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Planetari Big. Edizioni Tlon

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Academic year: 2022

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Planetari Big

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Jude Ellison Sady Doyle

IL MOSTRUOSO FEMMINILE

Il patriarcato e la paura delle donne

Traduzione di Laura Fantoni

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Jude Ellison Sady Doyle

Il mostruoso femminile. Il patriarcato e la paura delle donne Titolo originale

Dead Blondes and Bad Mothers: Monstrosity, Patriarchy, and the Fear of Female Power

Copyright © Sady Doyle, 2019 All rights reserved

© 2021 Edizioni Tlon Tutti i diritti riservati Traduzione

Laura Fantoni Progetto grafico Caterina Ferrante Editing

Matteo Trevisani Redazione

Tiziano Cancelli, Maria Elena Marrocco Revisione

Michele Trionfera

La spiegazione degli esagrammi usati in copertina è tratta da:

I Ching. Il libro dei mutamenti, a cura di R. Wilhelm, Adelphi, Milano 1995

ISBN: 978-88-31498-25-8

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INDICE

Introduzione 11

TerroredomesTico Parte prima: Figlie

Capitolo 1 25

PuberTà

Capitolo 2 53

VerginiTà

Parte seconda: mogli

Capitolo 3 79

seduzione

Capitolo 4 103

maTrimonio Parte terza: madri

Capitolo 5 133

nasciTa

Capitolo 6 167

Famiglia

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Capitolo 7 201 caTTiVemadri

Conclusione 235

ladonnaallimiTardelbosco

Appendice 263

guidaalleFonTi

Ringraziamenti 301

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A mia figlia, possa essere feroce

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Se non ci fosse una qualche potenza, che tendesse al sesso femminile, la generazione della femmina dipenderebbe completamente dal caso,

come ne dipende anche quella degli altri mostri.

De Veritate, Tommaso d’Aquino Dovrei forse rispettare l’uomo mentre questo invece mi condanna?

Che viva con me in un reciproco scambio di gentilezze e, invece di infliggergli il male, mi adopererei nei suoi confronti per fargli dono di qualsiasi bene […]. Mi vendicherò dei torti subiti.

Se non posso ispirare affetto, dunque seminerò terrore.

Frankenstein, Mary Shelley

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11 Introduzione

Terrore domestico1

AutistA: Occhio ai tipi strani, ragazze.

NANcy: Veramente siamo noi i tipi strani.

Giovani streghe (1996)

La donna è sempre stata un mostro.

La mostruosità femminile si insinua in ogni mito, dal più noto al meno conosciuto: sirene carnivore, Furie che con arti- gli affilati come rasoi dilaniano uomini, leanan sídhe2 che incan- tano mortali per poi prosciugarne l’anima. Queste figure – di una bellezza letale o di una bruttezza intollerabile, subdole o traboccanti di furore animale – rappresentano tutto ciò che gli uomini trovano minaccioso nelle donne: bellezza, intelligenza, rabbia e ambizione. Nel mito cristiano, a essere donna è l’apo- calisse. Nella Bibbia, infatti, si profetizza che la fine dei tempi sarà dominata da una regina lussuriosa con in mano un calice d’oro «colmo delle abominazioni e delle impurità della sua pro- stituzione».3 Compare ubriaca del sangue dei santi, adorna di gioielli e sul dorso di una bestia scarlatta con sette teste: «E sulla

1 Di concerto con Jude Ellison Sady Doyle si è deciso di tradurre con il femmi- nile lì dove questi si rivolge a sé come a una donna o come parte di un “noi” col- lettivo femminile; questa scelta riflette la volontà di restituire al pubblico italiano il testo quale fu concepito. [N.d.T.]

2 Creature del folclore celtico, sono donne-fate del popolo dei tumuli (Aos Sí) che, con la loro bellezza, attraggono e incatenano a sé esseri umani. In cambio della vita, donano ai loro amanti una magica ispirazione poetica. [N.d.R.]

3 Ap. 17-18.

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sua fronte un nome era scritto – mistero! – Babilonia la grande, la madre delle prostitute e delle abominazioni della Terra».4

Le donne sono sempre state dei mostri anche per le grandi menti: nella filosofia, nella medicina e nella psicologia l’intrin- seca eccentricità femminile è un assunto di base. In un noto passo Aristotele affermò che la donna è un «maschio meno- mato».5 Tommaso d’Aquino disse che, se non fosse per la loro capacità di dare alla luce figli, Dio avrebbe commesso un erro- re a crearle: «Nella prima costituzione del mondo non doveva esserci niente di mancato e di difettoso».6 Il sangue mestruale rilasciava un miasma mortale, tanto che se un uomo faceva ses- so con una donna durante il ciclo moriva di consunzione. Dal punto di vista sessuale erano insaziabili: lasciate libere, avreb- bero sedotto perfino il Diavolo e, ottenuti i suoi poteri satani- ci, avrebbero schiavizzato tutti gli uomini mortali. I connotati vampireschi del corpo femminile riguardavano persino l’utero.

Se durante la gravidanza una donna perdeva la sua bellezza, era di sicuro incinta di una bambina: la figlia ruba sempre la bellezza alla madre.

Questa paura non è un ricordo del passato. Il timore di mo- rire per aver fatto sesso durante il ciclo viene dall’antica Roma e le streghe sono del Medioevo, ma l’idea che un feto di sesso

4 Gli scettici protesteranno, dicendo che la Meretrice di Babilonia in realtà sim- boleggia una città. E avrebbero ogni ragione dal momento che Giovanni pratica- mente lo dichiara pochi versi dopo. Tuttavia l’interpretazione letterale, secondo cui sarebbe una donna molto avida e sensuale, sembra irresistibile visto che in molti, a partire da Aleister Crowley fino agli sceneggiatori della serie TV Superna- tural (E. Kripke, 2005-2020), l’hanno fatta propria.

5 Aristotele, “La riproduzione degli animali”, ii 3, 737, in La vita, a cura di D.

Lanza, M. Vegetti, Bompiani, Milano 2018, p. 1613.

6 T. d’Aquino, La somma teologica, q. 92, art. 1, Edizioni Studio Domenicano, vol.

1, Bologna 2014, p. 1037.

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13 femminile possa deformare il corpo della madre è qualcosa in cui ancora oggi si crede: lo confermano alcuni siti dedicati ai neogenitori, dove questa tesi viene argomentata con tanto di spiegazioni su base ormonale. La medicina considera ancora il corpo femminile come una deviazione dalla norma. Uno stu- dio del 2018 ha mostrato che in quell’anno il 53% delle donne colpite da infarto ha manifestato sintomi che i dottori non han- no valutato come “indici di attacco cardiaco”. I sintomi di un disturbo cardiaco, infatti, sono differenti per donne e uomini, ma i medici riescono a fare diagnosi solo sui cuori maschili.7 Secoli dopo Aristotele, Sigmund Freud ritornò sulla teoria del

“maschio mutilato”, sviluppandola. Le donne erano “castra- te” e la vita dei figli, sia maschi che femmine, era segnata dal trauma di aver visto il corpo della madre senza pene: avreb- bero riconosciuto da allora il corpo femminile come mutilato e incompleto, una ferita ambulante. Di certo, però, quando le madri hanno il pene, non siamo meno pronti a giudicarle.

La premessa alla base di ogni sessismo è che – parafrasan- do i Radiohead, noti teologi medievali – gli uomini hanno un corpo e un’anima perfetti. Be’, s’intende gli uomini bianchi ci- sgender senza disabilità, e che non hanno mai fatto sesso con altri uomini (una volta suggerita l’idea di un’élite biologica, i criteri che la determinano tendono a farsi sempre più stringen- ti). L’umanità è definita dagli uomini, perciò le donne, che non sono uomini, non sono umane. Da qui la necessità che vengano dominate dagli uomini – e se le donne si ribellano a questo do- minio, diventano mostruose.

7 C. Moreno, “Many Women Don’t Recognize Their Heart Attack Symptoms.

Many Doctors Don’t Either”, www.huffingtonpost.com, 14 dicembre 2018 (dove non diversamente specificato, la traduzione è a cura della traduttrice).

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Un mostro non è qualcosa da ignorare o da sottovalutare.

Non ispira soltanto rabbia o disgusto. Un mostro, per definizio- ne, suscita paura. Sotto tutto il disprezzo che gli uomini hanno riversato sulle donne nei secoli, sotto tutte le condanne per la loro alterità, c’è l’inconsapevole riconoscimento del nostro po- tere, un potere così grande che, secondo i loro calcoli, potrebbe porre fine al mondo.

L’idea che gli uomini possano aver paura delle donne suona vagamente ridicola, come un elefante preso dal panico alla vista di un topolino, o un disinfestatore professionista con la fobia dei ragni. Siamo stati abituati a pensare al terrore come femminile, e alle donne come al sesso più timoroso. Del resto, non intendiamo proprio questo quando chiamiamo un ragazzo

“femminuccia”?

Tuttavia, quella paura è reale. Storicamente gli uomini hanno sempre creduto che le donne potessero distruggere città facendo sesso (come Elena di Troia o l’anonima e libidinosa madre del Mostro di Ravenna),8 oppure controllare le condizioni atmosfe- riche tramite il proprio corpo (sciogliendosi i capelli una strega può scatenare una tempesta, mentre una donna può calmare un uragano stendendosi nuda sul ponte di una nave) o sempli- cemente trasformare gli uomini in animali obbedienti e senza cervello (Circe, la Cleopatra di Shakespeare, Barbara Stanwyck in La fiamma del peccato (B. Wilder, 1944) e la sua lunga scia insan- guinata di mariti e agenti assicurativi arrapati). Negli angoli più

8 Secondo la leggenda, l’8 marzo 1512 a Ravenna nacque un essere deforme, portatore di disgrazie. Venne concepito da un frate e una suora, nel peccato e nella blasfemia (vedi infra, “Nascita”, cap. 5, p. 133). [N.d.R.]

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15 oscuri del web si possono trovare uomini terrorizzati discutere della “Pillola rossa”, un immaginario complotto di potenti fem- ministe, piene di rancore nei confronti dei maschi, che tramano allo scopo di manipolare la società per sottomettere e privare gli uomini di ogni diritto.

È facile alzare gli occhi al cielo pensando che si tratti di discorsi paranoici, ma è una questione seria: la loro paura uccide le don- ne quotidianamente. Tutti noi conosciamo la storia della donna condannata a morte con l’accusa di “stregoneria” perché i suoi comportamenti erano giudicati sconvenienti dal villaggio, soffoca- ta dalla paranoia misogina della sua comunità come da un cappio alla gola. Oggi, uomini mossi dallo stesso panico credono nella cospirazione della Pillola rossa e per “difendersi” dal potere fem- minile uccidono donne innocenti, compiono massacri. Pensiamo a Elliot Rodger o ad Alek Minassian, il quale un giorno, spinto da furia omicida, a Toronto ha diretto un van contro una folla pre- valentemente femminile. La natura delle accuse può variare, ma la diffidenza latente nei confronti dell’altro sesso rimane costante.

Il terrore delle donne è forse la più importante verità dietro la misoginia. Del resto una gabbia ha due scopi. Il primo è di confinare, tenere in trappola, impedirci di fare incursioni nel loro territorio e di impadronirci di ciò che reputano proprio e che se sei maschio è più facile ottenere: il lavoro, i soldi e il ri- spetto. Ma il secondo scopo di una gabbia, il più interessante, è quello di proteggere il mondo circostante da ciò che è rinchiuso dentro: la gabbia esiste per evitare che le donne ne escano fuori.

Ho scritto questo libro perché voglio capire di cosa hanno paura gli uomini. Desidero conoscere la bestia che di notte alita sulla loro nuca, pronta infine ad aprirsi un varco e a divorarli.

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Le radici della mostruosità femminile sono proprio lì dove l’A- pocalisse e Freud hanno detto che erano: nel sesso e in quella potente magia che permette la creazione di un nuovo essere umano.

La parola “patriarcato” viene sbandierata troppo spesso.

Da giovane mi compiacevo nell’usarla, spesso accompagnando la voce con una risata, un chiaro gesto per sottolineare l’ironia con cui una femminista ventenne, sex positive e amante degli uomini, invoca un’idea così militante. Se avessi voluto essere seria, avrei detto “sessismo” o avrei usato un’espressione più moderna come “cultura dello stupro”. Il termine “patriarca- to” rievocava quel taglio austero dei capelli che le femministe del movimento portavano come uniforme, e le problematiche donne bianche in lotta per l’Equal Rights Amendment. Era fuori moda e poco attraente. Si potrebbe dire che mi piaceva la parola “patriarcato” perché si prendeva molto sul serio, cosa che a me, giovane e alla moda, era proibito.

Ora, grazie a Dio, non sono più né giovane né alla moda.

E dal momento che ho trascorso più tempo con gli uomini, li amo di meno. Il patriarcato – la sua struttura fondamentale, il vasto significato che si cela dietro questa grande parola – ri- chiede un esame più accurato.

Patriarcato non è sessismo, ma crea sessismo e ne ha bisogno:

è qualcosa di più profondo. Patriarcato non è neanche violenza maschile o cultura dello stupro. Richiede ed esalta la violen- za maschile, specialmente la violenza sessuale, ma è ben più radicato delle azioni fatte per difenderlo. Il patriarcato è un’e- gemonia culturale e morale che impone un’unica e “naturale”

struttura familiare – quella in cui l’uomo si serve della donna per procreare e crescere i “suoi” bambini e dove il padre eserci- ta un’autorità indiscutibile su madre e figli – e, su una scala più

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17 vasta, costruisce società che appaiono e funzionano come delle famiglie patriarcali, governate da re, presidenti, amministratori delegati e dèi, tutti maschi e onnipotenti.

Devo premettere che ci sono altre strade per scavare a fon- do nell’oppressione, ci sono altre strutture che coesistono con il patriarcato e ne assicurano il mantenimento: la supremazia bianca, il capitalismo o l’eterosessismo. Da qualunque angola- zione si scavi per arrivare alle fondamenta del nostro mondo, durante la discesa si incontreranno tutte queste altre strutture, o solo alcune. Ma il patriarcato merita un approfondimento specifico. È la grande verità dietro alle innumerevoli verità par- ziali del sessismo, il brutale presupposto di tutta la violenza che dilania le vite delle donne.

La promessa del patriarcato è che ogni uomo eserciterà po- tere e controllo assoluto almeno su una donna, e i più fortunati anche su altri uomini. I suoi mali – le leggi contro la transizio- ne di genere, contro i matrimoni omosessuali, contro l’aborto, contro qualsiasi obiezione o alternativa alla famiglia nucleare governata da un padre/dio – sono inesauribili. Ma la debo- lezza del patriarcato, l’enorme pulsante rosso su cui c’è scritto

nonToccare”, il condotto di scarico sulla Morte Nera9 della civiltà occidentale, sono le donne. Se tutte le donne – non solo alcune o una particolare classe privilegiata, ma tutte noi, in massa – rifiutassimo di consegnare la nostra autonomia perso- nale o sessuale, questo sistema cadrebbe a pezzi.

Poiché il patriarcato ci viene spacciato come “naturale” non è sempre facile riconoscere i meccanismi che lo muovono. Nel- la normale vita di una donna essi si manifestano come una serie di violenze, spesso coincidenti e interconnesse, perpetrate

9 La Morte Nera è una stazione spaziale dell’universo di Star Wars (1977). [N.d.R.]

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all’unico scopo di addomesticarne la natura selvaggia e ren- derla un efficiente animale da riproduzione. Perciò il modo più diretto attraverso cui ne prendiamo coscienza è molto spesso attraverso la paura: la paura di essere stuprate, molestate, col- pite, picchiate, stalkerate, di diventare bersaglio delle molestie online di un ex ossessivo o di un collega, oppure di essere segui- te da uno sconosciuto per strada infuriato perché le sue avances sono state ignorate. La paura della violenza maschile ci ricorda costantemente di non essere persone e che gli uomini hanno ancora il potere di porre limiti e restrizioni alle nostre vite.

Ma quella violenza, sotto sotto, proviene dalla consapevolez- za che le donne sono potenzialmente pericolose. Anche se fanno di tutto affinché sia il contrario, gli uomini le temono perché in fondo il loro dominio è solo un’illusione. Per far sì che il patriar- cato funzioni, gli uomini devono vigilare su ogni singolo aspetto del sesso e della vita familiare – chi fa sesso con chi, quando e se rimane incinta, di chi è il bambino e chi se ne prende cura – ma, poiché il sesso e la riproduzione sono indomabili, questo con- trollo sfugge di continuo dalle loro mani. Il patriarcato, quindi, è per sua natura insostenibile: è impossibile sorvegliare un altro essere umano in ogni istante di ogni giorno; non è possibile con- trollare cosa (o chi) una donna desideri. Non si può possedere una risorsa che si trova nel corpo di un altro – come il sesso e la riproduzione. E se solo le donne comprendessero quanto fragile sia il dominio maschile, tutto potrebbe cambiare.

E così, mentre tiravano su il patriarcato, gli uomini hanno generato i mostri: quelle creature distorte, ripugnanti, fameli- che, mutanti e così ricolme di potere, immagini della mater- nità, del desiderio e della sessualità femminili, il cui posto è al di fuori del patriarcato. Mostri sono i bambini che non sareb- bero dovuti nascere, le passioni bestiali che abbiamo faticato a

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19 reprimere e a dimenticare, gli emarginati che ci aspettano ai confini della società, il corpo femminile primordiale che dà e toglie la vita a piacer suo. Il terrore che un tale potere incute negli uomini ha prodotto un numero infinito di incubi anato- mici: uteri infetti, sangue mortifero, donne che al posto della vagina hanno viscidi tentacoli o fauci elastiche come quelle di un serpente, capaci di ingoiare un uomo intero, oppure donne

“castrate” i cui corpi sono ferite aperte. Un mostro è un corpo che avrebbe dovuto essere sottomesso, ma che è diventato una smisurata minaccia: un mostro è una donna che si è sottratta al controllo (dell’uomo).

Le storie di mostri ci permettono di cogliere in modo diret- to la trama della dominazione maschile e della sottomissione femminile, la quale di solito si riduce a una serie di ansie in- definite che svolazzano tutt’intorno le nostre interazioni quo- tidiane. La definizione di “mostruosità” può essere fluida: in una conversazione si può dire che “è un mostro” sia l’enorme lucertolone Godzilla che il serial killer Norman Bates. Ma che il mostro violi le norme sociali, biologiche o entrambe, queste storie sono sempre estremamente chiare riguardo alla posta in gioco. La creatura mostruosa, la cosa che esiste al di là dei ruoli e dei confini che reputiamo accettabili, deve essere ucci- sa, altrimenti il sistema collasserà, il drago brucerà il villaggio, i dinosauri vagheranno liberi per Jurassic Park, lo xenomorfo divorerà l’intera colonia spaziale, la Meretrice di Babilonia monterà la Bestia e gli abomini nati dalla sua lussuria distrug- geranno il mondo.

I mostri che ossessionano gli uomini potenti rappresentano la consapevolezza che il loro dominio è solo temporaneo, che le donne sono creature astute, che la gabbia del patriarcato è più fragile di quanto sembri e che è solo una questione di tempo

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prima che trovino il modo per uscirne. In greco apokálypsis signi- fica “svelamento”, la rivelazione di una verità nascosta, la sco- perta di una realtà fondamentale sepolta sotto ciò che crediamo di conoscere. Allora è vero, in un certo senso quegli uomini ave- vano ragione: l’apocalisse è femmina. O almeno, questa lo è.

Per tracciare le forme del patriarcato possiamo servirci di que- ste storie. Nei momenti cruciali della vita di una donna, quan- do il controllo e la violenza dell’uomo vengono dispiegati per domarne la sessualità e l’attività riproduttiva, è inevitabile che facciano la loro apparizione alcuni caratteri mostruosi. Tali mo- struosità hanno lo scopo di giustificare la sopraffazione maschi- le mostrando proprio quello che il patriarcato teme: ciò che le donne potrebbero diventare. Questo è un lavoro di apokálypsis, di contromitologia: portare alla luce il potere femminile disin- tegrando le narrazioni costruite per contenerlo o celarlo. Alla radice di tutte le teorie riguardo la natura maligna delle donne risiede una primordiale forza matriarcale, vasta, oscura e antica come l’oceano. Se esaminiamo i modi in cui le donne sono state demonizzate, allora possiamo raggiungerne le rive.

In questo lavoro ho deciso di includere le donne realmente esistite che sono state definite mostruose e ho inserito anche i mostri più significativi del mito e della letteratura. Ma un altro perno fondamentale attorno cui ruota il libro sono alcuni pro- dotti culturali di consumo provenienti dal xx e dal xxi secolo:

storielle da pigiama party, racconti popolari, documentari true crime e tantissimi film horror. Nel regno del mostruoso, realtà e finzione tendono a mescolarsi. Un libro come questo ha senso solo se si attua un’operazione di assemblaggio in stile Franken- stein: la creatura che goffamente si muove verso di voi è stata

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21 messa insieme a partire da leggende metropolitane, deposizioni di serial killer, poesie del ix secolo e blockbuster anni Novanta con aliene sexy: insomma tutto quello che può illuminare l’orribile e spaventoso mondo femminile.

Nell’esaminare come le donne vengano minacciate e co- strette ad adeguarsi a determinate norme sessuali, dovremo de- dicare molto tempo alle norme stesse. Le tre sezioni – “Figlie”,

“Mogli” e “Madri” – sono incentrate sugli unici tre ruoli che una donna può ricoprire all’interno del patriarcato, e sulla vio- lenza necessaria a tenerla inchiodata lì. Viene dedicato molto spazio al sesso eterosessuale e al matrimonio, non perché tutte le donne siano eterosessuali e monogame, ma perché ognuna di noi viene forzata a esserlo. Ci si addentra nel territorio delle mestruazioni, della gravidanza e della maternità, non perché tutte le donne abbiano il ciclo, rimangano incinte o crescano bambini, ma perché quei processi hanno finito per identificare la totalità dell’essere donna.

Lo scopo non è mai quello di esaltare quei processi, e ancor meno dare l’idea che solo dopo averne fatta esperienza si possa essere una “vera donna”, ma piuttosto di chiedersi il perché della loro importanza e di rivelare quanta forza sia necessaria per confinare la vita di qualcuno in un’unica forma prestabilita.

Nel libro si alternano i mostri che esistono fuori dal patriar- cato e le vittime che vi abitano, le madri cattive che minaccia- no il dominio maschile e le dead blondes che ne costituiscono il prodotto intenzionale. Se c’è una cosa che ho imparato dallo studio dei mostri è che le fantasie sulle donne violente spesso nascondono le realtà di uomini violenti.

Questo è un libro oscuro, ma a volte è nell’oscurità che si vede più chiaramente. Questo è un libro violento, ma solo uno scontro spietato con la violenza può condurci a ciò che giace

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al di sotto di essa. La mostruosità femminile fa paura perché può davvero mettere fine al mondo, o almeno a quello in cui viviamo. Questo mondo non è l’unico possibile, né tantomeno il migliore, anzi, più tempo trascorro con i mostri, più penso che la sua distruzione sia in ritardo.

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