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1 Introduzione
Questo lavoro di tesi è nato dall’esigenza della Sarplast S.p.A. di evitare la messa in discarica un loro scarto di lavorazione, lo sfrido di molatura delle tubazioni in vetroresina. Gli sfridi di molatura non sono tuttora considerati come rifiuti speciali; visto però che le normative per la messa in discarica si fanno d’anno in anno sempre più stringenti si è ritenuto indispensabile valutare strategie alternative che consentano, al minimo, di non ricorrere a discariche e, in una prospettiva ottimale, di ricavare un utile.
Un aspetto saliente delle polveri di molatura di cui ci siamo occupati e la costanza delle loro caratteristiche. Ciò è determinato dai controlli rigorosi posti sia sulle materie prime usate per la produzione dei tubi, sia sui parametri operativi per la loro lavorazione. In modo particolare ci riferiamo alle fase di finitura dei tubi, nella quale di provvede ad eliminare le loro zone terminali e a predisporre le sedi per l’alloggiamento delle guarnizioni di tenuta.
La vetroresina è un materiale “delicato”, nel senso che velocità di molatura eccessive possono favorire la “bruciatura” della resina reticolata o determinare la rottura di uno o più strati del composito. In entrambi i casi il pezzo finito (un tubo di 12 m) è da scartare. D’altra parte una velocità troppo bassa diminuisce la produttività dell’impainto.
É stata trovata una velocità ottimale di lavorazione e questa non è mai variata. Inoltre, per consentire al personale di operare in un
4 ambiente il più possibile salubre, si provvede ad aspirare la polvere già nella fase di formazione impedendole di cadere sul pavimento dove, inevitabilmente, si sporcherebbe. In definitiva, si dispone di un prodotto pulverulento di caratteristiche costanti e pulito.
La polvere è composta solamente da fibra di vetro e resina poliestere. La fibra di vetro utilizzata solitamente è di tipo E o in alcuni casi ECR (vetro E resistente alla corrosione) quindi si tratta di vetro d’ottima qualità sia dal punto di vista della composizione (che per necessità di fonderia non variano) sia dal punto di vista meccanico. La resina poliestere può variare in base all’applicazione finale e dalle condizioni ambientali in cui lavorerà il tubo in ogni caso per le possibili applicazioni future delle polveri questo è in pratica trascurabile.
Dopo questa breve descrizione delle peculiarità dello sfrido di molatura si può capire che è un materiale che può avere un notevole valore aggiunto sia per l’azienda che lo produce (evita sicuramente i costi di discarica) sia per il possibile utilizzatore finale che si trova un materiale dalle buone caratteristiche meccaniche dalla costanza nel tempo sia della qualità sia delle dimensioni e soprattutto una buona inerzia chimica visto che sia il vetro sia la resina termoindurente non reagiscono se non in condizioni particolari.
Abbiamo pertanto valutato un certo numero di impieghi, tra i quali:
• carica per stucchi, riempitivi e sigillanti,
• filler per Sheet Moulding Compounds (SMC)
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• filler per calcestruzzi compatti (la polvere di molatura sarebbe servita per chiudere in basso il fuso granulometrico)
• filler per formulazioni leganti tipo terra umida
• recupero del vetro
• filler per abrasivi per lucidatura marmo,
• filler per bitumi stradali.
In una prima fase di questo lavoro abbiamo valutato con attenzione vantaggi, svantaggi e difficoltà di ogni singola soluzione.
Il riciclaggio nei forni fusori per la produzione di vetro è stato abbandonato perché dopo aver preso contatto con industrie nel settore abbiamo scoperto che anche se ci fosse stato un miglioramento dal punto di vista energetico avremmo avuto un peggioramento nella qualità del vetro prodotto. Infatti, la combustione della parte resinosa dello sfrido all’interno della massa vetrosa produce oltre al calore anidride carbonica che rimane all’interno del vetro sotto forma di bolle che renderebbero il prodotto di scarto.
L’uso come abrasivo è stato abbandonato perché non abbiamo trovato una ditta disponibile per la sperimentazione ed anche perché non conosciamo l’effetto del polimero con il collante dell’abrasivo durante l’utilizzo. In ogni caso abbiamo visto in analisi successive che le fibre di vetro non sono poi cosi intimamente legate con il polimero e quindi questo problema poteva essere facilmente aggirabile.
L’impiego come carica nei gessi e cementi non è avvenuta perché innanzi tutto sono utilizzate fibre vetrose più lunghe di quelle
6 disponibili (attorno ai due centimetri), inoltre nei cementi visto l’alto pH che si crea nella sua preparazione c’è il rischio che la parte polimerica dello sfrido idrolizzasse. Ultimo inconveniente è che lo sfrido non è facilmente bagnabile dall’acqua, ma probabilmente l’utilizzo di qualche compatibilizzante ovvierebbe il problema e aprirebbe la strada nell’utilizzo nei cementi.
L’impiego come carica negli S.M.C. è stata momentaneamente abbandonata perché non abbiamo trovato industrie disponibili alla sperimentazione, anche se l’idea non è stata bocciata.
L’ultima strada intrapresa è l’utilizzo dello sfrido come filler nei bitumi per uso stradale. A ciò ci ha indotto il fatto che la distribuzione granulometrica della polvere di molatura ben si adattava allo specifico impiego e che non sussistevano problemi di bagnabilità della polvere da parte del bitume. La sperimentazione è pertanto proseguita in questa direzione.