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I REATI PENALI IN RETE
11 dicembre 2020, Videoconferenze Progetto Educazione Civica – Classi terze
RELATORE PROF. RAFFAELE CAMPAGNA Funzione Strumentale Educazione alla Legalità
Buongiorno a tutti!
Sono felice di rivedere i miei ex alunni di diritto, oggi frequentanti le classi terze del settore tecnologico del nostro Istituto, che saluto con affetto assieme ai colleghi ed alle colleghe presenti. Un doveroso saluto ed un particolare ringraziamento rivolgo alla nostra Dirigente, Dott.ssa Celestina Zandonai, per l’opportunità concessami di organizzare un progetto di così vasta portata, concernete la disciplina di Educazione Civica e che in data odierna, riguarda un tema abbastanza allarmante come quello dei reati penale in rete, le cui conseguenze si riverberano non solo sulla vittima e sull’autore del reato, ma coinvolgono anche le famiglie e la stessa scuola.
Cominciamo subito col dire, che sono diverse le fattispecie delittuose affioranti da un uso scorretto della rete, specie da parte di PERSONE DI GIOVANE ETÀ, per la cui condotta antigiuridica, la competenza è devoluta al TRIBUNALE PER I MINORENNI che ha giurisdizione su tutto il territorio della Corte d’Appello su cui è istituito.
E’ su tali aspetti che concentrerò la mia indagine, senza trascurare alcuni effetti civilistici che attengono al risarcimento del danno, come conseguenza del fatto illecito. Ma prima di procedere in questa direzione, si rende necessario accennare brevemente alla DIFFERENZA TRA IL FENOMENO DEL BULLISMO E QUELLO DEL CYBERBULLISMO, per meglio inquadrare il tema che siamo in procinto di affrontare, visto e considerato che proprio gli atti di cyberbullismo, caratterizzano spesso episodi penalmente rilevanti.
Prima dell’avvento di internet, il fenomeno delinquenziale giovanile, era circoscritto solo a il BULLISMO, consistente in episodi frequenti di minacce e molestie, poste in essere da un soggetto, il c.d. bullo, nei confronti di un altro soggetto più debole, incapace di difendersi che viene preso di mira a causa delle sue caratteristiche psico-fisiche e che spesso deve sottostare ad episodi di aggressioni e ad altre forme di violenza fisica, connotate da una certa gravità.
Il progresso tecnologico degli ultimi tempi, ha comportato il sorgere di un altro fenomeno, per l’appunto il CYBERBULLISMO che, a differenza del bullismo, ha spostato il campo d’azione da un mondo reale, dove l’autore dell’illecito poteva essere immediatamente riconosciuto e pertanto facilmente perseguito,
ad un mondo virtuale, dove invece, lo stesso, può nascondersi e raggiungere così, indisturbato, la vittima in qualsiasi momento ed in qualsiasi parte si trovi.
Il riferimento è a tutti quegli episodi, posti in essere attraverso l’uso di internet e quindi mediante l’uso di dispositivi quali Whatssap, Facebook, Twitter, i Social, le mail, gli sms.
E’ facilmente intuibile, in questo caso la gravità del fenomeno, rispetto al bullismo, perché qui, gli episodi delittuosi, vengono esageratamente aumentati e fatti veicolare velocemente, fino a raggiungere un pubblico sempre più ampio.
Giova evidenziare in proposito, che fino a poco tempo fa, non esisteva una legge specifica in materia e solo da quattro anni a questa parte, il legislatore, al fine di tutelare le vittime di cyberbullismo, ha introdotto, la LEGGE 29 MAGGIO 2017 N. 71, recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, in vigore dal 18 giugno 2017.
Si tratta di un provvedimento che oltre ad offrire una precisa definizione del cyberbullismo, intende contrastare il fenomeno criminale ad esso collegato, in tutte le sue manifestazioni, con azioni preventive tese alla tutela dei minori coinvolti, sia come vittime, sia come autori della condotta antigiuridica, assicurando modalità d’intervento, soprattutto nell’ambito delle istituzioni scolastiche, attraverso strategie di sostegno e rieducazione dei soggetti coinvolti.
Tralasciando un’analisi approfondita della suddetta legge, non essendo questa la sede opportuna, val la pena evidenziare che, a parte le significative innovazioni, apportate in ambito scolastico circa la formazione e le strategie di prevenzione per contrastare il fenomeno, uno dei punti più salienti della legge, attiene alla misura dell’ammonimento del Questore, già sperimentata nel 2009, al fine di contrastare il REATO DI STALKING, che permette alla vittima di evitare di sporgere querela ed attivare al suo posto, direttamente l’intervento del Questore, allo scopo di favorire forme conciliative tra le parti, evitando il coinvolgimento di soggetti minori, autori di reati commessi mediante l’uso di internet, di vedersi coinvolti in procedimenti penali.
Ciò, però, non significa che prima dell’entrata in vigore della legge in esame, gli atti di bullismo e di cyberbullismo, non venivano perseguiti sia in sede penale che in sede civile.
Non si dimentichi che i due fenomeni, comportando spesso la violazione di più disposizioni di leggi, vengono sanzionati di volta in volta, ricorrendo sia alla giustizia penale che a quella civile, per garantire la tutela di beni giuridicamente rilevanti, quali la vita, l’onore e la dignità umana.
Il riferimento alla sede civile, qui attiene all’ART. 2043 DEL CODICE CIVILE, secondo cui “Qualunque fatto doloso o colposo che cagioni ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”, danno che si profila attraverso le tipologie del danno morale, del danno biologico e del danno esistenziale.
Esaurite queste brevissime notazioni di natura civilistica, spostiamo la nostra sfera d’indagine, sul versante penale, dove gli atti di cyberbullismo, danno origine a varie tipologie di fattispecie delittuose, che in quanto tali, meritano di essere perseguite penalmente.
Prima, però, mi sia consentito di svolgere alcune considerazioni sui profili imputativi, concernenti le CONDOTTE ILLECITE POSTE IN ESSERE DA SOGGETTI MINORI DEGLI ANNI DICIOTTO, la cui responsabilità è sottoposta alla sussistenza di tre condizioni:
1) il compimento del quattordicesimo anno di età;
2) la capacità di intendere;
3) la capacità di volere.
Problema fondamentale per la giustizia penale minorile è, infatti, quello dell’imputabilità, nel senso che, affinché una persona al di sotto del diciottesimo anno di età, sia sottoposto a procedimento
penale, è necessaria la presenza delle suddette tre condizioni, mancando una delle quali, viene meno l’imputabilità.
A tal uopo, il CODICE PENALE, ALL’ART. 97, recita che: “non è imputabile chi, al momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i quattordici anni, mentre l’art. 98 c.p. al comma I°, riferendosi al minore degli anni diciotto, sancisce che: è imputabile chi al momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se aveva capacità di intendere e di volere, ma la pena è diminuita”.
In tali casi, però, non vi è presunzione assoluta, ma spetta, al giudice, convincersi caso per caso, dello stato di capacità o di incapacità del soggetto.
Resta ferma in ogni caso, accanto alla responsabilità del minore, quella del SOGGETTO MAGGIORENNE, che al momento del fatto era addetto alla sua sorveglianza.
Così come, in caso di concorso di persone nel reato, il maggiorenne che abbia commesso il fatto con il minore, risponde ai sensi dell’ART. 110 DEL CODICE PENALE, comparendo anch’egli davanti al Tribunale Per i Minorenni. C
omunque sia, il trattamento penale del minore degli anni diciotto, del quale sia stata accertata l’imputabilità, è assoggettato a tutte le SANZIONI PREVISTE DAL CODICE PENALE, ad eccezione dell’ergastolo, con la possibilità, però, per il giudice di azionare e modulare alcune misure alternative, come la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto; la sospensione del processo con messa alla prova; la mediazione penale minorile; il perdono giudiziale; la sospensione condizionale della pena; la liberazione condizionale; l’affidamento in prova ai servizi sociali e la detenzione domiciliare, provvedimenti tendenti ad evitare un intervento punitivo orientato in senso afflittivo e che sia il più adeguato possibile alla personalità ed alle particolari esigenze dell’età evolutiva tipica delle persone minorenni, in ossequio al principio informatore del diritto penale minorile, di tendere cioè, sempre alla reintegrazione sociale ed al pieno recupero del minore.
Sulla scorta di queste premesse che hanno interessato per lo più giustizia penale minorile, entriamo più nel dettaglio, circoscrivendo la nostra indagini alle FATTISPECIE CRIMINOSE SCATURENTI DA UN CATTIVO USO DELLA RETE, le cui conseguenze colpiscono non solo gli autori della condotta illecita e le stesse vittime del reato, ma si riflettono nei vari ambiti della società.
Si tratta spesso di comportamenti sottovalutati e a volte anche, banalizzati, ma che in realtà varcano la soglia del penalmente rilevante, assurgendo a tipiche e qualificate fattispecie di reato, che si consumano maggiormente tra persone giovanissime, dando origine il più delle volte a tipici episodi di cyberbullismo.
Preme ribadire in proposito, che le persone minorenni, vittime di questi reati, sono legittimate a sporgere formale QUERELA, presso le autorità competenti, per il tramite dei propri genitori o di chi, al momento del fatto, era addetto alla loro sorveglianza.
Ma prima di passare in rassegna e le diverse fattispecie delittuose, affioranti da un cattivo uso della rete internet, è indispensabile evidenziare, che il cyberbullismo non costituisce una fattispecie autonoma di reato, ma fa profilare una serie di condotte antigiuridiche, anche se intenzionalmente non volute, la cui ratio, trova fondamento nella tutela di beni giuridicamente rilevanti, come la vita, l’integrità psicofisica, la reputazione, l’onore e la dignità umana.
Da un punto di vista più in generale, è appena il caso di evidenziare, che i reati che si configurano attraverso l’uso della rete, cambiano di volta in volta, a seconda dell’articolarsi delle condotte poste in essere dall’autore, sostanziandosi nelle stesse fattispecie realizzabili in concreto, con la differenza, che qui, vengono a consumarsi attraverso l’uso di tutti quei dispositivi messi a disposizione dalle nuove tecnologie, che permettono agli utenti, non solo la diffusione di idee, ma anche, la condivisione
di foto, di testi, di video e di immagini, che spesso riproducono scene sessualmente esplicite o comunque inerenti alla sfera sessuale, con le conseguenze che diremo a breve.
Si tratta, a volte, di una vera e propria DIPENDENZA DA INTERNET che porta gli stessi fruitori ad essere sempre più legati alla realtà digitale, facendogli perdere la concezione del tempo ed isolandoli dalla realtà a favore di qualcosa di irreale ed inesistente.
Molto spesso questi contenuti vengono realizzati con l’intento di raggiungere una ristretta cerchia di persone, ma finiscono per diffondersi in maniera incontrollata, creando seri problemi di natura legale, non solo per l’autore del fatto, ma anche e soprattutto per la persona ritratta, costretta a subire conseguenze psicologiche estremamente gravi.
Basti pensare all’invio di foto o di video, con persone minorenni in pose sessualmente esplicite, che configura il REATO DI DIFFUSIONE DI MATERIALE PEDOPORNOGRAFICO, previsto punito con pene molto severe dal codice penale e che può generare nella vittima, stati depressivi connotati da una certa gravità, fino a spingerla verso idee suicidarie.
Passando ora, ad inquadrare il campo d’indagine in una prospettiva più intrinsecamente penale, giova evidenziare che il legislatore, al fine di disciplinare il fenomeno della criminalità informatica, è intervenuto una prima volta, con Legge n. 547 del 23/12 1993, apportando significative modifiche al codice penale e di procedura penale e poi, con Legge 18/03/2008, recante: “Ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica, fatta a Budapest il 23 novembre 2001 e norme di adeguamento interno”, introducendo ulteriori innovazioni al codice penale, al fine di dare attuazione alla suddetta Convenzione.
Tali leggi, nascono dall’esigenza di contrastare le azioni criminali, scaturenti dall’abuso della tecnologia che attraverso lo sfruttamento delle reti informatiche, oltre a danneggiare notevolmente interessi privati, mettono in serio pericolo i sistemi di sicurezza informatica nazionale.
Quello che a noi, però, interessa più da vicino in questa sede, è evidenziare quali sono i reati comuni più frequenti, scaturenti da un uso incontrollato della rete e posti in essere, per svariati motivi come ad es. attirare l’attenzione, evadere dalla noia, vendicarsi con il proprio partner, per essere stato lasciato dopo un rapporto sentimentale, o procurarsi un ingiusto profitto con l’altrui danno.
A tal riguardo, bisogna ammettere che il catalogo che abbraccia i REATI AFFIORANTI DA UN CATTIVO USO DELLA RETE è abbastanza vasto, per cui da un’attenta analisi è possibile rintracciare le seguenti fattispecie delittuose: Minaccia, art. 612 c.p.; Molestie o disturbo alle persone, art. 660 c.p.; Diffamazione art. 595 c.p.; Estorsione art. 629 c.p.; Ingiuria art. 594 c.p. oggi depenalizzato;
Sostituzione di persona art. 494 c.p.; Truffa art. 640 c.p.; Frode informatica art. 640-ter c.p.;
Indebito utilizzo dell’identità digitale, desumibile dal comma 3 art. 640-ter c.p.; Procurato allarme art. 658 c.p.; Calunnia art. 368 c.p.; Atti persecutori (Stalking) art. 612-bis c.p.; Violenza privata art.
610 c.p.; Istigazione al suicidio art. 586 c.p.; Diffusione di materia le pedopornografico e sfruttamento della prostituzione minorile artt. 600-bis, ter, quater, sexies e ss. C.p.; Oltraggio a pubblico ufficiale art. 341-bis c.p., ipotesi realizzabile attraverso l’offesa dell’onore e del prestigio di chi riveste tale qualità, durante una riunione on-line, o nel caso dell’insegnante, durante la didattica a distanza; Interferenze illecite nella vita privata art. 615-bis c.p.; Abuso della credulità popolare art. 661 c.p.; Distorsione del mercato art. 501 c.p.; Detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici art.615-quater c.p.; Trattamento illecito dei dati personali art. 167 codice della Privacy; Protezione del diritto d’autore art. 171 L. 22/04/1941, n.633;
Atti di concorrenza sleali art. 2598 c.c.
A queste fattispecie, che nella pratica sono le più diffuse, potrebbero aggiungersene altre ancora, in virtù delle continue innovazioni tecnologiche, che conseguentemente portano le ipotesi delittuose legati alla rete ad evolversi rapidamente.
Ma a parte le conseguenze di natura penale a cui vanno incontro gli autori dei suddetti reati grazie all’uso di tecnologie telematiche, non bisogna dimenticare che, altre CONSEGUENZE si riflettono SULLO STATO PSICOFISICO DELLE VITTIME, specie di quelle di giovane età, per l’insorgere di notevoli stati ansiosi e depressivi, tali da comprometterne a volte, anche, il rendimento scolastico.
Orbene, alla stregua di tali notazioni, mi sento di concludere, affermando che l’arma migliore per arginare il fenomeno criminale connesso alla rete, è innanzitutto, una sana educazione alla LEGALITÀ, chiamando in causa agenzie come la famiglia, il cui compito principale è quello di un’educazione consapevole della rete e poi la scuola, che deve attivarsi attraverso strategie di prevenzione e contrasto del fenomeno criminale legato alla rete.
Ma se il da farsi sembra chiaro, più difficile diventa intervenire in concreto, a causa di una diffusa emergenza educativa, che sembra coinvolgere sempre più, anche il mondo degli adulti.
Se si vuole, allora, che la vita dei giovani non sia annientata da una cieca brama del potere, dall’odio e dalla violenza, è necessario che trovi fondamento nei valori autentici della vita, della libertà e della dignità umana, che sono i cardini di una società civile e che sono l’unica via d’uscita da un labirinto, dove si è continuamente sedotti e addormentati dalle lusinghe di un mondo sempre più virtuale e pertanto, sempre più lontano dalla realtà.
Grazie!
Prof. Raffaele Campagna