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6. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
In conclusione è possibile affermare che la DGP può rivelarsi una tecnica molto utile nel campo della procreazione medicalmente assistita (Pickering et al., 2003; Verlinsky et al., 2004) e può rappresentare una possibilità importante per molte coppie con alto rischio di trasmissione di malattie genetiche.
Occorre dopotutto non sottovalutare i limiti etici che questa metodica comporta. Esiste infatti una linea di pensiero dove la Diagnosi Genetica Preimpianto è vista come una forma di eugenetica, che non viene rilevata nella Diagnosi Prenatale. Il termine eugenetica fa riferimento allo studio dei metodi volti al perfezionamento della specie umana attraverso selezioni artificiali operate tramite la promozione dei caratteri fisici e mentali ritenuti positivi (eugenetica positiva) e la rimozione di quelli negativi (eugenetica negativa).
Tale dottrina afferma che non esiste nell’ordinamento un aborto
“eugenetico”, ma che l’unica causa legittimante l’aborto è la necessità di salvaguardia della salute della donna, al contrario la diagnosi preimpianto avrebbe l’unico scopo di selezionare gli embrioni in base al loro stato di salute, costituendo quindi una pratica di tipo eugenetico.
E’ necessario tuttavia sottolineare che le finalità perseguite attraverso la Diagnosi Preimpianto sono essenzialmente conoscitive e, quindi, concettualmente neutre rispetto alle ulteriori finalità, che riguardano esclusivamente la sfera personale dei diretti interessati.
Pertanto, se l’aborto terapeutico non costituisce “eugenetica”, allo stesso modo si deve ritenere che anche la richiesta di non impiantare un embrione che sia altrettanto gravemente malato non lo sia. In entrambi i casi infatti la finalità assolutamente principale è quella della tutela della salute e dell’equilibrio psicofisico della donna; un effetto eugenetico di tipo negativo senz’altro sussiste, ma esso costituisce una conseguenza obiettiva e del tutto secondaria, non la finalità direttamente perseguita.
I limiti imposti fino ad oggi dalla Legge 40 e gli elevati costi che tale tecnica richiede fanno sì che la DGP non sia in grado di sostituire completamente metodi più convenzionali come la diagnosi prenatale.
Quest’ultima infatti continua ad essere consigliata anche per quelle coppie che
64 hanno deciso di utilizzare la genetica preimpianto in modo tale da avere un’ulteriore certezza della salute del proprio figlio.
La diagnosi genetica preimpianto rimane infatti una complessa combinazione di diversi tecnologie, che comprendono la medicina riproduttiva, nonché la genetica clinica e molecolare, e non essendo esente da possibili errori diagnostici, richiede quindi la stretta collaborazione di questo team di specialisti. Tuttavia i rapidi progressi della genetica molecolare che sono avvenuti negli ultimi anni e l’esperienza accumulata soprattutto nell’ultimo decennio hanno permesso di raffinare sempre di più questo tipo di diagnosi e favorire un aumento sostanziale della gamma di malattie genetiche su cui può essere applicata. Ciò nonostante la precisione e l’attendibilità di tale tecnica necessitano ancora di essere ulteriormente migliorate così da garantire che in un futuro prossimo la DGP possa giocare un ruolo sempre più importante nella procedura clinica, diventando una opzione utile per molte coppie con alto rischio di trasmissione di una malattia genetica, e impedendo la nascita di bambini affetti da queste malattie o il ricorso ad aborti terapeutici (F.Fiorentino et al.,2005).