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I MODELLI DEL CLIMA ALLA FRONTIERA DELLA SCIENZA E DELLA TECNOLOGIA

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Academic year: 2021

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Il clima del nostro pianeta è un sistema complesso, in cui le diverse componenti interagiscono su molte scale di tempo e di spazio mediante innumerevoli meccanismi di retroazione non lineare. Lo studio del clima è multidisciplinare e richiede tutti gli strumenti scientifici e tecnologici oggi a disposizione, dalla misura e os-servazione al suolo e da satellite all’analisi dei dati, agli sviluppi concettuali e alla costruzione di modelli dinamici e numerici dell’intero Sistema Terra.

In particolare, per ottenere stime quantitative dell’evoluzione del clima nei prossimi decenni, cruciali anche da un punto di vista applicativo, è necessario costruire modelli numerici in grado di descrivere la ricchezza del sistema climatico, includendo rappresentazioni dell’atmosfera, dell’oceano, del suolo e del sottosuolo, della biosfera e dei principali cicli biogeochimici. Prima di essere utilizzati per proiezioni future, i modelli sono con-frontati con le misure del clima presente e passato, per verificarne le capacità di riprodurre le condizioni e le dinamiche temporali effettivamente misurate (benché spesso affette da incertezze).

Punto di partenza per ottenere proiezioni future sono i modelli globali, in grado di descrivere la dinamica del sistema climatico su tutto il nostro pianeta. Il prezzo da pagare per poter ottenere una tale descrizione è accettare una risoluzione spaziale limitata, che attualmente è fissata fra i 50 e i 120 chilometri in orizzontale e qualche centinaio di metri in verticale. Questo vuol dire che l’intera terra è coperta con una griglia tridimen-sionale, longitudine-latitudine-altezza, su cui vengono definite le variabili dinamiche rilevanti (temperatura, velocità del vento o delle correnti oceaniche, umidità atmosferica, etc.). Tutto quello che succede a scale più piccole viene “parametrizzato”, ovvero rappresentato in modo semplificato mediante relazioni empiriche che legano il valore delle variabili “sottogriglia” a quello delle variabili risolte sulla griglia numerica. I modelli globali sono indispensabili per ottenere una stima del comportamento del sistema climatico sull’intero pianeta e per studiare fenomeni di grande scala, come la dinamica dei monsoni o la circolazione termoalina oceanica, ma non possono fornire informazioni quantitative e precise su regioni limitate.

Per risolvere questo problema, sono state percorse molte strade. La soluzione maggiormente seguita è ba-sata sullo sviluppo di modelli regionali, concettualmente simili a quelli globali, ma pensati esplicitamente per raggiungere risoluzioni più alte in specifiche macroregioni, alcune delle quali sono particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici, quali l’area del Mediterraneo, la regione Himalayana oppure l’Artico. I modelli regionali utilizzano le informazioni prodotte da quelli globali come condizioni al contorno del dominio dove sono definiti e permettono di raggiungere, a livello regionale, una risoluzione più alta. Questa è la strada, ad esempio, se-Lo studio del clima si basa su dati e osservazioni, oggi

disponibili in quantità e qualità inimmaginabile fino a pochi anni fa. Tuttavia, per ottenere “previsioni clima-tiche” (o meglio “proiezioni” visto il carattere statistico del problema), è necessario utilizzare modelli matema-tici che descrivano, al meglio delle nostre conoscenze, il funzionamento del sistema climatico. Questi modelli, per la loro complessità, richiedono enormi risorse di calcolo e continua innovazione scientifica, tecnologica e informatica nella descrizione dei processi e nella loro implementazione numerica.

I MODELLI DEL CLIMA ALLA FRONTIERA

DELLA SCIENZA E DELLA TECNOLOGIA

Vincenzo Artale vincenzo.artale@enea.it Paolo Ruti paolo.ruti@enea.it Gianmaria Sannino gianmaria.sannino@enea.it ENEA Elisa Palazzi e.palazzi@isac.cnr.it Antonello Provenzale a.provenzale@isac.cnr.it Jost von Hardenberg j.vonhardenberg@isac.cnr.it ISAC CNR

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guita da due gruppi italiani che svolgono le proprie attività numeriche in collaborazione con il CASPUR: il gruppo attivo presso l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del CNR (ISAC), che partecipa allo sviluppo del mo-dello climatico globale EC-Earth, e il gruppo dell’ENEA UTMEA, che ha sviluppato il momo-dello accoppiato regionale PROTHEUS per la regione Mediterranea.

EC-Earth [1-2] è un modello climatico globale di ultima generazione, basato sul modello atmosferico IFS del Centro Europeo ECMWF di Reading e su quello europeo dell’oceano NEMO [3], includendo il modulo di suolo H-Tessel [4] e il modulo di ghiacci marini LIM2 [5]. Nei prossimi mesi il modello sarà esteso per includere la dinamica della vegetazione attraverso il modulo LPJ-GUESS [6] e il trasporto e la chimica degli aerosol atmo-sferici attraverso il modulo TM5 [7]. Lo sviluppo di questo modello è basato sulle attività del consorzio europeo EC-Earth, di cui il CNR-ISAC è membro effettivo. Fra queste attività ricordiamo la partecipazione all’iniziativa in-ternazionale CMIP5 di confronto fra i modelli climatici, che fornirà le nuove simulazioni di scenari futuri, e lo studio dei cambiamenti nel ciclo idrologico sia a livello globale che in specifiche macroregioni quali la zona Hi-malayana (Figura 1), dove sono studiati i meccanismi di interazione fra il monsone indiano e le perturbazioni provenienti dal Mediterraneo e dall’Atlantico.

Un’altra regione di particolare interesse, definita come un hot spot rispetto ai cambiamenti climatici, è l’intera area del Mediterraneo che rappresenta un “unicum” dinamico sia per la sua capacità di interagire alle medie latitudini con il flusso a larga scala di origine Atlantica, generando fenomeni a scala di bacino (per es. ciclogenesi) statisticamente rilevanti per gli eventi estremi, sia per l’accoppiamento con la circolazione tropicale tramite le “teleconnessioni” (interazioni con fenomeni climatici remoti come il Monsone Indiano o Africano, o come El Niño). La componente atmosferica del sistema climatico Mediterraneo è determinata da complesse interazioni tra forzanti a grande scala e caratteristiche locali quali l’orografia e l’interazione terra-mare. In base a queste interazioni, si producono fenomeni che vanno dalla scala sinottica a quella locale (eventi convettivi intensi, precipitazione topografica, sesse e fenomeni di acqua alta) che caratterizzano la variabilità climatica mediterranea e il suo impatto sulle condizioni al suolo e all’interfaccia aria-mare. Infine, la componente marina

18505 1900 1950 2000 2050 2100 6 7 8 9 10 Historical RCP 2.6 RCP 4.5 RCP 8.5 1850 1900 1950 2000 2050 2100 10 12 14 16 18

Summer precipitation (JJAS) on Himalaya (78°E-93°E 25°N-32°N)

Annual average tempertaure on Himalaya (78°E-93°E 25°N-32°N) Year

Year

precipitation [mm/day]

temperature [°C]

Fig. 1 Serie temporale della precipitazione media estiva da giugno a settembre (pannello superiore) e della temperatura media annua (pannello inferiore) nella regione Himalayana, ottenuta con il modello climatico globale EC-Earth per il periodo 1850-2005 (curva nera) e per i tre scenari futuri RCP 2.6 (verde), RCP 4.5 (rosso) e RCP 8.5 (blu) per il periodo 2006-2100.

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del sistema climatico Mediterraneo interagisce a diverse scale temporali con l’atmosfera manifestando una forte variabilità stagionale e interannuale.

A scala regionale, un modello globale spesso non è sufficiente ed è necessario utilizzare modelli climatici regionali appositamente sviluppati. In questo contesto, il modello regionale PROTHEUS per il bacino del Medi-terraneo, sviluppato dal gruppo attivo presso l’ENEA UTMEA, rappresenta la frontiera della modellistica climatica regionale [8]. Come nel caso globale, si simulano tutte le componenti del sistema climatico regionale, facendo interagire l’oceano, l’atmosfera, i fiumi, il suolo, etc. PROTHEUS è composto dal modello regionale atmosferico RegCM3 [9-10] e dal modello oceanico MITgcm [11-12], accoppiati mediante la libreria di accoppiamento OASIS3 [13]. Rispetto alla versione standard del RegCM3, in PROTHEUS è stato inserito il modello interattivo IRIS (Interactive River Scheme) che stima la portata dei fiumi a partire dal deflusso idrico totale simulato dal modello RegCM [14]. PROTHEUS riesce anche a dettagliare le strutture oceanografiche e la variabilità superficiale della SST, come è mostrato nella Figura 2 per il Mediterraneo orientale. Nell’area del Mediterraneo, si sviluppano forti interazioni tra la dinamica locale e il sistema globale [15-16] ma non esiste finora uno studio del bacino in tutta la sua complessità. In questo quadro generale, le proiezioni globali ottenute con EC-Earth potranno es-sere utilizzate come condizioni al contorno per le simulazioni regionali di PROTHEUS.

Fig. 2 Confronto tra le distribuzioni spaziale della SST estiva del Mediterraneo simulate dal sistema modellistico regionale Protheus (a), dal Modello globale ECHAM5/MPI-OM (b) e le osservazioni da satellite GISST (c) [17].

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Uno dei primi obiettivi sarà dunque fornire un’accurata caratterizzazione del sistema climatico Mediterraneo e della sua variabilità nel contesto del clima globale, considerando sia la variabilità naturale che i cambiamenti indotti dalle attività umane su scale temporali che vanno dalle stagioni ai decenni. La novità è definire obiettivi comuni con i decisori politici locali, dare risposte concrete, sviluppare modelli per rendere credibili e realistiche, soprattutto a livello locale, le soluzioni proposte. È una sfida tecnologica perché bisogna mettere insieme diverse competenze e far funzionare, in modo interattivo, numerosi sistemi complessi (si pensi al sistema suolo-atmosfera-oceano-biosfera).

Gli unici strumenti attualmente a disposizione, in grado di prevedere e di valutare l’impatto delle attività umane sul clima, sono i modelli numerici climatici. In questo contesto, è particolarmente importante la colla-borazione fra i gruppi impegnati nello sviluppo di modelli globali e quelli che si occupano di modelli regionali, come sta succedendo oggi nella collaborazione fra il CASPUR, l’ENEA-UTMEA e il CNR-ISAC. Insieme, questi gruppi di ricercatori hanno le competenze e le risorse per affrontare le sfide poste dalla necessità di stimare in modo quantitativo i cambiamenti climatici attesi nel prossimo futuro.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

[1] Hazeleger, W., et al. (2010). BAMS 91, 1357-1363.

[2] Hazeleger, W., et al. (2011). Climate Dynamics, doi:10.1007/s00382-011-1228-5.

[3] Madec, G. (2008). NEMO ocean engine. Note du Pole de modélisation, Institut Pierre-Simon Laplace (IPSL), France, No 27.

[4] Balsamo, G., et al. (2008). ECMWF Tech. Memo. 563.

[5] Fichefet, T., Morales Maqueda, M.A. (1997). J Geophys. Res. 102, 12609-12646. [6] Smith, B., et al. (2001). Global ecology and biogeography 10 (6).

[7] Krol, M., et al. (2005). Atmos. Chem. Phys. 5, 417-432. [8] Artale, V., et al. (2010). Climate Dynamics 35, 721-740. [9] Dickinson, R., et al. (1989). Climatic Change 15, 383-422. [10] Giorgi, F. (1990). J. Climate 3, 941-964.

[11] Marshall, J., et al. (1997). Journal of Geophysical Research C: Oceans 102 (C3), 5753–5766. [12] Marshall, J., et al. (1997). Journal of Geophysical Research C: Oceans 102 (C3), 5733–5752. [13] Valcke, S., Redler, R. (2006). OASIS3 User Guide, PRISM Report, No 4.

[14] Sannino, G., et al. (2009). Ocean Modelling 30, 56-72. [15] Giorgi, F. (2006). Geophysical Research Letters 33, L08707.

[16] Giorgi, F., Lionello, P. (2008). Global and Planetary Change 63, 90-104. [17] Dell’Aquila, A., et al. (2011). Climate Research, doi:10.3354/cr01037.

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