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Cessazione della materia del contendere al venir meno del titolo esecutivo - Judicium

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PIERA PELLEGRINELLI

Cessazione della materia del contendere al venir meno del titolo esecutivo

La Corte d’appello di Bologna è chiamata a pronunciarsi in ordine alla richiesta – formulata dall’appellante – di dichiarare l’inesistenza del diritto del creditore a procedere all’esecuzione forzata.

Quest’ultimo aveva notificato alla debitrice un atto di precetto, fondato su una sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva.

La debitrice, a sua volta, aveva instaurato, avverso il precetto, un giudizio di opposizione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., asserendo di aver corrisposto le somme di cui alla sentenza di primo grado.

Durante lo svolgimento del giudizio d’opposizione interveniva la riforma integrale della sentenza titolo dell’esecuzione, così che l’azione esecutiva promossa dal creditore non poteva più ulteriormente proseguire.

Il Giudice di primo grado, preso atto, dichiarava la cessazione della materia del contendere, compensando tra le parti le spese del giudizio; rigettava, altresì, la domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. formulata dall’opponente.

Il debitore opponente, non soddisfatto della pronuncia resa, adiva il giudice d’appello ritenendo che avesse errato il giudice di primo grado nel non accertare e dichiarare l’inesistenza del diritto del creditore a procedere con l’esecuzione forzata.

Il giudice di seconde cure condivide le conclusioni rassegnate dal Tribunale rilevando che il venir meno del titolo esecutivo, durante il giudizio di opposizione all’esecuzione, rende inutile qualsiasi decisione sulla validità ab origine del precetto.

La sopravvenuta mancanza del titolo esecutivo non consente la prosecuzione del giudizio d’esecuzione, e ciò in ossequio al noto principio, espresso con il brocardo: nulla executio sine titulo.

Senza un titolo esecutivo, l’esecuzione forzata diviene illegittima ex tunc: il titolo esecutivo deve essere presente sin dall’instaurazione del processo esecutivo, sino al suo termine.

La sopravvenuta carenza del titolo esecutivo può essere rilevata d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio ed anche

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per la prima volta nel giudizio per cassazione, trattandosi di presupposto della azione esecutiva.

Il giudice dell'opposizione all'esecuzione è tenuto a compiere d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, ed anche per la prima volta nel giudizio di cassazione, la verifica sulla esistenza del titolo esecutivo posto alla base dell'azione esecutiva, potendo rilevare sia l'inesistenza originaria del titolo esecutivo, sia la sua sopravvenuta caducazione, che - entrambe - determinano l'illegittimità dell'esecuzione forzata con effetto "ex tunc", in quanto l'esistenza di un valido titolo esecutivo costituisce presupposto dell'azione esecutiva stessa.

Il venir meno del titolo comporta – salvo quanto infra si dirà la caducazione degli atti esecutivi compiuti.

La conclusione rassegnata dal giudice di merito è condivisibile e risulta conforme agli arresti della Suprema Corte (Cass. 19 maggio 2011, n. 11021; Cass. 13 luglio 2011, n. 15363; Cass. 29 novembre 2004, n. 22430).

Altra questione interessante affrontata nella sentenza in commento attiene la compensazione delle spese legali, operata dal giudice di primo grado.

L’appellante sul punto lamentava la scelta operata dal giudice di prime cure e chiedeva la condanna del creditore alle spese di entrambi i giudizi.

La Corte d’appello ritiene, ancora una volta, di condividere le argomentazioni rese dal giudice di prime cure, il quale aveva accertato la parziale reciproca soccombenza delle parti.

Invero, il Tribunale aveva riconosciuto la legittimità dell’istanza di rimborso delle spese, competenze ed onorari per la richiesta di copie con formula esecutiva; per la notificazione della sentenza; per l’esame della relata della notificazione della sentenza e delle restanti voci relative alle competenze per il precetto, considerato che l’attrice aveva provveduto al pagamento delle spese di lite dopo la notificazione della decisione del Tribunale.

La compensazione delle spese di lite appare giustificabile alla luce dell’art. 92, co. 2, c.p.c.

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