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Festa del santo patrono con il Vescovo Dante San Francesco di Sales

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Academic year: 2022

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Festa del santo patrono con il Vescovo Dante

San Francesco di Sales

«Ritorni il fascino di amare il Signore in pienezza, nelle piccole cose così come in quelle grandi». Questo l’auspicio e la grazia espressi dal vescovo Lafranconi guardando alla figura e all’esempio di san Francesco di Sales, «perché dal clima spirituale delle nostre comunità cristiane possano nascere ancora vocazioni alla vita consacrata, come testimonianza della gioia e della pienezza con cui intendiamo rispondere al Signore sulla strada del Vangelo». L’occasione è stata la Messa presieduta nel pomeriggio di venerdì 23 gennaio a Soresina, nella chiesa del monastero della Visitazione (congregazione fondata proprio da san Francesco di Sales). Una celebrazione che si è svolta nel contesto dell’Anno della vita consacrata.

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Photogallery della celebrazione

Omelia del vescovo (mp3) Saluto del parroco (mp3) Al centro dell’omelia di mons. Lafranconi proprio la figura del santo fondatore. Ricardando il periodo della sua vita in cui disperava di essere salvato, mons. Lafranconi ha evidenziato come il santo sia riuscito a superare questo dubbio solo guardando all’amore del Signore nel dono del Figlio: «Se Dio ha mandato suo Figlio per tutti – ha ricordato il Presule – allora vuole bene anche a me!».

La salvezza – ha quindi evidenziato il Vescovo – passa attraverso il riconoscimento dell’amore di Dio per l’umanità, così come ha capito san Francesco di Sales.

Di qui l’invito, rivolto alle claustrali ma non solo – di fare ogni cosa, anche la più umile -, sempre per amore. «Sull’onda di questo amore del Signore – ha affermato – anche noi diventiamo capaci di rendere grandi le piccole azioni della nostra quotidianità. Credo che il fallimento di una vita cristiana abbia le sue radici proprio nel non credere più con convinzione di essere amati da Dio. Allora la nostra vita diventa mediocre e poco significativa: ci lasciamo trascinare dagli avvenimenti più che imprimere in essi la forza del nostro amore per il Signore come risposta all’amore che lui ha per noi».

Poi una ulteriore sottolineatura, con un chiaro riferimento all’Anno dedicato alla Vita consacrata. «La vita consacrata – ha ricordato il Presule – nel disegno di Dio e nell’esperienza della Chiesa è quella situazione di vita scelta che risponde all’amore di Dio vivendo fino in fondo il Vangelo e per trascinare sulla strada del Vangelo anche tutti gli altri fedeli». Poi ha aggiunto: «Per le nostre sorelle vogliamo chiedere questa grazia. E la vogliamo chiedere per le nostre unità cristiane». «Il venire meno delle vocazioni alla Vita consacrata – ha aggiunto subito dopo – è un segno della

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debolezza di fede delle comunità cristiane, della nostra fede:

è un segno di tiepidezza».

«A san Francesco di Sales, dal cuore così innamorato per il Signore, – ha quindi concluso il Vescovo – vogliamo chiedere per noi, per le suore e per le nostre comunità la grazia che ritorni il fascino di amare il Signore in pienezza, nelle piccole e grandi cose. Perché dal clima spirituale delle nostre comunità cristiane possano nascere ancora vocazioni alla Vita consacrata, come testimonianza della gioia e della pienezza con cui intendiamo rispondere al Signore sulla strada del Vangelo».

Diversi i sacerdoti che hanno concelebrato l’Eucaristia.

Anzitutto i preti della parrocchia di S. Siro: il parroco don Angelo Piccinelli, don Attilio Spadari, don Andrea Piana e don Davide Ottoni. Diversi anche quelli del circondario: don Marino Dalè, don Renato Onida, don Franco Zangrandi, don Mario Marinoni, don Fabrizio Ghisoni, don Rinaldo Salerno (custode del Santuario Misericordia, Castelleone). Il servizio all’altare è stato garantito dai diaconi permanenti Raffaele Ferri e Angelo Papa e dai ministranti del paese. Dietro alla grata che si trova a fianco del presbiterio c’erano naturalmente le monache della Visitazione con la superiora, madre Rosa Maria.

Al termine della celebrazione, che è stata supportata dal coro parrocchiale Psallentes accompagnato all’organo da Francesco Stoppelli, ha preso la parola il parroco don Piccinelli. Dopo aver espresso l’augurio dell’intera comunità al Vescovo in vista del 23esimo di ordinazione episcopale, guardando all’incontro in programma in serata per la verifica della pastorale giovanile, ha sottolineato lo stretto rapporto che lega san Francesco di Sales e i giovani. Non a caso don Bosco v o l l e d e d i c a r e p r o p r i o a q u e s t o s a n t o l a p r o p r i a congregazione: i Salesiani.

Biografia di San Francesco

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Nato a Thorens il 21 agosto 1567, concluse a Lione i suoi giorni, consunto dalle fatiche apostoliche, il 28 dicembre del 1622, l’anno della canonizzazione di San Filippo Neri, che Francesco conosceva attraverso la Vita scritta dal Gallonio, a lui inviata dall’amico Giovanni Giovenale Ancina. Iscritto nell’albo dei Beati nel 1661, fu canonizzato nel 1665 e proclamato Dottore della Chiesa nel 1887 da Leone XIII.

Francesco di Sales si formò alla cultura classica e filosofica alla scuola dei Gesuiti, ricevendo al tempo stesso una solida base di vita spirituale. Il padre, che sognava per lui una brillante carriera giuridica, lo mandò all’università di Padova, dove Francesco si laureò, ma dove pure portò a maturazione la vocazione sacerdotale. Ordinato il 18 dicembre 1593, fu inviato nella regione del Chablais, dominata dal Calvinismo, e si dedicò soprattutto alla predicazione, scegliendo non la contrapposizione polemica, ma il metodo del dialogo.

Per incontrare i molti che non avrebbe potuto raggiungere con la sua predicazione, escogitò il sistema di pubblicare e di far affiggere nei luoghi pubblici dei “manifesti”, composti in agile stile di grande efficacia. Questa intuizione, che dette frutti notevoli tanto da determinare il crollo della

“roccaforte” calvinista, meritò a S. Francesco di essere dato, nel 1923, come patrono ai giornalisti cattolici.

A Thonon fondò la locale Congregazione dell’Oratorio, eretta da Papa Clemente VIII con la Bolla “Redemptoris et Salvatoris nostri” nel 1598 “iuxta ritum et instituta Congregationis Oratorii de Urbe”. Il suo contatto con il mondo oratoriano non riguardò tanto la persona di P. Filippo, quanto quella di alcuni tra i primi discepoli del Santo, incontrati a Roma quando Francesco vi si recò nel 1598-99: P. Baronio, i PP.

Giovanni Giovenale e Matteo Ancina, P. Antonio Gallonio.

L’impegno che Francesco svolse al servizio di una vastissima direzione spirituale, nella profonda convinzione che la via

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della santità è dono dello Spirito per tutti i fedeli, religiosi e laici, fece di lui uno dei più grandi direttori spirituali. La sua azione pastorale – in cui impegnò tutte le forze della mente e del cuore – e il dono incessante del proprio tempo e delle forze fisiche, ebbe nel dialogo e nella dolcezza, nel sereno ottimismo e nel desiderio di incontro, il proprio fondamento, con uno spirito ed una impostazione che trovano eco profondo nella proposta spirituale di San Filippo Neri, la quale risuona mirabilmente esposta, per innata sintonia di spirito, nelle principali opere del Sales –

“Introduzione alla vita devota, o Filotea”, “Trattato dell’amor di Dio, o Teotimo” – come pure nelle Lettere e nei Discorsi.

Fatto vescovo di Ginevra nel 1602, contemporaneamente alla nomina dell’Ancina, continuò con la medesima dedizione la sua opera pastorale. Frutto della direzione spirituale e delle iniziative di carità del Vescovo è la fondazione, in collaborazione con S. Francesca Fremiot de Chantal, dell’Ordine della Visitazione, che diffuse in tutta la Chiesa la spiritualità del S. Cuore di Gesù, soprattutto attraverso le Rivelazioni di Cristo alla visitandina S. Margherita Maria Alacocque, con il conseguente movimento spirituale che ebbe a n c h e i n m o l t i O r a t o r i , s o p r a t t u t t o d e l l ’ I t a l i a Settentrionale, centri di convinta adesione.

Il Vescovo al monastero nella

quarta di Avvento

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Il Vescovo al monastero nella quarta di Avvento:

«Con Maria Dio mostra quanto ha a cuore la dignità umana»

Domenica 21 dicembre, mons. Dante Lafranconi, ha celebrato l’Eucarestia con la comunità delle monache di clausura del monastero della Visitazione di Soresina. Un incontro ormai consueto a pochi giorni dal Natale che quest’anno ha visto la partecipazione oltre che di don Angelo Piccinelli, parroco di San Siro, anche di don Giuseppe Quirighetti, sacerdote cremonese attualmente addetto di Nunziatura in Madagascar.

Mons. Lafranconi nell’omelia ha spiegato come il cammino d’Avvento offra la possibilità «di spaziare sul disegno di Dio che da sempre mira a mostrare l’amore di Dio e la sua volontà di salvezza per ogni uomo». Un disegno continuamente supportato da un promessa che si realizza nella storia e che trova piena attuazione in «Maria, la Madre del Salvatore».

«Maria – ha proseguito il presule – non immaginava di avere questa missione, questo compito, di essere la Madre del Figlio

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di Dio. È il Signore che opera in Lei, opera in Lei addirittura rendendola Immacolata, preservandola dal peccato.

È bello che nel percorso dell’Avvento ci stia anche la Festa dell’Immacolata Concezione, perché è un modo per richiamare a noi credenti che il disegno di Dio viene preparato sommessamente, nel silenzio, a volte anche nella non consapevolezza di chi è destinato ad avere una funzione realizzatrice di questo mistero».

Mons. Lafranconi ha quindi evidenziato la reazione stupita di Maria che chiede delle spiegazioni all’angelo: «È giusto così!

Dio non tratta mai l’uomo semplicemente come un esecutore, Dio si pone sempre nei confronti dell’uomo come uno che ha una proposta da offrire, da suggerire, una proposta che indica anche un futuro bello, di salvezza, positivo, ma domanda sempre che ci sia il consenso, la partecipazione responsabile dell’uomo». Dio, dunque, ha a cuore la dignità e la responsabilità della persona.

E a tal proposito il Vescovo ha commentato: «In questi tempi in cui il senso della dignità della persona è particolarmente vivo non dobbiamo dimenticare che esso è salvaguardato da Dio che chiede il consenso e dall’uomo, il quale, colto il suo disegno, vi aderisce con l’obbedienza. L’obbedienza non è un rinunciare alla propria dignità, l’obbedienza è il modo autentico per affermare la propria dignità».

«Noi ci prepariamo a vivere il mistero del Natale – ha continuato – avvolti dalla figura così suggestiva della Vergine Madre e ci prepariamo a viverlo chiedendo a Lei, alla Madonna che ci aiuti a capire come il mistero della salvezza nascosto da secoli è stato rivelato. E il modo migliore per poterlo fare nostro è di aderire con tutto il cuore, con tutta l’anima come Lei, perché il disegno di Dio si compia in noi e a t t r a v e r s o d i n o i a n c h e n e l p e r c o r s o d e l l a s t o r i a dell’umanità».

Nell’ultima parte della sua omelia il presule ha parlato

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dell’anno della vita consacrata aperto dal Papa il 21 novembre scorso: «Qual è la testimonianza della vita consacrata? È la testimonianza stessa che ha dato Maria, di aderire con tutto il cuore, con tutta l’anima alla proposta di Dio, alla sua chiamata, è di aderire con una obbedienza generosa, gioiosa, piena, totale, definitiva… per questo che noi sentiamo il valore della testimonianza della vita religiosa, è per questo che preghiamo per le nostre monache come preghiamo per tutto coloro che hanno scelto di aderire alla vocazione della vita consacrata, perché esse continuino in mezzo al popolo cristiano dei segni evidenti, dei segni rivelatori del disegno di Dio e diventino dei segni anche che rivelano a noi uomini qual è la strada giusta per salvaguardare la nostra dignità».

Photogallery

Il Vescovo celebra la Messa nella quarta di Quaresima

Il Vescovo celebra la Messa al monastero di Soresina

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«La Chiesa è come il pozzo di Giacobbe»

Domenica 23 marzo, terza di Quaresima, mons. Dante Lafranconi ha celebrato l’Eucaristia nella chiesa del monastero della Visitazione di Soresina. È questo un appuntamento consueto, un occasione per il presule di incontrare la comunità claustrale per gli auguri pasquali. La Messa è stata concelebrata dal parroco, don Angelo Piccinelli e dal segretario episcopale don Flavio Meani.

Nell’omelia il Vescovo ha detto innanzitutto che il cammino verso la Pasqua deve essere animato dal desiderio di arrivare a condividere la risurrezione del Signore Gesù in una novità di vita. Dobbiamo perciò volere decisamente convertirci e riconfermare con intera convinzione la nostra adesione a Gesù Cristo.

Inoltrandosi nella Liturgia della Parola, il Presule ha incentrato la riflessione sul desiderio espresso da Gesù alla Samaritana: “Se tu conoscessi il dono di Dio …”; ha accennato agli impedimenti a questo riconoscimento, che a volte possono derivare dalla nostra superficialità o dal nostro lasciarci prendere dalle cose contingenti della nostra vita quotidiana.

Considerando, poi, che la Samaritana arriva a conoscere davvero Gesù come il Messia, il Salvatore e quindi ad aprirsi a un vero dialogo con Lui quando constata che Egli già la conosce, il Vescovo invita a far sì che il nostro cammino quaresimale, portandoci a conoscere meglio noi stessi, sfoci nel desiderio incoercibile di presentarci al Signore a chiedere perdono.

Sta qui il senso della Confessione pasquale: un incontro con Colui che mi dice: “Se tu conoscessi il dono di Dio …” Appunto coltivando il desiderio di conoscerlo veramente ogni giorno, sentiamo il bisogno di purificare i nostri occhi, il nostro cuore, perché altrimenti non vediamo il dono di Dio anche se ci sta davanti, non riconosciamo Gesù come il vero Dono di Dio.

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Riallacciandosi alla seconda lettura, il Vescovo ha messo in rilievo un aspetto di questo Dono di Dio che è Gesù: Egli è morto per noi, non perché eravamo buoni e meritavamo che qualcuno desse la vita per noi; al contrario, è morto per noi perché siamo peccatori.

Forse troppo spesso noi cristiani – ha detto mons. Lafranconi – dimentichiamo ciò, ci riteniamo a posto, bravi, giusti, e così, perdendo la conoscenza vera di noi stessi, non riusciamo a riconoscere Gesù come vero Dono di Dio e allora pensiamo di poterne fare a meno, che ci basti l’acqua che tiriamo su dal nostro pozzo, non sappiamo più apprezzare l’Acqua viva, sorgente di Vita eterna.

Avviandosi alla conclusione il Vescovo ha suggerito di guardare la chiesa come “il pozzo di Giacobbe”, dove Gesù siede, rimane, sta ad aspettare ciascuno di noi, anche chi non sa di essere atteso oppure non desidera esserlo; “pozzo di Giacobbe” in modo particolare la chiesa delle monache, il monastero e ha rivolto un ulteriore invito ad apprezzare il dono della Vita Consacrata. “Non è forse – ha detto – una sorgente che all’interno delle nostre Comunità permette a quest’acqua viva zampillante, che è eterna, di percorrere tutti i nostri sentieri, tutte le nostre strade e di entrare nelle nostre case?”

E ha concluso con l’augurio di un incontro con Gesù fruttuoso di conversione, come quello della donna di Samaria.

La comunità

visitandina di Soresina

Ascolta l’omelia di mons. Lafranconi

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Festa di S. Francesco di Sales

Festa di S. Francesco di Sales al Monastero della Visitazione con il vescovo Carmelo Scampa: «Ci ricordate che Dio è Dio»

Lo scorso 24 gennaio, ricorrenza di San Francesco di Sales, la comunità claustrale della Visitazione di Soresina ha ricordato il santo Patrono e fondatore. Un momento per sottolineare la presenza viva del Monastero della Visitazione in quel di Soresina e pregare per le vocazioni claustrali, ma anche per i giornalisti e chi opera nel settore della comunicazione e che ha S. Francesco di Sales come patrono. Ha reso ancora più solenne questo momento la presenza di mons. Carmelo Scampa, vescovo di São Luís de Montes Belos, originario di Scandolara

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Ripa d’Oglio, cheh ha presieduto la Messa delle 18 al Monastero con il parroco di Soresina don Angelo Piccinelli e don Vincenzo Rini, direttore del settimanale diocesano «La Vita Cattolica». Presenti anche don Massimo Ungari e don Franco Zangrandi, parroco di Annicco oltre agli altri preti in servizio pastorale a Soresina.

La celebrazione, particolarmente partecipata visto l’affetto che lega la comunità alle Suore della Visitazione, è stata aperta dal parroco don Angelo Piccinelli che ha ringraziato il vescovo Scampa per la sua presenza. A lui ha chiesto di pregare, insieme alla comunità, per il monastero, per nuove vocazioni, perché, ha specificato,«non vogliamo perdere a Soresina il carisma della salesianità»; per il mondo della comunicazione sociale e tutti coloro che operano nel mondo dei mass media perché «lavorino al servizio dell’informazione della verità»; per l’ecumenismo, «per evitare inutili divisioni nelle comunità cristiane». Chiudendo il suo intervento, don Piccinelli ha aggiunto: «Da parte nostra, pregheremo per lei perché Dio le porti tutti i doni di cui ha bisogno per il suo ministero».

Vera e coinvolgente l’omelia del vescovo Scampa che ha trasmesso la gioia dell’amore per Dio e del dono della vocazione claustrale a tutti i presenti, oltre a portare alle monache della Vistazione un messaggio positivo in questo momento di crisi delle vocazioni claustrali.

Questo, in breve, il messaggio del vescovo Scampa: «Vi invito a condividere con me tre riflessioni partendo dalle letture, non scelte a caso, di questa celebrazione. La prima, S.

Francesco di Sales, pastore, impegnato nella pastorale ordinaria, ha avuto un’illuminazione ancora oggi testimoniata dalla presenza dell’Ordine della Visitazione nel mondo. Non sempre chi è coinvolto nell’ordinario riesce a cogliere la dimensione contemplativa dove Dio è l’unico necessario. Le monache non sono persone che non sanno cosa fare o scappate dal mondo, ma hanno avuto un dono, l’illuminazione che Dio è

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Dio – l’unico – e ce lo ricordano quotidianamente con la loro presenza. La seconda, quando Dio è Dio, la vita assume una dimensione differente. ‘Voi siete il sale della terra, la luce del mondo’. Il sale conserva, dà sapore. La luce illumina, dà sicurezza, riscalda. Sono immagini semplici che però descrivono il cristiano vero. E quando la dimensione contemplativa ci illumina, diventiamo sale e luce. La terza, S. Francesco di

Sales è stato un geniale comunicatore. Noi siamo tutti evangelizzatori chiamati a trasmettere il Vangelo, il messaggio di Dio. S. Francesco di Sales, quindi, è un po’ il patrono di tutti noi, perché tutti siamo chiamati a evangelizzare, ma con verità, trasparenza e semplicità.

Concludendo, allora, che Dio ci illumini con la Sua parola e che mai faccia mancare la vita contemplativa nella nostra vita e ci faccia essere sale e luce, ovvero persone costruttive nella vita».

La celebrazione è stata allietata dal coro Psallentes della parrocchia guidato dal maestro Alessandro Manara.

Annalisa Tondini

E proprio il 24 gennaio il monastero ha inaugurato il proprio m i n i s i t o s u l n o s t r o p o r t a l e (www.diocesidicremona.it/monasterovisitazione): diverse e ricche di notizie le sezioni pensate dalle claustrali (carisma, spiritualità del fondatore, storia della presenza in paese, orari della giornata, ricorrenze speciali, contatti).

Un modo nuovo per avvicinare le tante persone, che, anche nel mondo digitale, cercano le risposte al senso della propria vita.

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Intanto si inizia a pensare al bicentenario di presenza a Soresina: era il 24 aprile 1816 quando suor Laura Felice Calvi, nominata superiora, e suor Giulia Domitilla Emili, assistente e maestra delle novizie, giunsero da Alzano Lombardo per iniziare una nuova esperienza di preghiera e di nascondimento.

Giornata “Pro Orantibus”

Giornata mondiale di preghiera per le monache di clausura A Soresina le religiose hanno rinnovato i voti

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Giovedì 21 novembre, festa liturgica della presentazione al tempio della Beata Vergine Maria, è stata celebrata la Giornata “Pro Orantibus”. Istituita da Pio XII nel 1953, successivamente questo appuntamento fu fissato al 21 novembre, perché nell’offerta totale della Vergine si riconosce l’ideale della vita consacrata. In questa Giornata, in tutte le Chiese del mondo si è pregato per le claustrali. La nostra diocesi si è stretta spiritualmente attorno ai due monasteri presenti sul suo territorio: quello delle monache domenicane di San Sigismondo a Cremona e quello della Visitazione a Soresina. E proprio le monache visitandine il 21 novembre hanno rinnovato i loro voti di consacrazione al Signore durante una Messa solenne alle ore 18. A tal proposito riproponiamo l’intervista fatta qualche mese fa alla madre del monastero soresinese e la testimonianza delle monache visitandine a Soresina.

Ascolta l’intervista alla Madre La testimonianza

Giornata delle claustrali

A Soresina le Visitandine rinnovano i loro voti

Le parole di una monache: «Non un ergastolo ecclesiastico ma una porta aperta sul mondo»

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Mercoledì 21 novembre, festa liturgica della presentazione al tempio della Beata Vergine Maria, è stata celebrata la Giornata “Pro Orantibus”. Istituito da Pio XII nel 1953, successivamente questo appuntamento fu fissato al 21 novembre, perché nell’offerta totale della Vergine si riconosce l’ideale della vita consacrata. In questa Giornata, in tutte le Chiese del mondo s i p r e g a p e r i c l a u s t r a l i e l e claustrali. La nostra diocesi si stringe spiritualmente attorno ai due monasteri presenti sul suo territorio: quello delle monache domenicane di San Sigismondo a Cremona e quello della Visitazione a Soresina. E proprio le monache visitandine il 21 novembre rinnovano i loro voti di consacrazione al Signore. Di seguito proponiamo una riflessione di una monaca di clausura tratta dal sito www.agensir.it.

Ci chiamano “claustrali”, l’impressione immediatamente suscitata è quella di una chiusura, di una serratura che si chiude dietro una persona e la reclude in uno spazio misurato e immoto. Per sempre. Una sorta di condanna in vita, un ergastolo che non conceda scampo. E se invece si adottasse un altro sguardo, forse non si potrebbe entrare nel mistero della persona chiamata e afferrarne qualche luce?

In quest’anno della fede, proclamato dal nostro Pastore Benedetto, l’immagine guida non può che essere una: la porta.

Indubbiamente quella porta che si varca entrando in monastero che però indica un’altra porta quella “che introduce alla vita di comunione con Dio”.

Non è una scelta che isola, che rende nulli i rapporti con le persone che stanno dall’altra parte della porta e che azzera

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il legame vivo con la storia, quella universale e quella quotidiana che ci attraversa, nostro malgrado, in ogni momento. Infatti, chi vive in monastero non si colloca al di là della porta ma la trova inscritta in sé e si ritrova posto proprio sulla soglia. Non con un piede di qua e un piede di là, in una posizione instabile e traballante ma in una postura ben diversa.

Per certi aspetti, diventa custode vigile e vibrante della porta, “sempre aperta”, pronta ad accogliere chi desideri rendersi partecipe di una vita avventurosa come quella segnata dalla comunione amorosa con Dio; non in bilico bensì distesa al soffio dello Spirito, perché la preghiera d’intercessione pervade la giornata, solca gli anni.

Presenza silente, non muta perché non priva della voce, ma ricca delle modulazioni interiori, dei desideri d’Infinito, di pace e di gioia che, in una modalità impercettibile ma reale, si espande e si diffonde dovunque.

Sì, proprio dovunque, dovunque l’urgenza esista, avvertita o ignorata, misconosciuta o richiesta.

Come in rete in cui il campo non manchi mai e la risposta sia sempre garantita e precisa.

La soglia consente di percepire tutta la vivacità e la drammaticità della storia, quella che scrive il nostro secolo diverso dal passato e differente dal futuro.

Si crea un continuo flusso irradiante, non perché chi abbia varcato la porta e viva sulla soglia sia eccellente, ma solo perché è consapevole del dono ricevuto: una ricettività attenta e vigile, perché la fede rende testimoni.

Di che cosa? Di fatti sconvolgenti da cui ci si è sottratti?

Di eventi cosmici che non possiamo controllare, su cui possiamo piangere ma standosene al margine e bene alla larga?

L’interrogativo “di che cosa?” è molto riduttivo. Deve essere posto molto più incisivamente, testimoni “di chi?”. Per di più

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con una sottolineatura “di Chi?”.

La soglia, allora, s’illumina perché la porta è incandescente e non può non colpire: il Figlio di Dio fattosi carne, questa la grande Luce.

Paradossalmente, chiunque l’abbia incontrato e per Lui e con Lui abbia varcato la porta e viva i suoi giorni sulla soglia, è pellegrino/a inesausta, non conosce soste, tempi morti, vacanze o ferie.

Sta immobile sul limite che non avrebbe senso se non esistesse la Porta, Gesù Cristo, ed è in continuo e dinamico movimento nel mondo e nel cosmo. Accoglie e conduce dentro di sé ogni ombra, ogni tenebra e lascia che lo Spirito la trasfiguri in una restituzione di dedizione e di amicizia.

Non è vagheggiare astratto o romantico, compensazione per

“l’ergastolo ecclesiastico”, è vita di fede in Chi è l’Amen, in Gesù Cristo, nostra Porta, nostra Soglia. Come fu per Maria, Porta e Soglia fra l’annuncio profetico e la venuta del Salvatore.

Una monaca di clausura

La memoria di San Francesco

di Sales

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Il Vescovo celebra al Monastero la memoria di Francesco di Sales

e nell’omelia ricorda la vigilia dell’ordinazione episcopale Nella memoria di San Francesco di Sales, fondatore dell’ordine della Visitazione, mons. Lafranconi ha celebrato una solenne Eucaristia al monastero di Soresina nel tardo pomeriggio di martedì 24 gennaio. Il presule ha accolto volentieri l’invito delle claustrali e del parroco, don Angelo Piccinelli, che all’inizio della liturgia ha ricordato l’approssimarsi del ventesimo anniversario dell’ordinazione episcopale del vescovo Dante, avvenuta a Como il 25 gennaio 1992. Il presule nell’omelia ha ricordato che proprio il giorno prima il fausto evento si ritirò in preghiera e meditazione nel monastero della Visitazione di Como. Diversi i sacerdoti presenti alla S. Messa, tra di essi il vicario zonale e parroco di Castelleone mons. Amedeo Ferrari e quello di Annicco, don Franco Zangrandi. Nell’omelia mons. Lafranconi ha delineato il ritratto del vescovo secondo gli scritti del Salesio: esso deve appartenere totalmente a Dio che a sua volta lo consegna al popolo per il servizio ministeriale.

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Photogallery della celebrazione Ascolta l’omelia di mons. Lafranconi

Mons. Lafranconi ha accettato volentieri di celebrare al monastero della Visitazione di Soresina la memoria liturgica di San Francesco di Sales, fondatore dell’ordine claustrale, per due motivi fondamentali. Anzitutto per la stima che egli prova nei confronti di questo grande vescovo del XVI secolo che sopportò fatiche e persecuzioni, ma non abbandonò mai la sua azione pastorale e, in secondo luogo, perchè proprio vent’anni fa, alla vigilia della sua ordinazione episcopale (25 gennaio 1992) mons. Lafranconi si ritirò in preghiera e meditazione nel monastero visitandino di Como: una coincidenza che i cristiani chiamano disegno provvidenziale di Dio.

Sta di fatto che l’intera omelia è stata incentrata sulla figura del Pastore a partire da alcuni scritti del Salesio. Il vescovo di Ginevra, che fu esule in Savoia a causa del predominio dei Calvinisti, in uno suo scritto asseriva che Dio lo tolse a se stesso per prenderlo con lui e poi, in un secondo momento, per donarlo al popolo affinché egli lo s e r v i s s e a t t r a v e r s o i l m i n i s t e r o d e l l a P a r o l a e l’amministrazione dei sacramenti.

Un vescovo dunque non appartiene più a se stesso, ma diviene proprietà di Dio. Questo gesto radicale del Signore rivela un amore profondo: San Francesco di Sales, infatti, si commosse più di una volta pesando quanto il Signore lo amasse! A tal proposito mons. Lafranconi ha fatto una proposta all’intera assemblea: «La mattina – ha spiegato – quando diciamo le preghiere del cristiano sostiamo qualche istante per pensare che Dio non ama l’uomo in maniera generica, ma lo ama personalmente e di conseguenza sentiamo di essere amati da lui, di una amore veramente preferenziale».

In secondo luogo la vita del Vescovo deve essere tutta donata al popolo di Dio: «Se leggiamo la biografia del Salesio – ha

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continuato il presule – ci accorgeremo che si spese totalmente per le anime. Egli utlizzò ogni mezzo per predicare la Parola di Dio: si mise persino a fare dei libri nonostante egli non amasse tanto scrivere».

San Francesco nonostante i tempi difficili e l’ostilità di molti, soprattutto degli eretici seguaci di Calvino, non perse mai la speranza in Dio e si adoperò costantemente per portare alla salvezza più anime possibili.

Durante la Messa oltre che per mons. Lafranconi l’assemblea ha pregato anche per gli operatori della comunicazione sociale:

San Francesco di Sales, infatti, è patrono dei giornalisti e di quanti operano nel mondo mass-mediale.

S. MARGHERITA MARIA ALACOQUE

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Il Vescovo alla messa celebrata a Soresina:

“La devozione al S. Cuore spinge alla conversione”

La giornata di lunedì 7 giugno ha registrato un incessante pellegrinaggio al monastero della visitazione di Soresina dove erano custodite le reliquie di S. Margherita Maria Alacoque.

Sono giunti per sostare qualche minuti in preghiera non solo fedeli di Soresina, ma anche del circondario. Intorno alle 20 una carrozza trainata da un maestoso cavallo bianco ha trasportato solennemente le reliquie in chiesa parrocchiale dove, alle 20.45, mons. Lafranconi ha celebrato l’Eucaristia insieme ad una cinquantina di sacerdoti delle zone prima, seconda e terza. Accanto al presule il vicario parrocchiale don Luciano Massari (don Piccinelli, nuovo parroco, farà il suo ingresso domenica 4 luglio) e il vicario della zona terza don Fermo Franguelli.

Nella chiesa gremita molte erano le suore presenti, mentre una telecamere permetteva alle monache visitandine di seguire in diretta la celebrazione, senza uscire dalla clausura.

Nell’omelia mons. Lafranconi ha ricordato la provvidenziale coincidenza dell’arrivo delle reliquie a Soresina nel giorno anniversario della fondazione dell’ordine, avvenuto quattro secoli fa ed ha ringraziato religiose e fedeli che in quest’anno hanno pregato e offerto le loro sofferenze per la santificazione dei preti e per l’efficacia del loro ministero.

Il presule ha quindi rimarcato come una sana devozione al Sacro Cuore spinga sempre ad una reale conversione di vita:

«Tanto più c’è in noi la consapevolezza dell’amore di Dio e tanto più è urgente il bisogno di rispondere a questo amore».

E ha ammonito i fedeli con una celebre frase di S. Agostino:

«Non facciamo della misericordia di Dio il lasciapassare per l’inferno. Non scambiamo infatti il suo amore con quello di un nonno che lasciare correre tutto».

Al termine della celebrazioni i sacerdoti hanno recitato

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l’atto di affidamento al Sacro Cuore.

La reliquie sono state poi riportate in monastero dove sono continuate le visite dei fedeli anche nella mattinata di martedì 8. Nel pomeriggio l’urna è stata trasferita in Cattedrale a Cremona.

S. MARGHERITA MARIA ALACOQUE

Domenica pomeriggio a Soresina l’arrivo delle reliquie della santa

presso il monastero della Visitazione

Le reliquie di S. Margherita Maria Alacoque, provenienti da Saluzzo, sono giunte alle 18 di domenica 6 giugno al monastero della Visitazione di Soresina, accolte dal delegato episcopale per le religiose, don Giulio Brambilla, dal vicario

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parrocchiale don Luciano Massari e da un buon numero di fedeli, tra i quali molte suore, soprattutto Camilliane e Adoratrice del Santissimo Sacramento, quest’ultime guidate dalla madre generale Camilla Zani.

Dietro la grata, commosse, pregavano le monache visitandine riconoscenti di poter accogliere le reliquie della loro consorella proprio nel giorno anniversario di fondazione della Congregazione, avvenuta ben IV secoli orsono.

Dopo la preghiera di accoglienza e una breve riflessione di don Brambilla sul significato della devozione al Sacro Cuore sono stati intonati i Secondi Vespri della solennità del Corpus Domini.

Alle 22, terminata la processione cittadina del Corpus Domini, Alicia Beauvisage e padre Eduardo Morot, che accompagnano da diversi anni le reliquie nelle varie parti del mondo, hanno tenuto una riflessione sul significato della devozione al cuore di Cristo e sui tanti miracoli a cui hanno assistito in questi anni: vero e proprie conversioni ispirate dalle reliquie di S. Margherita e dal Cuore di Gesù.

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