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Alle SS.UU. i limiti d impugnazione di cartelle senza valida notifica risultanti da estratti di ruolo

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Riscossione

Alle SS.UU. i limiti d ’impugnazione di cartelle senza valida notifica

risultanti da estratti di ruolo

Cassazione, Sez. trib., Ord. interlocutoria 11 febbraio 2022 (10 febbraio 2022), n. 4526 - Pres. Cirillo - Rel. D’Orazio (stralcio)

Riscossione - Ruoli - Limiti all’impugnabilità del ruolo ex art. 3-bis del D.L. n. 146/2021 - Giudizi incardinati prima del 21 dicembre 2021 - Applicabilità dello ius superveniens - Questione di massima di particolare rilevanza - Rimessione degli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite

È opportuno rimettere gli atti al Primo Presidente in ordine all’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite sulla questione di massima di particolare importanza relativa all’applicabilità o meno del comma 4-bis dell’art. 12 del D.P.R. n. 602/1973 (sulla non impugnabilità dell’estratto di ruolo e sui limiti all’impugnabilità del ruolo) anche ai giudizi già pendenti al 21 dicembre 2021, data di entrata in vigore della novella, essendo detta questione suscettibile di una duplice lettura, l’una diametralmente opposta all’altra; occorre tener conto della particolare rilevanza dei principi, anche costituzionali, sottesi alla soluzione, con possibili ricadute pure al di fuori del processo tributario, cioè nei processi civili e previdenziali aventi per oggetto cartelle relative ad entrate di varia natura.

Fatto e diritto (Omissis)

10.1. La prima questione, di particolare rilevanza, solle- vata dalla dottrina, riguarda l’obbligatorietà o la facolta- tività per il contribuente che abbia timore di subire pregiudizi nei suoi rapporti con la Pubblica amministra- zione, nelle tre ipotesi sopra menzionate, di accedere in via “anticipata” alla tutela giurisdizionale “diretta”

avverso il ruolo e la cartella, conosciuti “occasional- mente” attraverso la comunicazione dell’estratto di ruolo.

Per questa Corte, infatti, la tutela“anticipata”, in qual- che misura d’urgenza, costituiva un percorso alternativo rispetto alla impugnazione“differita”, di cui al D.Lgs. n.

546 del 1992, art. 19, comma 3, u.p., la quale prevede che la mancata notificazione di atti autonomamente impu- gnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo.

La nuova formulazione, invece, prevede la tutela“anti- cipata”, limitatamente alle ipotesi indicate nella dispo- sizione, facendo riferimento ad atti (ruolo e cartella)

“suscettibili di diretta impugnazione”.

10.2. Pertanto, per un primo orientamento dottrinale, il ruolo e la cartella conosciuti“in via occasionale” devono essere impugnati immediatamente ed entro un termine perentorio, a pena di decadenza, non potendosi attendere

l’ulteriore atto tributario successivo, anche di natura esecutiva, per un eventuale impugnazione contestuale, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3. Del resto, solo la giurisprudenza ha creato ipotesi di impugna- zione facoltativa, mentre le disposizioni legislative depon- gono per la necessità dell’impugnazione. Si leggerebbe nella nuova norma una sorta di divieto espresso a qualsiasi forma di tutela“differita”. Si tratta, poi, di stabilire il dies a quo per il computo del termine per presentare ricorso

“anticipato”, tenendo conto che ci si troverà dinanzi all’avvio di un procedimento amministrativo da parte della Pubblica amministrazione condizionato dalla rego- larità fiscale del contribuente. Una volta esaurito tale procedimento, non sussiste più alcun interesse del con- tribuente a presentare ricorso contro il ruolo della cartella di pagamento.

10.3. Per altra interpretazione, invece, trattasi comun- que di tutela “anticipata”, ma “facoltativa”, restando possibile per il contribuente, anche nei tre casi tassati- vamente indicati, impugnare la cartella non notificata unitamente all’atto successivo correttamente notifi- cato; si fa applicazione, quindi, dell’indirizzo giurispru- denziale consolidato per cui in caso di omessa notifica di un atto presupposto che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato, tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita

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dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, di impu- gnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di paga- mento, avviso di accertamento avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano que- st’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tribu- taria (Cass., Sez. Un., 4 marzo 2008, n. 5791; Cass., 18 maggio 2021, n. 13314; Cass., 21 maggio 2019, n.

13641; Cass., 30 novembre 2018, n. 31070; Cass., Sez. 5, 18 gennaio 2018, n. 1144).

10.4. Altra questione attiene, appunto, all’individua- zione del dies a quo per proporre ricorso giurisdizionale;

da un lato, si potrebbe sostenere che il termine decorra dal rilascio dell’estratto di ruolo da parte dell’Ammini- strazione anche se, si è osservato, che in quel momento potrebbero non essersi ancora verificati gli eventi dise- gnati dal legislatore per legittimare l’impugnazione; ed il contribuente dovrà dimostrare la sussistenza di tali eventi per l’ammissibilità del primo ricorso.

Altrimenti, dovrebbe essere valorizzata la parte della norma in cui si fa riferimento al possibile pregiudizio per il contribuente (“… Il debitore che agisce in giudizio dimostri che l’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio ...”). Poiché tale pregiudizio è inerente ai rapporti con la Pubblica amministrazione, il termine di 60 giorni per proporre ricorso giurisdizionale deve muo- vere dal“contatto qualificato” con una Pubblica ammi- nistrazione e, quindi va individuato nel momento di partecipazione ad una gara per l’affidamento di com- messe pubbliche, oppure all’atto di una richiesta di rimborso o di pagamento dalla Pubblica amministra- zione o dall’istanza presentata per conseguire un van- taggio o per scongiurare la perdita di un beneficio nei rapporti con la Pubblica amministrazione. È chiaro, però, che in tal modo il provvedimento giudiziale potrebbe essere tardivo rispetto al procedimento ammi- nistrativo ormai instaurato.

10.5. La dizione, poi, di ruolo e cartella di pagamento

“invalidamente notificata” dovrebbe comportare l’ap- plicabilità della disposizione sia alle ipotesi di notifica invalida, sia quelle di mancata notifica, o di notifica è inesistente.

10.6. La questione, però, più delicata è quella che tenta di dare una risposta all’interrogativo se la novella abbia efficacia retroattiva o meno.

11. La tesi della efficacia retroattiva della nuova norma:

l’interesse ad agire quale condizione dell’azione.

11.1. Va premesso che l’innovazione legislativa non prevede alcuna disciplina transitoria, sicché deve

decidersi se la novella concerna o meno i giudizi attual- mente pendenti.

11.2. Secondo una prima impostazione teorica la nuova disposizione, avendo carattere processuale e non sostan- ziale, opera anche per i processi pendenti, in base alla regola “tempus regit actum”, seppure con particolare focalizzazione sulla sussistenza dell’interesse ad agire.

Invero, pur considerandosi la peculiarità del processo tributario rispetto al processo civile ed a quello ammi- nistrativo, comunque si reputa che l’interesse ad agire, rectius a“ricorrere”, trattandosi di processo impugna- torio, sia ben presente anche nel processo tributario.

Nel processo civile l’art. 100 c.p.c. demanda al giudice di constatare la presenza di un interesse ad agire con- creto ed attuale, anche se definito da autorevole dot- trina come “quinta ruota del carro”; nel processo amministrativo, caratterizzato dalla natura provvedi- mentale dell’atto impugnato, proprio la natura discre- zionale del provvedimento, che non può essere incanalato in precisi inquadramenti tipologici, lascia al giudice l’individuazione dell’interesse ad agire o meglio a ricorrere. Nel processo tributario, invece, vi è una predeterminazione normativa degli atti autono- mamente impugnabili, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, sicché per gli atti “tipici” l’interesse a ricorrere è in re ipsa, in quanto già insito nella natura potenzialmente pregiudizievole degli atti tributari noti- ficati; in questo caso, però a differenza che nel processo amministrativo, in cui i vizi dall’atto sono tipizzati (incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere), vi è ampio spazio per una illimitata prospettiva di motivi deducibili. È questa la ragione per cui nel processo tributario l’interesse ad agire scolora rispetto alla tipicità dei provvedimenti impugnabili. Tuttavia, si potrebbe giungere a diversa soluzione con riferimento all’impugnazione del ruolo e della cartella, non notifi- cati o irregolarmente notificati, di cui il contribuente viene a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo; in questa ipotesi, il legislatore della novella ha inteso innescare un peculiare interesse ad agire e ad impu- gnare, selezionando i pregiudizi“qualificati”.

In sostanza, come sottolineato dalla dottrina, il legisla- tore ha individuato“un interesse qualificato” alla impu- gnazione immediata da proporre avverso il ruolo e la cartella di pagamento invalidamente notificata, fermo restando l’esclusione tout court dell’impugnazione con- tro l’estratto di ruolo; sicché, la nuova normativa pro- duce l’inammissibilità sopravvenuta in tutti i casi di ricorsi proposti al di fuori delle ipotesi tassative di cui al nuovo D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, comma 4-bis, del aggiunto dal D.L. n. 146 del 2021, art. 3-bis, convertito in Legge n. 215 del 2021.

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11.3. Non v’è dubbio che l’interesse ad agire, unita- mente alla legittimazione ad agire, costituiscano con- dizioni dell’azione. Per la dottrina, a differenza dei presupposti processuali, la cui esistenza è richiesta prima della proposizione della domanda giudiziale, quali la competenza e la legittimazione processuale, le condizioni dell’azione costituiscono requisiti intrinseci della domanda che possono sopraggiungere anche nel corso del processo e prima della decisione giurisdizio- nale. L’interesse ad agire, allora, pur dovendo anch’esso esistere all’atto della presentazione della domanda giu- diziale, può sopraggiungere nel corso del giudizio, pur- ché sussista al momento della decisione. Se mancano le condizioni dell’azione il processo non può essere prose- guito fino alla pronuncia sul merito, ma deve arrestarsi per dare atto, con una pronuncia “sul processo”, di quella mancanza. Sono aspetti che attengono alla“ipo- tetica accoglibilità” della domanda. Tale interesse non attiene tanto al bene della vita, ma all’ulteriore diverso bene rappresentato dalla tutela giurisdizionale ovvero al

“bisogno di tutela giurisdizionale”. Mancando l’inte- resse ad agire, il giudice non giungerà ad affrontare il merito del ricorso, ma dovrà dichiarare il difetto di interesse e, quindi, il difetto di azione. L’interesse ad agire serve dunque ad evitare che si scenda all’esame del merito, quando la domanda o la difesa possono anche essere fondate, ma il loro accoglimento non produce alcun effetto utile nella sfera giuridica di chi le ha proposte. L’interesse ad agire, come pure l’interesse a ricorrere, per una parte della dottrina, è, quindi, stret- tamente connesso al principio di economia processuale, perché serve ad evitare attività processuali correlate a domande o difese fondate, ma inutili.

11.4. In giurisprudenza si è ritenuto che l’interesse ad agire consiste nell’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice (Cass., 13 giugno 2014, n.

13485; Cass., 18 febbraio 2020, n. 3991); si è precisato che l’interesse ad agire è requisito per la trattazione del merito della causa (Cass., Sez. 2, 30 giugno 2006, n.

2006) e che il suo accertamento, da compiersi in via preliminare e prescindendo da ogni indagine sul merito della causa e dal suo prevedibile esito (Cass., 29 settem- bre 2016, n. 19268), va distinto dalla valutazione rela- tiva al diritto sostanziale in giudizio.

11.5. L’interesse ad agire è stato anche valorizzato, da ultimo, nel processo tributario, laddove si è affermato che, nell’ipotesi in cui il contribuente ottenga la sospensione giudiziale dell’esecuzione dell’avviso di accertamento impugnato, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 47, sono inibiti, dopo tale pronuncia, alla Amministrazione la formazione del ruolo e la

successiva iscrizione “provvisoria”, rispettivamente, del D.P.R. n. 602 del 1973, ex artt. 12 e 15. Ne consegue che sussiste l’interesse ad agire della società che svolge attività di affidamento di commesse pubbliche all’im- pugnazione della cartella di pagamento successiva- mente emessa, nonostante la sospensione giudiziale della efficacia dell’avviso di accertamento, per non incorrere nell’esclusione dalle gare pubbliche e nel pagamento di interessi del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 30, di importo maggiore rispetto a quello di cui allo stesso D.P.R. n. 602 del 1973, art. 20 (Cass., Sez. 5, 14 dicembre 2021, n. 40047).

11.6. Un esempio di condizione dell’azione è rappre- sentato dalla produzione in giudizio del decreto di espropriazione nei giudizi di opposizione alla stima, di competenza delle Corte d’Appello. Si è affermato, infatti, che nel giudizio di opposizione alla stima del- l’indennità di espropriazione, la produzione del decreto di esproprio, che sia intervenuto dopo la definizione del procedimento d’appello o dopo la proposizione del ricorso per cassazione, può essere validamente effet- tuata nel giudizio di legittimità, non trovando ostacolo nell’art. 372 c.p.c., poiché il provvedimento ablatorio ha natura giuridica di condizione dell’azione, la cui sopravvenienza è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello di legittimità, fino al termine della discussione orale (Cass., Sez. 1, 26 febbraio 2016, n. 3817; Cass., Sez. 1, 17 giugno 2009, n. 14080; Cass., Sez. 1, 12 ottobre 2007, n. 21434, che però consente il deposito del decreto di esproprio solo unitamente al ricorso per cassazione, ma non con la memoria di cui all’art. 378 c.p.c., potendo essere depositati tardiva- mente ai soli documenti inerenti l’ammissibilità del ricorso). Sono stati, invece, ritenuti“presupposti pro- cessuali”, che devono essere presenti sin dall’inizio del giudizio: il previo esperimento di ricorsi amministrativi, allorché la legge lo richieda come condizione dell’eser- cizio dell’azione giudiziaria (Cass., Sez. Un., 7 novem- bre 1973, n. 2902); il passaggio in giudicato della sentenza di separazione prima della richiesta delle modifiche di cui all’art. 710 c.p.c. (Cass., Sez. Un., 23 febbraio 1990, n. 1398).

11.7. In assenza di una disciplina transitoria, con rife- rimento alla sussistenza delle condizioni dell’azione, e segnatamente dell’interesse ad agire e ad impugnare le cartelle di pagamento, invalidamente notificate, ma conosciute tramite gli estratti di ruolo, il giudice deve d’ufficio valutare la sussistenza delle stesse (Cass., 29 settembre 2016, n. 19268), salva la formazione di un giudicato sul punto (Cass., 30 giugno 2006, n. 15084).

Del resto, la novella legislativa si innesta, pieno iure, nel filone giurisprudenziale di legittimità che ha

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riconosciuto, da un lato, la non impugnabilità degli estratti di ruolo, e dall’altro, la possibilità di impugnare, in via anticipata, le cartelle di pagamento non valida- mente notificate, ma conosciute tramite gli estratti di ruolo (Cass., Sez. Un., 2 ottobre 2015, n. 19704).

11.8. Questa prima interpretazione è stata fatta propria dall’Agenzia delle entrate in occasione di Telefisco 2022, in cui si è affermato che“il legislatore si è posto nel solco già tracciato dalla giurisprudenza di cassazione ed è intervenuto per ribadire la non impugnabilità dell’estratto di ruolo e prevedere le casistiche in cui vi è l’interesse del debitore ad impugnare direttamente il ruolo e la cartella di pagamento che si assume valida- mente notificata, senza attendere la notifica dell’atto successivo “. Viene, dunque, sostenuta la non impu- gnabilità dell’estratto di ruolo anche prima del 21 dicembre 2021, data di entrata in vigore della nuova norma.

12. Lo ius superveniens come norma di interpretazione autentica.

12.1. Altra ricostruzione teorica, che si muove a sup- porto della immediata applicazione della nuova norma- tiva anche ai processi in corso, muove dalla natura dello ius superveniens, che costituirebbe una norma di inter- pretazione autentica.

Parte della giurisprudenza di merito è giunta alla con- clusione che la nuova norma, confermando un“con- solidato” orientamento di legittimità si applica anche retroattivamente (Commissione tributaria provin- ciale di Catania n. 357 del 2022; Commissione tribu- taria provinciale di Latina, n. 53 del 2022;

Commissione tributaria provinciale di Siracusa, n.

400 del 2022).

Tuttavia, si rammenta che una norma può essere qua- lificata come di interpretazione autentica, con valore retroattivo, o se vi è la qualificazione espressa di norma di interpretazione autentica, oppure se sussistono i presupposti di incertezza applicativa che ne avrebbero giustificato l’adozione (Cass., Sez. Un., 20 marzo 2015, n. 5685, in tema di estensione del privilegio generale sui mobili ai crediti dell’impresa artigiana).

Del resto, la Corte costituzionale, con sentenza n. 133 del 2020 (ma già prima con sentenza 525 del 22 novembre 2000) ha ribadito che il legislatore può adottare norme che precisino il significato di altre disposizioni legislative, non solo quando sussista una situazione di incertezza nell’applicazione del diritto o vi siano contrasti giurisprudenziali, ma anche in pre- senza di un indirizzo omogeneo della Corte di cassa- zione, quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le varie possibili varianti di senso del testo originario, con ciò vincolando un significato ascrivibile alla

norma anteriore (anche Corte cost., n. 311 del 1995 e n. 397 del 1994; oltre all’ordinanza n. 480 del 1992). Il tasso di polisemia della prima norma viene sterilizzato, sicché la norma che risulta dalla saldatura della disposizione interpretativa con quella interpretata ha quel contenuto fin dall’origine e in questo può dirsi retroattiva, costituendo un“precetto normativo unitario” (Corte cost., n. 133 del 2020 e n.

397 del 1994). Vanno valutati, al fine di verificare la sussistenza di un precetto normativo unitario, alcuni parametri spia: il tempo trascorso sino al mutamento;

la prevedibilità della modifica retroattiva (Corte cost., n. 16 del 2017); la proporzionalità (Corte cost., n. 108 del 2016).

Inoltre, la Corte costituzionale ha individuato, oltre alla materia penale, altri limiti, che attengono alla salvaguardia di norme costituzionali, tra i quali i principi generali di ragionevolezza e di uguaglianza, quello della tutela dell’affidamento legittimamente posto sulla certezza dell’ordinamento giuridico, e quello del rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (ciò che vieta di inter- venire per annullare gli effetti del giudicato o di incidere intenzionalmente su concrete fattispecie sub iudice). L’affidamento del cittadino deve valere anche in materia processuale, dove si traduce nell’e- sigenza che le parti conoscono il momento in cui sorgono oneri con effetti per loro pregiudizievoli, nonché nel legittimo affidamento delle parti stesse nello svolgimento del giudizio, secondo le regole vigenti all’epoca del compimento degli atti proces- suali (Corte cost. n. 111 del 1998).

13. L’opposta tesi della efficacia solo ex nunc: tempus regit actum, processum, actionem.

13.1. Secondo una diversa ricostruzione dottrinale, invece, il principio generale di irretroattività della legge comporta che la nuova disciplina sulla impugna- bilità limitata degli estratti di ruolo, o meglio delle cartelle non validamente notificate, come pure delle iscrizioni ipotecarie irritualmente notificate, cono- sciute tramite l’estratto di ruolo, si applichi alle impu- gnazioni degli estratti di ruolo proposte a decorrere dalla data di entrata in vigore della novella legislativa, quindi dal giorno successivo a quello della pubblica- zione della legge di conversione sulla G.U. del 20 dicembre 2021.

13.2. Si è fatto leva anche in questo caso sul principio

“tempus regit actum”, questa volta per affermare che il principio cardine delle logiche temporali del processo è quello in base al quale un atto deve seguire le norme vigenti nel momento in cui viene realizzato, andando, dunque, ad applicarsi le regole esistenti nel momento in

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cui l’atto ha origine. Il processo si articola in fasi pro- cessuali, collegate le une alle altre, ma la nuova norma va ad incidere sulla specifica fase processuale in cui si innesta. Si è fatto riferimento, poi, alla giurisprudenza formatasi in ordine al regime di impugnazione di un provvedimento giudiziario.

Si è ritenuto (Cass., Sez. 3, 12 maggio 2000, n. 6099;

Cass., 20 settembre 2006, n. 20414; Cass., Sez. 3, 2 ottobre 2008 n. 24491; Cass., Sez. 3, 15 febbraio 2011, n. 3688), che, in difetto di esplicite previsioni contrarie, il principio dell’immediata applicazione della legge processuale sopravvenuta (nella specie, la Legge n.

353 del 1990, art. 68, a mente del quale“la proposizione della revocazione non sospende il termine per proporre ricorso per cassazione”, norma applicabile ai giudizi pendenti al 1° gennaio 1993 Legge n. 534 del 1995, ex art. 9) ha riguardo soltanto agli atti processuali successivi all’entrata in vigore della legge stessa, alla quale non è dato incidere, pertanto, sugli atti anterior- mente compiuti, i cui effetti restano regolati, secondo il fondamentale principio del“tempus regit actum”, dalla norma sotto il cui imperio siano stati posti in essere. Un generale principio di“affidamento” legislativo (desu- mibile dall’art. 11 delle disp. gen.) preclude, difatti, la possibilità di ritenere che gli effetti dell’atto processuale già formato al momento dell’entrata in vigore della nuova disposizione siano da quest’ultima regolati, quan- tomeno nei casi in cui la retroattività della disciplina verrebbe a comprimere la tutela della parte, senza limi- tarsi a modificare la mera tecnica del processo. Nel caso di successione di leggi processuale nel tempo, ove il legislatore non abbia diversamente disposto, in osse- quio alla regola generale di cui all’art. 11 preleggi, la nuova norma disciplina non solo i processi iniziati successivamente alla sua entrata in vigore, ma anche i singoli atti, ad essa successivamente compiuti, di pro- cessi iniziati prima della sua entrata in vigore, quan- d’anche la nuova disciplina sia più rigorosa per le parti rispetto a quella vigente all’epoca di introduzione del giudizio (Cass., Sez. 3, 15 febbraio 2011, n. 3688).

13.3. Si è ritenuto inapplicabile, invece, la diversa regola del“tempus regit processum”, in base alla quale il tempus da prendere in considerazione per l’operare della legge nuova processuale, non si individua nell’atto del processo che ricade temporalmente sotto l’ambito della norma processuale nuova, bensì nel processo in cui quell’atto si inserisce; sicché la norma processuale nuova non può trovare applicazione al processo pen- dente, sia pure riguardo ad atti del suo svolgimento compiuti successivamente alla sua entrata in vigore.

13.4. In dottrina si è fatto riferimento anche alla regola tempus regit actonem, ove il“procedimento (...) fissa e

prenota sin dall’iniziolapropriadisciplina”,nelsensoche il momento determinante per l’individuazione della disciplina applicabile è quello di instaurazione della lite, pur evidenziandosi, però, che spesso tali principi sono piegati alle concrete esigenze di tutela degli interessi in gioco, con buona pace della coerenza di sistema;

il giurista, si osserva, non è un Glasperlenspieler (“gio- catore di perle di vetro”), ma si confronta con interessi

“corposi”.

13.5. Anche recentemente si è affermato (Cass., Sez. 2, 28 luglio 2021, n. 21106, con applicazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, nella nuova formulazione introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, applicabile quanto la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado sia stata pub- blicata dopo l’11 settembre 2012), che in assenza di una disposizione transitoria, deve trovare applicazione il principio dell’immediata applicabilità della legge processuale, in linea con quanto affermato anche da Corte costituzionale n. 155 del 1990, che, in base alla regola generale posta all’art. 11 preleggi, ha riguardo non solo ai processi iniziati successivamente alla sua entrata in vigore, ma anche a singoli atti di processi iniziati anteriormente ma compiuti posteriormente a tale momento; non incide, però, su quelli anterior- mente compiuti, i cui effetti restano regolati, secondo il fondamentale principio tempus regit actum, dalla legge sotto il cui imperio sono stati posti in essere (in termini anche Cass., Sez. 1, 19 luglio 2021, n. 20629, in tema di protezione internazionale che prevede la ricorribilità per cassazione della decisione del Tribu- nale sul ricorso contro la decisione di inammissibilità della Commissione territoriale, in caso di domanda di protezione presentata durante la vigenza del D.L. n. 13 del 2017; Cass., Sez. 1, 27 febbraio 2020, n. 5387;

Cass., Sez. 1, 24 marzo 2016, n. 5925, in materia di ricorso per cassazione proposto oltre 30 giorni dalla notificazione della sentenza della Corte d’Appello nei confronti di una sentenza dichiarativa di fallimento depositata in data anteriore al D.Lgs. n. 5 del 2006, dovendosi applicare la normativa sopravvenuta, che riduce il termine di impugnazione, anche ai processi in corso, a nulla rilevando che il fallimento sia stato pronunciato prima della riforma del 2006, né che la sentenza di appello è stata emanata secondo il regime previsto dalla normativa anteriore alla riforma del 20062007).

13.6. Pertanto, poiché il ricorso di prime cure, l’appello ed anche il ricorso per cassazione, compreso il contro- ricorso, sono stati articolati secondo le norme vigenti prima della novella legislativa del dicembre 2021, lo ius superveniens non dovrebbe esplicare alcun effetto retroattivo. Al momento di presentazione del ricorso

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di prime cure era possibile impugnare la cartella ed il ruolo, tramite l’estratto di ruolo conosciuto “casual- mente”, senza la necessaria sussistenza di un interesse

“qualificato” del contribuente.

Pertanto, seguendo questo orientamento, l’impugna- zione di un atto deve avvenire secondo le regole vigenti al momento in cui esso è emesso. Il nuovo regime di impugnazione dovrebbe operare solo per i ricorsi noti- ficati dal 21 dicembre 2021.

13.7. Parte della giurisprudenza di merito ha preferito tale interpretazione, ritenendo che la norma si appli- chi solo a decorrere dal 21 dicembre 2021; non può qualificarsi come norma di interpretazione autentica, sia perché non indicata come tale dal legislatore, sia perché dopo l’intervento delle Sezioni Unite di questa Corte (n. 19704 del 2015), la giurisprudenza si è uniformata ai principi affermati. Si è escluso, quindi, che la norma sia di carattere processuale e quindi applicabile immediatamente, perché non è stato diversamente disciplinata la modalità di introduzione del gravame ovvero della gestione del processo; la norma ha esclusivamente modificato la “platea”

degli atti impugnabili agendo sui presupposti e quindi sotto un profilo sostanziale.

Inoltre, la Legge n. 212 del 2000, art. 1, comma 2 (statuto del contribuente), prevede che“l’adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta solo in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpreta- zione autentica”; qualificazione che nella specie mancherebbe.

14. Nel caso si opti per la prima soluzione, il contri- buente ovviamente avrebbe diritto a dimostrare la sussistenza dell’interesse ad impugnare tali cartelle di pagamento, anche in sede di legittimità.

14.1. Il termine per la dimostrazione della sussistenza dell’interesse qualificato potrebbe essere individuato, nelle udienze pubbliche, in quello di cui all’art. 378 c.p.

c., quindi non oltre 5 giorni prima dell’udienza, oppure fino all’inizio della relazione orale. Nelle adunanze

camerali di cui all’art. 380-bis.1. c.p.c. le parti possono fornire la dimostrazione della sussistenza dell’interesse

“qualificato” con documentazione da depositare non oltre 10 giorni prima dell’adunanza.

15. I dubbi sulla legittimità costituzionale della novella.

15.1. Non si può celare che la dottrina si è mostrata aspramente critica verso l’innovazione legislativa, sol- levando plurimi profili di incostituzionalità, sia con riferimento alla lesione del diritto di difesa del contri- buente, sotto la lente d’ingrandimento dell’art. 24 Cost., sia in relazione alla diversità di trattamento tra i vari contribuenti, che non trova idonee giustificazioni;

si è evidenziato che il pregiudizio che può subire il contribuente dalla eventuale esclusione dalla gara di affidamento di commesse pubbliche ai sensi del D.Lgs.

n. 50 del 2016, art. 80, oppure quale inibizione del pagamento di importi superiori ad euro 10.000,00, se il beneficiario inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di uno o più cartelle di paga- mento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo, ai sensi del D.P.R. n. 102 del 1973, art. 48- bis, o ancora dalla possibile perdita di un beneficio nei rapporti con la Pubblica amministrazione, non è molto diverso dal pregiudizio che può subire il contribuente, a seguito della iscrizione a ruolo e della emissione di una cartella, seppure non notificata o irregolarmente noti- ficata, per l’accesso al credito bancario oppure per il pignoramento del proprio conto corrente, fondamen- tale per lo svolgimento dell’attività imprenditoriale o professionale, o per il fermo del proprio autoveicolo, oppure per la possibilità di essere dichiarato fallito, in assenza di liquidità, ai sensi dell’art. 5 L. Fall.

(Omissis)

Il testo integrale dell’ordinanza oltre a essere disponibile inOne FISCALE, Wolters Kluwer si può richiedere a

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(7)

L ’impugnazione “diretta” dei ruoli e delle cartelle di pagamento che si assumono “invalidamente notificate”

(fra nuove leggi e giurisprudenza in fermento) di Cesare Glendi (*)

Con l’ordinanza n. 4526/2022 si sollecita l’intervento delle Sezioni Unite della Cassazione in relazione ai problemi interpretativi e applicativi dell’efficacia retroattiva del comma 4-bis dell’art. 12 del D.P.R. n.

602/1973 sulla non impugnabilità dell’estratto di ruolo e sui limiti all'impugnabilità del ruolo. Detto disposto normativo, se correttamente interpretato, non comporta un reale vulnus del quadro delle tutele normativamente previste, ammettendo anche la possibilità dell’impugnazione “diretta” dei ruoli e delle cartelle di pagamento che si assumono“invalidamente notificate” ancor prima e al di fuori delle impugnazioni previste dal legislatore. Potrebbe invece plausibilmente prospettarsi un serio dubbio d’incostituzionalità del comma sopracitato per contrasto con l’art. 3 Cost., non sotto il profilo di una diseguaglianza, ma sotto il profilo dell’intrinseca irrazionalità del contesto normativo, che, comunque, ammette un’impugnativa di atti scardinati dalla loro notificazione o prodromica sindaca- bilità attraverso l’impugnazione di un successivo atto previsto ex lege come autonomamente impugnabile, senza peraltro ancorare siffatta “diretta” impugnabilità ad un termine decadenziale segnato con assoluta chiarezza così da collocarla ordinatamente nell’ambito della sequenza prevista dalla normativa vigente.

Con l’ordinanza interlocutoria in apice la Sezione quinta civile, con lodevole tempestività, ha solle- citato l’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite della Suprema Corte di cassazione per scio- gliere qualcuno almeno dei tanti problemi inter- pretativi e applicativi generati dal novellato comma 4-bis, introdotto nell’art. 12 del D.P.R. n.

602/1973 con l’art. 3-bis del D.L. 21 ottobre 2021, n 146, convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2021, n. 215, coniandone pure la rubrica, testualmente dicente“Non impugnabilità dell’e- stratto di ruolo e limiti all’impugnabilitàdelruolo”.

Il punctum pruriens si attizza propriamente sul- l’individuazione dei margini temporali della norma stessa, su cui già si sono avviati contrasti tra magistrature tributarie di merito (1) e disto- nici commenti da parte della dottrina (2).

Questa specifica quaestio, pur d’indubbio rilievo, non esaurisce comunque la problematica che attornia questa nuova disposizione, che anzi la condiziona e l’assorbe in un recinto interpretativo di assai più ampie proporzioni. Nel quale, pur nei limiti del locus cogitandi, di una semplice nota di commento, s’intende qui prospettare qualche considerazione d’avvio di futuri approfondimenti, sul doppio crinale della dottrina e della giurispru- denza, soprattutto di vertice.

Alle radici dei problemi di fondo

Dopo aver nitidamente focalizzato, nei suoi essen- ziali termini, l’approccio al tema della “possibilità per il contribuente, che assuma di non aver rice- vuto la rituale notifica dei provvedimenti

(*) Professore Emerito di Diritto processuale civile presso l’Università di Parma e Avvocato in Genova - Doctor honoris causa internacional (Federaciòn Iberoamericana de Abogados)

(1) Tra le quali, ad es., nel senso dell’applicabilità della norma anche ai giudizi in corso, con la conseguente declaratoria d’inam- missibilità del ricorso, Comm. trib. prov. di Latina, 13 gennaio 2022, n. 53; Comm. trib. prov. di Catania, 17 gennaio 2022, n.

357; Comm. trib. prov. di Siracusa, 19 gennaio 2022, nn. 400 e 404. Nel senso, invece, della non applicabilità ai giudizi in corso, Comm. trib. prov. di Cosenza, 24 gennaio 2022, n. 505, con accoglimento del ricorso; Comm. trib. prov. di Reggio Emilia, 26 gennaio 2022, n. 19, con rigetto nel merito del ricorso ritenuto ammissibilmente proposto dal contribuente. Sempre nel senso della non applicabilità ai giudizi instaurati prima della nuova

normativa v., da ultimo, Comm. trib. reg. Sicilia, Sez. V, 3 marzo 2022, n. 1812.

(2) Senza pretesa di completezza, A. Carinci,“Note sparse sulla novella che ha introdotto la non impugnabilità dell’estratto di ruolo nonché delle cartelle di pagamento e del ruolo per vizio di notifica”, in Riv. tel. dir. trib., 12 gennaio 2022, pag. 1 ss.; L. Lovecchio,“Non impugnabilità degli estratti di ruolo: a rischio la tutela del contri- buente in caso di cartella non notificata”, in il fisco, n. 2/2022, pag.

107 ss.; A. M. Soldi - S. De Matteis - A. Pepe,“La sorte della diretta impugnabilità dei ruoli a seguito del Decreto Legge n. 146 del 21 ottobre 2021, convertito dalla Legge n. 215 del 17 gennaio 2021”, in Nel labirinto del diritto, app. spec. a Riv. trim. giur., n. 3/2022, pag. 3 ss.

(8)

impositivi (cartella, intimazione di pagamento, avviso di iscrizione ipotecaria), e che scopra‘occa- sionalmente’ la sussistenza di iscrizioni a ruolo, come pure delle cartelle di pagamento e dell’iscri- zione ipotecaria, di impugnare‘in via diretta’ tali atti tributari, con tutela‘anticipata’, quindi prima della loro rituale notificazione nei suoi confronti”, l’ordinanza in commento esordisce dicendo che

“la questione, risolta da questa Corte, con pro- nuncia a Sezioni Unite n. 19704/2015, deve ora essere affrontata alla luce” della disposizione sopra richiamata ed, in particolare“verificarsi se lo ius superveniens suindicato abbia o meno valore retroattivo, con eventuale applicabilità anche ai giudizi tributari in corso”.

L’approccioutsuprarappresentato,laddovepostula che“punto di partenza, dunque, non può che essere quello della pronuncia‘manifesto’ di cui alla sen- tenza delle Sezioni Unite di questa Corte del 2 ottobre 2015, n. 19704” (3), se pur si spiega, in rapporto alla particolare sede in cui risulta formato, tradisce, comunque, una tendenziale propensione di aprioristica“difesa” di quell’evocata pronuncia

“manifesto”, che rischia così di compromettere in limine una libera (freie) Weltanschauung della pro- blematica da affrontare in apicibus, mettendo rigo- rosamente a confronto il nuovo dato normativo con quella che ne è stata finora l’interpretazione abitualmente osannata come “diritto vivente”, al fine di sottoporla davvero alla prova dello ius superveniens.

In quest’ottica, così distesa e metodologicamente corretta, l’evocata pronuncia n. 19704/2015 delle SS.UU. da prefigurato“manifesto” finale, appare allora più adeguatamente riconducibile, e dev’es- sere considerata, quale momento intermedio di un processo evolutivo tuttora in corso, che ha origini assai profonde e lontane. Risalendo, a ben vedere, all’epoca del definitivo riconoscimento costituzio- nale della natura giurisdizionale delle Commis- sioni tributarie e al coevo sopravvenire di una vera e propria giurisdizione speciale tributaria entro il nostro ordinamento. Il che è avvenuto significativamente a cavallo dei primi anni Set- tanta, quando, subito dopo l’entrata in vigore del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, anche la Corte costituzionale s’indusse, cambiando nuovamente opinione, a riconoscere alle Commissioni tributa- rie veste di veri e propri organi giurisdizionali (4) in sintonia con quello che era sempre stato il fermo assunto della Suprema Corte di cassazione (5).

Ergendo ut supra le basi per un nuovo inquadra- mento sistematico del prelievo, non più organiz- zato sull’ormai frusto schema pandettistico di una supposta obbligazione tributaria ex lege, suscettibile di accertamenti giudiziali secondo le tipologie del processo civile, ma strutturato, invece, secondo l’assai più moderno e adeguato schema essenzial- mente imperniato sull’attribuzione, al soggetto titolare della funzione impositiva ed esattiva, del potere di emettere atti autoritativi di natura prov- vedimentale, come tali direttamente produttivi

(3) La sentenza è pubblicata in Corr. Trib., n. 44/2015, pag.

4383, con nota di M. Bruzzone,“Le SS.UU. ammettono l’impu- gnazione di cartella e/o ruolo sulla base dell’estratto di ruolo”, in Giur. it., 2016, pag. 1983, con il commento critico di D. Cané,

“Sulla impugnabilità nel processo tributario, di atti non notificati”, ivi, pag. 1986 ss.

(4) Questo riconoscimento è stato definitivamente consacrato dalla sentenza 27 dicembre 1974, n. 287, in Dir. prat. trib., 1975, II, pag. 34, con il commento di C. Magnani,“Giurisdizionalità delle vecchie e delle nuove commissioni tributarie”. A tale conclusione la Corte era pervenuta sulla base di quanto disposto dalla Legge delega 9 ottobre 1971, n. 825 e del Decreto delegato 26 ottobre 1972, n. 636, col quale“sono stati accuratamente eliminati gli aspetti dai quali traeva fondamento la tesi della natura ammini- strativa e accreditati i caratteri in base ai quali le Commissioni venivano considerate come giurisdizionali”. Con successiva sen- tenza 3 agosto 1976, n. 215, in Dir. prat. trib., 1976, II, pag. 589, con nota congiunta di C. Magnani - G. Marongiu,“Sulla legittimità costituzionale delle nuove commissioni tributarie”, la Corte costi- tuzionale ebbe a ulteriormente ribadire che“le controversie rela- tive alla natura giuridica delle Commissioni tributarie (vecchie e

nuove) doveva ritenersi automaticamente risolta, nel senso della loro giurisdizionalità dalla Legge delega 9 ottobre 1971, n. 825, e dal Decreto delegato 26 ottobre 1972, n. 636, e che il procedi- mento che il legislatore aveva inteso adottare ai fini della disciplina delle nuove Commissioni era proprio quello della revisione indi- cata dalla VI disposizione transitoria della Costituzione”. In prece- denza, la Consulta già aveva riconosciuto natura giurisdizionale alle vecchie Commissioni (con le pronunce 16 gennaio 1957, n. 12;

11 marzo 1957, nn. 41 e 42; 30 dicembre 1958, n. 81; 13 luglio 1963, n. 132; 7 dicembre 1964, n. 108), cambiando però poi opinione e ritenendole meri organi amministrativi con le pronunce 10 febbraio 1969, n. 10; 21 marzo 1969, nn. 40 e 44; 26 marzo 1969, n. 50).

(5) V., in proposito, Cass. civ., SS.UU., 6 febbraio 1984, n. 871, in Giur. imp., 1985, pag. 1165, ove altri riferimenti. Nella motiva- zione si evidenzia come la Corte mai abbia dubitato che le Com- missioni fossero organi speciali di giurisdizione,“qualifica che, del resto, s’impone anche alla stregua dell’esegesi storica della legi- slazione in materia, essendo ben noto che la nuova disciplina è stata dettata in attuazione della disposizione transitoria VI della Costituzione, sulla revisione delle residue giurisdizioni speciali”.

(9)

dei propri effetti disciplinari, contornati da rigorosi termini di decadenza, a fronte dei quali sorge l’ine- ludibile alternativa, della loro sottoponibilità al controllo giurisdizionale in forme necessariamente impugnatorie, sottoposte pur esse a termini deca- denziali, o dell’inoppugnabilità,indifetto,disiffatti provvedimenti con la conseguente consolidazione dei relativi effetti, così da realizzare nell’insieme una vera e propria nuova dinamica del prelievo.

Nel quale contesto, l’art. 16 del D.P.R. n. 636/

1972 (6) veniva dal legislatore assunto a norma fondamentale (Grundnorm) dell’ordinamento tri- butario, tanto sul versante sostanziale, quanto in quello processuale. Fornendo così quella, che, anche a seguito di un contorno dottrinale conse- guentemente sviluppatosi (7), lo stesso legislatore ebbe a definire come predeterminazione norma- tiva degli atti autonomamente impugnabili, ele- vati significativamente a vere e proprie ianuae di accesso per l’ordinato ingresso della tutela giuri- sdizionale nell’ambito dell’organizzazione del pre- lievo in tal modo innovativamente disciplinata.

Con questo rinnovato tessuto normativo il legi- slatore del 1992 completava poi e rifiniva l’im- pianto sistematico introdotto con il D.P.R. n. 636/

1972, nel frattempo preservato ed aggiornato con il D.P.R. n. 739/1981, ulteriormente ampliando la platea degli atti autonomamente impugnabili, con l’introduzione, altresì, di una regola residuale di prefigurata elasticità evolutiva, mediante ulteriore previsione di autonome impugnabillità di “ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l’auto- noma impugnabilità davanti alle Commissioni tributarie” [art. 19, comma 1, lett. i), del D.Lgs.

n. 546/1992] (8). Modulando, inoltre [nei commi 2 e 3, D.Lgs. cit.], le sequenze fra gli anzidetti

provvedimenti rappresentativi di segmenti dell’a- zione amministrativa, fra di essi legati, non da nessi procedimentali, ma secondo scansioni presuppo- sizionali ben articolate mediante l’incisivo stru- mento delle loro notificazioni (9), così da rendere ben efficiente il loro succedersi dinamico, grazie all’operare di decadenze, rapportabili ad atti nor- mativi e a giudicati oggettivamente contornati.

Questo nuovo sistema, messo a frutto nella con- creta esperienza applicativa dei giudici di merito, e mai contrastato dalla Corte costituzionale (10), non ha tuttavia incontrato sufficiente appoggio nei giudici di legittimità, i quali, anziché pla- smarne il contenuto con una sapiente opera di affinamento interpretativo, si sono mostrati, salvo rare eccezioni, sempre, più o meno consa- pevolmente, legati ai vecchi schemi di stampo civilistico, pur dovendo fare i conti con realtà normative difficilmente riportabili ad essi, stante, in specie, l’incontrovertibile tassativa imposizione di termini decadenziali per il fluire dell’azione amministrativa nello sviluppo del suo controllo in via processuale, che vincolano rigo- rosamente l’andamento del prelievo e delle forme di tutela ad esso commisurate.

Deviazioni e glissements ai vertici della nomofilachia

L’anzidetta carsica erosione, ad opera della giuri- sprudenza, del“nuovo” corso legislativo instau- rato dalla riforma, ne ha variamente propugnato l’allontanamento in vista (talora in forme di vero e proprio endorcement) di una prefigurazione del processo tributario in termini di accertamento sostitutivo (11) secondo la disciplina del Codice

(6) Sulla fondamentale pregnanza sistematica dell’art. 16 del D.P.R. n. 636/1972 v., all’origine, C. Glendi, L’oggetto del pro- cesso tributario, Padova, 1984, pag. 256 ss.

(7) In aggiunta all’op. cit. alla nota precedente v. anche il successivo commento alla norma fatto da M. Polano, in C. Glendi, Commentario alle leggi sul contenzioso tributario, Milano, 1990, pag. 234 ss.

(8) In continuità con i contributi sopra ricordati alle note 6 e 7 v. il commento all’art. 19, D.Lgs. n. 546/1992 e alle successive dispo- sizioni di completamento ad opera di R. Schiavolin in C. Consolo - C. Glendi, Commentario breve alle leggi del processo tributario, III ed., Padova, 2012, pag. 257 ss., nonché, successivamente, il commento alla stessa norma di C. Glendi, in C. Consolo - C. Glendi, Commentario breve alle leggi del processo tributario, IV ed., Milano, 2017, pag. 300 ss. Di quest’ultimo Autore, v., inoltre,

l’estratto appendicolare pubblicato col titolo “Atti impugnabili e oggetto del ricorso”, in Dir. prat. trib., 2017, II, pag. 2746 ss.

(9) Sulla cruciale importanza della“notificazione” nella Gene- ralklausel originariamente prevista dall’art. 16 del D.P.R. n. 636/

1972 e poi nell’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 si rinvia breviter al penetrante contributo di D. Cané, op. loc. cit., spec. pag. 1986 ss.

V. anche, si vis, C. Glendi, “Atti recettizi, predeterminazione normativa degli atti impugnabili e improponibilità di impugnazioni facoltative nel processo tributario”, in Dial. trib., 2008, pag. 22 ss.

(10) In tal senso, puntualmente, M. Basilavecchia, Funzione impositiva e forme di tutela, Torino, 2013, pagg. 13 e 49.

(11) Su di che non resta che richiamare l’attenzione a quanto scritto criticamente in C. Glendi,“‘L’oggetto del processo tribu- tario’ trent’anni dopo”, in Discussioni sull’oggetto del processo tributario, (a cura di) M. Basilavecchia - A. Comelli, Milano, 2020,

(10)

di procedura civile, anche se mai sfociato nell’e- splicito riconoscimento di una generalizzata pro- ponibilità di mere azioni di accertamento (12), in astratto logicamente concepibili (13), ma che, in realtà, avrebbero letteralmente“fatto a pugni”, se così si può dire, con il diritto positivo vigente, dando per di più vita ad un’indiscriminata pro- fluvie di accessi giurisdizionali, di per sé tale da intasare o addirittura paralizzare l’ordinato eser- cizio dell’azione amministrativa di prelievo.

Le varie tappe di questi glissements (14) sono ben note.

Vanno, dal tanto abusato quanto inconsistente impiego dello stereotipo dell’impugnazione- merito (15), all’astratta generalizzazione del- l’impugnabilità di atti normativamente non predeterminati pur che in qualche modo espres- sivi di una generica manifestazione di pretese impositive o esattive, genericamente lesive

della sfera giuridica del contribuente (16).

Dalle più elaborate, ma non meno evanescenti, pseudoteorizzazioni apicali di velleitarie impu- gnazioni facoltative degli atti normativamente non previsti fra quelli impugnabili (17), tempe- rate, talvolta, dalla comunque successivamente necessaria impugnazione degli atti normativa- mente previsti come impugnabili se notifi- cati (18). Alla specialmente ritenuta “diretta”

impugnabilità dei ruoli di cui si afferma la man- cata o invalida notificazione mediante cartelle di pagamento ancor prima e a prescindere da una comunque avvenuta notificazione di atti autonomamente impugnabili (19).

Su tutti questi escamotages, e sulle loro molteplici varianti specificative, non è qui possibile indu- giare, ratione temporis ac loci, come si suol dire, né, in verità, ne vale la pena, anche perché già molto se n’è scritto criticamente altrove (20).

pag. 319 e spec. al § 4, pag. 140 ss., nonché, in diversa prospettiva, M. Agostinelli,“La duplice natura costitutiva del processo tribu- tario”, in Giur. it., 2021, pag. 1092 ss., sulla scia di quanto scritto da C. Consolo - M. Stella, in“Appendice - giuridico sistematica su natura e oggetto del processo tributario (in generale e nella nuova disciplina dell’abuso del diritto)” in C. Glendi - C. Consolo - A.

Contrino, Abuso del diritto e novità nel processo tributario, Milano, 2016, pag. 323 ss., su cui, nuovamente in senso critico, D. Corraro,

“Riflettendo attorno ad alcune pronunce in tema di giudicato esterno nelle imposte periodiche”, di prossima pubblicazione in Dir. prat. trib., 2022, alla nota 18, ove altri riferimenti.

(12) La cui ammissibilità in materia tributaria già aveva formato oggetto di molte discussioni prima della riforma del 1972, ma poi era stata pressoché da tutti bandita dopo tale riforma, proprio perché in stridente irrimediabile contraddizione con essa. Sul punto, per riferimenti retrocronolizzabii, M. Polano,“Commento all’art. 16 del D.P.R. n. 636/1972”, cit., loc. cit., pag. 237-238. In tempi più vicini, D. Carinci,“Dall’interpretazione estensiva dell’e- lenco degli atti impugnabili al suo abbandono: le glissement pro- gresif della Cassazione verso l’accertamentonegativonelprocesso tributario”, in Riv. dir. trib., 2010, II, pag. 617 ss.; F. Cerioni, “La Cassazione riforma il processo tributario: dalle azioni impugnatorie a quelle di accertamento dell’obbligazione tributaria”, in questa Rivista, n. 1/2016, pag. 40 ss. In giurisprudenza, da ultimo, negano l’ammissibilità dell’azione di mero accertamento in materia tribu- taria Cass. n. 2281/2017; Cass. nn. 3447 e 13775/2019; Cass. n.

7822/2020. Ma v. per l’ammissione Cass. n. 3990/2020.

(13) Nulla vieta e osta logicamente, infatti, come è del resto storicamente avvenuto, che si configuri il prelievo in termini di una obbligazione tributaria da accertarsi anche in sede giurisdizionale ad instar di un processo civile di cognizione. Sol che la storia è cambiata, e in oggi una via vagamente irenistica di questo tipo contrasta verticalmente con i dati del diritto positivo, con siste- matiche giuridiche confacenti ad essi e, last but not least, con una dinamica economico sociale tutt’affatto in contrasto con essa.

(14) L’elegante francesismo è ovviamente mutuato dal sapido saggio di A. Carinci,“Dell’interpretazione estensiva dell’elenco degli atti impugnabili al suo abbandono: le glissements progressif della Cassazione verso l’accertamento negativo del processo tributario”, cit., loc. ult. cit., che, tuttavia, non pare, abbia trovato conferme, non essendosi, infatti, avverato nessuno dei

profetizzati esiti, per le“corpose” ragioni che ne ostacolano il relativo avveramento.

(15) Su cui v. criticamente C. Glendi,“‘L’oggetto del processo tributario’ trent’anni dopo”, cit., loc. cit., pag. 336 ss., nonché, da ultimo, A. Guidara,“Gli ‘oggetti’ del processo tributario”, in AA.

VV., Specialità delle giurisdizioni ed effettività delle tutele, A.

Guidara (a cura di), Torino, 2021, pag. 439 ss.

(16) Su questa prospettiva generalizzata a livello giurispruden- ziale v. amplius C. Corrado Oliva,“La generalizzazione della giuri- sdizione e la predeterminazione normativa degli atti impositivi”, in Dir. prat. trib., 2006, II, pag. 329 ss.

(17) Su questo slittamento concettuale v. con ampio riferi- mento alla giurisprudenza della Suprema Corte, G.M. Cipolla,

“Processo tributario e modello di riferimento: dall’onere di impu- gnazione all’impugnazione facoltativa”, in Riv. dir. trib., n. 11/

2011, I, pag. 957 ss.; G. Tabet,“Verso la fine del principio di tipicità degli atti impugnabili?”, in questa Rivista, 2008, pag. 507; A.

Kostner,“Gli atti autonomamente impugnabili nel processo tribu- tario: crisi del principio di tassatività?”, in Riv. trim. dir. trib., n. 4/

2016, pag. 865 ss.; G. Glendi,“Note critiche alla teoria giurispru- denziale degli atti facoltativamente impugnabili nel processo tri- butario”, in Dir. prat. trib., n. 6/2018, pag. 2528 ss.

(18) In questo senso, da ultimo, Cass., Sez. trib., 29 ottobre 2021, n. 30736, in corso di pubblicazione su Dir. prat. trib., 2022, con il commento di G. Glendi,“La Suprema Corte finalmente chiarisce, e segna, i confini tra l’impugnazione facoltativa anti- cipata e l’impugnazione nel termine decadenziale a pena di con- solidamento dell’atto”.

(19) Su cui specialmente, dopo la pronuncia delle SS.UU. n.

19704/2015, di cui sopra si è detto a nt. 3, v. in giurisprudenza ex plurimis, fra le più recenti, Cass. 17 settembre 2019, n. 23076;

Cass. 18 ottobre 2021, n. 28722. In dottrina, F. Corda,“Riflessioni in merito all’impugnabilità dell’estratto di ruolo”, in Riv. dir. trib., 2016, IV, II, pag. 168 ss.

(20) Si rimanda, di proposito, alle sintesi criticamente svilup- pate al paragrafo XVI del commento all’art. 19 del D.Lgs. n. 546/

1992 del Commentario breve alle leggi del processo tributario, IV ed., cit., pag. 326 a 329, riproposte, in formato appendicolare, da C. Glendi,“Atti impugnabili e oggetto del ricorso”, cit., loc. cit., spec. pagg. 2800-2806, con note a margine.

(11)

Il sopravvenuto restraint legislativo

Preme, invece, far qui rilevare come, soprattutto al fine di contrastare l’esorbitante afflusso del contenzioso conseguente alle sopra accennate derive giurisprudenziali di vertice, si sia attivato un progressivo restraint legislativo, sollecitato, in varia guisa, dalle Amministrazioni fiscali.

Dapprima, episodicamente, con i comunque significativi interventi del 2015, rispettivamente con l’art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 156/2015 (21) e con l’art. 11, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 159/

2015 (22). Ove il legislatore si è chiaramente manifestato, nel senso, non solo di non prevedere l’autonoma impugnabilità di atti precedente- mente ritenuti impugnabili dalla giurisprudenza ancorché normativamente non previsti come tali, ma financo pervenendo a vietarne l’autonoma impugnabilità giurisprudenzialmente ammessa, in tal modo ribadendo, a fronte delle predicazioni di vertice, il solido impianto della predetermina- zione normativa degli atti autonomamente impu- gnabili così come sinora inquadrato dall’art.19 del D.Lgs. n. 546/1992.

In termini più generali e radicali il legislatore si è poi fatto vivo nel 2021, in occasione della proget- tata riforma della giustizia tributaria (23), a cui si è fatto seguito, in una sorta di anticipazione legisla- tivamente mirata, proprio col novellato comma 4- bis dell’art. 12 del D.P.R. n. 602/1973, su cui si è quindi focalizzata l’attenzione della Corte.

Benché il prodotto legislativo sia stato sicuramente influenzato dalla proposta contenuta nell’ambito dei lavori della Commissione interministeriale di cui sopra si è detto, opportunamente richiamati dall’ordinanza in commento (24), il testo che

risulta essere stato predisposto da detta Commis- sione appare, peraltro, di tutt’altro tenore. Con la

“disposizione XVI”, suggerita dal Direttore dell’A- genzia delle entrate (25), veniva prevista, al comma 1, la non ammissione in alcun caso del- l’impugnazione dell’estratto di ruolo, salvo che agli specifici fini di evitare al contribuente di incorrere:

a) in sede di partecipazione a una procedura di appalto nell’esclusione dalla medesima ex art. 80, comma 4, CCP, ex D.Lgs. n. 50/2016; b) in pre- senza di pagamento derivante da rapporti in essere con i soggetti pubblici di cui all’art. 1, comma 1, lett. a), del Decreto ministeriale 18 gennaio 2008, n. 40, negli effetti delle verifiche di cui all’art.48-bis del D.P.R. n. 602/1973; c) nella perdita di un beneficio nei rapporti pendenti con una Pubblica amministrazione. Ribadendosi, tuttavia, nel comma 2, che “la cartella di pagamento, se non validamente notificata dall’agente della riscos- sione”, potesse “comunque essere impugnata uni- tamente al primo atto successivo notificato dallo stesso agente della riscossione”.

Riducendo a estrema sintesi questo disposto, mai peraltro venuto positivamente alla luce, non è difficile constatare come in esso, non ostante la sua contorta formulazione, venisse sostanzialmente prefigurato l’inserimentodi unnuovo atto (estratto di ruolo) nella platea degli atti autonomamente impugnabili ex art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992, sia pure nei limiti specificamente indicati alle lett. a), b) e c), sostanzialmente congegnati quali motivi d’impugnazione normativamente predeterminati e necessitati ai fini dell’ammissibilità e accoglimento del ricorso. Confermando, d’altronde, la generale impugnabilità della cartella di pagamento“se non

(21) Con questa disposizione il legislatore è intervenuto a proposito della nuova disciplina degli interpelli recata dal D.Lgs.

n. 156/2015, manifestando una netta presa di posizione contro l’indirizzo interpretativo precedentemente avallato dalla Suprema Corte, inibendo, in termini chiari e netti, l’autonoma impugnabilità di tutti i dinieghi d’interpello, fatto soltanto salvo l’interpello c.d.

disapplicativo, per il quale è stata unicamente prevista la possibi- lità di proporre ricorso avverso la risposta all’istanza soltanto

“unitamente all’atto impositivo”.

(22) Con l’art. 11, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 159/2015 si è legislativamente intervenuti sul versante dell’autotutela, aggiun- gendo all’art. 2-quater del D.L. n. 564/1994, conv. in Legge n. 654/

1994, ulteriori nuovi commi, da 1-sexies a 1-octies, nel quale ultimo si è poi precisamente stabilito che “l’annullamento o la revoca parziali non sono impugnabili autonomamente”. Com’è noto, la questione di legittimità costituzionale sollevata in proposito da

Comm. trib. prov. di Chieti, 1° luglio 2016, n. 454, in questa Rivista, 2017, pag. 48, con nota di G. Glendi,“Incertezzesuirimediesperibili avverso il diniego parziale e tacito di autotutela”, è stata dichiarata infondata dalla Corte cost. con sentenza 13 luglio 2017, n. 181, in questa Rivista, 2017, pag. 853 ss., con il commento di G. Glendi,“È davvero legittima e insindacabile l’omessa risposta dell’Ammini- strazione finanziaria all’istanza di autotutela?”.

(23) Istituita con Decreto emanato dal Ministro della Giustizia e dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, 14 aprile 2021.

(24) Precisamente al § 9.3. della motivazione. Dove addirittura, con enfasi, si afferma che la nuova norma“trae la propria linfa vitale dalla relazione finale della Commissione interministeriale per la riforma”, il che non è propriamente vero, come appare da quanto infra rimarcato nel testo.

(25) Riprodotta a pag. 131 del testo della relazione finale del 30 giugno 2021 della Commissione interministeriale.

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