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Tutto ciò posto, la Corte ha accolto il ricorso formulato dall ente con riferimento al primo motivo d impugnazione. *****

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GIUDIZIO DI OPPOSIZIONE - CONFORMITÀ AL MODELLO DEL PROCESSO CIVILE - CORRISPONDENZA TRA “IL CHIESTO” E “IL PRONUNCIATO” E DIVIETO DI PRONUNCIA D’UFFICIO SU ECCEZIONI ESCLUSIVAMENTE RIMESSE A INIZIATIVA DI PARTE

Nel caso che ci occupa, l’ente Città Metropolitana, già Provincia, proponeva ricorso avverso la pronuncia della Corte d’Appello che - in conformità a quanto statuito nel giudizio di prime cure di opposizione avverso un’ingiunzione di pagamento emessa dalla Provincia - aveva rigettato l’appello spiegato dall’ente e confermato la sentenza impugnata di annullamento dell’ordinanza provinciale per tardività della notifica.

Più nel dettaglio, l’ente contestava l’eccezione di “ultrapetizione” atteso che, in primo grado, il Tribunale aveva dichiarato d’ufficio - e non su istanza dell’opponente - la tardività della notifica dell’ordinanza di accertamento.

La Suprema Corte - difformemente da quanto sostenuto dalla Corte d’Appello -, precisa che, anche per il giudizio di opposizione, essendo strutturato sul modello del processo civile, vige il principio di corrispondenza tra “il chiesto” ed “il pronunciato”, nonché il divieto di pronunciare d’ufficio su eccezioni rimesse all’iniziativa di parte.

In materia di opposizione a verbale di accertamento, la tardività della notifica della contestazione cui, a norma dell’art. 14 della l. n. 689/1981, consegue l’estinzione dell’obbligazione, deve essere configurata quale eccezione in senso stretto e, come tale, non rilevabile d’ufficio.

A tal proposito, si ricorda a noi stessi come, pur vigendo nel nostro ordinamento la regola generale della rilevabilità di ufficio delle eccezioni - intese quali fatti autonomamente idonei a modificare, impedire e/o estinguere gli effetti del rapporto giuridico sotteso -, vi sono, tuttavia, le c.d. eccezioni in senso stretto, rilevabili solo su impulso di parte, cui viene attribuita la facoltà, mediante la proposizione dell’eccezione, di far venire meno un diritto della parte avversa.

Ebbene, nella fattispecie in oggetto, è indubbio che l’opponente, nell’atto introduttivo del giudizio di opposizione, tra le contestazioni addotte non abbia formulato alcuna eccezione in merito alla violazione del termine ex art. 14 della l. n. 689/1981.

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Tutto ciò posto, la Corte ha accolto il ricorso formulato dall’ente con riferimento al primo motivo d’impugnazione.

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3 Cassazione Civile, Sez. II, ordinanza n. 1056, anno 2022, pubblicata il 14.01.2022

ORDINANZA sul ricorso 18616-2016 proposto da:

CITTÀ METROPOLITANA V., in persona del Sindaco Metropolitano pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, Via E., presso lo studio dell’avvocato S. V., che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato R. B., giusta delega in atti; - ricorrente -

contro

C. M.; . - intimato - avverso la sentenza n. 280/2016 della CORTE D’APPELLO di V., depositata il 15/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/09/2021 dal Consigliere C. S. M.;

PREMESSO CHE

1. Con ricorso ex art. 22 della legge n. 689/1981 M. C. proponeva opposizione avverso l’ordinanza n. 75655/2006, con cui la Provincia di V. gli aveva ingiunto il pagamento della somma di euro 490.351,23 per avere scavato e asportato abusivamente 74.518 metri quadrati di terreno sabbioso.

Il Tribunale di V., con sentenza n. 1933/2012, accoglieva l’opposizione e annullava l’ordinanza opposta, ritenendo che la Provincia avesse notificato il verbale di accertamento oltre il termine di novanta giorni dalla prima ispezione.

2. Avverso tale sentenza proponeva appello la Provincia di V. La Corte d’appello di V., con sentenza 15 febbraio 2016, n. 280, rigettava l’appello e confermava la sentenza impugnata.

3. Contro la sentenza ricorre per cassazione la Città Metropolitana di V., già Provincia di V.

L’intimato M. C. non ha proposto difese.

La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis, 1 c.p.c.

Con ordinanza interlocutoria n. 16543/2020 questa Corte, rilevato che la decisione del primo motivo di ricorso presuppone l’esame degli atti dei precedenti gradi del processo e in particolare del ricorso introduttivo del giudizio di opposizione, ricorso che non era presente tra gli atti consultabili, ha disposto l’acquisizione dei fascicoli d’ufficio dei due gradi di merito.

CONSIDERATO CHE I. Il ricorso è articolato in due motivi.

1) Il primo motivo contesta “violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in ordine alla mancata eccezione di tardività di cui all’art. 14 della legge n. 689/1981”, per avere la Corte d’appello “inspiegabilmente” rigettato l’eccezione di ultrapetizione fatta valere dalla ricorrente, volta a denunciare come il Tribunale avesse dichiarato la tardività

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della notificazione dell’accertamento in assenza della formulazione della relativa eccezione nel ricorso dell’opponente.

Il motivo è fondato. La Corte d’appello, nell’esaminare il primo motivo di gravame, ha anzitutto affermato che la tardività della notificazione dell’accertamento è stata correttamente rilevata d’ufficio “visto che nello speciale procedimento ex art. 22 della legge n. 689/1981 non sono previste preclusioni e decadenze processuali proprie dell’ordinario processo civile e che, come ritenuto in giurisprudenza, la violazione amministrativa, anche se in astratto sussistente, non può comportare, in concreto, l’applicazione della sanzione, ove il relativo verbale risulti, come nel caso, comunicato al trasgressore oltre il termine previsto dall’art. 14 della legge n. 689/1981, che è di natura perentoria”. L’affermazione è errata: secondo le sezioni unite di questa Corte (v.

la pronuncia n. 3271 del 1990) il giudizio di opposizione è strutturato in conformità del modello di processo civile e risponde alle regole della domanda (art. 90 c.p.c.) e della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e del divieto della pronuncia d’ufficio su eccezioni esclusivamente rimesse all’iniziativa della parte (art. 112). Come ha precisato Cass. n. 9387/2002, ai “principi suddetti, segnatamente al divieto di superare i limiti della domanda e di pronunciare d’ufficio su eccezioni rimesse alla disponibilità della parte, non si sottrae il motivo fondato sulla eventuale tardività della contestazione alla quale consegue ex lege, secondo il disposto dell’art. 14 della legge n. 689 del 1981, l’estinzione dell’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione, configurandosi tale motivo alla stregua di una eccezione in senso stretto, cosicché la tardività della contestazione e la conseguente estinzione dell’obbligazione non possono essere rilevate e dichiarate dal giudice d’ufficio”.

Nel caso di specie un motivo in tal senso non fu proposto dall’opponente. Al riguardo la Corte d’appello ha sostenuto che “l’eccezione di decadenza risulta in effetti proposta da C. nel ricorso introduttivo, ove egli aveva lamentato, nella sostanza, di avere ignorato il contenuto degli accertamenti eseguiti per non essergli stato comunicato il loro esito; invero - ha proseguito la Corte d’appello - il giudice è sempre tenuto a valutare il contenuto sostanziale della pretesa e delle difese svolte, al di là di non richieste formule sacramentali”. L’affermazione del giudice d’appello non può essere condivisa. Se è vero che va evitato un approccio meramente formalistico, non può ravvisarsi nei motivi di opposizione fatti valere da C. la denuncia della tardività della notificazione del verbale di accertamento della violazione: alla parte rubricata “nel merito” (ove si deduce che nel caso di specie non vi era stata attività di cava, ma semplice movimentazione del terreno e si contestano le modalità di svolgimento dei sopralluoghi e si precisa che l’onere della prova spettava alla Provincia, contestando il quantum della sanzione) segue una parte intitolata “vizi formali dell’ordinanza ingiunzione”, ove si deducono vizi relativi ai due sopralluoghi e all’ordinanza

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5 ingiunzione, ma non si fa cenno alcuno alla violazione del termine di cui all’art. 14 della legge n. 689/1981 (v. pagg. 10-18 del ricorso).

2) L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo, che denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 14 della legge n. 689/1981 in relazione al computo del termine di novanta giorni ivi previsto”, per non avere la Corte d’appello fatto decorrere tale termine dal momento in cui l’accertamento della violazione era divenuto definitivo.

II. La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo accolto e la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di V.; il giudice di rinvio provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di V., in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, in data 23 settembre 2021.

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