• Non ci sono risultati.

IX LEGISLATURA LVIII SESSIONE STRAORDINARIA DEL CONSIGLIO REGIONALERESOCONTO STENOGRAFICO N. 80Seduta di martedì 5 febbraio 2013- Prosecuzione -Presidenza del Presidente Eros BREGA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "IX LEGISLATURA LVIII SESSIONE STRAORDINARIA DEL CONSIGLIO REGIONALERESOCONTO STENOGRAFICO N. 80Seduta di martedì 5 febbraio 2013- Prosecuzione -Presidenza del Presidente Eros BREGA"

Copied!
54
0
0

Testo completo

(1)

IX LEGISLATURA

LVIII SESSIONE STRAORDINARIA DEL CONSIGLIO REGIONALE RESOCONTO STENOGRAFICO N. 80

Seduta di martedì 5 febbraio 2013 - Prosecuzione -

Presidenza del Presidente Eros BREGA INDI

del Vicepresidente Damiano STUFARA INDI

del Vicepresidente Giovanni Andrea LIGNANI MARCHESANI INDICE –ORDINE DEL GIORNO DI SEDUTA

(convocazione prot. n. 488 del 31/01/2013) Oggetto n.1

Approvazione processi verbali di precedenti sedute

Presidente ...2

Oggetto n.157 – Atti nn. 1118 e 1118/bis Testo Unico in materia di Artigianato …....2

Presidente …...2,6,7 Barberini, Relatore …...2

Riommi, Assessore …...6

Votazione atto …...…...7

Discussione congiunta: Oggetto n.16 – Atto n. 962 Necessità di adozione di una normativa regio- nale che disciplini in materia organica l'installazione di impianti a biogas in Umbria – Iniziative da adottarsi da parte della G.R. …...8

Oggetto n.141 – Atto n. 1011 Modificazioni alla disciplina regionale per l'installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili – Riti- ro delle deliberazioni giuntali nn. 40/2012 e 494/2012 – Garanzia da parte della G.R. del rispetto delle prerogative del Cons. regionale – Revisione da parte della Giunta medesima della normativa vigente in materia di energie rinnovabili ...8

Presidente---.8,10,13,17,20,21,24,26,30,32,33, 36-38,41,43-54 Galanello …...8,41 Stufara …...10,38,50 Goracci …...13,43,45,51 Buconi …...17,47 Cirignoni …...20,47,52 Brutti …...21

Nevi …...24,44 Zaffini …...26,49,53 Bottini …...30

Monacelli …...32,48,53 Rometti, Assessore …...33

Carpinelli …...44

Dottorini …...46,52 Chiacchieroni …...47

Locchi …...50

Votazione atto n. 962 …...51

Votazione atto n. 1011 …...54

Sull'ordine dei lavori Presidente …...8

Galanello …...37

Goracci …...43

Sospensione …...38

(2)

IX LEGISLATURA

LVIII SESSIONE STRAORDINARIA DEL CONSIGLIO REGIONALE - Prosecuzione -

- Presidenza del Presidente Brega - Consiglieri Segretari Galanello e De Sio La seduta inizia alle ore 10.21.

PRESIDENTE. Colleghi Consiglieri, se prendete posto, diamo inizio al Consiglio.

Grazie.

OGGETTO N. 1 – APPROVAZIONE PROCESSI VERBALI DI PRECEDENTI SEDUTE.

PRESIDENTE. Do notizia dell’avvenuto deposito presso la Segreteria del Consiglio, a norma dell’articolo 57, comma 2, del Regolamento interno, del processo verbale relativo alla seduta del 30 gennaio 2013.

Non essendoci osservazioni, detto verbale si intende approvato ai sensi dell’articolo 48, comma 3, del medesimo Regolamento.

Passiamo al primo punto all’ordine del giorno.

OGGETTO N.157 – TESTO UNICO IN MATERIA DI ARTIGIANATO – Atti numero: 1118 e 1118/bis

Relazione della Commissione Consiliare: II Relatore: Consr. Barberini (relazione orale) Tipo Atto: Disegno di legge regionale

Iniziativa: G.R. Delib. n. 1727 del 27/12/2012

PRESIDENTE. Ribadisco che su questo atto è previsto soltanto il voto, né dibattito né altro. Do la parola al Relatore, Consigliere Barberini.

Luca BARBERINI (Partito Democratico) – Relatore.

Lo Statuto della Regione, all’articolo 40, disciplina i testi unici, riservando alla legge regionale di determinare l’ambito del riordino e della semplificazione, di fissare i criteri direttivi, nonché gli adempimenti procedurali a cui la Giunta regionale deve conformarsi.

Con nostra legge regionale, n. 8/2011, avente ad oggetto “Semplificazione amministrativa e normativa dell’ordinamento regionale degli Enti locali territoriali”, sono stati individuati le azioni e gli interventi strategici di semplificazione amministrativa, di riordino e di semplificazione del complesso normativo regionale al fine di favorire lo sviluppo e la competitività, la crescita economica e l’innovazione

(3)

tecnologica del sistema produttivo regionale, nonché le azioni e gli interventi strategici che potenziano l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa dei rapporti con i cittadini e le imprese.

Il progetto di testo unico rappresenta, pertanto, uno degli strumenti di semplificazione dell’ordinamento giuridico previsti dalla legge per il riassetto della normativa vigente. L’articolo 5 della citata legge regionale autorizza la Giunta regionale a redigere e presentare al Consiglio regionale progetti di testo unico, nel rispetto dei termini previsti. Per il progetto di Testo Unico dell’Artigianato, oggi all’esame, la legge 8/2011 aveva fissato la data del 30 settembre 2012.

Brevemente una cronistoria della procedura fin qui adottata. Nel luglio 2012 la Giunta ha provveduto a preadottare il Testo unico di riordino e di semplificazione in materia di artigianato. Il progetto di testo unico preadottato è stato sottoposto all’esame della II Commissione consiliare, al fine della formulazione del parere vincolante e anche del parere del Comitato per la legislazione.

Sia la II Commissione consiliare che il Comitato per la legislazione, congiuntamente, hanno espresso il proprio parere favorevole, formulando alcune osservazioni, e il testo è stato rimesso alla Giunta regionale nei termini previsti dalla legge regionale 8/2011.

La Giunta, con deliberazione n. 1727/2012, ha adottato in via definitiva il progetto di Testo Unico per l’Artigianato, recependo fondamentalmente tutte le osservazioni contenute nel parere vincolante espresso dalla II Commissione consiliare e dal Comitato della legislazione e trasmesso nuovamente il testo al Consiglio regionale.

Come previsto all’articolo 8, il Servizio Legislazione del Consiglio regionale ha esaminato il progetto di testo unico adottato dalla Giunta regionale ai fini della verifica dell’efficacia delle norme e, in particolare, di quanto osservato con il parere vincolante reso dalla II Commissione unitamente a quello del Comitato.

Nella seduta del 25 gennaio la II Commissione consiliare ha espresso il proprio parere favorevole sul disegno di legge, concernente il Testo Unico per l’Artigianato, e ha deciso unanimemente di rimettere al Consiglio regionale il presente testo unico.

Il presente progetto di testo unico è un riordino normativo che racchiude l’intera disciplina legislativa regionale vigente in materia di artigianato, con gli adeguamenti e le semplificazioni effettuate nel rispetto dei principi e dei criteri stabiliti dagli articoli 5 e 6, nonché del principio di sussidiarietà, di cui all’articolo 7 della legge regionale 8/2011.

Coinvolge diversi aspetti nell’azione amministrativa: lo snellimento delle procedure amministrative; la riduzione del numero delle norme esistenti; la soppressione degli oneri amministrativi inutili che gravano sui cittadini e sulle imprese; l’agevolazione dell’adempimento di quelli necessari per garantire un livello di tutela adeguato e per assicurare lo svolgimento delle pubbliche funzioni.

Il presente testo, quindi, da una parte, risponde a un’esigenza di adeguare la legislazione vigente alle novità sia costituzionali e più in generale normative in materia di artigianato, mediante il riordino e, in caso di necessità, mediante

(4)

l’abrogazione delle norme esistenti. Ma, d’altro canto, assicura la maggiore semplificazione procedimentale e provvedimentale in materia. Pertanto, il progetto in esame non si limita a riprodurre meramente la normativa vigente, ma contiene necessari aggiornamenti e adeguamenti per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa di settore.

L’azione di revisione, quindi, è stata preceduta dalla ricognizione della normativa esistente, la quale evidenzia che la materia dell’artigianato è oggi disciplinata principalmente dalla legge regionale 12 marzo 1990, n. 5, e dalla legge statale in materia. Va ricordato che, a seguito dell’intervenuta modifica del Titolo V della Costituzione, e in particolare con l’articolo 117, comma 4, spetta alla Regione la potestà esclusiva in materia di artigianato. In virtù di tale disposizioni le Regioni possono pertanto autonomamente disciplinare la materia dell’artigianato, a eccezione della disciplina delle prefissioni, che ricade nelle materie di legislazione concorrente.

Il testo unico, in esame, quindi, oltre che finalizzato al riordino del quadro normativo di riferimento, si presenta quale strumento regionale di attuazione del dettato costituzionale.

L’esame delle norme contenute nella legge 5/1990 ha evidenziato quanto questa risulti obsoleta e in alcune parti mai attuata e ad oggi inattuabile. Si è reso, pertanto, necessario l’aggiornamento della stessa alle disposizioni legislative regionali, intervenute successivamente (penso, per esempio, alla disciplina riguardante la programmazione regionale), in cui sono stati disciplinati gli strumenti giuridici per la semplificazione dei procedimenti amministrativi, al fine di favorire la crescita delle attività imprenditoriali artigianali, così come la disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato, liberalizzazioni e di concorrenza. Ai sensi dell’articolo 5 della legge regionale 8, ai fini della redazione del progetto di testo unico, si è tenuto altresì conto degli esiti della misurazione degli oneri amministrativi effettuata secondo il programma approvato dalla Giunta regionale.

Nell’ambito della semplificazione procedimentale e provvedimentale, nel rispetto dell’articolo 6 della legge regionale 8, si fa riferimento alla comunicazione unica per la nascita di impresa e iscrizione all’albo delle imprese artigiane ed alla SCIA per le professioni di acconciatore ed estetista. Sempre nel rispetto delle finalità di semplificazione e riduzione degli oneri amministrativi va ricordata la soppressione delle Commissioni provinciali per l’artigianato e il conferimento delle funzioni esercitate dalle stesse alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

Nel presente progetto sono state anche recepite le definizioni di impresa e di imprenditore artigiano, contenute nella legge 443/1985. Si è proceduto inoltre ad adeguare le disposizioni regionali vigenti ai principi delle leggi statali, in materia di legislazione concorrente, come, ad esempio, le professioni. L’adeguamento alla normativa inoltre tiene conto delle direttive europee in materia di liberalizzazione dei servizi e dello statuto giuridico delle imprese, Small Business Act, di cui alla legge n.

180/2011, conosciuta come Statuto delle imprese.

(5)

Altro intervento ha riguardato l’adeguamento della legge regionale 5/1990 ai vigenti strumenti di programmazione regionale. Sempre nel ordine della semplificazione dell’azione amministrativa, per quanto concerne il finanziamento degli interventi, è prevista l’istituzione del Fondo unico per l’artigianato.

Il testo unico è suddiviso in 10 titoli e 55 articoli.

Nel titolo I c’è una definizione dei destinatari della materia dell’artigianato, le funzione delle Regioni, dei Comuni e delle Camere di Commercio.

Nel titolo II è disciplinata tutta l’attività dell’imprenditore artigiano, dell’impresa artigiana e le riforme di garanzia a tutela del settore.

Il titolo III concerne lo sviluppo economico e imprenditoriale e, in particolare, riguarda la programmazione degli interventi in materia di artigianato e le procedure di assegnazione e di erogazione dei contributi a favore delle imprese artigiane.

Il titolo IV disciplina l’attività promozionale e, in particolare, sono definite nell’ambito dei documenti di programmazione, di cui all’articolo 7 della legge regionale 25/2008, le modalità per la promozione e la valorizzazione dei prodotti delle imprese artigiane, al fine di favorire l’attività di esportazione e la commercializzazione sia sui mercati nazionali sia su quelli internazionali.

Il titolo V disciplina la tutela dell’artigianato artistico e tradizionale ed è elemento trainante e fondamentale per la nostra comunità regionale.

Il titolo VI si occupa della formazione e dell’occupazione, in particolare, in coerenza con l’evoluzione normativa anche a livello regionale, sono stati previsti interventi non solo nella formazione ma anche nel campo delle politiche attive del lavoro.

Il titolo VII e il titolo VIII disciplinano due particolari specie di attività artigiana, che sono quelle dell’acconciatore e dell’estetista.

Chiudono il titolo IX e il titolo X, che concernono le norme finali e transitorie e le abrogazioni di legge che vengono a cessare con l’approvazione di questo testo unico.

Il testo unico è il primo che viene approvato e sottoposto all’esame dell’Aula, fa piacere che venga esaminato e approvato in particolar modo questo del testo unico che dà una risposta al settore produttivo dell’artigiano, il settore degli artigiani, un settore produttivo importante per il nostro tessuto regionale, per la nostra economia e dà una risposta di interventi riorganizzati ma soprattutto si mette a sistema un insieme di normativa e si va incontro a quell’esigenza di semplificazione che è richiesta a gran voce dal nostro sistema imprenditoriale e che con questo atto riusciamo a dare una prima, seria e concreta risposta. Altri ne verranno in attuazione appunto della nostra legge regionale 8. Questo è il primo testo unico che viene sottoposto all’esame.

La Commissione ha approvato all’unanimità il testo unico e ha incaricato il sottoscritto di riferire all’Aula per i lavori, grazie.

- Presidenza del Vicepresidente Stufara -

(6)

PRESIDENTE. Grazie, Consigliere. Ricordo che sulle proposte di testo unico licenziate dalla Commissione si può intervenire uno per Gruppo per dichiarazione di voto, può ovviamente intervenire anche il rappresentante della Giunta. Non ho al momento richieste di intervento.

Ha chiesto di intervenire, a nome della Giunta, l’Assessore Riommi; ne ha facoltà.

Vincenzo RIOMMI (Assessore Economia. Promozione dello sviluppo economico e delle attività produttive, comprese le politiche del credito. Politiche industriali, innovazione del sistema produttivo, promozione dell’artigianato e della cooperazione. Energia. Relazioni con le multinazionali. Politiche di attrazione degli investimenti. Formazione professionale ed educazione permanente. Politiche attive del lavoro).

Vista la particolare natura del procedimento legislativo, di fatto, l’ultimo atto di redazione del testo unico è un passo che per certi aspetti rischia di non far cogliere completamente, per natura sua, l’importanza dell’atto.

L’intervento della Giunta è per segnalare due elementi fondamentali: il primo, il Testo Unico dell’Artigianato è il primo dei testi unici, come previsto dal programma approvato dal Consiglio regionale, che giunge a definizione; è la dimostrazione – di questo si è discusso molto nel passato – che, laddove ci sia una seria volontà, un percorso di semplificazione, razionalizzazione e chiarezza della legislazione, anche nel nostro Paese, anche nella nostra Regione, è possibile.

Non svaluterei troppo questo elemento perché la legge fondamentale sull’artigianato, come ricordato dal Consigliere Barberini, del 1990. Con questa operazione, molto complessa, chi ascolta da fuori capisce quanto è stato complesso assicurare il percorso alle persone di buona volontà nei tempi, perché se non importa a nessuno, comunque a noi importa, tanto per essere chiari, essendo il riordino della legislazione che riguarda circa il 23 per cento del PIL, forse un pochino di attenzione alla materia potremmo dedicarlo.

Quindi primo atto di semplificazione, primo elemento serio con cui si mette in campo una strategia che mira a dare maggiore efficienza al nostro sistema produttivo, anche mediante la riduzione degli adempimenti amministrativi, la riduzione degli obblighi dovuti, il costo sostanzialmente che le imprese debbono sopportare per il funzionamento della Pubblica Amministrazione. Credo che, essendo una delle prime Regioni che raggiunge questo risultato, sia una sottolineatura importante. E’

altrettanto importante che questo percorso continui e che dopo il Testo Unico sull’Artigianato seguano, in tempi rapidi, entro questa Legislatura sicuramente, il complesso di questa operazione: testi unici, semplificazione, riordino, chiarezza che il Consiglio regionale si è dato a luglio con la legge 8/2011.

Secondo elemento: nel merito delle politiche dell’artigianato. Si fa un testo unico per semplificare, per abrogare le norme che non servono più, per rimettere nello stesso ambito tutta la normativa coerentemente, quindi per compiere quelle operazioni di pulizia e trasparenza normativa, ma sarebbe stato un peccato (diciamola così) fare il testo unico della piccola impresa, della impresa artigiana, nel pieno di una crisi, se

(7)

non si coglieva anche l’occasione, nei limiti della normativa possibile, di adeguare le previsioni, di rendere questo strumento normativo uno strumento utile per lavorare ogni giorno a sostegno del tessuto della piccola e media impresa regionale e del settore artigiani.

Io ringrazio da questo punto di vista la sensibilità complessiva del Consiglio regionale, che ha portato a fare un testo unico – forzo i termini – sostenibilmente evolutivo, e ci voleva il consenso da questo punto di vista, perché questo testo unico oggi ci permette non solo di aver fatto il riordino, di avere anche, se mi passate il termine, una nuova normativa per fare politiche industriali in materia di artigianato.

E anche qui due o tre sottolineature.

La rilettura delle politica sull’internazionalizzazione delle imprese artigiane; il Fondo unico per l’artigianato; l’artigianato artistico, che – permettetemi una battuta da Assessore – è caratteristico di tutti i tessuti produttivi italiani, in Umbria ha anche un particolare che non ha nel resto dell’Italia: è quota importante della produzione umbra. Da noi la ceramica, il ferro, il mobile artistico e quant’altro rappresenta un’industria vera, che fa volumi, che ha migliaia di imprese, che ha decine di migliaia di occupati, c’è dentro questo testo unico una rilettura evolutiva della politica a sostegno dell’artigianato artistico.

L’insieme di questi percorsi ci permette, a partire dalla manovra di bilancio, che porteremo, di concentrare le risorse su queste politiche e di poter essere con strumenti e risorse possibili adeguati a quell’azione politica di sostegno dentro la crisi del tessuto della piccola e media impresa che è uno dei elementi centrali, a nostro avviso, dello sforzo che stiamo facendo.

Permettetemi da ultimo, siccome le cose si fanno non perché si dicono ma perché ci si lavora, di ringraziare oltre al Consiglio, oltre alle strutture del Consiglio, le strutture tecniche della Giunta che, con un lavoro proficuo, intelligente e puntuale, ci hanno permesso nei termini di arrivare all’approvazione di questo testo unico, con il consenso di tutti, innanzitutto con l’invito a fare presto e a rispettare i termini delle forze sociali ed economiche della nostra Regione. Grazie.

- Presidenza del Presidente Brega -

PRESIDENTE. A questo punto, per problemi tecnici, procediamo alla votazione per alzata di mano del Testo Unico in materia di Artigianato. Prego, colleghi, votare. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.

Il Consiglio vota.

Il Consiglio approva all’unanimità.

PRESIDENTE. Passiamo ora all’oggetto n. 16 da trattare congiuntamente all’oggetto n. 141.

(8)

OGGETTO N. 16 – NECESSITA’ DI ADOZIONE DI UNA NORMATIVA REGIONALE CHE DISCIPLINI IN MATERIA ORGANICA L’INSTALLAZIONE DI IMPIANTI A BIOGAS IN UMBRIA – INIZIATIVE DA ADOTTARSI DA PARTE DELLA G.R. – Atto numero: 962

Tipo Atto: Mozione

Presentata da: Consr. Galanello, Barberini e Smacchi

OGGETTO N.141 – MODIFICAZIONI ALLA DISCIPLINA REGIONALE PER L’INSTALLAZIONE DI IMPIANTI PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI – RITIRO DELLE DELIBERAZIONI GIUNTALI NN. 40/2012 E 494/2012 – GARANZIA DA PARTE DELLA G.R. DEL RISPETTO DELLE PREROGATIVE DEL CONS. REGIONALE – REVISIONE DA PARTE DELLA GIUNTA MEDESIMA DELLA NORMATIVA VIGENTE IN MATERIA DI ENERGIE RINNOVABILI – Atto numero: 1011

Tipo Atto: Mozione

Presentata da: Consr. Stufara

PRESIDENTE. Atto n. 962: si tratta di una mozione iscritta a ottobre, poi sempre rinviata; atto n. 1011: essendoci un’altra mozione, con lo stesso oggetto, presentata dal Consigliere Stufara, come deciso in Conferenza dei Capigruppo, verrà unificata la discussione e poi ci saranno due votazioni.

Ricordo che i tempi della discussione sono: dieci minuti per i Consiglieri Galanello e Stufara che dovranno esporre le due mozioni; quindici minuti per singolo Consigliere per ogni Gruppo, dunque vi sarà un unico intervento di Consiglieri regionali per Gruppo, voglio ricordarlo a inizio dibattito onde evitare problematiche; poi un rappresentante della Giunta e a parti invertite le repliche dei due relatori, in questo caso Galanello e Stufara, anche loro per un massimo di dieci minuti; poi dichiarazioni di voto per tre minuti e voto.

A questo punto, do la parola al Consigliere Galanello per l’esposizione della prima mozione a firma Galanello, Barberini e Smacchi. Ribadisco che questa Presidenza ha deciso di non dare dilazioni di tempo per cui chiedo ai colleghi di rispettare i tempi.

Prego, Consigliere Galanello.

Fausto GALANELLO (Partito Democratico).

Grazie, Presidente. Il nostro Paese ha urgente necessità di riorganizzare la propria produzione energetica e di uscire dalla pressoché totale dipendenza dalle fonti fossili.

Il ricorso alle fonti rinnovabili, insieme a misure di efficienza e risparmio energetico, non è più rinviabile, e la nostra Regione, con le sue peculiarità, non può non essere parte di questo straordinario cambiamento di modello per le produzioni energetiche.

Non possiamo, tuttavia, non sostenere anche che le caratteristiche ambientali, paesaggistiche e storiche dell’Umbria impongono uno specifico modello di

(9)

sostenibilità e compatibilità rispetto al quale diversi progetti di energia rinnovabili devono essere commisurati.

Negli ultimi anni, dobbiamo purtroppo dire che il nostro territorio ha avuto a che fare, in diverse occasioni, con progetti di produzioni di energia di fonti rinnovabili del tutto improponibili per dimensioni, impatto ambientale e paesaggistico, effetti pregiudizievoli su viabilità, turismo, agricoltura, qualità della vita; progetti consentiti dalle normative nazionali ma calati dall’alto senza un minimo riguardo per il contesto locale, privi di rilevanti effetti sull’occupazione, sul benessere delle persone, sui processi di crescita; proposte, insomma, di impianti fuori scala privi di coerenza rispetto ai programmi di sviluppo della nostra Regione e spesso in contrasto con la pianificazione territoriale delle Amministrazioni locali. Ragione per cui, il più delle volte, tali progetti, andandosi a scontrare con la volontà delle comunità locali non hanno avuto attuazione.

Grandi impianti, quindi, in particolare in tema di biomasse e biogas di carattere prettamente industriale, proposti in aree agricole, in prossimità di aree naturali protette, di abitazioni eccetera, che hanno provocato forti proteste e mobilitazioni popolari contro i Comuni e contro la stessa Regione. Proteste popolari nei mesi scorsi contro progetti di insediamento di impianti a biogas, per esempio, che sono quelli che più hanno tenuto anche notizia per i mezzi di informazione, proposti in diverse parti del territorio, e da questo ha tratto origine questa mozione presentata dal sottoscritto insieme ai colleghi Smacchi e Barberini.

L’obiettivo della nostra mozione è di portare un po’ di chiarezza sul quadro normativo nazionale e comunitario di riferimento entro cui la nostra Regione è stata chiamata ad attuare una propria regolamentazione, una regolamentazione che a nostro avviso va meglio definita e puntualizzata per superare questo clima di allarmismo che finisce per bloccare qualsiasi iniziativa proposta.

Va innanzitutto chiarito che l’attività della Regione Umbria, in materia di installazione di nuovi impianti di biogas nel territorio regionale, è appunto improntata al rispetto di normative di riferimento nazionale e comunitario per l’attuazione degli impianti alimentati da fonte rinnovabile; normativa che, com’è noto, fissa al 17 per cento la quota complessiva nazionale di energia da fonti rinnovabili da conseguire nel nostro Paese entro il 2020 e stabilisce per la Regione Umbria un incremento del 113 per cento della produzione di energia da fonte rinnovabile entro lo stesso periodo.

La Regione Umbria ha quindi definito con propri atti un regolamento per le procedure amministrative per l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile e ha definito la propria politica energetica per consentire un incremento della produzione da fonte rinnovabile per il triennio 2011-2013, così come previsto dalla strategia europea 20-20-20.

Nello scorso anno, la Giunta regionale, anche a seguito di osservazioni prodotte dai Comuni, ha introdotto alcune modifiche, stabilendo, tra le altre cose, quali dovevano essere le distanze degli impianti di produzione di biogas rispetto agli edifici tutelati e

(10)

ai centri abitati. In particolare, nel maggio 2012, con la delibera 494, veniva ridotta la distanza a 300 metri. Modifiche non sempre comprese e condivise dalle comunità locali e dai Comuni, da cui lo stato di allarmismo, che prima dicevo, e la confusione che si è generata nei territori.

In ragione delle suddette considerazioni, con questa mozione, si chiede di tornare a ragionare rispetto alla regolamentazione regionale, apportando anche alcune modifiche e puntualizzazioni tendenti a privilegiare strutture di piccole e medie dimensioni, che utilizzano biomasse provenienti da attività agro-zootecniche locali, quindi del territorio dov’è ubicato l’impianto, a prevedere la realizzazione di impianti di grandi dimensioni in aree industriali o a distanze comunque superiori a 500 metri dagli edifici tutelati e dai centri abitati, a prevedere che l’attività connessa alla presenza dell’impianto di biodigestione avvenga a saldo zero per quanto attiene alle emissioni, a incentivare fortemente, anche sul piano finanziario, la realizzazione dei piccoli impianti sotto i 300 chilowatt, che sono gli impianti di servizio alle attività più ristrette di allevamento o di produzione delle singole aziende agricole, a riconoscere e valorizzare il ruolo dei Comuni, anche in forma associata (abbiamo oggi le Unioni speciali dei Comuni) che vanno coinvolti e nuovamente impegnati nella scelta dei siti da destinare alla realizzazione di impianti a biogas, o altre fonti rinnovabili, a garantire, infine, adeguate fasi di partecipazione e di coinvolgimento delle popolazioni interessate, al fine di consentire la condivisione di progetti che vanno, alla fine, a incidere sul tessuto sociale, economico, ambientale in cui appunto i cittadini vivono. Questo è l’obiettivo con cui abbiamo presentato questa mozione, ovviamente la disponibilità a tenere conto del dibattito e del confronto in questo Consiglio regionale e a trovare possibilmente una condivisione per una conclusione di questo dibattito rispetto ai punti presentati.

PRESIDENTE. Grazie, collega Galanello. La parola al Consigliere Stufara per l’illustrazione della seconda mozione.

Damiano STUFARA (Presidente gruppo consiliare Partito della Rifondazione Comunista per la Federazione di Sinistra).

Grazie, Presidente. Per esporre la mozione che come Gruppo consiliare di Rifondazione Comunista abbiamo presentato all’inizio dello scorso mese di ottobre, che, sebbene contenga alcune delle questioni che anche la mozione precedentemente illustrata dal Consigliere Galanello, appunto, che appaiono analoghe, e quindi dal nostro punto di vista condivisibili, contiene ulteriori riflessioni che vale la pena provare a esplicitare affinché questo Consiglio regionale, mi viene da dire, finalmente, possa esserne chiamato a discutere. Finalmente perché abbiamo vissuto su una materia così delicata delle fasi alterne nel corso di questa Legislatura, essendo questione che attiene in maniera molto pregnante anche a quello che vogliamo diventi sempre di più il modello di sviluppo della nostra Regione, la capacità di rispondere anche alla crisi economica che coinvolge comparti storici dell’apparato

(11)

produttivo e del sistema economico della nostra regione e che, appunto, attraverso una strategia che non considera in maniera negativa la produzione di energia da fonti rinnovabili, ma la introduce all’interno di un contesto che da molti punti di vista occorre salvaguardare e tutelare, occorre farlo anche con i dovuti livelli di partecipazione.

Dico che ci sono state fasi alterne perché tutto il percorso che ha portato, nel corso del 2011, alla individuazione di alcune regole, all’approvazione del Regolamento regionale n. 7, appunto del luglio 2011, è stato un percorso, dal nostro punto di vista, positivo, dove c’è stata la capacità da parte del Governo regionale di confrontarsi in maniera positiva e interloquire con questo Consiglio e con la Commissione consiliare permanente che si occupa di queste materie, così come c’è stata la capacità di discutere con i diversi portatori di interesse, che sono il mondo produttivo, il mondo economico, il mondo agricolo, sono le comunità locali, e ovviamente chi le rappresenta attraverso le Amministrazioni locali.

Coerentemente con questo, la Giunta, in quella fase, ha elaborato anche il proprio contributo alla strategia europea del 20-20-20, e quindi è andata a individuare anche quelli che dovevano essere i settori all’interno, appunto, del ragionamento delle energie rinnovabili da spingere maggiormente all’interno di un quadro di regole che, per poter essere modificato, ha bisogno di un’adeguata verifica e di un’adeguata valutazione delle conseguenze che quelle modifiche producono.

Noi abbiamo letto positivamente tutto questo percorso fino a questa fase, non abbiamo letto positivamente invece quello che è successo successivamente, e in maniera particolare due atti, che anche il collega Galanello richiamava, la delibera 40 e la delibera 494, entrambe dello scorso anno, del 2012, attraverso le quali la Giunta regionale ha sostanzialmente modificato il quadro di regole che precedentemente si era data attraverso quell’interlocuzione con il Consiglio; per di più lo ha fatto senza ravvisare la necessità di riportare quel confronto, laddove si era determinata quella conclusione e quindi sostanzialmente in autonomia ha assunto delle decisioni che, dal nostro punto di vista, hanno peggiorato un quadro di regole, che invece giudicavamo positivamente all’interno di quel Regolamento.

La delibera 40, com’è noto, oltre a introdurre la definizione di “ambito di pertinenza”, che è un aspetto tendenzialmente positivo, anche se poi con la delibera successiva si abbassano anche su questa fattispecie le distanze, i limiti che si mettono, appunto, alla localizzazione territoriale degli impianti. Fra le altre cose, sono molte le modifiche che con quella delibera si sono introdotte al Regolamento, ne voglio segnalare due o tre che a me sembrano particolarmente significative e non certo nell’aspetto migliore del termine.

Viene introdotta nelle aree individuate come beni paesaggistici, ai sensi della normativa vigente, l’eccezione riguardante la realizzazione di impianti da biomasse nelle aree contigue a centri aziendali o edifici esistenti senza limiti di potenza; viene eliminata la preclusione per gli impianti da biomasse con potenza superiore a 50 chilowatt, nelle aree poste nei centri abitati come definiti dall’ISTAT, distanze minime

(12)

dai centri stessi; viene ridotta da 500 a 300 metri la distanza minima per gli impianti alimentati da biomasse putrescibili o da reflui zootecnici operanti in assetto cogenerativo.

Successivamente, con la delibera del maggio 2012, vengono apportate ulteriori modifiche che si muovono nel solco di quelle apportate con la delibera 40.

Vengono eliminati i vincoli relativi alle emissioni massime dei mezzi di trasporto impiegati per l’approvvigionamento degli impianti a biomasse, e quindi viene meno il presupposto per il quale si poteva positivamente pensare a sviluppare filiere sul settore agro energetico dal momento che, appunto, l’approvvigionamento dei combustibili per gli impianti a biomasse, ne stanno sorgendo molti sul territorio, può essere operato andando a pescare in un mercato in via di formazione, un mercato che evidentemente oltrepassa i confini della nostra regione, e quindi noi saremo tendenzialmente in questa ottica costretti a importare biomasse per poter alimentare quegli impianti. Ancor più vengono ulteriormente ridotti dei limiti e delle distanze relative all’ambito di pertinenza che veniva introdotto nella delibera precedente e quindi si produce, attraverso il combinato disposto di queste due decisioni della Giunta regionale, un peggioramento complessivo di un quadro di regole che invece positivamente era stato definito in precedenza.

A questo si aggiunge l’ampliamento dei margini per poter installare impianti fotovoltaici di potenza superiore ai 20 chilowatt, e ulteriori aspetti che per brevità, essendo che il tempo a mia disposizione si sta esaurendo, non richiamo, nel testo della mozione sono puntualmente citati, perché occorre avere piena consapevolezza di come le decisioni che vengono assunte modificano un quadro in maniera sostanziale e lo modificano in peggio. Ne è testimonianza il fatto, ne abbiamo avuto dimostrazione anche all’interno di quest’Aula, che sul territorio regionale, laddove iniziative per lo più industriali e con accentuazioni speculative molto significative si stanno determinando, c’è anche una comprensibile resistenza da parte delle comunità locali, anche perché se il quadro normativo ti cambia e ti vengono permesse iniziative che in precedenza non erano permesse perché appunto vi era la tutela della dimensione paesaggistica e degli aspetti anche identitari dei nostri territori si aprono dei problemi di relazione con quelle popolazioni, problemi che noi non possiamo e non vogliamo sottovalutare.

Per questo crediamo che occorra una fase di ulteriore partecipazione su questo settore, occorra sospendere, noi abbiamo scritto “ritirare” sulla nostra mozione, ma il senso è che l’efficacia di quei cambiamenti introdotti con le due delibere del 2012 venga sospesa e si possa ripristinare un terreno di confronto che in tempi brevi operi una revisione normativa, che appunto sia incentrata su alcune direttrici di fondo che noi avevamo intravisto nell’atto del Regolamento, ma abbiamo visto sostanzialmente compromesse o largamente compromesse con le modifiche dello scorso anno.

Noi crediamo che nel settore delle agro energie si debba privilegiare la realizzazione di impianti di piccole dimensioni, il cui approvvigionamento avvenga su base locale, anche appunto recuperando le disposizioni originarie del Regolamento. Crediamo

(13)

che nel settore del fotovoltaico lo sviluppo di queste tecnologie possa al massimo puntare alla riduzione di suolo, e invece si possa operare ad esempio sul terreno delle tante aree industriali presenti sul nostro territorio affinché lì si possano realizzare gli investimenti di fotovoltaico. Crediamo che ci possa essere un’ulteriore fase nella quale le Amministrazioni comunali e le comunità locali possano individuare ulteriori zone, aree non idonee per l’installazione di questa tipologia di impianti e credo che appunto vi debba essere una capacità da parte dell’Amministrazione regionale di sostenere la volontà che sul territorio si manifesta di salvaguardare determinate aree ed escluderle dalla possibilità di questo sviluppo, che, nonostante abbia dei tratti di indubbia positività, se non viene regolato, se non viene governato adeguatamente, rischia di produrre degli effetti particolarmente negativi nella nostra Regione, e di compromettere le stesse ragioni per le quali anche coerentemente il Governo regionale, all’inizio di questa legislatura, ha puntato fortemente in termini politici sulla prospettiva della green economy, anche per risollevare e riconvertire parte dell’economia della nostra Regione. Questa è un’intuizione senza dubbio positiva, senza dubbio da riconfermare ma che rischia di essere preda di una speculazione che la compromette, se non riusciamo a intervenire in maniera efficace con un quadro di regole.

Fino a un certo punto questa cosa è avvenuta, quando poi sono prevalse altre logiche, hanno sostanzialmente avuto terreno facile alcuni interessi rispetto a un interesse collettivo, sono stati introdotti dei cambiamenti che noi invece pensiamo debbano essere rivisti alla luce di queste prospettive, alla luce appunto di un’idea di sviluppo dell’Umbria che contempli queste possibilità ma le governi appieno. Grazie.

PRESIDENTE. A questo punto, non ho iscritti a parlare, è aperto il dibattito; ricordo un intervento per Gruppo per un massimo di quindici minuti.

La parola al Consigliere Goracci, prego, quindici minuti.

Orfeo GORACCI (Partito Comunista Umbro - Gruppo Misto).

Grazie, Presidente. L’argomento è particolarmente delicato. Io condivido e voterò a favore delle due mozioni che sono state presentate, dando un’interpretazione che proverò, se ne sarò capace, a illustrare, usando termini anche un po’ più forti di quello che coloro che le hanno presentate hanno usato. Dico questo perché da quasi un anno ormai, nella nostra regione, c’è dibattito, attenzione, e soprattutto preoccupazione da parte di molti cittadini, e non è una cosa solo localistica o di una parte che vuole avercela con chi governa o non so cos’altro. In maniera trasversale coinvolge centinaia, direi migliaia, di persone, e l’argomento, sostanzialmente, è sempre lo stesso: che tipo di sviluppo vogliamo in questa regione e quali sono le garanzie? Che non è stata usata con forza e con nettezza.

Io, in una mia interrogazione del primo ottobre, poi un po’ per scarso peso politico, un po’ per dilettantismo, l’interrogazione non si discute mai, adesso da domani dovrei essere Capogruppo di me stesso, quindi almeno alla Conferenza dei

(14)

Capigruppo parteciperò, e potrò insistere nel far mettere ogni tanto anche qualcosa di quello che scrivo all’ordine del giorno, ci sono degli elementi che vanno detti.

Le due mozioni vanno su un nodo importante, e un voto positivo che spero, auspico ci sarà, se non altro perché è presentato da autorevoli rappresentanti della maggioranza, e credo che la maggioranza stessa non voterà contro quello che è stato presentato, ma insieme a questo elemento positivo io vorrei leggerci la possibilità di scavare appena oltre, non soltanto un minimo di contraddizione perché chiedere il ritiro di delibere, secondo me sbagliate e pericolose, le due che vengono richiamate da entrambe le mozioni, però – punto interrogativo – sarei curioso di vedere le presenze in Giunta, se qualcuno era distratto rispetto a quello che si votava, perché sta bene che l’Assessore socialista non lo solleciti il gruppo Socialista, o stessa cosa vale per il PD, ma in altre situazioni mi sembra ci sia qualcosa eventualmente da valutare con maggiore attenzione e approfondimento prima. Ma insieme a questo, e perciò un segnale positivo, da minimo sindacale, ma che quando c’è disoccupazione non è fatto di poco conto, io voglio insistere su questo elemento che è, dal mio punto di vista, e lo dico ai Presidenti dell’Aula e alla Presidente della Giunta regionale, il più preoccupante, la percezione più delicata che io da rappresentante delle Istituzioni, ma ancora più i cittadini, sento è quello che su questo argomento sembra che se ne debba parlare in maniera un po’ nascosta; cioè non c’è, nonostante le leggi europee e nazionali lo prevedano, partecipazione e coinvolgimento, sembra che ci sia una forma, da fare più rapidamente possibile, nei momenti di maggiore disattenzione, penso a quelli estivi, tanto per capirci, dove le forme del coinvolgimento e della partecipazione possono essere maggiori, scaricando, e questo non ci nobilita, sui Comuni delle scelte che sono delicate. Poi ci sono quelli che ne sono convinti, ma ci sono anche quelli che hanno meno strumenti, poi si dice che è l’ANCI che lo ha voluto, va beh, quando quattro Sindaci tra quelli più importanti avanzano una proposta, è difficile che gli altri, se non l’hanno approfondita e non la conoscono, dicano di no.

Difatti, spiegatemi come mai ovunque si presenta questo problema, fosse per le biomasse, fosse per il biogas, fosse per le aziende che fanno – sono stato l’altra sera a un’iniziativa a Valfabbrica – il compostaggio, poi se farò in tempo chiuderò con i rifiuti, argomento del quale abbiamo parlato in altre circostanze qui in Consiglio;

dicevo, perché in ogni luogo, in ogni circostanza, c’è la grande paura e preoccupazione da parte dei cittadini, e badate non è che i cittadini hanno sempre ragione comunque perché ci sono anche gli interessi particolari. È evidente che il singolo che ha la casa a ridosso dell’impianto, qualunque esso sia dei tipi che ho detto, se vale 100, quando sarà realizzato quell’impianto, passa a valere 30, e si vende.

Parliamo di dimensioni diverse evidentemente, però quando si sale da Ponte Rio si vede che le otto o dieci case che sono nei paraggi sono tutte belle disabitate. È evidente questo, io non è che sposo la causa, anche se merita rispetto pure quella, del singolo, di cinque che meritano comunque attenzione, eventualmente forme di

(15)

compensazione, di quello che loro perdono, una scelta di vita che può essere stata da decenni fatta in quella direzione.

Ma non si riesce a capire perché, se fosse così semplice e tranquillo come viene detto, la preoccupazione riguarda comunità intere, comunità intere, non soltanto quelli che abitano a cento metri, e qui ci sono le due o tre contraddizioni, su cui invito l’Assessore e la Presidente a ragionare: chi è tra di noi che non è per la green economy, energie alternative da fonti rinnovabili? Credo che non ne troviamo uno.

Il problema è che in queste operazioni si sono fatte delle cose che di così green hanno poco, quasi tutti gli impianti si fermano a 999 chilowatt, chissà perché, è un numerino magico, semplicemente perché a 1000, ovvero a 1 megawatt, scattano forme diverse per le autorizzazioni e sui controlli, e da questo punto di vista, beh, sono più stringenti, Presidente, sono più selettivi, poi non portano assolutamente di fatto niente, anche se io vorrei evitare – Taranto ci ha dato uno schiaffo da questo punto di vista micidiale – che si debbano mettere in contrapposizione diritti fondamentali quali, per esempio, la salute, che per quanto mi riguarda evidentemente viene primo, e il lavoro, perché questo c’è, si risente. Su queste vicende, diciamocelo in maniera seria tra noi, non c’è nemmeno questo tipo di compensazione perché sono impianti che con cinque, sei, sette persone hanno fatto il pieno, di lavoratori intendo. L’unico elemento che ha chi fa l’investimento è che, potendo usufruire di benefici, soldi pubblici, ha tutto l’interesse a farlo con delle forzature che non giovano alla nostra Regione, non giovano perché avere in tanti Comuni, parliamo di quindici, venti richieste che forse aumenteranno, una presenza di questa tipologia di impianti ne snatura la connotazione e quell’idea della non partecipazione e non coinvolgimento è per noi ancora più preoccupante e pericolosa, perché al limite dico in un Comune relativamente piccolo viene avanzato un progetto dove si dice che con quell’operazione riscaldo tutte le case private, le scuole, quello che c’è di pubblico, le chiese e magari nel giro di tre, quattro anni non avremo più una caldaia, sono tutti fattori in qualche modo di inquinamento; da questo punto di vista io sarei disposto a ragionare, a capire, ad approfondire, ma le proposte che ho letto io, e quattro, cinque vicende di comitati le ho un po’ seguite, non c’è niente di tutto questo, c’è l’interesse dell’avere il massimo in una fase rapidissima fino a che ci saranno i finanziamenti, senza che poi per la comunità vi sia alcun tipo di beneficio.

Ed essendo uomo di periferia, nato anche in campagna, c’è anche un elemento che non sempre viene detto, e tanto meno sui giornali, che è quello, pensate alle forme sia sul biogas che sulle biomasse, anche l’agricoltura che viene completamente trasformata, c’è un’attività intensiva come mai, con produzioni che non sempre sono state tipiche delle nostre zone, ma quell’intensività di produzione non è che serve per far crescere più vitelli o più agnelli, serve semplicemente per bruciare di più e far avere, quindi non serve all’uomo per come per millenni è stato, ma serve per produrre più energia da poter vendere, e torno a dire alla fine del percorso non si vedono mai i benefici.

(16)

Io voglio ancora fare un paio di sottolineature e poi chiudere, ribadendo che, quindi non interverrò sulla dichiarazione di voto che, ovviamente, voterò a favore delle due mozioni che sono state presentate, il rivedere le distanze mi sembra il minimo, anche se l’Assessore ha detto, può dire, e non è che dice una cosa non vera in questo senso, che forse può mettere in difficoltà i soggetti istituzionali che li fanno davanti a eventuali ricorsi. Però qui se ne fanno tanti tipi di ricorsi, c’è una volontà politica che è quella di dire: io resisto su un determinato tipo di posizione, perché per il cuore verde dell’Umbria avere venti, trenta di questi impianti nel giro di pochi mesi non è un gran successo, tutt’altro. Pensate a quanti agriturismi, che sono poi a ridosso delle situazioni, perché nelle aree industriali non è che noi abbiamo una situazione di altre regioni, dove hai un’area sterminata, e già evidentemente sarebbe preoccupante quella, ma tu vai a fare delle scelte in ambiti che sono ancora paesaggisticamente ben tenuti, abbastanza ameni, e io penso che queste operano non siano una risposta adeguata, inutile dal punto di vista economico, preoccupante, e poi c’è un’ultima cosa che non è detta nelle due mozioni, ciò non significa che non vanno bene, ma che io voglio risaltare.

Nessuno vuole fare del terrorismo, ci mancherebbe, però la parolina “salute” spesso viene scansata da questo dibattito perché prevalgono altri aspetti. Allora io dico che chi amministra deve stare in primo luogo, quando non c’è matematica certezza che siamo nella condizione di totale, assoluta sicurezza, anche se vi è soltanto un milionesimo di dubbio, la parte della precauzione deve essere quella che ci deve guidare. Questo è il mio modestissimo punto di vista, con il quale, coerentemente con quanto sto dicendo, ho agito anche in altre circostanze.

Io vengo da una città, dove un’azienda che si chiama Colacem, che non è proprio una cosetta di poco conto in questa Regione e nel centro Italia, bruciava le gomme, nel 2005 ha smesso, e non perché lo volevano, le voci adesso dicono che c’è chi ha fatto perdere 50 milioni, ma non finisce qui, in quest’Aula tornerà il problema, io non so se sono stato uno che ha abbaiato alla luna, il problema dell’uso dei cementifici per i rifiuti, che poi non li chiamano più in un determinato modo, cambiano le paroline, CSS, e si può fare. Se ricordate, trent’anni fa, l’atrazina non era più pericolosa perché se prima doveva stare entro dieci, poi metti che può stare entro ventisette, risolto il problema. Io penso che, al di là che a chi tocca non si ingrugni, e non sarà così perché a chi tocca si ingrugna, evidentemente, ma credo che si ponga un problema per noi come cuore verde dell’Umbria, perché poi non è che se si fanno queste operazioni bastano i quattro rifiuti che producono novecentomila umbri. Roma è senza discariche, non ha impianti vocati realizzabili in poco tempo, e l’idea di vedere, come vale per le piccole realtà, decine di camion che passano, partono, odori che non sono proprio acqua di colonia, significa cambiamento delle condizioni e della qualità della vita rilevante, a maggior ragione se dovessimo essere, anziché in un micro scenario, in un macro scenario come quello che ho tentato di descrivere.

(17)

Comunque il mio voto per le due mozioni sarà favorevole con l’auspicio che possa essere la prima tappa di un percorso che ci porti a riragionare in maniera più adeguata e congrua alle vocazioni tipiche della nostra Regione.

- Presidenza del Vicepresidente Lignani Marchesani -

PRESIDENTE. Grazie, collega Goracci. Ha chiesto di intervenire il Consigliere Buconi; ne ha facoltà.

Massimo BUCONI (Presidente gruppo consiliare Socialisti e Riformisti per l’Umbria).

Grazie, Presidente. Credo una tematica assolutamente importante, interessante, il luogo assolutamente consono e adeguato per poterla affrontare. Credo che su questa materia sarebbe bene, non so se una volta per tutte, ma perlomeno una volta, cercare tra noi stessi di parlare un linguaggio della chiarezza, enunciando prima le finalità, gli obiettivi che si vogliono raggiungere e poi certo declinando anche il percorso per raggiungere questi obiettivi. Io credo, cari colleghi, che noi, tra di noi, non siamo assolutamente d’accordo sugli obiettivi da raggiungere, per cui continuiamo un pochino ad avvitarci, non dico a perdere tempo, sui mezzi per raggiungere questo tipo di obiettivi. Cerco di enucleare gli obiettivi facendo alcune valutazioni.

Io credo che si debba esprimere, noi lo esprimiamo, un giudizio complessivamente positivo sulle scelte di politica ambientale operate dalla Regione dell’Umbria e dalla Giunta regionale rispetto ai piani e ai progetti approvati; non siamo all’interno di una Regione dove sono favoriti da norme o azioni di governo interessi speculativi che non siano inquadrati in un quadro normativo, che comunque tenda al perseguimento di un interesse generale.

Secondo aspetto: io non credo che le politiche energetiche possano essere trattate alla stregua di qualche politica riferita non so se alla promozione di un’attività locale o di qualche sagra. Noi siamo un Paese, lo sanno bene i sindaci, gli amministratori comunali, gli amministratori regionali e tutti coloro che si occupano di attività economiche e di imprese, che la falcidiazione di attività economiche produttive cui stiamo assistendo da anni, ma soprattutto in questo periodo, ha, tra le cause, certo lo spread, certo il debito pubblico, certo il problema dei servizi, certo l’economia mondiale, certo la finanza, ma c’è una voce costante soprattutto sulle attività economiche più importanti che è il costo energetico, assolutamente sperequato, tra quello sostenuto dalle imprese italiane rispetto alla media dei Paesi non solo europei, lasciamo stare i Paesi in via di sviluppo, il cosiddetto Terzo mondo, ma rispetto ai Paesi europei. Vengo proprio l’altro ieri, insieme alla Presidente, con un’azienda importante: se qui mi costa il prodotto di energia il 33 per cento in più rispetto alle mie aziende concorrenti in Europa, io mi arrendo, alzo le mani e non so come difendermi.

La politica energetica è un elemento centrale dell’azione di governo che non è solo limitata all’energia, ma ha a che fare con la qualità della vita, con lo sviluppo

(18)

economico, con la crescita delle famiglie, con il futuro, con la vita quotidiana; noi questo dobbiamo ricordarlo a noi stessi, altrimenti rischiamo di affrontarlo come se stessimo su una panchina a guardare il tramonto con il rossore di sera.

Rispetto a questo tipo di ragionamento penso che ormai sia acquisita la questione del superamento, a livello globale più o meno, del nucleare. Vorrei allora sentire da tutti noi con chiarezza a cosa diciamo no, ma con altrettanta chiarezza a cosa vorremmo dire sì. Siccome questa parola, dire “sì”, non la sento mai pronunciare, allora sul “no”

siamo d’accordo, siamo contrari al nucleare, però sento anche dire che siamo contrari a fare politiche che consumano territorio e impattano; siamo contrari a fare il fotovoltaico perché impatta, è brutto, consuma suolo, rispecchia e deturpa la visuale dei centri storici; siamo contrari alle pale eoliche perché rovinano i crinali, i profili e l’aspetto ambientale; siamo contrari alle biomasse perché impattano sul territorio e creano problemi. Va tutto bene, cara Presidente, forniscici i criceti, torniamo alle ruote e alla dinamo.

Io non voglio banalizzare ma da qualche parte un sì lo dobbiamo dire. Noi stiamo ingenerando nei nostri cittadini il concetto, checché se ne dica, che biomasse è contro l’ambiente, contro la green economy, problema che vediamo quando parliamo di depurazione, di depuratori civili e industriali eccetera. Quindi credo che spetti alle Istituzioni alcuni concetti chiari di riferimento dirli sia alla green economy, sia all’energia pulita da fonti rinnovabili, un sì diciamolo da qualche parte. E chiaramente non mi fermo qui.

Per poter attualizzare e realizzare queste questioni, certo, vanno messi, a mio avviso, dei paletti rigidi, fissi e grandi, e secondo me i due punti cardinali di riferimento rispetto alle energie rinnovabili sono un sì deciso a favorire produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Il secondo aspetto ineludibile, ovviamente, è che ciò deve avvenire in forma compatibile con gli insediamenti umani e antropici, e quindi con la sussistenza sul territorio dei cittadini. Io non credo che questi due aspetti possano essere disgiunti o dotati uno più uno meno di valenza, sono due punti cardinali a mio avviso assolutamente di riferimento.

Il terzo aspetto che come Istituzioni dobbiamo chiaramente indicare: non possiamo stare al gioco, alla problematica o dare spago alla questione sì, va tutto bene, ma facciamolo da un’altra parte, perché questo presuppone un atteggiamento culturale di dominatore e di dominante, di sviluppato e di sottosviluppato, di furbo e di meno furbo, va tutto bene, però facciamolo da un’altra parte. No, io credo che questo aspetto debba essere culturalmente stoppato, ognuno deve fare la propria parte, questo vale per i rifiuti, per la depurazione e per quanto mi riguarda per le energie da fonti rinnovabili.

Certo, io vengo da una cultura, pur non essendo mai stato integralista, che una volta si sarebbe un pochino chiamata vicina a quella marxista, dove si prefigurava, predicava che l’economia e i soldi facessero girare il mondo, e chi ha i soldi comanda il mondo. Ma noi pensiamo di poter attuare una politica che sia di tutela ambientale, che sia di sviluppo economico, che sia di promozione culturale disgiunta da un

(19)

interesse economico? Che oggi esiste sul pianeta Terra un’attività che può avere un futuro che non si sposi anche con il perseguimento, legittimo chiaramente, di un interesse economico, cioè solo per filantropia? E’ chiaro che dobbiamo essere anche attenti che vi sia un corretto perseguimento di un interesse economico. Quelle politiche che non favoriscono anche l’esplicitarsi della coltivazione di un interesse economico pubblico-privato non hanno gambe. Purtroppo, quando cambieremo l’ordine mondiale, e la politica riuscirà a governare diversamente il mondo, può darsi, io sono per lottare, per rifare la rivoluzione, ma finché non attuiamo questo l’interesse economico, se non si sposa le politiche con l’interesse economico, restano carta le politiche che scriviamo.

Dove sta quindi il punto, a mio avviso critico, da superare? Ma pensiamo veramente che la compatibilità ambientale e la condivisione e l’accettazione con i cittadini sia la distanza? Ma non ci prendiamo in giro, cioè i 300 o i 500 metri cambiano la percezione del cittadino rispetto a un impianto? Ma portatemeli questi cittadini che considerano 200 metri più in là un problema risolto.

Il problema è un altro, cari amici: in questo mondo dove l’autorevolezza è zero, la credibilità delle Istituzioni va sotto le scarpe, la politica è esportata su Marte, non si fida più nessuno di niente, soprattutto causa cattivi esempi che quotidianamente la televisione, i mass media ci propinano del sistema e del meccanismo dei controlli. Hai voglia a dire, la Presidente, l’Assessore, il Presidente della A.S.L., quello dell’ARPA sta tutto a posto, sta bene, tanto non ci fidiamo. Se noi non ci poniamo il problema di restituire un’autorevolezza e una credibilità al sistema dei controlli che dia fiducia ai cittadini, va bene, non si fida di quello che dicono l’Assessore, il Sindaco, l’ingegnere, le norme, ma dobbiamo trovare un modo per dare credibilità a un interlocutore, a chi appunto controlla che se parla quello, se parla quell’agenzia, se parla quell’autorità, dice: no, fatto in questa maniera il problema non c’è, va beh, io ci credo. Se non arriviamo a questa restituzione di credibilità, noi possiamo cambiarne cinquecento di norme, ma il problema continuerà, a mio avviso, a non essere risolto. Quindi credo che nel ragionamento debba essere introdotto una seria riflessione di come non perché non ce l’abbia oggi, ma un’autorevolezza non riconosciuta è come non averla l’autorevolezza, rischia di diventare autoreferenziale, quindi come evitare questo.

Ovviamente, io credo che sia l’ora di dimostrare fattivamente sul campo, come fanno tanti altri Paesi, che si può fare tutto se fatto bene, e qui dobbiamo stare attenti, va bene nei documenti scrivere impianti ad emissioni zero, però va anche esplicitato nel senso che vanno anche rese cogenti, controllate, preventivamente controllati o messi in atto dei sistemi che magari sono sì costosi ma sono necessari che impediscano o riducano la possibilità del non rispetto delle norme o che non si verifichino alcuni fatti e alcune situazioni.

L’ultimo aspetto, e concludo, è riferito alla cosiddetta partita della “partecipazione”.

Questa la dobbiamo meglio definire, la partecipazione, perché assistiamo troppo spesso a che cosa? Siccome è un tema delicato, proviamo a farlo quando si scopre che si fa, cominciamo a fare le partecipazioni, è tardi, è tardi, io credo che la

(20)

partecipazione debba essere cogentemente un fatto preventivo, il confronto con i cittadini, fermi restando i paletti che dicevo prima deve essere preventivo, devono essere resi partecipi tramite forme autonome, istituzionali, quelle che vogliamo del percorso decisionale, in modo che possano intervenire e verificare in ogni fase, non che alla fine gli presentiamo un pacco di carte: fidatevi, sta tutto a posto. Non siamo nelle condizioni di autorevolezza di fare questo, ma li dobbiamo far partecipare in tutte le fasi decisionali.

Ecco perché ritengo che a monte bisogna dire con chiarezza quali sono i fini che si vuole perseguire, perché se diciamo sì agli impianti, devono essere fatti, se diciamo dobbiamo assolutamente garantire la sicurezza, la tutela, il non impatto, il cattivo odore, quello che ci pare, per il cittadino, messi i paletti, non avrei nessuna paura di fare un confronto preventivo su tutto il percorso. Certo, se non fisso prima gli obiettivi e i paletti, la partecipazione di questa natura mi diventerebbe soltanto uno strumento per non decidere niente, e per non fare nulla. Mentre io, lo sapete bene, rispetto alla politica del vietare di fare sono per fare come, e quindi ovviamente insieme ai cittadini.

In virtù di queste considerazioni, in linea generale, per ora vedremo il dibattito, sarei più orientato a lavorare, a migliorare, a integrare la mozione presentata dal collega Galanello e altri, ma ritengo proprio culturalmente lontana la mozione presentata dal collega Stufara e altri. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie, collega Buconi. E’ iscritto a parlare il Consigliere Cirignoni; a lei la parola.

Gianluca CIRIGNONI (Presidente gruppo consiliare Lega Nord Umbria - Padania).

Grazie, Presidente. Prendo la parola innanzitutto per dire che esprimerò il voto favorevole alla mozione presentata dal collega Stufara, innanzitutto perché credo che la nostra Umbria, l’Umbria del futuro non dovrà né diventare una ciminiera dove bruciare biomasse provenienti da fuori regione, ma invece si dovranno privilegiare piccoli impianti e chiudere il ciclo con le biomasse prodotte nel nostro territorio, né dovrà diventare un grande specchio per produrre energia con pannelli fotovoltaici, gettati alla rinfusa sul nostro territorio. Questo anche una delle principali risorse dell’Umbria che è il turismo.

Credo che anche per quanto riguarda i pannelli fotovoltaici sia più che giusto che questi vengano messi non vicini, o all’interno delle aree industriali, il loro posto più consono. Non mi sto poi a dilungare tecnicamente sul contenuto delle varie delibere che sono state fatte prima dalla Giunta e che adesso si chiede, e spero il Consiglio vorrà votare a maggioranza o all’unanimità, di ritirare, ma credo che dopo il voto dovranno esserci e auspico due conseguenze: una tecnica che sia il cambio della politica che fino adesso ha perseguito la Giunta e l’Assessorato, quindi con il ritiro di questa delibera, e il ripristino, e una maggiore condivisione con il Consiglio regionale di quella che sarà la normazione per quanto riguarda l’installazione dei pannelli e gli

(21)

impianti di produzione di agro energie; ma credo che ci dovrà essere anche una conseguenza politica, perché credo che qui ci troviamo di fronte a una maggioranza che se, da una parte, esprime una Giunta e un Assessore che fa delle scelte, poi, dall’altra parte, la stessa maggioranza, facendo un po’ il gioco delle parti, al quale io partecipo, darò il mio voto favorevole, ma più per spirito di servizio verso gli umbri che per convinzione, credo comunque che in questo caso questa maggioranza, che si morde un po’ la coda e che da una parte fa con la Giunta, e dall’altra parte disfa con la stessa maggioranza che l’ha espressa, dovrà per l’appunto, se venisse approvata questa mozione, prendere una decisione politica.

E la decisione politica non potrà essere se non una, cioè che chi ha fatto queste scelte l’Assessorato ne paghi le conseguenze, e quindi in questo caso vi sia un rimpasto, un cambio di Assessore, dal punto di vista sia politico ma anche tecnico. Quindi questa mattina, se questa mozione verrà approvata, dovranno uscire due conseguenze: una tecnica, che è quella di rimettere in discussione e rivedere tutta questa normativa;

l’altra politica che porti a un cambio dell’Assessorato. Non ho altro da aggiungere, grazie.

PRESIDENTE. Grazie, collega Cirignoni. È iscritto a parlare il Consigliere Brutti; ne ha facoltà.

Paolo BRUTTI (Italia dei Valori – Lista Di Pietro).

Presidente, la ringrazio. Io, intanto, voglio rispondere un attimo a quelle cose che ho sentito dette, con grande veemenza, dal collega Buconi.

La prima: il problema del costo dell’energia nel nostro Paese esiste, però non dipende dal fatto che non utilizziamo produzione energetiche come quella del nucleare, dipende dalle speculazioni che l’ENI sta facendo sull’importazione del metano, dall’inefficienza dell’ENEL nella gestione delle sue centrali. Pensate che in Italia è inserita una potenza elettrica che è il doppio della potenza elettrica che serve per far funzionare il Paese in una giornata lavorativa del mese di luglio, quando sono in funzione anche tutti gli impianti di refrigerazione. Dipende dalle addizionali, A1, A2, A3, come si chiamano, contenute nella bolletta, e dipende dal peso fiscale. Noi paghiamo, su ogni chilowatt consumato, addizionali fiscali che portano il costo della nostra energia fuori dalla misura del costo dell’energia in Europa. Quindi è su queste questioni che semmai questo Governo, il prossimo Governo, dovrebbe interrogarsi per trovare una soluzione.

La questione delle energie rinnovabili non serve, nessuno l’ha mai pensata, per andare verso un costo minore dell’energia, anzi, noi sappiamo, io lo dico senza titubanza, che ad oggi le tecnologie esistenti portano il costo di alcune produzioni a energia rinnovabile vicino al costo delle produzioni tradizionali fossili, in particolare quella del metano; non mi posso paragonare con il carbone perché gli effetti devastanti sulla salute umana e sull’ambiente che hanno le produzioni a carbone stanno convincendo anche i tedeschi a limitarle, poi le idee strane del fatto del

(22)

confinamento della anidride carbonica nel sottosuolo voi sapete che sono cose prive di ogni fondamento e che portano ulteriori rischi.

Quindi la via delle produzioni ambientalmente sostenibili è la via per la battaglia al cambiamento climatico, è una via che ci viene imposta dalle questioni, dalle necessità del momento, è la via che ci viene imposta dalle decisioni dell’Unione Europea, non è una cosa opzionale che noi possiamo fare o non fare, noi dobbiamo fare quella scelta, tutta l’Europa fa quella scelta, dovremmo farla anche in Umbria con il burden sharing.

Però, detto questo, io non capisco, Buconi dice: bisognerà che diciamo di sì. Certo, ma possiamo dire di sì al fotovoltaico sul monte Tezio? O possiamo dire di sì al fotovoltaico sul prato dove San Francesco parlava agli uccelli? Quando abbiamo chilometri quadrati di superficie di impianti industriali abbandonati, di cave, di tetti sulle abitazioni, nei quali potremmo mettere impianti fotovoltaici fino a coprire il 50 per cento del fabbisogno nazionale, e se voi pensate che il 50 per cento del fabbisogno nazionale corrisponde a tutti i consumi domestici, significa che utilizzando solo le superfici esistenti già sui tetti possibili e sulle aree artigianali e industriali, noi potremmo ridurre a zero il consumo di fossili per tutte le esigenze energetiche correnti.

Si dice: dovremmo dire di sì all’eolico. Ma scusate, torri da 120 metri di altezza, grattacieli, piazzate sulle nostre montagne? E’ questa la strada? Gli impianti di Scheggia, 180 megawatt, un terzo della centrale di Pietrafitta, un terzo, a che serve quella cosa se non a generare un ulteriore produttore di energia elettrica? In torri da cento metri nell’orvietano, anche questa, è questa la strada? O sarà quella dell’eolico compatibile, del mini eolico, del medio eolico, come tu sai benissimo, che rende molto senza bisogno di salire ad altezze stratosferiche.

Idroelettrico, Buconi, sì, certo, in Umbria abbiamo un idroelettrico sviluppato, ma per la sua configurazione geografica l’Umbria produce e produrrà idroelettrico fondamentalmente lungo l’asta del Nera perché le altre aree sono poco utilizzabili per il grande idroelettrico, non per il piccolo, il micro idroelettrico, questo sì, ma lì abbiamo semmai l’utilizzo delle grandi catene alpine, dove però l’idroelettrico italiano è già moltissimo.

Dice Buconi: ma c’è il problema della fiducia. Io non voglio dilungarmi tanto, ma quando a Bettona c’è un fenomeno di disastro ambientale e l’ARPA dice che va bene e i Carabinieri del NOE arrestano il funzionario dell’ARPA, ammetterai, Buconi, che c’è un motivo ragionevole per pensare di non essere d’accordo, giusto?

Ora, per quello che ci riguarda, noi restiamo vincolati al Regolamento regionale del luglio 2011: sì alle energie rinnovabili, attenzione al conto energetico, attenzione – in quel Regolamento c’era – agli impianti a biomasse. Perché attenzione particolare agli impianti a biomasse? Perché gli impianti a biomasse, utili, anzi, utilissimi, presentano dei problemi che devono essere attentamente verificati; per esempio, con le cosiddette produzioni agricolo energetiche rischiano di consumare territorio utile per produzioni agricole destinate al consumo umano e degli animali, perché se sono collocate a breve distanza dagli abitati, e non vengono prese alcune precauzioni,

Riferimenti

Documenti correlati

Ma quando si fa una scelta come questa motivandola con il fatto che due farmacie hanno fatto richiesta di uscire dal Centro storico, a qualcuno non viene in mente che forse, prima

Sarebbe stato meglio appunto dimezzare le indennità e conservare la possibilità di decidere della nostra rappresentanza perché adesso si tratterà, se questa proposta di modifica,

Così come devo dire io credo invece il Consiglio regionale questa decisione poteva averla assunta anche l’altra volta, perché un punto su cui ha ragione anche per me la

E’ chiaro che la norma è un presupposto fondamentale, il riconoscimento del diritto al danno, anche per costruire misure finanziarie, cioè questo è il

Ma anche dal fatto che i bilanci sono sempre più estremamente rigidi e diventa assolutamente incongruo poter rompere questa rigidità attraverso dei disegni di legge di

Premesso questo, però, quando andiamo nell’elencazione dei provvedimenti, che il collega Dottorini prima ha riportato, continuiamo, in un momento di difficoltà

Questa carrellata di dati l’ho voluta offrire a questo confronto e a questo dibattito perché da questi dati si capiscono tanto una serie di aspetti strutturali della nostra

Essendo un atto amministrativo della Regione dell’Umbria, rispetto a quello che ha detto il collega Barberini, ritengo che invece l’atto dovesse essere presentato entro il 30 aprile