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4 L’INDUSTRIA FARMACEUTICA: ISOLA FELICE ITALIANA 4.1 Il settore farmaceutico quale volano di innovazione e sviluppo:

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4 L’INDUSTRIA FARMACEUTICA: ISOLA FELICE ITALIANA 4.1 Il settore farmaceutico quale volano di innovazione e sviluppo:

Nell’attuale fase storica, il settore farmaceutico si colloca al centro del dibattito sulla futura competitività economica delle diverse regioni del mondo; con un fatturato di oltre 500 miliardi di dollari e un numero di addetti superiore al milione, l’industria farmaceutica costituisce uno dei settori cruciali per il sistema economico mondiale.

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Nell’attuale quadro economico, il settore farmaceutico costituisce un mercato geograficamente concentrato in poche aree nel mondo, tra le quali spiccano gli Stati Uniti, l’Unione Europea e il Giappone

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: in questo quadro, evidente appare il ruolo che le economie asiatiche a rapidissima crescita stanno assumendo, sia in una prospettiva di mercato, che in una prospettiva produttiva.

In un’ottica dinamica, quindi, la posizione delle aree del mondo sopra citate appare diversa: a fronte di una posizione di maturità degli stati Uniti, che detengono la leadership del settore sia in termini di produzione di farmaci che di mercato di vendita, i paesi europei si collocano in piena fase di declino, a seguito di una graduale perdita di capacità innovativa; l’Asia, invece, rappresenta l’area del mondo con le più interessanti prospettive di crescita.

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Dall’altro lato e a fronte del declino europeo, le istituzioni europee e nazionali hanno avviato una profonda riflessione, alla ricerca di soluzioni capaci di sostenere il rilancio

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; come vedremo infatti, al centro di tale riflessione si collocano le opportunità di valorizzare le specificità di questo settore, nonché le più recenti trasformazioni che lo hanno interessato sia dal lato dell’offerta che dal lato della domanda.

Per comprendere le specificità del settore farmaceutico è necessario osservare come il gioco competitivo delle imprese che operano in questo settore si sviluppi lungo due assi tra loro strettamente interdipendenti: l’innovazione e la globalizzazione.

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Bruzzi S., Economia e strategia delle imprese farmaceutiche, Giuffrè Editore, Milano, 2009.

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Bruzzi S., Economia e strategia delle imprese farmaceutiche, Giuffrè Editore, Milano, 2009.

131

Velo D., Dall’Europa dei progetti all’Unione economica. Lo sviluppo della grande impresa europea di interesse generale, in Velo D., (a cura di), L’Europa dei progetti, Imprese, innovazione, sviluppo, Giuffrè, 2007, pp. 1-24 !

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Velo D., Dall’Europa dei progetti all’Unione economica. Lo sviluppo della grande impresa europea di interesse generale, in Velo D., (a cura di), L’Europa dei progetti, Imprese, innovazione, sviluppo, Giuffrè, 2007, pp. 1-24

133

Pavione E., Le peculiarità del settore farmaceutico e il finanziamento dei progetti innovativi attraverso i

Programmi Quadro: spunti di riflessione per l’impresa federale europea, in Velo D., (a cura di), L’Europa dei

Progetti. Impresa, innovazione, sviluppo, Giuffrè, 2007°, pp. 301-336.

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Le imprese farmaceutiche hanno infatti sperimentato in anticipo il processo di globalizzazione, affrontando rischi ed opportunità di sviluppo che esso ha saputo offrire; il riferimento strategico al mercato mondiale appare strettamente connesso alle caratteristiche produttive dell’attività svolta da queste imprese. A tale riguardo appare significativo osservare come nel settore, la principale leva competitiva sia rappresentata dalla capacità delle imprese di produrre innovazione.

Nella farmaceutica, la fase di filiera produttiva

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che assume maggiore importanza è quindi quella della R&S: è questa funzione che appare chiamata a sostenere, attraverso la creazione di innovazione, più che in qualsiasi altro settore, la posizione competitiva delle imprese.

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Una dimensione globale appare dunque necessaria per far fronte ad investimenti ad altissimo rischio che si sviluppano su orizzonti temporali di lungo/lunghissimo termine:

ecco quindi che lo stretto legame che unisce globalizzazione e innovazione nel settore appare evidente anche considerando l’evoluzione storica di questo settore.

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Le prime strategie di crescita verso l’esterno, possono essere fatte risalire alla fine del 1800, quando la scoperta da parte di imprese tedesche e svizzere del settore chimico della trasferibilità della sintesi chimica ai prodotti farmaceutici, contribuisce in modo rilevante allo sviluppo della attività di ricerca farmaceutica.

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È però con la fine della seconda guerra mondiale che il settore farmaceutico assume una vera e propria dimensione globale

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, ciò soprattutto grazie allo sviluppo di un nuovo approccio alla drug discovery

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, basato sullo screening casuale di composti sintetici e naturali, che consente la selezione casuale di un gran numero di molecole. L’attività di ricerca di questo periodo diviene molto intensa e produttiva, portando alla scoperta di

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Come si compone la filiera produttiva nel farmaceutico: in produzione si distinguono due tipologie di fabbriche : -produzione materie prime (in pratica chi produce il principio attivo del farmaco) ed è una fabbrica tipicamente CHIMICA

-produzione farmaceutica tipica , che trasforma il principio attivo nella Forma Farmaceutica ( compresse, fiale , capsule ecc...) e si occupa del suo confezionamento (blister, flaconcini, fialoidi ecc...) : è una fabbrica di TRASFORMAZIONE

In Italia sono prevalenti le fabbriche di trasformazione (Italia è il 2° produttore Europeo dopo la Germania) e le materie prime sono prevalentemente di importazione (Cina e India sono i maggiori produttori mondiali)

le fabbriche o sono di proprietà della stessa azienda oppure operano per conto di aziende farmaceutiche (terzismo) Dietro una fabbrica farmaceutica c'è un indotto composto da società che forniscono dai materiali per il

confezionamento (cartonaggi, gomma, materie plastiche) ai macchinari, all'editoria . Società che si occupano di edilizia specializzata, impiantistica , servizi all'impresa ec...: In Italia a fronte di 62.000 addetti alla produzione, ne corrispondono altri 64.000 che lavorano nell'indotto

Il prodotto finito poi entra nella filiera distributiva (Grossisti e Farmacie per i farmaci ad uso nel territorio o Asl per i farmaci ad uso ospedaliero).

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Helmes R.B. (ed), Competitive strategies in the Pharmaceutical Industry, The AEI Press, 1996.

136

Agrawal M., Global Competitiveness in the Pharmaceutical Industry, The Haworth Press, 1999.!

137

Pavione E., 2007°, op. cit.

138

Porter M.E. (ed.), Competition in Global Industries, Harvard Business School Press, 1999.

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Bruzzi S., Economia e strategia delle imprese farmaceutiche, Giuffrè Editore, Milano, 2009.

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molti farmaci innovativi, e la stessa crescita dell’industria di settore in questo periodo viene inoltre sostenuta dallo sviluppo di programmi pubblici di assistenza sanitaria, che agiscono nella direzione di sostenere la domanda.

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È poi con lo sviluppo della biologia molecolare a partire dalla metà degli anni ’70 che lo scenario competitivo cambia di nuovo profondamente, portando a sostanziali cambiamenti nei processi di ricerca e nella organizzazione della ricerca stessa, valorizzando il contributo delle competenze immateriali all’acquisizione del vantaggio competitivo.

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4.2 Evoluzione e caratteristiche dell’industria farmaceutica in Italia:

Focalizzando la nostra attenzione sul territorio italiano, notiamo come il quadro della farmaceutica nel nostro paese, oltre a rappresentare una componente fondamentale del sistema industriale nazionale, rivesta anche una posizione di tutto rispetto in ambito mondiale: occupa infatti la sesta posizione a livello internazionale dopo Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia e Regno Unito come fatturato dei prodotti finiti (nel 2002 oltre 11 miliardi di Euro) e la quinta posizione in merito al numero di addetti (83.670).

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L’industria farmaceutica italiana ha subito negli ultimi venti anni un’intensa ristrutturazione che si è tradotta in una forte riduzione del numero di imprese che da 770 è passata a 295 (-61,7%), e in aumento della concentrazione che si è collocata a livelli simili a quelli dell’Unione Europea.

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Il rapporto tra valore aggiunto e produzione dell’industria è tra i più elevati tra i vari settori, potendo vantare un 37% contro il 27%

dell’industria elettronica, il 26% dell’industria chimica e il 24% dell’industria manifatturiera; inoltre è caratterizzata da un’alta percentuale di occupazione qualificata (75,9% del personale) e da un’alta intensità di ricerca, dove gli addetti costituiscono il 5,9% nell’industria chimica, 2,7% nell’industria elettronica e dello 0,9% nell’industria manifatturiera.

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Va comunque segnalato che l’incidenza della spesa di ricerca

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Bruzzi S., Economia e strategia delle imprese farmaceutiche, Giuffrè Editore, Milano, 2009.

141

Gambardella A., Orsenigo L., Pammolli F., Global competitiveness in Pharmaceuticals. A European Prospective, Diractorate General Enterprise of the European Commission, 2000.

142

Collana Lavoro - Studi e Ricerche /62, Le dinamiche evolutive del settore chimico e farmaceutico toscano, Plus Pisa university press, Luglio 2006. !

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L’industria farmaceutica toscana, http://www.lelettere.it/site/d_Page.asp?IDPagina=221

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L’industria farmaceutica toscana, http://www.lelettere.it/site/d_Page.asp?IDPagina=221

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farmaceutica sul fatturato interno e sul fatturato globale (interno più esportazione) resta in Italia (5,63%) più bassa che negli altri principali paesi avanzati quali la UE nel suo complesso (12,43%), gli Stati Uniti (21,30%) e il Giappone (24,24%).

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Appare evidente quindi come la farmaceutica italiana venga da anni singolari nel corso dei quali, senza che nessuno lo avesse previsto fino in fondo, sono avvenuti importanti cambiamenti: anzitutto, le multinazionali hanno scelto di investire sull’Italia, a seguito dalle principali aziende italiane -molte di cui a proprietà familiare- che sono cresciute significativamente all’estero; infine, oltre il 70% della produzione complessiva si è diretta oltre confine, e l’Italia è stato il Paese al mondo che negli ultimi anni ha fatto registrare la maggiore crescita delle esportazioni.

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Appare inverosimile, ma negli anni della Grande Crisi è nato una sorta di made in Italy farmaceutico che ha avuto i suoi punti di forza nelle risorse umane, nella qualità dell’indotto e nelle fabbriche capaci di standard molto elevati di qualità.

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Secondo stime sui dati Aifa

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, elaborati da Farmindustria, nel 2014 l’industria farmaceutica in Italia ha contribuito fortemente allo sviluppo del paese; la produzione è cresciuta del 4,5% (28,7 miliardi di euro), risultato integralmente determinato dal miglioramento del saldo con l’estero, in linea con i trend degli ultimi dieci anni;

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Collana Lavoro - Studi e Ricerche /62, Le dinamiche evolutive del settore chimico e farmaceutico toscano, Plus Pisa university press, Luglio 2006.

146

Di Vico D., Il silenzioso successo della farmaceutica italiana, Corriera della Sera “Finanza e risparmio”, 2015.

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Di Vico D., Il silenzioso successo della farmaceutica italiana, Corriera della Sera “Finanza e risparmio”, 2015. !

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AIFA: L'Agenzia Italiana del Farmaco - AIFA, istituita con la Legge 326 del 2003, è l'istituzione pubblica che

autorizza e controlla i farmaci immessi sul mercato in Italia e che garantisce la loro qualità e sicurezza.

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l’export farmaceutico ha raggiunto il suo record storico in valore assoluto (21 miliardi) e in percentuale sulla produzione (72%).

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I dati a consuntivo dei 2014 confermano che, oltre a quella dell’export, l’ultimo anno ha visto anche la crescita di investimenti e occupazione: il numero di addetti nella farmaceutica è salito da 62.300 a 63.000, interrompendo un trend negativo che durava ormai dal 2006, trainato in particolare dalla componente legata alla produzione;

determinante è stato l’ingresso di 5.000 nuovi assunti, 2.000 dei quali under 30, che ha più che compensato il numero di lavoratori in uscita.

Gli investimenti sono aumentati complessivamente dell’11%, con una crescita a doppia cifra sia per la componente legata alla produzione, sia per quella della Ricerca: un risultato ancora più importante perché ha invertito una tendenza al ribasso, immettendo nuove risorse nel sistema industriale, in linea con le previsioni di Farmindustria presentate a metà 2014 di 1.500 milioni in più in tre anni.

Risultati anche di un quadro regolatorio stabile nel quale le imprese hanno potuto programmare la loro attività, consentendo di incrementare i livelli produttivi a supporto del PIL del Paese in una fase economica particolarmente difficile, e anche nei primi mesi del 2015 la ripresa macroeconomica ha potuto contare sul contributo positivo dell’industria farmaceutica.

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Le seguenti informazioni provengono da fonti private disponibili nell’area privata del sito Farmindustria

all’interno dell’archivio documenti: Indicatori farmaceutici, Farmindustria centro studi, Luglio 2015.!

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Nel 2014, secondo i dati Istat, la produzione realizzata in Italia dall’industria farmaceutica è stata di 28,7 miliardi di euro, ai quali aggiungerne altri 14,2 tramite l’indotto : la sua crescita negli ultimi cinque anni è dipesa per il 32% da attività già realizzate in Italia, per il 21% dalla produzione di nuovi farmaci, per il 47%

dall’attrazione di produzioni prima effettuate in altri paesi.

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In aggiunta, guardando al di fuori dei nostri confini nazionali, e quindi all’Italia come hub farmaceutico d’Europa, notiamo che un dato su tutti mostra quanto il nostro paese sia in grado di proporsi come base produttiva per l’industria farmaceutica nel contesto Europeo: dal 2010 al 2014 l’Italia è stata la prima al mondo per crescita in valore dell’export di farmaci e vaccini, un risultato che ha consolidato la seconda posizione tra i Paesi produttori di farmaci nell’Unione Europea, dopo la Germania. Competitività resa possibile dalla scelta di imprenditori e manager, italiani e esteri, di investire nel Paese facendo leva sui nostri punti di forza; a partire dalla qualità delle Risorse Umane, seguita dall’efficienza dei settori dell’indotto (per esempio materie prime, semilavorati, macchine e tecnologie per il processo e il confezionamento, componenti e servizi industriali), che con 65 mila addetti creano sinergie di crescita, in particolare nella meccanica e nel packaging, per i quali l’Italia è leader mondiale insieme alla Germania, con eccellenze riconosciute a livello internazionale, che arrivano ad esportare fino al 90% del fatturato.

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Indicatori farmaceutici, Farmindustria centro studi, Luglio 2015, Paragrafo: Evoluzione e caratteristiche dell’industria farmaceutica in Italia, pg.10

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Ai primi posti per competitività, produttività e intensità di Ricerca e Sviluppo

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Negli ultimi cinque anni infatti, in un periodo difficile che ha visto il susseguirsi di due recessioni, il settore qui analizzato è stato in grado di dare un grande contributo all’economia del Paese.

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Nel periodo 2009-2014 il PIL è sceso del 2,6%, mentre la produzione farmaceutica è cresciuta del 5,3%; la produttività del settore è inoltre aumentata del 4,5% l’anno, l’incremento più alto tra tutti i comparti dell’economia.

L’industria farmaceutica in Italia è inoltre il primo settore manifatturiero per intensità di R&S - calcolata come rapporto tra investimenti e addetti - e, tra quelli hi-tech, il

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Le seguenti informazioni provengono da fonti private disponibili nell’area privata del sito Farmindustria, da documento: L’industria del farmaco: innovazione continua, ricerca, produzione e occupazione per la crescita del paese, Ufficio Stampa Farmindustria

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L’industria del farmaco: innovazione continua, ricerca, produzione e occupazione per la crescita del paese,

Ufficio Stampa Farmindustria

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principale per presenza industriale. Grazie ai suoi investimenti e alla qualità delle Risorse Umane è anche primo nella recente classifica Istat di competitività.

Produzione e export:

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In Europa, l’Italia è seconda solo alla Germania per valore della produzione farmaceutica con 29 miliardi, il 72% dovuti all’export; un vero e proprio fiore all’occhiello per il settore, basti pensare che solo dal 2009 al 2014 l’export è cresciuto del 71% rispetto al +28 della media Ue e al +38% della media manifatturiera nazionale.

Il comparto è inoltre primo tra i Big UE per produzione pro-capite e per contributo al PIL. Considerando quindi le imprese del farmaco e il loro indotto, il valore complessivo di investimenti, stipendi e tasse pagate, supera l’ammontare della spesa pubblica dei medicinali in Italia.

Risorse umane qualificate e occupazione femminile:

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Il settore, che occupa 63.000 addetti, si caratterizza anche per risorse umane altamente qualificate - il 90% del personale è laureato o diplomato - e per la forte presenza femminile (44% del totale rispetto al 25% dell’industria), con ruoli importanti specie nella R&S (il 53% dei ricercatori è infatti donna).

E per rispondere alle esigenze del mondo femminile, spesso le aziende farmaceutiche mettono in atto misure per favorire il bilanciamento tra carriera, famiglia e vita privata:

asili nido aziendali, mense con take away per la cena o servizi di lavanderia sono a disposizione delle mamme-dipendenti per offrire il giusto equilibrio tra vita familiare e lavoro.

Indotto:

La farmaceutica può contare su un indotto molto competitivo, con 65.000 addetti, che genera sul territorio 14,2 miliardi di produzione e investimenti nel 2014 di circa 1 miliardo; aziende che sono spesso leader a livello internazionale e arrivano ad esportare fino al 90% del proprio fatturato. Complessivamente nella filiera del farmaco (produttori, indotto e distribuzione) operano circa 224 mila addetti.

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L’industria del farmaco: innovazione continua, ricerca, produzione e occupazione per la crescita del paese, Ufficio Stampa Farmindustria.!

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L’industria del farmaco: innovazione continua, ricerca, produzione e occupazione per la crescita del paese,

Ufficio Stampa Farmindustria

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Ricerca e sviluppo: innovazione continua:

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Con 1,3 miliardi investiti in Ricerca nel 2014 e 6 mila addetti, per oltre il 50% donne, le imprese del farmaco sono fondamentali per la Ricerca in Italia, determinando il 7% del totale nel Paese.

Nel panorama manifatturiero, la farmaceutica è terza per valore della spesa in R&S, dopo mezzi di trasporto e meccanica, prima in rapporto agli addetti ed ha la più alta incidenza della R&S svolta esternamente, quindi gli investimenti delle imprese hanno ampie ricadute positive sul sistema nazionale della ricerca.

Come per il totale dell’economia, anche per la farmaceutica l’Italia ha un’intensità di R&S inferiore alla media Ue, e questo rappresenta una delle sfide più importanti per la crescita del settore; nonostante ciò, il nostro Paese ha un ampio numero di imprese innovative (il 90% del totale), una produzione scientifica di grande valore ed è sede di importanti centri di eccellenza: ad esempio per l’oncologia, le malattie rare, la terapia genica, i vaccini, le biotecnologie, che vedono le imprese farmaceutiche contribuire all’attività industriale per il quasi il 90%, con un ruolo da protagonista nella pipeline di 303 prodotti in sviluppo.

L’Italia nello scenario del mercato farmaceutico mondiale:

Il mercato farmaceutico mondiale appare di gran lunga in forte trasformazione, determinata sia da un rallentamento rispetto ai trend degli anni passati, sia da uno

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Indicatori farmaceutici, Farmindustria centro studi, Luglio 2015, Paragrafo: Evoluzione e caratteristiche

dell’industria farmaceutica in italia, pg. 22. !

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spostamento della domanda globale nei paesi emergenti che crescono molto più delle Economie Avanzate.

Rispetto al 2005 il nostro paese è sceso dal quinto al sesto posto al Mondo e entro il

2018 si appresta a diventare l’ottavo, sopravanzato dai paesi emergenti, quali Cina e

Brasile, con India e Russia sempre più vicine; lo spostamento della domanda globale

mondiale quindi determina la rilocalizzazione dell’industria a livello globale e fa

crescere la concorrenza tra le economie avanzate per consolidare gli investimenti e

attrarne di nuovi .

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In questo contesto, il mercato farmaceutico italiano riamne comunque di assoluto rilievo e ne consegue l’interesse e la presenza dei maggiori palyers presenti nel paese, come detto sia con importanti strutture industriali, sia, ovviamente, con adeguate strutture commerciali e di marketing.

4.3 Il settore farmaceutico e la realtà pisana:

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Le prime iniziative imprenditoriali nel settore farmaceutico compaiono nella provincia di Pisa agli inizi del XX secolo, durante una fase di profonda trasformazione ed intenso sviluppo dell’industria locale; a fianco delle produzioni tradizionali, fondate sull’artigianato e sulla piccola industria (tessile e laterizi), vengono avviate sul territorio produzioni manifatturiere ad elevata intensità di capitale e con forte specializzazione produttiva. Il rafforzamento dell’industria pisana passa anche attraverso gli investimenti nel settore tessile e nel settore zuccheriero, promossi da alcuni finanzieri e industriali liguri, attratti dalle favorevoli condizioni sul territorio pisano come la presenza di infrastrutture e la disponibilità di manodopera a basso costo.

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Le seguenti informazioni circa la realtà farmaceutica Farmigea provengono dalla medesima documentazione:

Bianchi A., Il settore farmaceutico pisano: un incontro tra ricerca e impresa in cento anni di storia, Pacini, Milano, 2008.!

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L’apparato industriale della città tuttavia, pur sviluppandosi a ritmi sostenuti, mostra nei primi decenni del XX secolo un marcato dualismo; da una parte, infatti, vi è un rispettoso numero di gruppi industriali, esterni al territorio provinciale, che fonda grandi imprese in prospettiva nazionale o addirittura internazionale, mentre, dall’altra, vi è una schiera più nutrita di imprenditori locali che si limitano a gestire piccole attività, spesso di tipo artigianale e con commerci a dimensione locale. A questa seconda tipologia d’imprenditori appartengono le prime aziende farmaceutiche pisane: il primo vero pioniere nel settore è Valentino Baldacci, che nel 1904 fonda l’omonimo laboratorio

“Laboratorio Baldacci”.

L’impresa, del dottore omonimo, pur svolgendo un’attività a carattere artigianale, cerca fin da subito i propri collaboratori tra le file del mondo accademico, e impiega oltre sei anni per la sperimentazione chimica dei prodotti, destinati tuttavia ad un mercato esclusivamente locale.

Dopo l’iniziativa di Baldacci, Pisa segue la costituzione di molte altre imprese farmaceutiche; in genere si tratta di vere e proprie farmacie che affiancano l’attività produttiva di medicinali al piccolo commercio della propria bottega.

Le produzioni sono per lo più di carattere artigianale e fanno impiego d’attrezzature e impianti rudimentali che hanno poco a che vedere con le moderne strumentazioni che si trovano oggi nei laboratori di un’azienda farmaceutica. Non esistono statistiche ufficiali che possano documentare il numero esatto di queste piccole aziende farmaceutiche, ma da testimonianze di imprenditori farmaceutici tramandate di generazione in generazione, pare che a Pisa nel primo decennio de XX secolo siano già presenti quasi una quarantina di piccole imprese galeniche.

Con lo scoppio della prima guerra mondiale, il settore farmaceutico pisano riceve un

importante impulso dal mercato, così come avviene in altre parti d’Italia: il conflitto

infatti porta alla temporanea chiusura dei commerci con la Germania, leader nel campo

chimico-farmaceutico e lascia un vuoto nell’offerta delle specialità medicinali in una

fase in cui la richiesta verso questi prodotti è in continuo aumento. Di fronte a queste

prospettive di mercato il comparto farmaceutico pisano si arricchisce di nuove iniziative

imprenditoriali, alcune delle quali sono destinate a fare la storia del settore nella città di

Pisa; tra queste vanno segnalate, in particolare, il Laboratorio Guidotti (fondato da

Luigi Guidotti nel 1914) che diventa nell’immediato dopoguerra il primo stabilimento

italiano a produrre aminoacidi su scala industriale, e l’Istituto Galenico (fondato da

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Alfredo Gentili nel 1917) che si afferma in breve tempo a livello nazionale ed oltre nel campo degli sciroppi ricostituenti.

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Com’è riportato in molti studi riguardanti l’economia pisana

159

, l’esistenza di una grande università, nella quale sono presenti centri e strutture di ricerca particolarmente avanzati, è la condizione che induce la nascita e il successivo sviluppo nella città di Pisa delle attività in campo farmaceutico.

Le iniziative imprenditoriali sopra ricordate sono infatti tutte connesse in qualche modo a rapporti di collaborazione con docenti e ricercatori universitari.

Nel corso degli anni Venti e Trenta, il comparto farmaceutico prosegue il suo incessante sviluppo grazie al costante incremento della domanda delle specialità medicinali dovuto all’allargamento dei mercati locali, nazionali e internazionali.

Alle iniziative sopra ricordate, a cavallo degli stessi anni, il panorama farmaceutico pisano si arricchisce di altre importanti imprese, oggi tuttavia non più operanti; tra queste vanno ricordate in particolare il Laboratorio Carlo Conti (fondato nel 1927) la cui produzione più rilevante è quella dei flaconi per la fleboclisi e per l’uso epidermico, l’Istituto Opoterapico (fondato nel 1932) e la Farmacia Biagini (fondata nel 1939), entrambi specializzati nella lavorazione dei derivati del sangue.

Nel corso di questi decenni il legame con l’ateneo pisano diventa sempre più stretto ed essenziale per la crescita delle singole aziende; grazie a questo collegamento la farmaceutica pisana si caratterizza, come avviene in poche altre parti d’Italia, come vera attività industriale, distinguendosi così da molti laboratori sparsi nel paese, dove invece l’attività produttiva risulta essere puramente collaterale a quella commerciale delle farmacie.

A tale proposito, alcuni autori

160

ricordano che, nel periodo compreso tra le due guerre, il settore farmaceutico presente in Toscana risulta, in termini di addetti, al terzo posto nella graduatoria nazionale, dopo Lombardia e Piemonte, e che in ambito toscano si possa parlare dell’industria farmaceutica solo nelle province di Pisa e Siena.

Successivamente, lo scoppio della seconda guerra mondiale ha conseguenze gravissime sull’economia pisana: i bombardamenti arerei alleati del 1943, oltre a distruggere le civili abitazioni, non risparmiano neppure le strutture economico-produttive presenti nel

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Bianchi A., Il settore farmaceutico pisano: un incontro tra ricerca e impresa in cento anni di storia, Pacini, Milano, 2008.

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Violante C., Economia, società e istituzioni a Pisa nel Medioevo, Dedalo Libri

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Bianchi A., Il settore farmaceutico pisano: un incontro tra ricerca e impresa in cento anni di storia, Pacini,

Milano, 2008.!

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centro cittadino, tra cui molte appartenenti al settore chimico-farmaceutico. Somma caparbietà viene mostrata dagli imprenditori farmaceutici che si trovano costretti a ripartire da zero, dai rifornimenti delle materie prime fino alla ricostruzione dei normali canali distributivi; è così che nell’immediato dopoguerra, oltre alla ripresa delle aziende sorte tra i due conflitti, nascono iniziative farmaceutiche del tutto nuove come, ad esempio, Farmigea, che si specializza nel settore oftalmico, segno evidente questo di un dinamismo imprenditoriale che non cessa mai di esistere nell’area industriale pisana, nonostante le grandi difficoltà congiunturali degli anni del dopoguerra.

Dopo la fase della ricostruzione post-bellica, completatasi nel corso degli anni Cinquanta, il settore secondario pisano dispone alla rilevazione censuaria delle attività industriali del 1961 di 6.400 unità locali e 50.491 addetti; il comparto farmaceutico, con 23 unità locali e 794 addetti, pesa dunque, in termini di unità lavorative, solo per l’1,6 per cento sull’intera industria pisana.

Osservando l’andamento del settore nei censimenti successivi si osserva, tra il 1961 e il 2001, una sostanziale crescita del settore in termini d’occupati interrotta soltanto nel 1981 con un decremento occupazionale rispetto al 1971 dell’11%; il dato, accompagnato anche da una decisa contrazione percentuale delle unità locali (38 per cento), riflette il particolare momento attraversato dall’industria farmaceutica a cavallo dei due decenni a causa del contenimento della spesa pubblica nelle specialità medicinali avviata, dai governi, verso la fine degli anni Settanta.

Per quanto riguarda la dimensione media d’impresa, i dati riferiti alle industrie farmaceutiche pisane mostrano fino al 1991, dimensioni medie inferiori rispetto alla media toscana che è, a sua volta, inferiore a quella nazionale: nel 2001 la dimensione media dell’impresa provinciale (108 addetti) sopravanza sia quella regionale (85 addetti) che quella nazionale (76 addetti).

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4.4 L’Azienda Farmigea:

La “Farmigea Laboratori Prodotti Farmaceutici- Igienici e Affini” nasce come società a responsabilità limitata il 4 aprile 1946 per iniziativa dell’industriale Giuseppe Rossini e dei ragionieri Gino Mannocci e Aldo Cerri, tutti residenti nel comune di Pisa.

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Bianchi A., Il settore farmaceutico pisano: un incontro tra ricerca e impresa in cento anni di storia, Pacini,

Milano, 2008.

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Il capitale sociale, fissato in 300.000 lire, è diviso in 300 quote di cui la maggioranza (280) è assegnata a Rossini, mentre la parte restante (20) si suddivide in modo paritetico tra Mannocci e Cerri. Questa piccola società, che opera nel settore della chimica farmaceutica gestendo un modesto opificio nella zona centrale di Pisa registra, fin dall’inizio, serie difficoltà economico-finanziarie; com’è documentato dai bilanci di esercizio, la società si trova subito ad affrontare perdite economiche pari a 113.447 lire nell’esercizio 1947 e a 80.110 lire nell’esercizio 1948.

La cattiva partenza induce il Rossini a vendere subito la propria creatura e trova come acquirente Antonio Federighi, un imprenditore agricolo molto conosciuto a Pisa non solo per le sue fattorie e i suoi allevamenti di cavalli, ma anche per aver donato al Comune di Pisa la “Arena Federighi” un tempo ippodromo e oggi sede dello stadio di calcio della città. L’intenzione dell’imprenditore è quella di impiegare una parte dei propri capitali in un settore – quello farmaceutico- che sembra assicurare ai propri figli stabili prospettive di lavoro e prosperità.

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La famiglia rileva così Farmigea nel febbraio del 1949, con l’acquisizione di tutte le quote del capitale sociale così ripartite: 135 quote sono assegnate ad Antonio Federighi, 45 a sua moglie Leonella Chelossi, mentre le restanti sono riconosciute in parti uguali ai tre figli (40 quote a ciascuno).

Pur avendo la maggioranza di capitale Antonio Federighi esce subito di scena, tornando alla sua vera passione che è l’allevamento dei cavali, e affida la gestione del piccolo laboratorio farmaceutico ai figli più grandi Leopoldo e Alberta Laura.

I primi esercizi sotto la guida del figlio Leopoldo tuttavia confermano le difficoltà incontrate dai precedenti proprietari, chiudendosi con un risultato in negativo nel 1949 che, assommato a quelli degli esercizi precedenti, determina una perdita complessiva di 200.721 lire.

I prodotti di farmaceutica e cosmetica di Farmigea non incontrano il favore dei consumatori, e l’unica alternativa è il ritiro immediato dal mercato; il giovane imprenditore capisce quindi che bisogna puntare sul potenziamento dei propri laboratori di ricerca per arrivare a farmaci nuovi; per questo motivo Farmigea viene dotata di un laboratorio chimico-biologico in cui vengono testati e riprodotti i farmaci venduti con eccellenti risultati nei paesi più avanzati come Stati Uniti, Germania, Francia,

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Inghilterra e nei quali, a differenza del nostro paese, esiste la protezione brevettale delle scoperte in campo farmaceutico.

Con questi investimenti vengono gettate, così, nuove basi di sviluppo per Farmigea che risultano essere confermate dalla chiusura in utile di tutti gli esercizi compresi tra il 1952 e i primi anni Sessanta; si apre dunque una fase di prosperità per l’impresa pisana che nel frattempo, cambia la propria denominazione sociale in “Farmigea – Istituto Farmaco Biologico Sperimentale – S.r.l” e successivamente, nell’agosto del 1955, si trasforma da società a responsabilità limitata in società in nome collettivo, elevando il proprio capitale sociale a 6 milioni di lire.

I prodotti che vengono sviluppati da Farmigea nel primo decennio della direzione di Leopoldo appartengono alla cosiddetta fascia “generalista” e sono rappresentati per lo più da sciroppi, ricostituenti, estratti e pomate dermatologiche, per i quali la domanda sul mercato italiano è in forte crescita.

Nei primi anni Cinquanta fanno la loro prima comparsa anche i colliri destinati, come vedremo più avanti, ad essere importanti per il successivo sviluppo dell’azienda.

Tuttavia, con l’avvento degli anni Sessanta, Farmigea registra una fase di crisi per eccesso di crescita produttiva, essendo presente in molti, troppi, comparti del settore farmaceutico, e viene quindi sentita l’esigenza di dover scegliere una nuova via per una maggiore specializzazione produttiva; lo stimolo al cambiamento proviene dal Prof.

Calamandrei, docente di oculistica presso Università di Firenze, il quale suggerisce a Leopoldo di puntare maggiormente sulla produzione di prodotti oftalmici, per i quali la domanda di mercato è in continua espansione.

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Leopoldo scommette così sulla potenzialità di quel comparto potenziando le attrezzature e gli impianti per la produzione dei colliri, creando un prodotto leader del settore oftalmico come il Tetramil pluridose, un collirio di successo destinato a restare in azienda fino al 2007, con oltre un milione di confezioni vendute all’anno.

La specializzazione produttiva viene rafforzata da Farmigea nel corso degli anni Settanta quando, l’imprenditore decide di riorganizzare la propria azienda dandole una forma giuridica più vicina alle esigenze di una media grande impresa; l’azienda pisana viene così trasformata, nel dicembre 1971, da società in nome collettiva, in società per azioni, cambiando la propria ragione sociale in “Farmigea S.p.A. – Industria Chimico Farmaceutica”.

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Successivamente, l’entrata in scena di Alberto Federighi (fratello di Leopoldo), a cui si aggiunge l’ingresso del prof. Bianchini – docente e ricercatore in Farmacologia Clinica presso l’Università di Modena- in società, rappresenta un vero e proprio punto di svolta per Farmigea; grazie al contribuito di questi due amministratori, l’impresa pisana intraprende, con maggiore decisione, la strada della specializzazione nei settori dell’oculistica e della ginecologia liberandosi gradualmente dei prodotti “generici”

sempre più considerati dei rami secchi e poco remunerativi.

In particolare, il comparto più importante per Farmigea diventa, durante gli anni Settanta, quello ginecologico, con il suo farmaco leader di questa linea produttiva che è il Poliplacen; per quanto riguarda questo settore, l’impresa pisana si dota di una linea automatica per la produzione di ovuli e candelette vaginali, mentre per quanto concerne il settore oftalmico vengono acquisite due linee automatiche: una per l’assemblaggio di confezioni finite con avvolgimento in film retraibile, e un’altra per l’applicazione dello stilla gocce e della capsula ad un nuovo modello di flacone utilizzato per i colliri.

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Inizia dunque dai primi anni settanta, un cambiamento culturale molto importante all’interno di Farmigea basato su ricerca e sviluppo, a cui si affianca però un momento estremamente difficile per l’impresa, così come per tutte le imprese industriali italiane, a causa delle difficoltà sopraggiunte con la crisi economica internazionale; ad aggravare ulteriormente la precaria situazione economica di quegli anni inoltre, interviene un provvedimento ministeriale con il quale viene escluso il Poliplacen, sia in forma di fiale che di ovuli vaginali, decisione che rappresenta un duro colpo per l’impresa pisana, dato che si tratta del farmaco più importante della propria gamma produttiva. L’esclusione di tale farmaco dal Prontuario Terapeutico determina, infatti, una flessione nelle vendite del prodotto pari al 40%, accompagnata da una riduzione dell’intero fatturato pari al 25%.

In questa situazione Farmigea, come tante aziende del suo stesso settore, non può che subire un’alterazione del proprio equilibrio economico, trovandosi quasi sempre in perdita tra il 1972 e il 1977; solamente l’anno successivo vedrà la ripresa dell’azienda, momento nel quale il CIP decide di concedere le revisione di prezzo delle specialità medicinali richieste dalle imprese farmaceutiche.

Per l’azienda pisana gli aumenti accordati, riguardano prodotti leader come il Tetramil pluridose ed una serie di prodotti minori, e il reinserimento del Poliplacen nel

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Prontuario Terapeutico Nazionale, grazie all’autorizzazione ricevuta dal CIP di produrre nuovi prodotti oftalmici, ginecologici e una linea di prodotti cosmetici.

Con il decesso di Leopoldo Federighi a metà degli anni Ottanta, si presenta una netta cesura rispetto alla gestione passata, testimoniata non solo dalla nuova composizione proprietaria delle quote azionarie, ma anche dalla modifica dello statuto societario in cui vengono riconosciuti pieni poteri ad Alberto, il quale diventa così il vero animatore e stratega di tutte le iniziative aziendali fino al 2001.

Il più evidente segno di discontinuità di Alberto Federighi rispetto alla precedente direzione aziendale è quello di abbandonare definitivamente l’attività di export avviata dal fratello maggiore già dai primi anni Sessanta; la strategia di concentrare gli sbocchi commerciali sul mercato nazionale, piuttosto che sui mercati esteri, deriva dall’eccellente performance fatta registrare dal mercato farmaceutico italiano per tutto il decennio compreso tra i primi anni Ottanta e primi anni Novanta.

Dall’altro canto, il nuovo imprenditore si impegna anche a portare avanti i progetti aziendali elaborati a fianco del fratello: tra questi vi rientra il completamento dell’insediamento produttivo effettuato nel 1985 in località Ospedaletto e in aggiunta, l’intensificazione degli sforzi nell’attività di ricerca inaugurata sotto la gestione di Leopoldo.

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In una fase in cui la concorrenza diventa sempre più agguerrita sia nel settore oftalmico che in quello ginecologico, la scelta di Alberto Federighi di potenziare i laboratori aziendali dotandoli di apparecchiature e strumenti maggiormente sofisticati si rileva del tutto vincente; nei primi anni Novanta, la società è l’unica tra le imprese farmaceutiche pisane a poter affermare con orgoglio di non avere, nelle proprie linee di vendita, farmaci ottenuti in licenza da multinazionali italiane o estere, con l’obiettivo principale di cercare di sperimentare l’efficacia di alcuni principi attivi, gia studiati in altri campi medici, nella cura delle patologie riguardanti i rispettivi settori di specializzazione.

A fianco della ricerca, un altro elemento chiave che ha permesso l’affermazione di Farmigea durante gli anni Ottanta e Novanta, consiste nella produzione “in economia”

dei propri farmaci, strategia che si rivela del tutto vantaggiosa perché, oltre a permettere un migliore controllo dei costi di processo, consente di elevare il livello di produzione anche per conto di quelle imprese che offrono sul mercato farmaci generici.

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Nel complesso Farmigea, durante la direzione di Alberto Federighi, ottiene soddisfacenti risultati che possono essere desunti dall’andamento pressoché positivo di tutti i bilanci compresi tra l’anno in cui Alberto prende le redini della società (1981) fino al 2001, anno in cui decide di vendere l’azienda familiare.

Con l’arrivo del nuovo millennio il passaggio generazionale di Farmigea viene assicurato grazie ad una classica operazione di family buyout, con l’obiettivo finale di assicurare il trasferimento generazionale di una società ricorrendo a capitale di prestito;

l’acquisto di Farmigea viene alla fine concluso da 3i Group – primario fondo inglese quotato alla Borsa di Londra, il quale accetta di accordare il proprio supporto finanziario ai soci interessati a continuare la gestione- con la contemporanea assegnazione della maggioranza del capitale della newco ai soci familiari operativi e la contestuale liquidazione delle quote ai soci familiari venditori.

Con l’ingresso di 3i nel capitale azionario, Farmigea conosce importanti cambiamenti:

subentra infatti per la prima volta nell’azienda pisana la cultura dei report finanziari e dei budget, che modificano profondamente la comunicazione interna e la propria immagine. Dal punto di vista strategico si decide di sviluppare Farmigea lungo certe linee direttrici, alcune delle quali risentono dei valori della passata gestione di Alberto Federighi; ne sono un esempio la continuazione di attività di Ricerca e Sviluppo e il mantenimento dell’attività di conto terzi specializzato nell’oftalmico e riportare Farmigea sui mercati esteri.

Nel 2003 3i Group esce dalla società pisana e la sua quota (45%) viene acquisita per una parte (10%) dai fratelli Federighi e la restante (35%) da Alfa Wasserman, una delle maggiori imprese italiane nel campo farmaceutico e diagnostico, ma senza specializzazioni nel settore oftalmico, fino a quando, nel 2007 i due fratelli Mario e Federigo Federighi, non acquisiscono la totale proprietà di Farmigea al 100%.

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Farmigea Oggi:

Dal 2007 ad oggi l’obiettivo primario dell’azienda è stato quello di innovazione e differenziazione del proprio profilo: nasce quindi nel 2008 Farmigea Holding, società che controlla un gruppo di aziende operanti nel settore dell’oftalmologia e dell’otorino- laringoiatra.

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Il gruppo Farmigea

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, costituito da Farmigea Holding e dalle controllate Farmigea, Farmigea Italia, Farmigea Laboratori e Oftagen Surgical, rappresenta la seconda realtà Italiana del settore oftalmologico.

Per raggiungere gli obiettivi aziendali, che pongono al centro il benessere e la salute degli individui, Farmigea ha sviluppato un modello aziendale agile, completo e moderno, rappresentando così una realtà molto significativa nel panorama farmaceutico italiano.

Farmigea Italia:

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nasce nel 2013, come società che gestisce nel mercato italiano un listino di prodotti oftalmici, principale business del gruppo.

È l’ottava azienda oftalmica su un totale di oltre trenta operanti in questa nicchia di mercato nazionale; il suo listino si compone di circa 30 referenze oftalmiche: tra i suoi prodotti di maggior successo troviamo Blefarette, Ketofitil, Licofor: questi prodotti sono tutti brand leader di mercato nei settori di appartenenza.

Oftagen Surgical: nell’ottica di coprire il mondo oftalmico a 360°, a Gennaio 2014 ha iniziato la propria attività commerciale la società Oftagen Surgical, con l’obiettivo di offrire una completa gamma di prodotti e servizi rivolti allo specialista oftalmico che si occupa di chirurgia oculare.

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Disponibile al sito: http://www.farmigea.it/farmigea-oggi.html

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Le seguenti informazioni provengono da documenti privati forniti dall’azienda Farmigea in questione su richiesta

e presenti su presentazione PowerPoint.

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Farmigea Laboratori: società nata nel 2015, raccoglie sotto il suo marchio tutti i prodotti della linea Otorino e Wound Management presenti da alcuni anni nel listino dei prodotti Farmigea.

Internazionale: il gruppo Farmigea sta allargando i propri orizzonti attraverso una propensione ad esportare i propri prodotti nel mondo; questa sezione rappresenta quindi le BU che implementano le strategie di internazionalizzazione del gruppo su scala mondiale.

La presenza di Farmigea nei mercati esteri si articola oggi attraverso accordi di distribuzione e di licenza che le hanno permesso di svilupparsi anche al di fuori del territorio italiano; questo grazie anche a una linea di prodotti in lingua inglese che ha aperto le porte ad un processo di internazionalizzazione di più ampio respiro.

Farmigea Store:

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è il negozio di Farmigea sul Web. Ad oggi lo Store online contiene i dispositivi medici ed i nutraceutici del listino Farmigea Italia; dal 2014 la vendita on- line si è estesa a tutti gli altri prodotti del gruppo Farmigea Holding vendibili attraverso il canale digitale. Farmigea Store ha inoltre un altro primato: è infatti il primo store online di prodotti Oftalmologici ad essere stato approvato da Ministero della Salute.

5 L’EVENTO FARMACEUTICO: UN EVENTO DI SETTORE 5.1 Il Marketing farmaceutico: fra peculiarità e vincoli

Il marketing ha assunto nel corso degli anni numerose accezioni: la definizione più ampia e generale di tale attività è quella espressa da Kotler: “Il marketing è il processo sociale mediante il quale una persona ottiene ciò che costituisce oggetto dei propri bisogni e desideri creando, offrendo e scambiando prodotti e valori con altri”.

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Questa definizione si basa su alcuni concetti base, quali: i bisogni, i desideri, la domanda, i prodotti, il valore intrinseco ad essi correlato e la soddisfazione del cliente.

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Disponibile al sito: http://www.farmigeaholding.it/it/index.php/chisiamo

Si ringrazia la disponibilità dell’Azienda Farmigea, del Dr. Federighi M., della Dr.ssa Cordella C., per avermi fornito il materiale necessario e i consigli utili ai fini della mia ricerca sull’azienda in questione

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Kloter P., Marketing management, Analysis, planning and control, Prentice Hall, Englewood Cliff, 1991

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