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Academic year: 2021

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Introduzione

0.1 Presentazione generale

Quella del contagio nelle sue varie forme è una tematica ampia e diffusa che si riscontra in testi di varia natura: è presente infatti tanto in letteratura quanto nei film e nelle serie TV. La tematica ha dunque permeato diverse forme dell’immaginario ed il suo uso figurato viene applicato a innumerevoli fenomeni.

Il contagio implica l’entrata di un elemento Y in un insieme precedentemente omogeneo X, entrata che causa un cambiamento di X. Il contagio è perciò una dinamica che coinvolge – nel concreto o in maniera potenziale, nel caso vi sia solo rischio di contagio – più di un soggetto sociale.

Come giustamente sottolineato da Laura Barcellona e Cora Rampoli, i fenomeni di contagio presuppongono infatti una “dimensione sociale”

1

– non si ha la possibilità di contagiare qualcuno né di venir contagiati da qualcuno vivendo in completo isolamento. Analizzare questa tematica comporta perciò una particolare attenzione alle relazioni interpersonali che si vengono a creare durante e a seguito del contagio e le conseguenze che il contagio ha al livello sociale e culturale. La mia ricerca cercherà infatti di verificare come vengono rappresentati i legami interpersonali che si vengono a formare nelle situazioni di contagio, più specificatamente, se questi sono ritratti come legami di unione, comunicazione e comprensione reciproca. Barcellona e Rampoli ritengono che il contagio abbia anche una dimensione “comunicativa”,

2

probabilmente intendendo con ‘comunicazione’ una trasmissione di un elemento da un soggetto all’altro. L’idea che i due soggetti entrino in una “comunicazione reciproca”

3

appare tuttavia come un salto logico, non essendo implicata nell’idea di contagio una trasmissione per forza reciproca fra gli individui:

durante il contagio avviene il trasferimento di un elemento disomogeneo

1 Laura Barcellona, Giovanni Manetti, Cora Rampoldi (a cura di), Il contagio e i suoi simboli, 2 voll., Pisa: ETS, 2003, introduzione al vol. I, p. 11.

2 Ibidem.

3 Ibidem.

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2 (rispetto al corpo in cui entra) X da un soggetto all’altro e questa è una trasmissione monodirezionale; si può verificare l’eventualità di un contagio reciproco, ma non si verifica in maniera vincolante, non è implicata nell’idea di contagio e non può perciò essere data per scontata. La mia ricerca indagherà la dimensione comunicativa del contagio con lo scopo di definire se i contagiati sono rappresentati come in grado di istaurare situazioni di comunicazione riuscita (quindi se il messaggio viene recepito dal destinatario o, per varie ragioni, questo non avviene) e reciproca, ovvero se i personaggi formeranno dei legami che permetteranno loro di aprirsi, di essere ascoltati dagli altri ed ascoltare questi con l’intento di comprendersi reciprocamente.

L’elaborato indagherà inoltre quali meccanismi sociali sono in atto durante le dinamiche di contagio, cercando di definire le motivazioni che la rappresentazione dei legami sociali che si formano tra i contagiati orientata assiologicamente in un determinato modo può avere, ovvero, se questo rapporto viene rappresentato, per esempio, negativamente, per quale motivo questo viene fatto, quali motivazioni questa rappresentazione può avere.

0.2 Il campo semantico del contagio

Il termine ‘contagio’ ha assunto significati diversi nel corso del tempo, poiché la diffusione e trasmissione di malattie veniva imputata a differenti cause (dall’insalubrità dell’aria, a infrazioni religiose o morali). Il concetto di contagio in ambito medico nasce circa a metà del Cinquecento grazie a Girolamo Fracastoro che, nel De contagione

4

(1546), formula l’ipotesi dell’esistenza di elementi,

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i seminaria, estremamente piccoli che provocano la malattia entrando nel corpo degli individui. Per secoli l’ipotesi restò tuttavia ai margini delle comunità scientifica e venne provata scientificamente grazie alle

4 Girolamo Fracastoro, De contagione et contagiosis morbis et curatione [1546], opera citata in Barcellona et al., Il contagio e i suoi simboli, cit., vol. I, p. 12.

5 L’utilizzo del vocabolo elementi e non ‘organismi’ è dovuto al fatto che l’impiego di quest’ultimo sarebbe fuorviante: Facastoro non considerò mai infatti i seminaria esseri viventi (http://www.treccani.it/enciclopedia/contagio_%28Universo-del-Corpo%29/ [consultato il 15 ottobre 2019]).

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3 scoperte di Louis Pasteur (1822-1895) e Robert Koch (1843-1910), ritenuti i fondatori della microbiologia e della batteriologia, solo nella seconda metà dell’Ottocento.

Nell’analisi approfondita dei testi verranno prese in esame soprattutto le metafore relative al termine ‘contagio’ (e, ovviamente il verbo, sostantivo, participio e aggettivo corradicali); tuttavia, l’analisi verrà anche estesa ai vocaboli fortemente collegati alla semantica del contagio. Il termine ‘contagio’

designa propriamente la ‘trasmissione’ di un elemento patogeno da una persona malata ad una sana; meno propriamente

6

viene utilizzato anche per indicare la malattia che viene trasmessa tramite contagio e la sua diffusione, quindi diviene per estensione sinonimo anche di ‘epidemia’ e ‘pestilenza’.

‘Contagiare’ è un sinonimo ‘infettare’, di conseguenza anche ‘infetto’ e

‘contagiato’ sono sinonimi; il concetto di ‘infezione’, invece, ha diverse sfumature di significato: se viene utilizzato per indicare l’infezione di per sé, come fenomeno in atto in un individuo, ma non la sua trasmissione, non ha un significato sovrapponibile a quello di contagio, quando invece viene utilizzato per indicare la diffusione del fenomeno, il termine diventa sinonimo di contagio ed è perciò pertinente per noi. Del termine ‘infezione’, inoltre, il vocabolario Treccani stesso segnala un uso metaforico come “corruzione, opera o stato di pervertimento sociale o morale”.

7

In questa accezione è più vicino all’uso figurato che si fa del termine ‘contaminazione’. Anche questa, come l’infezione o il contagio, indica il passaggio di un elemento Y non omogeneo in X, precedentemente omogeneo, e la conseguente modifica di X.

Di fatto, il vocabolario Treccani fra i sinonimi di “contaminare”, presenta

“contagiare, infettare, ammorbare, (pop.) appestare”,

8

fra quelli di

“contaminazione” “contagio, infezione”;

9

nella definizione di

“contaminazione”, include “anche il contaminarsi, l’essere contaminato in

6 Il fatto che questa accezione sia meno propria viene segnalato dal vocabolario Treccani (http://www.treccani.it/vocabolario/contagio [consultato l’8 ottobre 2019]).

7 Treccani, http://www.treccani.it/vocabolario/infezione/ [consultato l’8 ottobre 2019].

8 Treccani, http://www.treccani.it/vocabolario/contaminare_%28Sinonimi-e-Contrari%29/

[consultato il 12 ottobre 2019].

9 Treccani, http://www.treccani.it/vocabolario/contaminazione_%28Sinonimi-e-Contrari%29/

[consultato il 12 ottobre 2019].

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4 senso fisico, cioè infettato, inquinato e sim.”

10

. Anche in inglese la relazione fra i verbi ‘to infect’, ‘to contaminate’ e il causare ‘contagion’ è molto stretta.

Il termine ‘contagion’

11

implica generalmente un contatto fisico fra i soggetti, nello specifico, che uno malato tocchi uno sano, anche se viene segnalato un uso formale più generico in cui il contatto fisico non è menzionato. ‘To infect’

12

indica la diffusione di una malattia senza presupporre un contatto tramite tocco fra i soggetti. I concetti sono dunque estremamente simili, per questo anche questo verbo ed i suoi corradicali (‘infected’, ‘infection’,

‘infectious’ e ‘infective’) sono pertinenti in questo elaborato. Il verbo “to contaminate” indica “to make a substance or place dirty or no longer pure by adding a substance that is dangerous or carries disease”;

13

il vocabolo viene quindi utilizzato anche per indicare l’inserimento di un elemento patogeno. La stessa corrispondenza si ha sul piano metaforico: anche il concetto di contaminazione viene infatti utilizzato in inglese per indicare l’influenza (negativa) che un soggetto ha su idee o comportamenti di un altro.

14

È interessante notare che, secondo René Girard, “l’impurità è contagiosa”,

15

si fa quindi appello all’idea di contagio dell’impurità; dall’uso che lo studioso ne fa, sembra che l’espressione sia corrispondente al concetto di contaminazione. Quest’ultima verrebbe così ad essere una sottoclasse del concetto più ampio di contagio. Considerare la contaminazione come contagio dell’impurità, e quindi una sottoclasse del contagio, permetterebbe di giustificare l’esistenza fra i due concetti delle numerose somiglianze, sia quelle precedentemente menzionate, sia quelle che seguono. Secondo Tarcisio

10 Treccani, http://www.treccani.t/vocabolario/contaminare/ [consultato il 12 ottobre 2019].

11 Oxford. Advanced Learner’s Dictionary of Current English, Oxford: Oxford University Press, 2010, p. 325.

12 Ivi, p. 796.

13 Ivi, p. 325. Enfasi mia.

14 Ibidem. L’esempio riportato è: “They were accused of contaminating the minds of our young people”.

15 René Girard, La violence et le sacré [1972], trad. it. La violenza e il sacro, Milano: Adelphi, 2000, p. 48: “Due uomini vengono alla mani; scorrerà forse sangue; quei due uomini sono già impuri. La loro impurità è contagiosa; rimanere vicino a loro è correre il rischio di trovarsi immischiati nella loro lite”.

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5 Lancioni,

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il contagio e la contaminazione seguono meccanismi similari, essendo entrambi “rotture di soglia”, “creazione di continuità laddove esistevano separazioni, discontinuità”.

17

Secondo Mary Douglas,

18

ad essere ritenuto contaminante è tutto ciò che si colloca al di fuori del sistema di una cultura, quindi tutto ciò che non rientra in modo univoco in una delle categorie disponibili in quella determinata cultura; come vedremo nel corso dell’elaborato, il contagio causa una minore distinzione identitaria. Entrambi i termini perciò, sia contaminazione che contagio, sono legati alla mancanza di definizione e separatezza delle categorie sociali. Inoltre, Andrea Gragnani e Francesco Mancini

19

analizzano il modo in cui vengono processate le informazioni relative al contagio di una malattia ed evidenziano che queste sono generalmente elaborate dai soggetti nello stesso modo in cui farebbero se si trovassero a confronto con una sostanza disgustosa e contaminante.

20

Questa somiglianza nell’elaborazione delle informazioni relative alla contaminazione ed al contagio apre la possibilità di suggerire una relazione stretta fra i due concetti.

Un altro termine necessita attenzione: ‘inquinare’. Fra i suoi significati rientra quello di “infettare, contaminare con batteri o altri agenti patogeni o comunque nocivi”.

21

È segnalato anche l’uso figurale del termine nel senso di

“contaminare, corrompere moralmente o ideologicamente”;

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quest’ultimo uso è similare all’impiego del termine ‘contagiare’ in senso figurato, tuttavia, il secondo termine non implica necessariamente che l’elemento trasmesso sia negativo (ovvero, se qualcuno dice: “mi hai contagiato con i tuoi pensieri”, non

16 Tarcisio Lancioni, Il contagio e il suo doppio. Piccola riflessione sull’immaginario epidemico a partire da una lettura del film Nosferatu di Wilhelm Murnau,, in Barcellona et al., Il contagio e i suoi simboli, vol. I, cit., pp. 121-152.

17 Ivi, p. 146.

18 Mary Douglas, Purity and Danger [1966], trad. it. Purezza e pericolo, Bologna: Il Mulino, 1993.

19 Andrea Gragnani, Francesco Mancini, Disgusto, contagio e cognizione, in Barcellona et al., Il contagio e i suoi simboli, vol. II, cit., pp. 121-136.

20 Il legame fra disgusto e contaminazione è evidenziato da Gragnani e Mancini stessi: “Il disgustoso è considerato dagli esseri umani come contaminante […]” (ibidem, p. 124).

21 Treccani, http://www.treccani.it/vocabolario/inquinare/ [consultato il 6 ottobre 2019].

22 Ibidem.

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6 è scontato che i pensieri siano di natura negativa, benché la connotazione prevalente del fenomeno sia negativa).

Un termine da cui si è deciso di differenziare il contagio è ‘miasma’: il vocabolo designa delle esalazioni malsane, come quelle emanate da sostanze organiche in stato di decomposizione, che venivano un tempo credute la causa scatenante delle malattie e della loro diffusione. L’idea del miasma si oppone a quella di contagio come intesa a seguito della nascita della microbiologia e batteriologia. L’uso contemporaneo del termine prevede un suo impiego con un senso più ampio, ovvero come fetore – di ogni genere – presente nell’aria.

Nell’uso odierno del termine, perciò, il legame con la trasmissione della malattia è venuto meno.

23

0.3 Strumenti e metodi dell’indagine, struttura dell’elaborato

Questo paragrafo ha lo scopo di esplicitare l’orientamento metodologico

24

dell’elaborato; l’approfondimento delle teorie qui brevemente esposte e la presentazione dei singoli concetti teorici verrà affrontata nei capitoli che seguono.

Da un punto di vista filosofico, la mia ricerca si colloca in una prospettiva di costruzionismo sociale. Questo orientamento si è espresso per la prima volta

23 Questa precisazione è dovuta al fatto che il termine, utilizzato come metafora, è presente nel testo, pubblicato nel 1980, Waiting for the Barbarians di Coetzee, che verrà preso in esame nel capitolo 4 di questo elaborato.

24 Che cosa si intende per orientamento metodologico? Nel momento in cui si inizia una ricerca, in qualsiasi disciplina, abbiamo la necessità di porci delle domande che, nel continuum della realtà, ci aiutano ad isolare dei fatti pertinenti e ci permettono di fare delle osservazioni.

Le domande che si pone un fisico, non sono le stesse che si pone un sociologo di fronte alla stessa situazione; questo accade ovviamente perché, al variare della disciplina, variano anche le domande che è sensato porsi. Le “prospettive disciplinari” (Carmen Dell’Aversano, Alessandro Grilli, La scrittura argomentativa. Dal saggio breve alla tesi di dottorato, Firenze: Le Monnier, 2005, p. 43) definiscono perciò quali domande sono pertinenti. Per le domande postesi occorre trovare delle risposte; quali risposte siano accettabili è definito dall’orientamento metodologico. Vi sono più orientamenti metodologici all’interno della medesima prospettiva disciplinare; ognuno di questi ha un diverso “linguaggio descrittivo”

(ivi, p. 42.), ovvero i termini utilizzati per descrivere la realtà. L’orientamento metodologico pertinentizza alcuni dati, lasciando sullo sfondo degli altri, e influenza il modo in cui questi vengono collegati tra loro. Per dettagli al riguardo si veda: ivi, in particolare pp. 40-52 e 354- 363.

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7 nel volume The Social Contruction of Reality

25

di Peter L. Berger e Thomas Luckmann, del 1966. Secondo i costruzionisti, non è possibile attingere ad una realtà oggettiva, quella che i soggetti considerano reale è un’immagine della realtà che viene scambiata, trasmessa attraverso dispositivi culturali. La realtà è considerata frutto dello scambio sociale, delle interazioni fra gli individui.

Queste avvengono tramite il linguaggio – di ogni genere, quindi vi è, per esempio, quello del corpo, quello verbale sia scritto che orale –, perciò anche questo ha un ruolo nella diffusione e formazione di un’immagine della realtà; il linguaggio verbale è particolarmente vantaggioso: rispetto a quello del corpo, per esempio, dà infatti la possibilità di riferirsi anche a situazioni non contingenti, rende presenti anche fatti e persone lontane nel tempo e nello spazio. La trasmissione linguistica e la costruzione di universi simbolici contribuiscono alla legittimazione dell’immagine della realtà che la società presenta come oggettiva e rinforza perciò l’illusione che sia tale.

26

Come sottolinea anche Alessandro Grilli,

27

perciò, gli scambi discorsivi e la letteratura stessa (nonostante essa sia generalmente considerata un universo separato) influenzano la realtà, perché sono strumenti attraverso cui l’immagine della realtà che una società ha viene diffusa e rinegoziata. Da questo consegue che ciò che è considerato reale può variare nel tempo e nello spazio, ovvero quello che una stessa comunità ritiene reale può cambiare e l’immagine della realtà che differenti comunità hanno può essere diversa.

Considerare la realtà frutto di un accordo sociale significa che questo può essere rinegoziato. La visione costruzionista si oppone a quella essenzialista, secondo cui il mondo è così dato a priori nella sua forma, e al soggetto compete solo l’azione ricognitiva. Secondo questo approccio, dunque, una realtà oggettiva esiste, una realtà ultima, e la conoscenza che cerchiamo di farci di questa deve affinarsi e trovare il modo di adeguarsi alla realtà così da poterla descrivere nel modo più fedele possibile. Gli oggetti della realtà sensibile

25 Peter L. Berger, Thomas Luckmann, The Social Contruction of Reality [1966], trad. it. La realtà come costruzione sociale, Bologna: Il Mulino, 2004.

26 Vd. ivi, pp. 132-147.

27 Mi riferisco a quanto detto durante il corso di Letterature Comparate tenutosi all’Università di Pisa nell’anno accademico 2019-2020.

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8 hanno fra loro, da questo punto di vista, una differenza al livello ontologico, essenziale. Per esempio, le identità sociali hanno, in quest’ottica, natura essenziale; per i costruzionisti, invece, queste sono performative, ovvero frutto di copioni performativi appresi durante i percorsi di socializzazione, e non hanno perciò niente a che vedere con l’essenza del soggetto. Adottando una prospettiva costruzionista, come si spiega l’illusione di concretezza delle identità sociali? Una risposta è fornita dalle teorie queer, che giustificano il fatto che le identità sociali siano percepite come concrete dai soggetti grazie alla ripetizione della performance. Anche queste teorie, perciò, presuppongono un punto di vista non essenzialista e saranno parte della base teorica dell’elaborato.

Da un punto di vista antropologico, il mio studio ha tra i suoi punti di riferimento le teorie di René Girard (1923-2015) e quelle di Harvey Sacks (1935-1975). Il primo, un antropologo francese, è noto per aver sviluppato la teoria del desiderio mimetico e del meccanismo del capro espiatorio.

28

Il secondo è un sociologo americano, noto per aver fondato l’analisi conversazionale. Egli ha inoltre proposto uno studio delle categorie sociali noto come Membership Categorization Analysis.

29

Le prospettive dei due studiosi presentano diversi punti di contatto e si integrano a vicenda. L’analisi della categorizzazione sociale – e, conseguentemente, dei metodi di sanzione sociale – e della creazione sociale dell’ordinarietà proposta da Harvey Sacks può

28 Vd. Girard René, Mensonge romantique et vérité romanesque [1961], trad. it.

Menzogna romantica e verità romanzesca, Milano: Bompiani, 1981; Girard, La violenza e il sacro, cit.; Girard René, Le bouc émissaire [1982], trad. it. Il capro espiatorio, Milano:

Adelphi, 2004.

29 Si veda Harvey Sacks, Lectures on Conversation, 2 vols., Gail Jefferson, Emanuel A.

Schegloff, eds., Oxford: Blackwell, 1992 e Harvey Sacks, On doing ‘being ordinary’, in Atkinson Maxwell, Heritage John, eds., Structures of Social Action. Studies in Conversation Analysis, Cambridge-Paris: Cambridge University Press & Maison des sciences de l’homme, 1984. Per le traduzioni italiane dei concetti sacksiani si fa riferimento a quelle fornite da Alessandro Grilli durante il corso di Ermeneutica e Retorica tenutosi nell’Università di Pisa nell’anno 2017-18 e da quelle fornite da Carmen Dell’Aversano durante gli incontri del seminario autogestito di studi queer (iniziato nel corso dell’anno accademico 2017-18 ed ancora in corso).

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9 costituire uno strumento estremamente utile per approfondire e comprendere le dinamiche trattate da Girard.

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Da un punto di vista psicologico, l’elaborato trarrà degli strumenti interpretativi dalle teorie di Sigmund Freud (1856-1939). La teoria psicoanalitica di Freud poggia su basi essenzialiste, contrastanti quindi con un’ottica costruzionista. Questo non rende tuttavia inutilizzabili alcuni concetti freudiani: il fatto che l’autore li abbia pensati in ottica essenzialista non impedisce di utilizzarli pensando questi meccanismi come funzionanti e in atto poiché l’individuo è immerso nella società e considerandoli appunto causati dall’ambiente sociale. Per esempio, Michael Billig

31

ha cercato di dimostrare che l’inconscio non è una struttura innata ma si viene progressivamente a creare attraverso l’interazione discorsiva durante il processo di socializzazione a cui si è esposti nell’infanzia.

Sono venuta in contatto con l’approccio costruzionista (e queer), con le teorie di Girard e Sacks durante i corsi di Alessandro Grilli

32

prima e Carmen Dell’Aversano

33

poi. Entrambi i docenti hanno sistematizzato l’approccio costruzionista alla letteratura e l’uso degli strumenti ermeneutici sopra citati

34

. La mia ricerca ha come suoi oggetti testi appartenenti ad un mondo finzionale, ad una realtà di secondo grado. Il corpo dell’elaborato si concentrerà sull’analisi di quattro testi letterari: Il contagio

35

di Walter Siti, Menzogna e sortilegio

36

di Elsa Morante, Diceria dell’untore

37

di Gesualdo

30 Questo viene fatto da Grilli, in Alessandro Grilli, On doing ‘being a misfit’. Towards a constrastive grammar of ordinariness, “Whatever. A Journal of Transdisciplinary Queer Theory and Studies”, 1, pp. 105-122, 2018, in relazione alla tematica della spostatezza.

31 Michael Billig, Freudian Repression. Conversation Creating the Unconscious [1999], trad.

it. L’inconscio freudiano. Una rilettura del concetto di rimozione, Torino: UTET Diffusione Srl, 2006.

32 Professore associato presso il Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Pisa.

33 Professore associato presso il Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Pisa.

34 Si veda ad esempio Grilli, On doing ‘being a misfit’, cit. e Carmen Dell’Aversano, A research programme for queer studies, “Whatever. A Journal of Transdisciplinary Queer Theory and Studies”, 1, pp. 35-74, 2018.

35 Walter Siti, Il contagio [2008], Milano: Rizzoli, 2017.

36 Elsa Morante, Menzogna e sortilegio [1948], Torino: Einaudi, 2014.

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10 Bufalino, Waiting for the Barbarians

38

di John Maxwell Coetzee. Il campione di ricerca preso in considerazione si limita, in linea generale, a testi dell’epoca contemporanea successivi agli esperimenti di Koch e Pasteur; l’unica eccezione è costituita dal testo di Edgar Allan Poe, The Masque of the Red Death,

39

che è stato considerato pur risalendo al 1842.

Il mio elaborato si articola in quattro capitoli. Il primo capitolo presenta un’analisi del testo Il contagio di Walter Siti. Si approfondirà il contagio tra borghesia e borgate analizzando i singoli aspetti trasmessi da una classe all’altra, concettualizzandoli come trasmissione di “Caterory-bound activities”

40

(CBA), ovvero quelle attività che sono socialmente ritenute legate a determinate categorie identitarie; si indagheranno le implicazioni e le conseguenze di questo fatto, come la diminuzione della distinzione identitaria.

Si valuterà inoltre se gli elementi trasmessi rendano possibile la creazione di legami di unione, comunicazione e comprensione reciproca fra gli individui.

Verrà inoltre lasciato un breve spazio al ruolo del denaro nelle dinamiche di contagio del testo e delle nuove etnie. Infine, particolare attenzione verrà dedicata ai rapporti interpersonali fra due coppie di personaggi a cui la metafora del contagio è esplicitamente legata, ovvero Lucia e Marco, Walter e Marcello, valutando che tipo di legame si sia formato in questi casi ed introducendo, per la seconda coppia, la tematica del contagio del desiderio dovuto al mimetismo.

Il secondo capitolo si concentra invece sul testo di Elsa Morante Menzogna e sortilegio. L’analisi farà ampio uso della teoria girardiana del desiderio triangolare, introdotta nel capitolo precedente, e la si approfondirà. Si mirerà a dimostrare che il contagio avvertito da Elisa verso la madre è quello mimetico e che il contagio della fantasticheria/menzogna è causato dai meccanismi

37 Gesualdo Bufalino, Diceria dell’untore [1981], Milano, Firenze: Bompiani, Giunti, 2018.

38 John Maxwell Cotzee, Waiting for the Barbarians [1980], Londra: Minerva, 1997.

39 Edgar Allan Poe, The Masque of the Red Death [1842], in The Complete Tales and Poems of Edgar Allan Poe, New York: Barnes & Noble, 2015.

40 Harvey Sacks, Lectures on Conversation, vol. I, cit., p. 241.

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11 mimetici in atto. Spazio verrà ovviamente dato anche alla rappresentazione dei rapporti interpersonali a cui la metafora è riferita.

Il terzo capitolo è invece dedicato all’analisi di Diceria dell’untore di Gesualdo Bufalino. Oltre al contagio figurato, verrà preso in considerazione anche quello proprio, in virtù della stretta connessione fra i due presente nel testo. Del primo tipo di contagio verranno analizzati i due rapporti interpersonali a cui la metafora è applicata, ovvero quello tra padre Vittorio ed il protagonista e quello tra quest’ultimo e Marta, cercando di definire quale tipo di legami vengono prodotti. Il rapporto fra l’ecclesiastico ed il protagonista fornirà inoltre la possibilità di approfondire il contagio delle idee da un punto di vista costruzionista. Il contagio proprio verrà analizzato in relazione alle dinamiche di potere che genera e a quelle girardiane che causa (verrà trattata la teoria del capro espiatorio, che ritroveremo nel capitolo successivo); infine, verrà dato spazio anche allo studio dei rapporti interpersonali fra malati.

Il quarto capitolo, infine, prende in esame il testo Waiting for the Barbarians

di John Maxwell Coetzee. Nel corso dell’analisi verrà dato spazio al contagio

dell’alterità etnica, a quale immagine di essa viene costruita nel testo e tramite

quali meccanismi; si indagherà inoltre il rapporto del narratore con i

rappresentanti di questa. Nella sezione successiva si approfondirà il contagio (e

la contaminazione) della violenza, analizzato sulla base delle teorie di René

Girard. Si cercherà di indagare, anche in questo caso, se i rapporti a cui è legato

il contagio figurato sono caratterizzati da unione, comunicazione e

comprensione reciproca fra gli individui e si cercherà di spiegare il motivo per

cui i legami di contagio sono mediamente rappresentati in un determinato

modo.

(12)

12

Capitolo 1. Il contagio di Walter Siti

1.1 Introduzione

Il primo testo che prenderemo in esame è Il contagio

41

di Walter Siti, in cui la tematica del contagio figurato riveste un ruolo centrale, al punto tale da apparire già nel titolo. Le dinamiche di contagio a cui il titolo fa riferimento sono quelle in atto nel testo fra diverse identità sociali; quella maggiormente approfondita è la relazione tra borgate e borghesia. In questo capitolo si partirà da un’analisi di questa dinamica al livello più generale – ovvero si analizzeranno i tratti tipici degli abitanti delle borgate che vengono trasmessi ai borghesi, si approfondiranno le possibili conseguenze di questa trasmissione e le possibili motivazioni per l’uso della metafora del contagio, si commenterà il ruolo del denaro nel contagio e dell’arrivo delle nuove etnie – per poi focalizzarsi su due esempi di interazione più ristretta – cioè i rapporti fra Laura e Mauro, Walter e Maurizio – nel tentativo di mostrare che i rapporti designati dalla metafora del contagio non permettono la creazione di legami interpersonali di comprensione reciproca, unione e comunicazione. Dal punto di vista teorico, l’analisi si concentrerà su come si esemplificano in questo testo le dinamiche di contagio (tramite la trasmissione di CBA, attività che la società presenta come legate a determinate identità sociali) e su elementi che verranno approfonditi nelle analisi dei testi successivi, come il ruolo del desiderio mimetico nelle dinamiche di contagio (approfondito nel capitolo 2) o le possibili conseguenze di una perdita di distinzione identitaria (approfondito soprattutto nel capitolo 4).

41 Siti, Il contagio, cit.

(13)

13 1.2 Il contagio fra borghesia e borgata

Ora gli strati si sono contagiati a vicenda: c’è un po’ di borgata nei nuovi valori borghesi, un po’ di prudenza borghese nei nuovi slanci dei borgatari.

42

Secondo il narratore – Walter, un professore –, vi è un contagio in atto fra borgate e borghesia, ovvero una trasmissione di caratteristiche da una categoria all’altra; tuttavia, c’è un polo che attira l’altro maggiormente verso di sé:

“[N]on sono le borgate che si stanno imborghesendo, ma è la borghesia che si sta (se così si può dire) ‘imborgatando’”.

43

Come si manifesta questo contagio?

I borghesi iniziano a mettere in atto azioni tipiche dei borgatari. Secondo il sociologo Harvey Sacks,

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ogni identità sociale è caratterizzata da delle

“Category-Bound Activities”

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(CBA). Con il termine Sacks designa le attività che sono socialmente ritenute legate a determinate categorie identitarie. Dai soggetti socializzati, una persona della categoria identitaria abbinata verrà quindi considerata titolata ad eseguire quelle attività; mentre l’esecuzione da parte di una persona non titolata sarà invece “accountable”,

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ovvero le verrà chiesto perché la sta eseguendo, dato che non ne ha il diritto. Le CBA delineano canovacci performativi: gli individui le imparano durante la socializzazione, senza accorgersi di imparare ciò che dovrebbero o non dovrebbero fare in quanto appartenenti ad una determinata categoria. Le CBA sono prescrittive e descrittive, cioè non sono percepite semplicemente come utilizzabili per descrivere la realtà, ma indicano anche ai soggetti come comportarsi; le conoscenze relative alle CBA rendono inoltre gli individui prevedibili: in virtù dell’appartenenza della persona ad una determinata

42 Ivi, p. 324.

43 Ivi, p. 323.

44 Come abbiamo visto nell’introduzione, Harvey Sacks è un sociologo americano, noto per aver fondato l’analisi conversazionale. Egli ha inoltre proposto un’analisi delle categorie sociali nota come Membership Categorization Analysis. Si veda Sacks, Lectures on Conversation, cit., e Sacks, On doing ‘being ordinary’, cit.

45 Sacks, Lectures on Conversation, vol. I, cit., p. 241.

46 Ivi, p. 4. L’ “account” (ibidem) costituisce una forma di sanzione sociale, dal momento che sottintende che ci sia qualcosa di strano nell’esecuzione (o nella non esecuzione) di quella determinata attività da parte della persona in questione. Una modalità per richiedere un

“account” – che è trattata da Sacks stesso (ibidem) – è porre la domanda “why?”.

(14)

14 categoria sociale, gli altri sanno già quali azioni aspettarsi e quali no.

47

Per i soggetti, questo è rassicurante, poiché dà l’impressione che la società riesca a dar conto in maniera adeguata di ogni fenomeno esperibile e che la realtà sia sensata ed ordinata. La prevedibilità delle azioni, come sottolineano Berger e Luckmann,

48

semplifica e velocizza l’interazione sociale (rende più agevole coordinarsi nello svolgere compiti) e fa risparmiare energia emotiva che andrebbe altrimenti spesa nell’interazione. Il collegamento che viene istituito tra un soggetto e l’azione che è titolato a compiere è utilizzato come criterio esplicativo, cioè viene utilizzato per costruire inferenze: in base all’azione performata, il soggetto viene incasellato nell’identità sociale a cui la performance compete; viceversa, come abbiamo detto, sapendo a quale categoria un soggetto appartiene, le altre persone hanno delle aspettative su quali azioni può performare. Perciò, se, entrando in un bar, una persona trova al bancone un ragazzo che serve da bere, tendenzialmente dà per scontato che questo sia un barista, ovvero un lavorante pagato per fare quel lavoro, poiché una CBA del barista è servire da bere ai clienti; se, una persona si presenta ad un’altra come operaio metalmeccanico, l’interlocutore verosimilmente si aspetta in automatico che questo, nel suo tempo libero, vada in un bar o a sagre di paese, ma non che vada a vedere concerti di musica classica o a teatro. Il collegamento fra azione e soggetto titolato permette dunque di costruire dei sistemi di regole; il sistema delle CBA fonda dunque la realtà.

49

Il contagio fra le categorie borgatari/borghesi si esemplifica nel testo tramite l’acquisizione da parte dei soggetti di CBA non pertinenti alla categoria a cui dovrebbero appartenere. Nel testo sono presenti le descrizioni delle storie di diversi borgatari; a partire da queste narrazioni si evidenziano alcuni tratti tipici delle persone che vivono nella borgata romana, caratteristiche che poi si dice

47 Il carattere prescrittivo e descrittivo delle CBA e il fatto che rendano prevedibili gli individui è stato evidenziato da Carmen Dell’Aversano durante gli incontri del seminario queer autogestito e da Alessandro Grilli nelle lezioni del corso di Ermeneutica e retorica tenutesi nel corso dell’anno accademico 2017/2018.

48 Vd. Berger, Luckmann, La realtà come costruzione sociale, cit., p. 87.

49 Segnalo che l’aggiunta del fatto che le CBA siano usate per trarre inferenze e che fondino la realtà mi è stata suggerita da Alessandro Grilli.

(15)

15 essersi estese anche al di fuori di questa, contagiando la borghesia. La prima di queste caratteristiche è l’illegalità:

I [borgatari] più consapevoli non negano il carattere contagioso dell’illegalità («semo tutti onesti a responsabilità limitata… è come ’no yo-yo, un momento sei legale e un momento nun lo sei»); parecchi raccontano il rifiuto iniziale, arrivando bambini da Foggia o da Avezzano.

50

Il “carattere contagioso” dell’illegalità fa dunque sì che i soggetti che abitano nelle borgate non riescano a sfuggire dal commettere azioni illegali: non solo quelli che vi sono nati, ma anche quelli che vi si sono trasferiti e sono cresciuti in borgata. Del contagio viene perciò sottolineato il suo carattere vincolante, necessario: non si può praticamente sfuggire all’illegalità nelle borgate. Agire in modo scarsamente legale è dunque una CBA del borgataro. La diffusione dell’illegalità si estende poi anche al di fuori di confini delle borgate:

Anche nell’universo borghese esiste ormai un’illegalità diffusa, intesa non tanto come precisa intenzione di delinquere quanto come metodo di sopravvivenza per rispondere ad un eccesso di norme e di intrecci contraddittori. I più deboli (borgatari e borghesi) reagiscono al mondo con la droga, i più forti e grintosi cercano di afferrare ciò che desiderano tagliando per la via più breve – anche in termini di annullamento delle mediazioni e delle sublimazioni storico-psicologiche, i borgatari possono figurare come anticipatori e cavie.

51

La CBA borgatara si è dunque diffusa ed è diventata anche borghese, i membri di quest’ultima classe performano un’attività che non sono titolati a eseguire. È da sottolineare che l’illegalità è, per entrambi le classi, un metodo per arrivare al soddisfacimento dei desideri utilizzando una scorciatoia: se per i borghesi l’azione illegale è un modo per liberarsi da un insieme di regole avvertite come paralizzanti, per i borgatari – il narratore lo dice esplicitamente – è “una forma di magia, una manipolazione per piegare la rigidità del mondo ai propri desideri”.

52

Nell’estratto sono presentate anche altre due CBA borgatare che hanno contagiato la borghesia: fare uso di droga (nello specifico, cocaina) e non avere

50 Siti, Il contagio, cit., pp. 167-8.

51 Ivi, p. 323.

52 Ivi, p. 323. Enfasi mia.

(16)

16 più mediazioni o meccanismi sublimatori. La cocaina è infatti una droga molto diffusa in borgata, al punto che vi è stata una “promozione della cocaina a passatempo come gli altri”.

53

Non sono solo i borgatari tuttavia a fare uso di droga:

Gli impiegati, i laureati co.co.co., gli insegnanti e di commessi, incistati nei pori della spugna, assistono ai passaggi di bustine, vedono ma non osano esporsi. Travolti dalla forza mitologica di quella sostanza vincente, da quella polvere bianca che ha il fascino dell’oro, per salvarsi la faccia spesso scrivono a giornali ma più spesso si spingono col cuore in tumulto tra gli sterpeti dell’argine e un sacchetto per il sabato sera se lo procurano anche loro.

54

Anche i membri del ceto borghese cedono dunque all’uso di sostanze.

55

Infatti, Mauro scopre un giro di spaccio anche nel quartiere Prati in cui si trasferisce, ovvero in uno quartiere di Roma noto per essere molto elegante, con dimore di lusso e frequentato da una fascia sociale medio-alta. Quello che ancora distingue l’approccio borghese alla droga da quello borgataro è però il fatto che la droga per i borgatari non è più ormai un fatto marcato, il suo uso è così diffuso che viene considerata “un passatempo come gli altri”, farne uso è diventata una loro CBA, un fatto aproblematico e non saliente; per i borghesi, invece, fare uso di droga è un fatto marcato: non è considerato una loro CBA ed i borghesi stessi ne sono consapevoli, per questo alcuni sentono il bisogno di segnalare i giri di droga ai quotidiani locali, anche se loro stessi poi ne fanno uso, e sempre per questo motivo viene segnalato dal narratore il fatto che essi abbiano “il cuore in tumulto”: i borghesi sanno che stanno infrangendo la legge, e non solo quella giuridica, ma anche le norme sociali; il rischio è essere scoperti non solo dalla polizia, ma anche da altri borghesi, poiché potrebbe portare ad essere sanzionato socialmente e a venir isolato. Questo può generare sia paura sia un brivido di piacere tipico dell’infrazione delle regole. Billig

56

sostiene infatti che, quando viene imposta una regola, nel soggetto nasce

53 Ivi, p. 185.

54 Ivi, p. 194.

55 L’uso di cocaina da parte di borghesi potrebbe rientrare nelle CBA prescritte se ne facessero uso per aumentare le loro capacità lavorative. L’uso a cui si accenna qui, però, è ricreativo e, perciò, incoerente.

56 Vd. Billig, L’inconscio freudiano, cit., p. 122.

(17)

17 sempre sia la consapevolezza che questa va rispettata sia il forte desiderio di infrangerla. Le sue trasgressioni, dunque, possono generare curiosità, attirare il soggetto.

Per quanto riguarda l’annullamento delle mediazioni, il fatto stesso che i borgatari siano definiti “anticipatori”

57

implica che, sebbene siano stati i primi a manifestare la caratteristica, non siano più gli unici coinvolti nel processo.

Anche il professore, in effetti, ammette: “L’incontro con Marcello ha prodotto una lenta contrazione dei miei tentacoli culturali, che si atrofizzavano uno a uno per difetto di funzionalità: non volevo più conferenze, film, non studiavo più”,

58

anche nel suo caso, dunque, il contatto con un borgataro ha portato all’acquisizione di una caratteristica considerata non propria del soggetto che causa la performance di CBA incoerenti con l’identità sociale del professore (che dovrebbe voler studiare, vedere film, ecc…). Come mai vi è questa diffusione progressiva della mancanza di mediazioni? Come diventerà chiaro con il procedere del capitolo, il narratore descrive una società in cui è sempre più difficile definire identità precise e tracciare confini fissi (tra reale e fittizio, tra giusto e sbagliato, tra borghesi e borgatari, fra centro e periferia

59

); le mediazioni implicano invece una saper distinguere, mettere un confine tra ciò che è ritenuto migliore e peggiore (ad esempio, essere istruiti a buoni livelli è meglio che non esserlo, il centro è più prestigioso della periferia). Avere mediazioni comporta quindi un atteggiamento che è contrario alla generale spinta alla mescolanza, alla rottura di confini e all’indifferenziazione presente nella società descritta dal narratore. Inoltre, non avere mediazioni semplifica il processo di realizzazione di alcuni desideri. Prendiamo un esempio: Marcello vorrebbe fare soldi in modo rapido e poco faticoso, quindi tenta la carriera attoriale. Probabilmente, la sua mancanza di mediazioni rende non pertinente il livello del film in cui recita (ovvero se sia un film ben girato, se abbia

57 Siti, Il contagio, cit., p. 333.

58Ivi, pp. 302-3.

59 Come si vedrà, infatti, la configurazione della città di Roma sembra riflettere anche a livello della geografia fisica il progressivo mescolarsi di borghesia e borgata – senza mai però arrivare ad una unione armoniosa –, al punto tale che Roma è stata definita “capitale sans banlieues”

(ivi, p. 161).

(18)

18 significati profondi o meno), ma solo il fatto che sia un film che gli può garantire uno stipendio e che, magari, abbia abbastanza diffusione da fornirgli visibilità. La mancanza di mediazione permette di puntare ad un obiettivo più raggiungibile (è verosimilmente più probabile che una persona bella ma senza qualifiche – né probabilmente talento – attoriali venga presa in un film più commerciale piuttosto che in uno con alte ambizioni culturali) ed esser soddisfatto del traguardo, senza accorgersi di aver preso una via più facile, perché il soggetto non sa tracciare la differenza tra cultura alta e bassa.

Un’altra caratteristica dei borgatari è l’influenza che ha su di loro la realtà televisiva e la loro tendenza a vivere di illusioni. Il borgataro desidera fare ricchezza in fretta e senza impegno, anche utilizzando metodi illegali – come la prostituzione – o entrando nel mondo televisivo o del cinema. Marcello, a causa della sua bellezza, ha coltivato l’illusione di poter entrare nell’ambito televisivo a lungo, finendo, come viene spesso detto da altri personaggi, per vivere di illusioni.

60

Anche altri borgatari sono tuttavia interessati all’ambiente cinematografico: quando Gianfranco racconta che sta cercando di intraprendere la carriera di produttore, diversi si dichiarano interessati ad ottenere parti minori nei film. I vip televisivi sono dei modelli

61

per i borgatari: un giovane ragazzo del quartiere che ha fatto fortuna ha infatti progettato il proprio matrimonio prendendo ad esempio quello di Eros Ramazzotti e Michelle Hunziker, pagando perfino un regista per farsi fare “l’intervista doppia, sposo- sposa, come alle Iene”.

62

Il corteo del matrimonio viene osservato dai personaggi del testo e la sua scelta approvata da uno di questi: “Fa bene, oh, che so’ trentamila euro pe’ lui”. La tendenza a costruirsi illusioni è presente in tutti i personaggi provenienti dalla borgata: “[L]ì lo danno tutti per scontato, che nessun progetto si realizzi mai”.

63

Chi proviene da quelle zone è dunque consapevole che non riuscirà a portare a termine i progetti che formula per il futuro, tuttavia si accontenta di immaginarli, preferendo l’illusione allo scontro

60 Vd. ivi, pp. 73, 89, 90, 130-1.

61 Più precisamente, potrebbero essere definiti dei mediatori – vedremo in seguito il significato del termine.

62 Siti, Il contagio, cit., p. 30.

63 Ivi, p. 69.

(19)

19 con la realtà. L’illusione e la fantasticheria provocano consolazione (sarà, per esempio, il caso di Walter abbandonato da Marcello) e permettono di fuggire dal confronto con la realtà – sono, perciò, anche un auto-inganno. Queste stesse causano però anche immobilità, sollevano dalla responsabilità dell’azione.

Quando il narratore parla di Mauro, infatti, e afferma che lui era diverso rispetto agli altri abitanti della borgata, marca proprio il fatto che questo non ami chi costruisce sogni irrealizzabili ed illusioni, confidando in un miracoloso cambiamento che gli migliori la vita;

64

Mauro ha dunque presente che è necessario agire. Anche lui è però influenzato dalle borgate: poco dopo inizia infatti a parlare di un “piano eccentrico”

65

per guadagnare denaro.

Il professore, di ambiente borghese, viene influenzato dalla tendenza a vivere di illusioni dal contatto prolungato con Marcello e con i suoi conoscenti:

Ho imparato […] a scegliere come unico giudice l’illusione – la vita come un’orgia velleitaria e casuale, dove maschio e femmina non fanno differenza e dove conta l’immaginario (soprattutto l’immaginario proibito), non il fatto.66

La CBA borgatara si estende quindi anche ad altri. Il “popolo romano” è descritto come preda di una “fantasticheria paranoica”; il narratore sembra suggerire che la tendenza a preferire l’illusione e a prendere a modello il mondo televisivo si sia esteso non solo a lui, ma anche ad altri appartenenti al ceto borghese: “Tra una realtà concreta ma deprimente e una rappresentazione seducente ma immaginaria, scegliamo la seconda […]”.

67

È da notare che il narratore, un professore, utilizza la prima persona plurale (“scegliamo”), questo suggerisce che siano coinvolte anche le persone che vivono al di fuori delle borgate. Secondo Walter, una mescolanza tra il livello della realtà e l’ “opera d’arte”,

68

fa sì che non sia più “pertinente se quel che dice un leader sia vero o

64 Ivi, p. 158: “Nessuna indulgenza per chi sogna a vuoto, o spera nella sorte: «l’azzardo lo devi fa sul concreto, sull’uomo, no alla roulette o ai cavalli, che lì già stai perdendo mentre giochi»”.

65 Ivi, p. 158.

66 Ivi, p. 302. Corsivo nel testo.

67 Ivi, p. 322.

68 Segnalo che nel testo preso in esame, a differenza di ciò che accade nell’analisi presente in Walter Siti, Il ‘recitar vivendo’ del talk-show televisivo, “Contemporanea”, 3, 2005, pp. 73-78, realtà televisiva e opera d’arte non sono differenziati. Mentre al livello teorico Siti distingue i

(20)

20 falso, buono o cattivo – l’essenziale è che il leader sia ‘personaggio’”

69

e

“personaggio” o “comparsa”

70

cercano di essere anche i borgatari.

A questo punto, al fine di comprendere meglio alcune affermazioni del narratore, è necessaria l’introduzione di alcuni concetti teorici. Secondo il sociologo Harvey Sacks, alla normalità si oppone la salienza; ogni membro della società è impegnato in un costante sforzo per cercare di essere ordinario, cosa che si configura come un lavoro – “job”:

71

nel momento in cui la performance identitaria del soggetto si discosta dalla normalità questo viene sanzionato socialmente. La salienza è tuttavia indispensabile affinché il concetto di normalità possa esistere ed essere compreso, dal momento che i soggetti riescono a comprendere ed imparare i concetti collocandoli in opposizione ai loro contrari.

72

Per questo motivo esistono dei meccanismi di

“neutralization of salience”

73

– “neutralizzazione della salienza” –, che permettono di riportare esperienze non ordinarie nel campo del normale e quindi del dicibile. Sulla base delle considerazioni di Harvey Sacks,

programmi televisivi – i talk-show – dall’opera d’arte, poiché la seconda riesce a creare un universo separato, suo proprio, mentre nei talk-show questo non avviene e, anzi, la realtà di primo grado esercita una pressione censoria: le persone che partecipano al programma sanno infatti che dovranno rendere conto di ciò che hanno detto durante lo show nella vita di tutti i giorni (quindi, per esempio, nessuno vuole fornire un’immagine troppo negativa di sé). Al livello teorico, dunque, Siti configura la realtà televisiva non come un “proxy discourse”, ma come uno spazio in cui si è già verificata una mescolanza fra realtà di primo grado e “proxy discourse”. Tutto ciò, tuttavia, nel testo de Il contagio non sembra essere applicato: da un riferimeto ai “vip in televisione”, si passa alla menzione della “società dello spettacolo” e successivamente all’idea di “considerare il mondo come un prodotto artistico” (Siti, Il contagio, cit., p. 322), senza tracciare una distinzione.

69 Ivi, p. 321.

70 Ivi, p. 322.

71 Sacks, On doing ‘being ordinary’, cit., p. 414: “This brings me to the central sorts of assertions I want to make. Whatever you may think about what it is to be an ordinary person in the world, an initial shift is not think of ‘an ordinary person’ as some person, but as somebody having as one's job, as one's constant preoccupation, doing ‘being ordinary’. It is not that somebody is ordinary; it is perhaps that that is what one's business is, and it takes work, as any other business does. If you just extend the analogy of what you obviously think of as work - as whatever it is that takes analytic, intellectual, emotional energy - then you will be able to see that all sorts of nominalized things, for example, personal characteristics and the like, are jobs that are done, that took some kind of effort, training, and so on”. Le persone non sono dunque ordinarie per loro natura, essere ordinari viene insegnato e richiede sforzo e applicazione costanti.

72 Vd. Ferdinand de Saussure, Cours de linguistique générale [1916], trad. it., Corso di linguistica generale, Bari: Laterza, 1999.

73 Grilli, On doing ‘being a misfit’, cit., p. 110.

(21)

21 Alessandro Grilli osserva che determinate categorie sono titolate a fare ciò che normalmente non si potrebbe fare per risultare normali e non strani; lo studioso arriva così a delineare il concetto di “proxy”,

74

ovvero “delega”. Dal momento che, come abbiamo detto, la salienza è necessaria per percepire la normalità, determinate categorie vengono associate di prassi a comportamenti salienti, così che, nel momento in cui uno di questi comportamenti si presenta, può essere riassorbito nel sistema della normalità facendo appello ad una categoria con “delega” di salienza a cui il soggetto appartiene. Secondo lo stesso principio funziona anche il meccanismo del “proxy discourse”.

75

Con questa espressione, Grilli si riferisce ad alcuni ambiti discorsivi autorizzati a trattare contenuti salienti in virtù di un loro speciale statuto. L’esempio riportato dallo studioso è la letteratura, a cui è permesso trattare contenuti marcati e mostrare azioni salienti poiché concepita come un universo separato, una “realtà secondaria”

76

e virgolettata, e dunque posta su di un piano differente rispetto alla vita ordinaria di tutti i giorni. L’opera d’arte (la letteratura, il cinema, le serie TV) hanno dunque lo statuto di “proxy discourse” e “l’indifferenza morale” a cui il narratore accenna deriva dalla maggiore libertà che l’opera d’arte ha in virtù della “delega” di salienza che possiede, in quanto universo separato; questo non significa che all’universo artistico non si applichino le leggi morali in assoluto, ma che questo abbia maggiore licenza, ha cioè la possibilità di rappresentare anche situazioni che sarebbero soggette a sanzione sociale nella realtà di primo grado. Da ciò che il narratore del testo afferma, la realtà di primo grado che descrive sta sperimentando le conseguenze di un’infrazione del “proxy discourse”, ovvero un confusione fra quest’ultimo e realtà di primo grado, con la conseguente l’applicazione delle leggi riservate al

“proxy discourse”

77

anche all’universo della realtà di primo grado, che dovrebbe essere separato ed avere leggi altre. L’immaginazione, l’illusione e la fantasticheria si collocano, secondo il narratore, dalla stessa parte della

74 Grilli, On doing ‘being a misfit’, cit., p. 111.

75 Ivi, p. 112.

76 Ivi, p. 112.

77 Ricordo che, come segnalato in nota 68 a pp. 19-20 di questo capitolo, nel testo preso in esame, a differenza di ciò che accade nell’analisi presente in Siti, Il ‘recitar vivendo’ del talk- show televisivo, realtà televisiva e opera d’arte non sono differenziati.

(22)

22 televisione; sembra precisamente questa sempre minore distinzione fra le rappresentazioni artistiche e televisive da un lato e realtà dall’altro a produrre l’incremento di un approccio alla vita sempre meno pratico, obiettivo e sempre più condizionato da fantasmi ed illusioni. In un articolo sui talk-show televisivi, Walter Siti scrive:

[S]e la scommessa dell’Occidente è di comprarsi il paradiso in terra, questo comporta che alla realtà ci si abitui a sostituire l’immagine della realtà: solo l’immagine può essere perfetta (e acquistabile), come la realtà mai potrebbe essere.

78

La televisione è dunque collegata all’illusione perché favorisce la sostituzione della realtà con una sua rappresentazione, frutto della mente del soggetto che la ricalca dal modello televisivo. Sostituire una rappresentazione della realtà alla realtà è un metodo adeguarla sempre maggiormente ai desideri, per rendere cioè più accessibile la loro realizzazione.

79

La tendenza a vivere di illusioni, a mescolare fiction, immaginazione e realtà è un tentativo di alterare quest’ultima adeguandola ai propri desideri ma senza esercitare una concreata azione su di essa: illudersi ed immaginare non porta ad avere concretamente l’oggetto del desiderio, ma permette di rimanere fermi in una fase progettuale, potremmo dire, o di esplorazione mentale del desiderio,

80

che si dilata all’infinito, rimandando a tempo non meglio precisato l’azione, che implica impegno e possibilità di fallimento. Da ciò che abbiamo detto finora si può desumere che i principali tratti borgatari che sono stati trasmessi alla borghesia (illegalità, droga, illusione/infrazione del “proxy discourse”, mancanza di mediazione) hanno tutti in comune lo stesso approccio alla realtà, ovvero il voler essere metodi per arrivare ad una realizzazione facilitata dei propri desideri. Inoltre, l’estratto dell’articolo di Siti porta anche ad un’altra considerazione: da un punto di vista costruzionista, la realtà – o, più

78 Siti, Il ‘recitar vivendo’, cit., p. 74. Corsivo nel testo.

79 Sul collegamento fra fantasticheria e desiderio torneremo nel capitolo 2, analizzando nei dettagli come l’impossibilità di soddisfare il desiderio causi l’utilizzo, da parte dei soggetti, della fantasticheria – fino all’alterazione della realtà, tentata nel caso della menzogna, e a livelli più profondi nel caso della follia – nel tentativo di raggiungere l’oggetto del desiderio.

80 Ovvero, se si vuole diventare famosi, si pensa a come diventarlo: ad esempio, lo si potrebbe fare recitando in un film, se ne immaginano quindi i dettagli (del film, del provino ecc…), le conseguenze (le conoscenze importanti, i ricevimenti, gli incontri con il fan ecc…). Si possono saggiare con la mente, insomma, tutte le possibilità legate a quel desiderio.

(23)

23 precisamente l’immagine della realtà avvertita come concreta ed oggettiva dai soggetti sociali – è frutto di una costruzione sociale e viene trasmessa e negoziata dagli individui nelle interazioni e tramite dispositivi culturali. Dal momento che le interazioni avvengono tramite il linguaggio – ogni genere di linguaggio, come quello del corpo, quello verbale sia scritto che orale –, anche questo ha un ruolo nella diffusione e formazione di un’immagine della realtà; il linguaggio verbale è particolarmente vantaggioso poiché, rispetto a quello del corpo, per esempio, fornisce la possibilità di riferirsi anche a situazioni non contingenti, rende presenti anche fatti e persone temporalmente o spazialmente lontane o ad esperienze mai vissute.

81

La trasmissione linguistica e la costruzione di universi simbolici legittima l’immagine della realtà che la società presenta come oggettiva e rinforza perciò l’illusione che sia tale.

82

Come sottolinea anche Alessandro Grilli,

83

perciò, la letteratura, a dispetto del fatto che sia generalmente considerata un universo separato, ha un’influenza sulla realtà, perché è uno degli strumenti attraverso cui l’immagine della realtà che una società ha viene diffusa e rinegoziata. In ottica costruzionista, non si è formata una spinta a sostituire la realtà con una sua immagine, come afferma Siti, ma – poiché la realtà è frutto di accordo sociale – è un’immagine; la negoziazione sempre maggiore con letteratura, cinema e televisione sta però portando l’immagine della realtà a diventare sempre più vicina alle rappresentazioni di essa, che sono concettualizzate dal soggetto sociale come finzionali. Anche se il narratore nel testo non distingue cinema e programmi TV, si può inoltre ipotizzare che l’immaginario televisivo abbia un impatto ancora maggiore di quello letterario e cinematografico: infatti, mentre la letteratura è generalmente considerata come un universo finzionale ed altro rispetto alla realtà di primo grado, la televisione si presenta come autentica, reale e spontanea. Come sottolinea Siti nell’articolo sopra menzionato, infatti, nei talk-show, benché siano spesso introdotti dei canovacci performativi che i partecipanti devono seguire (rivelare determinate notizie in alcuni momenti,

81 Vd. Berger, Luckmann, La realtà come costruzione sociale, cit., pp. 60-61.

82 Vd. ivi, pp. 132-147.

83 Mi riferisco a quanto detto durante il corso di Letterature Comparate tenutosi all’Università di Pisa nell’anno accademico 2019-2020 riguardante i testi horror.

(24)

24

marcare alcuni aspetti più salienti delle loro vite o inventarne se non ve ne

sono, ecc.), si presentano come programmi in cui non si assiste alla

performance di attori, ma di persone vere che raccontano le loro vite e agiscono

spontaneamente. Questo porta probabilmente i programmi televisivi ad avere

un peso di negoziazione ancora maggiore della letteratura, poiché quella

televisiva non si presenta come una rappresentazione della realtà, ma si

presenta come la realtà ‘così com’è’. Lo spettatore si sente perciò molto più

obbligato a confrontare la propria immagine della realtà con quella televisiva e

a rinegoziare in base a quella fornita dalla televisione la propria immagine della

realtà. A seguito della negoziazione con la televisione, dunque, l’immagine

della realtà del pubblico risulterà progressivamente mutata, ma, poiché la

rappresentazione dei programmi TV è parzialmente manipolata (Siti evidenzia

l’aggiunta o la sottolineatura di fatti salienti, reazioni emotive rese più eclatanti

per esempio) rispetto all’immagine che viene diffusa attraverso altri canali

(come l’interazione discorsiva giornaliera, ad esempio), l’immagine risultante

dall’interazione tende ad integrare elementi della rappresentazione, avvertiti

quindi come finzionali, non autentici dal narratore (l’essere personaggio, ad

esempio). In cosa consiste questa finzionalità? L’esemplificazione di ciò –

ovvero dell’immagine della realtà che diviene sempre più simile alle sue

rappresentazioni finzionali – si esplica probabilmente nell’entrata maggiore

della marcatezza nella vita quotidiana. Secondo Harvey Sacks, come abbiamo

detto, la vita quotidiana si presenta come ordinaria (gli individui imparano

inconsciamente ad essere ordinari) e le realtà di secondo grado si configurano

come marcate; rinegoziare l’immagine della realtà in maniera massiccia con le

rappresentazioni finzionali (che presentano azioni e soggetti marcati) può

causare un allentamento dei domini del marcato e del non-marcato,

specialmente se la negoziazione avviene con i programmi televisivi, che

mirano a presentare situazioni salienti e finzionali, ma facendole passare come

storie vere e reazioni spontanee; questo, infatti, fa sì che allo spettatore arrivi il

messaggio che la realtà è così come dipinta nei programmi TV, perciò finisce

per prendere esempio da situazioni marcate non rendendosi conto

dell’infrazione che sta compiendo. Che i fatti salienti siano presentati come

(25)

25 appartenenti ad un dominio finzionale è testimoniato dal fatto che in contesti non ordinari – come l’accoltellamento di Flaminia da parte del marito o la lapidazione di un collega di Mauro – si parli di una “aria ancora impregnata di fiction”

84

o leggiamo: “Sembrava un film”.

85

L’esperienza che appare estrema, marcata, deve essere disinnescata quando si trova nella realtà ordinaria, per questo deve essere ricondotta ad un mondo finzionale, con delega di salienza.

86

Se questo processo avviene di prassi in modo da disinnescare la marcatezza, probabilmente il narratore vuole presentarlo nel testo come una testimonianza della commistione sempre maggiore con l’universo finzionale. La progressiva inclusione della salienza nella realtà quotidiana conseguente al meccanismo descritto può inoltre generare un’inflazione della marcatezza: dal momento che azioni salienti vengono performate nella realtà di primo grado sempre più frequentemente, queste perdono progressivamente il loro carattere marcato;

questo fa sì che si mettano in atto azioni sempre più clamorose, così che possano ancora essere percepite come salienti.

87

Oltre a quelle precedentemente discusse, anche il nichilismo è una caratteristica di chi proviene dalle borgate:

La grande arma che i borgatari hanno a disposizione è il nichilismo, sono loro gli antesignani dell’insignificanza; più il mondo borghese appare privo di senso, più i borgatari guadagnano posizioni, possono diventare avanguardia.

88

I borgatari agiscono infatti con “indifferenza cronica (e ironica) a tutto”,

89

ritengono che gli sforzi del singolo per cambiare in qualche modo la realtà siano inutili: “[…] una delle pulsioni profonde su cui si fonda lo spirito delle borgate: la spinta a credere che tanto, tutto è uguale”.

90

Questa idea e questa rassegnazione fanno sì che i borgatari non si sforzino né ritengano di dover

84 Siti, Il contagio, cit., p. 132.

85 Ivi, p. 218.

86 Sacks (in On doing ‘being ordinary’, cit., p. 419) riporta la testimonianza, trovata in un articolo di giornale, relativa ai pensieri di un ragazzo che si è trovato coinvolto in un dirottamento aereo: in un primo momento, il ragazzo afferma di aver pensato che stessero girando un film.

87 L’osservazione sull’inflazione della marcatezza è di Alessandro Grilli, che ringrazio.

88 Siti, Il contagio, cit., p. 321.

89 Ivi, p. 173

90 Ivi, p. 320. Corsivo nel testo.

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