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COMPETENZE, FUNZIONI E ORGANIZZAZIONE DELLA REGIONE PIEMONTE. LA LEGGE REGIONALE N. 23/2008

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PARTE V ► ORDINAMENTO REGIONALE

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Capitolo 4 COMPETENZE, FUNZIONI E

ORGANIZZAZIONE DELLA REGIONE PIEMONTE. LA LEGGE REGIONALE N. 23/2008

SOMMARIO:

1. L’oggetto. - 2. Principi e finalità. - 3. Fonti e poteri di organizzazione. - 3.1. I criteri di organizzazione e la gestione del personale. - 3.2. I provvedimenti di organizzazione. - 4. Le strutture organizzative. - 4.1. L’articolazione complessiva delle strutture. - 4.2. Il Segretario generale del Consiglio regionale e della Giunta regionale. - 4.2.1. Il Gabinetto della Presidenza della Giunta regionale. - 4.2.2. I Comitati di coordinamento. - 4.3. Le direzioni regionali. - 4.4. I settori. - 4.5. Le strutture temporanee e di progetto. - 4.6. Le strutture di supporto agli organi di direzione politico-amministrativa. - 4.6.1. La figura professionale di supporto al Presidente del Consiglio regionale. - 5. Indirizzo politico amministrativo e gestione. - 5.1. Le attribuzioni degli organi di direzione politico-amministrativa. - 5.2. Le attribuzioni dei dirigenti. - 6. La dirigenza. - 6.1. Le funzioni dirigenziali e il contenuto degli incarichi. - 6.2. Il vice direttore. - 6.3. L’accesso alla qualifica dirigenziale e il conferimento degli incarichi ai dirigenti regionali. - 6.4. Regolazione del rapporto di lavoro. - 6.5. Gli incarichi dirigenziali esterni. - 6.6. Revoca degli incarichi dirigenziali e destinazione ad altro incarico. - 6.7. Responsabilità dirigenziali e Comitato dei garanti. - 6.8. Funzioni vicarie. - 7. Gli incarichi non dirigenziali. - 8. L’impiego delle risorse umane nelle strutture organizzative. - 8.1. Programmazione del fabbisogno di personale, dotazioni organiche e profili professionali. - 8.2. Modalità di assunzione del personale. - 8.3.

Assegnazione del personale alle strutture e mobilità. - 8.4. Formazione e aggiornamento del personale. - 8.5. Responsabilità dei dipendenti e procedimento disciplinare. - 8.6. Personale operante presso sedi internazionali. - 9. La misurazione e la valutazione delle prestazioni. - 9.1.

Le fasi della misurazione e valutazione delle prestazioni. - 9.2. L’Organismo indipendente di valutazione (OIV). - 9.3. Piano e relazione della performance. - 9.4. Trasparenza e rendicontazione della performance. - 10. Modalità per la valorizzazione del merito e l’incentivazione del personale. - 10.1. Criteri, modalità e strumenti di valorizzazione del merito. - 10.2. Progressioni economiche e progressioni di carriera.

█ 1. L’oggetto.

La legge regionale 28 luglio 2008, n. 23 – oggetto di numerosi interventi legislativi che nel corso degli anni ne hanno modificato profondamente il contenuto – disciplina, in armonia con la Costituzione e secondo i principi generali risultanti dalle leggi in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, l’organizzazione degli uffici della Giunta e del Consiglio regionale del Piemonte, salvaguardando le caratteristiche di autonomia organizzativa previste dallo Statuto.

La medesima normativa detta, altresì, disposizioni concernenti la dirigenza e il personale regionale per gli aspetti connessi al perseguimento degli interessi generali ai quali l’organizzazione e l’azione regionale sono indirizzate, diversi da quelli compresi nella disciplina del rapporto di lavoro di cui al codice civile e alle altre leggi in materia ovvero regolati dai contratti di lavoro individuali e collettivi.

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CAPITOLO 4 ► COMPETENZE, FUNZIONI E ORGANIZZAZIONE DELLA REGIONE PIEMONTE. LA LEGGE REGIONALE N. 23/2008

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█ 2. Principi e finalità.

In attuazione dei principi fondamentali dello Statuto, la disciplina dell'organizzazione degli uffici e le disposizioni concernenti la dirigenza e il personale regionale sono volte ad assicurare il rispetto e la realizzazione dei principi di imparzialità, trasparenza, efficienza, efficacia, economicità, responsabilità, semplificazione, partecipazione dei cittadini ai procedimenti, accesso ai documenti amministrativi, coordinamento e collaborazione tra organi e strutture, distinzione tra le funzioni di indirizzo politico-amministrativo e di controllo degli organi di governo e le funzioni di gestione dei dirigenti, per il perseguimento delle seguenti finalità:

• migliorare la capacità di conoscenza, analisi e risposta alle esigenze di sviluppo e competitività della comunità amministrata, in conformità al pubblico interesse ed alla soddisfazione dei bisogni dei cittadini;

• accrescere la capacità di innovazione e flessibilità, per favorire l'attuazione della sussidiarietà e del decentramento, nonché del coordinamento e dell'integrazione con le pubbliche amministrazioni locali, con quella nazionale e con quelle operanti a livello europeo ed internazionale;

• realizzare il raccordo tra le attività di programmazione strategica, quelle di programmazione economico-finanziaria, quelle di gestione e quelle di controllo, al fine di assicurare il monitoraggio e la rendicontazione delle attività svolte, in coerenza con gli obiettivi individuati e con i mezzi disponibili;

• realizzare la semplificazione dell'organizzazione e delle attribuzioni degli uffici, per favorire la speditezza delle attività e la razionalizzazione del costo del lavoro, entro i vincoli della finanza pubblica;

• promuovere una cultura del merito e del miglioramento delle prestazioni organizzative e individuali;

• realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane impiegate nelle strutture regionali anche al fine di assicurare una migliore organizzazione del lavoro, promuovendone la formazione e lo sviluppo professionale anche attraverso la mobilità e la rotazione, compatibilmente con le esigenze di funzionalità dell'ente, e prevedendo strumenti che ne assicurino la piena responsabilizzazione nel conseguimento dei risultati;

• favorire il benessere organizzativo, il clima relazionale e il flusso delle informazioni;

• garantire il rispetto delle pari opportunità per tutti;

• garantire le necessarie dotazioni tecnologiche, con particolare riferimento a quelle dirette a realizzare l'integrazione delle informazioni e dei dati all'interno ed all'esterno dell'ente, assicurandone l'effettivo utilizzo nelle attività svolte;

• garantire il necessario supporto nella valutazione delle politiche e nelle tecniche di redazione delle leggi e degli atti di alta amministrazione.

L'organizzazione del lavoro, ferma restando la responsabilità individuale di ciascun dipendente per le funzioni affidategli e per i suoi apporti, è informata al principio della collegialità che si realizza in base a criteri di efficienza e produttività, secondo le funzioni da svolgere e gli obiettivi da perseguire.

L'organizzazione regionale è intesa a valorizzare gli apporti tecnici e la professionalità dei dipendenti e garantisce l'efficienza e la produttività delle strutture.

█ 3. Fonti e poteri di organizzazione.

Ai sensi dell'articolo 96, comma 1, dello Statuto, l'organizzazione regionale è disciplinata dalla legge regionale n. 23/2008, che definisce:

• i principi, i criteri e le modalità generali con le quali è attuata l'organizzazione degli uffici;

• l'assetto complessivo delle strutture;

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PARTE V ► ORDINAMENTO REGIONALE

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• il contenuto generale, le diverse tipologie degli incarichi dirigenziali e le regole generali concernenti le modalità del loro conferimento e della loro revoca;

• la disciplina generale concernente le modalità di accesso alla dirigenza, di valutazione delle prestazioni e dei risultati conseguiti dai dirigenti, nonché di accertamento delle loro responsabilità;

• la disciplina generale concernente gli incarichi non dirigenziali;

• la disciplina generale concernente l'impiego delle risorse umane nelle strutture organizzative.

L'organizzazione regionale, nel rispetto dei contratti collettivi nazionali e secondo i principi e con le modalità contenuti nella legge regionale in esame, è definita tramite:

i provvedimenti di organizzazione adottati dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio e dalla Giunta regionale per i rispettivi ambiti, che definiscono la specifica disciplina delle linee di organizzazione e della gestione del personale e individuano e istituiscono le strutture organizzative dirigenziali e ne definiscono le modalità per il conferimento della titolarità, determinando le dotazioni organiche complessive;

gli atti dei dirigenti che definiscono l'organizzazione interna della struttura dai medesimi diretta, ne assicurano il funzionamento, anche tramite il conferimento degli incarichi di posizioni organizzative non dirigenziali e l'adozione di tutte le misure inerenti alla gestione del rapporto di lavoro del personale, secondo le direttive, i criteri e le modalità definiti nei provvedimenti di organizzazione.

► 3.1. I criteri di organizzazione e la gestione del personale.

I provvedimenti di organizzazione degli uffici regionali e di gestione del relativo personale attuano i principi e le finalità istituzionali nel rispetto dei seguenti criteri:

• funzionalità e flessibilità nell'articolazione delle strutture rispetto ai compiti, agli obiettivi, ai programmi e ai progetti definiti dagli organi di direzione politico-amministrativa, anche tramite periodiche verifiche e modificazioni in relazione ai programmi operativi e all'assegnazione delle risorse;

• raccordo e cooperazione tra gli organi politico-amministrativi e quelli di gestione, pur nella distinzione delle diverse responsabilità di indirizzo e di gestione, al fine del raggiungimento degli obiettivi;

• razionalizzazione e snellimento delle procedure, con particolare riferimento all'obiettivo della riduzione dei tempi dei procedimenti amministrativi, anche attraverso una ricerca sistematica di semplificazione;

• collegamento delle attività delle strutture attraverso il dovere di comunicazione interna ed esterna, utilizzando lo sviluppo di sistemi informativi e di telecomunicazione mediante l'infrastruttura regionale e la rete unitaria della pubblica amministrazione, al fine di promuovere servizi di interscambio informativo con i soggetti pubblici e privati e mettere a disposizione banche dati e servizi condivisi;

• monitoraggio delle attività svolte dalle strutture, dei loro costi e dei loro risultati, con modalità che assicurino, con riferimento alle diverse responsabilità degli organi di direzione politico- amministrativa e di gestione, analisi sia strategiche, per la rideterminazione di obiettivi, programmi e progetti, sia gestionali, anche per l'attuazione di meccanismi premianti e di valutazione del personale;

• armonizzazione degli orari di servizio, di lavoro e di apertura degli uffici con le esigenze dell'utenza e con gli orari delle amministrazioni pubbliche dei Paesi dell'Unione europea;

• analisi e valutazione dei mutamenti nell'organizzazione e nelle dotazioni degli uffici a seguito dell'attuazione dei processi di conferimento di funzioni e compiti agli enti locali e di esternalizzazione dei servizi;

• pari opportunità per tutti in ordine agli accessi all'impiego, ai percorsi formativi e professionali, e al trattamento sul lavoro;

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CAPITOLO 4 ► COMPETENZE, FUNZIONI E ORGANIZZAZIONE DELLA REGIONE PIEMONTE. LA LEGGE REGIONALE N. 23/2008

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• incentivazione della qualità della prestazione lavorativa, selettività nelle progressioni, riconoscimento dei meriti.

I rapporti di lavoro dei dipendenti della Regione sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile, dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, dalle leggi sulle mansioni, sull'incompatibilità e sul cumulo di impieghi ed incarichi nonché dai contratti collettivi ed individuali di lavoro, garantendo altresì il rispetto delle pari opportunità per tutti.

► 3.2. I provvedimenti di organizzazione.

L'Ufficio di Presidenza del Consiglio e la Giunta regionale adottano i provvedimenti di organizzazione degli uffici regionali di rispettiva competenza, mediante i quali individuano e disciplinano:

• le dotazioni organiche complessive, il numero e le attribuzioni delle strutture dirigenziali, stabili o temporanee, da definire in relazione agli obiettivi e ai programmi di attività e in coerenza con le risorse finanziarie stanziate nei bilanci;

• il numero e le attribuzioni dei dirigenti nonché modalità e limiti di esercizio da parte degli stessi della facoltà di delega della responsabilità di procedimenti amministrativi al personale di categoria più elevata del sistema di classificazione previsto dal contratto collettivo di lavoro nazionale di riferimento, titolare di incarico di posizione organizzativa o di alta professionalità;

• le strutture di supporto agli organi di direzione politico-amministrativa;

• le modalità di istituzione delle strutture organizzative;

• le modalità e i criteri per il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali a personale interno ed esterno all'amministrazione, ivi compreso il Capo di Gabinetto della Giunta regionale e il Segretario generale della Giunta regionale;

• le modalità e le procedure per l'assunzione del personale e per le progressioni di carriera;

• le modalità e le procedure per l'accesso alla dirigenza;

• il sistema di valutazione dei dirigenti e il funzionamento dell'Organismo indipendente di valutazione;

• il sistema dei controlli sull'attività svolta e sui risultati conseguiti;

• i procedimenti per l'accertamento delle responsabilità dirigenziali e per l'adozione dei conseguenti provvedimenti, compreso il funzionamento del Comitato dei garanti;

• i criteri per l'attuazione della mobilità interna ed esterna;

• gli strumenti per la programmazione e la realizzazione delle attività di formazione ed aggiornamento professionale;

• le modalità per la definizione delle procedure concernenti gli aspetti ordinamentali per la gestione del rapporto di lavoro dei dipendenti.

L'Ufficio di Presidenza del Consiglio e la Giunta regionale adottano i provvedimenti di organizzazione previa informazione alla competente Commissione consiliare.

█ 4. Le strutture organizzative.

► 4.1. L’articolazione complessiva delle strutture.

La Giunta e il Consiglio regionale hanno ruoli organici separati.

L'assetto organizzativo regionale si articola nelle seguenti strutture:

• direzioni;

• settori;

• strutture temporanee e di progetto;

• strutture di supporto agli organi di direzione politico-amministrativa.

Il coordinamento delle attività svolte dalle direzioni regionali è assicurato mediante i Comitati di coordinamento istituiti rispettivamente presso il Consiglio e la Giunta regionale.

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PARTE V ► ORDINAMENTO REGIONALE

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► 4.2. Il Segretario generale del Consiglio regionale e della Giunta regionale.

Il Segretario generale del Consiglio presiede il Comitato di coordinamento del Consiglio regionale.

L'incarico di Segretario generale è conferito dall'Ufficio di Presidenza ad uno dei direttori del Consiglio regionale.

Il Segretario generale della Giunta regionale, preposto a specifica struttura di livello direzionale, sovrintende funzionalmente alla gestione dell'azione amministrativa delle strutture della Giunta regionale, ai fini dell'attuazione degli indirizzi e degli obiettivi stabiliti dagli organi di direzione politico- amministrativa. In particolare, il Segretario generale:

• coordina l'attività delle Direzioni regionali;

• esercita il potere sostitutivo, previa diffida, nei confronti dei direttori regionali in caso di inerzia rispetto agli obiettivi assegnati;

• presiede il Comitato di coordinamento dei direttori;

• propone i provvedimenti di accertamento di responsabilità dirigenziale nei confronti dei direttori regionali;

• cura il raccordo per l'attuazione delle politiche in materia di organizzazione e di articolazione di nuovi assetti strutturali nonché delle politiche in materia di personale;

• svolge ogni altra attività necessaria per il perseguimento degli obiettivi assegnati ai direttori regionali dagli organi di direzione politico-amministrativa.

Il Segretario generale della Giunta regionale espleta, altresì, l'attività di coordinamento e di impulso di progetti di particolare rilevanza programmatica che interessano più direzioni regionali attraverso la costituzione di gruppi di lavoro o promuovendo l'istituzione delle strutture temporanee o di progetto.

► 4.2.1. Il Gabinetto della Presidenza della Giunta regionale.

Nell'ambito delle strutture della Giunta è istituito il Gabinetto della Presidenza della Giunta regionale, diretto da un Capo di Gabinetto nominato dal Presidente della Giunta sulla base di un rapporto fiduciario.

Il Capo di Gabinetto della Presidenza della Giunta regionale supporta il Presidente della Giunta per tutte le funzioni istituzionali e, in particolare, nel raccordo politico-amministrativo con gli organi consiliari e con le relative strutture, con gli organi dello Stato e con gli altri enti a carattere locale, nazionale ed internazionale.

Il Presidente della Giunta regionale può avvalersi, per lo svolgimento delle proprie funzioni, del supporto di professionalità esterne in numero non superiore a tre, scelte sulla base di rapporti fiduciari. Il contenuto degli incarichi e i rapporti con le strutture sono disciplinati dal provvedimento di organizzazione della Giunta regionale.

L'incarico di Capo di Gabinetto della Presidenza della Giunta regionale e quelli relativi alle peculiari professionalità, di durata non superiore a cinque anni, rinnovabili, si risolvono all'atto della cessazione del mandato del Presidente della Giunta regionale. L'incarico di Capo di Gabinetto della Presidenza della Giunta regionale è revocabile in qualsiasi momento su richiesta del Presidente della Giunta.

► 4.2.2. I Comitati di coordinamento.

I direttori nominati dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio e dalla Giunta regionale operano in stretto coordinamento. A tal fine sono istituiti i Comitati di coordinamento.

Il Comitato di coordinamento, nello specifico, è lo strumento che concorre ad integrare la programmazione delle attività svolte dalle direzioni e dalle strutture ad esse afferenti nonché a risolvere i problemi gestionali di carattere trasversale all'ente o che richiedono l'apporto sinergico di diverse direzioni.

Il Comitato di coordinamento del Consiglio regionale è costituito dal Segretario generale del Consiglio che lo convoca e lo presiede e dai direttori regionali del Consiglio.

Il Comitato di coordinamento della Giunta regionale è costituito dal Segretario generale della Giunta, che lo convoca e lo presiede, dal Capo di Gabinetto della Giunta e dai direttori regionali della Giunta.

I Comitati di coordinamento del Consiglio e della Giunta si riuniscono almeno trimestralmente e verbalizzano i propri lavori secondo le modalità stabilite da appositi provvedimenti; per la trattazione di temi d'interesse comune si riuniscono in seduta congiunta. Le riunioni del Comitato congiunto possono essere convocate dal Segretario generale del Consiglio o dal Segretario generale della Giunta regionale.

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CAPITOLO 3 ► LA RIFORMA COSTITUZIONALE DEL 2012 E LA LEGGE N. 243/2012

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Capitolo 3 LA RIFORMA COSTITUZIONALE DEL 2012 E LA LEGGE N. 243/2012

SOMMARIO:

1. Premessa. - 2. L’equilibrio di bilancio. - 2.1. L’equilibrio di bilancio e l’attività amministrativa.

3. L’armonizzazione di bilancio tra le materie riservate alla legislazione esclusiva dello Stato. - 4.

Il divieto di indebitamento. - 5. L’obbligo di copertura finanziaria. - 6. I rapporti tra governo e parlamento e l’esercizio provvisorio del bilancio. - 7. La legge quadro di contabilità. - 7.1.

L’equilibrio di bilancio. - 7.2. La sostenibilità del debito pubblico. - 7.3. La regola sulla spesa. - 7.4. Il ricorso all’indebitamento per eventi eccezionali. - 7.5. Il meccanismo di correzione. - 7.6.

L’equilibrio dei bilanci degli enti territoriali. - 7.7. L’equilibrio dei bilanci delle amministrazioni pubbliche non territoriali. - 7.8. Il bilancio dello Stato. - 7.9. Il controllo del parlamento e l’istituzione dell’ufficio parlamentare di bilancio.

█ 1. Premessa.

All’indomani della sottoscrizione del Fiscal Compact (v. cap. precedente), il Parlamento ha approvato la legge costituzionale n. 1 del 2012 che ha formalmente introdotto nella Costituzione il principio del pareggio di bilancio e della sostenibilità del debito pubblico. La l. cost. n. 1/2012 delinea i tratti fondamentali della nuova disciplina di bilancio, intervenendo sugli articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione (art. 1-4) e demandando la più articolata specificazione e implementazione della disciplina a una fonte di rango legislativo, detta “legge-quadro”, peraltro “rafforzata” mediante la previsione di un quorum qualificato per l’approvazione.

█ 2. L’equilibrio di bilancio.

L’art. 81, comma 1, Cost. sancisce l’obbligo dello Stato di assicurare per il proprio bilancio “l’equilibrio tra le entrate e le spese, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico”.

In conformità alla disciplina europea (Fiscal Compact, art. 3, par. 3, lett. a, b), il saldo rilevante ai fini del conseguimento dell’obiettivo di equilibrio è quello strutturale, ossia depurato degli effetti del ciclo economico (oltre che dalle misure temporanee e one-off); saldo che si consegue nettando il saldo nominale (ossia la mera differenza tra entrate e spese nominali) dalla componente ciclica, misurata in funzione dello

“output gap”, che esprime il differenziale tra il PIL effettivo (grandezza reale) e il PIL potenziale, grandezza statistica, ricavata da dati storici rielaborati in virtù di assunzioni e procedimenti statistici.

Così inteso, il pareggio di bilancio risulta caratterizzato da una connotazione di carattere dinamico, connessa alla sostenibilità nel tempo del saldo considerato di “equilibrio” che potrebbe non coincidere con il pareggio, qualora altri fattori, quali lo stato della crescita del PIL o lo stock di debito accumulato, risultassero suscettibili di incidere sulla sostenibilità nel medio periodo di tale saldo. Ad esempio, in linea teorica, in condizioni di crescita sostenuta del PIL e di stock di debito contenuto in rapporto al PIL, potrebbe risultare sostenibile nel medio periodo (e quindi di equilibrio) anche una posizione di deficit moderato. Viceversa, in condizioni di crescita bassa o nulla e di uno stock di debito molto elevato, la condizione di pareggio del bilancio potrebbe risultare non sostenibile nel medio periodo (e quindi non di equilibrio) qualora l’inasprirsi della situazione critica sui mercati finanziari rendesse imprescindibile un intervento incisivo e prolungato volto a ricondurre lo stock di debito al di sotto di una soglia di sostenibilità.

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PARTEIX ► CONTABILITÀ PUBBLICA E REGIONALE | SEZ. I | LA CONTABILITÀ PUBBBLICA E LA GOVERNANCE EUROPEA

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Il termine equilibrio non deve essere inteso, quindi, come pareggio contabile tra entrate e spese, bensì come saldo strutturale in grado di sostenere le spese: non un pareggio di bilancio in senso contabile quale uguaglianza numerica tout court tra entrate e spese, quanto piuttosto il rispetto di un “equilibrio di bilancio”, inteso quale conseguimento di obiettivi di saldo articolati lungo un arco temporale di medio termine e calibrati in corrispondenza simmetrica rispetto all’andamento del ciclo economico. È quindi richiesto non un pareggio numerico, quanto piuttosto la realizzazione di un equilibrio finanziario c.d. “over the cycle”, come tale dinamico e in evoluzione speculare rispetto alla fase congiunturale. Si tratta, in altri termini, di un pareggio atto ad assicurare una flessibilità fiscale adeguata, simmetrica alla congiuntura economica, che consenta di tradurre in disavanzi consentiti (e contenuti nei ristretti limiti autorizzati dal Fiscal Compact) il fisiologico deterioramento dei saldi di bilancio conseguente alle minori entrate tributarie e alle maggiori spese che caratterizzano le fasi recessive dell’economia (“badtimes”), approfittando delle fasi espansive dell’economia e del fisiologico miglioramento dei saldi che ad esse consegue (“goodtimes”) al fine di conseguire obiettivi fiscali di maggior rigore, che si concretino nel conseguimento di avanzi di bilancio, idonei a compensare i precedenti disavanzi e ad assicurare una progressiva riduzione dello stock di debito che, sempre in base al Fiscal Compact deve avvenire, per i Paesi che, come l’Italia, non rispettano il tetto del 60% del rapporto debito/PIL, secondo un ritmo annuale medio pari ad almeno un ventesimo dell’eccedenza (MORGANTE).

► 2.1. L’equilibrio di bilancio e l’attività amministrativa.

L’art. 2 della l. cost. n. 1/2012 ha modificato anche l’art. 97 Cost., che in passato si limitava a garantire i principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione.

Nella versione attualmente vigente esso principia con il seguente comma: “le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico”. I principi di equilibrio di bilancio e sostenibilità del debito, in tal modo, divengono parte integrante della norma fondamentale sull’attività amministrativa e costituiscono regole generali vincolanti per la pubblica amministrazione nel suo complesso, comprese le autonomie territoriali.

3. L’armonizzazione di bilancio tra le materie riservate alla legislazione esclusiva dello Stato.

La l. cost. n. 1/2012 assume particolare rilevanza perché interviene sulle modalità di costruzione dei conti pubblici e in particolare sul loro processo di revisione e riforma, intervenendo, quindi, su quel complesso di norme che nell’accezione corrente delinea il processo di armonizzazione di bilancio.

L’armonizzazione dei bilanci pubblici ha fatto ingresso nella Costituzione, va ricordato, con la riforma del Titolo V: la locuzione «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» individuava, in quel testo, una materia (o, meglio, una funzione) di legislazione concorrente compresa nell’elenco di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.

La legge costituzionale n. 1/2012 ha apportato modifiche al citato testo, separando l’armonizzazione dal coordinamento e trasferendo solo la prima tra le materie riservate alla legislazione esclusiva dello Stato. Il nuovo riparto di competenze legislative, accentrando in capo allo Stato la potestà normativa in tema di bilanci, mira a superare i problemi correlati alla frammentarietà della disciplina del bilancio, in primis quello relativo alla corretta misurazione e aggregazione delle grandezza di finanza pubblica, presupposto indispensabile per un efficace monitoraggio e governo della finanza stessa. In tal modo, il legislatore ha inteso rafforzare il processo di armonizzazione dei sistemi contabili, imponendo che lo stesso si concretasse attraverso un disegno di revisione organica della finanza pubblica nel suo complesso e non più per mezzo di logiche di tipo settoriale (Anzalone).

Nei fatti, però, la riforma costituzionale così delineata non ha comportato un significativo spostamento degli equilibri nella redazione delle norme di contabilità perché il legislatore ha proseguito lungo il solco tracciato nel 2009 dalla legge di contabilità e finanza pubblica – che come si vedrà nel capitolo dedicato all’armonizzazione ha dato il via alla riforma delle amministrazioni rientranti nel Bilancio dello Stato, delle altre amministrazioni

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CAPITOLO 3 ► LA RIFORMA COSTITUZIONALE DEL 2012 E LA LEGGE N. 243/2012

583 centrali e locali diverse dagli enti territoriali e delle Università cercando al contempo di intervenire sul processo di riforma degli enti territoriali e di quelli sanitari senza però delineare per questo insieme di amministrazioni delle norme comuni ma solo comuni linee di indirizzo – non riconducendo a sistema l’insieme delle norme scritte prima del 2012.

È comunque possibile affermare come la riforma dell’art. 97, unitamente alle disposizioni già assunte in materia di contabilità pubblica con la l. 196/2009 – che si avrà modo di approfondire nelle sezione dedicata alla riforma della contabilità pubblica e dell’armonizzazione di bilancio – abbiano inteso ribadire l’importanza della partecipazione di tutte le amministrazioni pubbliche alla corretta elaborazione dei conti pubblici e alla complessiva sostenibilità finanziaria delle decisioni di politica economica assunte a livello nazionale e territoriale.

La legge n. 196/2009 perseguendo, infatti, tra gli altri, l’obiettivo del consolidamento dei conti pubblici, nel rinnovato quadro di responsabilità contabile condivisa e partecipata successivamente trattato dalla riforma costituzionale, implicitamente evidenzia la crescente importanza del decentramento amministrativo che ha portato la finanza locale ad assumere un ruolo sempre più preminente rispetto alla visione centralista che aveva caratterizzato il paese fino alla riforma del titolo V della Costituzione (ANZALONE).

█ 4. Il divieto di indebitamento.

In stretta correlazione e complementarietà con l’obbligo di equilibrio di bilancio, la legge costituzionale n.

1/2012 ha introdotto un generale divieto di indebitamento (art. 81, comma 2, Cost.), superabile soltanto in costanza di due tipologie di situazioni derogatorie:

1) l’esigenza di far fronte alla fase congiunturale del ciclo economico;

2) il verificarsi di “eventi eccezionali”, previa, in tal caso, autorizzazione parlamentare a maggioranza qualificata.

Le deroghe al divieto di indebitamento sono sostanzialmente riconducibili ai due fattori che incidono sulle dinamiche di bilancio:

1) le fluttuazioni del ciclo economico, che impattano sui flussi di entrata e di spesa mediante il meccanismo dei c.d. “stabilizzatori automatici”;

2) le scelte discrezionali del decisore politico.

Come noto, infatti, la dinamica anticiclica insita nella struttura del bilancio (o quantomeno in talune “voci”

contabili) consente di “ammorbidire” gli effetti di una congiuntura economica avversa, mentre politiche

“attive” possono essere decise per stimolare la crescita mediante un aumento delle commesse pubbliche e/o una riduzione del carico tributario su famiglie e imprese. Ne consegue che l’eccezione al vincolo fiscale è consentita per l’aggiustamento che consenta agli stabilizzatori automatici di operare liberamente nella fasi avverse del ciclo, nonché al verificarsi di quegli eventi “eccezionali” che non possono essere sostenuti con le ordinarie decisioni di bilancio e, quindi, richiedono risorse aggiuntive rispetto a quelle già disponibili in bilancio. L’art. 81 Cost., in tal modo, individua specifici limiti all’indebitamento statale, sia sostanziali che procedurali, che si affiancano all’unico vincolo all’indebitamento in precedenza contemplato dalla Costituzione, rappresentato dalla golden rule, sancita per i soli enti territoriali dall’art.

119 ult. co.

La dottrina non ha mancato di evidenziare le differenze strutturali e funzionali tra i due ordini di prescrizioni: il nuovo art. 81 Cost. pone un divieto generale di indebitamento, superabile solo nella ricorrenza delle situazioni derogatorie espressamente previste, finalizzato a rendere piena ed effettiva la regola generale dell’equilibrio di bilancio. La golden rule prevista dall’art. 119 Cost. – ferme le modifiche apportate dalla l. cost. n. 1/2012 che verranno successivamente analizzate - si concreta invece in una delimitazione funzionale del ricorso al debito, che viene vietato o consentito in ragione della tipologia di spesa – a seconda che sia corrente ovvero di investimento – al cui finanziamento è destinato (MORGANTE).

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PARTEIX ► CONTABILITÀ PUBBLICA E REGIONALE | SEZ. I | LA CONTABILITÀ PUBBBLICA E LA GOVERNANCE EUROPEA

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█ 5. L’obbligo di copertura finanziaria.

La legge costituzionale n. 1/2012 ha apportato modifiche anche al comma 3 dell’art. 81, la cui nuova formulazione recita: “ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte”.

Il nuovo lessico costituzionale rende più stringente ed esteso il principio di copertura finanziaria, prescrivendo che ogni legge che importi nuovi o maggiori “oneri finanziari” (in luogo di “nuove o maggiori spese” cui faceva riferimento il precedente testo dell’art. 81) “provvede ai” (in luogo di “indica i”) mezzi per farvi fronte. Viene in tal modo risolto ogni precedente dubbio interpretativo inerente alla cogenza o meno dell’obbligo di “indicare” (secondo l’espressione previgente) i mezzi di copertura finanziaria anche con riferimento alle leggi che prevedevano riduzioni di entrata, che in precedenza non rientravano, quanto meno testualmente, nell’ambito dell’obbligo di copertura finanziaria.

Per contro, le leggi aventi impatto negativo sulle entrate rientrano ora espressamente nell’ambito applicativo del novellato comma 3 dell’art. 81, incentrato sul più ampio concetto di “oneri finanziari”, in considerazione del fatto che anche le riduzioni di entrate sono atte a impattare sui saldi di finanza pubblica.

Quanto alla più cogente espressione “provvede”, in luogo della precedente “indica”, essa sottende un principio di effettività e puntualità della copertura finanziaria, che rende il nuovo dettato costituzionale più idoneo a supportare un’applicazione stringente e rigorosa del principio di copertura.

Esso si pone in linea con l’essere detto principio un corollario e presidio necessario del fondamentale principio di equilibrio del bilancio e della sua effettiva tenuta nel corso del tempo (MORGANTE).

█ 6. I rapporti tra governo e parlamento e l’esercizio provvisorio del bilancio.

Il quarto comma dell’art. 81 Cost., novellato dalla legge costituzionale n. 1/2012, prevede che “le Camere approvano ogni anno con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo”.

La norma conferma la disciplina dei rapporti costituzionali fra Governo e Parlamento e le loro relative attribuzioni in ordine alla decisione di bilancio, ribadendo i principi della annualità del bilancio e della sua decisione parlamentare, dell’obbligo di rendicontazione, della unità ed unitarietà del bilancio, nonché il principio della esclusività della competenza del Governo in relazione alla predisposizione ed alla presentazione alle Camere del disegno di legge di bilancio”. L’attuale formulazione fa riferimento al

“bilancio”, e non più – come il previgente testo costituzionale - ai “bilanci”, fugando ogni dubbio interpretativo circa il principio di unitarietà del bilancio.

Viene altresì riconfermata la disciplina dell’esercizio provvisorio del bilancio, che “non può essere concesso se non per legge e periodi non superiori complessivamente a quattro mesi”, con possibilità dunque di più leggi autorizzative dell’esercizio provvisorio, purché di durata complessiva non superiore a quattro mesi. Come per il disegno di legge di bilancio, è da escludere la possibilità che tale autorizzazione possa essere delegata al Governo o attuata con decreto-legge o approvata da Commissioni parlamentari in sede deliberante.

█ 7. La legge quadro di contabilità.

In base all’ultimo comma dell’art. 81 Cost., “il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale”.

La Costituzione demanda ad una “legge-quadro” di contabilità (l. 24 dicembre 2012, n. 243) la disciplina fondamentale del bilancio; legge-quadro che, al fine di conferire piena attuazione alla costituzionalizzazione del pareggio di bilancio imposta dall’art. 3 del Fiscal Compact, viene dotata di

“resistenza passiva rinforzata”, attraverso la prescrizione di una sua approvazione a maggioranza

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CAPITOLO 3 ► LA RIFORMA COSTITUZIONALE DEL 2012 E LA LEGGE N. 243/2012

585 qualificata, atta a subordinarne eventuali modifiche a un consenso parlamentare più ampio di quello ordinario, nonché a una riserva di Assemblea e a tutte le relative conseguenze, tra le quali l’esclusione dell’approvazione in Commissione (art. 72, co. 3 e 4 Cost.) e della sottoponibilità a referendum abrogativo.

Il rango costituzionale della sede in cui è sancita la riserva di legge rinforzata comporta altresì che la legge- quadro assurge a parametro interposto di legittimità costituzionale.

- La disciplina recata dalla legge-quadro deve assicurare una specifica evidenza delle cause di scostamento compatibili con l’equilibrio di bilancio (di origine congiunturale o dovuta a eventi eccezionali) da quelle dovute all’inefficacia degli interventi, che dunque si pongono in contrasto con l’equilibrio stesso e che devono essere oggetto di misure correttive.

- La legge-quadro deve poi individuare il limite complessivo massimo degli scostamenti “strutturali”

(ossia depurati dalla componente congiunturale) il cui superamento impone l’adozione misure di correzione, tendenzialmente automatiche, senza necessità di ulteriore intervento legislativo, salvo il verificarsi di eventi eccezionali che consentono il superamento del limite predetto (oltre al ricorso all’indebitamento “ultra-congiunturale”). L’operatività automatica di dette misure si profila necessaria alla luce di quanto prescritto dall’art. 3 lett. e) Fiscal Compact, che demanda agli Stati aderenti l’attivazione “automatica” di “un meccanismo di correzione”, destinata ad operare “qualora si constatino deviazioni significative dall’obiettivo di medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo. Tale meccanismo include l’obbligo della parte contraente interessata di attuare misure per correggere le deviazioni in un periodo di tempo definito”.

- La lett. e) dell’art. 5 della l. cost. n. 1/2012 prefigura poi uno specifico ruolo della disciplina della spesa pubblica, da definirsi ad opera della legge-quadro, ai fini della salvaguardia degli equilibri di bilancio e della riduzione del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo nel lungo periodo. In tale ambito, la legge-quadro di contabilità introduce limiti al valore nominale o al tasso di crescita degli esborsi, nonché obblighi di recupero degli eventuali sconfinamenti negli anni successivi.

La legge n. 243/2012 rappresenta il necessario completamento sul piano ordinamentale dell’impegno dell’Italia per il risanamento dei conti pubblici: l’esigenza di assicurare effettività al principio del pareggio del bilancio costituisce il tassello fondamentale di una più ampia strategia volta a evitare nuovamente tensioni e manovre di natura speculativa volte a far salire oltre il livello di guardia i costi di gestione del debito pubblico. A tal fine, la legge n. 243/2012 reca disposizioni volte a dare attuazione al principio dell’equilibrio tra entrate e spese del bilancio delle pubbliche amministrazioni e della sostenibilità del debito pubblico (Capi II-V, artt. 3-13), disciplina i contenuti della legge di bilancio (Capo VI, artt. 14-15) e istituisce l’Ufficio parlamentare di bilancio, organismo indipendente per l’analisi e la verifica degli andamenti di finanza pubblica e per l’osservanza delle regole di bilancio (Capo VII, artt. 16-19).

La legge reca, inoltre, norme relative alle funzioni di controllo della Corte dei Conti sui bilanci delle amministrazioni pubbliche, nonché disposizioni finali di coordinamento con la legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009 (Capo VIII, artt. 20 e 21).

Più in dettaglio, il Capo I della legge reca l’oggetto e le definizioni, specificando il carattere di legge

“rinforzata” del provvedimento - che potrà essere modificato esclusivamente da una legge successiva adottata con la medesima maggioranza assoluta disposta dall’articolo 81, sesto comma, della Costituzione - e indicando le definizioni utilizzate nell’ambito della legge, con espliciti rinvii a quanto previsto nell’ordinamento dell’Unione europea.

Ai sensi dell’articolo 20, in particolare, “La Corte dei Conti svolge il controllo successivo sulla gestione dei bilanci degli enti” (territoriali e non territoriali) “ai fini del coordinamento della finanza pubblica e dell’equilibrio dei bilanci di cui all’articolo 97 della Costituzione”

La norma non pare introdurre nuove forme di controllo, ma sancisce il generale principio di assoggettamento delle pubbliche amministrazioni al controllo della Corte dei Conti, per le finalità indicate dalla norma.

► 7.1. L’equilibrio di bilancio.

Il Capo II della legge n. 243/2012 ribadisce l’obbligo per le amministrazioni pubbliche, sancito dall’art.

97 della Costituzione, di concorrere ad assicurare l’equilibrio dei bilanci.

Tale equilibrio corrisponde all’obiettivo di medio termine, ossia al valore del saldo strutturale individuato

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PARTEIX ► CONTABILITÀ PUBBLICA E REGIONALE | SEZ. I | LA CONTABILITÀ PUBBBLICA E LA GOVERNANCE EUROPEA

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sulla base dei criteri stabiliti dall’ordinamento dell’Unione europea, che per l’Italia è attualmente il pareggio di bilancio calcolato in termini strutturali, ossia corretto per tenere conto degli effetti del ciclo economico e al netto delle misure una tantum.

• Ai sensi del Patto di stabilità e crescita, l’obiettivo di medio termine è calcolato in termini di saldo del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni e si attesta in una forcella stabilita tra il -1% del PIL e il pareggio o l’attivo del saldo strutturale di bilancio, in termini corretti per il ciclo. Il “Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’unione economica e monetaria” (il cd. Fiscal Compact) ha ristretto il suddetto valore minimo per i Paesi più indebitati allo 0,5 per cento del PIL, prevedendo che la regola del pareggio o dell’avanzo del bilancio in esso contenuta si consideri rispettata se il disavanzo strutturale dello Stato è pari all’obiettivo a medio termine specifico per Paese come stabilito dal Patto di stabilità rivisto, con un deficit che non ecceda tuttavia lo 0,5% del PIL, in termini strutturali.

I documenti di programmazione finanziaria e di bilancio stabiliscono, per ciascuna annualità del periodo di programmazione, obiettivi del saldo del conto consolidato, articolati per sottosettori, tali da assicurare almeno il conseguimento dell’obiettivo di medio termine, ovvero il rispetto del percorso di avvicinamento a tale obiettivo nei casi di scostamento dall’obiettivo previsti per eventi eccezionali e per scostamenti negativi del saldo strutturale emersi a consuntivo che prevedono un meccanismo di correzione. Insieme agli obiettivi del saldo del conto consolidato i medesimi documenti indicano anche le misure da adottare per conseguirli.

Nella definizione degli obiettivi programmatici è comunque possibile tenere conto, in conformità con quanto disposto in sede europea, dei riflessi finanziari delle riforme strutturali con un impatto positivo significativo sulla sostenibilità delle finanze pubbliche.

• Ai sensi della legge n. 243/2012, l’equilibrio dei bilanci si considera conseguito quando il saldo strutturale, calcolato in sede di consuntivo nel primo semestre dell’esercizio successivo a quello al quale si riferisce, soddisfa almeno una delle seguenti condizioni:

a) risulta almeno pari all’obiettivo di medio termine ovvero evidenzia uno scostamento dal medesimo obiettivo di medio termine inferiore a quello considerato significativo ai sensi dell’ordinamento dell’Unione europea (procedura per i disavanzi eccessivi) e degli accordi internazionali in materia (Fiscal compact), ossia non superiore allo 0,5 per cento del PIL;

b) assicura il rispetto del percorso di avvicinamento all’obiettivo di medio termine nei casi di eventi eccezionali e di scostamenti dall’obiettivo programmatico che danno luogo a meccanismi di correzione, ovvero evidenzia uno scostamento dal medesimo percorso di avvicinamento inferiore a quello considerato significativo in sede comunitaria (ossia fino a -0,5 per cento rispetto all’obiettivo).

► 7.2. La sostenibilità del debito pubblico.

In attuazione del nuovo primo comma dell’art. 97 Cost., la legge n. 243/2012 ribadisce altresì l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di concorrere ad assicurare la sostenibilità del debito pubblico.

La norma specifica che qualora il rapporto debito/PIL superi il valore di riferimento definito dall’ordinamento dell’Unione europea (60% del PIL), in sede di definizione degli obiettivi si debba tenere conto della necessità di garantire una riduzione dell’eccedenza rispetto a tale valore in coerenza con il criterio e la disciplina in materia di fattori rilevanti previsti dal medesimo ordinamento, ai sensi del quale, si ricorda, gli Stati il cui debito supera il 60% del PIL dovranno adottare interventi per ridurlo con un ritmo adeguato, assumendo come riferimento una diminuzione dell’eccedenza di debito al ritmo di un ventesimo all’anno in media negli ultimi tre anni.

In ciò si sostanzia la c.d. regola del debito, contenuta nella nuova versione del Patto di Stabilità e crescita e ribadita nel Fiscal compact, che prevede l’obbligo di riduzione della quota del debito pubblico eccedente il 60 per cento del prodotto interno lordo ad un ritmo annuale medio nel triennio pari ad almeno un ventesimo della medesima eccedenza.

► 7.3. La regola sulla spesa.

In attuazione dell’art. 5, comma 1, lettera e), della legge costituzionale n. 1 del 2012, la legge quadro n.

243/2012 reca una regola sulla spesa, stabilendo che il tasso annuo programmato di crescita della spesa

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