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9. Ricostruzione tridimensionale

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Academic year: 2022

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9. Ricostruzione tridimensionale

9.1. Riscostruzione secondaria basata su uno stack di fette tomografiche

Fin ora sono state considerate solo immagini bidimensionali, tuttavia, oggi, le applicazioni mediche della tomografia computerizzata (TC) sono legate alle immagini tridimensionali. Un primo metodo per ottenere un volume tridimensionale consiste nell’acquisire una pila di fette a due dimensioni. La tecnica convenzionale si basa su una procedura sequenziale in cui il paziente, disteso sul lettino porta-paziente, viene spostato leggermente in direzione assiale, lungo l’asse z. Il lettino si ferma e un set completo di dati grezzi riguardanti una sola fetta viene acquisito. La pila di fette viene successivamente utilizzata per calcolare la rappresentazione tridimensionale dell’anatomia del paziente. Questa procedura viene chiamata la ricostruzione secondaria. Ovviamente, per i volumi è necessario disporre di un apposito metodo di visualizzazione delle superfici, che richiede la selezione di una soglia di grigio che rappresenta la superficie. Oggetti diversi possono essere visualizzati fino a quando i loro valori Hounsfield sono effettivamente l’uno diverso dall’altro.

Questo metodo piuttosto semplice di segmentazione superficie non funziona correttamente in tutti i casi. Spesso accade che un organo di cui si vuole rappresentare la superficie assume valori di grigio diversi nelle sue parti rendendo difficile poter rappresentare l’organo con un unico valore di soglia.

Figura 1: Visualizzazione tridimensionale della pila delle fette. Si utilizza un metodo di visualizzazione superficiale, detto rendering. Se si seleziona una soglia di grigio sufficientemente elevata per la superficie iso-, si ottengono le solo strutture ossee. Se si seleziona una soglia più bassa anche il tessuto molle e la pelle vengono visualizzati.

Da un punto di vista teorico dell’analisi dei segnali questa acquisizione sequenziale delle fette deve ancora essere interpretata come un processo di campionamento, in questo caso, un campionamento lungo l’asse z, e il criterio di Nyquist deve naturalmente essere rispettato. Il profilo di intensità della radiazione in ogni singola fetta da ricostruire è rettangolare in condizioni ideali, ed è limitato in pratica dal collimatore negli scanner di terza generazione. La larghezza assiale di questo rettangolo è indicata con Δz. La rappresentazione in frequenza di un rettangolo nel dominio dello spaziale è la funzione sinc:

(2)

( ) ( )

ω π

ω ω π

z z z

=sin ∆

Tenendo conto che il contributo principale in energia nella sinc è contenuta nel lobo principale prima del primo zero si ha:

π ω π∆z = da cui

z

= 1 ω che indica la frequenza di campionamento.

Figura 2: posizione di acquisizione delle fetta in funzione del tempo. L’acquisizione avviene ogni volta che il tavolo si ferma.

Al fine di soddisfare i requisiti del teorema del campionamento di Shannon, la distanza tra i punti di campionamento deve essere pari a Δz/2. Questo significa che con uno spessore di strato di Δz l’avanzamento della tavola deve essere pari a Δz/2. Pertanto almeno due fette devono essere acquisite per ogni strato. Spessori tipici sono compresi tra uno e dieci millimetri, vedi figura 3.

Figura 3: lo spessore di strato in funzione del tempo. L’acquisizione avviene ogni volta che il tavolo si ferma.

(3)

Figura 4: pila di fette tomografiche dell'addome, sequenza di 24 fette successive.

(4)

Questa condizione imposta dalla teoria dei segnali non è considerata nella pratica clinica, in realtà i radiologi usano visualizzare la sequenza di immagini radiografiche sul diafanoscopio, come riportato in figura 4, per valutare gli esami tomografici, l’aliasing svolge in questo caso un ruolo secondario. La figura 4 mostra una sequenza di 24 immagini di sezioni assiali della regione addominale. Come già discusso in precedenza, le fette della pila di fig. 4 devono essere poste l’una sull’altra per fornire una rappresentazione tridimensionale. In generale, lo spessore della fetta supera notevolmente le dimensioni dei pixel di una slice. Questo fatto significa che i voxel sono anisotropi, un fatto che deve essere preso in considerazione quando si usano algoritmi tridimensionali di elaborazione delle immagini. Gli errori possono verificarsi durante la valutazione e visualizzazione di dati se il teorema del campionamento è violato durante l’acquisizione dei dati.

9.2. CT spirale

Un primo passo verso l’acquisizione di una vera immagine volumetrica è il cosiddetto metodo TC spirale, che è stato proposto da Willi Kalender nel 1989. L’inadeguatezza della semplice acquisizione a pila di fette radiografiche prodotta dalla TC convenzionale è facile da comprendere se si tiene conto della collimazione che vincola ogni sezione ad assumere una dimensione verticale fissa, detta anche spessore di strato. L’intensità rilevata dal sensore è data dalla media delle intensità delle radiazioni presenti nello spessore di strato pesate con il profilo di sensibilità, dato dalla distribuzione delle intensità all’interno dello spazio del collimatore e dal profilo di sensibilità del rivelatore. Questo processo di media è un problema in tutti quei casi in cui l'oggetto è caratterizzato da variazioni improvvise dell’intensità dovute a bordi di organi interni, che sono angolati rispetto alla fetta assiale, cioè, in cui le strutture da visualizzare cambiare rapidamente lungo la direzione del moto del tavolo porta-paziente. In questi casi, i risultati del processo di media in una pila di fette radiografiche ottenute passo-passo genera un artefatto a scala nella struttura visualizzata. La figura 5 mostra un esempio di questo effetto come visualizzato dalla presentazione volumetrica ottenuta con un algoritmo “volume rendering” di un “Phantom” della colonna vertebrale.

Una CT spirale è un sistema che permette di acquisire un volume d’interesse, non fetta dopo fetta, ma facendo muovere a velocità costante il paziente attraverso il gantry, mentre il tubo a raggi-X e il rivelatore ruotano in un piano perpendicolare all’asse principale del paziente. In tal modo il tubo a raggi-X e il rivelatore realizzano un movimento a spirale o ad elica rispetto al paziente, per cui questa nuova metodica volumetrica è descritta con i termini spiral CT, Helical CT e volumetric CT.

Tale tecnica permette un’acquisizione continua e veloce di dati volumetrici, la velocità di spostamento del tavolo porta paziente per ogni rotazione di 360° può essere selezionata in maniera del tutto indipendente, ed inoltre consente di eseguire l’imaging dell’intero corpo del paziente con dosi assorbite ridotte. In effetti, la tecnologia della TC spirale non rispetta un requisito essenziale richiesto dai metodi di ricostruzione descritti precedentemenete, cioè la è la completezza del dato, un oggetto nel campo di vista può essere ricostruito solo se tutti i punti dell'oggetto sono illuminati da tutti i lati - vale a dire, almeno da angolazioni comprese in un intervallo di 180 ° (vedi figura 6 lato sinistro). Questa condizione spiega come non sia praticamente impossibile visualizzare il cuore senza artefatti con una TC convenzionale, infatti il movimento del cuore sposta fuori della fetta di ricostruzione le zone che si vogliono ricostruire, mentre l’unità di acquisizione ruota intorno ad esso. I dati di proiezione da utilizzare per il processo di ricostruzione non soddisfano la condizione di consistenza.

La velocità di acquisizione ha un ruolo dominante nella TC diagnostica: tempi di acquisizioni più brevi permettono di ridurre gli artefatti dovuti a movimenti del paziente, ad esempio il movimento del torace e degli organi interni, cuore, polmoni etc., durante la respirazione, e sono tipicamente associati a protocolli di scansione con una ridotta dose di radiazioni (TC elicoidale). Oggi si cerca di costruire tomografi con tempi di acquisizione sempre più rapidi rispetto ai sistemi a singola fetta (slice), e di sviluppare sistemi di rivelazione che permettano una risoluzione spaziale maggiore ed

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una dose al paziente ridotta. In figura 6 è riportato un confronto tra il funzionamento a “step and shot” dei sistemi a singola slice, e quello a “helical/spiral” tipico dei nuovi sistemi.

Figura 5: rappresentazione tridimensionale di una parte del “phantom” della colonna vertebrale e sue proiezioni ortogonali sui tre piani (assiale, xcoronale e sagittale). Lo spessore della fetta selezionata è di 1,5 mm. Si riconosce facilmente l’artefatto a scala nel rendering tridimensionale e nelle sezioni coronali e sagittali.

(6)

Figura 6: a) Modo sequenziale generazione profilo seguito da uno spostamento; b) Modo spirale o a elica; c) spostamento ad elica del vertice del ventaglio o del cono

In scanner TC spirale, il movimento degli oggetti da ricostruire è in realtà la novità decisiva rispetto ai tradizionali scanner TC, vedi figura 6 e 7. La figura 8, lato destro, mostra che l’oggetto da esaminare non viene più acquisito su un solo piano a causa del movimento continuo del tavolo paziente e che la traiettoria non è più un orbita circolare chiusa. Per questo motivo una serie completa di dati grezzi non è più disponibile per il processo di ricostruzione e i dati non sono coerenti. Durante l’avanzamento del tavolo paziente di 12 cm sono stati acquisiti i campioni delle proiezioni generate durante sei rotazioni complete. Si può facilmente riconoscere nei cambiamenti del sinogramma come le informazione cambiano mentre il paziente è spostato lungo l’asse z.

Volendo confrontare le traiettorie in una CT convenzionale ed una CT spirale, appare chiaro che grazie alla fase di stop, nella CT convenzionale i profili sono ottenuti percorrendo dei cerchi separati, vedi figura 7 lato sinistro. Nella TC spirale, invece, la combinazione di un movimento rotatorio della sorgente dei raggi X e di un movimento traslatorio del tavolo produce un arrangiamento ad elica delle traiettorie vedi figura 7 lato destro. La differenza fondamentale tra i due metodi è facilmente comprensibile osservando la figura 8. In tomografia convenzionale ci sono aree che non sono per niente acquisite utilizzando il rapporto con il rapporto tra la velocità di spostamento del tavolo e larghezza della fetta utilizzate. Informazioni da queste zone necessarie per la ricostruzione delle immagini non sono quindi disponibili. Gli errori che si generano nella visualizzazione tridimensionale sono già stati discussi in precedenza.

Figura 7: Confronto tra le traiettorie di una CT convenzionale, a sinistra, e di una CT spirale, a destra

Ciò non avviene negli scanner TC spirali perché questi scanner sono caratterizzati da una acquisizione continua dei profili, cioè tutti i punti lungo l’asse z sono illuminati almeno una volta, e pertanto saranno disponibili per il processo di ricostruzione almeno informazioni parziali da ogni fetta. E, infatti, è ora disponibile una informazione provenienti da alcune proiezioni anche per gli oggetti più piccoli essendo contenuti nel valore medio rilevato sulla fetta a causa della presenza di un profilo di sensibilità specifico del collimatore. L’idea chiave su cui si basa il processo di ricostruzione per la TC spirale è che i dati mancanti di una fetta possono essere ottenuti con

a) b)

(7)

l’interpolazione. Utilizzare questa ipotesi permette di riutilizzare le procedure di ricostruzione bidimensionale precedentemente descritte senza alcuna restrizione.

Figura 8: la figura in alto a sinistra mostra la traiettoria circolare di una CT convenzionale che genera un set di dati completi. A destra è invece mostrato la traiettoria in una TC spirale, non circolare né chiusa, che genera un set di dati incompleti.

(8)

Nelle prime applicazioni intorno agli anni 90 il metodo di ricostruzione era molto semplice e le immagini ottenute contenevano vari artefatti. In figura 9 è riportata una classica struttura di quegli anni con il relativo metodo di interpolazione per la ricostruzione di una fetta planare a partire dai dati tridimensionali spirali. Lo spostamento corrispondente ad una rotazione di 360°, corrispondente alla singola acquisizione nella TC convenzionale, viene qui indicata con la lettera s. Si può ora selezionare una posizione arbitraria della fetta da ricostruire, zr, poiché non esiste nessuna posizione preferita sull’asse z in quanto i dati sono acquisiti in modo continuo. Per la posizione selezionata è disponibile solo la proiezione pγr(ξ) corrispondente all’angolo di proiezione γr. La proiezione pγr(ξ) a tutti gli altri angoli di proiezione deve essere stimata mediante interpolazione. A tal fine, i dati che non sono stati misurati per gli altri angoli di proiezione e richiesti per la ricostruzione a zr, devono essere interpolati a partire dai dati disponibili a partire dai valori effettivamente misurati sulla traiettoria elicoidale corrispondenti agli angoli di proiezione più vicini. La più semplice interpolazione utilizzabile è quella lineare. Poiché il tubo radiogeno compie una traiettoria a spirale intorno al paziente, volendo esprime l’angolo di proiezione in funzione della la generica posizione zi si può scrivere

°

= 360 s zi γi

da cui si ottiene che

+ °

=

°

+360 360

s s zi γi

Figura 9: Metodo di interpolazione per la ricostruzione di una fetta planare a partire dai dati tridimensionali spirali

La fetta alla coordinata zr (corrispondente all’angolo γr) è ricostruita a partire dai profili ottenuti interpolando linearmente il dato in zii) e in zi+ s (γi+360°) utilizzando peso w:

( ) (

ξ

) ( )

i ξ i s

( )

ξ

z w P wP

Pr = 1− + +

dove zr rappresenta la coordinata lungo l’asse di movimento del paziente a cui si vuole calcolare la proiezione e i e i+s le proiezioni effettivamente disponibili nell’acquisizione a spirale. Il peso w è calcolato utilizzando la formula per l’interpolazione lineare:

(

z z

)

d w= ri

dove zr è la coordinata alla quale si vuole stimare la fetta, zi è la posizione lungo l’asse z dell’ultima proiezione disponibile e s la distanza che il tavolo porta paziente compie per una rotazione di 360°

(2π).

(9)

Il peso assume valori compresi tra 0 ed 1. L’interpolazione tra 0 e 360° ebbe un notevole successo appena fu introdotta da Willi Kalender. Essa viene normalmente indicata con la sigla 360LI. Dove LI sta per interpolazione lineare. Ovviamente queste prime ricostruzioni mostravano artefatti molto simili a quelli che si ottengono in presenza di movimenti del paziente, e che vengono classificati in clinica col termine di artefatti da movimento.

Negli anni successivi si è provveduto a sviluppare algoritmi di ricostruzione più evoluti capaci di compensare parzialmente questi artefatti. Un primo esempio di algoritmo più evoluto usa una interpolazione lineare partendo dai dati ottenuti da una rotazione di 4π.

( )

ξ = 1 j

( )

ξ + 2 j+1

( )

ξ

z wP w P

P

dove γ2= γ 1+2π e w1 e w2 sono calcolati secondo le formule:

π γ γ γ γ

γ γ π

γ γ γ γ

γ γ

; 2 2

1 1

2 1 2

2 1 2 2 1

= −

= −

= −

= − z z w z z

w

con 0≤γ1≤2π e 2π≤ γ2≤4π e αz il valore dell’angolo di proiezione che il sistema raggiunge nel suo movimento alla coordinata di ricostruzione zr.

Un’altra possibilità è quella di avere un campionamento più fitto, ciò pero comporta una più alta dose di radiazione. Ricordando la periodicità della trasformata di Radon (proiezione), e cioè che conoscendo pγ(ξ) si conosce anche pγ+180°(ξ), si può però ottenere un'altra elica che è sfasata rispetto alla precedente di 180°. Questa situazione è mostrata in figura 10.

Figura 10: principio dell’interpolazione con la doppia spirale.

(10)

L'elica complementare può essere generata indipendentemente dal fatto che la geometria del fascio utilizzata sia quella del parallel-beam o del fan-beam dei tomografi di terza generazione, che sono oggi quelli più utilizzati. L’utilità dell’elica complementare è facile da capire. I punti dati per l’interpolazione sono molto più vicini gli uni agli altri, senza che si sia dovuta aumentare la dose di radiazioni. La figura 10 illustra come i punti zi e zi+s sono ora i più vicini al punto di proiezione zr. Questo metodo di interpolazione detto 180°LI, utilizza l’elica complementare in uno schema ad interpolazione lineare.

I parametri specifici del protocollo di scansione sono brevemente discussi qui di seguito.

Contrariamente alla TC convenzionale, bisogna ora considerare la velocità di vt del tavolo porta- paziente in funzione della frequenza di rotazione 1/Trot delle sistema di acquisizione dell’immagine.

Ciò porta a definire lo spostamento per rotazione o passo dell’elica:

rot tT v s=

Se si include la larghezza o lo spessore del fascio di raggi X d, che dipende dalla dimensione del collimatore, si può definire il nuovo parametro del protocollo di scansione “pitch”:

d p= s

Qui, il parametro è definito per un sistema con una vettore di rivelatori. La figura 11 illustra l’importanza del fattore adimensionale pitch, che descrive lo spostamento del tavolo porta-pazient per rotazione in funzione della dimensione della fetta. Nella figura sono mostrate traiettorie di acquisizione a spirale con fattori di pitch p =1, p = 1.5 e p = 2 (da sinistra a destra). Lo spostamento per rotazione non può ovviamente superare il valore di spessore dello strato.

Figura 11

Ovviamente, si deve discutere se il teorema del campionamento è violato in questa situazione. Al fine di garantire che il teorema del campionamento di Shannon non sia violato, per la ricostruzione tridimensionale in TC convenzionale si acquisiscono fette sovrapposte, come già descritto precedentemente. Ciò non necessariamente deve essere realizzato in uno scanner TC spirale perché - in linea di principio - una sequenza di fette arbitrariamente sottili può essere ricostruita a partire dai dati TC spirale. Fette sovrapposte possono essere ricostruite a posteriori con questo metodo. La figura 12 mostra schematicamente il numero di sezioni in una TC spirale rispetto alla TC convenzionale. Ovviamente si deve ricordare che in questo caso pur potendo ottenere fette si avvicinano gli uni agli altri, ma che, d'altra parte, lo spessore misurato per ogni sezione è ancora determinato dallo spessore della fetta selezionata che dipende dal collimatore.

Il pitch p varia tipicamente tra 1 e 2. Prima di tutto va chiarito perché il metodo funziona davvero per p = 1. Come detto precedentemente, i dati di proiezione sono interpolati dalle proiezioni più vicine disponibili sul percorso a spirale. Se si assume di voler rilevare un oggetto molto piccolo rappresentabile nel dominio dello spazio con una δ e se si assume, inoltre, che di poter avere uno

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strato teorico con uno spessore di una δ, allora il metodo di ricostruzione della TC spirale non potrebbe funzionare, perché l’oggetto sarebbe in realtà visibile solo per un singolo angolo proiezione. Di conseguenza, lo spazio Radon per questo oggetto, approssimato con l’interpolazione della TC spirale, include dati di proiezione incoerenti, in quanto nessuna proiezione al di fuori di quella presa a zr contiene le informazioni sull’oggetto a forma di impulso δ.

Figura 12: con una CT spirale si può ottenere una sequenza di immagini sovrapposte grazie alla ricostruzione successiva delle singole fette (M>N). Conseguentemente l’aetrtefatto a scala può essere ridotto notevolmente (adattato da Kalender)

Tuttavia, nei sistemi di reali non si voglio rilevare né oggetti di piccole dimensioni né si hanno a disposizione unità di acquisizione con un profilo di sensibilità a forma di impulso δ. Quindi, finché un oggetto reale è situato all’interno del di uno spessore dello strato, durante il movimento del tavolo porta-paziente, le proiezioni vicine continuano a fornire informazioni sull’oggetto. Pertanto, ha senso usare l’interpolazione. Per comprendere cosa succede per un pitch maggiore di uno è necessario riferirsi di nuovo alla figura 10. Grazie alla spirale virtuale supplementare, che è ottenuta grazie ad uno shift di 180° è teoricamente possibile ottenere informazioni sull’oggetto da un numero sufficiente di proiezioni, anche con un pitch p = 2. Con un pitch p>2 si può avere perdita di dati, con la conseguente generazione di artefatti soprattutto per le strutture più piccole. Il valori di pitch normalmente utilizzati sono compresi tra 1 e 1.8.

La figura 13 mostra schematicamente perché la TC convenzionale può, in determinate circostanze, fornire immagine di qualità più scadente per i piccoli dettagli rispetto alla TC spirale. Se una piccola struttura si trova esattamente sul bordo di due fette vicini in un tomogramma convenzionale con non sovrapposti, disposti densamente fettine, quindi l'intensità è equamente distribuito tra le due fette, anche con un profilo di sezione perfettamente rettangolare sensibilità (SSP). Purtroppo, in pratica, il SSP è solo approssimativamente rettangolare in modo che la risposta misurata del sistema è ulteriormente indebolita in funzione della pendenza del profilo alla frontiera fetta.

D’altra parte, il profilo di sensibilità single-slice di ogni fetta ricostruita è più ampio e più piatto in una TC spirale che in una CT tradizionale. Ciò è dovuto alla convoluzione del profilo convenzionale con la funzione che rappresenta lo spostamento in avanti del tavolo. Più alto è il valore del pitch più ampio e più piatto risulta il profilo di sensibilità della fetta. Mentre nella tomografia convenzionale, la posizione spaziale dei dettagli in relazione alla localizzazione delle fette è casuale e può soltanto essere corretta solo con una nuova acquisizione che comporta un aumento della dose di radiazione, è possibile, nella TC spirale posizionare il dettaglio che si vuole visualizzare esattamente al centro della SSP, poiché è possibile ricostruire le fette nella posizione desiderata a valle dell’acquisizione. Va sottolineato che la capacità del metodo TC spirale di

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ricostruire fette sovrapposte con densità arbitraria, non significa che la risoluzione spaziale nel senso assiale può essere aumentata arbitrariamente. La risoluzione assiale è sempre determinata dallo spessore di strato che dipende dal collimatore. Tuttavia, è naturalmente possibile ricostruire le immagini ogni millimetro per una una scansione elicoidale con spessore del fascio pari a 10 mm, senza che ciò porti ad avere una risoluzione reale di un millimetro. In analogia ad Bushberg et al., si deve dunque distinguere tra un passo di campionamento pari ad un millimetro e i 10 mm di apertura del fascio.

Figura 13: vantaggi della TC spirale nell’imaging di strutture di piccole dimensione. In figura sono rappresentati i profili di sensibilità (SSP - slice sensitivity profiles) per la TC convenzionale e spirale in funzione della posizione z. Se i dettagli molto piccoli si trovano esattamente sul bordo delle fette convenzionali, l’intensità risultante potrebbe essere molto piccola a causa della forma rettangolare del profilo di sensibilità. In una TC spirale, il valore massimo di sensibilità è generalmente più piccolo, ma essa presenta un andamento più smussato. Poiché la posizione della fetta da ricostruire può essere scelta arbitrariamente, si può posizionare il particolare della struttura esattamente nella zona di massimo valore del profilo di sensibilità (adattato da Bushberg et al. )

La richiesta di scanner CT sempre più veloci ha accelerato lo sviluppo di matrici di rivelatori multi- linea. La figura 14 mostra schematicamente i percorsi reali dei rivelatori di un sistema multilenea a 4 linee, nonché i corrispondenti percorsi integrativi elicoidali. Ovviamente, si utilizza una sola sorgente di raggi X che viene aperta a cono. La ricostruzione in questo caso richiede un alto costo computazionale, tuttavia, si possono ottenere buoni risultati con un metodo di ricostruzione approssimato per piccole aperture in senso assiale (<2°). Una discussione sul metodo di ricostruzione cono-beam sarà oggetto delle seguenti sezioni di questo capitolo.

La figura 14 illustra semplicemente come in questo caso siamo utilizzati per calcolare con il metodo dell’interpolazione le proiezione per la ricostruzione della fetta nella posizione zr punti più vicini che nella situazione geometrica di figura 10. Per valutare l’impatto sulla dose e sulla qualità delle immagini radioterapia, si deve considerare il rapporto tra il pitch e il numero di righe della matrice M dei rivelatori:

Md p= s

L’aumento della velocità di acquisizione e la riduzione della dose di radiazione per potch superiori ad uno risulta molto importante per la TC spirale.

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Figura 14: percorsi elicoidali per un sistema a matrice multi-linea di rivelatori. Si notino i percorsi complementari ottenuti con uno shift di 180°, rappresentati con linee a punti.

I principali vantaggi delle TC spirali possono essere così elencati:

• A causa della continua acquisizione di campioni sincronizzata con il movimento del tavolo porta-paziente, è possibile ottenere immagini di interi organi e di volumi più grandi in tempi molto brevi. Tempi di acquisizione più brevi sono dovuti sia a valori di pitch superiori ad uno che all’eliminazione dei punti di stop del tavolo porta-paziente caratteristici della TC convenzionale.

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• A causa della velocità di acquisizione più elevata il numero di artefatti dovuti a movimenti del paziente è ridotto.

• Contrariamente alla TC convenzionale, una serie completa di dati può essere acquisita e quindi è possibile ridurre gli artefatti a scala nella ricostruzione tridimensionale.

• La ricostruzione successiva delle fette in qualsiasi posizione assiale permette di visualizzare strutture anche molto piccole.

Tuttavia, si deve tener conto che il tubo radiogeno è sottoposto ad un forte carico a causa del processo di acquisizione continuo. Ciò vale soprattutto per lo stress termico. E’ possibile valutare la qualità delle immagini ottenute con una TC a spirale, confrontando le ricostruzioni mostratr nelle figure.

5 e 15.

La figura 15 mostra voxel isotropico con uno spigolo di lunghezza pari a 0.5 mm.

Figura 15: il successo della CT spirale può essere facilmente compreso se viene ancora utilizzato il Phantom vertebrale di figura 5. E’ stata ottenuta una risoluzione isotropica di 0.5 mm. Gli artefatti a scala, che sono presenti nella figura 5 risultano notevolmente ridotti.

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Lo schema generale di un sistema CT spirale è rappresentato in figura. Si noti che l’unità di controllo è connessa al tavolo porta paziente per ottenere la traslazione sincrona con la rotazione del sistema generatore-rivelatore. Si noti, inoltre, come nello schema e nella descrizione del protocollo vengano messe in risalto l’algoritmo di ricostruzione e i parametri di ricostruzione.

Figura 16: Schema generale dl sistema di una CT spirale; si noti come il protocollo di scansione controlla sia i parametri di scansione che quelli di ricostruzione

Parametro Range

Numero di acquisizioni simultanee M 16

Numero di rivelatori per riga Nchan 500-1000

Numero di rotazioni per esame Nrot 3-100

Numero di proiezioni per 360° di rotazione N360 800-1500

Spessore fetta S 0,5-5mm

Spostamento per 360 gradi di rotazione d <40mm

Scan range <1800mm

Tempo per rotazione di 360° trot ≥0,4s

Massima velocità di movimento del tavolo fino a 100 mm/s

Durata acquisizione ≤30 s

Tensione del tubo U 80 – 150 kv

Corrente nel tubo I 10 – 1000 mA

Potenza di generazione raggi X P < 80 kW

Macchia focale 0,5 – 1,2 mm

Quantità massima di dati misurati durante un’acquisizione ≤ 5GByte

Massimo “tranfer rate” > 100MByte/s

Velocità di elaborazione delle immagini > 16 immagini/s

Tabella 1: parametri di una CT spirale a 16 slices, si ricordi che attualmente esistono CT spirali fino a 320 slices

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9.3. Ricostruzione 3D esatta in geometria a fascio parallelo

Oltre alla ricostruzione secondaria ottenuta a partire dalla pila di immagini 2D è possibile una ricostruzione volumetrica diretta.

9.3.1. Trasformata di Radon e teorema della fetta centrale

Per definire la trasformata di Radon nello spazio tridimensionale, corrispondente alla trasformata 1 D, bisogna ricordare che l'integrazione di linea 1D, definita lungo il fascio di raggi X, si trasforma in una integrazione lungo una superficie 2D. Gli integrali di proiezione sono così trasformate in integrali di superficie. Ciò significa che un valore della trasformata di radon tridimensionale è rappresentato da un integrale di superficie nello spazio tridimensionale dell’ oggetto.

In analogia con il vettore unitario precedentemente definito:

( ) ( )





= γ

γ

ξ sin

n cos

che determina l’angolo di proiezione γ per il metodo di ricostruzione bidimensionale, il vettore:

( ) ( ) ( ) ( )

( )



=

ϑ ϑ γ

ϑ γ

ξ

cos sin sin

sin cos n

Descrive opportunamente l’analoga “superficie di proiezione” nello spazio tridimensionale. Ogni superficie A può infatti essere determinata in modo non ambiguo da un punto nello spazio Radon, se si interpreta questo punto come il punto origine della superficie normale di A, il cui prolungamento attraversa l’origine dello spazio di Radon. La figura b mostra la superficie A, che è l’elemento chiave della trasformata di Radon nella descrizione tridimensionale. Analogamente alla descrizione nello spazio bidimensionale, può essere definito il vettore:

( ) ( ) ( ) ( )

( )



=

=





=

ϑ ξ

ϑ γ ξ

ϑ γ ξ ξ

ξ ξ ξ

ξ

cos sin sin

sin cos

z y x

ξ n

Che determina in modo non ambiguo il valore della trasformata di radon.

Un punto r=(x,y,z)T giace nel piano A,se il prodotto scalare

(

Tξ

)

=xcos

( ) ( )

γ sinϑ +ysin

( ) ( )

γ sinϑ +zcos

( )

ϑ

= r n ξ

è costante. Se A è una superficie nello spazio dell’oggetto, allora il processo di campionamento può essere descritto dalla

( ) ( )

A

( ) (

r r A

)

r

3

d f

z y x

f

= δ

δ

* , ,

o ancora in analogia con il caso monodimensionale

( )

A f

( )

rdr f

A

δ =

*

L’ultima espressione si ottiene dalla precedente ricordando la proprietà di campionamento della distribuzione δ, che comporta che l’integrale in R3 sia effettivamente esteso a tutti i punti dello spazio dell’oggetto giacenti sulla superficie A. Poiché la superficie A è data dalla

(

rTnξ

)

=ξ, l’integrale di proiezione può essere riscritto come:

(17)

( ) ∫ ( ) ( ( ) )

∫ ∫ ∫ ( ) ( ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ) ( )

=

− +

+

=

= δ ξ δ γ ϑ γ ϑ ϑ ξ ξ

δ f ξ d f x,y,z cos sin ysin sin zcos p

*

f A r rT n r

Figura 17: a) il percorso di integrazione lungo una retta L per la ricostruzione bidimensionale è descritto geometrica dal vettore ξ perpendicolare alla retta L e con origine nell’origine delle coordinate. b) la superficie di integrazione A per la ricostruzione tridimensionale e geometricamente individuata dal vettore ξ ad essa perpendicolare e con origine nell’origine del sistema di coordinate. L’angolo γ è l’angolo formato dal vettore ξ e dalla la sua proiezione nel piano xz, l’angolo ϑ è l’angolo formato dalla proiezione del vettore ξ e l’asse z.

Uniformandosi alla notazione utilizzata per il 2D possiamo scrivere che la proiezione è funzione dei due angoli di proiezione γ e θ:

(

ξ,γ,ϑ

)

pγ,ϑ

( )

ξ p

p = =

( )

ξ

ϑ γ,

p è chiamata trasformata di Radon di un oggetto tridimensionale. Si può ora scrivere:

(

x,y,z

)

f *δ

( )

pγ,ϑ

( )

ξ f

3

=

A

o pγ,ϑ

( )

ξ =ℜ3

(

f

(

x,y,z

) )

La trasformata di Radon tridimensionale è data da un integrale superficiale. Il teorema della fetta centrale (Fourier-slice theorem) già discusso nel caso bidimensionale può essere anche ricavato nel caso tridimensionale. Si calcola inizialmente la trasformata di Fourier monodimensionale rispetto alla variabile ξ fissati gli angoli di proiezione γ e θ

( ) ∫

( )

= γϑ ξ π ξ ξ

ϑ

γ q p e d

P, , 2 iq

Sostituendo alla proiezione il suo valore calcolato con la trasformata di Radon si ottiene:

( ) ∫ ∫ ∫ ( ) ∫ ∫ ∫

( )

 =





=  µη σ ξ σ η π ξ ξ µη σ ξ π ξ ξ σ η

ϑ

γ q , , d d e d , , e d d d

P, 2 iq 2 iq

(18)

La figura 18 mostra la relazione esistente tra il sistema di coordinate fisso centrato sul paziente e il sistema di coordinate dell’acquisizione su cui giace il piano di integrazione della trasformata di Radon che è ruotato degli angoli γ,θ e traslato di una quantità ξ.

Tenendo conto delle relazioni esistenti per trasformare le coordinate da un sistema all’altro si può riscrive la precedente equazione

( ) ∫ ∫ ∫ ( ( ) ( ) ( ) )

( )

∫ ∫ ∫

( )

( )

=

= x y z x y z x y z e dxdydz f x y z e dxdydz

q

Pγ,ϑ µη , , ,σ , , ,ξ , , 2πiqrTnξ , , 2πiqrTnξ Dove si è utilizzato il fatto che lo iacobiano della trasformazione è uguale ad 1.

Figura 18: Rapporto tra il sistema fisso di coordinate (x, y, z) del paziente e il sistema di coordinate (ξ, η, σ) della superficie rotante.

Poiché questo ultimo integrale corrisponde all’integrale di Pγ,ϑ

( )

q , si può scrivere la versione tridimensionale del teorema della fetta centrale

( ) ( ) ( )

(

u q v q w q

)

F

(

q

( ) ( )

qc

( ) ( )

q

( ) )

F

(

q

)

P

( )

q

F ,γ,ϑ , ,γ,ϑ , ,γ,ϑ = cosγ sinϑ , sin γ sinϑ , cosϑ = sferica ,γ,ϑ = γ,ϑ

9.3.2. Retroproiezione filtrata tridimensionale

Partendo dalla trasformata inversa di Fourier tridimensionale dell’oggetto

( )

∫ ∫ ∫ ( )

( )

+

= F u v we + dudvdw

z y x

f , , , , 2πi xu yv zw

Dove sono state introdotte le coordinate sferiche (u,v,w). L’elemento infinitesimale di volume dudvdw può essere sostituito da Jdqdγdθ. Lo iacobiano può essere calcolato

(19)

( )

( )

( ) ( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )

ϑ

ϑ ϑ

γ ϑ

γ

ϑ γ ϑ

γ

ϑ ϑ

γ ϑ

γ

ϑ ϑ ϑ

γ γ γ ϑ

γ sin

sin sin

sin cos

cos

0 sin

cos sin

sin

cos sin

sin sin

cos ,

, ,

det , q2

q q

q

q q

w v u

w v u

q w q v q u

q w v

J u =

=

∂ ∂

∂ ∂

=

 

≡ ∂

Se si sostituisce l’elemento di volume infinitesimo nelle coordinate sferiche si ottiene la trasformata di Fourier inversa

( ) ∫ ∫ ∫ ( ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) )

( ( ) ( ) ( ) ( ) ( ))

( )

= =

=

+

= π + ϑ

π γ

ϑ ϑ γ ϑ γ

π ϑ γ ϑ

ϑ ϑ

γ ϑ

γ

0 2

0 0

2 cos sin sin sin cos

2 sin

cos , sin sin , sin cos ,

,

q

z y

x

i q dqd d

e q

q q

F z

y x f

ricordando che per il teorema della fetta centrale

( ) ( ) ( ) ( ) ( )

(

q q q

)

P

( )

q

F cosγ sinϑ , sin γ sinϑ , cosϑ = γ,ϑ si può scrivere

( ) ∫ ∫ ∫ ( ) ( )

( ( ) ( ) ( ) ( ) ( ))

= =

=

+

= π + ϑ

π

γ

ϑ ϑ γ ϑ γ ϑ π

γ γ ϑ

ϑ

0 2

0 0

cos sin sin sin cos 2 , 2sin ,

,

q

z y

x

i dqd d

e q P q

z y x f

si può pertanto riscrivere

( ) ( ) ( )

( ) ( )

( ) ( )

∫ ∫

∫ ∫ ∫

∫ ∫ ∫

= =

= =

−∞

=

= =

=

 =



 =



=

π

γ π

ϑ ϑ γ π

γ π

ϑ

ξ ϑ π γ π

γ π

ϑ

ξ ϑ π γ

γ ϑ ϑ ξ

γ ϑ ϑ

γ ϑ ϑ

2

0 0

, 2

0 0

2 , 2 2

0 0 0

2 , 2

2 sin 1 2 sin 1

sin ,

,

d d h

d d dq

e q P q

d d dq

e q P q z

y x f

q

i q

i

Per un punto fisso di coordinate r ≡ (x,y,z)T e un fissato angolo di proiezione γ e ϑ la superficie di proiezione A è determinata dalla variabile ξ. Ovviamente, in tre dimensioni si può scrive:

( )

∫ ( )

−∞

=

=

q

i dq e q P q

hγ,ϑ ξ 2 γ,ϑ 2πξ

Che è la proiezione filtrata ottenuta moltiplicando nel dominio della frequenza la trasformata di Fourier di Pγ,θ(ξ) con q2.

9.3.3. Retroproiezione filtrata e soluzione di Radon

Generalizzando la proprietà delle trasformata di Fourier della derivata si può scrivere:

( ) ( ) ( )

= n n

ux n i

dx x f du d e u F u

i2π

E quindi partendo dall’ultima equazione del precedente paragrafo si ottiene:

( ) ( ) ( ) ( )

2 , 2 2 2

, 2 , 2

4 2 1

4 1

ξ ξ π π

ξ π γϑ πξ γϑ

ϑ

γ

− ∂

=

=

−∞

=

dq p e q P q i h

q

i

per cui la derivata parziale indica che la proiezione integrale è una funzione della variabile ξ e degli angoli di proiezione γ e ϑ. La formula di ricostruzione può quindi essere derivata dalla penultima formula del precedente paragrafo in cui viene sostituito

(20)

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )

∫ ∫

∫ ∫

∫ ∫ ∫

= =

= =

= =

=

=

 =



=

π

γ π

ϑ

ϑ γ π

γ π

ϑ

ϑ γ π

γ π

ϑ

ξ ϑ π γ

γ ϑ ξ ϑ

ξ π

γ ϑ ξ ϑ

ξ π

γ ϑ ϑ

2

0 0

2 , 2 2

2

0 0

2 , 2 2 2

0 0 0

2 , 2

8 sin 1

4 sin 1 2

1

sin ,

,

d p d

d p d

d d dq

e q P q z

y x f

q

i

da cui si evince che si deve integrare sull’intera superficie S essendo sin

( )

ϑ dϑdγ l’elementino di superficie della sfera unitaria (vedi figura 19). Possiamo ora riscrivere il tutto in una forma più compatta

( ) ( )

∫ ∫

= =

− ∂

= π

γ π ϑ

ϑ γ

ξ ξ π

2

0 0 2 , 2

8 2

, 1

, p dS

z y x f

Che più formalmente, si può scrivere come indicato nella figura 19:

( ) ( )

∫ ∫

= =

− ∂

= π

γ π ϑ

ξ ϑ

γ

ξ ξ π

2

0 0 2 , 2

8 2

, 1

, p dn

z y x f

-

Figura 19: l’elemento infinitesimo di superficie dS della sfera unitaria S dipende dal angolo polare ϑ con dS = sin(ϑ) d ϑ dγ. Formalmente, la superficie può essere descritta dalla normale alla superficie infinitesimale che giace nella direzione di nξ così che si deve integrare lungo tutte le direzioni infinitesimali dnξ.

9.3.4. Teorema della sezione centrale

Esiste una variante del teorema della fetta centrale chiamata teorema della sezione centrale, che assume parte da una proiezione bidimensionale pα,ϑ(a,b) dell’oggetto tridimensionale f(x,y,z). La geometria della proiezione è riportata nella figura 20. Per descrivere la proiezione del punto rappresentato dal vettore posizione r, assegnato con il suo valore di attenuazione f(r), lungo la linea

(21)

retta definita dal reale percorso del fascio di raggi-X nello spazio tridimensionale, si può usare la forma vettoriale

ηnη

ξ r= +

dove nη è la normale al rilevatore e punta nella direzione di proiezione e ξ è un vettore distanza perpendicolare alla normale al direttore; questo vuol dire che ξ giace sul piano del rivelatore e si può quindi scrivere

b

a b

an n

ξ= +

così che il vettore

ηnη

n n

r=a a+b b+

Descrive un punto sulla linea di proiezione, che è perpendicolare alla superficie del rivelatore. La normale alla superficie del rivelatore è data da

( ) ( ) ( ) ( ) ( )



=

ϑ ϑ α

ϑ α

η

cos sin sin

sin cos n

È determinata in maniera non ambigua dagli angoli di proiezione α,θ. La figura 20 mostra la posizione della normale alla superficie in un sistema di coordinate fisso.

Figura 20: a) la posizione della superficie di rivelazione nello spazio tridimensionale è data dal versore nη, normale alla superficie di rivelazione, e che corre parallelo alla direzione dei raggi raggi-X. Gli altri duee gradi di libertà (rotazione intorno alla normale) sono fissati dai vettori unitari na e nb lungo gli assi ortogonali principali del rivelatore. Il versore na è sempre posizionato in modo tale che z =0. b) La proiezione di un punto r=(x,y,z)T nello spazio tridimensionale, lungo una linea parallela alla normale alla superficie del rivelatore nη (cioè, lungo la direzione effettiva dei raggi raggi-X). L'orientamento nello spazio è determinato dai vettori unitari na e nb. pα,θ(a, b) indica i valori della proiezione, vale a dire i valori ottenuti dagli integrali di linea lungo le rette di proiezione dei raggi X, che vengono misurati nel punto di intersezione di coordinate (a, b) sul piano del rivelatore.

(22)

Con le definizioni fin qui introdotte, il piano del rivelatore possiede ancora un grado di libertà rappresentato dalla possibile rotazione rispetto alla sua normale. La posizione può essere individuata univocamente fissando la posizione del versore na nel piano xy, per cui na ha coordinata z = 0 e si può scrivere

( ) ( )





−

= 0 cos

sin α

α na

e quindi

( ) ( ) ( ) ( ) ( )



=

ϑ ϑ α

ϑ α

sin cos sin

cos cos nb

è unicamente determinato.

Si può dunque rappresentare la proiezione con il suo integrale di linea utilizzando l’espressione del vettore posizione r

( )

( )

+ +

= η η η

ϑ

α a b f a b d

p , , na nb n

Osservando la figura 20 si comprende come pα,ϑ(a,b) rappresenti il valore della proiezione dei raggi- X sul piano del rivelatore. Come nel caso 2D la proiezione può essere riscritta come integra triplo utilizzando la delta di Dirac

( ) ∫ ∫ ∫ ( ) ( ) ( ) ∫

( )

−∞

=

−∞

=

−∞

=

−∞

=

+ +

=

⋅ + +

=

η

η η

η ϑ

α , ' ' η' δ 'δ ' ' ' η' η' η'

' ' '

, a b f a b a a b b da db d f a b d

p a b

b a

b

a n n n n n

n

Il teorema della sezione centrale allo stesso modo del teorema della fetta centrale lega la trasformata di Fourier della proiezione alla trasformata di Fourier dell’oggetto immagine in un sub spazio dello spazio tridimensionale. La trasformata di Fourier di pα,ϑ(a,b) è data dalla

( ) ∫ ∫

( )

( )

+

= p a be dadb

p q

Pα,ϑ , α,ϑ , 2πiaq bp

dove q e p sono le coordinate frequenziali corrispondenti alle coordinate spaziali a e b del rivelatore. tenendo conto della definizione della proiezione si può scrivere

( ) (

η η

)

π( ) η

ϑ

α q p f a b e dadbd

P

∫ ∫ ∫

a b iaq bp

+

+

+

= 2

, , n n n

come già si è fatto nel caso bidimensionale, è necessario trasformare l’espressione nel sistema di coordinate fisse del paziente

(

a,b,η

)

T

(

x,y,z

)

T

che è possibile con una sola rotazione

( )





=





=

η

η b

a

z y x

b

a n n

n r

da cui sostituendo i valori di na, nb, nη si ottiene

( ) ( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( )

r =









=

η ϑ

ϑ

ϑ α ϑ

α α

ϑ α ϑ

α α

b a

cos sin

0

sin sin cos

sin cos

sin cos cos

cos sin

dove Q è una matrice ortogonale, così che

(23)

( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( ) ( )







=

=

=





z y x b

a

T

ϑ ϑ

α ϑ

α

ϑ ϑ

α ϑ

α

α α

η cos sin sin sin cos

sin cos

sin cos

cos

0 cos

sin

1r Q r Q

Lo iacobiano della trasformazione J=1 e quindi per la trasformazione del volume infinitesimo si può scrivere

dxdydz dadbdη→

da cui le tre componenti del vettore (a,b,η)T si possono scrivere come

( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( )

α ϑ

( ) ( )

α ϑ

( )

ϑ η

ϑ ϑ

α ϑ

α

α α

cos sin

sin sin

cos

sin cos

sin cos

cos

cos sin

z y

x

z y

x b

y x

a

+ +

=

+

=

+

=

Che usando i versori possono essere riscritte in forma di prodotto scalere η r nη

n r n

rT a b T b T

a= , = e =

così per la trasformata di Fourier nel sistema di coordinate fisse del paziente si può scrivere la trasformata della proiezione

( ) ∫ ∫ ∫

( )

( )

+

= f x y z e dxdydz

p q

Pα,ϑ , , , 2πirT naq nbp ovviamente il vettore frequenza

b

a p

qn n

q= +

che ha nel dominio tridimensionale delle frequenze la rappresentazione cartesiana v=(u,v,w)T ha lo stesso orientamento del vettore

b

a b

an n

ξ= +

che nel dominio tridimensionale dello spazio ha rappresentazione cartesiana r=(x,y,z)T.

Figura 21: a) Il vettore ξ è espresso nelle sue coordinate sferiche in funzione della distanza ξ e degli angoli γ e ϑ rispetto al sistema di coordinate cartesiane (x,y,z). La corrispondente superficie di integrazione A è mostrata in b). Ovviamente, la superficie A è perpendicolare al rivelatore.

(24)

La figura 21a suggerisce il rapporto esistente tra il vettore ξ e la coordinata ξ dello spazio di Radon.

Il vettore ξ è espresso nelle sue coordinate sferiche con la distanza ξ e gli angoli γ e ϑ rispetto al sistema di coordinate cartesiane (x,y,z), esattamente come indicato dalla precedente equazione.

Nella figura 21b è possibile vedere la corrispondente superficie di integrazione A utilizzata nel teorema della fetta centrale. La superficie di integrazione è normale al piano del rivelatore poiché il vettore ξ giace nel piano A.

Dall’ultima espressione calcolata per la trasformata di Fourier della proiezione si evince che la trasformata di Fourier dell’oggetto immagine f(x,y,z) calcolata su di un piano (q,p) nel dominio tridimensionale delle frequenze (con coordinate cartesiane u,v,w) è uguale alla trasformata di Fourier bidimensionale della sua proiezione pα,ϑ(a,b) sul piano del rivelatore (a,b). L’orientamento del piano di proiezione nel dominio tridimensionale dello spazio corrisponde a quello del piano (q,p) nel dominio tridimensionale delle frequenze. In una forma più compatta si può scrivere

{ ( ) } ( ) { } ( )

b a b b a

a p F f

q F p q p

F2 α,ϑ , = n + n = 3 r r=ξ= n + n

Figura 22: teorema della sezione centrale. Se tutte le trasformate di Fourier Bidimensionali delle proiezioni tridimensionali (parte in alto a sinistra) sono correttamente organizzate in uno spazio di Fourier tridimensionale (parte in alto a destra), è possibile con una trasformata di Fourier tridimensionale inversa ricostruire l’oggetto originale (parte in basso a destra).

La figura 22 mostra in maniera grafica i rapporti esistenti tra le due trasformate come indicato dal teorema della sezione centrale. Nella parte in basso a sinistra della figura si può vedere la proiezione di un generico punto f(x,y) sul piano di rivelazione nel sistema di coordinate (x,y,z) fisso

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