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La scoperta dell’acido folico o acido pteroil-glutammico o Vitamina B

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CAPITOLO III

FOLATI

3.1 CENNI STORICI

La scoperta dell’acido folico o acido pteroil-glutammico o Vitamina B

B

9 risale agli anni ’30, quando Lucy Willis osservò che l’anemia macrocitica della donna in gravidanza poteva trarre giovamento da estratti di lievito o di fegato (Willis, 1930; Willis, 1931).

Si dimostrò successivamente, che il componente attivo degli estratti era essenziale per la crescita dei pulcini e necessario nei terreni di crescita di alcuni batteri, principalmente il Lactobacillus casei e lo Streptococcus faecium. Queste osservazioni consentirono la messa a punto di un saggio biologico rapido basato sulla crescita di questi batteri, che portò in breve all'isolamento nel 1941 e all'identificazione strutturale nel 1943, da parte di Strokstard (Angier et al., 1945), del fattore attivo; si trovò che la vitamina era abbondante nelle verdure a foglia larga come gli spinaci e fu di conseguenza chiamata acido folico .(dal latino=foglia).

Per molti anni l'acido folico, presente nelle verdure a foglia verde

come gli spinaci, ma anche nel fegato, nella carne, nelle uova, negli

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asparagi, nei pomodori, nei fagioli, nei legumi e nelle arance, è stato impiegato quasi esclusivamente in ambito ematologico per le anemie macrocitiche e/o megaloblastiche.

Dall'inizio degli anni '80 sono emersi sempre più evidenti gli stretti rapporti fra carenza di folati ed aumentato rischio di sviluppo di malformazioni del tubo neurale (NTD) (Feldkamp et al., 2002) quali la spina bifida e l' anencefalia, in bambini nati da donne che hanno avuto un insufficiente apporto nutrizionale di folati durante la gravidanza (Persad et al., 2002; Ray et al., 2002).

In condizioni normali, durante la gravidanza il tasso di acido folico nel sangue del cordone ombelicale è tre volte superiore al tasso del sangue materno, in quanto questa sostanza, è indispensabile al feto per i suoi bisogni metabolici (metabolismo degli aminoacidi, delle purine e delle pirimidine).Se le madri sono in una condizione di carenza di folati, i valori, invece, sono molto bassi; per tale motivo dal 1992, a tutte le gravide, il FDA (Food and Drug Adminisration) ha consigliato di assumerne, a scopo preventivo, 0,4 mg/die per tutta la durata della gestazione (Erickson, 2002).

Nel corso degli anni, grazie a numerose indagini, sono emerse altre

potenziali manifestazioni da carenza di folati: iperomocisteinemia con

aumentato rischio di malattie vascolari occlusive (Hankey e Eikelboom,

1999), crisi convulsive neonatali, (Torres et al., 1999), disturbi

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neuropsichiatrici di tipo depressivo (Taylor et al., 2003), neuropatie

periferiche, degenerazione subacuta combinata del midollo spinale,

demenza di Alzhaimer (Malouf et al., 2003), malattia di Parkinson. La

carenza di folati è stata messa in relazione, inoltre, ai tumori del distretto

testa-collo (Almadori et al., 2002, 2005) e di lesioni preneoplastiche

gastrointestinali, della cervice uterina e del polmone (Green e Miller,

1999; Giovanucci, 2002; Coppola e Di Mimmo, 2004). Da quanto fin qui

esposto appare evidente che la carenza di folati, un tempo considerata

responsabile solo di una particolare forma di anemia, è ora riconosciuto

come fattore determinante di molteplici condizioni patologiche.

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3.2 BIOCHIMICA

Chimicamente l'acido folico è formato da tre porzioni distinte:

¾ L'anello doppio di una pteridina eterociclica, la 6-metilpterina;

¾ L'acido p-aminobenzoico (PABA);

¾ L'acido glutammico.

Queste tre componenti sono mostrate nella Figura 2.

Pirimidina Pirazina

6-Metilpterina P ABA Glutammato

Acido pteroico

Acido pteroilglutammico (acido folico)

Figura 2. Struttura dell’acido folico.

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La combinazione delle prime due componenti costituisce l’acido pteroico; i folati sono quindi pteroilglutamati.

I folati naturali differiscono dall’acido folico per tre aspetti:

¾ riduzione dell’anello pteridinico;

¾ presenza di unità monocarboniose legate agli atomi di azoto in posizione 5 (N 5 ) e/o 10 (N 10 ): -CHO, formile; -CH 2 OH, idrossimetile -CH 3 , metile; -CH 2 -, metilene; -CH, metenile; -CH = NH-, formimino;

¾ presenza di catene di lunghezza variabile costituite da residui

glutammici (da 3 a 7) legati con legame gamma peptidico all'acido

glutamico. I folati con catene laterali sono denominati pteroil o folil

poliglutamati (come i triglutamati).

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3.3 ASPETTI FISIOPATOLOGICI

Le cellule animali non sono capaci di sintetizzare l'acido paraminobenzoico (PABA) o di attaccare il primo glutamato all'acido pteroico; per cui, contrariamente ai batteri ed alle piante, gli animali richiedono acido folico nella dieta; la cui maggior sorgente è costituita dalla verdura (asparagi, spinaci, broccoli, lattuga, indivia), dalla frutta (limoni, arance, banane, meloni, nocciole), dal fegato, dal lievito, dai funghi ed dal cioccolato.

Nelle piante, l'acido folico esiste soprattutto come pteroileptaglutamato, nel fegato come pentaglutamato. Questi peptidi sono resistenti all'idrolisi, da parte dei comuni enzimi proteolitici presenti nell'intestino, poichè la catena laterale polare ne impedisce l’assorbimento; sono scissi però da uno specifico gruppo di enzimi intestinali (γ- glutammilcarbossipeptidasi), che convertono i poliglutammati in mono- e glutammati. Solo la forma monoglutammata è assorbita e, la maggior parte, ridotta a tetraidrofolato (H 4 folato) e metilato a N 5 -metil-H 4 , folato nelle cellule intestinali, come parte integrante del processo di assorbimento, ma tale reazione è alterata nella steatorrea idiopatica, nella sprue tropicale ed in altri disordini intestinali.

Nel plasma circa 2/3 del folato è legato a proteine: il folato plasmatico è

soprattutto presente nella forma di N 5 -metiltetraidrofolato, un

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monoglutamato trasportato all’interno della cellula da un carrier specifico per la forma tetraidrata della vitamina.

CONVERSIONE DEL FOLATO IN TETRAIDROFOLATO

Una volta all'interno della cellula, il folato è convertito nelle sue forme

attive, mediante due riduzioni successive della porzione pirazinica

dell'anello pteridinico, reazioni catalizzate dalla diidrofolato riduttasi, un

enzima specifico per il NADPH. La prima riduzione dà il 7,8-diidrofolato e

la seconda produce il 5,6,7,8-tetraidrofolato. La diidrofolato riduttasi è stata

studiata a fondo, in quanto bersaglio dell'azione di un certo numero di

antimetaboliti di grande utilità clinica. Nel 1948 due analoghi del folato,

l'aminopterina e l'ametopterina (anche conosciuta come metotrexato), furono

sintetizzati e fu dimostrato che erano capaci di indurre remissioni nelle

leucemie acute; dieci anni più tardi, si scoprì che questi composti inibivano la

diidrofolato reduttasi, legandosi all'enzima con un'affinità almeno mille volte

superiore rispetto a quella del normale substrato. Questi analoghi bloccano

quindi l'utilizzazione del folato e del diidrofolato ed oggi sappiamo che il

loro effetto deriva dal fatto che la diidrofolato riduttasi è coinvolta nella

biosintesi dei nucleotidi timidinici; di conseguenza nella biosintesi del DNA

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e, inibendo la sintesi del DNA, viene bloccata la proliferazione delle cellule cancerose.

IL TETRAIDROFOLATO NEL METABOLISMO DELLE UNITA’ A UN ATOMO DI CARBONIO

La funzione principale di queste vitamine è trasferire un'unità di carbonio, sotto forma di gruppi metilici o formilici, a vari composti organici. La fonte di tali unità di carbonio è in genere la serina, che reagisce con il tetraidrofolato e forma glicina e N 5-10- metilene tetraidrofolato.

Una fonte alternativa è rappresentata dall'acido formiminoglutummico,

un prodotto intermedio del catabolismo dell'istidina che, cedendo il

gruppo formimino al tetraidrofolato, produce N 5 forminotetraidrofolato e

acido glutammico. Questi prodotti favoriscono l'ingresso in un pool di

donatori interconvertibile, costituito da derivati del tetraidrofolato che

hanno legato un'unità di carbonio. I costituenti di questo pool di donatori,

possono cedere la loro unità di carbonio a diversi composti accettori,

dando così origine a metaboliti intermedi che costituiscono gli elementi

fondamentali nella sintesi di macromolecole.

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Gli elementi più importanti sono:

¾ Le purine, in cui gli atomi C-2 e C-8 sono introdotti mediante reazioni folato-dipendenti;

¾ il desossiltimidilato monofosfato (dTMP), sintetizzato dalla N 5-10 - metilene tetraidrotolato e il desossiuridilato monofosfato (dUMP);

¾ la metionina formata dal trasferimento di un gruppo metile dall’N 5 - metiltetraidrofolato all’omocisteina.

In tutte le reazioni di trasferimento di carbonio, eccetto una, si produce tetraidrofolato, che può immediatamente accettare un'unita di carbonio e rientrare nel pool di donatori.

L'eccezione è rappresentata dalla reazione di sintesi del timidilato (dUMP→dTMP), in cui si produce diidrofolato, che deve essere ridotto a tetraidrofolato dall’enzima diidrofolato reduttasi prima di poter rientrare nel pool dei donatori.

In carenza di folati può verificarsi un accumulo di omocisteina per mancanza diretta o indiretta di metiltetraidrofolato.

Le cellule, che si dividono rapidamente, sono particolarmente vulnerabili

ad una mancanza di folati o di vitamina B 12 . e tale deficit determina una

difettosa sintesi di DNA nelle cellule che si dividono, sintesi

particolarmente evidente nel midollo osseo (anemia megaloblastica) e

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nell’embrione (incremento del rischio di malformazioni congenite) (Istituto Superiore di Sanità).

La carenza di folati è uno dei deficit vitaminici più comuni e può essere conseguente ad inadeguata introduzione, ad aumentato fabbisogno, ad alterato assorbimento e metabolismo o ad assunzione di farmaci.

Nei paesi sviluppati, il deficit nutrizionale di folati si incontra soprattutto nei gruppi economicamente meno privilegiati, come ad esempio gli anziani.

Le richieste di folati aumentano in caso di gravidanza, di allattamento e di prematurità.

Alcune malattie alterano l’assorbimento dell’acido folico, come la celiachia, la malattia di Crohn, e la gastrite-atrofica; stati carenziali di acido folico, spesso subclinici ed asintomatici, si verificano in seguito a trattamenti con alcuni tipi di farmaci: ad esempio chemioterapici antiblastici, come il metotrexate, ma anche con anticonvulsivanti come la difenilidantoina e la carbamazepina, contraccettivi orali o chemioterapici antitubercolari.

Mutazioni della metionina sintetasi, in modo particolare della 5,10-

metilentetraidrofolato reduttasi (MTHFR), sono oggi ritenute le più

frequenti cause dell’alterato metabolismo dei folati e della conseguente

iperomocisteinemia.

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