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LE CONdIZIONI LUmINOSE CHE FAVORISCONO LA RINNOVAZIONE dELL’ABETE BIANCO NEL PARCO NAZIONALE dEL POLLINO

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– L’Italia Forestale e Montana / Italian Journal of Forest and Mountain Environments 69 (2): 77-84, 2014 © 2014 Accademia Italiana di Scienze Forestali doi: 10.4129/ifm.2014.2.02

FRANCESCO RIPULLONE (*) (°) AmALIA GIALdINI (*)- ANTONIO LAPOLLA (*)

LE CONdIZIONI LUmINOSE CHE FAVORISCONO LA RINNOVAZIONE dELL’ABETE BIANCO NEL PARCO NAZIONALE dEL POLLINO

(*) Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari e dell’Ambiente, Università della Basilicata, viale dell’Ateneo Lucano 10, 85100 Potenza.

(°) Autore corrispondente; francesco.ripullone@unibas.it; tel. 0971-205354; fax 0971-205378.

1. IntroduzIone

1.1. Cenni storici e valore naturalistico delle cenosi di abete bianco

Le cenosi miste di faggio (Fagus sylvatica L.) e abete bianco (Abies alba mill.) che vegetano nel Parco Nazionale del Pollino rappresenta- no una delle formazioni di maggiore interesse naturalistico, tanto da entrare a far parte dei siti di Rete Natura 2000, con A. alba incluso come habitat prioritario (Codice 9220*) (di- rettiva 92/43/CEE). L’interesse di questa for- mazione è legata al fatto che nell’ambito della foresta montana appenninica l’abete bianco

mostra fenomeni naturali di rarefazione, in buona parte da imputare a cause antropiche, dal momento che l’abete in passato era la sola conifera utilizzabile per le costruzioni edilizie e per i cantieri navali. Per dare valore ai lotti in vendita, molto spesso la specie è stata oggetto di utilizzazioni sistematiche e indiscriminate, poco o nulla ispirate a criteri di tutela e rin- novazione dei popolamenti (SuSmel, 1957;

IovIno e menguzzato, 1993).

In Basilicata gli unici lembi di abetine na- turali sono presenti sul massiccio del Pollino, nel bosco di Ruoti e di Laurenzana e sul monte Alpi di Latronico, in cui l’abete forma nuclei

Ricerche condotte sull’Appennino meridionale mostrano come l’areale dell’abete bianco, specie di par- ticolare interesse ecologico, stia subendo una forte contrazione. La rarefazione è da attribuire prevalen- temente alla notevole pressione antropica esercitata in passato, anche se non sono da escludere possibili effetti climatici negativi. Non fa eccezione il Pollino, dove i pochi nuclei di abete rimasti stentano a far affermare la rinnovazione, rispetto a specie più competitive come faggio e cerro, con cui è spesso in con- sociazione. Prima di poter pianificare un qualsiasi intervento selvicolturale in soccorso alla rinnovazione, è fondamentale comprendere i processi di sviluppo e capire quali sono le condizioni microclimatiche più favorevoli alla sua affermazione. Nelle cenosi miste, il microclima luminoso del sottobosco rappresenta senza dubbio il fattore maggiormente limitante l’affermazione della rinnovazione di abete bianco. Altro fattore non secondario è rappresentato dalla risorsa idrica che in ambiente Mediterraneo sta diventando sempre meno disponibile soprattutto nel periodo vegetativo a causa dei cambiamenti climatici. Indagini dendrocronologiche, isotopiche e fotosintetiche compiute su un campione rappresentativo di rinnovazione hanno permesso di individuare le condizioni microclimatiche più idonee a definire gli indirizzi gestionali più appropriati per favorire la rinnovazione di abete.

Parole chiave: Abies alba; crescita; isotopi stabili; fotosintesi; microclima luminoso; rinnovazione naturale.

Key words: Abies alba; growth; light microclimate; natural regeneration; photosynthesis; stable iso- topes.

Citazione - rIpullone F., gIaldInI a., lapolla a., 2014 – Le condizioni luminose che favoriscono la rinnovazione dell’abete bianco nel Parco Nazionale del Pollino. L’Italia Forestale e montana, 69 (2):

77-84. http://dx.doi.org/10.4129/ifm.2014.2.02

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puri di piccola estensione, oppure è presente in formazioni più estese in consociazione con cerro e faggio (di pIetro e FaScettI, 2005).

Quest’ultimo è il caso dei boschi di Terranova del Pollino, dove l’abete è presente con alcune centinaia di grosse piante che svettano all’in- terno della faggeta (Fig. 1); situazione che fa pensare a residui di più estese presenze nel passato, come riportato da gavIolI (1932), che in una delle sue escursioni in quei luoghi osservava la presenza di migliaia di piante di abete sia adulte che giovani.

da questa breve ricostruzione storica, ap- pare chiaro che, nel quadro del generale in- teresse verso gli aspetti multifunzionali della foresta, la comprensione delle basi ecologiche dei processi di affermazione e sviluppo del- la rinnovazione naturale di abete bianco e la definizione, su basi scientifiche, dei metodi selvicolturali più idonei per innescarla e pro- muoverla, rappresentano un aspetto chiave per poter procedere sulla strada della conser-

vazione, miglioramento e gestione sostenibile di questo importante ecosistema forestale.

1.2. Importanza del microclima luminoso per la rinnovazione dell’abete bianco

Come è noto da diversi studi, nelle cenosi miste a partecipazione di abete bianco, il mi- croclima luminoso rappresenta il fattore mag- giormente limitante la rinnovazione naturale dell’abete (cIancIo et al., 1985; graSSI e Ba-

gnareSI 2001; nolè, 2003; doBrowolSka, 2008). Ciò è dovuto al fatto, che queste cenosi per struttura e composizione specifica creano delle coperture molto fitte che limitano l’in- gresso di luce nel piano inferiore, influendo negativamente sulla crescita e la sopravviven- za della rinnovazione. Tra le specie forestali europee, l’abete bianco è considerata una delle specie più tolleranti l’ombreggiamento (roBakowSkI et al., 2004). Secondo alcuni studi, la rinnovazione di abete potrebbe in- staurarsi anche in condizioni di copertura

Figura 1 – Vecchi nuclei di abete bianco che svettano al di sopra della copertura di faggio nel territorio del Parco del Pol- lino (Comune di Terranova).

– Adult tall trees of Abies alba growing above Fagus sylvatica canopy within National Park territory (Terranova Municipality).

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elevata, dove l’irradianza relativa si riduce al 5-10% di quella effettiva fuori copertura, purché questi valori non scendano al di sotto del 2% (magInI, 1967; roBakowSkI et al., 2003). In tali condizioni le piantine sarebbero in grado di sopravvivere anche per 10-20 anni (BrzezIeckI e kIenaSt, 1994). La tolleranza all’ombreggiamento risiede sia nella capacità di crescere e sopravvivere in tali condizioni, ottimizzando l’assorbimento di carbonio e minimizzando le perdite di carbonio attraver- so i processi respiratori (walterS e reIch, 1999a), sia nella abilità di rispondere con ac- celerazioni di crescita alla formazione improv- visa di gaps nella copertura arborea (chiamata

“sindrome di Oscar”, SIlvertown, 1987).

molti studi ad esempio focalizzano l’attenzio- ne sull’abilità di piante tolleranti all’ombra, di utilizzare brevi periodi di elevata intensità luminosa (sunflecks) per compensare i bas- si livelli di irradianza sotto dense coperture (pacI, 2004; way e pearcy, 2012). È noto inoltre che la variazione della disponibilità di luce, non influenza solo i tassi di assorbi- mento del carbonio, ma ha un effetto notevole anche sul comportamento stomatico e come conseguenza sul processo traspirativo fogliare (yakIr e ISraelI, 1995; d’aleSSandro et al., 2005). L’abilità da parte delle piante nel con- trollo delle perdite idriche durante il processo fotosintetico sta assumendo un ruolo sempre più rilevante in ambiente mediterraneo, dove i cambiamenti climatici stanno modificando profondamente i pattern di precipitazioni (riduzione del 4-27%) (Ipcc, 2007), con au- mento del deficit idrico soprattutto nel perio- do estivo. L’abete bianco, essendo una specie spiccatamente mesofila potrebbe risentire in modo significativo di tale riduzione, e secon- do alcuni autori potrebbe mettere a rischio la sua futura esistenza (Serra-dIaz et al., 2012).

mentre recenti studi in Italia meridionale mo- strerebbero una certa capacità di adattamento dell’abete alla siccità estiva, anche se tali ca- pacità sono state evidenziate in piante adulte (rIta et al., 2014).

Per cui in tale contesto, il successo della rinnovazione naturale di abete, in termini di crescita e sopravvivenza dei semenzali dipen-

de essenzialmente dal verificarsi di una idonea combinazione fra disponibilità di risorse idri- che e luminose. In un tale quadro, viene ad assumere un elevato significato il rapporto tra fotosintesi e traspirazione (efficienza di uso dell’acqua, WUE) che, soprattutto in un am- biente come quello mediterraneo costituisce un fattore di primaria importanza (rIpullone

et al., 2009a). Allo stato attuale, pochi sono gli studi recenti dove si valuta la risposta eco- fisiologica della rinnovazione di abete bianco alla variazione del regime luminoso (graSSI

e BagnareSI, 2001; roBakowSI et al., 2003;

doBrowolSka, 2008) e addirittura pochissi- mi in ambiente mediterraneo (ametzeguI e coll, 2011), dove il clima si sta modificando in modo importante, per cui si richiede una particolare attenzione legata alla elevata fragi- lità di tali ecosistemi.

2. oBIettIvogeneraleerIlIevI

SperImentalI

L’obiettivo di questo studio è stato quello di valutare la risposta della rinnovazione di abete bianco alla variazione del microclima luminoso in termini di crescita, fotosintesi ed efficienza di uso dell’acqua al fine di trarre uti- li indicazioni di tipo gestionale sugli interventi da adottare.

La ricerca è stata condotta nel Comune di Terranova (Parco Nazionale del Pollino) dove sono presenti i nuclei più importanti di abe- te. Si tratta di popolamenti pluristratificati in cui l’abete è presente prevalentemente sotto forma di individui vetusti, in alcuni casi di dimensioni notevoli (diametri superiori a 1 m e altezze di oltre 30 m), in forma mista con faggio e cerro. In queste aree sono stati indi- viduati nuclei di rinnovazione naturale con regimi luminosi contrastanti, che non hanno subito disturbi antropici o naturali nelle ul- time decadi. Per una maggiore descrizione dell’area sperimentale si rimanda al lavoro di pIerangelI et al., 2014.

Nell’area di studio è stato delimitato un transetto (5x20 m), all’interno del quale sono state etichettate tutte le piante (circa 200),

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sulle quali si è provveduto a misurare altezze, diametro e numero dei palchi (Fig. 2).

Sulle stesse piante, è stato calcolato il cosid- detto Light factor, come rapporto tra la lun- ghezza della freccia apicale e la media dei getti laterali corrispondenti all’ultimo palco. Tale rapporto è stato dimostrato, in diversi studi sull’abete bianco essere strettamente corre- lato con la radiazione luminosa ricevuta nel corso dell’anno (nolè et al., 2003; graSSI e gIannInI, 2004). Al riguardo le piantine del- la rinnovazione sono state poi suddivise in 4 classi di Light factor.

Per esplorare la capacità fotosintetica della rinnovazione di abete, su un campione rappre- sentativo di 20 piantine (5 per ciascuna classe di Light factor), sono state effettuate misure di assimilazione di CO2 al variare della radiazione luminosa (curve A/Q). dall’elaborazione dei dati, sono stati ricavati una serie di parametri, in grado di fornire informazioni importanti a stabilire la capacità fotosintetica nelle diverse condizioni di radiazione luminosa.

Sempre su un campione rappresentativo (10

piantine per ciascuna classe di Light factor), sono stati prelevati aghi dai getti apicali per la determinazione della composizione isotopica del carbonio (d13C) e dell’ossigeno (d18O). I valori di d13C sono stati utilizzati come proxy della efficienza d’uso dell’acqua intrinseca (WUE, A/gs, rapporto tra la quantità di car- bonio assimilato e l’acqua persa attraverso il processo traspirativo fogliare (Farquhar et al., 1989; rIpullone et al., 2004), mentre i valori di d18O sono stati invece utilizzati come proxy dell’attività traspirativa fogliare, corro- borata dalla stretta relazione negativa con la conduttanza stomatica (gs) (BarBour e Far-

quhar, 2000).

3. rISultatIprelImInarI

La presenza di piantine nell’area sperimen- tale, con range di Light factor tra 0,15 (con- dizioni di elevato ombreggiamento) e 1,30 (condizioni di buona illuminazione) (Tab. 1), ha evidenziato un ambiente caratterizzato da

Figura 2 – Piantine di abete bianco all’interno del transetto, sulle quali sono state effettuate le misure dendro-ecologiche.

Abies alba seedlings within the experimental area on which dendro-ecological measurements were carried out. .

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notevole variabilità nel microclima luminoso.

Tale variabilità ha influito notevolmente sulle singole piantine sia in termini di crescita lon- gitudinale che radiale. A valori crescenti di Light factor sono corrisposti incrementi sia di diametro che di altezze, con il raggiungimento di condizioni ottimali nella classe IV.

Valori simili di Light factor sono stati os- servati sia su rinnovazione di boschi alpini (BagnareSI et al., 1989) che appenninici di abete bianco (nolè et al., 2003), a conferma dell’importanza della luce quale fattore prima- rio nello sviluppo delle piantine. differenze di crescita ottenute, in uno spazio così ristretto (100 m2 di transetto), sono senza dubbio le- gate anche alla attività puntuale dei sunflecks.

diversi studi sottolineano l’estrema importan- za di tali brevi periodi di svolgimento della fo- tosintesi necessari a stimolare l’attività di cre- scita e di riproduzione (pacI, 2004). Secondo alcuni autori, i sunflecks possono fornire alle piantine dal 30 all’80% della radiazione lumi- nosa totale giornaliera (kupperS et al., 1996), che si traduce in grandi quantità di carbonio assorbito dalla vegetazione del sottobosco, contribuendo notevolmente alla crescita e so- pravvivenza della rinnovazione.

La presenza nell’area sperimentale di pianti- ne con età e dimensioni diverse (Tab. 1), indi- ca una rinnovazione e reclutamento continuo nel tempo che tende a strutturarsi per gruppi.

Piante adulte con altezza e diametri massimi superiori a 30 m e 60 cm rispettivamente, sono testimonianza di condizioni ambientali de- cisamente favorevoli allo sviluppo dell’abete bianco. L’abete prevale sul faggio sia in termi- ni numerici che di area basimetrica; in parti- colare netta è la prevalenza dell’abete nel pia- no di rinnovazione. Si nota inoltre una elevata

longevità anche nelle classi più basse di Light factor; piantine con meno di un 1 m di altezza, che raggiungono anche 30-40 anni di età. Tali valori di longevità sono addirittura superiori a quelli riscontrati in altri studi su rinnova- zione di abete in condizioni di bassa radiazio- ne luminosa: 10-20 anni in Europa centrale, (BrzezIeckI e kIenaSt, 1994) e 25-30 anni sui Pirenei (ametzeguI e coll, 2011). Ciò è in relazione alla strategia di tipo conservati- va messa in atto dall’abete che a bassa radia- zione luminosa tende a sacrificare la crescita longitudinale. Al contrario altre specie meno sciafile dell’abete, tendono a massimizzare la crescita in altezza per raggiungere la luce, an- che se così facendo, si espongono ad elevato rischio di mortalità per effetto dell’aumento dei tassi respiratori e dei costi di mantenimen- to (gIvInISh, 1988). Secondo alcuni autori, alla lunga quella dell’abete può essere sicu- ramente considerata una strategia vincente rispetto ad altre specie consociate, in quanto è in grado di rimanere a lungo in attesa, per poi ripartire con lo sviluppo e la crescita, quando le condizioni diventano favorevoli a seguito di fenomeni perturbativi (tagli, crolli o schianti) (Serra-dIaz et al., 2012).

da misure di scambi gassosi, sono state ana- lizzate anche le potenzialità fotosintetiche tra le diverse classi di Light factor, in risposta a modificazioni temporali della radiazione lumi- nosa, in modo da simulare diverse intensità di taglio. Piantine cresciute in buone condizio- ni di illuminazione, sulla base del loro Light factor, hanno mantenuto tassi fotosintetici più alti.

I dati ottenuti hanno evidenziato le limitate capacità delle piantine acclimatate a bassi livel- li di radiazione luminosa (classe I) di utilizzare

Tabella 1 – diametro, altezza ed età media (± Errore Standard) in funzione delle 4 classi di Light factor.

– Diameter, height, and mean age (± standard error) as a function of the 4 classes of Light factor.

Classe Light factor diametro (cm) ± E.S. Altezza (m) ± E.S. Età ± E.S.

I 0,15-0,40 1,3±0,2 0,8±0,2 34,9±1,3

II 0,41-0,70 1,9±0,3 1,2±0,2 36,9±1,3

III 0,71-1,00 2,9±0,5 1,7±0,2 26,3±1,7

IV 1,01-1,30 4,1±0,4 2,2±0,2 29,0±2,2

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efficacemente un’elevata disponibilità lumino- sa a livello di apparato fotosintetico. Secondo alcuni autori (graSSI e BagnareSI, 2001), ciò potrebbe costituire uno svantaggio rispetto ad altre specie erbacee o arboree in larghi gap con condizioni di maggiore luminosità. di contro le differenze mostrate in termini di tassi di respi- razione mitocondriale alla luce (Rd), evidenzia- no l’abilità di piantine acclimatate a condizioni di maggiore ombreggiamento, a mantenere da un lato i tassi respirativi bassi e dall’altra un bilancio positivo del carbonio, aumentando le probabilità di sopravvivenza.

Con l’obiettivo di evidenziare gli effetti del- la variazione del microclima luminoso sulla efficienza di uso dell’acqua (WUE), conside- rata uno dei fattori chiave in ambiente medi- terraneo (rIpullone et al., 2009b), sono state effettuate analisi della composizione isotopica del carbonio (d13C) e dell’ossigeno (d18O) in campioni fogliari per ciascuna delle classi di Light factor. I maggiori valori di WUE, corri- spondenti a valori meno negativi di d13C, sono stati ottenuti nella Classe IV (alta radiazione luminosa); mentre al contrario, valori più bas- si di WUE, corrispondenti a valori più nega- tivi di d13C, sono stati registrati nella Classe I (bassa radiazione luminosa). Per poter ef- fettuare un confronto mancano purtroppo in questo caso riferimenti bibliografici di studi simili realizzati su abete con applicazione di isotopi stabili.

Ricerche condotte su altre specie mostra- no invece risultati contrastanti: in alcuni casi sono stati evidenziati riduzioni di WUE (d’a-

leSSandro et al., 2006) ed in altri casi aumen- ti di WUE (warren et al., 2001) in condizioni di maggiore luce. Tali differenze tra le specie, potrebbero essere dovute alle diverse strate- gie messe in atto dalle piante al variare delle condizioni di microclima luminoso. Ad esem- pio un miglioramento della WUE all’aumen- tare della radiazione luminosa disponibile, come evidenziato nel nostro caso, potrebbe essere dovuto sia ad un aumento di assimila- zione (A), in cui la conduttanza stomatica (gs) rimane costante, che dovuta ad una riduzione di gs, ma con A che rimane costante (strategia conservativa delle risorse). Come evidenziato

in diversi studi, il d13C è in grado di fornire indicazioni sull’andamento della WUE, ma non sui fattori che determinano tale variazio- ne (rIpullone et al., 2009b). Il d18O viene uti- lizzato spesso come supporto per distinguere tra le possibili cause di variazione in d13C, gra- zie al suo stretto legame con il frazionamento isotopico dell’acqua che avviene durante la traspirazione fogliare (BarBour e Farquhar, 2000). I valori meno positivi di d18O registrati nella Classe I di Light factor (meno luce) indi- cano un maggiore controllo stomatico (strate- gia conservativa) rispetto alla Classe IV (più luce). Per cui la migliore WUE ottenuta nella Classe IV è probabilmente legata ad una più alta efficienza fotosintetica di piantine che grazie alla maggiore disponibilità di luce ten- dono a massimizzare l’assimilazione di CO2, più che ad un controllo delle perdite traspira- tive di H2O.

4. conSIderazIonIconcluSIve

Nelle aree sperimentali individuate all’inter- no del Parco Nazionale del Pollino, in cui è presente rinnovazione naturale di abete bian- co, nell’arco dei due anni di progetto sono stati effettuati una serie di rilievi ed analisi dendroecologiche. Coerentemente con l’o- biettivo, i risultati ottenuti ci hanno permesso di acquisire utili informazioni sulle condizioni microstazionali, in termini di luce e di dispo- nibilità idrica, più favorevoli allo sviluppo e alla affermazione della rinnovazione. La no- stra ricerca ha rivelato che da un lato la clas- se di Light factor 4 (+ luce) sembra favorire le condizioni migliori per la rinnovazione in termini di crescita, efficienza fotosintetica e di uso dell’acqua. dall’altra invece, le classi di Light factor 1-2 (- luce) sembrano favorire un maggiore risparmio idrico in termini assoluti.

Per quanto concerne gli interventi atti a fa- vorire la rinnovazione si possono ipotizzare 2 strategie: i) in aree con maggiore disponi- bilità idrica i diradamenti dovrebbero creare condizioni di minore copertura delle chiome favorendo la “migrazione” delle piantine dalle classi inferiori verso la classe 4 di Light factor;

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ii) in aree con minore disponibilità idrica oc- corre invece modulare gli interventi di dirada- mento in maniera da scoprire gradualmente la copertura favorendo le classi intermedie 2-3 di Light factor. La disponibilità di luce è certa- mente condizione necessaria per la definitiva affermazione della rinnovazione naturale, ma al contempo essa va opportunamente gradua- ta affinché non si verifichi, in seguito al pa- rallelo sviluppo di specie competitrici e/o alla scopertura del suolo, una rischiosa diminuzio- ne delle disponibilità idriche stazionali. Altri autori sostengono invece che l’assenza di in- terventi selvicolturali con chiusura completa della copertura, alla lunga tenderebbe a favo- rire l’abete rispetto ad altre specie consociate quali cerro e faggio (Serra-dIaz et al., 2012).

rIngrazIamentI

La ricerca è stata realizzata con i finanzia- menti dell’Ente Parco Pollino nell’ambito del Progetto “Un laboratorio naturale per- manente nel Parco Nazionale del Pollino”.

Si ringrazia sentitamente tutto il personale e i rappresentanti dell’Ente Parco, in particola- re l’On. domenico Pappaterra (Presidente), l’Ing. Annibale Formica (direttore), i dottori Aldo Schettino e Giuseppe de Vivo (Tecnici), la Prof.ssa Annarita Rivelli e la dott.ssa Lilia- na Bernardo (Consiglio direttivo).

SUmmARY

Light microclimate conditions that promote the establishment of Abies alba regeneration within

Pollino National Park territory

Studies carried out on the southern Apennine mountains have evidenced that silver fir (Abies alba mill.), a species of great ecological interest, is undergoing a sharp contraction in its spatial distribution. This contraction is mainly due to the considerable anthropic pressure exerted in the past, even if negative effects of climate change may not be ruled out. The same fate befell silver fir in the Pollino National Park, where natural regeneration of the few remaining stands is struggling to establish itself, compared to more competitive species such as oak and beech. Before planning any intervention, it is crucial to investigate which micro-climatic conditions can promote the growth and development of silver fir regeneration. In such mixed plant communities, light microclimate of the understory

is undoubtedly the main factor limiting the establishment of natural regeneration. Another preeminent factor is the water resource, which in the mediterranean environment is becoming scarce especially during the growing season, as a consequence of climate change. dendrochronological, isotopic and photosynthetic investigations carried out on a representative regeneration survey have identified the most suitable microclimatic conditions which can help define the most appropriate management guidelines.

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