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Academic year: 2021

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TITOLO: DEFINIZIONE DI UNA STRATEGIA DI SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE NEL SETTORE AGROALIMENTARE: IL CASO MUTTI S.P.A.

INDICE

1. INTRODUZIONE………...………2

2. SVILUPPO SOSTENIBILE E INDUSTRIA AGROALIMENTARE…………3

2.1 SVILUPPO SOSTENIBILE E AGENDA 2030………..…..4

2.2 SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE NEL SETTORE ALIMENTARE…...…...…...6

2.3 CASI STUDIO………….………..………...…………..…...…..12

2.3.1 BARILLA………...……….…...12

2.3.2 FERRERO………..…...….…..16

2.3.3 OSSERVAZIONI………..……….….……….…....20

3. SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE IN MUTTI S.P.A………...…22

3.1 FRAMEWORK POLITICHE AMBIENTALI MUTTI………..……...…...22

3.2 DEFINIZIONE DI UNA STRATEGIA DI SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE SU MISURA PER L’AZIENDA ………...24

3.2.1 OBIETTIVO DEL PROGETTO……….…...24

3.2.2 DESCRIZIONE DEL METODO E DEGLI STEP………..…..….25

3.2.3 APPLICAZIONE DEL METODO E RISULTATI …………..……….……...33

3.2.4 ANALISI SISTEMA MULTILIVELLO INDICATORI…….……….……...40

3.2.5 OSSERVAZIONI E PROSSIMI STEP……….….…42

3.2.6 PROSPETTIVE FUTURE……….……45

4. CONCLUSIONI………47

5. Bibliografia………49

6. Sitografia……….…...50

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2 1. INTRODUZIONE

Alla base di questo Project Work vi è lo studio di come il settore agroalimentare faccia proprio il principio di sostenibilità ambientale. In particolare, l’attenzione viene data al percorso intrapreso da un’azienda leader del settore delle conserve di pomodoro, quale la Mutti spa, volto a definire una strategia di sostenibilità ambientale su misura attraverso l’elaborazione di un set di indicatori di performance ambientale.

L’obiettivo di questo studio è quello di ripercorrere le tappe fondamentali che hanno portato a definire un modello di valutazione delle prestazioni ambientali, al fine di fornire all’azienda un valido strumento che, individuando le aree critiche su cui intervenire, orienti il suo percorso verso un miglioramento continuo delle sue interazioni con l’ambiente.

Sono state predisposte delle linee guida che presentano i passaggi seguiti per sviluppare il set di indicatori elaborati su misura dell’azienda, mettendo in evidenza i risultati ottenuti di volta in volta e le modalità di catalogazione e selezione dei vari indicatori.

Si vuole evidenziare il coinvolgimento delle varie funzioni aziendali che hanno lavorato in sinergia con gli esperti durante i vari step del progetto.

Il Project Work è stato strutturato in due macro-parti.

Nella prima parte, dopo un primo inquadramento del concetto di sviluppo sostenibile ripercorrendo le tappe fondamentali della storia che lo hanno delineato, si è passati ad analizzare il ruolo del settore agroalimentare come attore chiave per realizzare uno sviluppo sostenibile dei sistemi produttivi, settore fondamentale in quanto intercetta numerose istanze sociali, ambientali ed economiche. Nello specifico si fornisce una panoramica delle strategie e degli strumenti adottati dalle aziende alimentari volti a potenziare e a misurare il loro impegno in ottica di una maggiore sostenibilità ambientale.

Si procede con un focus dei percorsi di sostenibilità intrapresi da due giganti del settore agroalimentare, quali il Gruppo Ferrero e il Gruppo Barilla, concludendo questa prima parte confrontando le due politiche ambientali.

La seconda parte del mio Project Work si concentra sull’analisi del percorso di sostenibilità ambientale intrapreso da un altro attore chiave di tale settore, il Gruppo Mutti.

Dopo una panoramica dei vari progetti e interventi posti in essere fino ad ora e dei progressi ottenuti, viene presentato l’oggetto principale del mio studio, esponendo l’approccio operativo seguito per elaborare un modello di valutazione delle prestazioni ambientali.

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Sono state elaborate delle linee guida della strategia seguita per delineare il set di indicatori, individuando gli obiettivi e le modalità di conduzioni dei singoli step.

Si ha poi l’applicazione del metodo riportando i risultati progressivamente raggiunti in ogni singolo passaggio, dettagliando il numero di indicatori elaborato al termine dei due round di interviste con le funzioni aziendali, le modalità di catalogazione e valutazione di questi, per presentare infine lo stato dell’arte del progetto, ancora in corso, che consiste nella predisposizione di un sistema multilivello di indicatori a cui si applica una struttura piramidale, organizzata in più classi/livelli di indicatori.

Sono stati individuati 5 KPI, detti Top Indicators, collocati al vertice del sistema piramidale collegati a 4 aspetti ambientali fondamentali. Tali Top Indicators si basano sui Driver Indicators, che raggruppano più classi di indicatori ordinate in più livelli, che vanno a monitorare nel dettaglio fattori di impatto ambientale e che condizionano l’andamento dei Top Indicators.

I Driver Indicators si suddividono in Explanatory Indicators di 1° livello, Explanatory Indicators “di Riserva”, Indicatori Trasversali e infine Indicatori Polifunzionali.

I Top Indicators si presentano come KPI aziendali collegati a macro-obiettivi ambientali aziendali, mentre i Driver Indicator sono collegati a obiettivi ambientali attribuiti alle singole funzioni.

Vengono infine puntualmente delineati gli step strumentali a completare tale modello di valutazione della performance ambientale aziendale, individuati nella raccolta dei dati e nel calcolo dei valori degli indicatori ambientali, nella definizione dei macro-obiettivi ambientali aziendali e degli obiettivi individuali delle singole funzioni, nell’inserimento di questi all’interno di un sistema di retribuzione premiante e nella predisposizione di un sistema di monitoraggio degli indicatori e valutazione delle performance.

Tra le prospettive future rileva la volontà della Mutti di condividere e promuovere la cultura della sostenibilità fra tutti gli attori della filiera del prodotto.

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2. SVILUPPO SOSTENIBILE E INDUSTRIA AGROALIMENTARE

2.1 SVILUPPO SOSTENIBILE E AGENDA 2030

L’urgenza di una transizione ecologica e di una lotta alle disuguaglianze trovano nello sviluppo sostenibile un valido alleato che, collocandosi al centro delle principali aspirazioni della comunità globale e delle politiche governative e aziendali, è in grado di fornire una valida risposta agli eventi economici, sociali ed ambientali che hanno segnato gli ultimi anni.

Per comprendere a fondo tale principio è necessario ripercorrere le tappe fondamentali della sua storia partendo dagli anni ’70 quando, grazie ai primi movimenti ambientalisti, ci si inizia a interrogare sul futuro della Terra.

Proprio nel 1972 si svolge la Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente Umano a Stoccolma1, prima tappa fondamentale per lo sviluppo delle politiche ambientali future.

Sulla spinta del dibattito che sempre più si andava affermando in merito al rapporto tra sviluppo economico e le problematiche connesse di carattere ambientale e sociale, viene elaborata una prima definizione di sviluppo sostenibile presentata nel 1987 con il Rapporto “Our Common Future”, che definisce lo sviluppo sostenibile come uno sviluppo in grado di assicurare «il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri»2.

Tale rappresentazione della sostenibilità presuppone la ricerca di un equilibrio fra tre pilastri fortemente interconnessi, quello ambientale, sociale ed economico, nel senso che incontra la sua realizzazione in uno sviluppo economico che avvenga nel rispetto dell’integrità ambientale, garantendo il progresso sociale e assicurando la responsabilità intergenerazionale nell’uso delle risorse.

Il principio in esame viene ribadito e consolidato con la Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo, tenutasi a Rio de Janeiro nel 19923, dove trova espressa formalizzazione negli atti adottati a conclusione di questa: la Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo,

1 Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente Umano (United Nations Conference on the Human Environment (Stockholm Conference) che ha avuto luogo tra il 5 e il 16 giugno 1972 a Stoccolma, Svezia.

2 Commissione mondiale su Ambiente e Sviluppo (World Commission on Environment and Development, WCED,) istituita nel 1983 che ha portato alla pubblicazione nel 1987 del Report «Our common future» (Il futuro di tutti noi) che afferma la necessità di intervenire con una strategia in grado di integrare le esigenze dello sviluppo e dell’ambiente.

3Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo (UNCED, United Nations Conference on Environment and Development), tenutasi dal 3 al 14 Giugno del 1992 a Rio de Janeiro nel 1992, con lo scopo di instaurare una nuova partnership globale che miri a tutelare gli interessi di tutti e l’integrità dell’ambiente.

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l’Agenda 21 e la Dichiarazione sulla Gestione, la Conservazione e lo Sviluppo Sostenibile delle Foreste.

Si parla inoltre di sviluppo sostenibile anche nelle Convenzioni aperte alle firme al termine del suddetto Summit sulla Terra, quali la Convenzione sulla diversità biologica e la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Tra gli obiettivi principali perseguiti dalla Convenzione sulla diversità biologica troviamo infatti: la conservazione della diversità biologica; l’uso sostenibile dei componenti della diversità biologica; la giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche.4

Nel 2002 si è svolto il Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile a Johannesburg che ha portato all’adozione di un Piano D’Attuazione5 dove viene ribadito l’impegno a promuovere i principi per la sostenibilità affermatisi dieci anni prima a Rio.

Con il tempo si va sempre di più rafforzando la consapevolezza che lo sviluppo economico non possa prescindere da una giustizia sociale e ambientale, trovando conferma durante il Summit sullo Sviluppo Sostenibile che si è svolto nel 2015 a New York, al termine del quale viene adottata una nuova Agenda Globale per lo Sviluppo Sostenibile6 incentrata su 17 Obiettivi (Sustainable Development Goals- SDGs) da raggiungere entro il 2030.

L’Agenda 2030, entrata in vigore il 1° gennaio 2016, ha ereditato, dando loro nuova vita, i precedenti Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals - MDGs)7. I correnti 17 Obiettivi sono articolati in 169 ‘target', o traguardi, e tracciano il piano di azione globale finalizzato a sradicare la povertà, proteggere il pianeta e garantire la prosperità per tutti.

4 Convenzione sulla diversità biologica, art. 1 Obiettivi- “Gli obiettivi della presente Convenzione, da perseguire in conformità con le sue disposizioni pertinenti, sono la conservazione della diversità biologica, l’uso durevole dei suoi componenti e la ripartizione giusta ed equa dei benefici derivanti dall’utilizzazione delle risorse genetiche, grazie ad un accesso soddisfacente alle risorse genetiche ed un adeguato trasferimento delle tecnologie pertinenti in considerazione di tutti i diritti su tali risorse e tecnologie, e grazie ad adeguati finanziamenti.”

5 “Plan of Implementation of World Summit on Sustainable Development” adottato nel 2002 al termine del Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile o WSSD (World Summit on Sustainable Development) a Johannesburg, Sud Africa.

6 “Trasformare il nostro mondo. L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (Transforming our world: the 2030 Agenda for Sustainable Development):” documento adottato dai Capi di Stato in occasione del Summit sullo Sviluppo Sostenibile del 25-27 settembre 2015 a New York.

7“Dichiarazione del millennio delle Nazioni Unite (The United Nations Millennium Declaration), adottata da i leader mondiali di 189 paesi nel settembre del 2000, in occasione del Vertice del Millennio delle Nazioni Unite, con la quale si sono impegnati a liberare ogni essere umano dalla povertà e a rendere il diritto allo sviluppo una realtà per ogni individuo. Tali target sono collegati alla definizione degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (MDGs – Millennium Development Goals), 8 obiettivi concreti da realizzare entro il 2015.

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A differenza dei loro predecessori, gli SDGs hanno carattere universale, considerato che si rivolgono tanto ai paesi in via di sviluppo quanto ai paesi avanzati e, soprattutto, hanno conosciuto un elevato livello di visibilità e di partecipazione anche tra attori della società civile internazionale.

Figura 1: Sustainable Development Goals, SDGs, Agenda 2030 (ONU, 2015)

I 17 SDGs stimolano l’azione in 5 aree critiche di particolare importanza per l’umanità è il pianeta: persone, pace, partnership, prosperità, pianeta.

2.2 SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE NEL SETTORE ALIMENTARE

Se le politiche di sviluppo sostenibile devono intervenire sull’aspetto economico assicurando al contempo equità, giustizia sociale e integrità ambientale, il cibo non può che essere una delle tematiche centrali, filo conduttore di molteplici interazioni e preoccupazioni sociali, etiche, ambientali e sanitarie e, per questo motivo, punto focale di diverse istanze affrontate dall’Agenda 2030 quali: nutrizione, salute, sviluppo dell’individuo e delle comunità, rispetto dell’ecosistema, integrità dell’ambiente, modalità di produzione e consumo.

In questa riflessione occupano allora una posizione centrale i sistemi alimentari, che comprendono l’insieme degli attori coinvolti nella produzione, aggregazione, trasformazione, distribuzione, consumo e smaltimento di prodotti alimentari provenienti da agricoltura e silvicoltura. Un sistema alimentare può essere organizzato in sottosistemi, come il sistema agricolo e il sistema di approvvigionamento, che interagiscono tra loro.

Quando si parla di un sistema alimentare sostenibile ci si riferisce ad un sistema che garantisca sicurezza alimentare e nutrizione per tutti, in modo tale che le basi economiche, sociali e ambientali per le generazioni future non siano compromesse, ponendosi così al centro degli

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Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) delle Nazioni Unite.8

Focalizzandoci sul contesto ambientale, la sostenibilità si riferisce a un uso efficiente delle risorse che riduce al minimo l'impatto sull'ambiente e, dalla figura seguente, si comprende come un’agricoltura e un sistema alimentare sostenibili non possano prescindere da una gestione sostenibile delle risorse naturali del pianeta, su cui si basano poi lo sviluppo sociale ed economico delle comunità. Il punto di partenza deve essere pertanto la sostenibilità ambientale del settore alimentare che si realizza tramite il ricorso a pratiche volte a ridurre l'impatto ambientale di un prodotto o di un processo, andando ad incedere sulle modalità di cresciuta, annaffiamento, raccolta e trasporto, elaborazione, confezionato e smaltimento dopo l'uso.9

Figura 2: FONTE The Economics of Ecosystems and Biodiversity (TEEB)

Con riferimento al sistema alimentare merita soffermarsi sull’Obiettivo N. 12 il quale persegue in modo specifico la sfida di “Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo”, che permettano di produrre di più, riducendo l’impiego delle risorse, del degrado e dell’inquinamento lungo l’intero ciclo produttivo, migliorando la qualità della vita e aumentando così il benessere che può derivare dalle attività economiche. Facendo riferimento

8 FAO, Sustainable food systems Concept and framework, www.fao.org/sustainable-food-value-chain

9 http://www.teebweb.org/sdg-agrifood/annex-3/

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alla “produzione” e “consumo” è evidente il ruolo centrale riconosciuto alle imprese e ai cittadini-consumatori, l’agire di entrambi gli attori dovrà ispirarsi a modelli di sviluppo che garantiscano la sostenibilità. Con tale obiettivo viene messo in discussione il sistema economico attuale, delineandosi come alternativo un modello di economia circolare10 da applicare in tutte le fasi del ciclo produttivo, dall’acquisizione e sfruttamento delle risorse naturali fino alla gestione del fine vita di ciascun prodotto, intervenendo in ottica preventiva rispetto alla realizzazione di esternalità ambientali negative.

Per comprendere le ragioni che portano ad individuare il sistema alimentare come un protagonista nella svolta sostenibile dei sistemi produttivi è necessario analizzare le cause e i numeri della sua crescente "insostenibilità".

Tra le principali cause vi è la globalizzazione dell'industria agroalimentare che ha portato a un incremento delle importazioni e delle esportazioni e a un approvvigionamento sempre più ampio di prodotti agroalimentari provenienti da tutto il mondo. Anche i cambiamenti nei modelli di consumo e di acquisto dei consumatori hanno avuto il loro peso, infatti viene richiesta una scelta più ampia di prodotti alimentari, spesso fuori stagione, mai consumatori sono responsabili anche di un impatto ambientale diretto attraverso il modo in cui trasportano, immagazzinano e preparano il cibo e il modo in cui gestiscono lo smaltimento dei rifiuti. Inoltre, la concentrazione del settore a livello di rivenditori e i cambiamenti nei modelli di consegna degli alimenti generano impatti ambientali, come ad esempio le emissioni di gas ad effetto serra, non secondari, dato che l'industria agroalimentare è un'industria ad alta intensità di trasporto logistico.11

Andando ad analizzare nello specifico l’impatto ambientale del settore, si veda come l'impronta di GHG del cibo globale, cioè delle emissioni generate dalla totalità del ciclo alimentare, può essere stimata di circa 13,8 miliardi di tonnellate equivalenti di anidride carbonica (GteqCO2), circa il 28% delle emissioni globali, considerando per il calcolo delle emissioni la fermentazione di materiali organici, l’uso di fertilizzanti, l’uso dei terreni agricoli, i processi di trasformazione industriale, i rifiuti che ne derivano e l’energia impiegata.12 Se consideriamo il

10 Economia circolare è un termine generico per definire un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. In un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera, definizione fornita dalla Ellen MacArthur Foundation, ellenmacarthurfoundation.org

11 Fritz M., Matopoulos A., Sustainability in the agri-food industry: a literature review and overview of current trends, Conference: 8th International Conference on Chain Network Management in Agribusiness the Food Industry, At Wageningen, Ede, The Netherlands, 2008.

12Istitute for Climate Economics (I4CE), L. ROGISSART, C. FOUCHEROT, V. BELLASSEN-Estimer les émissions de gaz à effet de serre de la consommation alimentaire : méthodes et résultats, 2019

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consumo delle risorse idriche basti pensare che l’agricoltura è responsabile del 70% dei prelievi di acqua dolce a livello mondiale.13 Inoltre, non si può ignorare il fatto che nel mondo approssimativamente un terzo del cibo prodotto per il consumo umano viene perduto o gettato, per un ammontare di circa 1,3 miliardi di tonnellate all’anno,14 generando una quantità di scarti alimentari di difficile gestione e eticamente inaccettabile se pensiamo che al contempo nel mondo ci sono circa 821 milioni di persone afflitte da privazione cronica di cibo.15

Approfondendo l’impatto ambientale di ciascuna fase della filiera alimentare, prendendo ad esempio uno studio riferito al Regno Unito, si veda come il suo sistema alimentare contribuisca per circa al 19% dei GHG prodotti dall’uomo in UK, escludendo le emissioni derivanti dal cambiamento dell'uso del suolo (LUC), e come l'agricoltura contribuisca a circa il 40% del totale delle emissioni di gas ad effetto serra. Vi sono poi altri settori che concorrono alle emissioni con valori molto più bassi ma non per questo meno importanti, come i trasporti (12%), la produzione di alimenti (12%) e gli imballaggi (7%).16

L’industria alimentare si trova a dover implementare iniziative di sostenibilità ambientale lungo tutta la filiera, intervenendo sull’intero ciclo di vita del prodotto, subendo pressioni in tal senso sia esterne che interne.

Le pressioni esterne provengono dalla concorrenza, dalla catena di approvvigionamento dell'azienda, dalla regolamentazione-legislazione governativa e anche dai consumatori, mentre le pressioni interne dell'azienda possono derivare dai valori personali dei manager, degli azionisti e dei dipendenti.17

Fatte queste premesse, il punto di partenza della linea di intervento dovrà essere finalizzato a realizzare un’agricoltura sostenibile, che sappia svolgere un ruolo di tutela e valorizzazione dell'ambiente, del territorio e della sua vivibilità. Dovrà inoltre essere garantito un approccio integrato per la qualità, sicurezza e rintracciabilità alimentare. Si dovrà poi intervenire sull’area della trasformazione alimentare e sulla distribuzione, considerando che la distanza e la modalità di trasporto del prodotto alimentare impattano in maniera rilevante sull’ambiente. Ulteriori azioni infine dovranno riguardare il fine di vita del prodotto.

13FAO, Land and Water, http://www.fao.org/land-water/home/en/

14 FAO, Food Losses and Food Waste, http://www.fao.org/food-loss-and-food-waste/ en/

15 FAO, The state of food security and nutrition in the world, http://www. fao.org/ state-of-food-security- nutrition/en/

16 Food Climate Research Network, University of Oxford, Evidence-based resources on sustainable food systems, Chapter 3, Garnett, T., Food systems and greenhouse gas emissions

17 Fritz M., Matopoulos A., Sustainability in the agri-food industry: a literature review and overview of current trends, Conference: 8th International Conference on Chain Network Management in Agribusiness the Food Industry, At Wageningen, Ede, The Netherlands, 2008.

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In ogni caso è essenziale soppesare ogni tipo di intervento di sostenibilità ambientale con il fine ultimo dell’industria alimentare, che rimane quello di fornire alimenti sicuri e nutrienti.

Una fotografia delle tendenze in corso nel panorama del settore alimentare italiano in merito alla sostenibilità ambientale e all’introduzione di elementi di innovazione sostenibile ci viene fornita dai risultati di un’indagine effettuatanel 2015 su un campione di 83 imprese di medie e grandi dimensioni attive nei settori dell’agricoltura e dell’industria alimentare.

Gli interventi che guidano l’azione dell’80% delle imprese intervistate sono volti al miglioramento delle performance dei prodotti e al miglioramento degli impatti ambientali dei processi produttivi. Il 97% delle stesse individua come obiettivi futuri l’introduzione di innovazioni di processo nei tre anni successivi, prediligendo il ricorso all’utilizzo di fonti di energia rinnovabili (il 74,6%), il riciclaggio e il riutilizzo delle risorse materiali (il 52,2%), l’introduzione di tecnologie in grado di ridurre i consumi energetici, i rifiuti prodotti, l’inquinamento atmosferico (il 65,7%) e i processi di dematerializzazione delle informazioni (il 55,2%). Tra le innovazioni di prodotto prevalgono quelle che permettono di ridurre l’impatto ambientale del packaging (il 57%) e la sostituzione di alcuni componenti inquinanti con materie prime caratterizzate da un ridotto impatto ambientale (50,7%).18

Considerato l’impatto ambientale che deriva dalla produzione alimentare e la centralità che questa tematica sta acquistando con il tempo, alle imprese viene richiesta una maggiore trasparenza che permetta al consumatore di sapere dove e come viene prodotto quell’alimento per poter così indirizzare i suoi acquisti verso prodotti etici e sostenibili.

Sono stati quindi sviluppati diversi standard, etichette e certificazioni ecologiche a livello internazionale ed europeo per valutare e comunicare le prestazioni ambientali dei prodotti e dei processi aziendali che permettono di soddisfare la domanda dei consumatori e, al contempo, di fornire ai produttori uno strumento in grado di attestare l’impegno assunto in ottica di una maggiore sostenibilità ambientale dell’intera filiera. 19

Tra gli strumenti maggiormente diffusi per comunicare la sostenibilità ambientale di un’azienda si distinguono quelli concernenti il prodotto, come ad esempio l’Ecolabel e l’EPD-

18 Indagine, effettuata dal gruppo MaUnimib dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, è stata condotta da febbraio a luglio 2015 su un campione di 83 imprese di medie e grandi dimensioni, che operano in Italia nei settori dell’Agricoltura, dell’Industria Alimentare e della Grande Distribuzione. L’indagine fa parte del IV Rapporto della Fondazione Obiettivo Lavoro e i risultati dell’indagine sulla filiera agro alimentare sono inclusi nel libro Mezzanzanica M. (2015), “La filiera agro alimentare”, Aracne, Romahttp, ://www.maunimib.unimib.it/2015/11/sostenibilita-e-innovazione-nelle-imprese-della-filiera-agro-alimentare/

19 Jones, K., Pfeifer, K., & Castillo, G. (2019). Trends in the Global Food System and Implications for Institutional Foodservice. Institutions as Conscious Food Consumers, 21–46.

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Dichiarazione Ambientale di Prodotto20 rivolti ai beni e servizi prodotti, da quelli attinenti al processo, come ad esempio la certificazione ISO 14001 - Sistema di gestione ambientale e l’EMAS21 relativi al processo produttivo e all’organizzazione della struttura produttiva.

Altri strumenti sono funzionali a calcolare e comunicare gli impatti ambientali di beni e servizi lungo il loro intero ciclo di vita, come lo studio Life Cycle Assessment-LCA, la carbonfootprint e la waterfootprint22, e a ridurre gli impatti ambientali delle procedure di acquisto delle pubbliche amministrazioni come il Green Public Procurement - GPP23.

In ogni caso, intraprendere un percorso di sostenibilità richiede tempo e investimenti rilevanti e una predisposizione al cambiamento e all’innovazione, dato che si va ad incidere in modo sostanziale sul modello di business, sui processi e sui prodotti dell’azienda.

Il fine della comunicazione della sostenibilità consiste nella creazione di un’unione tra gli stakeholders e l’impresa permettendo a quest’ultima la possibilità di fornire informazioni in merito al suo intervento sul piano della sostenibilità e di dimostrare quanto questo suo agire sia

20 Ecolabel UE - marchio di qualità ecologica dell’Unione Europea che certifica prodotti e servizi sono caratterizzati da un ridotto impatto ambientale durante l’intero ciclo di vita. Istituito nel 1992 dal Regolamento n. 880/92 ed è oggi disciplinato dal Regolamento (CE) n. 66/2010 .

EPD-Environmental Product Declaration è una certificazione volontaria che si può applicare a tutti i prodotti e servizi. La Dichiarazione è uno strumento di informazione e comunicazione fra produttori, distributori e consumatori. Il Programma EPD© segue lo standard ISO 14025.

21ISO 14001 -norma internazionale UNI EN ISO 14001:2015-Sistemi di Gestione Ambientale, ad adesione volontaria, applicabile a qualsiasi tipologia di Organizzazione pubblica o privata, che specifica i requisiti di un sistema di gestione ambientale.

EMAS- Sistema comunitario di ecogestione e audit (Eco-Management and Audit Scheme), sistema ad adesione volontaria applicabile alle imprese e alle organizzazioni, sia pubbliche che private, aventi sede nel territorio della Comunità Europea o al di fuori di esso, che desiderano impegnarsi nel valutare e migliorare la propria efficienza ambientale. Il I Regolamento EMAS è il Regolamento n. 1836 emanato nel 1993 e nel 2001 sostituito dal Regolamento n. 761 che, a sua volta, è stato sostituito nel 2009 dal III Regolamento n. 1221. Il sistema di gestione relativo alle attività tecniche di registrazione EMAS, accreditamento e sorveglianza dei Verificatori Ambientali EMAS sono svolte in conformità alla norma ISO 9001:2015.

22 LCA-Life Cycle Assessment (Valutazione del Ciclo di Vita) principale strumento operativo del “Life Cycle Thinking”. Metodo oggettivo di valutazione e quantificazione degli impatti ambientali associati ad un prodotto/processo/attività lungo l’intero ciclo di vita, dall’acquisizione delle materie prime al fine vita. A livello internazionale la metodologia LCA è regolamentata dalle norme ISO della serie 14040.

A livello europeo l’importanza strategica dell’adozione della metodologia LCA è espressa all’interno del Libro Verde COM 2001/68/CE e della COM 2003/302/CE sulla Politica Integrata dei Prodotti. L’LCA rappresenta un supporto fondamentale allo sviluppo di schemi di Etichettatura Ambientale.

CARBOON FOOTPRINT- misura che esprime in CO2 equivalente il totale delle emissioni di gas ad effetto serra associate direttamente o indirettamente ad un prodotto, un’organizzazione o un servizio.

WATER FOOTPRINT- (Impronta idrica) indicatore del consumo di acqua dolce che include sia l’uso diretto che indiretto di acqua da parte di un consumatore o di un produttore. Definita come il volume totale di acqua dolce utilizzata per produrre beni e servizi, misurata in termini di volumi d’acqua consumati e inquinati per unità di tempo.

23 GPP-Green Public Procurement, ovvero Acquisti Verdi nella pubblica amministrazione, strumento di politica ambientale che favorisce l’integrazione di considerazioni di carattere ambientale nelle procedure di acquisto della Pubblica Amministrazione intervenendo in un mercato di prodotti e servizi a ridotto impatto ambientalE.

www.minambiente.it

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conforme alle aspettative dei primi. In aggiunta, tale comunicazione è volta a rafforzare la leva competitiva dell’azienda tramite il profilo reputazionale che si basa su un prodotto credibile e coerente.24

2.3 CASI STUDIO

Quanto osservato fino ad ora viene calato nella realtà tramite l’analisi dei percorsi di sostenibilità ambientale intrapresi da due delle aziende italiane maggiormente rappresentative del settore alimentare, la Barilla e la Ferrero, andando a individuare in quali fasi della filiera alimentare sono intervenute e gli aspetti ambientali connessi a queste, per presentare poi i principali strumenti a cui sono ricorse per comunicare l’impegno e la responsabilità che si sono assunte.

Andando ad approfondire come le seguenti partiche sono state pubblicate e pubblicizzate, la questione che si pone è dove viene posto l’accento dalle due aziende, come le questioni ambientalirelative ai rifiuti, all'acqua, all'energia e al trasporto alimentare vengono affrontate.

2.3.1 BARILLA

Il Gruppo Barilla è presente in tutto il mondo con 28 siti produttivi e, con una produzione annuale di oltre 1.900.000 tonnellate di prodotti e un fatturato globale di 3. 483 milioni di euro nel 2018, si afferma come leader a livello mondiale nel mercato della pasta, dei sughi pronti in Europa Continentale, dei prodotti da forno in Italia e dei pani croccanti nei Paesi Nordici.25 È una realtà che ambisce a diventare l’azienda alimentare italiana più reputata a livello globale impegnandosi a coltivare l’amore per il “pasto all’italiana” nel mondo, a sviluppare le categorie e le quote di mercato, a rafforzare la leadership nei prodotti da forno, ad espandersi selettivamente nei mercati più attrattivi, aggiungendo valore alle categorie per ricambiare la fiducia delle persone.26

24 Fasan, M.,Bianchi, S., (2017). L’azienda sostenibile. Trend, strumenti e case study. Capitolo. Marketing e comunicazione della sostenibilità. Un nuovo vantaggio competitivo tra etica e nuovi modelli di business. Federico Rossi. 79. Edizioni Ca’ Foscari - Digital Publishing

25 Rapporto 2019 “Buono per Te, Buono per il Pianeta”. Redatto in conformità ai Sustainability Reporting Standards pubblicati nel 2016 dal Global Reporting Initiative – GRI, con livello di applicazione Core Option. P. 10- 11. https://www.barillagroup.com/it/buono-il-pianeta

26 https://www.barillagroup.com/it/cosa-ci-guida

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Con riferimento alla comunicazione delle politiche ambientali messe in atto l’approccio adottato si caratterizza per la trasparenza con cui vengono fornite le informazioni facendo riferimento sia agli obiettivi che alle strategie connesse. La piattaforma “Buono per te e Buono per il pianeta” insieme al Report sulla Sostenibilità, pubblicato annualmente, svolgono una funzione non solo di comunicazione ma anche di divulgazione.

La Barilla si è impegnata a migliorare la sostenibilità dei propri prodotti intervenendo in ogni fase della filiera attraverso la definizione di obiettivi e strategie connessi a quel determinato stadio del processo alimentare.

 Al fine di realizzare un’agricoltura sostenibile è stato individuato l’obiettivo di acquistare entro il 2020 il 100% delle principali materie prime in modo responsabile, in linea con il Codice Barilla di Agricoltura Sostenibile.27Quanto espresso in tale Codice trova un’applicazione concreta nel programma Barilla Sustainable Farming (BSF), finalizzato a promuove l’adozione di pratiche agricole sostenibili e innovative nelle filiere strategiche e in quelle che per loro natura presentano criticità di natura ambientale e sociale.

Tra gli interventi posti in essere in quest’ottica, con riferimento alle materie prime, prendiamo ad esempio quelli relativi alla filiera del grano duro che rappresenta, in termini di volumi utilizzati, la principale materia prima. La pluriennale collaborazione con HORTA28 ha portato all’elaborazione e alla diffusione del Decalogo per la Coltivazione Sostenibile del Grano Duro di Qualità. Inoltre la piattaforma Agrostat fornisce un servizio completamente gratuito che accompagna gli agricoltori nella gestione della concimazione attraverso tecniche di agricoltura di precisione, riducendo i costi e l’impatto ambientale della coltivazione. Il risultato di queste e altre varie collaborazioni ha portato la Barilla ad acquistare nel 2018 227.000 tonnellate di grano duro sostenibile.

Facendo riferimento ad un'altra materia prima rilevante come quella del grano tenero, strategica per la marca Mulino Bianco, merita menzione la Carta del Mulino, documento elaborato in collaborazione con il WWF, che si pone come obiettivo quello di sostenere la diffusione di pratiche agricole sostenibili per la coltivazione del frumento e lungo la

27 Documento che sancisce i principi per gestire gli acquisti secondo criteri di sostenibilità e per garantire relazioni corrette con tutti gli attori coinvolti nella catena di fornitura.

28 Spin off dell’Università Sacro Cuore di Piacenza che fornisce tramite strumenti web interattivi un supporto alle decisioni finalizzato di garantire il rispetto dei principi dell’agricoltura sostenibile e di precisione per la coltivazione del pomodoro da industria.

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filiera della farina. Si presenta come un disciplinare di agricoltura sostenibile costituito da 10 regole fornite per supportare gli agricoltori e, al contempo, custodire il patrimonio ambientale attraverso la tutela della biodiversità, la riduzione dell’uso di alcuni prodotti fitosanitari e la salvaguardia degli insetti impollinatori.29

 Per quanto riguarda il suo intervento al fine di realizzare una gestione sostenibile del processo produttivo, per prima cosa sono stati individuati sia l’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 del 30% per ogni tonnellata di prodotto rispetto al 2010, sia l’obiettivo di riduzione dei consumi idrici del 30% per ogni tonnellata di prodotto del 30% rispetto al 2010, entrambi da realizzare entro il 2020.

Con riferimento a questa fase del processo il Gruppo è ricorso alla certificazione ISO 14001, realizzando il 93% dei volumi di produzione in stabilimenti certificati.

Anche con riferimento ai consumi energetici la Barilla è ricorsa alla certificazione, arrivando a certificare il 70% degli impianti produttivi secondo gli standard ISO 50001.

Sotto il profilo dell’efficienza energetica nel corso del 2018 il Gruppo ha realizzato ingenti investimenti che hanno permesso di implementare il programma ESP Energy Saving Project, finalizzato all’efficientamento energetico degli impianti e dei processi produttivi. Altri interventi hanno riguardato il ricorso alla generazione di energia da fonti rinnovabili, come ad esempio l’istallazione di un impianto di cogenerazione e di un impianto fotovoltaico. Queste iniziative hanno permesso un decremento nei consumi energetici rispetto all’anno passato e una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra in atmosfera registrando nel corso del 2018 un calo di circa il 2% rispetto al 2017.30 Con riferimento all’uso razionale delle risorse idriche all’interno dei propri processi produttivi sono stati lanciati diversi progetti specifici per la riduzione dei consumi idrici che hanno consentito all’azienda di ridurre il proprio fabbisogno idrico per tonnellata di prodotto finito del 21% rispetto al 2010.

 Sono stati definiti obiettivi e strategie relativi alla fase del packaging fine vita del prodotto. Entro il entro il 2020 infatti il gruppo vuole realizzare il 100% delle confezioni acquistate responsabilmente in linea con la policy globale Barilla sulle confezioni e raggiungere l’obiettivo “zero rifiuti in discarica” nei nostri stabilimenti.

29op. cit. p.110-113.

30 op. cit.p. 131-137.

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In tale prospettiva vanno letti gli interventi relativi al packaging, tra i quali si ricorda l’individuazione dei Principi Barilla sulle confezioni sostenibili che richiedono l’utilizzo di imballi riciclabili e di materiali provenienti da foreste gestite in modo responsabile.

In ottica di economia circolare, all’obiettivo di confezioni a spreco zero si è aggiunto quello di confezioni a zero impatto, che presuppone l’impiego di risorse rinnovabili o riciclate per la produzione dei materiali di confezionamento.

Un altro obiettivo in tale fase della filiera che vale pena menzionare è quello di realizzare entro il 2020 tutti i materiali di confezionamento immessi sul mercato in mono materiale o riciclabili con la carta, secondo quanto disposto dalla normativa di settore.31

 Ci sono stati inoltre interventi relativi allo statdio dei trasporti, come quello che in Svezia e Germania ha portato ad un incremento della quota di prodotti movimentati via treno, con una riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra stimata intorno a circa 1.600 tonnellate all’anno. È stato delineato inoltre un piano di ammodernamento della flotta aziendale che ha portato ad investire in 83 veicoli ad alimentazione ibrida che consentiranno di ridurre di quasi il 40% le emissioni di anidride carbonica generate rispetto all’utilizzo di veicoli convenzionali. 32

Tra gli strumenti a cui è ricorso il Gruppo per comunicare il suo impegno in un’ottica di sostenibilità ambientale, oltre alle certificazioni di processo sopra presentate, vi è l’applicazione della metodologia Life Cycle Assessment (LCA) per valutare l’impatto ambientale dei suoi prodotti lungo tutto il loro ciclo di vita, i cui risultati sono stati elaborati e presentati ricorrendo alle Dichiarazioni Ambientali di Prodotto (Environmental Product Declaration – EPD). 33 L’analisi LCA effettuata fino al 2018 permette di coprire il 71% dei volumi prodotti e sono state pubblicate 66 EPD, rappresentative del 69% della produzione del 2018.

Il ricorso ad un sistema certificato da ente terzo indipendente come conforme alla normativa internazionale ISO 14001, ha reso possibile realizzare il 93% dei volumi di produzione in stabilimenti con tale certificazione.

31 op. cit.. p.128-129.

32 op. cit. p. 136.

33 op. cit. p. 102 -103.

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Sono anche delineati dei progetti personalizzati per ogni marca/prodotto in modo tale che ogni linea contribuisca al percorso di sostenibilità intrapreso dall’azienda, ad esempio dal 2018 per la marca di pani croccanti Wasa è stato definito un sistema per compensare le emissioni rimanenti di CO2.34

2.3.2 FERRERO

Il Gruppo Ferrero, leader mondiali dell’industria dolciaria costituito da 94 società consolidate, 25 stabilimenti produttivi, i cui prodotti sono presenti in oltre 170 paesi con un fatturato di 10,7 miliardi di Euro nel 2018,35 ha avviato un percorso di sostenibilità che si focalizza particolarmente sulle aree concernenti i diritti umani, in particolar modo quelli che riguardano i lavoratori della filiera di approvvigionamento. Con riferimento alle tematiche di sostenibilità ambientale è stato intrapreso un percorso in grado di intervenire sui vari flussi di maggiore interesse ambientale.

Il Gruppo presenta un buon grado di chiarezza e trasparenza delle informazioni, reperibili sia nel Ferrero Group Corporate Social Responsibility Report, pubblicato annualmente, sia sulla piattaforma del sito dedicata per l’appunto alla Responsabilità Sociale d’Impresa.

L’ approccio alla sostenibilità si basa sulla vision del Gruppo "Condividere valori per creare valore" e la linea di intervento delineata individua nella certificazione il punto di partenza, seguita poi da progetti e azioni volti a salvaguardare il capitale naturale.

 Con riferimento alla fase dell’agricoltura, per ogni materia prima è stato strutturato un programma Ferrero Farming Value (FFV) su misura. Questi programmi si concentrano su tutti i principali settori di impatto, compresi i diritti umani e del lavoro. Essi individuano obiettivi specifici e si basano su un approccio che conosce tre step operativi:

sviluppo di progetti e partenariati dedicati; adozione di standard e certificazioni;

impegni istituzionali e collettivi.

Ad esempio per il cacao, materia fondamentale per la Ferrero, è stato fissato entro 2020 l’obiettivo del 100% di cacao certificato come sostenibile. Ad agosto 2018 è stato acquistato il 77% delle fave di cacao certificate come sostenibili. Viene richiesta la conformità a vari standard ambientali come ad esempio quelli individuati dalla

34 op. cit. p. 130-134.

35 https://www.ferrerocsr.com/il-gruppo-ferrero/i-nostri-numeri/i-numeri-dell'azienda

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certificazione UTZ, che attesta il rispetto di pratiche di agricoltura sostenibile e migliori opportunità per gli agricoltori, le loro famiglie e il pianeta. Un’altra certificazione richiesta è la Rainforest Alliance Certified™ che contribuisce a garantire la protezione degli ecosistemi, compresi gli habitat naturali, l'acqua e il suolo.

Tra le altre iniziative relative a questa filiera si ricorda l’iniziativa Cocoa and Forests che vede la cooperazione tra i paesi produttori di cacao, quali la Costa d'Avorio, Ghana e Colombia, e le principali aziende di cioccolato e cacao al fine di porre fine alla deforestazione e incentivare il ripristino delle aree forestali.

Inoltre, il Gruppo è intervenuto fornendo agli agricoltori supporto nell'adozione di pratiche agricole sostenibili attraverso l'attuazione del programma di Cacao Ferrero Farming Values.36

Con riferimento alla filiera dell’olio di palma, altra materia prima fondamentale per la Ferrero, è stato raggiunto nel 2015 l’obiettivo di realizzare 100% di olio di palma certificato RSPO come segregato. Nel 2013 è stato disposto il Farming Values Palm Oil (FFVpo) Program, essenzialmente il Palm Oil Charter che oltre a concentrarsi sulla comunità dell’olio di palma affronta le principali cause di deforestazione e problemi sociali. Il Palm Oil Charter è conforme agli Indicatori del Palm Oil Innovation Group (POIG).

Il modello garantito dal rispetto degli standard della certificazione assicura che l'olio di palma sostenibile sia mantenuto separato dall'olio di palma non sostenibile lungo tutta la catena di approvvigionamento fino dalle piantagioni.

Nell’ottica di garantire una catena di approvvigionamento dell’olio di palma in grado di fermare la deforestazione nei tropici, garantendo nel contempo il rispetto dei diritti e dei mezzi di sussistenza della popolazione locale, grazie alla cooperazione attiva con le ONG e le principali parti interessate fornitori, hanno adottato la metodologia dell'High Carbon Approccio Stock (HCS), che permette di distinguere le aree forestali, destinate alla conservazione, dalle terre degradate con basse emissioni di carbonio e biodiversità cioè che presentano valori che possono essere sviluppati. 37

 Con riferimento agli interventi relativi alla fase di trasformazione industriale vale la pena menzionare la costituzione nel 2017/2018 della funzione del "Plant ISEE

36 Corporate Social Responsibility Report Ferrero Group 2018, redatto in conformità agli standard GRI, Core Option. p. 127-128.

37Ivi, p. 148-149.

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Manager", presente in ogni stabilimento, come controparte locale del Central DISEE (Direzione Industrial Sustainability, Environment and Energy). Dalla cooperazione tra le due funzioni si vuole dar vita ad un’ambizione e un progresso comuni, a standardizzare strumenti e metodologie e a diffondere le migliori pratiche relative ai flussi di sostenibilità ambientale.

Viene presentata una fotografia della diffusione delle certificazioni ambientali nel 2018 con 18 fabbriche e 10 magazzini certificati ISO 14001 e 11 dei impianti certificati ISO 50001, con l’obiettivo di estenderle nel tempo.38

Per ridurre le emissioni di gas a effetto serra (GHG) la Ferrero è ricorsa alla produzione di energia termica ed elettrica da fonti rinnovabili e al miglioramento continuo dell'efficienza energetica delle operazioni di produzione e di energia esistenti.

Ci sono stati anche investimenti per lo sviluppo e l'ottimizzazione di impianti di produzione che generano elettricità e calore dalla cogenerazione o dalla trigenerazione.

Nell'anno fiscale 2017/2018, utilizzando impianti di cogenerazione sono stati autoprodotti circa il 48% di tutta l'elettricità consumata e il 51% del fabbisogno di energia termica dei loro impianti.

Con riferimento al consumo idrico sono stati attuati vari interventi volti a garantire una gestione efficace dell'acqua ricorrendo ad iniziative sostenibili senza esternalità negative sull'ecosistema locale.

Nonostante l'aumento del volume di produzione nell'ultimo decennio vi è stata una diminuzione complessiva di circa il 20% del consumo di acqua dai siti di produzione, intervenendo anche sulla riduzione degli inquinanti nelle acque reflue, migliorando i sistemi di trattamento attraverso tecnologie più efficienti e trovando metodi di lavaggio alternativi o più efficienti.

 Con riferimento agli interventi relativi al packaging che si riflettono sui rifiuti prodotti, quindi sulla fase del fine vita del prodotto, nello sviluppo e nella pianificazione dell’imballaggio è stata adottata la "Strategia delle 5R", 5 principi definiti come fondamentali che guidano la progettazione del packaging in ottica di migliorarne l’Ecodesign. Tra gli obiettivi che sono stati delineati ricordiamo quello di realizzare entro il 2020 il 10% in più di materiali costituiti da risorse rinnovali rispetto al 2009,

38Ivi p. 182-185.

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valutando l'adozione delle bioplastiche nei nostri imballaggi, prendendosi del tempo per svolgere ulteriori studi su questi materiali.

In ottica di economia circolare gli sprechi possono diventare una risorsa preziosa. Tra le varie iniziative connesse a tali principi si ricorda che in India, in conformità con le norme sulla gestione dei rifiuti di plastica del 2018, i proprietari di marchi e i produttori di plastica sono tenuti a riciclare i rifiuti di plastica post-consumo nell'ambito degli obblighi della responsabilità estesa dei produttori (EPR- Extended Producer Responsibility)39. È stato lanciato un progetto nello stabilimento di Baramati (Ferrero India) dove si sono impegnati a riciclare circa 700 t (circa il 30% del consumo totale di plastica 2017/2018) di rifiuti plastici post consumati come piano triennale dal 2018-21.

Tra i vari progetti pilota lanciati per ridurre la presenza di plastica negli imballaggi vi è quello connesso il marchio TIC TAC, dove la riduzione stimata dell'utilizzo è di circa l'80% rispetto all'anno fiscale 2014/2015. 40

 Con riferimento al settore dei trasporti, le emissioni 2017/2018 che ne derivano sono aumentate del 5% rispetto all'anno fiscale precedente, nonostante diversi progetti volti a ridurre le emissioni di CO2 derivanti dalla catena di approvvigionamento.

Tra le vaie iniziative attuate vale la pena menzionare quella relativa ai trasporti con gas naturale liquido, infatti la Ferrero Italia ha ampliato il programma di GNL come combustibile per i trasporti utilizzati. Oltre al progetto Natural Gas sulle linee di trasporto nazionali ed internazionali è stato sviluppato anche un programma specifico per il trasporto di prodotti all'interno della fabbrica "Polo Albese" dove a partire da ottobre 2018, il 50% dei trasporti dovrebbe essere effettuato attraverso autocarri a metano che coprono più di 170.000 km.41

Il Gruppo Ferrero ha adottato un approccio Life Cycle Thinking (LCT) dal 2009 che ha permesso di misurare annualmente la Total Carbon Footprint per calcolare le diverse fasi della vita di un prodotto e tutti i suoi principali impatti ambientali, comprese le fasi che non sono

39 Definite dall’OCSE come una strategia di protezione ambientale dove la responsabilità del produttore è estesa anche alla fase post-consumer, ovvero all’intero ciclo di vita del prodotto (OECD, Development of Guidance on Extended Producer Responsibility). Il produttore viene reso responsabile dell’intero ciclo di vita del prodotto, in particolare per il ritiro, il riciclo e lo smaltimento finale. http://www.oecd.org/env/tools- evaluation/extendedproducerresponsibility.htm

40 Ivi, p. 178-179, 192-193

41 Ivi, p. 194-195

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sotto il loro diretto controllo, valutazione effettuata seguendo gli standard ISO 14040 e ISO 14044 LCA.

Nel 2018 è raggiunto il pieno rispetto del GHG Protocollo di Gas Serra.42

2.3.3. OSSERVAZIONI

Confrontando i due percorsi di sostenibilità ambientale intrapresi dalle due realtà aziendali presentate, si nota come sia presente in entrambe una buona consapevolezza e conoscenza dei problemi associati alla gestione sostenibile della filiera dei loro prodotti.

Dai vari progetti e iniziative attuati si delinea un impegno del Gruppo Barilla ben definito e strutturato in merito alla gestione sostenibile della terra, impegnandosi nella promozione di modelli di agricoltura sostenibile e apportando miglioramenti significativi sulle principali filiere strategiche, risultando però carente il suo intervento in merito alla tutela dei diritti delle comunità locali lungo la catena di approvvigionamento.

Questo approccio si differenzia molto dal percorso di sostenibilità intrapreso dalla Ferrero che, al contrario, risulta essere carente con riferimento all’attenzione dedicata alla diffusione e promozione presso i propri fornitori di pratiche agricole sostenibili. Nonostante alcuni elementi tipici della gestione sostenibile della terra, come ad esempio la tutela della biodiversità, siano considerati nelle certificazioni sostenibili che l’azienda prende a riferimento per l’approvvigionamento, è comunque necessaria una vera e propria politica aziendale applicabile a tutte le materie prime.

Con riferimento ai consumi idrici del Gruppo Barilla, sebbene la maggior parte di questi siano associati alla fase di coltivazione della materia prima, come risulta dai dati pubblicati per valutare l’impronta idrica dei suoi prodotti basandosi sull’analisi del ciclo di vita e sul protocollo di calcolo elaborato dal Water Footprint Network, l’azienda non ha individuato target di riduzione con riferimento a tale flusso ambientale, come invece ha fatto con riferimento alla fase di produzione. Stessa osservazione può essere fatta con riferimento alla riduzione delle emissioni, infatti per le emissioni derivanti dal funzionamento dei propri impianti e dall’utilizzo di energia e calore l’azienda si è impegnata a raggiungere entro il 2020

42 Il Protocollo Greenhouse Gas Protocol (GHG), messo a punto dal World Resource Institute, stabilisce standard per misurare e gestire le emissioni di gas serra (GHG) da operazioni, catene del valore e azioni di mitigazione del settore pubblico e privato.

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un target di riduzione di CO2 del 30% per tonnellata di prodotto finito rispetto al valore del 2010, ma non vi è ad un target vincolante per quanto riguarda le emissioni derivanti dalla coltivazione delle materie prime nonostante l’azienda stessa riconosca essere la componente con il maggior impatto ambientale nella propria catena di produzione.43

Tale critica può essere estesa anche al Gruppo Ferrero dato che con riferimento ai consumi idrici sembra ha focalizzato la sua attenzione sugli impianti produttivi. L’obiettivo di riduzione del 20% di acqua per unità di prodotto finito rispetto al valore del 2009 da realizzare entro il 2020 è stato raggiunto e superato.

Non si riscontra però una azione altrettanto adeguata volta a ridurre il consumo delle risorse idriche nella fase di coltivazione delle materie prime. Anche con riferimento alla riduzione delle emissioni derivanti dalla produzione agricola manca l’individuazione di un target né si individuano interventi specifici orientati a realizzare tale riduzione.

Entrambe le realtà si sono dotate della metodologia dell’Analisi del Ciclo di Vita (Life Cycle Analysis - LCA)per il calcolo degli impatti sulle risorse ambientali ma se da un lato la Barilla ha elaborato tali informazioni tramite l’EPD rendendo facilmente fruibili tali dati, lo stesso non si può dire della Ferrero, considerato che non risulta esserci un sistema di pubblicizzazione di queste informazioni, limitandosi a divulgare i dati relativi alla Total Carbon Footprint.44

43 https://agriregionieuropa.univpm.it/it/content/article/31/35/produzione-di-grano-duro-sostenibile-e-life- cycle-assessment-il-progetto

44 Oxfam Italia, - Rapporto Il valore della filiera del cibo, L’analisi Scopri il Marchio applicata alle aziende, 2015, p. 8-24

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3. SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE IN MUTTI S.P.A.

3.1 FRAMEWORK POLITICA AMBIENTALE MUTTI

La Mutti, nata a Montechiarugolo (Parma) nel 1899, dove continua ad avere la sua sede principale, è il primo trasformatore italiano di pomodoro per capacità produttiva e marca numero uno in Europa con una crescita del fatturato nel 2018 del 16%. 45

I valori su cui si fonda da sempre l’agire della Mutti sono qualità, trasparenza e affidabilità, avendo come obiettivo finale quello di fornire al consumatore i migliori prodotti possibili lavorando per alzare sempre di più gli standard produttivi, di distribuzione e di innovazione.

La sostenibilità per l’azienda si traduce nel rispetto per il territorio e per le sue risorse, per questo la Mutti ha intrapreso un percorso di sostenibilità ambientale che sta delineando progressivamente nel tempo, avvalendosi di collaborazioni con ONG, enti di ricerca e Università.

Il punto di partenza della strategia ambientale dell’azienda si identifica nel ricorso ad una serie di strumenti volontari che attestano il suo impegno a migliorare le sue performance ambientali quali sono le certificazioni ambientali come la ISO 22005 sulla tracciabilità di filiera a garanzia dell’origine italiana del prodotto, la ISO 14001 sul Sistema di gestione ambientale e la UNI 11233 che certifica la produzione integrata.46

L’azienda è ricorsa poi a strumenti che le hanno permesso di calcolare l’impatto ambientale della sua attività. Ad esempio, al fine di garantire una gestione consapevole ed efficiente delle risorse idriche, dal 2010 è stato lanciato un progetto in collaborazione con WWF Italia e con il supporto tecnico scientifico del Centro Euro Mediterraneo sui cambiamenti climatici (CMCC), con l’obiettivo di calcolare e poi ridurre la propria impronta idrica (Waterfootprint) lungo la filiera, coinvolgendo attivamente gli agricoltori.47

Le misure adottate sono intervenute sia in ottica di una maggiore efficienza che di una maggiore efficacia della gestione dell’irrigazione, ricorrendo a programmi e ad investimenti sull’innovazione tecnologica funzionali alla riduzione della WaterFootprint e fornendo un servizio di assistenza tecnica irrigua per misurare l’umidità del terreno e per utilizzare solo

45 The World Processing Tomato Council, www.wptc.to/

46 Mutti- Certificazioni, https://mutti-parma.com/it/chi-siamo/il-nostro-modo-di-agire/#environmental- certifications

47 La metodologia adoperata dettaglia per un caso specifico le linee guida del Water Footprint Network. Mutti si impegna ad agire per ridurre le due principali componenti dell’impronta idrica (quella blu relativa ai volumi di acqua dolce sottratta al ciclo naturale per scopi agricoli o industriali, e quella grigia relativa ai volumi di acqua inquinata)

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