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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia

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ANALISI DELLA DOMANDA

DI STRUMENTI DI GESTIONE

DEL RISCHIO CLIMATICO

IN AGRICOLTURA IN ITALIA

INEA 2014

(2)

Rapporto

Analisi della domanda di strumenti di gestione

del rischio climatico in agricoltura in Italia

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 2

Servizio tecnico Ambiente e risorse naturali in agricoltura

Ambito di ricerca Politiche per l’ambiente e l’agricoltura

Progetto Attività di ricerca e supporto tecnico in materia di

calamità naturali, rischio climatico e fitosanitario e politiche collegate

Responsabile Antonella Pontrandolfi (pontrandolfi@inea.it)

Comitato tecnico scientifico :

Antonella Pontrandolfi (responsabile di progetto), Mauro Serra Bellini (MiPAAF), Felice Adinolfi (Università di Bologna), Barry Goodwin (Università del North Carolina) e Alexandre Meybeck (FAO).

Rapporto « Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia »

Il documento è disponibile sul sito www.inea.it

Il rapporto è a cura di Antonella Pontrandolfi La stesura dei capitoli si deve a:

Introduzione e Capitolo 1: Antonella Pontrandolfi Capitolo 2:

Antonella Pontrandolfi paragrafi 2.1, 2.2 e 2.3 Silvia Vanino paragrafi 2.2.1 e 2.2.2

Capitolo 3:

Geoffroy Enjolras paragrafi 3.1 e 3.2 Fabian Capitanio paragrafi 3.2.1 e 3.2.2 Barry Goodwin paragrafo 3.2.3

Capitolo 4: Antonella Pontrandolfi, Geoffroy Enjolras, Fabian Capitanio e Barry Goodwin

Elaborazione dati: Orlando Cimino e Antonio G. Pepe

Ringraziamenti particolari vanno al Dott. Massimo Gargano per i preziosi spunti offerti nel corso del lavoro e al Dott. Pietro Sandali per il referaggio del rapporto.

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 3

Presentazione

L’impresa agricola si trova oggi ad operare in un contesto caratterizzato da una globalizzazione dei mercati sempre più spinta, dalla necessità di produrre derrate alimentari di pregio e qualità, ottenute in modo sostenibile dal punto di vista ambientale, della salute e benessere degli animali e delle piante e della salute pubblica. Nel contempo, è parte attiva nella gestione delle risorse naturali e l'agricoltura in senso lato costituisce uno strumento importante per preservare il paesaggio rurale, lottare contro la perdita di biodiversità, favorire l'adeguamento al cambiamento climatico mitigandone gli effetti. L’attività agricola è essenziale inoltre per garantire la dinamicità dei territori e la loro vitalità economica nel lungo periodo.

Per operare in questo contesto, l’impresa agricola necessita di adattamenti continui che richiedono impegni finanziari anche di medio e lungo termine. La bassa redditività del settore e la presenza, oltre ai rischi di mercato come tutte le altre imprese, anche di quelli climatici e fitosanitari, non garantiscono la sostenibilità economica degli investimenti nel tempo.

Negli ultimi anni gli strumenti economici di gestione del rischio in agricoltura sono stati oggetto di un rinnovato interesse e di una profonda evoluzione, non solo per la loro crescente diffusione nelle politiche nazionali di supporto all’agricoltura, ma anche in relazione all’importante ruolo che possono svolgere come azione di adattamento ai cambiamenti climatici. In effetti, in tutti i diversi scenari che vanno delineandosi si evidenzia un aumento della volatilità nelle condizioni climatiche e degli eventi estremi e l’agricoltura risulta il settore più esposto e vulnerabile.

A livello comunitario, tra l’altro, è in corso la discussione sul rafforzamento del Fondo di solidarietà europeo proprio a causa dell’aumento della frequenza e della intensità degli eventi estremi, in particolare delle alluvioni.

Da queste considerazioni, nasce la necessità di implementare la politica di gestione dei rischi, partendo dalla nostra esperienza nazionale e utilizzando gli

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 4 strumenti offerti dalla PAC 2014-2020, considerando le peculiarità del nostro territorio e della nostra produzione agricola.

Rispetto a tali riflessioni, lo studio di INEA riporta spunti di riflessione molto utili in fase di definizione delle strategie sulla gestione del rischio, rappresentando prima gli aspetti di esposizione e vulnerabilità delle aree agricole italiane ai principali eventi calamitosi, su cui concentrare anche gli sforzi di politica, e affiancando una specifica analisi sull’approccio delle aziende agricole italiane alla gestione del rischio.

Il rapporto offre quindi spunti utili per meglio focalizzare le diverse realtà dal punto di vista sia degli eventi climatici e degli effetti sulla gestione delle imprese agricole, sia dell’efficacia ed efficienza degli strumenti attualmente utilizzati per la gestione dei rischi.

Dai risultati dello studio si possono ricavare importanti spunti per stimolare un confronto per adeguare le politiche di settore e consentire alle imprese agricole di cogliere al meglio le opportunità offerte dalla PAC e dai cambiamenti in corso.

Dott. Giuseppe Blasi

Capo Dipartimento delle politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 5

Indice

Introduzione ... 6

1. Politiche e fabbisogni sulla gestione del rischio climatico in agricoltura ... 8

1.1 Contesto ... 8

1.2 Principali domande cui rispondere – Obiettivi dello studio ... 10

2. Analisi della domanda a livello territoriale – Esposizione e vulnerabilità ... 14

2.1 Metodologia e banca dati ... 14

2.2 Analisi dei dati ... 18

2.2.1 Esposizione e vulnerabilità alla siccità ... 23

2.2.2 Esposizione e vulnerabilità alle piogge alluvionali ... 25

2.3 Considerazioni ... 28

3. Analisi dei fattori usati dagli agricoltori per gestire il rischio ... 30

3.1 Metodologia e banca dati ... 31

3.2 Analisi dei dati ... 33

3.2.1 Combinazioni delle strategie di gestione del rischio ... 40

3.2.2 Focus sull’influenza delle assicurazioni nella gestione aziendale ... 44

3.3 Considerazioni ... 48

4. Conclusioni: analisi integrata della domanda di strumenti di gestione del rischio ... 50

Allegato cartografico ... 54

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 6

Introduzione

Nel contesto dei cambiamenti climatici, dei processi di globalizzazione e del rischio di impresa, l’agricoltura mediterranea risulta particolarmente fragile, anche in relazione alla grande varietà di ecosistemi, microclimi e condizioni ambientali, così come di produzioni agricole basate sulla qualità e sulle specialità e varietà territoriali.

Il concetto di rischio climatico, inoltre, può comprendere anche il comportamento e la diffusione di fitopatologie e attacchi parassitari, che si mostrano nel tempo sempre più anomali come risultato delle condizioni climatiche e degli eventi estremi.

L’Italia su questi temi, in particolare sulla gestione del rischio in agricoltura, ha una tradizione radicata, sulla spinta anche delle particolari caratteristiche climatiche, ambientali e produttive, che determinano una grande eterogeneità e complessità delle variabili e una più alta esposizione e vulnerabilità delle produzioni ai rischi associati alle condizioni climatiche.

Il presente studio presenta i risultati della ricerca svolta dall’INEA sul progetto “Attività di ricerca e supporto tecnico in materia di calamità naturali, rischio climatico e fitosanitario e politiche collegate”, finanziato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali. L’Istituto ha avviato da circa 10 anni un filone di ricerca sui trend climatici e le implicazioni in agricoltura, con specifiche attività sulle calamità naturali e la gestione del rischio attivate 4 anni con il progetto nell’ambito del “Fondo di solidarietà nazionale per le calamità naturali in agricoltura”, strumento di politica che aiuta gli agricoltori attraverso aiuti economici per la stipula di polizze assicurative e per compensazione dei danni. L’attività di ricerca del progetto è stata implementata con le nuove misure previste a livello europeo nella PAC a seguito dell’Health check del 2009, che per

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 7 la prima volta ha visto l’inserimento degli strumenti di gestione del rischio in ambito PAC.

È ora importante definire obiettivi e strumenti delle nuove politiche e una strategia integrata sulla gestione del rischio climatico per affrontare le sfide della nuova PAC 2014-2020, che prevede misure specifiche su assicurazioni, fondi di mutualità e strumenti di stabilizzazione del reddito. Lo studio illustrato nel presente rapporto intende proprio a questo scopo fornire un contributo tecnico-scientifico al dibattito in corso sulla efficacia di tali politiche sia in Europa che in altri Paesi (Goodwin et al, 2004; Capitanio e Cioffi, 2011; Chatellier, 2011), analizzando la domanda di strumenti di gestione del rischio in Italia.

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 8

1. Politiche e fabbisogni sulla gestione del rischio climatico in

agricoltura

1.1 Contesto

L’agricoltura nel bacino del Mediterraneo risulta dagli scenari più esposta e vulnerabile al rischio climatico di altre aree europee per diverse ragioni: • si basa sulla qualità delle produzioni piuttosto che sui quantitativi prodotti,

con produzioni a maggior valore aggiunto e alta rilevanza economica anche in termini di esportazioni; quindi a parità di danni sui quantitativi corrisponde una maggiore perdita economica;

• le condizioni ambientali e climatiche dei Paesi Mediterranei, in particolare della penisola italiana, sono molto eterogenee, fattore che rende le produzioni più variegate e ricche, ma anche con più rischi per le produzioni tipiche locali.

In base a tali considerazioni, la gestione del rischio ha sempre rappresentato un elemento importante nella gestione aziendale e, in alcuni casi, un fattore decisivo per la sopravvivenza stessa delle aziende.

Sono diverse le azioni che possono concorrere ed essere utilizzate per gestire il rischio:

• strutturali: azioni di miglioramento delle strutture e delle infrastrutture a livello aziendale e territoriale per ridurre l’esposizione e la vulnerabilità agli eventi estremi;

• gestionali: miglioramento della gestione aziendale e dell’uso degli input (pianificazione e programmazione aziendale, innovazione e modernizzazione della gestione, diversificazione delle attività e delle produzioni), strumenti di supporto alle decisioni e sistemi di allarme rapido per siccità, alluvioni, frane e condizioni fitosanitarie;

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 9 • economiche: strumenti finanziari per coprire il rischio attraverso

assicurazione, fondi compensativi, fondi di mutualità, investimenti e risparmio.

Con particolare riferimento alla categoria degli strumenti economici, questi sono considerati più efficaci, ad esempio se paragonati agli investimenti strutturali, per la loro adattabilità e flessibilità alle condizioni esterne nella definizione e nella applicazione (i contratti assicurativi o i regolamenti dei fondi di mutualità, ad esempio, hanno oggetto e parametri modificabili anche annualmente). Nel contesto dei cambiamenti climatici, queste caratteristiche risultano ancora più importanti dato il grado di incertezza sugli effetti e gli impatti sulle produzioni.

L’analisi del contesto internazionale dimostra che la diffusione degli strumenti di gestione del rischio in agricoltura, in particolare le assicurazioni, si basa sulla disponibilità di contributi e sulla regolamentazione pubblica (Pontrandolfi, 2013), in molti casi definiti rispetto a target precisi, ad esempio eventi estremi nell’Unione Europea e in Nord America e più recentemente in Australia, i prezzi nel Nord America, il reddito rurale in Sud America.

Ma l’argomento della gestione del rischio supportato da fondi pubblici solo recentemente ha preso piede nel dibattito sulla politica comunitaria (European Commission, 2013a), innanzitutto perché per quasi mezzo secolo la PAC ha assicurato meccanismi di stabilizzazione dei mercati, secondariamente perché la costruzione e la diffusione degli strumenti economici di gestione del rischio con politiche nazionali ha seguito traiettorie e indirizzi diversi nei Paesi dell’Unione, creando prospettive di intervento che non si sono evolute su un percorso comune. La diversità degli strumenti disponibili, il processo in corso di allargamento dell’Unione e le specificità nazionali delle produzioni agricole ha portato a un set diversificato e complesso di sistemi di gestione del rischio, che

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 10 differiscono sia negli strumenti disponibili sia nel grado di copertura del sostegno pubblico.

Con la riduzione sempre maggiore delle garanzie della PAC in termini di stabilizzazione dei mercati, il problema della gestione del rischio ha gradualmente acquistato un ruolo sempre più importante, che si riflette in una serie di innovazioni apparse per la prima volta nel 2009 nell’Health check della PAC e poi proposte nel regolamento per lo sviluppo rurale 2014-2020 della Commissione europea. Con l’art. 68 del regolamento 73/2009, è diventato possibile usare parte dei fondi UE allocati sui pagamenti diretti al fine di promuovere l’accesso degli agricoltori agli strumenti di gestione del rischio. Un’innovazione che quindi riguarda l’allocazione delle risorse, non la definizione degli strumenti, che rimane in capo agli Stati Membri. Sono stati previsti incentivi per le assicurazioni e i fondi di mutualità sui rischi di produzione per coprire le perdite a carico delle quantità e della qualità dei prodotti causate da eventi meteorologici, malattie su piante e animali, incidenti ambientali.

Con i cambiamenti introdotti nel regolamento n. 1305/2013 sul sostegno allo sviluppo rurale per il periodo 2014 - 2020, la Commissione non solo conferma le previsioni contenute nel reg. 73/2009 (anche se i contributi sono spostati dai pagamenti diretti a quelli pluriennali dello sviluppo rurale), ma introduce una nuova misura, definita strumento per la stabilizzazione del reddito (income stabilization tool), con lo scopo di supportare la gestione del rischio di reddito degli agricoltori attraverso fondi di mutualità.

1.2 Principali domande cui rispondere – Obiettivi dello studio

Sulla base delle considerazioni prima fatte, è importante valutare il contributo che gli strumenti economici di gestione del rischio possono dare nel contesto della PAC e in relazione ai cambiamenti climatici in atto, perché per essere realmente efficaci questi strumenti necessitano di una forte integrazione

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 11 in un più generale quadro di politiche e azioni di adattamento. Inoltre, è fondamentale, nel disegnare questi strumenti, assicurare la coerenza con altri importanti obiettivi della politica agricola, in particolare quelli di sicurezza alimentare e di sostenibilità ambientale (Goodwin et al, 2004).

Seguendo il regolamento 1305/2013 della Commissione europea, nella politica di sviluppo rurale sono introdotte misure a supporto degli agricoltori per perdite dovute a eventi climatici estremi o malattie animali e vegetali o infezioni parassitarie, precisamente:

• premi assicurativi su produzioni vegetali e animali;

• fondi mutualistici per compensazione economica agli agricoltori che hanno subito perdite;

• strumento di stabilizzazione del reddito in forma di contributi a fondi di mutualità per compensare gli agricoltori di perdite oltre il 30% del loro reddito.

Alcuni Paesi hanno avviato una serie di studi e approfondimenti per valutare gli aspetti più problematici degli strumenti, così come la loro integrazione nella politica di sviluppo rurale, anche al fine di evitare possibili sovracompensazioni.

Con riferimento alla realtà italiana, l’esperienza condotta negli ultimi 40 anni dalla nascita del Fondo di solidarietà e sulla base di altre ricerche condotte anche da INEA, sono diverse le questioni da affrontare al fine di definire la forma ottimale da dare a questi strumenti. In particolare, gli aspetti più critici e comuni sono:

• la carenza di analisi preliminari sulle condizioni di rischio (parametri, livelli di rischio e interrelazioni) e di valutazione del rischio che spieghino e giustifichino le scelte sulle politiche e l’allocazione dei contributi pubblici; • la carenza di analisi della domanda di gestione del rischio climatico tra le

aziende italiane e le aree agricole, con politiche orientate più alla disponibilità del mercato (assicurazioni) che appunto alla domanda; questa tendenza può creare inefficienze e inefficacia delle politiche e degli stessi strumenti rispetto ai bisogni degli agricoltori (ad esempio sono presenti aiuti su rischi al limite

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 12 dell’assicurabilità, con anche conseguente sbilanciamento tra aiuti economici e premi e capacità delle compagnie di indennizzare i danni in base alla loro frequenza e copertura territoriale) (Capitanio et al, 2011);

• un basso livello di integrazione tra le strategie di gestione del rischio (riduzione dell’esposizione, trasferimento dei rischi e accettazione), con il trasferimento nettamente privilegiato nelle politiche di supporto.

• la gestione del rischio non dovrebbe riguardare solo il livello aziendale, ma comportare il coinvolgimento di interi territori soggetti agli stessi rischi, occorre dunque una strategia più ampia e multilivello (livelli aziendale e territoriale, azioni gestionali, economiche e strutturali), altrimenti le misure potrebbero risultare non utili agli agricoltori e non efficienti in termini di spesa pubblica.

La finalità da porsi è quindi esplorare le potenzialità e i limiti degli strumenti economici di gestione del rischio nel contesto dell’adattamento ai cambiamenti climatici e rispetto alle esigenze e necessità delle aziende agricole, le possibili o necessarie politiche e le prospettive future. Partendo dall’analisi degli strumenti attualmente disponibili a livello internazionale, e tenendo conto dell’esperienza italiana sulla gestione del rischio (Fondo di solidarietà nazionale per le calamità naturali in agricoltura da decreto legislativo n. 102/04), il cuore dello studio è un’analisi integrata della domanda di strumenti di gestione del rischio in agricoltura a livello territoriale e aziendale in Italia.

L’approccio scelto è quindi multilivello e considera:

1. il rischio climatico delle aree agricole in termini di esposizione agli eventi estremi (frequenza e durata) e di vulnerabilità (danni economici associati agli eventi estremi);

2. l’approccio aziendale per affrontare i rischi climatici in termini di uso di strumenti tecnici (pratiche agricole, pesticidi, fertilizzanti e irrigazione) e di strumenti economici (assicurazioni, risparmio, ecc.).

Questa parte analizza le strategie prevalenti nelle aziende agricole italiane sul rischio di produzione, attraverso un’analisi incrociata e longitudinale e un’analisi di correlazione che evidenziano le principali direzioni in cui gli

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 13 agricoltori si muovono per adattare la struttura aziendale e affrontare il rischio (Serra et al., 2005).

3. una analisi integrata della domanda valutando insieme i risultati delle prime 2 analisi che evidenzia come le politiche attuali si sposano alle scelte aziendali e al contempo i fabbisogni da soddisfare attraverso le politiche sul rischio.

Questa parte relativa all’analisi integrata evidenzia anche le opportunità che derivano dall’evoluzione di un nuovo sistema e le potenziali sinergie tra la gestione del rischio e le altre misure di sviluppo rurale di natura più strutturale e gestionale, quali le misure strutturali per la prevenzione, la manutenzione e l’irrigazione, l’innovazione tecnologica e sulle capacità gestionali come formazione-consulenza.

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 14

2. Analisi della domanda a livello territoriale – Esposizione e

vulnerabilità

2.1 Metodologia e banca dati

La valutazione della domanda di gestione del rischio climatico a livello territoriale è stata svolta attraverso un’analisi dell’esposizione e della vulnerabilità del territorio ai principali tipi di eventi estremi associati ai maggiori danni economici prodotti.

Basandosi sui riferimenti presenti nella normativa europea e nazionale in materia di catastrofi naturali, nel presente rapporto si usa l’aggettivo “estremo” riferito all’evento climatico avverso dichiarato “calamità naturale” dallo Stato1.

Come primo passo, è stato realizzato un geodatabase che colletta i dati dagli anni settanta del Ministero dell’Agricoltura sui decreti di dichiarazione dello stato di calamità in agricoltura e sui riconoscimenti dei danni associati. Gli eventi estremi e i danni associati dei decreti inclusi nel database sono quelli oggetto di fondi compensativi, in accordo con la legge italiana di riferimento, il decreto legislativo n. 102/04 sul Fondo di solidarietà per le calamità naturali in agricoltura. Come noto, la normativa nazionale con la riforma del 2004 ha ben distinto nel Fondo di solidarietà nazionale le tipologie di eventi e gli strumenti su cui sono erogabili i contributi pubblici (assicurazioni e fondi compensativi) applicando il principio di esclusione (non può andare a compensazione il rischio incluso nel Piano assicurativo annuale nazionale). Va però detto che diverse clausole prevedono fondi compensativi anche sui rischi assicurabili e deroghe al principio in casi di particolare rilevanza. Negli ultimi anni il valore assicurato è cresciuto, ma il ruolo dei fondi compensativi è ancora forte e sembra crescere con l’aumento degli eventi estremi occorsi (si pensi alla grave siccità del 2012 e

1

Usando come riferimento la Commissione europea, il Capitolo V degli Orientamenti comunitari per gli aiuti di stato nel settore agricolo e forestale 2007-2013 “Gestione dei rischi e delle crisi” distingue le tipologie di aiuto a seconda che i danni da indennizzare siano arrecati da: calamità naturali, avverse condizioni climatiche, epizoozie, fitopatie. Tra le calamità naturali sono annoverati: i terremoti, le valanghe, le frane e le inondazioni.

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 15 alle numerose alluvioni). Allo stesso tempo, diversi eventi estremi inclusi nel Piano assicurativo hanno messo in crisi il meccanismo dei risarcimenti, rendendo necessari interventi straordinari di compensazione.

In base a queste due considerazioni, l’analisi approfondisce i dati dei decreti sui fondi compensativi, perché gli eventi e i danni “non assicurabili” rappresentano una “domanda” e un “fabbisogno” di gestione del rischio e di strumenti di gestione, oggi affidata esclusivamente alle disponibilità dei fondi compensativi. Su questo fabbisogno le misure previste nella politica di sviluppo rurale potrebbero creare un’offerta di strumenti complementari o alternativi.

La scelta dei dati è associata anche ad altre considerazioni:

 i dati si riferiscono a eventi già definiti per decreto “calamità naturale”, quindi non occorrono ulteriori analisi climatiche per stabilirne la gravità, quindi l’ammissibilità al contributo pubblico secondo i criteri della normativa europea;

 i decreti riportano il periodo temporale dell’evento estremo, la localizzazione (a livello comunale o delle intere province) e il danno economico riconosciuto;

 nel geodatabase realizzato da INEA i dati fisici e i dati economici sono analizzati contestualmente in un’analisi territoriale, scelta importante rispetto ai processi di “targeting” (mira) delle misure di sviluppo rurale richiesti dalla Commissione nel reg. 1305/13 e relative linee guida;

 il tipo di analisi della domanda può essere utilizzato per:

- valutare e introdurre nuovi strumenti economici di gestione del rischio per ridurre il fabbisogno sui fondi compensativi;

- valutare e migliorare l’efficacia dei Piani assicurativi;

- indicare quali tipi di sinergie con altre misure di sviluppo rurale possono attivarsi al fine di ridurre l’esposizione e la vulnerabilità delle aree agricole (sistemi di supporto alle decisioni, investimenti strutturali, ammodernamento e innovazione, ecc.).

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 16 Dataset

Il geodatabase è organizzato per eventi e include dati su: a) evento climatico estremo riconosciuto come calamità naturale;

gli eventi sono raggruppati in categorie riportate in tabella 2.1 e solo quelli climatici sono presi in considerazione (non terremoti ed eruzioni vulcaniche); b) data dell’evento e periodo di occorrenza (numero di giorni);

c) comuni coinvolti (o le intere province) e la relativa SAU coinvolta;

d) danni economici riconosciuti: perdite economiche riconosciute nei decreti causate dall’evento sulla produzione, le strutture aziendali e le infrastrutture connesse all’attività agricola;

Si specifica che i dati sul danno riconosciuto non corrisponde al contributo erogato, che dipende dalla disponibilità finanziarie annuali del Fondo di solidarietà (bilancio dello Stato).

Il danno economico riconosciuto nei decreti è stimato: per le produzioni attraverso la SAU coinvolta, il tipo di colture e i loro prezzi ufficiali al tempo dell’evento; per le strutture e le infrastrutture attraverso il tipo di danno fisico subito e i costi per la ricostruzione o la manutenzione straordinaria e la rimessa in funzione delle opere.

Le strutture aziendali sono sistemi di irrigazione, stalle, serre, ecc. Le infrastrutture connesse alle attività agricole non sono tipicamente a livello aziendale, ma comuni e in genere collettive, quali la rete di bonifica e/o di irrigazione, canali di scolo, strade rurali e interpoderali, spesso a uso anche delle comunità.

Le elaborazioni svolte per l’analisi riguardano il decennio 2003-2012, in accordo con l’analisi sulle scelte aziendali riportata nel capitolo 3.

Elaborazioni

L’unità geografica di riferimento per l’analisi della domanda a livello territoriale è la provincia. L’approccio metodologico si basa sulle seguenti definizioni:

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 17 - Esposizione del territorio provinciale agli eventi estremi: distribuzione spaziale e temporale degli eventi negli ultimi 10 anni usando come indicatore il numero di giorni o il numero di eventi (dipende dal tipo di evento);

- Danni per provincia: somma delle perdite economiche riconosciute in ciascuno dei 10 anni e somma nella decade;

- Vulnerabilità del territorio provinciale agli eventi estremi: danno economico causato in relazione alla SAU coinvolta e all’esposizione;

L’indicatore di vulnerabilità è calcolato per ogni anno del periodo 2003-2012 come:

(Danni totali causati dagli eventi dell’anno)/(SAU coinvolta nell’anno)*(Numero di giorni di esposizione nell’anno),

Unità di misura: €/ha*giorno

L’indicatore è elaborato in mappe come valore medio del periodo 2003-2012, ma a corredo anche per l’“anno peggiore” di esposizione (massimo valore del numero di giorni) e danni (massimo valore dei danni).

L’unità spaziale di riferimento per l’analisi territoriale è la SAU coinvolta dagli eventi estremi, come indicata dai decreti, ma le elaborazioni cartografiche sono fatte per provincia.

Nella tabella 2.1 si riporta l’elenco degli eventi estremi presenti dei decreti, le categorie in cui sono stati raggruppati per l’analisi e gli indicatori di esposizione e vulnerabilità.

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 18 Tabella 2.1– Dati dei decreti usati per l’analisi

EVENTI ESTREMI CATEGORIA INDICATORE ESPOSIZIONE

INDICATORE VULNERABILITÀ

Eccesso di neve Eccesso di neve n. giorni

danni €/ha*g (o *n. eventi)

Gelate Gelate, brinate n. eventi

Grandinate Grandinate n. eventi

Piogge alluvionali Piogge alluvionali/persistenti n. giorni Piogge persistenti Piogge alluvionali/persistenti n. giorni

Siccità Siccità n. giorni

Tromba d'aria Tromba d'aria n. eventi

Venti sciroccali Venti sciroccali/impetuosi n. eventi Venti impetuosi Venti sciroccali/impetuosi n. eventi

Brinate Gelate, brinate n. eventi

Alte temperature Eccesso termico n. giorni Grandinate e tromba

d'aria Grandinate n. eventi

Siccità e pioggia con sabbia rossa ed elevate temperature

Siccità n. giorni Sbalzo termico Eccesso termico n. giorni Eccesso di pioggia Piogge alluvionali/persistenti n. giorni Eccesso termico Eccesso termico n. giorni Fonte: Elaborazioni INEA su dati MiPAAF

2.2 Analisi dei dati

L’analisi dei dati complessivi sugli eventi estremi dichiarati calamità naturali in agricoltura mostra un valore totale molto elevato dei danni prodotti nel periodo 2003-2012, pari a più di 14 miliardi di euro a livello nazionale (tab. 2.2), il che significa una media di 1,4 miliardi l’anno e circa 111 euro/ha di SAU l’anno2, ma ovviamente la distribuzione nel tempo e nello spazio è eterogenea.

Il valore totale rappresenta una forte domanda di ulteriore intervento sul rischio climatico rispetto alle misure di politica attualmente disponibili. In effetti, nel valore totale sono compresi eventi e danni inclusi nel Piano assicurativo

2

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 19 nazionale3, il che porta alla riflessione di quanto sia strategico definire in ambito PAC delle politiche sulla gestione del rischio più efficaci. In sintesi, il valore totale dei danni è tale da rendere necessario “fare qualcosa”.

Tabella 2.2 Categorie di eventi estremi e danni riconosciuti nel periodo 2003-2012

Categoria di evento estremo

Danni riconosciuti 2003-2012 (in .000 euro) (*) Produzioni Strutture Infrastrutture Totale

Eccesso di neve 45.266 562.821 64.538 672.625 Alte temperature 655.101 655.101 Grandine 1.598.268 273.854 9.284 1.881.406 Gelate e brinate 633.305 56.758 14.463 704.526 Piogge forti e prolungate alluvionali 903.270 1.163.174 865.195 2.931.639 Siccità 6.825.824 15.963 1.860 6.843.647 Tornado 32.327 151.078 40 183.445 Forti venti 325.323 75.075 400.398 Totale 11.018.684 2.298.723 955.380 14.272.787

(*)Per una corretta interpretazione dei dati, si ricorda che i danni rappresentano un fabbisogno riconosciuto, ma non interamente erogato, quindi non è un dato di spesa pubblica.

Fonte: Elaborazioni INEA su dati MiPAAF

Alcune considerazioni più specifiche emergono dall’analisi dei dati per tipo di danno e di eventi estremi:

 Il 77% dei danni sono sulle produzioni (62% causati dalla siccità e il 14% dalla grandine), in gran parte coperte nei Piani assicurativi;

 Il 48% dei danni complessivi sono dovuti a eventi siccitosi, quasi interamente sulle produzioni, ma con danni anche sulle strutture (in gran parte sistemi di irrigazione e canali);

 Il 13% dei danni è dovuto alla grandine, di cui l’85% sulle produzioni; anche in questo caso, si evidenzia che la grandine è l’evento tradizionalmente più

3

È importante ricordare che nei decreti sui fondi compensativi possono essere inseriti eventi estremi e danni associati inclusi nel Piano assicurativo, ma dispensati dal principio di esclusione laddove non vi siano le condizioni per stipulare assicurazioni oppure in deroga in particolari situazioni.

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 20 coperto dalle assicurazioni agricole sin dagli anni settanta, per cui tale valore sui fondi compensativi appare molto alto e significativo di un meccanismo di gestione del rischio con ampi margini di miglioramento.

Inoltre, il 20% del danno totale riconosciuto è dovuto a eventi estremi di pioggia e di natura alluvionale. Il 50% dei danni a carico delle strutture aziendali è causato da tali eventi, dimostrando una domanda di gestione del rischio basata su di un approccio innovativo e complementare rispetto agli attuali strumenti (assicurazioni).

Con riferimento alle infrastrutture (attualmente solo sui fondi compensativi), i danni al 90% sono causati da eventi estremi di pioggia e l’entità dei danni nonché la natura spesso collettiva delle infrastrutture, tra l’altro utilizzate anche dalle comunità rurali, fa ritenere più efficace una gestione del rischio su scala territoriale e non aziendale. In questi casi, il rischio climatico potrebbe essere meglio gestito attraverso fondi di mutualità4 come strumenti economici (Pontrandolfi, 2013), ma appare altrettando importante integrare con misure di riduzione dell’esposizione e della vulnerabilità del territorio, ad esempio attraverso le misure di prevenzione e manutenzione previste nei PSR o altri fondi e investimenti strutturali.

Concludendo, i dati generali mostrano una domanda aggiuntiva e complementare sulla gestione del rischio climatico in agricoltura, in particolare per la siccità e le piogge alluvionali, e al contempo appaiono necessari interventi correttivi sugli schemi di gestione attuali, in particolare su quelli assicurativi.

Come prima illustrato, i dati sono stati analizzati anche in relazione alla esposizione agli eventi e alla loro distribuzione geografica. L’indicatore di esposizione (numero di giorni) ai principali eventi estremi nel periodo 2003-2012 mostra come tutto il territorio italiano è stato colpito, con il range di valori minore che arriva a 150 giorni e con diverse aree tra i 500 e i 1.150 giorni in 10 anni (fig. 2.1). I valori più alti di esposizione sono maggiormente presenti nel

4

Alcuni fondi mutualistici senza contributi pubblici sono stati fondati nel Nord Italia a seguito di fitopatie ed eventi estremi, l’ultimo dopo l’alluvione del 2011 in Veneto e Friuli-Venezia Giulia.

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 21 Nord Italia, seguite dal Centro, mentre nel resto del Paese le punte massime appaiono più localizzate.

Figura 2.1 – Esposizione agi principali eventi climatici estremi per provincia nel 2003-2012 (numero di giorni)

Fonte: Elaborazioni INEA su dati MiPAAF

In termini di danni economici, la distribuzione geografica non rispecchia pienamente quella dell’esposizione (fig. 2.2). Infatti, i danni maggiori sono più localizzati nel Centro Italia e in alcune aree del Sud, in particolare nelle regioni

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 22 Emilia-Romagna, Toscana, Puglia e Calabria, con punte massime di 500-900 milioni di euro nelle province di Ferrara e Siracusa. La provincia di Ferrare è l’unica area in cui al massimo range di esposizione corrisponde il range più alto di danni.

Figura 2.2 – Danni riconosciuti causati dai principali eventi climatici estremi per provincia nel 2003-2012 (.000euro)

Fonte: Elaborazioni INEA su dati MiPAAF

Nei seguenti paragrafi si riporta una analisi più di dettaglio per le due categorie principali di eventi estremi che colpiscono il settore agricolo, la siccità

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 23 e le piogge alluvionali. L’analisi riguarda l’indicatore di esposizione, i danni e l’indicatore di vulnerabilità e la rispettiva distribuzione territoriale (cfr. par. 2.1).

2.2.1 Esposizione e vulnerabilità alla siccità

Come prima visto dai dati complessivi, la siccità rappresenta l’evento avverso più rilevante per l’agricoltura italiana in termini di danni economici a carico delle produzioni, ma in minima parte anche delle strutture e delle infrastrutture (in particolare danni al funzionamento dei sistemi di irrigazione e delle reti). La distribuzione temporale dei danni si evidenzia non omogenea nel decennio, ma quasi ciclica nella severità degli eventi, con ritorni di una certa gravità ogni 4-5 anni circa (graf. 2.1). In effetti, l’evento più grave è occorso nel 2003, con il 99,7% del totale dei danni riconosciuti dell’anno (di tutti gli eventi estremi) e il 43% del totale dei danni dovuti a siccità del decennio. Il secondo evento più grave è avvenuto nel 2012, con valori simili di perdite, il che potrebbe suggerire uno scarso adattamento del territorio e delle aziende dopo la grave siccità del 2003 e il ritorno del 2007. Negli altri anni, in particolare tra il 2008 e il 2011, si evidenziano episodi poco significativi o assenti (nessuna dichiarazione di calamità naturale).

Grafico 2.1 - Eventi siccitosi – Totale dei danni per anno nel 2003-2012 (.000 €)

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 24 Anche rispetto all’esposizione la siccità si caratterizza per valori maggiori ad altri eventi avversi su quasi tutto il territorio nazionale (fig. 2.3 in allegato cartografico). Un elemento interessante che emerge riguarda l’esposizione alla siccità delle regioni settentrionali rispetto a quelle meridionali e insulari, queste ultime storicamente caratterizzate da climi semi-aridi ed eventi siccitosi più frequenti. Negli ultimi dieci anni gli eventi siccitosi più severi hanno colpito le aree del Nord e del Centro Italia, con valori di dai 500 ai 700 giorni di siccità dichiarata (dai 50 ai 70 giorni l’anno di media), in particolare nelle province di Viterbo, Verbania-Cusio-Ossola, Novara, Alessandria, Verona, Modena, Ferrara e Rimini).

Rispetto ai danni economici, che, come prima visto, si concentrano quasi esclusivamente sulle produzioni, la distribuzione geografica corrisponde a quella dell’esposizione, ma con leggere differenze nel pattern laddove a un range di esposizione più alto non corrisponde il range di danno più alto. Le perdite sono state maggiori nelle regioni Emilia-Romagna, Veneto (Nord), Toscana e Umbria (Centro) e Puglia al Sud.

Come illustrato nel par. 2.1, per valutare la vulnerabilità delle diverse aree del Paese rispetto agli eventi estremi, è stato scelto un indicatore per normalizzare i dati sui danni economici in relazione alla esposizione e alla SAU coinvolta. La mappa di vulnerabilità alla siccità fornisce elementi interessanti di valutazione rispetto alla domanda di gestione del rischio (fig. 2.4 in allegato cartografico), primo fra tutti che l’indicatore ha valori medi minimi già significativi (range fino a 3 €/ha giorno).

I dati più specifici sulle diverse province evidenziano una maggiore vulnerabilità delle aree del Nord e del Centro e di alcune aree del Sud, contrariamente a quanto ci si attenderebbe dai pattern climatici e storici. Vari fattori possono contribuire a tale anomalia, quali una modifica in atto del clima, la modificata importanza economica delle colture (che, si ricorda, incide sul valore del danno). In alcune aree meridionali e insulari la minore vulnerabilità può essere in parte spiegata anche con la presenza di importanti infrastrutture irrigue (che hanno consentito di contenere gli effetti della siccità) su cui si è

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 25 molto investito nei decenni scorsi per l’aumento delle disponibilità idriche per l’irrigazione nel Mezzogiorno.

Alcune aree presentano un livello di vulnerabilità superiore se paragonato al relativo livello di esposizione, per esempio le province di Imperia, Massa-Carrara e Avellino, da associare anche al più elevato valore economico delle produzioni e alla minore infrastrutturazione irrigua collettiva (che, come prima detto, assicura in genere una migliore gestione delle crisi idriche rispetto all’irrigazione autonoma).

Queste considerazioni sono confermate dall’analisi dei dati relativi l’anno “peggiore”, che per la siccità è il 2003, in cui i valori dell’indicatore arrivano fino a punte di 43 €/ha al giorno di danni.

2.2.2 Esposizione e vulnerabilità alle piogge alluvionali

Gli eventi estremi associati ai fenomeni precipitativi forti, prolungati e di natura alluvionale appaiono determinare nel tempo sempre più danni alle attività agricole e su tutto il territorio nazionale. I danni associati riguardano abbastanza equamente le produzioni (distruzione delle colture e morte degli animali, perdite di prodotti stoccati) e le strutture e infrastrutture (distruzione di impianti di irrigazione, capannoni, stalle, serre, canali di scolo, strade o perdita della loro funzionalità), con rispettivamente il 30, 40 e 30% dei danni.

La distribuzione nel tempo dei danni prodotti nell’ultima decade (graf. 2.2) mostra una frequenza costante (ogni anno), con un minimo di danni nel 2007 (circa 100 milioni di euro) e un massimo nel 2003 (circa 800 milioni di euro), da evidenziare nello stesso anno della più intensa crisi siccitosa.

Analizzando i dati, la prima considerazione è l’elevato valore dei danni prodotti e l’occorrenza annuale di danni significativi, il che già di per se pone un problema sull’utilizzo di strategie di gestione del rischio quali di trasferimento e di accettazione del rischio, non sufficienti a salvaguardare gli agricoltori. Inoltre, i valori in campo rendono di fatto non sopportabile per la spesa pubblica interventi di compensazione che coprano questo fabbisogno.

(27)

Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 26 Quindi altre strategie andrebbero definite al fine di migliorare l’efficacia, oltre che l’efficienza, delle misure di politica, attraverso una strategia integrata che associ al trasferimento del rischio (assicurazioni, fondi di mutualità) misure sull’assetto idrogeologico di riduzione dell’esposizione e della vulnerabilità del territorio e quindi delle aree agricole (azioni di manutenzione e prevenzione). Grafico 2.2 - Eventi estremi di pioggia forte e prolungata e di natura alluvionale – Totale dei danni per anno nel 2003-2012 (.000 €)

Fonte: Elaborazioni INEA su dati MiPAAF

Le aree del Paese più esposte si collocano nel Nord Italia, con molte province nel range da 121 a 480 giorni di calamità naturale dichiarata (massimo valore nelle province di Verona e Vicenza) (fig. 2.5 in allegato cartografico). Alcune aree nel Sud in Campania e Puglia presentano valori elevati, ma il dato inaspettato è della Sicilia, dove, contrariamente al suo clima semi-arido, nell’ultima decade è sempre più colpita da eventi estremi di tipo alluvionale.

Un’altra considerazione emerge rispetto alla distribuzione dei danni complessivi: il pattern di distribuzione è simile a quello dell’esposizione, ma con particolari eccezioni per le aree più esposte (Verona, Vicenza e Foggia), dove altre misure di emergenza sono state attivate in relazione all’entità dei danni e all’entità della calamità (fondi speciali del Governo o delle Regioni, risarcimenti assicurativi, ecc.).

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 27 Gli eventi più significativi come numero di giorni sono occorsi nel 2009, mentre in termini di danni nel 2009, quindi l’analisi di vulnerabilità è stata svolta per la media del 2003-2012, per il 2003 e per il 2009 (figg. 2.6 e 2.7 in allegato cartografico).

Partendo dalle produzioni, la gran parte del territorio ha una vulnerabilità media pari a 1-25 euro/ha al giorno. Questi numeri si considerano significativi in assoluto, ma rappresentano il range più basso nella classificazione di vulnerabilità riscontrata. In sostanza, si può dire che il territorio italiano è tutto significativamente vulnerabile, con aree particolarmente vulnerabili, che infatti presentano valori medi dell’indicatore superiori a 1.100 euro/ha al giorno (province di Imperia, Salerno e Matera). Il Sud Italia in particolare mostra valori inattesi, con molte aree nel range 70-1.150 euro/ha al giorno.

La stessa considerazione emerge analizzando i dati sulle strutture e sulle infrastrutture: la gran parte del territorio è nelle classi più basse della scala, ma i valori medi minimi sono di 0,21-363 e 0,16-156 euro/ha al giorno. Nel caso delle infrastrutture, la vulnerabilità appare più alta nel Nord Italia, con valori massimi che arrivano a 934-1.560 euro/ha al giorno.

Considerando l’anno peggiore per l’esposizione e per i danni, rispettivamente il 2009 e il 2003, la vulnerabilità appare maggiore per le strutture e le infrastrutture rispetto alle produzioni, con valori che arrivano a 820 (2009) e 4.000 (2003) euro/ha al giorno. Inoltre, comparando gli stessi dati del 2003 rispetto alla siccità, è evidente che: eventi estremi apparentemente opposti come decorso climatico stagionale (eccesso di pioggia, carenza di acqua) possono invece colpire lo stesso anno nella stessa area; le misure di adattamento devono tener conto di queste occorrenze e necessitano, quindi, di forte integrazione di obiettivi; l’esposizione è meno significativa per gli eventi alluvionali che per la siccità, ma questi eventi causano danni maggiori, anche perché le strutture e infrastrutture colpite (poco o niente dalla siccità) possono essere molto più costose da riparare o ricostruire rispetto alle perdite produttive.

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 28

2.3 Considerazioni

Tenendo conto dell’approccio metodologico e della tipologia di dati utilizzati, è possibile trarre dall’analisi alcune prime riflessioni in merito all’impianto delle politiche sulla gestione del rischio e le misure di sostegno nella nuova PAC.

La prima considerazione è che il valore complessivo dei danni è molto alto, esprimendo un forte bisogno di riadattare gli attuali sistemi di gestione del rischio alle condizioni climatiche e alla vulnerabilità del territorio.

Una seconda importante considerazione riguarda l’esposizione alla siccità e alle piogge alluvionali del territorio italiano, che è tale nel tempo e nello spazio da rendere sempre più difficile definire tecnicamente questi eventi avversi come “estremi” e di natura eccezionale, quindi catastrofale. Da questo punto di vista, sarebbe opportuno rivedere secondo i nuovi trend e pattern le analisi di rischio climatico al fine di valutare più efficacemente e correttamente se si tratta di rischi di natura sistemica (su cui allora agire con politiche e strumenti più adatti di assicurazioni e compensazioni) oppure se nuovi pattern climatici che vanno delineandosi.

In particolare, l’analisi dei dati indica delle inefficienze negli schemi assicurativi che riguardano le produzioni, che appaiono “forzati” rispetto all’estensione e alla sistematicità del rischio nel tempo e nello spazio sia per la siccità sia per gli eventi alluvionali. Quindi, si dovrebbe almeno prevedere altri strumenti complementari strutturali o gestionali al fine di ridurre la vulnerabilità, da associare agli strumenti economici.

Le mappe di vulnerabilità non corrispondono pienamente alle mappe di esposizione, quindi per aumentare l’efficacia delle politiche è importante “mirare” le misure sulla gestione del rischio a livello territoriale rispetto ai livello di vulnerabilità e alle tipologia di eventi principali.

Infine, si intende evidenziare ancora quanto risulti vulnerabile tutto il territorio italiano agli eventi estremi di tipo alluvionale, che origina una domanda di gestione del rischio vasta e che necessita di strategie integrate di

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 29 riduzione in termini di assetto idrogeologico. Le azioni di prevenzione e manutenzione a livello territoriale appaiono un prerequisito senza il quale qualunque altro strumento d gestione di natura economica appare destinato a fallire rispetto alle esigenze delle aziende agricole. Inoltre, l’estensione della vulnerabilità fa apparire necessario un approccio collettivo alle misure.

In sintesi, rispetto all’attuale approccio della PAC, l’analisi suggerirebbe di approfondire gli aspetti legati a piani integrati e mirati sul territorio, in quanto in prospettiva potrebbe risultare più efficace ri-disegnare ora l’approccio sulle misure di gestione del rischio rispetto ai necessari costanti correttivi che si apportano nelle fasi emergenziali.

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 30

3. Analisi dei fattori usati dagli agricoltori per gestire il rischio

Nel capitolo si analizza la parte di analisi della domanda dedicata alle strategie messe in campo dagli agricoltori italiani per gestire il rischio di produzione. Sono state svolte delle analisi intersettoriale e una longitudinale così come un’analisi di correlazione che evidenzia le maggiori differenze tra le modalità con cui le aziende agricole adattano le loro strutture e la gestione rispetto al rischio. I risultati attesi riportano a un’analisi dell’approccio al rischio climatico delle aziende in relazione alla loro esposizione.

I dati utilizzati sono trattati a livello provinciale-regionale e derivano dalla banca dati della Rete di Informazione Contabile Agricola (RICA)5, precisamente sono stati estratti quelli che permettono la descrizione delle caratteristiche delle aziende, della gestione aziendale e dei fattori di produzione e i dati sulle assicurazioni se e dove stipulate, presenti nella banca dati (si veda l’appendice 1 per l’elenco specifico dei dati estrapolati).

Gli indicatori che descrivono le scelte per affrontare il rischio a livello aziendale possono riferirsi fondamentalmente a due tipi di strumenti, tecnici ed economico- finanziari. Nello specifico, gli indicatori scelti per l’analisi sono: Strumenti tecnici:

 Diversificazione (numero delle colture praticate, mix colture/allevamento, ecc.);

 Uso di input chimici (pesticidi e fertilizzanti);  Irrigazione (presenza e tipologia dei sistemi usati);  Servizi di consiglio/consulenza (presenza e tipologia);  Certificazione dell’azienda;

5

La Rete di Informazione Contabile Agricola (RICA) è uno strumento comunitario finalizzato a conoscere la situazione economica dell’agricoltura europea e a programmare e valutare la Politica agricola comunitaria. In Italia è gestita dall’INEA (www.inea.it).

(32)

Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 31  Costi di manutenzione;

 Investimenti in nuove tecniche e tecnologie e macchine; Strumenti economico-finanziari:

 Risparmio;  Assicurazioni;

 Tipo di commercio (industria, cooperative, consumatori, ecc.);  Livello di cassa dell’azienda;

 Pagamenti comunitari (UE).

3.1 Metodologia e banca dati

Con riferimento all’uso dei dati della RICA, va specificato che si tratta di rilevamenti campionari sulle aziende agricole, di grande dettaglio e su scala individuale (la missione principale è la contabilità aziendale). Il campione nazionale è stratificato per regione e specializzazione delle aziende. La quantità e la qualità delle informazioni che la banca dati fornisce è notevole sulla contabilità annuale delle aziende agricole italiane, per cui un preciso studio delle spese operative consente di identificare e misurare con precisione il ruolo dei diversi strumenti di gestione del rischio usati dalle aziende, tecnici quanto finanziari, come prima accennato.

Data la necessità di operare un’analisi longitudinale, il campione comprende 3.213 aziende appartenenti costantemente al campione nel periodo 2005-2012. Il campione costante consente di comparare negli anni le dinamiche nelle aziende italiane rispetto alla gestione del rischio.

Nell’ambito della banca dati RICA, la scelta fatta delle variabili da analizzare (Appendice 1) tiene conto de:

- la struttura dell’azienda, considerando la superficie totale, utilizzata e irrigata;

(33)

Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 32 - le attrezzature aziendali attraverso la meccanizzazione, gli investimenti e le

ammortamenti;

- l’attività dell’azienda, data dalla produzione totale e PLV, così come dai costi strutturali;

- la struttura finanziaria dell’azienda considerando il capitale fisso e operativo, così come il capitale fondiario;

- gli strumenti di gestione del rischio come assicurazione, consulenza e pagamenti PAC;

- la produzione vegetale, considerando sia le sue caratteristiche (superficie investita, reddito, numero di colture e costi strutturali) sia le spese operative (sementi, acqua, input chimici, consulenza e certificazioni); - gli allevamenti (superfici, entrate e spese, numero di prodotti, assicurazioni

e certificazioni);

- i prodotti trasformati (reddito e numero di prodotti). Categorie specifiche

L’analisi è condotta su scala nazionale, comunque può essere dettagliata per macroaree, produzione aziendale e dimensione economica. Il dettaglio di queste categorie è di seguito riportato (tab. 3.1). Le regioni sono raggruppate in 3 macroaree:

- Nord: Valle D’Aosta, Piemonte, Lombardia, Trentino, Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria ed Emilia-Romagna;

- Centro: Toscana, Marche, Umbria e Lazio;

- Sud e isole: Abruzzo, Molise, Campania, Calabria, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna.

L’ordinamento produttivo è raggruppato considerando le principali categorie:

- specializzazione in seminativi; - specializzazione in ortofrutta;

- specializzazione in produzione di carne; - misto.

(34)

Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 33 Tabella 3.1 Ripartizione delle aziende italiane del campione RICA nel 2012 per macroarea e specializzazione

Macroarea Seminativi Ortofrutta Carne Mista Totale

Nord 409 645 372 41 1.467

Centro 235 165 106 33 539

Sud e isole 381 506 254 66 1.207

Totale 1.025 1.316 732 140 3.213

Fonte: Elaborazioni INEA su dati RICA

La dimensione economica è considerata attraverso le UDE (unità di dimensione economica) divisa in 7 classi. L’UDE 1 e 2 non sono rilevanti per il basso numero di osservazioni. Le UDE 4, 5 e 6 sono i più rappresentati (tab. 3.2). Tabella 3.2- Ripartizione delle aziende italiane del campione RICA nel 2012 per UDE e specializzazione

UDE Seminativi Ortofrutta Carne Mista Totale

1 0 0 0 0 0 2 67 57 2 2 128 3 335 307 74 43 759 4 207 334 134 37 712 5 188 291 163 32 674 6 205 302 272 21 800 7 17 18 40 2 77 8 6 7 47 3 63 Totale 1.025 1.316 732 140 3.213 Fonte: Elaborazioni INEA su dati RICA

3.2 Analisi dei dati

Da un punto di vista generale, la struttura delle aziende del campione non è cambiata molto tra il 2005 e il 2012 (graf 3.1). La supeficie totale è cresciuta del 3,5%, mentre la superficie agricola utilizzata mantiene le dimensioni e proporzioni. La superficie irrigata si mantiene stabile e rappresenta il 30% circa della SAU nel 2012. Questi dati sembrano indicare che la PAC non ha influenzato la struttura fondamentale delle aziende italiane negli ultimi 8 anni, o da altri punti di vista ha contribuito al mantenimento delle caratteristiche delle aziende.

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 34 Grafico 3.1- Struttura delle aziende italiane del campione RICA nel periodo 2005-2012 (tutte le aziende, valori medi)

Fonte: Elaborazioni INEA su dati RICA

Al contrario, l’analisi finanziaria delle stesse aziende rileva cambiamenti notevoli (graf. 3.2). La produzione totale e quella vendibile sono aumentate rispettivamente del 14 e 16%. Il cambiamento più importante riguarda i costi strutturali, che sono evoluti verso un modello più flessibile: i costi fissi sono calati del 37%, mentre i variabili sono aumentati del 30% nel periodo. Da evidenziare è che nei costi variabili sono inclusi quelli sulla gestione del rischio di produzione, quali i costi per polizze assicurative e per gli input chimici. Come risultato, le aziende italiane del campione riducono il punto di pareggio, diventando conseguentemente meno sensibili ai cambiamenti nel loro livello di reddito proteggendolo allo stesso tempo. Eppure, sui macchinari gli ammortamenti sono generalmente più alte degli investimenti, che potrebbe portare a una progressiva obsolescenza dei fattori di produzione.

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 35 Grafico 3.2 – Analisi finanziaria delle aziende italiane del campione RICA nel periodo 2005-2012 (tutte le aziende, valori medi)

Fonte: Elaborazioni INEA su dati RICA

I costi legati alla gestione del rischio sono da assegnare ai costi variabili per le loro caratteristiche opzionali e attività-dipendenti (graf. 3.3). Osservando nel dettaglio la struttura dei costi variabili, si evidenzia che le spese per gli strumenti di gestione del rischio sono notevolmente cresciute negli anni. Per esempio, i costi per fertilizzanti e pesticidi, usati per la difesa delle rese, sono aumentati rispettivamente del 6 e del 4%. I premi assicurativi si sono moltiplicati di un fattore 2,2 tra il 2005 e il 2012, mentre il numero di aziende che sottoscrive una polizza è moltiplicato di 1,5 dal 2005, cioè a seguito della riforma del 2004 del Fondo di solidarietà nazionale. Inoltre, tra il 2008 e il 2012 i costi di consulenza sono aumentati del 35%.

L’acqua rappresenta un fattore di produzione particolare, in quanto è essenziale per la produzione agricola, ma è soggetta a limiti e a pressioni rispetto alla sua disponibilità nei periodi di siccità e il suo costo, essendo considerato bene pubblico con una particolare programmazione, non è soggetto ai valori di mercato. Nel periodo considerato, il costo dell’acqua rimane relativamente basso rispetto ad altri input il cui prezzo è soggetto ad andamenti di mercato. Il valore è cresciuto del 6%, ma con oscillazioni negli anni, e le spese più alte corrispondono al 2009, che non corrisponde a un anno tra i più siccitosi.

L’analisi mostra 2 trend nel tempo: 1) le aziende del campione si sono coperte significativamente di più contro i rischi di produzione associati alle

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 36 condizioni climatiche, indipendentemente dallo strumento considerato; 2) gli strumenti tecnici di gestione del rischio sono preferiti a quelli economico-finanziari, principalmente per le loro flessibilità nell’uso e un limitato costo unitario. Per esempio, l’applicazione di input chimici sulle colture può essere effettuata a domanda, mentre l’assicurazione necessita di essere decisa e stipulata prima dell’inizio della stagione. Data la relativa stabilità della struttura delle aziende del campione, si può dire che le aziende combinano più che sostituire gli strumenti di gestione del rischio.

Grafico 3.3 – Evoluzione delle spese di produzione tra il 2005 e il 2012 nelle aziende del campione (tutte le aziende, valori medi)

Fonte: Elaborazioni INEA su dati RICA

Distribuzione territoriale

Si osserva una certa eterogeneità di comportamenti e strutture tra le aziende italiane del campione nelle diverse aree del Paese. Nel Centro Italia le aziende hanno dimensioni maggiori (40 ha nel 2012) rispetto a quelle del Nord e del Sud (rispettivamente 27 e 29 ha nel 2012). Tuttavia, le produzioni totali nel Nord e nel Cnetro sono comparabili, mentre quelle del Sud hanno livelli di produzione molto più bassi. Inoltre, le aziende del Nord usano più fertilizzanti, pesticidi e assicurazioni.

Nonostante queste differenze strutturali, con una maggiore produttività passando dal Sud al Nord, si evidenziano gli stessi trend nel tempo su scala nazionale (graf. 3.4), ad esempio la stabilità della SAU e l’aumento della

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 37 produzione totale. Parimenti, l’evoluzione della struttura dei costi è similare, con una riduzione dei costi fissi e un aumento dei costi variabili. In linea con questi risultati, si nota anche che le spese principali sostenute per la gestione del rischio di produzione sono significativamente aumentate in tutte le aree.

Grafico 3.4 – Evoluzione delle spese di produzione nelle aziende del campione RICA tra il 2005 e il 2012 nelle tre aree del Paese (tutte le aziende, valori medi)

Fonte: Elaborazioni INEA su dati RICA

Le dinamiche nell’uso degli strumenti di gestione del rischio differiscono rispetto alle aree: l’uso di fertilizzanti aumenta nel Nord, l’uso di pesticidi aumenta al Centro così come l’uso di assicurazioni. Nonostante le rilevanti oscillazioni negli anni, il costo dell’acqua rimane tendenzialmente stabile tra il 2005 e il 2012, ad eccezione del Centro Italia, dove risulta aumentato del 75% nel periodo.

Differenze per specializzazione produttiva

Come prima visto, nell’analisi si sono considerati 4 principali specializzazioni produttive: seminativi, ortofrutta, carne e mista. La produzione

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 38 mista, che combina produzione vegetale e allevamento, presenta dati difficili da analizzare, in relazione allo scarso numero di aziende nel campione associate a tale categoria.

Si è analizzata l’evoluzione delle spese per le assicurazioni e per la consulenza, strumenti fortemente incoraggiati nella PAC 2014-2020 per la gestione del rischio e disponibili per tutti i tipi di produzione. Mentre l’assicurazione è utilizzata per coprire il rischio di produzione, la consulenza mira ad aiutare le aziende nell’adottare le migliori pratiche in relazione alle condizioni di produzione.

Per quanto riguarda le aziende specializzate in seminativi e in ortofrutta, la loro struttura è chiaramente differente (graf. 3.5), in quanto le prime hanno maggiore SAU, capitale fondiario e maggiori valori di produzione. Queste aziende sono anche quelle in cui è più diffuso l’uso dell’assicurazione. In effetti, gli strumenti assicurativi sono stati disegnati principalmente per questo tipo di aziende e questo spiega i valori in costante crescita dal 2003. Il più recente sviluppo di assicurazioni per produzioni di frutta e verdura offre al settore nuove opportunità nella gestione dei rischi.

I costi per la consulenza seguono un trend positivo simile per tutti i tipi di produzione. Appare anche che le aziende nel complesso dedicano annualmente lo stesso ammontare di fondi per assicurazioni e consulenza. Inoltre, l’uso di questi due strumenti non appare correlato, probabilmente perché sono usati per coprire differenti tipologie di rischio.

Anche nelle aziende specializzate nella produzione di carne si riscontrano costi associati alle assicurazioni e alla consulenza, tuttavia con valori molto più bassi rispetto alle altre produzioni. Nel settore dal 2008 risultano spese per la consulenza molto maggiori di quelle per le assicurazioni, il che può spiegarsi con una sostanziale inefficienza e inadeguatezza delle assicurazioni esistenti rispetto alle esigenze e ai rischi delle aziende zootecniche .

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Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia 39 Grafico 3.5 – Evoluzione dei costi di assicurazione e consulenza nelle aziende del campione RICA tra il 2005 e il 2012 per specializzazione produttiva (tutte le aziende, valori medi)

Fonte: Elaborazioni INEA su dati RICA

Le dimensioni contano

In una sottosezione dello studio è stata valutata l’influenza delle dimensioni aziendali in termini di UDE (dimensione economica) sulle scelte di gestione del rischio. I risultati ottenuti offrono una visione contrastante (graf. 3.6): con l’unica eccezione delle aziende minoritarie dell’UDE 2 e 8, le spese per assicurazioni sono fortemente cresciute nel periodo 2005-2012; in particolare, si hanno valori di crescita del +764%, +31% annuo, per l’UDE 4, che include una gran parte delle aziende del campione. Tuttavia, tale incremento è principalmente dovuto ad un punto di partenza molto basso (si ricorda che la riforma è partita nel 2004). Infatti, solo aziende di maggiori dimensioni (UDE7 e UDE8) beneficiano interamente delle assicurazioni con spese in crescita annuale rispettivamente del 18 e 13%. Osservazioni simili possono essere fatte sui costi di consulenza e su quelli degli input chimici: le aziende di medie dimensioni sono più dinamiche sulla gestione del rischio ma solo le aziende più ricche possono affrontare i costi di copertura.

Figura

Tabella 2.2 Categorie di eventi estremi e danni riconosciuti nel periodo 2003- 2003-2012
Figura 2.1 – Esposizione agi principali eventi climatici estremi per provincia nel  2003-2012 (numero di giorni)
Figura 2.2 – Danni riconosciuti causati dai principali eventi climatici estremi per  provincia nel 2003-2012 (.000euro)
Tabella  3.3  –  Matrice  di  correlazione  tra  reddito  e  strumenti  di  gestione  del  rischio nel camione RICA (tutte le aziende, tutti gli anni)
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