  meccaniche  dalla  costanza  nel  tempo  sia  della  qualità  sia  delle  dimensioni  e  soprattutto  una  buona  inerzia  chimica  visto  che  sia  il  vetro  sia  la  resina  termoindurente  non  reagiscono se non in condizioni particolari. 

Abbiamo pertanto valutato un certo numero di impieghi, tra i quali: 

• carica per stucchi, riempitivi e sigillanti, 

• filler per Sheet Moulding Compounds (SMC) 

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• filler  per  calcestruzzi  compatti  (la  polvere  di  molatura  sarebbe servita per chiudere in basso il fuso granulometrico) 

• filler per formulazioni leganti tipo terra umida 

• recupero del vetro 

• filler per abrasivi per lucidatura marmo, 

• filler per bitumi stradali. 

In una prima fase di questo lavoro abbiamo valutato con attenzione  vantaggi, svantaggi e difficoltà di ogni singola soluzione. 

Il  riciclaggio  nei  forni  fusori  per  la  produzione  di  vetro  è  stato  abbandonato perché dopo aver preso contatto con industrie nel settore  abbiamo  scoperto  che  anche  se  ci  fosse  stato  un  miglioramento  dal  punto  di  vista  energetico  avremmo  avuto  un  peggioramento  nella  qualità  del  vetro  prodotto.  Infatti,  la  combustione  della  parte  resinosa  dello  sfrido  all’interno  della  massa  vetrosa  produce  oltre  al  calore  anidride carbonica che rimane all’interno del vetro sotto forma di bolle  che renderebbero il prodotto di scarto. 

L’uso  come  abrasivo  è  stato  abbandonato  perché  non  abbiamo  trovato  una  ditta  disponibile  per  la  sperimentazione  ed  anche  perché  non  conosciamo  l’effetto  del  polimero  con  il  collante  dell’abrasivo  durante l’utilizzo. In ogni caso abbiamo visto in analisi successive che le  fibre  di  vetro  non  sono  poi  cosi  intimamente  legate  con  il  polimero  e  quindi questo problema poteva essere facilmente aggirabile. 

L’impiego  come  carica  nei  gessi  e  cementi  non  è  avvenuta  perché  innanzi  tutto  sono  utilizzate  fibre  vetrose  più  lunghe  di  quelle 

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  6 disponibili  (attorno  ai  due  centimetri),  inoltre  nei  cementi  visto  l’alto  pH  che  si  crea  nella  sua  preparazione  c’è  il  rischio  che  la  parte  polimerica  dello  sfrido  idrolizzasse.  Ultimo  inconveniente  è  che  lo  sfrido  non  è  facilmente  bagnabile  dall’acqua,  ma  probabilmente  l’utilizzo  di  qualche  compatibilizzante  ovvierebbe  il  problema  e  aprirebbe la strada nell’utilizzo nei cementi. 

L’impiego  come  carica  negli  S.M.C.  è  stata  momentaneamente  abbandonata  perché  non  abbiamo  trovato  industrie  disponibili  alla  sperimentazione, anche se l’idea non è stata bocciata. 

L’ultima  strada  intrapresa  è  l’utilizzo  dello  sfrido  come  filler  nei  bitumi per uso stradale. A ciò ci ha indotto il fatto che la distribuzione  granulometrica della polvere di molatura ben si adattava allo specifico  impiego  e  che  non  sussistevano  problemi  di  bagnabilità  della  polvere  da parte del bitume. La sperimentazione è pertanto proseguita in questa  direzione. 

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