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Trasmetto la relazione in oggetto inviata al Consiglio, ai sensi dell art. 21 della l.r.19/2008.

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Il Presidente

Al Signor Presidente

della Commissione consiliare II Al Signor Presidente

del Comitato Paritetico di Controllo e Valutazione e, p.c. Ai Signori Presidenti

delle altre Commissioni consiliari Ai Signori Componenti

l'Ufficio di Presidenza

Ai Signori Consiglieri regionali Al Signor Presidente

della Giunta regionale

Ai Signori Assessori regionali Ai Signori Sottosegretari regionali LORO INDIRIZZI

Oggetto: REL 77 DGR XI/ 3009 del 30 marzo 2020

Relazione, ai sensi dell'art. 21 (Clausola valutativa) della l.r. 19/2008, sullo stato di attuazione della legge regionale del 27 giugno 2008, n. 19 “Riordino delle Comunità Montane della Lombardia, disciplina delle Unioni di Comuni e sostegno all'esercizio associato di funzioni e servizi comunali” e s.m.i. - (triennio 2017/2019)

Trasmetto la relazione in oggetto inviata al Consiglio, ai sensi dell’art. 21 della l.r.19/2008.

Trasmetto, altresì, la relazione al Comitato Paritetico di Controllo e Valutazione, ai sensi dell’art. 109, comma 1 lett. c), del Regolamento generale.

Con i migliori saluti

allegato

ALESSANDRO FERMI

Documento informatico sottoscritto con firma digitale, ai sensi dell'art.24, del D.lgs. 7 marzo 2005 n. 82 (Codice

dell'amministrazione digitale)

20124 Milano - Via Fabio Filzi, 22 - tel. 02.67482.1 - PEC:protocollo.generale@pec.consiglio.regione.lombardia.it Protocollo CRL.2020.0004273 del 03/04/2020

Copia analogica sottoscritta con firma a mezzo stampa predisposta secondo l¿articolo 3 del D.lgs 39/1993 e l¿articolo 3bis, comma 4bis del Codice dell¿amministrazione digitale. Il documento originale Ł firmato digitalmente e conservato presso l’Ente.

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DELIBERAZIONE N° XI / 3009 Seduta del 30/03/2020

Presidente ATTILIO FONTANA

Assessori regionali FABRIZIO SALA Vice Presidente GIULIO GALLERA

STEFANO BOLOGNINI STEFANO BRUNO GALLI

MARTINA CAMBIAGHI LARA MAGONI

DAVIDE CARLO CAPARINI ALESSANDRO MATTINZOLI

RAFFAELE CATTANEO SILVIA PIANI

RICCARDO DE CORATO FABIO ROLFI

MELANIA DE NICHILO RIZZOLI MASSIMO SERTORI

PIETRO FORONI CLAUDIA MARIA TERZI

Con l'assistenza del Segretario Enrico Gasparini Su proposta dell'Assessore Massimo Sertori

Si esprime parere di regolarità amministrativa ai sensi dell'art.4, comma 1, l.r. n.17/2014:

Il Direttore Generale Luca Dainotti

L'atto si compone di 143 pagine di cui 140 pagine di allegati parte integrante

Oggetto

RELAZIONE, AI SENSI DELL'ART. 21 (CLAUSOLA VALUTATIVA) DELLA L.R. 19/2008, SULLO STATO DI ATTUAZIONE DELLA LEGGE REGIONALE DEL 27 GIUGNO 2008, N. 19 “RIORDINO DELLE COMUNITÀ MONTANE DELLA LOMBARDIA, DISCIPLINA DELLE UNIONI DI COMUNI E SOSTEGNO ALL’ESERCIZIO ASSOCIATO DI FUNZIONI E SERVIZI COMUNALI” E S.M.I. - (TRIENNIO 2017/2019) – (ATTO DA TRASMETTERE AL CONSIGLIO REGIONALE)

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VISTA la legge regionale 27 giugno 2008 n. 19 “Riordino delle Comunità Montane della Lombardia, disciplina delle Unioni di Comuni e sostegno all’esercizio associato di funzioni e servizi comunali” e s.m.i.;

VISTO, in particolare, l’art. 21 “Clausola valutativa” della suddetta l.r. 19/2008 che prevede che la Giunta regionale presenti al Consiglio regionale una relazione triennale, con cui vengano fornite risposte documentate, distinte per le diverse forme associative, ai seguenti quesiti:

a) quale è stato il dinamismo associativo che si è determinato, in termini di variazione del numero delle associazioni, dei comuni associati, con particolare riferimento a quelli fino a duemila abitanti, dei servizi e delle funzioni da essi delegati, nonch[\ della popolazione interessata;

b) quali servizi sono stati scelti per l'esercizio associato e quali vantaggi esso ha prodotto sotto il profilo tecnico, amministrativo, organizzativo, economico e di utenza raggiunta dai comuni coinvolti;

c) quali azioni di supporto formativo e di accompagnamento per gli enti locali sono state realizzate dalla Regione ed a quali esigenze hanno dato risposta;

d) in che misura i comuni e la Regione hanno partecipato alla spesa complessiva per la gestione associata e in che misura si è data copertura alle richieste espresse dagli enti locali.

RICHIAMATO il Programma Regionale di Sviluppo della XI Legislatura, risultato atteso IST.0101.2 – “Riorganizzazione del rapporto Regione-territorio alla luce del riordino territoriale nazionale”;

RICHIAMATO l’“Accordo di collaborazione 2019-2021 relativo al percorso condiviso di studio, ricerca e supporto tecnico-scientifico ai processi istituzionali e associativi in Lombardia” tra Regione Lombardia e il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università degli Studi di Pavia, di cui alla DGR XI/1844 del 2 luglio 2019;

DATO ATTO che nell’ambito del predetto accordo di collaborazione l’Università di Pavia - Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, ha realizzato uno studio sullo

“Stato di attuazione e risultati ottenuti nella diffusione dell’esercizio di funzioni e servizi comunali attraverso forme stabili di Gestione Associata”;

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CONSIDERATO che, sulla base dello studio prodotto, il Gruppo di lavoro tecnico costituito presso la Direzione Generale Enti Locali Montagna e Piccoli Comuni della Giunta regionale con l’Università di Pavia - Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, ha elaborato la Relazione Triennale al Consiglio Regionale “Stato di attuazione e risultati ottenuti nella diffusione dell’esercizio di funzioni e servizi comunali attraverso forme stabili di Gestione Associata”, ai sensi dell’articolo 21 della Legge Regionale 27 Giugno 2008, n. 19;

VAGLIATI E ASSUNTI come propri i contenuti della Relazione Triennale;

A VOTI UNANIMI espressi nelle forme di legge;

DELIBERA

1. di approvare l’allegata Relazione Triennale al Consiglio Regionale “Stato di attuazione e risultati ottenuti nella diffusione dell’esercizio di funzioni e servizi comunali attraverso forme stabili di Gestione Associata”, ai sensi dell’articolo 21 della Legge Regionale 27 Giugno 2008, n. 19, con i relativi Allegati, parte integrante e sostanziale della presente deliberazione;

2. di trasmettere al Consiglio Regionale, ai sensi dell’art. 21 “Clausola valutativa” della suddetta l.r. 19/2008, la Relazione di cui al punto 1, nonché i relativi Allegati, parte integrante e sostanziale della presente deliberazione.

IL SEGRETARIO ENRICO GASPARINI

Atto firmato digitalmente ai sensi delle vigenti disposizioni di legge

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RELAZIONE TRIENNALE AL CONSIGLIO REGIONALE

Stato di attuazione e risultati ottenuti nella diffusione dell’esercizio di funzioni e servizi comunali

attraverso forme stabili di Gestione Associata

ANNUALITA’ 2017-2019

Ai sensi dell’articolo 21 della Legge Regionale 27 Giugno 2008, n. 19 “Riordino delle Comunità montane della Lombardia

disciplina delle Unioni di Comuni Lombarde e sostegno all’esercizio associato di funzioni e servizi comunali”

Marzo 2020

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2 Giunta di Regione Lombardia

Assessore agli Enti locali, montagna e piccoli comuni Massimo Sertori

Gruppo di lavoro tecnico - Direzione generale Enti Locali Montagna e Piccoli Comuni Luca Dainotti, Enrico dall’Oglio, Sabino De Meo, Angelo Florenzio, Giampaolo Ioriatti, Mauro Visconti

Università degli Studi di Pavia - Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali e Fondazione Romagnosi - Scuola di Governo Locale (Accordo di collaborazione 2019-2021 - Linea di attività 2.4)

Comitato Scientifico

Tommaso Alabardi, Alberto Ceriani, Giovanni Cordini, Silvia Figini, Franco Osculati, Francesco Ciro Rampulla, Giuseppe Carlo Ricciardi, Fabio Rugge, Sabrina Spaghi, Flavio Spalla, Alessandro Venturi, Andrea Zatti

Referenti Scientifici Report

Tommaso Alabardi, Alberto Ceriani e Giuseppe Carlo Ricciardi

Elaborazione dati rilevazione qualitativa Lorenzo Cavedo

Elaborazione dati applicativo gestione associata Maria Cammarota – Aria Spa

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INDICE

PARTE I – INQUADRAMENTO GENERALE

1. Premessa metodologica

2. Governo locale ed associazionismo comunale negli svolgimenti nazionali e regionali

PARTE II – ANALISI DI MERITO EX ART. 21 L.R. 19/2008

1. Dinamismo associativo

2. Funzioni e servizi prescelti per l’esercizio in forma associata e vantaggi prodotti dalla gestione intercomunale. Incognite di misurabilità ed approccio metodologico integrato: profili tecnico, di servizio, amministrativo, organizzativo, finanziario

a. Le Comunità montane (CCMM) e la loro performance b. Le Unioni di Comuni e la loro performance

3. Uno sguardo d’insieme al profilo finanziario: la partecipazione dei Comuni lombardi e di Regione Lombardia alla spesa complessiva per la gestione associata

4. Le azioni di supporto formativo e di accompagnamento per gli Enti locali realizzate da Regione Lombardia

5. Considerazioni conclusive

PARTE III – COORDINAMENTO ALLEGATI

Allegato statistico - finanziario - cartografico Bibliografia

PARTE IV – SINTESI

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PARTE I – INQUADRAMENTO GENERALE

1. Premessa metodologica

La relazione è stata redatta con riferimento alle indicazioni previste dalla clausola valutativa di cui all’art. 21 della L.r. 27 giugno 2008, n. 19 avente ad oggetto “Riordino delle Comunità montane della Lombardia, disciplina delle Unioni di Comuni Lombarde e sostegno all’esercizio associato di funzioni e servizi comunali”.

Nel merito dei processi associativi tra comuni il testo della legge regionale prevede che si dia conto dei risultati ottenuti nella diffusione dell'esercizio di funzioni e servizi comunali attraverso forme stabili di gestione associata, intendendo con questo termine le Comunità montane e le Unioni di Comuni.

La relazione – così come richiede l’articolo citato – assume in particolare l’obiettivo di fornire risposte documentate, distinte per le diverse forme associative, a quattro quesiti:

a. quale è stato il dinamismo associativo che si è determinato, in termini di variazione del numero delle associazioni, dei comuni associati, con particolare riferimento a quelli fino a duemila abitanti, dei servizi e delle funzioni da essi delegati, nonché́ della popolazione interessata;

b. quali servizi sono stati scelti per l'esercizio associato e quali vantaggi esso ha prodotto sotto il profilo tecnico, amministrativo, organizzativo, economico e di utenza raggiunta dai comuni coinvolti;

c. quali azioni di supporto formativo e di accompagnamento per gli enti locali sono state realizzate dalla Regione ed a quali esigenze hanno dato risposta;

d. in che misura i comuni e la Regione hanno partecipato alla spesa complessiva per la gestione associata e in che misura si è data copertura alle richieste espresse dagli enti locali.

Allo scopo di rispondere al mandato ricevuto e considerato l’intervallo di quasi dieci anni intercorso dalla prima relazione, si è definito un perimetro di conoscenza e di analisi ragionevolmente ampio sia nei contenuti che nel profilo temporale analizzato. Sono stati confrontati i processi associativi rispetto all’intero sistema delle autonomie, alle scelte comunali compiute nelle altre Regioni, all’evoluzione temporale dei fenomeni dal 1996, con la costituzione della prima unione di comuni, fino al 2019. Impegno specifico, di una certa onerosità, è stato dedicato alla costruzione di database pertinenti con i temi da trattare e riferiti:

- all’anagrafica delle unioni, delle Comunità montane e dei comuni associati;

- alle fusioni comunali;

- ai volumi e ai beneficiari dei finanziamenti regionali per l’incentivazione delle gestioni associate (fondi ordinari, straordinari e statali-regionalizzati);

- ai dati di bilancio di Unioni e Comunità montane;

- alle convenzioni in essere tra enti associati;

- alla bibliografia e alla reportistica istituzionale che ne hanno trattato, con dignità di menzione.

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Si tratta di un lavoro di preparazione mutuato da fonti ufficiali (Ministero dell’Interno e MEF, Istat, Regione Lombardia, SIOPE) da cui si sono estratti i dati di struttura di Unioni e CCMM, le informazioni sulle transazioni finanziarie da Regione Lombardia al sistema delle autonomie locali, le caratterizzazioni demografiche degli enti associati, lo stato finanziario dei medesimi con i flussi di entrata e spesa, in breve i numerosi elementi ritenuti opportuni ai fini dell’apparato conoscitivo.

Quanto richiamato è stato valorizzato nella descrizione del contesto amministrativo- contabile ma non è stato sufficiente per interpretare i processi più qualitativi dell’intercomunalità, considerata come concorso di attori politici e tecnici, perseguimento di obiettivi, applicazione di metodi, cooperazione tra enti e strutture.

Per rispettare le aspettative e le ambizioni informative della clausola valutativa si è preso atto dell’indispensabilità – e contestuale inadeguatezza – delle fonti istituzionali nel cogliere i fondamentali di processo e di servizio delle esperienze associative tra comuni proponendo di coinvolgere direttamente gli enti in gestione associata in una rilevazione qualitativa mediata dalla somministrazione di questionari uniformi, suddivisi per target di destinatari, per procedere ad una lettura finale di tutte le informazioni disponibili e pervenute.

Gli Enti coinvolti hanno aderito in misura considerevole: le Comunità Montane con copertura pari al 100% (23 su 23); le UdCL – Unioni di Comuni Lombarde con copertura pari all’87% (59 su 68); le UC – Unioni di Comuni non iscritte al registro regionale istituite ai sensi dell’art. 32 del TUEL, con copertura pari al 75% (6 su 8). In totale 88 questionari compilati rispetto ad un universo di 99 enti in gestione associata.

Nel questionario sono stati previsti approfondimenti sul processo costitutivo, sul funzionamento delle Comunità e delle Unioni, sulle motivazioni della scelta associativa;

la democraticità degli enti di Gestione Associata; i livelli effettivi di operatività e di autonomia rispetto ai Comuni costituenti; i servizi erogati e i modelli di erogazione; i servizi elettivi sui quali gli enti hanno fortemente investito e ottenuto maggiori risultati; i profili di efficienza ed efficacia; le soluzioni organizzative; la valutazione del rendimento e dei risultati delle scelte associative; le criticità; le differenze di valutazione tra amministratori e tecnici; il ruolo dell’incentivazione; il rapporto con Regione Lombardia;

le aspettative di formazione e affiancamento del personale; le prospettive dell’associazionismo.

Informazioni di contesto e di attività da fonti istituzionali e informazioni di merito espresse con ufficialità dalle Gestioni Associate hanno alla fine dato luogo ad un impianto in linea con le migliori produzioni finora disponibili in letteratura, inedito per il contesto lombardo, e specialmente attento alla multidimensionalità propria delle scelte di collaborazione intercomunale. Un approccio che fornisce una vista originale, ragionevolmente complessa nonché, riteniamo, solida negli approdi e nei contenuti.

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6 Elenco delle abbreviazioni

GA – Gestioni Associate a costituzione volontaria

GAO – Gestioni Associate Obbligatorie, come prescritte dal d.l. 31 maggio 2010, n. 78 UC – Unione di Comuni costituita ai sensi dell’art. 32 del Testo Unico degli Enti Locali UdCL – Unione di Comuni Lombarda. Unione costituita ai sensi dell’art. 32 del Testo Unico degli Enti Locali e con i requisiti richiesti della lr. 19/2008

C.o.sta.r.G.A – Contributo ordinario statale regionalizzato alle Gestioni Associate, stanziato dallo Stato ed erogato da Regione Lombardia

CCMM – Comunità montane

PTCP – Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale

s.m.i. – riferito a norme, Successive Modificazioni e Integrazioni Fonti e avvertenze sui dati

La relazione è stata costruita con dati di fonte Istat, Ministero dell’Interno, Regione Lombardia, Siope, Comunità montane, Unioni di Comuni, Comuniverso-Ancilab, Conferenza Stato-Città. Le annualità di riferimento sono indicate nelle tabelle. I dati riguardanti la composizione istituzionale delle Gestioni associate valgono al momento della elaborazione. I processi di fusione dei comuni e di modifica della compagine associativa introducono variazioni anche a distanza di pochi mesi, che non modificano tuttavia i dati generali indicati.

Datazione delle analisi

Quadro normativo – dal 2000 al 2019

Lombardia. Adesione alle tipologie associative TUEL – 2015 Lombardia. Adesione alle forme associative stabili – 2019

Lombardia. Dinamismo associativo delle Unioni di Comuni – dal 1996 al 2019 con base istituzionale al censimento 2011

Italia e Regioni. Unioni operative – dal 2000 al 2019

Lombardia. Struttura e performance associative delle CCCMM – 2018 e 2019

Lombardia. Struttura e performance associative delle Unioni di Comuni – 2018 e 2019 Lombardia. Contributi regionali e regionalizzati alle Gestioni associate – dal 2011 al 2019 Lombardia. Entrate e spese delle Gestioni associate – 2018

Lombardia. Azioni di affiancamento alle Gestioni associate – dal 2016 al 2019 Lombardia. Prospettive dell’associazionismo - 2019

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La letteratura internazionale multidisciplinare non offre un paradigma univoco di misurazione delle performance delle Gestioni Associate tra Comuni, a prescindere dalla forma associativa analizzata. Anzi, non è nemmeno pacifica la possibilità di misurare alcune attività delle pubbliche amministrazioni.

Taluni Autori prediligono analisi meramente quantitative, fondate sui volumi economico-finanziari desumibili dai bilanci degli Enti locali: esse presentano il pregio dell’oggettività, ma non restituiscono esiti sulla dimensione di servizio; altri Autori adottano un’analisi meramente qualitativa di matrice politologica, la quale consente approfondimenti su casi-pilota specifici, espressi come valutazioni personali dei soggetti intervistati, efficaci se integrati anche con elementi oggettivi.

Le analisi meramente giuridiche offrono solo indirettamente elementi di contesto ordinamentale sugli orientamenti dei Legislatori e, se protese verso la dimensione amministrativa, delle amministrazioni che possono adottare provvedimenti di carattere programmatico o pianificatorio ma nulla dicono circa la desiderabilità di determinate politiche pubbliche. Al contrario, un approccio fondato su paradigmi esclusivamente organizzativo-aziendalistici non consente di riflettere sui costi di transazione legati alle riorganizzazioni interne alle pubbliche amministrazioni e sull’influsso dispiegato sia sul versante finanziaristico che di impatto amministrativo-burocratico.

Nell’assenza di un metodo univoco, è parso appropriato procedere con diverse linee di conoscenza scegliendo le più adatte a rispondere ai quattro quesiti della Clausola e a fornire una valutazione dell’impatto delle politiche associative, del ruolo svolto dagli attori e del modo in cui hanno deciso di implementarle nei territori e nei contesti interessati.

Così il presente lavoro alterna letture fondate su dati oggettivi da fonti istituzionali (es. la spesa regionale per il sostegno alle forme associative, nelle diverse sue forme; il numero di dipendenti operanti nelle gestioni associate, il grado di integrazione e di autonomia delle Gestioni Associate) ad analisi qualitative e quantitative basate sulla valutazione che gli attori primari delle Comunità montane e delle Unioni di Comuni hanno dichiarato rispetto a specifici profili di attività.

La conoscenza ottenuta da tale insieme di fonti ha riguardato il processo costitutivo, il funzionamento effettivo delle Gestioni Associate e i risultati prodotti. Si sono ottenute viste che descrivono quanto accaduto a seguito delle scelte normative nazionali e regionali ma pure delle decisioni che amministratori e funzionari locali hanno adottato nei loro territori.

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2. Governo locale ed associazionismo comunale negli svolgimenti nazionali e regionali.

1. Introduzione sul contesto ordinamentale nazionale

A partire dalle manovre finanziarie avviate nel 2009, divenute assai incisive negli anni successivi, il Legislatore nazionale ha introdotto una serie di interventi tesi a ridurre i trasferimenti agli Enti locali ed a limitare i costi legati agli assetti delle istituzioni1. Sono i consorzi e le Comunità montane ad essere per primi progressivamente privati delle risorse finanziarie statali2. A seguire, tra i molti interventi degni di nota, possiamo rammentare, limitandoci all’universo degli Enti di prossimità e delle forme associative tra Comuni:

1) la legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010), specialmente per quanto attiene alla soppressione dei consorzi di funzioni ed alle circoscrizioni di decentramento, nonché all’eliminazione del finanziamento di provenienza statale alle Comunità montane;

2) il d.l. 25 gennaio 2010, n. 2, convertito nella legge 26 marzo 2010, n. 42, relativo alla soppressione dei circondari3 ed alla ridistribuzione delle risorse già attribuite alle Comunità montane (ma degno di menzione, altresì, per il recupero dei consorzi per i bacini imbriferi montani)4;

3) il d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito nella legge 14 settembre 2010, n. 122, con riferimento alla disciplina dei servizi pubblici locali e delle partecipate, nonché, ovviamente, in relazione alla disciplina recante la determinazione delle funzioni amministrative dei Comuni – e, quindi, della gestione in forma associata e obbligatoria delle funzioni e dei servizi – ed all’attuazione della moltitudine di misure anticrisi introdotte già con la legge 3 agosto 2009, n. 102. In particolare, corre l’obbligo di rammentare la disciplina di cui all’art. 14 del d.l. 78/2010, ove si è stabilita la gestione associata obbligatoria delle funzioni fondamentali comunali, secondo un processo graduale ed incrementale, in un ambito non inferiore a 5.000 abitanti o in alternativa al quadruplo del numero di abitanti del Comune demograficamente più piccolo tra quelli associati (soluzione poi adottata stabilmente anche nella legislazione lombarda), soglia

1 Si pensi all’eliminazione degli organi di particolari categorie di Enti oppure alla rivisitazione del loro numero, o ancora limitando la partecipazione a società.

2 In particolare, già con la legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008) si era prevista la soppressione delle Comunità montane i cui territori non raggiungessero un’altimetria sufficientemente adeguata, mentre con la legge 191 del 2009, art. 1, comma 187, si è disposta la cessazione del contributo statale alle Comunità montane, con contestuale devoluzione di una quota ai Comuni montani (contributo successivamente ripartito tra tutti i Comuni già ricompresi nella Comunità montana ex art. 1 sexies della legge di conversione del d.l. 2/2010). Non a caso in molte Regioni le Comunità montane sono state poi trasformate in Unioni di Comuni.

3 Ci si riferisce all’abrogazione dell’art. 21, commi 1 e 2, del TUEL, salvi i Comuni superiori di 250.000 abitanti.

4 Inoltre si contempla la soppressione dal 2011 delle Autorità di ambito territoriale costituite obbligatoriamente tra Enti locali ex d. lgs. 152/2006 ai fini della gestione delle competenze in tema di organizzazione, affidamento e controllo del servizio idrico integrato e della gestione integrata dei rifiuti.

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poi elevata l’anno successivo a 10.000 abitanti salvo deroghe poste dalle singole normative regionali;

4) il d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito in legge 14 settembre 2011, n. 148, con riferimento al ridimensionamento degli organi dei Comuni (art. 16, comma 17)5, all’obbligo per i Comuni fino a 1.000 abitanti di esercitare in forma associata tutte le funzioni e tutti i servizi ad essi spettanti ex lege, prevedendo a tal fine una forma di Unione di Comuni speciale, derogatoria rispetto alle norme del TUEL (cfr. art. 16);

5) il d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 di rilievo per la disciplina delle Province6, il d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 135, con riferimento all’esercizio in forma associata (art. 19) di tutte le funzioni da parte dei Comuni inferiori ai 1.000 abitanti e di quelle fondamentali da parte dei Comuni di dimensioni inferiori ai 5.000 abitanti e di 3.000 abitanti in zone montane, solo tramite Unioni e convenzioni.

Le sentenze della Corte cost. n. 151/2012 e n. 220/2013 sono poi intervenute su molte disposizioni dei menzionati d.l. 138/2011, d.l. 201/2011 e d.l. 95/2012, travolgendone molte norme, tra le quali quelle relative alla previsione delle Unioni di Comuni ex art. 16 del d.l. 138/2011 ed alle Province7.

In questo contesto di legislazione della crisi, viene infine approvata la legge 7 aprile 2014, n. 56, relativa a città metropolitane, province, unioni e fusioni di comuni. La legge, nota anche come “legge Delrio” muove, per quanto attiene alla disciplina delle Unioni e delle fusioni, dal fine di semplificare e modernizzare la mappa amministrativa locale, mirando ad un ulteriore rafforzamento delle Unioni ad al sostegno alle fusioni (sia diretto, poi confermato in molteplici provvedimenti statali attributivi di cospicue risorse, sia indiretto, cioè fondato su forme di incentivazione non economica, principalmente incidenti sull’autonomia organizzativa e tributaria del nuovo comune istituito). L’art. 1, comma 130, della l. 56/2014 introduce a livello nazionale anche la fusione per incorporazione, peraltro già presente in alcune normative regionali. Tali disposizioni risultano poi confermate anche dalla sentenza della Corte cost. n. 50/2015.

La normativa statale finora descritta ha inciso sensibilmente sulla morfologia e la capacità amministrativa e contabile degli Enti di prossimità, suffragata dai molti interventi della Consulta8 che hanno ribadito la possibilità di intervenire, da parte dello Stato, adottando principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, financo con riferimento a materie di competenza regionale (si pensi alla disciplina delle Comunità montane), purché l’intervento statale non riguardi aspetti specifici dell’ordinamento, come accaduto con riferimento alle Unioni (v. Corte cost. n. 44/2014).

Tuttavia, uno degli aspetti poi confermati anche dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, variamente emerso in molte delle disposizioni richiamate, riguarda il principio di gratuità

5 Il decreto, tra le molte altre novità, dimezza anche gli organici delle Province e rivede il tema ei servizi pubblici locali.

6 Il decreto, poiconvertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, delinea nuovi assetti con riferimento alla funzione di indirizzo e coordinamento delle attività dei Comuni ex art. 23, commi 14-21.

7 In tal caso il problema principale derivava dal tentativo di riordino dell’Ente intermedio promosso tramite decreto legge.

8 Cfr., ad es., Corte cost. sentt. nn. 244 e 456 del 2005, 397 del 2006, 237 del 2009, 27 del 2010.

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delle forme associative, che esclude la possibilità di riconoscere emolumenti agli amministratori, sul presupposto che la forma associativa nasce non più per concorrere alla deframmentazione del governo locale ma in una veste “funzionale”, teleologicamente preordinata ad assicurare vantaggi organizzativi e funzionali rispetto alla gestione in forma singola di servizi e funzioni da parte del piccolo Comune, al di là della possibilità di produrre economie di scala. Rispetto a questo assetto di sistema, è infine intervenuta la Consulta, mediante la nota pronuncia n. 33/2019, dei cui lineamenti si vedrà infra, par. 5, in questo stesso capitolo.

2. La legislazione lombarda sulle forme associative

La Lombardia, dal canto suo, dispone di un corpus normativo interessante, che propone alcune variazioni sul tema offerto dal legislatore nazionale, anche se – vale la pena di anticiparlo – si tratta di una delle poche Regioni che non ha ritenuto di adottare appositi provvedimenti normativi di riforma del governo locale a seguito degli svolgimenti nazionali derivanti dalla spending review, frangente che ci consegna oggi un dettato normativo regionale assoggettato a svariate interpolazioni e quindi di più difficile lettura sistematica.

La normativa di riferimento per le forme associative lombarde è sostituita dalla Legge regionale 27 giugno 2008, n. 19, avente ad oggetto "Riordino delle Comunità Montane della Lombardia, disciplina delle Unioni di Comuni lombarde e sostegno all'esercizio associato di funzioni e servizi comunali" ed un tempo dedicata anche alle fusioni di Comuni. La legge menzionata risulta specificata dal Regolamento regionale n. 2/2009 in materia di “Contributi alle unioni di comuni lombarde, in attuazione dell'articolo 20 della legge regionale 27 giugno 2008, n. 19”: i due testi hanno stabilito il principio che ad essere incentivate siano solamente le forme stabili di gestione associata9 (Unioni di Comuni Lombarde e Comunità montane; il Regolamento Regionale 2/2009 si riferisce soltanto ai contributi per le Unioni di Comuni lombarde, non anche alle Comunità Montane) facendo cadere l’incentivazione alle associazioni comunali (collaborazione tramite convenzioni) e riducendo il novero delle Comunità montane da 30 a 23, con ampliamento delle correlative dimensioni territoriali.

La disciplina normativa lombarda a sostegno delle forme associative risulta anzitutto finalizzata all’alimentazione di un apposito fondo regionale, che può essere denominato in questa sede come “fondo regionale autonomo”, allo scopo di differenziarlo, come in effetti è nello stato dell’arte, dal fondo statale regionalizzato, cioè finanziato da risorse statali, benché distribuito dalla Regione di appartenenza delle forme associative interessate dalla percezione delle risorse ivi previste (c.d. c.o.sta.r.G.A)10.

9 Ai sensi dell’art. 19, comma 1, della L.r. 19/2008, in particolare “La Regione incentiva lo sviluppo di forme stabili di gestioni associate di funzioni e servizi comunali, destinando contributi specifici e fornendo supporto tecnico, anche con attività di formazione e accompagnamento, prioritariamente a favore di: a) unioni di comuni lombarde; a bis) unioni di comuni diverse da quelle di cui alla lettera a) e comunità montane, limitatamente ai contributi di cui all’articolo 20 ter”.

10 Cfr. art. 20 ter, commi 1 e 2, della L.r. 19/2008, ove si asserisce che: “1. Con deliberazione della Giunta regionale, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia, sono stabiliti termini, criteri e modalità per la presentazione delle domande di contributo a valere sulle risorse statali a sostegno

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La finalità principale della disciplina richiamata, per quanto interessa in questa sede, consta della promozione e del sostegno dell’esercizio in forma associata di funzioni e servizi tra i Comuni lombardi preordinati alla garanzia della continuità dei servizi, di una gestione efficace, efficiente ed economica, propedeutica a favorire lo sviluppo del dinamismo associativo. Si stabilisce all’art. 1, comma 4, della L.r. n. 19/2008, inoltre, che costituiscono “ambiti di riferimento per l’organizzazione da parte dei comuni dell’adeguato esercizio associato delle funzioni conferite ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione la zona omogenea per i territori montani e il territorio dell’insieme dei comuni afferenti a ciascuna azienda sociosanitaria territoriale, secondo l’allegato 1 della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità), per gli altri territori”. La rilevanza delle Comunità montane anche in ambito associazionistico emerge da quanto sancito dall’art. 9, comma 3, della L.r. n.

19/2008, laddove si prevede che “La comunità montana, oltre alle funzioni conferite dalla legge, può gestire in forma associata funzioni e servizi delegati dai comuni e, quando previsto, dalla provincia, dandone comunicazione alla Regione. Ogni funzione o servizio gestito in forma associata dalla comunità montana è regolato da apposita convenzione, che ne determina le modalità e condizioni di svolgimento, l'imputazione delle relative spese, incluse quelle riferibili all'organizzazione, nonché gli obblighi reciproci degli enti”, e con la quale si prevede eventualmente l’istituzione di appositi Uffici in seno alla Comunità montana stessa, ferma restando l’opzione per i Comuni di avvalersi sia di quelli istituiti ad hoc, che di quelli già esistenti, ai sensi del comma 3 bis. Alle gestioni associate riferite alla Comunità montane possono, inoltre, aderire anche i Comuni limitrofi alla comunità montana, purché non appartenenti ad altra Comunità montana11.

Ai sensi dell’art. 16 della L.r. 19/2008, i comuni possono esercitare le funzioni e gestire i servizi in modo coordinato “mediante: a) unioni di comuni lombarde; b) comunità montane; c) altre forme associative”, potendo scegliere tra le forme associative indicate (art. 17), benché per ogni funzione o servizio, il comune possa partecipare ad una sola

dell’associazionismo comunale, di cui all’intesa n. 936 del 1° marzo 2006, sancita in Conferenza Unificata, e per l’erogazione delle stesse risorse, in caso di relativa regionalizzazione, agli enti di cui all’articolo 19, comma 1, anche in deroga alle disposizioni del regolamento regionale di cui all’articolo 20, comma 1. 2.

La deliberazione di cui al comma 1è aggiornata, per ogni annualità, in caso di attivazione, da parte della Regione, delle procedure di cui all’articolo 4 dell’intesa di cui al comma 1”. Inoltre, sul punto, si veda già l’Allegato 2 alla Deliberazione n. X/7028 del 03/08/2017, avente ad oggetto l’“Approvazione della proposta di termini, criteri e modalità per la presentazione delle domande di contributo a valere sulle risorse statali regionalizzate a sostegno dell’associazionismo comunale e per l’erogazione delle stesse risorse (a seguito di parere della competente commissione consiliare)”, laddove si ribadisce che il requisito per poter accedere al “c.o.sta.r.G.A.” è l’esercizio in forma associata di due o più programmi, per almeno due Comuni. Per tutte le forme associative, l’elenco dei programmi/servizi utili al calcolo del

“c.o.sta.r.G.A.”, è quello approvato dal D.M. 18 maggio 2017 (allegato M), ai sensi del D. Lgs n. 118/2011, fermo restando che la fase della spesa rilevante è l’impegno.

11 Peraltro, ai sensi dell’art. 14, commi 1 e 2, della L.r. n. 19/2008 “1. I rapporti tra comuni che fanno parte di una stessa comunità montana e quelli di ciascun comune con altri enti sono regolati secondo criteri di economicità, efficienza ed efficacia, tenuto conto delle forme di incentivazione dell'esercizio associato di funzioni e servizi. 2. Per la gestione associata delle funzioni, non possono essere destinatarie di incentivi regionali le unioni di comuni lombarde o altre forme associative aventi ambiti territoriali coincidenti con le zone omogenee, in coerenza con il principio di non sovrapposizione di più enti associativi”.

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forma associativa, nonché “aderire ad una sola unione di comuni, disciplinata ai sensi dell'articolo 18”

Ai sensi dell’art. 8 della L.r. 28 dicembre 2011 , n. 22 “In attuazione dell'articolo 14, comma 31, del d.l. 78/2010 convertito dalla l. 122/2010, l'insieme dei comuni tenuti ad esercitare le funzioni fondamentali in forma associata mediante la forma associativa dell'unione di comuni o della convenzione deve raggiungere il limite demografico minimo pari a 5.000 abitanti o a 3.000 abitanti, in caso di comuni appartenenti o appartenuti a comunità montane, o pari al quadruplo del numero degli abitanti del comune demograficamente più piccolo tra quelli associati. La popolazione complessiva residente nei territori dei comuni tenuti all'obbligo di cui al presente comma è calcolata alla data del 31 dicembre 2009”. Il comma successivo stabilisce inoltre che: “Sono esentati dall'obbligo dell'esercizio delle funzioni fondamentali in forma associata i nuovi comuni nati da fusioni che abbiano una dimensione demografica pari o superiore al quadruplo del numero degli abitanti del comune demograficamente più piccolo tra quelli che hanno aderito al processo di fusione”12.

Attesa l’estrema eterogeneità del territorio lombardo, Regione Lombardia – per certi versi anticipando le determinazioni di cui alla Corte cost. 33/2019 – aveva già previsto di concedere una deroga all'obbligo di gestione associata delle funzioni fondamentali, previsto dalle leggi nazionale e regionale, a 73 Comuni.

La deroga, segnatamente, riguarda:

- Comuni confinanti unicamente con altre Amministrazioni non tenute all'esercizio delle funzioni fondamentali in forma associata e non intenzionate ad associarsi con il Comune in obbligo;

- Comuni che hanno superato la soglia demografica prevista per l'obbligo di gestione associata (5.000 residenti, che scendono a 3.000 per i Comuni montani);

- Comuni già parte di forme associative che abbiano documentato l'impossibilità di raggiungere i limiti demografici stabiliti dalla normativa regionale.

Di relativamente recente introduzione risulta essere – ad opera dall’art. 1, comma 1, lett.

g) della Legge reg. 30 dicembre 2014, n. 35 – di un art. 20 bis13 avente ad oggetto l’istituzione del registro regionale delle Unioni di Comuni lombarde, rispetto al quale giova segnalare che l’iscrizione al registro risulta essere, attualmente, condizione per l’accesso ai contributi previsti dalla stessa Legge reg. 27 giugno 2008, n. 19, nonché dal Regolamento reg. 27 luglio 2009, n. 2. Il registro è stato, infine, istituito con la D.G.R. 26 marzo 2015, n. X/3304.

Inoltre, vale la pena di ricordare che la Lombardia – con la legge regionale n. 11/2004 – riconosce l’importanza del ruolo svolto dalle comunità residenti nei piccoli comuni e degli enti che le amministrano in quanto garanti della salvaguardia e del governo del

12 Riesce necessaria, altresì, una lettura congiunta con la Legge Regionale 5 agosto 2014, n. 24.

13 Ai sensi di tale articolo, “1. E' istituito, presso la Giunta regionale, il registro regionale delle unioni di comuni lombarde. L'iscrizione al registro è condizione per l'accesso ai contributi di cui alla presente legge.

2. La Giunta regionale disciplina i termini e le modalità per l'iscrizione e la gestione del registro di cui al comma 1”.

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territorio, la conservazione e lo sviluppo delle attività sociali ed economiche tradizionali e la valorizzazione della cultura locale, con ciò mostrando una certa attenzione agli Enti di prossimità ed alla loro funzione di servizio rispetto alla comunità di riferimento.

In definitiva, volendo tratteggiare i caratteri essenziali della legislazione lombarda, potremmo procedere come segue.

Rispetto alla normativa nazionale introdotta dal d.l. 78/2010 Regione Lombardia ha confermato la struttura e le logiche di policy definite fino a quella data e in particolare:

- ha mantenuto i limiti demografici per i processi associativi a 5.000 abitanti, 3.000 se comuni montani, o a quattro volte la popolazione del comune più piccolo, sia per le Unioni di Comuni che per le convenzioni, prevedendo la possibilità di deroghe motivate ai limiti fissati;

- ha confermato le Comunità Montane come uno dei soggetti riconosciuti, che possono assumere il ruolo di titolari degli uffici unici ai fini di espletare gli obblighi di gestione associata, sia per diretta attribuzione di funzioni sia tramite convenzione con i comuni interessati;

- ha confermato lo strumento dell’incentivazione;

- ha proseguito nell’attribuzione o nel riconoscimento alle forme associate di competenze di settore.

Altre norme di settore hanno via via attribuito funzioni agli enti associati negli ambiti riguardanti la gestione del territorio e del paesaggio, la difesa del suolo, la polizia locale, la vigilanza in zone sismiche, il turismo, il commercio su aree pubbliche, i trasporti, la gestione dei rifiuti e le materie dell’energia, la prevenzione e il trattamento del gioco d'azzardo patologico. Una parte di queste attribuzioni è avvenuta prima delle scelte nazionali che hanno reso obbligatoria la gestione associata, a seguito del richiamato favor alle forme associative più istituzionalizzate.

Di seguito, si propone un quadro di riferimento distinto per le Comunità montane e le Unioni di Comuni.

3. Le Comunità Montane

Le Comunità Montane hanno una presenza peculiare nel sistema istituzionale lombardo fin dalla legge di istituzione, la n. 1102 del 3 dicembre 1971. Dotate di una propria autonomia statutaria e regolamentare, pur senza disporre di rango costituzionale, sono ora disciplinate dal d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico sugli enti locali) e in Lombardia dalla l.r. 19/2008.

Il TUEL all’art. 27 qualifica le Comunità Montane come “unioni di comuni, enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti a province diverse, per la valorizzazione delle zone montane per l’esercizio di funzioni proprie, di funzioni conferite e per l'esercizio associato delle funzioni comunali”. All’art. 28 indica che spetta alle CCMM l’esercizio associato di funzioni proprie dei comuni o a questi conferite dalla regione e che strumenti attuativi delle Comunità sono i piani pluriennali

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di opere ed interventi, che concorrono alla formazione dei Piani territoriali di coordinamento provinciali.

Con la Finanziaria 2008 il Governo nazionale aveva disposto la soppressione delle Comunità Montane, ma in via successiva la Corte costituzionale (sentenza n. 237/2009), aveva ribadito che il loro ordinamento è riservato alla competenza legislativa residuale delle regioni e lo Stato non avesse il potere di eliminarle.

Sul tema l’impostazione del Legislatore regionale lombardo è stata quella di valorizzare le Comunità Montane14, considerate ambiti territoriali adeguati allo svolgimento delle funzioni delegate e funzionali a coniugare il principio di valorizzazione delle autonomie territoriali e di sussidiarietà che ispirano lo Statuto della Regione. Di particolare significato l’attribuzione alle Comunità Montane (art. 2 della L.R. 19/2008) del profilo di

“Zone Omogenee montane” che si vedrà ha relazione con le attività associative.

Dopo il riordino operato attraverso la LR 19/2008 le Comunità Montane della Lombardia sono state ridotte dalle 30 del 1971 alle attuali 23, in conseguenza delle esigenze di contenimento dei costi dettate dalla Legge Finanziaria 2008 (L. 244/2007) e sono stati introdotti vincoli finanziari fissati alla spesa storica del 2007.

4. Le Unioni di Comuni

L’Unione di Comuni, la seconda tipologia di collaborazione intercomunale stabile che consideriamo nei dettagli, è un ente locale di tipo associativo costituito da almeno due Comuni allo scopo di esercitare le funzioni che i Comuni membri le attribuiscono (art. 32 del TU degli Enti Locali). Per la Corte Costituzionale le Unioni sono forme istituzionali di associazione tra comuni per l’esercizio congiunto di funzioni o servizi di loro competenza. Non costituiscono un ente territoriale diverso o di secondo grado rispetto al comune.

Ha una propria personalità giuridica15 ed è dotata di autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa e finanziaria, con propri organi politici e gestionali. Lo statuto individua gli

14 Si rammenta che ogni Comunità Montana ha un Presidente, un organo rappresentativo (l’Assemblea) e un organo esecutivo (la Giunta). L’Assemblea è composta dai Sindaci dei Comuni partecipanti o da Assessori o Consiglieri delegati dal Sindaco. La Legge regionale disciplina le modalità di elezione di II livello del Presidente e della Giunta. L’art. 9 della L.R. 19/2008 prevede che i Presidenti delle Comunità Montane della Lombardia siano periodicamente riuniti nella Conferenza dei Presidenti delle Comunità Montane lombarde, definendone le competenze. La Conferenza esprime valutazioni e pareri richiesti su atti regionali ed è ambito di confronto.

15 Sono organi dell’unione il presidente, la giunta e il consiglio, formati da sindaci, assessori e consiglieri in carica nei comuni aderenti. All’unione si applicano le disposizioni generali sugli enti locali, in quanto compatibili, comprese quelle in materia di status degli amministratori, dell’ordinamento finanziario e contabile, del personale e dell’organizzazione. Il presidente dell’unione di comuni si avvale di un segretario di un comune facente parte dell’unione. Le funzioni di responsabile dell’anticorruzione sono svolte in forma associata per tutti i comuni dell’unione con la nomina di un unico funzionario. Le funzioni di revisione contabile possono essere demandate ad un revisore unico per le unioni formate da comuni che non superano i 10.000 abitanti e, per le altre, da un collegio di revisori, mentre le funzioni di valutazione e controllo di gestione possono essere attribuite dal presidente dell’unione sulla base di un apposito regolamento. Qualora la funzione della polizia locale venga conferita all’unione, al suo presidente sono attribuiti i relativi compiti, prerogative e funzioni. L’esercizio della funzione di protezione civile è attribuito all’unione limitatamente

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organi, le modalità di costituzione, le funzioni svolte, i rapporti con i comuni aderenti.

Ciascun comune può far parte di una sola unione.

L’unione può stipulare convenzioni con altre unioni o con singoli comuni.

Nella normazione regionale le Unioni hanno assunto la caratterizzazione di Unioni di comuni lombarde secondo quanto indicato all’art. 18 della lr. 19/2008.

5. Le critiche al modello nazionale e le possibili evoluzioni

Sono state numerose le considerazioni critiche all’approccio della gestione associata obbligatoria introdotto dalla normazione nazionale nel 2010. Limitandoci ad una selezione delle categorie emerse nel dibattito politico e tra gli studiosi del tema si possono richiamare le seguenti osservazioni:

- la cooperazione intermunicipale volontaria è parte permanente e presente da decenni nella storia delle autonomie locali italiane e attraversa l’intero universo dimensionale dei comuni. Considerarla come parte delle soluzioni per fronteggiare i problemi della crisi economico-finanziaria e assegnare obiettivi di risparmio alla sola componente dei piccoli enti induce una lettura selettiva se non punitiva delle esigenze di efficientamento pubblico;

- se la scelta verso la Gestione Associata Obbligatoria (GAO) è stata prodotta in surroga di processi di fusione autoritativa non attuati, destinati ancora a colpire il livello dei piccoli enti, ha il limite di trasferire su processi organizzativi finalità istituzionali da perseguire in altre forme;

- in realtà avviare attività di cooperazione tra enti locali, in particolare se non superficiali, significa dar luogo a processi organizzativi comparabili ai processi di start up non a procedimenti con finalità di spending review. Per essere sostanziali, come richiesto in ogni processo innovativo, tali azioni prevedono un investimento di attivazione che comporta un costo sia di tipo economico che organizzativo;

- costruire processi associativi a seguito di indicazioni o di obblighi normativi rischia di mettere in secondo piano la finalità della innovazione di servizio, vero obiettivo di tali attività;

- fin dall’inizio una politica per la gestione associata dovrebbe configurarsi come policy che ammette la sperimentazione con chiara percezione delle potenzialità, delle prassi da adottare, come dei rischi determinati da errate aspettative o da differenze di contesto e di attori. Come in genere accade nei processi sperimentali deve poter prevedere correzioni in corso d’opera più che vincoli rigidi di implementazione.

all’approvazione e all’aggiornamento dei piani di emergenza e alle connesse attività di prevenzione e approvvigionamento, mentre, al verificarsi di situazioni di emergenza, resta in capo al sindaco di ciascun comune dell’unione in qualità di autorità comunale di protezione civile, la direzione dei servizi di emergenza che insistono sul territorio del comune, i compiti di coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza alle popolazioni colpite.

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Osservazioni di merito di fonte ufficiale che confermano i termini qui richiamati sono presenti nelle informative sullo stato di attuazione della normativa per la Gestione Associata Obbligatoria (GAO) fornite dal Ministero dell’interno, nel corso del 2015,

Ai sensi dell’art. 18 della L.r. 19/2008, rubricato “Unioni di comuni lombarde”:

”1. Le unioni di comuni lombarde sono costituite tra comuni per l'esercizio associato di funzioni e servizi.

2. Fermo restando il rispetto della disciplina statale relativa alla gestione associata obbligatoria tra comuni, i comuni che aderiscono ad un’unione di comuni lombarda esercitano in gestione associata almeno cinque delle funzioni fondamentali di cui all’articolo 14, comma 27, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica) convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

3. L'atto costitutivo e lo statuto dell'unione sono approvati dai consigli dei comuni partecipanti con le procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie dei comuni; le successive modifiche sono approvate dal consiglio dell’unione con le stesse procedure e maggioranza di cui al primo periodo. L'unione è costituita a decorrere dalla data di efficacia dell'atto costitutivo, qualora non previsto diversamente dall'atto medesimo.

4. Lo statuto individua la sede e le funzioni dell'unione, le competenze degli organi, le modalità per la loro costituzione e insediamento, nonché la durata dell'unione, comunque non inferiore a dieci anni. Lo statuto definisce, altresì, le procedure per lo scioglimento dell'unione o per il recesso da parte dei comuni partecipanti e relativi adempimenti, inclusa la definizione dei rapporti tra unione e comune uscente. E’ in ogni caso concessa al comune partecipante la facoltà di recesso unilaterale dall’unione con atto approvato dal consiglio comunale e senza alcun effetto sanzionatorio. Fermi restando la disciplina statale relativa alle unioni di comuni e alla gestione associata obbligatoria tra comuni nonché quanto previsto all’articolo 17 della presente legge, il comune che recede

dall’unione può stipulare convenzioni con la stessa unione o con i comuni a essa aderenti per l’esercizio associato di funzioni o servizi.

5. Sono organi dell’unione il presidente, la giunta e il consiglio e sono formati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, da amministratori in carica dei comuni associati e a essi non possono essere attribuite retribuzioni, gettoni e indennità o emolumenti in qualsiasi forma percepiti.

Il presidente è scelto tra i sindaci dei comuni associati e la giunta tra i componenti dell'esecutivo dei comuni associati. Il consiglio è composto da un numero di consiglieri definito nello statuto, eletti dai singoli consigli dei comuni associati tra i propri componenti, garantendo la rappresentanza delle minoranze e assicurando la rappresentanza di ogni comune. Gli statuti delle unioni possono prevedere che, oltre ai componenti elettivi di cui al precedente periodo, i sindaci dei comuni associati siano membri di diritto del consiglio dell'unione. Le sedute del Consiglio dell'unione sono pubbliche. Lo statuto può, altresì, prevedere criteri di ponderazione del voto spettante ai componenti del consiglio.

6. Lo statuto individua i poteri degli organi dell'unione, in quanto compatibili e idonei all'esercizio in forma associata delle funzioni e dei servizi trasferiti all'unione, sulla base della disciplina statale degli organi dei comuni.

7. La cessazione dalla carica nel proprio comune comporta l'immediata decadenza dalla carica nell'unione. Il consiglio elegge il nuovo componente della giunta nella prima seduta successiva al verificarsi della decadenza.

8. L'unione ha potestà regolamentare per la disciplina della propria organizzazione, per lo svolgimento delle funzioni a essa affidate e per i rapporti anche finanziari con i comuni.

9. L'unione può presentare richiesta per accedere ai contributi regionali relativi a funzioni e servizi a essa trasferiti.

10. Competono all'unione gli introiti derivanti da tasse, tariffe e contributi relativi ai servizi affidati.

11. Le unioni di comuni e i comuni nati da fusioni continuano a usufruire di tutti gli eventuali vantaggi, in termini di accesso a incentivi, semplificazioni, agevolazioni e finanziamenti, di cui godono, per le loro piccole dimensioni, i comuni che le costituiscono, per il tempo e secondo le modalità stabilite con il regolamento di cui all'articolo 20”.

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alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali16. Tra le criticità segnalate, rimaste attuali, si richiamano problemi di:

- carattere geografico e territoriale, declinati come “difficoltà logistiche, imputabili alla morfologia dei territori, alla viabilità impervia, soprattutto nei mesi invernali, alle distanze notevoli tra i comuni obbligati. L’interposizione di comuni maggiori, non soggetti all’obbligo e, generalmente, poco propensi a svolgere un’attività collaborativa nei confronti degli enti minori confinanti e in obbligo”;

- carattere organizzativo, per “criticità nella riorganizzazione delle funzioni associate e nella suddivisione delle risorse, degli oneri e del personale dei singoli comuni”;

- carattere politico espressi come “tendenza ad associarsi per affinità politica e non territoriale nonché il timore di subire un sostanziale svuotamento della funzione identitaria delle proprie realtà territoriali”;

- asimmetria finanziaria, per “scarsa propensione dei comuni obbligati, finanziariamente virtuosi, ad associarsi con enti in dissesto”;

- carattere interpretativo, in merito alla definizione dei contenuti delle funzioni fondamentali, alla sovrapposizione con le previsioni, di fonte statale, concernenti lo sviluppo delle politiche infrastrutturali degli enti locali, al contrasto con gli azzonamenti e le funzioni affidate a società partecipate per l’erogazione dei servizi socioassistenziali, per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, o altro di impostazione industriale.

Elementi di attenzione ai temi qui esposti sono stati espressi anche nei lavori prodotti dalla I Commissione Permanente della Camera dei deputati (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) a seguito della Indagine conoscitiva sulla gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali svolta nel 2016.

Tra gli argomenti affrontati con audizioni e approfondimenti si riscontrano: 1) il ruolo che una piena attuazione delle disposizioni in materia di gestione associata da parte dei comuni può svolgere per il miglioramento dell’efficienza e della qualità dei servizi oltre che per la razionalizzazione della spesa; 2) lo stato di attuazione delle disposizioni legislative, a partire dai comuni in obbligo di riordino, delle unioni effettivamente poste in essere e delle funzioni esercitate; 3) le differenze tra Unioni che conseguono all’obbligo di legge o a una autonoma decisione dell’ente; 4) le misure assunte dalle regioni, anche finanziarie per favorire e accompagnare i processi di riordino; 5) gli effetti derivanti dalla gestione associata delle funzioni sull’organizzazione e sulle modalità di gestione dei servizi pubblici locali; 6) i motivi che hanno impedito di giungere alla piena attuazione delle disposizioni normative sulla materia; 7) la necessità di modificare la disciplina in essere, anche tenendo conto dei termini di proroga previsti per l’attuazione dell’esercizio associato delle funzioni fondamentali.

16 Si veda Conferenza Stato-Città ed Autonomie Locali, Rapporto di fine anno 2015

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Sull’assetto normativo descritto, è da ultimo intervenuta la sentenza della Corte cost. n.

33/201917, la quale ribadisce come le forme associative siano “una proiezione degli enti stessi”18 e, muovendo da tale premessa, giunge ad affermare la possibilità di ottenere l’esonero dall’obbligo di gestione associata con la dimostrazione “della particolare collocazione geografica e dei caratteri demografici e socio ambientali, del comune obbligato”.

La Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 28, del D. L. 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica) e s. m. i. «[…] nella parte in cui non prevede la possibilità, in un contesto di comuni obbligati e non, di dimostrare, al fine di ottenere l'esonero dall'obbligo, che a causa della particolare collocazione geografica e dei caratteri demografici e socio ambientali, del comune obbligato, non sono realizzabili, con le forme associative imposte, economie di scala e/o miglioramenti, in termini di efficacia ed efficienza, nell'erogazione dei beni pubblici alle popolazioni di riferimento».

Il giudice delle leggi ha intravisto una «eccessiva rigidità» dell'intervento del legislatore, derivante dall'obbligo generalizzato di esercizio delle funzioni fondamentali in forma associata, quando «a) non esistono comuni confinanti parimenti obbligati; b) esiste solo un comune confinante obbligato, ma il raggiungimento del limite demografico minimo comporta la necessità del coinvolgimento di altri comuni non posti in una situazione di prossimità; c) la collocazione geografica dei confini dei comuni è caratterizzata da particolari «fattori antropici», «dispersione territoriale» e «isolamento».

I rilievi della Corte accelerano da una parte la transizione verso un regime di volontarietà associativa ma non annullano le indicazioni che dalla L. n.142/1990 in avanti hanno previsto la possibilità di un superamento (possibile e mai obbligatorio) dell'attuale modello organizzativo comunale, consentendo l'applicazione delle forme di collaborazione istituzionale previste dall'ordinamento, quindi convenzioni, Unioni di comuni e fusioni. Inoltre essi aprono a considerazioni sui rischi di un ristagno della propensione alla intercomunalità se si attenderà sine die a definire nuovi scenari di assetto dei processi associativi tra comuni.

Riguardo alle possibili evoluzioni nazionali va da ultimo richiamato il contenuto delle recenti (2019) linee di indirizzo definite a seguito dei lavori del tavolo tecnico politico istituito in sede di Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali. Le convergenze trovate tra gli attori istituzionali e associativi prevedono, tra le altre, possibili azioni per:

- superare l’obbligo delle gestioni associate ad eccezione per alcune funzioni quali la protezione civile e la gestione del sistema locale dei servizi sociali;

17 Il ragionamento della Corte muove dalla già descritta disciplina delle funzioni fondamentali dei Comuni, arrivando ad asserire che non può essere trascurata l’opportunità che il “nucleo di funzioni caratterizzanti, essenziali ed imprescindibili di ciascun livello autonomo di governo locale” goda di una disciplina specifica, anziché essere il “mero effetto riflesso di altri obiettivi”, di natura prevalentemente finanziaria, di spending review. Non a caso, la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dell’obbligo imposto dall’art. 14 del d.l. 78/2010.

18 Cfr. Corte cost., 23 dicembre 2005, n. 456, in Giust. amm., 6, 2005, pp. 1266 ss., con nota di M. Giordano e Corte cost., 20 giugno 2005, n. 244 del 2005, in Giorn. dir. amm., 10, 2005, pp. 1033 ss., con nota di G.

Sciullo.

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19

- individuare ambiti territoriali, all’interno dei quali progettare e accompagnare la costruzione di gestioni associate secondo principi di differenziazione e di adeguatezza;

- confermare Unioni di Comuni, Convenzioni e Consorzi;

- costruire un Piano provinciale per lo sviluppo e l’incentivazione dei processi di GA, anche con surroga dei ruoli da parte della Regione;

- definire priorità e riserve nell’accesso al finanziamento degli investimenti, e adeguato sostegno alla formazione e riqualificazione del personale, facilitando anche forme di reciproco avvalimento del personale stesso;

- costituire un Osservatorio sulle Gestioni Associate, con la partecipazione dei rappresentanti delle Regioni e delle Autonomie locali.

La Legge 7 aprile 2014, n. 56, disciplina – accanto alle Città metropolitane ed alle Province – anche le Unioni di Comuni ed i procedimenti di fusione comunale. Essa non incide particolarmente sullo statuto giuridico del Comune, se non per quanto attiene alle due fattispecie menzionate.

Per vero i Comuni, anche nell’art. 14 del d.l. 78/2010 successivamente convertito in Legge n. 122 del 2010 e successive modificazioni, vengono disciplinati dal Legislatore nazionale come se fossero una categoria omogenea di Enti.

Questo approccio è corretto se rapportato alla necessità di considerare in egual modo tutti gli Enti appartenenti al medesimo livello di governo della Repubblica.

Tuttavia il medesimo approccio è criticabile laddove non prevede uno statuto giuridico differenziato per le cc.dd. Città medie, vale a dire quei Comuni che in ragione delle loro dimensioni possono svolgere un ruolo baricentrico rispetto ai Comuni circostanti di più ridotte dimensioni, con i quali intrattengono dinamiche relazionali sia di carattere istituzionale che funzionale, suscettibili di trascendere l’approccio “statico” del Legislatore nazionale.

Inoltre, una disciplina uniforme per le Unioni di Comuni omette di considerare la diversa struttura del governo locale delle Regioni Italiane: se, in alcune Regioni, le Unioni di Comuni costituiscono Enti associativi di area vasta – al pari di quanto può affermarsi in Lombardia per le Comunità montane – in altre Regioni, tra le quali il Piemonte e la Lombardia, le Unioni di Comuni conservano tratti tra loro differenziati e sovente non conducono ad aggregazioni sufficientemente significative, a causa delle esigue dimensioni degli Enti locali di base.

I Comuni (e le Unioni di Comuni), dunque, sono Enti locali dallo statuto giuridico uniforme ma presentano caratteristiche territoriali tra loro molto diversificate, che necessitano una considerazione di dettaglio puntuale, riferita alle singole fattispecie oggetto di analisi.

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