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Generalmente viene suddiviso in Alto (V-X secolo ca) e Basso

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(1)

L’ astronomia nel Medioevo

È difficile stabilire i confini temporali del Medioevo.

Generalmente viene suddiviso in Alto (V-X secolo ca) e Basso

Medioevo (X-XIV secolo ca).

La definizione che

preferisco (anche perchè

è semplice da ricordare)

è il periodo compreso fra

la caduta dell’impero

romano d’occidente

(476) e d’oriente (1453).

(2)

Il primo personaggio degno di attenzione in questo periodo è Boezio (Ancius Manlius Severinus Boethius) che nacque a Roma intorno al 475 e morì a Pavia intorno al 525. Studiò ad Atene (nell’ Accademia fondata da Platone) quelle che erano considerate le 4 scienze fondamentali del tempo: aritmetica, geometria, astronomia e musica. E’ probabile che ad Atene abbia conosciuto Simplicio (*).

Scrisse 4 opere sulle origine delle 4 scienze di cui sopra (ne sopravvivono solo 2: il De institutione arithmetica e il De institutione musica ), ma il suo desiderio più forte era quello di tradurre e commentare in latino tutte le opere del mondo classico che fosse riuscito ad ottenere.

Tradusse e commentò le Categorie e il de Interpretatione di Aristotele, dello stesso autore tradusse i Topica e commentò i Primi Analitici (traduzione e commento sono andati perduti). Commentò anche i Topica di Cicerone e scrisse altre opere di vario genere.

(*) Filosofo e matematico bizantino nato in Cilicia (cfr la carta) e vissuto fra il 490 e il 560 ca. Noto per

essere stato uno dei più famosi commentatori delle opere di Aristotele e per aver tentato di conciliare la filosofia di Platone con quella di Aristotele. Quando (nel 529) Giustiniano I (imperatore di Bisanzio) fece chiudere l’Accademia di Atene, si recò in Persia

(presso i Sassanidi , cfr. lezione scorsa).

(3)

La battaglia fra Teodorico e Odoacre in un particolare del Codice Palatino del XII secolo conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana

Odoacre era il generale (di origini non romane) che nel 476 aveva deposto Romolo Augustolo, l’ultimo imperatore dell’ impero romano di occidente.

La vita di Boezio si incrociò drammaticamente con quella di Teodorico (re degli Ostrogoti) che nel 493 aveva sconfitto Odoacre (re degli Eruli) ed era divenuto re di Italia (in realtà la guerra fra Teodorico e Odoacre iniziò nel 489 e nel 493 Teodorico fece uccidere Odoacre e la sua corte durante un banchetto che avrebbe dovuto sancire la resa di Odoacre e il termine delle ostilità).

I 2 imperi si erano separati nel 395 quando alla morte di

Teodosio I (che aveva proibito ogni genere di culto pagano decretando di fatto la religione cristiana, religione di stato, anzi d'impero), i 2 figli Onorio e

Arcadio erano divenuti

imperatori dell’impero d’occidente

e di oriente.

(4)

Gli Eruli erano barbari originari della Danimarca o del sud della Svezia che avevano compiuto numerose scorrerie nell’ Europa meridionale ed orientali combattendo contro altri barbari e/o alleandosi con loro (per esempio con gli Unni).

Romolo Augustolo si trovava a Ravenna che dal 402 era divenuta la capitale dell’ Impero romano d’occidente (dal 296 al 402 la capitale era stata Milano ).

Gli Ostrogoti erano il ramo più orientale dei Goti (un insieme di tribù barbariche che molto probabilmente provenivano dall’ isola di Gotland e dalla regione del Götaland in Svezia) e che si erano spinti a sud in ondate successive a partire dal 200. I Visigoti erano Goti che si erano

insediati nelle regioni più occidentali dell'Europa.

(5)

Ma torniamo a Boezio: la sua fama di studioso insigne giunse fino a

Teodorico che lo chiamò a corte e gli diede il titolo di magister officiorum (una carica istituita intorno al 300 e mantenuta sia in oriente che in

occidente in seguito alla divisione dell'impero).

Era una posizione importante molto vicina a quella dell’imperatore.

Proprio in questo ruolo Boezio si trovò a dover difendere Albino (console romano) accusato (forse ingiustamente) di aver complottato contro

Teodorico (*).

Boezio fu incarcerato a Pavia nel 524 con l’accusa di praticare arti magiche e condannato a morte l’anno successivo. Fu Teodorico a ratificare la condanna.

In carcere Boezio scrisse la sua opera più famosa De consolatione

philosophiae. Si tratta di un dialogo con la Filosofia, andata a trovare in cacere l'autore per consolarlo della sua condizione: l'opera ebbe grande diffusione, soprattutto per le citazioni di Aristotele i cui testi non erano direttamente noti.

(*) Sotto questa storia si cela una vicenda ancor più complicata, Teodorico era di fede ariana e tollerante verso I cattolici, l'imperatore di Bisanzio Giustino I nel 523 aveva emesso un editto contro gli ariani d'oriente obbligandoli all'abiura. Albino era accusato di aver tramato contro Teodorico inviando delle lettere a Giustino I. Nel 526 Teodorico invierà addirittura il papa (Giovanni I) ad incontrare Giustino I.

Deluso per il risultato di questa spedizione rinchiuderà il papa in carcere che morirà

qualche mese dopo.

(6)

Il Battistero degli Ariani fatto edificare da

Teodorico a Ravenna

(7)

Il Mausoleo di

Teodorico a Ravenna .

I resti mortali di Teodorico furono dispersi dai bizantini quando presero

possesso di Ravenna.

Nel 561 Giustiniano con un editto fece trasformare il

Mausoleo in una chiesa.

Quella che fu

presumibilmente la

tomba di Teodorico

(8)

Lo stesso anno 526 morirà anche Teodorico, ma per qualche strano motivo la sua morte sarà considerata misteriosa e oggetto di numerose leggende.

La Thidrekssaga (*) racconta che, visto un bellissimo cervo nelle vicinanze della reggia, il re ordinò di condurgli cavallo e cani. Ma ecco che scorse a poca distanza un cavallo nero mai vista prima, già sellato. Teodorico gli saltò in

groppa e iniziò a cavalcare freneticamente verso l’ignoto, tentando invano di smontare. Il cavallo era il diavolo in persona, che lo aveva rapito.

Nei suoi Dialoghi papa Gregorio Magno (540-604 ca.) riferisce che Teodorico precipitò nel cratere delI’ Etna, spinto dalle sue vittime Boezio, Simmaco (il suocero di Boezio che Teodorico aveva messo a morte) e papa Giovanni I.

A queste due leggende si è ispirato Carducci con la sua poesia La leggenda di Teodorico (Libro VI Rime Nuove 1906)

(*) è una saga cavalleresca che tratta delle vicende di Teodorico ed è stata scritta in Norvegia

nel XIII secolo

(9)

Sul castello di Verona

batte il sole a mezzogiorno, da la Chiusa al pian rintrona solitario un suon di corno, mormorando per l’aprico verde il grande Adige va;

ed il re Teodorico

vecchio e triste al bagno sta.

[…]

Il gridar d’un damigello risonò fuor della chiostra:

“Sire, un cervo mai sí bello Non si vide all’età nostra.

Egli ha i pié d’acciaro a smalto, Ha le corna tutte d’òr”.

Fuor de l’acque diede un salto il vegliardo cacciator.

“I miei cani, il mio morello, il mio spiedo” egli chiedea;

e il lenzuol quasi un mantello alle membra si avvolgea.

I donzelli ivano. In tanto il bel cervo disparí,

e d’un tratto al re da canto un corsier nero nitrí.

Nero come un corbo vecchio, e ne gli occhi avea carboni.

era pronto l’apparecchio, ed il re balzò in arcioni.

Ma i suoi veltri ebber timore e si misero a guair,

e guardarono il signore e nol vollero seguir.

[...]

(10)

[...]

Via e via su balzi e grotte va il cavallo al fren ribelle:

ei s’immerge nella notte, ei s’aderge in vèr’ le stelle.

Ecco, il dorso d’Appennino fra le tenebre scompar, e nel pallido mattino

mugghia a basso il tosco mar.

Ecco Lipari, la reggia

di Vulcano ardua che fuma e tra i bòmbiti lampeggia dell’ardor che la consuma:

Quivi giunto il caval nero contro il ciel forte springò annitrendo; e il cavaliero nel cratere inabissò.

ma dal calabro confine

che mai sorge in vetta al monte?

Non è il sole, è un bianco crine;

non è il sole, è un’ampia fronte sanguinosa, in un sorriso

di martirio e di splendor:

di Boezio è il santo viso,

del romano senator.

(11)

Dante colloca Boezio nel IV cielo del Paradiso (a partire dalla Terra),

governato dal Sole, fra gli spiriti sapienti ossia coloro che in vita subirono l'influsso del Sole che già nel mito classico era interpretato come simbolo di sapienza e saggezza, mentre nella tradizione cristiana si aggiungeva

l'accostamento con Cristo o con Dio.

Questi beati sono 12 e sono descritti nel Canto X (fra loro Tommaso d'

Aquino che li introduce, il suo maestro Alberto Magno, re Salomone, Isidoro di Siviglia, Beda il venerabile ecc.).

Le anime di questi spiriti sapienti splendono di una luce che supera quella del Sole che però è la luce più forte che conosciamo e quindi non ci sono paragoni possibili per descriverla (versi 28-63)

Le anime si dispongono a cerchio attorno a Dante e a Beatrice, poi, dopo aver compiuto tre giri cantando, si fermano e restano in silenzio. Uno di essi dichiara che tutti sono pronti a soddisfare le richieste di Dante, toccato dalla grazia divina al punto di poter salire vivo al cielo (versi 64-81).

chi ha parlato è il domenicano san Tommaso d’Aquino; con lui sono il suo maestro Alberto Magno e altri dieci spiriti: (versi 82-138)

l

Al termine della loro presentazione, gli spiriti riprendono le loro danze e i canti

con una dolcezza che si può provare soltanto in Paradiso (versi 139-148)

(12)

Alcuni estratti dal X Canto del Paradiso (in grassetto riferimenti astronomici)

vedi come da indi si dirama

l’oblico cerchio che i pianeti porta, 15 per sodisfare al mondo che li chiama.

Che se la strada lor non fosse torta, molta virtù nel ciel sarebbe in vano, 18 e quasi ogne potenza qua giù morta;

e se dal dritto (*) più o men lontano fosse ’l partire, assai sarebbe manco 21 e giù e sù de l’ordine mondan o

[...]

Lo ministro maggior de la natura, che del valor del ciel lo mondo imprenta 30 e col suo lume il tempo ne misura,

con quella parte (**) che sù si rammenta congiunto, si girava per le spire

33 in che più tosto ognora s’appresenta;

e io era con lui; ma del salire

non m’accors’io, se non com’uom s’accorge, 36 anzi ’l primo pensier, del suo venire

(*) ne abbiamo discusso in aula vi ricordate? Marco (“colonne d’Ercole”) pensava potesse

essere un riferimento agli epicicli e ai deferenti, invece il “dritto” è l’equatore celeste e con “più o men lontano” si intende un angolo maggiore o minore di quello che l’eclittica fa con l’equatore celeste (23° 30’ ca)

(**) è ancora l’eclittica e il Sole girando attorno alla Terra ogni giorno (da est a ovest) ma

muovendosi anche lungo l’eclittica (da ovest verso est) pare muoversi lungo una spira (grazie

Domizia che mi hai fatto riflettere su questo punto!)

(13)

Poi, sì cantando, quelli ardenti soli si fuor girati intorno a noi tre volte, 78 come stelle vicine a’ fermi poli,

i o fui de li agni de la santa greggia che Domenico mena per cammino

96 u’ ben s’impingua se non si vaneggia(*).

Questi che m’è a destra più vicino,

frate e maestro fummi, ed esso Alberto 99 è di Cologna, e io Thomas d’Aquino.

La quinta luce, ch’è tra noi più bella, spira di tal amor, che tutto ’l mondo 111 là giù ne gola di saper novella:

entro v’è l’alta mente u’ sì profondo aver fu messo, che, se ’l vero è vero 114 a veder tanto non surse il secondo.

[vv 76:78] Gli spiriti sapienti fanno 3 giri attorno a Dante e Beatrice .

[vv 94:99] Tommaso d’ Aquino presenta se stesso e il suo maestro Alberto Magno (*) non si inseguono le cose vane

[vv. 109:114] Tommaso d’ Aquino presenta

il quinto spirito saggio: Re Salomone

(14)

Or se tu l’occhio de la mente trani di luce in luce dietro a le mie lode, 123 già de l’ottava con sete rimani.

Per vedere ogni ben dentro vi gode l’anima santa che ’l mondo fallace 126 fa manifesto a chi di lei ben ode.

Lo corpo ond’ella fu cacciata giace giuso in Cieldauro; ed essa da martiro 129 e da essilio venne a questa pace.

Vedi oltre fiammeggiar l’ardente spiro d’Isidoro, di Beda e di Riccardo,

132 che a considerar fu più che viro

[vv 121:132] L’ottavo spirito sapiente è quello di Severino Boezio il cui corpo

martirizzato giace nella basilica di San Pietro in Ciel d’Oro a Pavia (Cieldauro).

Sono citati inoltre Isidoro (Vescovo di

Siviglia), Beda (il Venerabile) e Riccardo di San Vittore (teologo e filosofo francese del XII secolo. Nato in Scozia fu priore

dell’abbazia benedettina di San Vittore a

Parigi),

(15)

La basilica di san Pietro in Ciel d’ Oro merita un piccolo approfondimento, cominciando dal nome che le fu attribuito per il soffitto d’oro.

Costruita nell’ VIII secolo per decisione di Liutprando (re Longobardo e d’Italia fra il 712 e il 744) che voleva vi fossero custodite le spoglie di Sant’ Agostino che si trovavano a Cagliari ove le aveva portate nel 504 (da Ippona nell’ attuale Algeria) Fulgenzio, Vescovo di Ruspe, che era stato esiliato assieme ad altri vescovi del Nord Africa da Trasimondo re dei Vandali.

Liutprando voleva mettere questa reliquia al sicuro da possibili incursioni degli arabi.

La Basilica fu edificata nel luogo in cui era stato sepolto Severino Boezio.

Accanto ad essa sorse anche un monastero di monaci colombaniani (ordine fondato da San Colombano monaco nato in Irlanda nel 542 e morto a Bobbio (provincia di Piacenza) nel 615.

L’abbazia di San Colombano (fondata dal santo nel 614 a Bobbio) fu un importante centro

monastico fra il VII e il XII secolo (una sorta di Montecassino dell’ Italia settentrionale). L’ordine colombaniano fu sciolto nel 1448 da papa Niccolò V (che ci ha privato, da più di 600 anni, della gioia di vedere monaci con una tunica

bianca con effigiato il Sole).

(16)

Nel monastero colombaniano adiacente la Basilica di san Pietro in Ciel d’

Oro studiò anche Paolo Diacono (longobardo nato a Cividale del Friuli nel 729 e morto a Montecassino nel 799) noto per aver scritto la Historia

Longobardorum.

La Basilica di San Pietro in Ciel d’ Oro venne ricostruita intorno al 1000 in stile romanico. Poco resta della chiesa originale longobarda.

Nel 1796 Napoleone fece trasformare in stalla la basilica e destinò ad

alloggio per i suoi soldati i conventi ad essa adiacenti. A seguito di questa

devastazione la cripta venne totalmente ricostruita a fine ottocento. Al suo

interno si trovano le spoglie di Severino Boezio.

(17)

Le spoglie di Sant’ Agostino si trovano

dietro l’altare maggiore all’

interno di un’

arca risalente al 1300.

Il soffitto

recente (1900) è dipinto ad imitazione dell’originale.

Durante i lavori (nel 1895) sono

state identificate (nel basamento

di una colonna) anche le spoglie

di Liutprando.

(18)

Isidoro di Siviglia (Cartagine 560, Siviglia 636 ca) vescovo a Sivilglia teologo e scrittore nella sua opera Etimologiae (un trattato enciclopedico) afferma che la Terra è rotonda

Copia in arabo (IX secolo) della rappresentazione grafica del mondo conosciuto tratta dalle Etimologiae di Isidoro (nota come diagramma T-O). Sopra la T si trova l' Asia a sinistra della linea verticale della T l' Europa japetica (da Jafet figlio di Noe) a destra della verticale l' Africa camitica (da Cam figlio di Noe).

Statua di San Isidoro (di

Siviglia) a Madrid

(19)

La prima versione a stampa (1472) dell' Etimologiae

La mappa potrebbe lasciare qualche dubbio sul fatto che

Isidoro considerasse la terra una sfera (rotondo può essere anche un disco) se non fosse che in un altra sua opera De natura rerum egli afferma chiaramente che la Terra è sferica.

Le carte T-O sono generalmente

orientate con l' Est in alto e centrate in Gerusalemme. Il Paradiso si trova in alto sopra Gerusalemme e le

colonne d' Ercole si trovano a Ovest

opposte al Paradiso.

(20)

Beda (*) il Venerabile monaco benedettino inglese ( 672-735 c.a.) noto per aver diviso gli anni in due evi (prima e dopo Cristo).

Nel suo trattato, De temporum ratione, scrisse che la Terra era rotonda e del resto non senza ragione era chiamata 'il globo del mondo' nelle pagine della Sacra Scrittura e della letteratura ordinaria.

La Terra era dunque una sfera collocata al centro di tutto l'universo.

Il De temporum ratione venne copiato diffusamente e pertanto la maggior parte dei sacerdoti era istruita alla “rotondità della Terra”

Beda scrisse "Chiamiamo la terra un globo, non come se la forma di una sfera possa esprimere diversità da pianure e montagne, ma perché se tutte le cose sono racchiuse in un contorno, allora la circonferenza della terra raffigurerà un globo perfetto... In verità si tratta di una sfera posta al centro dell'universo; nella sua ampiezza è come un cerchio, e non circolare come uno scudo, ma piuttosto come una palla, e si estende dal suo centro con perfetta rotondità su tutti i lati "

(*) nella lingua sassone significa uomo che prega.

(21)

Come si vede dalla carta (a destra) il termine Andalusia era utilizzato per indicare la

totalità dei territori della penisola iberica sotto il dominio arabo. (Ora Andalusia è la regione più meridionale della Spagna ). Il termine deriverebbe dall'arabo al-Andalus con cui gli arabi indicavano i loro territori in Spagna.

Gerberto di Aurillac che diverrà papa Silvestro II (il primo papa francese della storia) nacque ad Aurillac (nella Francia meridionale) fra il 940 e il 950 e morì a Roma nel 1003. Monaco benedettino fu mandato a studiare a

Barcellona ove entrò in contatto con la cultura islamica e ne acquisì le vaste

conoscenze matematiche e astronomiche.

(22)

Gerberto costruì anche una serie di strumenti ingegnosi fra cui una sirena funzionante a vapore d'acqua e diversi strumenti musicali e astronomici che utilizzò a scopo didattico quando insegnava nella scuola cattedrale di Reims (ove peraltro impartiva anche lezioni aventi come oggetto autori che di solito erano ignorati Virgilio, Orazio, Giovenale... )

Costruì anche un complesso sistema di sfere celesti che utilizzava per far calcolare ai suoi allievi le distanze fra I pianeti.

Molte sue lettere inviate ai monasteri benedettini d'Europa manifestano il suo interesse per le opere arabe di Astronomia (ne richiedeva la traduzione)

Sempre a Reims fece costruire un organo idraulico (in questa tecnica

eccellevano gli arabi che avevano ereditato questo tipo di conoscenza dai greci).

Gerberto contribuì agli studi sull astrolabio e reintrodusse in Europa l'abaco che aveva imparato ad usare dagli arabi. Su questo strumento scrisse 2

opere: Regula de abaco computi e liber abaci.

(23)

L’abaco (o abbaco) è un antico strumento utilizzato per fare delle operazioni.

Fu usato in Cina, Mesopotamia, Egitto e successivamente dai Greci e dai Romani. La parola deriva dal latino, che deriva dal greco che deriva da una parola ebraica che significa “polvere”.

Gli abachi più antichi erano costituiti da una tavoletta d’argilla su cui veniva stesa della polvere che serviva per tracciare forme (geometria) o simboli (operazioni matematiche).

Gli abachi più evoluti erano costituiti da colonne o fessure in cui i numeri

erano rappresentati sotto forma di palline, sassolini, bottoni ecc e

collocati in posizioni che consentissero di rappresentarli in forma corretta

(posizionale) e di fare delle operazioni.

Nella figura, ad esempio, è

rappresentato il numero 456789.

Se le palline sono 10 per colonna l’abaco rappresenta la numerazione araba/indiana (lo zero si può

rappresentare come assenza di palline).

(24)

Santa Ildegarda di Bindgen benedettina tedesca (1098 - 1172)

Nel liber divinorum operum descrive la terra come una sfera e l'uomo come parte di un microcosmo associato al macrocosmo di Dio (come si vede dall'illustrazione riportata accanto

appartenente ad una copia dell'opera del

XIII secolo conservata nella biblioteca

statale di Lucca). Ma Ildegarda si spinge

oltre: nella sua visione della creazione

l'uomo rappresenta idealmente Dio e la

donna quella di Gesù condividendo con

egli le caratteristiche di (misericordia,

carità ecc).

(25)

Giovanni Sacrobosco (detto anche Joannes de Sacrobosco o John of Holywood) matematico, astronomo e astrologo nato nel 1195 (in Inghilterra probabilmente) e morto a Parigi, dove insegnava all’ Università, nel 1256.

Edizione a

stampa (1550)

del Liber de

sphaera

(26)

Il Liber de sphaera era Il manuale di astronomia più diffuso nelle università medievali.

In esso Sacrobosco, rifacendosi a Tolomeo e a al-Farghani, introdusse a teoria degli epicicli e dei deferenti per giustificare i moti planetari ed impartì gli

insegnamenti di base di geometria ed astronomia.

Illustrò anche diverse prove a sostegno della sfericità della Terra e degli altri corpi celesti. Oltre all'ombra sempre tonda proiettata dai corpi celesti (come si può

facilmente osservare nelle eclissi di Luna o di Sole), è la forma curva della superficie dei mari e delle terre emerse a fornire una prova convincente e verificabile.

A tale proposito Sacrobosco riprese una dimostrazione conosciuta fin dai tempi di Plinio il Vecchio, in cui si mostrava come un osservatore in piedi sul ponte di una nave perda di vista la terraferma prima di un altro osservatore posto in cima all'albero maestro e come viceversa, una nave che si allontana dalla riva sia persa di vista prima da un osservatore sulla spiaggia che non da uno in cima alla torre di un castello.

Un' illustrazione del Liber

de Sphaera che mostra

una delle prove della

sfericità della Terra.

(27)

la Terra per Dante non è piatta ed egli assieme Virgilio ne attraversa il centro ove si trova conficcato

Lucifero.

I due “risalgono” verso gli antipodi dove si trova il Purgatorio, luogo in cui dice Virgilio è giorno quando nell’altro emisfero è notte.

In questo viaggio Dante risolve

anche il dilemma degli antipodi. La Terra per non toccare Lucifero

quando cadde dal cielo si nascose sotto il mare e finì per sporgere nell’altro emisfero.

La terra e l' universo di Dante

(28)

La terra di Dante è una sfera ma chi si azzarda ad andare verso gli antipodi precipita come accadde ad Ulisse (Inferno, XXVI Canto)

112 O frati," dissi, "che per cento milia perigli siete giunti a l'occidente, a questa tanto picciola vigilia

115 d'i nostri sensi ch'è del rimanente non vogliate negar l'esperïenza,

di retro al sol, del mondo sanza gente.

118 Considerate la vostra semenza:

fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”

121 Li miei compagni fec’io sì aguti,

con questa orazion picciola, al cammino,

che a pena poscia li avrei ritenuti;

124 e volta nostra poppa nel mattino, de’ remi facemmo ali al folle volo,

sempre acquistando dal lato mancino.

127 Tutte le stelle già de l’altro polo vedea la notte e ’l nostro tanto basso,

che non surgea fuor del marin suolo.

(29)

130 Cinque volte racceso e tante casso lo lume era di sotto da la luna,

poi che ’ntrati eravam ne l’alto passo, 133 quando n’apparve una montagna, bruna per la distanza, e parvemi alta tanto

quanto veduta non avea alcuna.

136 Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto, ché de la nova terra un turbo nacque,

e percosse del legno il primo canto.

139 Tre volte il fé girar con tutte l’acque;

a la quarta levar la poppa in suso

e la prora ire in giù, com’altrui piacque,

142 infin che ’l mar fu sovra noi richiuso..

(30)

Tantissimi sono I riferimenti astronomici della Divina Commedia particolarmente nel Paradiso. Ne citerò solo alcuni.

Nel II Canto del Paradiso ai versi 49-51 Dante rivolge a Beatrice questa domanda relativa alla presenza di macchie sulla Luna

Ma ditemi: che son li segni bui

di questo corpo, che là giuso in terra fan di Cain favoleggiare altrui?

Molto interessante dal punto di vista astronomico il dialogo che si instaura a

questo proposito fra Dante e Beatrice.

(31)

la sfera più tarda (lenta) è quella della Luna che resta indietro di circa 13° ogni giorno rispetto alle stelle, e per questo sorge con circa un’ora di ritardo ogni giorno.

Nel III Canto del Paradiso Dante sale al primo cielo (quello della Luna) ove si trovano coloro che hanno il grado più basso di

beatitudine, perché indotti o forzati in vita a non rispettare il

proprio voto, come nel caso di Piccarda Donati, giovane che fu rapita dal convento dal fratello Corso che la fece sposare con un guelfo nero.

49 ma riconoscerai ch’i’ son Piccarda,

che, posta qui con questi altri beati,

beata sono in la spera più tarda.

(32)

Nel Canto V del Paradiso ai versi 127-129 troviamo il riferimento alla sfera di Mercurio

ma non so chi tu se', né perché aggi, anima degna (*), il grado della spera che si vela ai mortal con altrui raggi...

(*) l’anima degna è quella dell’ imperatore Giustiniano….

Il canto VIII del Paradiso si svolge nel cielo di Venere I versi 11 e 12 recitano

pigliavano il vocabol della stella

che il Sol vagheggia or da coppa or da ciglio

Dante si riferisce al fatto che la posizione di Venere nella volta celeste muta come se il

pianeta oscillasse intorno al Sole. Da coppa significa che il Sole la illumina (il poeta

usa il termine vagheggia per indicare lo sguardo come di innamorato del Sole verso il

pianeta) dalla parte posteriore, dopo il tramonto (Vespero) da ciglio invece dalla parte

anteriore prima dell 'alba (Lucifero).

(33)

Il Canto XVI del Paradiso si svolge nel cielo di Marte, qui Dante incontra

Cacciaguida, suo trisavolo, che per indicare la data di nascita non utilizza l'anno terrestre, ma l'anno sidereo di Marte inteso come passaggio del pianeta nella stessa posizione rispetto alla stelle fisse. I versi sono il 37,38 e 39

Al suo Leon cinquecento cinquanta E trenta fiate venne questo fuoco A rinfiammarsi sotto la sua pianta

Cacciaguida si riferisce al fatto che Marte si è trovato 580 volte nella costellazione del Leone dal momento dell’ Annunciazione (concepimento di Cristo) alla sua

nascita. Assumendo per Marte un periodo sidereo di 2 anni i commentatori stabilirono che la data di nascita di Cacciaguida era 580*2 = 1160. Tutto andò bene fino a che nel 1595 qualcuno fece notare che Cacciaguida sarebbe morto (prima del 1148) quando non era ancora nato. La soluzione adottata fu mutare il trenta fiate in tre fiate portando così l’anno di nascita a 553*2=1106. Marte tuttavia impiega meno di due anni (686.96 giorni) a ritornare nella stessa posizione rispetto alle stelle fisse per cui se utilizziamo il valore giusto per il periodo sidereo da

580*686.96/365.25 otteniamo 1090.86. Il punto vero è qual era il valore noto

all’epoca di Dante per il periodo sidereo di Marte?

(34)

Ancora nel Canto XIV ai versi fra il 97 e il 99 si trova un riferimento alla Via Lattea

come distinta da minori e maggi

lumi biancheggia tra i poli del mondo - Galassia si, che fa ben dubbiare i saggi

La Galassia biancheggia tra gli opposti poli punteggiata di stelle di minore e maggiore splendore e la sua natura è oggetto di dubbio.

Nel Canto XXVII ai versi fra il 142-144 si trova il riferimento alla precessione degli equinozi

Ma prima che gennaio tutto si sverni per la centesma ch’è là giù negletta, raggeran sì questi cerchi superni,

La precessione degli equinozi, stimata all’epoca pari ad 1° ogni 100 anni (la centesma di cui non si tiene conto) portava in avanti il

calendario rispetto alle stagioni reali per cui sarebbe accaduto che

gennaio non sarebbe stato più nell’inverno.

(35)

Nel Canto XXII ai versi fra il 112-117 Dante si concede un riferimento a carattere astrologico

O gloriose stelle, o lume pregno Di gran virtù dal quale io riconosco Tutto qual che sia il mio ingegno!

Con voi nasceva e si ascondeva vosco Quegli ch’è padre di ogni mortal vita Quand’io sentii da prima l’aer tosco.

Attribuisce la sua inclinazione naturale (il mio ingegno) al fatto che il Sole (quegli che è padre di ogni mortal vita) si sia trovato al momento della sua nascita nella costellazione dei Gemelli («O gloriose stelle, o lume pregno»). Il fatto che il Sole nascesse e tramontasse in una determinata costellazione implicava che si era soggetti all’influenza di determinate “Intelligenze Celesti” (emanazioni della

Divinità) che inducevano una predisposizione alle varie virtù; questa poteva

essere più o meno assecondata in vita (in tal modo veniva salvaguardato il libero arbitrio).

L’Astrologia pertanto non poteva né doveva essere uno strumento per predire il

futuro, ma una via per comprendere tale influenza e quindi conoscere la propria

inclinazione alla virtù per seguirla meglio e in questo modo poteva conciliarsi con

la religione.

(36)

Il Paradiso di Dante è una rappresentazione della visione teologica di Tommaso d' Aquino che nacque a Roccasecca (Frosinone) nel 1225 e morì nell'abbazia di Fossanova nel comune di Priverno (in provincia di Latina) nel 1274.

Il castello dei Conti d’ Aquino a Roccasecca dove potrebbe essere nato Tommaso (edificato nel 994 dall’ abate Mansone a difesa di

Montecassino distante una ventina di chilometri)

Ultimo figlio di una famiglia nobile (i conti

d' Aquino), Tommaso era destinato alla

vita ecclesiale. Per questo motivo fu

inviato a soli 5 anni all' abbazia di

Montecassino di cui era abate lo zio.

(37)

Nel 1239 da Montecassino venne inviato a Napoli ove studiò nell'Università che era stata fondata pochi anni prima (1224) da Federico II.

Fu in questa città che venne in contatto con un convento di domenicani appena fondato (1231) e decise di entrare in quell'ordine.

(*) il Castello di Monte San Giovanni Campano (in provincia di Frosinone)

La scelta era in netto

contrasto con l'obiettivo della sua famiglia che voleva che divenisse l' abate di

Montecassino per cui

Tommaso fu rapito dai suoi

fratelli e tenuto in ostaggio in un castello di famiglia (*) per circa 2 anni. I suoi però non

riuscirono a fargli cambiare idea e nel 1245 lo restituirono al convento domenicano.

I domenicani pensarono che non fosse sicuro tenere Tommaso a Napoli e lo mandarono a Parigi.

La porta della stanza del castello entro cui

alloggiò forzatamente Tommaso

(38)

A Parigi Tommaso compì ulteriori studi fra il 1246 e i primi mesi del 1248.

Nel 1248 fu inviato a Colonia ove i domenicani avevano deciso di fondare uno Studium diretto da Alberto Magno (*) e divenne secondo professore e Magister Studentium.

Nel 1252 fu mandato a Parigi come insegnante. All'epoca era ancora vietato commentare le opere di Aristotele, che erano conosciute soltanto attraverso la traduzione e interpretazione di Averroè (**)

(*) Alberto Magno nacque a Launingen (in Germania) nel 1206 e morì a Colonia nel 1280.

Grande studioso ha consentito all' Occidente la conoscenza dei testi di Aristotele.

(**) nome latinizzato dall' originale Abū al-Walīd Mu ammad ibn A mad Ibn Rušd . Averroè (nato a Cordova nella Spagna islamica nel 1126 e morto a Marakesh nel 1198) fu filosofo medico e matematico. Egli ed Avicenna (nome latinizzato dall' originale persiano Ibn Sina, nato ad Afshona nell'odierno Uzbekistan nel 980, e morto ad Hamadan in Iran nel 1037) sono considerati i più grandi pensatori arabi e sono detti anche “filosofi della ragione”, poichè cercarono di giungere alla verità rivelata dal Corano mediante la ragione.

L'ondata di fanatismo religioso che si diffuse nella Spagna del XII secolo costrinse Averroè a rifugiarsi a Marrakesh ove divenne uomo di corte del califfo (Abu Yusuf Ya qub Al Mansur) e lavorò come medico all'ospedale.

I commenti di Averroè alle opere di Aristotele furono importantissimi per il recupero della

tradizione aristotelica in Europa che era andata quasi completamente perduta (prima del

1150 le opere di Aristotele nell' Europa latina erano pochisisme).

(39)

Tommaso non conosceva il greco e chiese ad un confratello (Guglielmo di Moerbeke) di tradurre tutte le opere di Aristotele dal greco al latino.

In 4 anni tutto il lavoro venne svolto e Tommaso potè commentare le opere evidenziando ogni singolo punto in cui la traduzione araba si distanziava

dall'originale.

Fra il 1259 e il 1268 Tommaso visse in Italia (prima ad Orvieto e poi a Roma) successivamente tornò a Parigi ove rimase fino al 1272.

Rientrato in Italia si stabilì a Napoli.

Nel 1274 mentre si stava recando a Lione per partecipare a un Concilio indetto da papa Gregorio X si sentì male a Maenza ove si era fermato per far visita alla nipote.

Intuito di essere in fin di vita si fece portare alla vicina abbazia di Fossanova per

poter trascorrere in preghiera i suoi ultimi giorni.

(40)

L’abbazia benedettina di Fossanova (XII secolo). All’interno si trova la

semplice tomba vuota di San Tommaso (le cui spoglie furono trasferite dai

domenicani a Tolosa alla fine del XIV secolo)

(41)

Per San Tommaso l' Universo aveva una struttura gerarchica di cui Dio era il principio primo e motore, gli angeli erano le intelligenze motrici dei diversi cieli e l' uomo era l' unica creatura dotata di una parte

spirituale e una parte materiale.

San Tommaso è uno dei pensatori piu importanti della filosofia

scolastica, attraverso cui si tentava di conciliare la fede cristiana con un sistema di pensiero razionale (*)

L’origine della scolastica è identificata (pre-scolastica) nell’ istituzione delle scholae, operata da Carlo Magno, ossia di un sistema scolastico- educativo diffuso in tutta Europa che garantiva una sostanziale

uniformità di insegnamento.

Fu il primo e forse unico sistema scolastico organizzato su vasta scala della storia dell’Occidente. A tal fine Carlo Magno si era servito dei monaci benedettini che avevano salvaguardato la cultura dei classici tramite la ricopiatura dei testi antichi, non solo quelli religiosi ma anche quelli scientifici e letterari.

(*) in particolare con quello dei filosofi greci e ancora più in particolare con quello

di Aristotele le cui opere erano riuscite a sopravvivere attraverso i secoli.

(42)

Le abbazie benedettine erano divenute pertanto i centri del nuovo sapere Medievale.

Gli insegnamenti erano divisi in due rami:

- il trivio (che comprendeva grammatica, retorica e logica )

- il quadrivio (che comprendeva aritmetica, armonia, geometria, astronomia ) Il trivio era considerato propedeutico al quadrivio e entrambi erano

considerati propedeutici alla teologia e alla filosofia.

Chi doveva insegnare queste 7 discipline che appartenevano alle arti liberali era lo Scholasticus, mentre l'insegnamento della teologia era affidato al Magister Artium (un titolo di grado superiore a quello dello Scholasticus).

Le lezioni si svolsero inizialmente nei monasteri, poi progressivamente

furono tenute nelle scuole annesse alle cattedrali (Scuole Cattedrali) e

infine trovarono la loro sede naturale nelle Università.

(43)

L' Università di Parigi si affermò ben presto come centro di eccellenza.

Gli studenti dopo aver appreso le 7 arti liberali (*) potevano accedere agli studi superiori: medicina, diritto e teologia.

A Parigi insegnò anche Sacrobosco.

(*) è interessante notare che la suddivisione nelle 7 arti liberali risale a diversi secoli addietro. Fu Marziano Cappella scrittore latino nato a Cartagine nel IV secolo a istituirla all'interno dalla sua opera più famosa de nuptiis Philologiae et Mercurii (Le nozze di

Filologia con Mercurio) un trattato didattico in cui Filologia accompagnata dalle 7 arti liberali sale al cielo per sposare Mercurio (simbolo dell Eloquenza) . Il de nuptiis

Philologiae et Mercurii subì una serie di aggiunte e modifiche nei secoli e costituì una sorta

di enciclopedia sull’erudizione classica che ebbe ampia diffusione nel Medioevo.

(44)

Ci sono stati ovviamente tanti altri studiosi molto meno noti di Sant' Alberto Magno e di San Tommaso che si sono adoperati per far conoscere il pensiero degli autori classici.

Fra questi Giacomo da Venezia, talmente meno noto che non si sa né dove né quando sia nato. Potrebbe essere nato a Venezia e aver studiato a Costantinopoli oppure essere originario di Costantinopoli ed aver studiato a Padova.

Il latino in cui ha tradotto direttamente dal greco le opere di Aristotele ha forti influenze greche e il nome con cui firmava le sue traduzioni (Iacobus Veneticus Graecus) non aiuta a risolvere il mistero delle sue origini. Il periodo in cui ha

vissuto è il XII secolo, pertanto dalla traduzioni di Boezio alle sue sono trascorsi 7 secoli.

Si sa infine che era un uomo di Chiesa (chierico) ma che non raggiunse mai posizioni di rilievo e forse non fu mai nemmeno ordinato sacerdote.

La maggior parte delle traduzioni di

Giacomo di Venezia erano conservate nella collezione dei manoscritti della biblioteca dell' abbazia benedettina di Mont Saint Michel e si trovano

attualmente nella bibliothèque du

Fonds Ancien di Avranches (dotata di circa 14.000 libri antichi e di 200

manoscritti provenienti dall’ abbazia di

Mont Saint Michel).

(45)

Non possiamo lasciarci alle spalle il Medioevo senza citare gli orologi astronomici di Richard di Wallingford e Giovanni de Dondi

Richard di Wallingford fu abate di St Albans dal 1327 alla sua morte 1336.

Progettò e iniziò a costruire un orologio astronomico che descrisse nel

Tractatus Horologii Astronomici (1327) e che fu completato 20 anni dopo la

sua morte.

(46)

L 'orologio che era una meraviglia tecnologica (eguagliato solo da

quello realizzato da De Dondi fisico e astronomo a Padova fra il 1354 e il 1362) fu distrutto molto probabilmente in seguito alla dissoluzione dei monasteri (fra cui quello di St. Albans) avvenuta in seguito della riforma voluta da Enrico VIII nel 1539.

L'orologio di Richard di Wallingford mostrava il Sole, la Luna (nella giusta fase) i pianeti, alcune stelle e aveva anche un'indicazione sul livello di marea atteso al ponte di Londra.

Giovanni de Dondi aveva studiato medicina, astronomia, filosofia e logica all’Università di Padova e dopo aver insegnato nella locale Università si era trasferito a Pavia dove, nel 1379, era divenuto medico e astrologo di corte dei Visconti.

Anche Il suo orologio astronomico è andato distrutto ma ne rimane l’

accurata descrizione che egli diede nell’ opera manoscritta Astrarium (*).

L’orologio che è stato ricostruito nel 1963 ed è visibile al Museo nazionale della scienza e tecnologia Leonardo da Vinci di Milano aveva 7 facce, 107 parti in movimento e riproduceva i moti del Sole, della Luna e dei cinque pianeti.

Indicava inoltre la durata delle ore di luce alla latitudine di Padova e il nome dei Santi di ogni giorno e la data delle feste della Chiesa.

(*) Astrarium o (Planetarium) è l’orologio astronomico ossia l’orologio che oltre ad indicare

l’ora indica giorno, mese, anno e la posizione di alcuni oggetti celesti.

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