• Non ci sono risultati.

Discrimen » Studi in onore di Antonio Fiorella

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Discrimen » Studi in onore di Antonio Fiorella"

Copied!
962
0
0

Testo completo

(1)

34

34

L’Unità del Diritto

Collana

Mauro Catenacci, Vincenzo Nico D’Ascola, Roberto Rampioni

a cura di

STUDI IN ONORE DI ANTONIO FIORELLA

VOLUME II

L’opera contiene un consistente numero di saggi, dedicati ad Antonio Fiorella quale testimonianza del significativo contributo da lui fornito alla scienza penalistica e firmati sia da esponenti di chiara fama, italiani e stranieri, dell’Accademia, della Magistratura e dell’Avvocatura, che da giovani studiosi della materia penalistica. In un momento storico, come quello attuale, nel quale le categorie fondamentali del diritto penale liberale sembrano messe duramente alla prova dall’emergere, sia nel sentire sociale che nella stessa legislazione, di preoccupanti istanze iper-securitarie e iper- punitive, la raccolta si propone come un importante ‘luogo’ di confronto e di approfondimento critico sullo stato del diritto penale e sulle sue possibili prospettive di sviluppo; il tutto con un insieme di contributi che, nel riprendere temi e questioni caratterizzanti il percorso dell’onorando, spaziano a loro volta dalla dogmatica, alla politica criminale, fino ai più significativi settori della legislazione penale speciale e del diritto penale economico.

I curatori del volume:

Mauro Catenacci è Professore Ordinario di Diritto Penale presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Roma Tre. È membro dell’Associazione italiana dei Professori di Diritto Penale.

Vincenzo Nico D’Ascola è Professore Ordinario di Diritto penale presso il Dipartimento di Giurisprudenza, Economia e Scienze Umane dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria. È membro dell’Associazione italiana dei Professori di Diritto Penale.

Roberto Rampioni è Professore Ordinario di Diritto Penale presso il Dipartimento dell’Università di Roma ‘Tor Vergata’. È membro dell’Associazione italiana dei Professori di Diritto Penale.

M. CATENACCI, V. N. D’ASCOLA, R. RAMPIONI (a cura di) · STUDI IN ONORE DI ANTONIO FIORELLA

(2)

31

L’Unità del Diritto

Collana del Dipartimento di Giurisprudenza

Rita Benignia cura di

DIRITTO E RELIGIONE IN ITALIA

PRINCIPI E TEMI

(3)

1.

in itinere, 2016

2. E. Battelli, B. Cortese, A. Gemma, A. Massaro (a cura di), Patrimonio culturale:

profili giuridici e tecniche di tutela, 2017

3. R. Benigni (a cura di), Libertà religiosa, diritti umani e globalizzazione, 2017

4. A. Massaro (a cura di), La tutela della salute nei luoghi di detenzione. Un’indagine di diritto penale intorno a carcere, REMS e CPR, 2017, 2017

5. V. Zeno-Zencovich, Comparative Legal Systems. A Short Introduction, 2017 (I ed.) Comparative Legal Systems. A Short and Illustrated Introduction, 2019 (II ed.)

6. M. Gambacciani, Impresa e lavoro: il nuovo bilanciamento nei licenziamenti collettivi, 2017

7. A. Massaro, M. Sinisi (a cura di), Trasparenza nella P.A. e norme anticorruzione: dalla prevenzione alla repressione, 2017

8. A. D. De Santis (a cura di), I profili processuali della nuova disciplina sulla responsabilità sanitaria, 2017

9. V. Viti, La locazione finanziaria tra tipicità legale e sottotipi, 2018

10. C. Cardia, R. Benigni (a cura di), 50 Anni dalla Populorum Progressio. Paolo VI: il Papa della modernità. Giustizia tra i popoli e l’amore per l’Italia, 2018

11. G. Nuzzo, L’abuso del diritto di voto nel concordato preventivo. Interessi protetti e regola di correttezza, 2018

12. G. Grisi, C. Salvi (a cura di), A proposito del diritto post-moderno. Atti del Seminario di Leonessa, 22-23 settembre 2017, 2018

13. G. Maestri, L’ordinamento costituzionale italiano alla prova della democrazia paritaria, 2018

14. G. Conte, A. Fusaro, A. Somma, V. Zeno-Zencovich (a cura di), Dialoghi con Guido Alpa. Un volume offerto in occasione del suo LXXI compleanno, 2018

15. E. Poddighe, Comunicazione e “dignità della donna”. Uno studio di genere, 2018 16. G. Grisi (a cura di), L'abuso del diritto. In ricordo di Davide Messinetti, 2019

17. S. Anastasia, P. Gonnella (a cura di), I paradossi del diritto. Saggi in omaggio a Eligio Resta, 2019

18. S. Del Gatto, Poteri pubblici, iniziativa economica e imprese, 2019

(4)

M. Caredda (a cura di), La Costituzione...aperta a tutti, 2020 (II ed.) 21. N. Posteraro, M. Sinisi (a cura di), Questioni di fine vita, 2020

22. G. Resta (a cura di), L'Armonia nel diritto. Contributi a una riflessione su diritto e musica, 2020

23. F. Lattanzi (a cura di), Genocidio. Conoscere e ricordare per prevenire, 2020

24. E. Toti, Diritto cinese dei contratti e sistema giuridico romanistico tra legge e dottrina, 2020 25. B. Cortese, La tutela in caso di vizio della res empta e della res locata: inadempimento

rispondenza ex fide bona, 2020

26. M.S. Bonomi, La motivazione dell’atto amministrativo: dalla disciplina generale alle regole speciali, 2020

27. G. Grisi, F. Rassu (a cura di), Perspectives nouvelles du droit. Thèmes, méthodes et historiographie en France et en Italie, 2020

28. F. Aperio Bella, A. Carbone, E. Zampetti (a cura di), Dialoghi di Diritto Amministrativo. Lavori del Laboratorio di Diritto Amministrativo 2019, 2020

29. S Caldarelli, I vincoli al bilancio dello Stato e delle pubbliche amministrazioni.

Sovranità, autonomia e giurisdizione, 2020

30. A. Massaro (a cura di), Connessioni di Diritto Penale, 2020 31. R. Benigni (a cura di), Diritto e religione in Italia, 2021

32. E. Calzolaio, R. Torino, L. Vagni (a cura di), Liber amicorum Luigi Moccia, 2021 33. A. Carratta (a cura di), Limiti esterni di giurisdizione e diritto europeo. A proposito di Cass.

Sez. Un. n. 19598/2020, 2021

(5)
(6)

34

L’Unità del Diritto

Collana del Dipartimento di Giurisprudenza

Mauro Catenacci, Vincenzo Nico D’Ascola, Roberto Rampioni

a cura di

STUDI IN ONORE DI ANTONIO FIORELLA

VOLUME II

(7)

ricerca e diffondendo la conoscenza mediante l’uso del formato digitale ad accesso aperto.

Comitato scientifico della Collana:

Paolo Alvazzi Del Frate, Paolo Benvenuti, Bruno Bises, Mario Bussoletti, Giovanni Cabras, Giandonato Caggiano, Enzo Cardi, Paolo Carnevale, Antonio Carratta, Mauro Catenacci, Alfonso Celotto, Renato Clarizia, Carlo Colapietro, Emanuele Conte, Giorgio Costantino, Antonietta Di Blase, Carlo Fantappiè, Lorenzo Fascione, Ernesto Felli, Sabino Fortunato, Aurelio Gentili, Elena Granaglia, Giuseppe Grisi, Andrea Guaccero, Luca Luparia Donati, Francesco Macario, Vincenzo Mannino, Luca Marafioti, Enrico Mezzetti, Claudia Morviducci, Giulio Napolitano, Giampiero Proia, Giuseppe Ruffini, Marco Ruotolo, Maria Alessandra Sandulli, Giovanni Serges, Giuseppe Tinelli, Luisa Torchia, Mario Trapani, Vincenzo Zeno-Zencovich, Andrea Zoppini.

Collana pubblicata nel rispetto del Codice etico adottato dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi Roma Tre, in data 22 aprile 2020.

Il volume pubblicato è stato sottoposto a previa e positiva valutazione nella modalità di referaggio double-blind peer review.

Coordinamento editoriale:

Gruppo di Lavoro

Elaborazione grafica della copertina: mosquitoroma.it Caratteri tipografici utilizzati:

American Typewriter condensed, Brandon Grotesque, Gotham rounded (copertina e frontespizio) Adobe Garamond Pro (testo)

Impaginazione e cura editoriale: Colitti-Roma colitti.it

Edizioni: ©

Roma, settembre 2021 ISBN: 979-12-5977-041-7 http://romatrepress.uniroma3.it

Quest’opera è assoggettata alla disciplina Creative Commons attribution 4.0 International License (CC BY- NC-ND 4.0) che impone l’attribuzione della paternità dell’opera, proibisce di alterarla, trasformarla o usarla per produrre un’altra opera, e ne esclude l’uso per ricavarne un profitto commerciale.

L’attività della Roma TrE-Press è svolta nell’ambito della

Fondazione Roma Tre-Education, piazza della Repubblica 10, 00185 Roma

(8)

La collana di studi giuridici promossa dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Roma Tre assume un titolo – quello de L’unità del diritto – che può apparire particolarmente impegnativo perché il fenomeno giuridico riflette la complessità delle società che il diritto mira a regolare, si sviluppa intorno ad una molteplicità di articolazioni e sembra pertanto sfuggire ad una definizione in termini di unità. Anche la scienza del diritto, intesa come riflessione intorno al diritto, come forma di conoscenza che assume il dirit- to ad oggetto diretto e immediato di indagine, sia nella prospettiva teorica sia in quella storico-positiva relativa ad un singolo ordinamento, soffre a trovare una sua dimensione unitaria. La riflessione intorno al diritto, da qualunque punto di partenza si intenda affrontarla, ammette una pluralità di opzioni metodologiche, contempla una molteplicità di giudizi di valore, si caratterizza inevitabilmente per una pluralità di soluzioni interpretative.

L’unico, generalissimo, elemento che sembra contraddistinguerla in senso unitario è dato dal suo essere rivolta alla conoscenza del diritto, dal suo ca- rattere conoscitivo dell’esperienza giuridica complessivamente intesa, una unità, potrebbe dirsi, figlia della diversità e varietà delle scelte di metodo e del pluralismo interpretativo, ma pur sempre una unità quanto meno in questo suo nucleo irriducibile. Ed è allora questo il senso da attribuire al titolo della collana che prende l’avvio, ossia quello di dare ospitalità a con- tributi di studiosi diversi per formazione e interessi ma che si riconoscono tutti nella comune esigenza di indagare il fenomeno giuridico applicando con rigore il metodo prescelto, nella consapevolezza della condivisione di un patrimonio formativo e culturale idoneo a creare una adeguata coscienza di sé e sulla cui base costruire l’impegno scientifico del giurista.

(9)

essere utilizzati nella formazione dei giovani giuristi.

La collana entra a far parte della struttura della editrice Roma TrE-Press che, affiancando alla tradizionale pubblicazione in volumi la pubblicazione in formato digitale on-line, consente un accesso libero ai contributi scientifici contribuendo, così, ad una nuova e più ampia diffusione del sapere giuridico.

Prof. Giovanni Serges Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza Università Roma Tre

(10)

SCRITTI SULLA PARTE SPECIALE

Salvatore Aleo, La problematica penalistica della criminalità organizzata, la teoria dell’organizzazione e lo Stato di diritto 1103 Stefano Canestrari, In difesa della legge n. 219 del 2017 («Norme in

materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento») 1125 Ombretta Di Giovine, Ancora sull’infezione da SARS-CoV-2: omicidio e lesioni personali tra incertezze scientifiche, sovradeterminazioni causali e trappole cognitive 1135 Stefano Fiore, Tracce di distopia legislativa nella ‘spazzacorrotti’.

Funzioni simboliche e deterrenza ‘latente’ nell’uso della non punibilità 1159 Gabriele Fornasari, Ancora un passo verso l’affermazione

dell’autodeterminazione alla morte: la Corte costituzionale austriaca dichiara illegittima la disposizione in tema di aiuto al suicidio.

Un primo commento a caldo 1185

Dario Franzin, “L’ombra del sospetto” e la “banalità della vita quotidiana”:

nuove forme di terrorismo e responsabilità penale 1197

Marco Gambardella, Simul stabunt vel simul cadent.

Discrezionalità amministrativa e sindacato del giudice penale:

un binomio indissolubile per la sopravvivenza dell’abuso d’ufficio 1217 Carlo Longobardo, La legislazione italiana antiterrorismo:

uno specchio degli attuali mali del diritto penale postmoderno 1247 Beatrice Magro, Autodeterminazione terapeutica e autodeterminazione

alla morte dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019 1271 Adelmo Manna, I delitti ambientali tra storia, dogmatica e politica criminale 1299 Ilaria Merenda, Mafia & corruzione? Un binomio da sciogliere 1315 Nicola Pisani, La riforma dell’abuso d’ufficio nell’era della semplificazione 1327 Carlo Ruga Riva, Il “sentimento per gli animali”:

critica di un bene giuridico (troppo) umano e (comunque) inutile 1347

(11)

Sergio Seminara, Il conflitto di interessi nei reati contro

la pubblica amministrazione, nei reati societari e nei reati finanziari 1375 Andrea Sereni, Il controllo penale della prostituzione tra etica ed economia 1389 Anna Salvina Valenzano, Il rilievo dell’omissione nella truffa 1431 Sergio Vinciguerra, L’evoluzione in Italia del suicidio assistito

fra storia e costituzionalità 1457

DIRITTO PENALE DELL’ECONOMIA E DEGLI ENTI Donato Castronuovo, Garanti della sicurezza del lavoro e loro

qualificazione alternativa come apicali o subordinati in ambito 231 1477 Alberto De Vita, Condizioni e limiti di operatività della delega di funzioni nel diritto penale dell’impresa. La cessione a terzi del “debito di sicurezza” e la trasmutazione del datore di lavoro da debitore a garante del debito 1501 Alberto di Martino, Appunti in tema di reati commessi all’estero e

responsabilità degli enti 1523

Massimo Donini, Premesse storiche a una concezione costituzionale dell’offesa

nella bancarotta patrimoniale 1555

Luigi Foffani, Per una codificazione possibile dei delitti in materia economica 1577 Désirée Fondaroli, L’attività di vigilanza della Consob tra tutele e

violazioni delle garanzie fondamentali 1593

William S. Laufer, Some observations about corporate criminal justice:

thirty years later 1613

Vittorio Manes, Realismo e concretezza nell’accertamento dell’idoneità

del modello organizzativo 1621

Silvia Massi, Aspetti problematici della responsabilità del datore di lavoro e/o dell’ente per ‘ripartizione difettosa dell’organizzazione’ 1657 Anna Maria Maugeri, La funzione del sistema sanzionatorio

del D.Lgs. n. 231/2001: la rieducazione dell’ente 1681

(12)

Gaetana Morgante, La ripartizione volontaria dei doveri di sicurezza tra

garanti ‘innominati’: la delega di funzioni 1715

Carlo Piergallini, Globalizzazione dell’economia, rischio-reato e

responsabilità ex crimine delle multinazionali 1743

Daniele Piva, Reati tributari e responsabilità dell’ente: una riforma nel

(ancorché non di) sistema 1767

Stefano Preziosi, Nuova disciplina degli abusi di mercato e bene

giuridico tutelato nella manipolazione di mercato 1787

Alessandra Rossi, La responsabilità penale dei componenti

dell’Organismo di vigilanza 1809

Elisa Scaroina, Le posizioni di garanzia nelle organizzazioni complesse 1835 Nicola Selvaggi, La prevenzione e il controllo del reato attraverso

la ‘compliance’ nella piccola impresa: un’introduzione al problema 1857 Paola Severino, Corruzione e crisi pandemica: vecchi problemi e nuove sfide 1879 Morikazu Taguchi, Neue Herausforderungen hinsichtlich der Bekämpfung

der Unternehmenskriminalität in Japan 1895

Maria Teresa Trapasso, Workforce composition e rischio infortunistico:

la tutela penale dei lavoratori al tempo del lavoro ‘flessibile’ 1909 Andrea Francesco Tripodi, L’ente nel doppio binario punitivo: note

sulla configurazione metaindividuale dei doppi binari sanzionatori 1927 Paolo Veneziani, Problemi attuali in tema di responsabilità dell’ente da reato

tributario 1971

Tiziana Vitarelli, Il Responsabile del Servizio di prevenzione e protezione:

mero consulente o vero e proprio garante? 2001

Roberto Zannotti, La responsabilità amministrativa degli enti dipendente da reato nell’ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano:

un confronto con il sistema italiano 2027

(13)
(14)
(15)
(16)

La problematica penalistica della criminalità organizzata, la teoria dell’organizzazione e lo Stato di diritto

Sommario: 1. Le figure delittuose politiche e quelle associative nella storia dello Stato di diritto e della cultura giuridica moderna – 2. La nozione di criminalità organizzata e la cultura dello Stato di diritto – 3. Epistemologia della complessità e teoria dell’organizzazione – 4. Insufficienza della causalità nella rappresentazione della condotta collettiva. Il concorso di persone – 5. Teoria dell’organizzazione e figure delittuose associative. La problematica del concorso esterno – 6. L’analisi sistemica e funzionalistica per la teoria della giustizia e delle garanzie.

1. Le figure delittuose politiche e quelle associative nella storia dello Stato di diritto e della cultura giuridica moderna

Un primo dato da cui muovere la riflessione è quello che le figure delittuose politiche e le figure delittuose associative sono sempre state considerate difformi rispetto ai principi definiti generali del diritto e della responsabilità penale, dello Stato di diritto, giustificate, rispettivamente, dalla particolare entità del bene protetto, l’assetto sociale e istituzionale, e dalla particolare pericolosità delle forme associative. Le difformità riguardano la soglia della responsabilità e della tutela, in confronto alle figure delittuose ordinarie, e le carenze di tassatività e determinatezza di simili nozioni delittuose, che possono essere considerate corollari, d’altro canto, della complessità dei dati oggetto di considerazione, dal punto di vista sia dei beni tutelati e offesi che (della dimensione collettiva) degli autori.

Nella Riforma della legislazione criminale toscana del 1786 il granduca Pietro Leopoldo stabilì l’abolizione, insieme con quella della pena di morte, dei delitti di Lesa Maestà, di cui il fatto non corrispondesse anche con una figura delittuosa ordinaria. Questa esperienza è rimasta unica nella storia.

Un altro dato è la connotazione binaria inter-individuale della codificazione, così del delitto (un autore e una vittima) come del contratto

* Ordinario di Diritto penale, Università degli Studi di Catania.

(17)

(incontro delle volontà libere di due individui). Di questa connotazione è espressione la struttura del delitto tentato, costruita sul requisito dell’inizio di esecuzione (commencement d’exécution): in cui la condotta del singolo individuo è sia direttamente riconoscibile, nell’intenzione delittuosa, sia non più suscettibile, o scarsamente suscettibile, del mutamento di destinazione;

con la conseguente distinzione teorica ottocentesca fra atti esecutivi, punibili, e atti preparatori, in generale non punibili.

In confronto a questa struttura, a questa impostazione, si sono formate, d’altro canto, sia la disciplina che la teorica dell’istigazione, dell’accordo, dell’attentato, dell’associazione, relativi alla commissione di uno o più delitti contro lo Stato, come forme derogatorie rispetto alla disciplina generale, giustificate appunto dalla essenziale importanza dell’interesse protetto, la stabilità stessa dell’assetto sociale e istituzionale.

Nell’edizione ufficiale del codice penale napoleonico ‘pel Regno d’Italia’

la nozione di complot è stata tradotta cospirazione e così è rimasta nella nostra cultura.

La conspiracy del sistema anglosassone trova giustificazione teorica nell’arretramento della soglia della protezione e della responsabilità, rispetto a quella del tentativo, all’accordo fra più persone, relativamente alla commissione di delitti di una certa gravità. In concreto, però, la figura della conspiracy non ha mai svolto tale funzione (di anticipazione), ma piuttosto quelle di aggravamento della responsabilità del fatto, riconducibile alla forma consumata, nonché tentata, realizzato con una dimensione organizzativa plurisoggettiva; di determinazione della responsabilità per la sola forma plurisoggettiva organizzata del fatto; di determinazione della responsabilità del fatto, definito in precedenti casi giudiziari di responsabilità civile o amministrativa, deciso, deliberato, nel caso di specie, da una pluralità di persone (per esempio in materia di danni da attività industriali, di cautele antinfortunistiche, di inquinamento); di stimolo del patteggiamento, di tale configurazione, per ottenere la collaborazione dell’imputato, nel sistema della discrezionalità dell’azione penale1.

Nel 1876 nel codice penale tedesco fu introdotto il § 49a (‘Istigazione infruttuosa’, cosiddetto Duchesne Paragraph), a imitazione di una legge belga dell’anno prima, allorché il belga Duchesne si offrì all’arcivescovo di Parigi per uccidere il principe di Bismarck, in cui furono puniti l’istigazione e il concerto di commettere un’azione sanzionata penalmente come crimine, e

1 Possono vedersi i saggi di M. Papa, La conspiracy nel diritto penale statunitense: la fattispecie e la sua evoluzione storica, Centro Stampa, Firenze 1989; Id., voce Conspiracy, in «DDP», Utet, Torino 1989, vol. III, pp. 84 ss.; E. Grande, Accordo criminoso e conspiracy. Tipicità e stretta legalità nell’analisi comparata, Cedam, Padova 1993.

(18)

nel § 49b fu previsto e punito il ‘Complotto di omicidio’.

Nella disciplina del tentativo del codice Zanardelli, al criterio napoleonico dell’inizio di esecuzione fu aggiunto quello dell’idoneità dei mezzi.

La disciplina del delitto tentato del codice Rocco, diversa da tutti i codici precedenti, va considerata con riferimento, eminentemente, al fatto di più persone: riconoscibile nella direzione delittuosa, per la pluralità, convergente verso quello scopo, ovvero sinergia, dei singoli comportamenti, in una fase antecedente rispetto all’inizio di esecuzione, già nella fase preparatoria, e più scarsamente suscettibile del mutamento di destinazione, in confronto al comportamento dell’autore individuale. Questa lettura trova conferma nella previsione dell’art. 115 c.p., che nell’intenzione del legislatore (così come, peraltro, l’art. 49 c.p. comma secondo) contribuisce alla definizione della soglia inferiore del tentativo, per l’ipotesi di realizzazione da una pluralità di persone. È significativo, conferma di questa lettura, che tale precisazione dell’art. 115 c.p. non esista negli altri sistemi, in cui il tentativo è costruito secondo il criterio dell’inizio di esecuzione.

La figura attuale dell’associazione per delinquere può essere considerata come il risultato di un processo di astrazione e generalizzazione, a partire dalla figura della association de malfaiteurs, del codice napoleonico, sorta, subito dopo la rivoluzione francese, con riferimento al fenomeno degli chauffeurs, delle bande armate e violente che aggredivano e depredavano i passeggeri: come figura delittuosa autonoma per le bande dirette contro le persone e i beni. Nel codice toscano del 1853 era punita la società formata da tre o più persone per commettere delitti di alcune specie determinate,

«di furto, di estorsione, di pirateria, di truffa, di baratteria marittima, o di frode», contemplata fra le disposizioni comuni al titolo «Dei delitti contro gli averi altrui». Nel codice Zanardelli fu prevista l’«associazione per delinquere»

(a prescindere, dunque, dalla qualità di ‘malfattori’ dei protagonisti), fra i delitti «contro l’ordine pubblico», di cinque o più persone, per commettere delitti delle tipologie indicate nella norma secondo gli stessi titoli del codice:

«contro l’amministrazione della giustizia, o la fede pubblica, o l’incolumità pubblica, o il buon costume e l’ordine delle famiglie, o contro la persona o la proprietà»; tutti i delitti, dunque, tranne quelli contro lo Stato, per cui erano previste le figure delittuose associative precipue, originarie possiamo pure dire (cospirazione politica, banda armata), e i delitti contro la pubblica amministrazione, per cui evidentemente quel legislatore riteneva impossibile o incongrua la figura delittuosa associativa. Il titolo «contro l’ordine pubblico» era comparso nel codice toscano, ove comprendeva il delitto di associazioni formate «senza la permission del Governo». Le prime

(19)

figure delittuose associative allo scopo di commettere crimini o delitti, cioè in generale, furono probabilmente quelle dei codici penali olandese e del Canton Ticino2.

Le figure delittuose associative hanno avuto giustificazione assolutamente prevalente in termini di anticipazione della soglia della responsabilità e quindi della risposta penale, in confronto a quella ordinaria dei delitti, di deroga perciò rispetto al principio generale di non punibilità del mero accordo, in considerazione della particolare pericolosità costituita da un’associazione, diretta alla commissione di delitti; a partire dall’analisi di Carrara, de L’associazione a delinquere secondo l’abolito codice toscano: «È una associazione che vuole essere punita eccezionalmente perché la sua costituzione aggredirà i diritti, possibilmente, di tutti i consociati, e non limitativamente i diritti di alcuni cittadini come nell’accordo ad un delitto determinato»3.

Per ciò che riguarda la dimensione generale dell’associazione, la rappresentazione di tale funzione definita di anticipazione sembra abbastanza contraddetta non solo dalla prassi giudiziaria, ma anche dalla realtà criminologica. In concreto, infatti, in sede giudiziaria, le figure delittuose associative, per lo più, vengono dedotte, sono oggetto di ricostruzione, ex post, dai delitti realizzati e dal collegamento di questi con una struttura plurisoggettiva, che ne è considerata organizzativa. Ma pure, nella realtà dei fatti, nascono dalla stessa realizzazione di delitti, in concorso di persone, delle stesse persone, dalla divisione e riutilizzazione dei profitti in future imprese delittuose, più che da fatti intellettuali di accordo e da programmi formali.

Per ciò che riguarda la dimensione generale dell’associazione, tale funzione definita di anticipazione è contraddetta formalmente dalla previsione dell’associazione di tipo mafioso: che presuppone l’attività delittuosa realizzata dall’associazione, con caratteristiche e diffusione tali da aver determinato la condizione di assoggettamento e controllo ambientale di cui gli associati, appunto, «si avvalgono». Un’associazione i cui membri avessero bisogno di esercitare l’intimidazione per ottenere vantaggi illeciti sarebbe ancora associazione per delinquere, non di tipo mafioso.

Per ciò che riguarda in generale l’associazione, la funzione definita di anticipazione è maggiormente concepibile per le associazioni di carattere politico, che hanno infatti una dimensione ideologica, e con riferimento

2 Mi permetto di rinviare il lettore al mio Sistema penale e criminalità organizzata. Le figure delittuose associative, cap. II, Profilo storico e comparatistico, Giuffrè, Milano 2009.

3 F. Carrara, L’associazione a delinquere secondo l’abolito codice toscano, in «Enciclopedia giuridica italiana», diretta da P. S. Mancini, vol. I, Società Editrice Libraria, Milano 1884, p. 1117.

(20)

appunto a tale dimensione ancora meramente ideologica, ma proprio di cui la rilevanza penalistica è peculiarmente discutibile.

Pure per ciò che riguarda la posizione dei singoli nell’associazione, la funzione così definita di anticipazione può essere considerata invero marginale. In generale il soggetto che fa parte di un’associazione criminale i delitti li ha commessi e continua a commetterli. In linea di principio, da un canto, l’adesione formale non seguita poi da alcuna attività delittuosa dovrebbe essere suscettibile della disciplina generale di non punibilità della desistenza. D’altro canto, il soggetto può bene non aver mai aderito formalmente e tuttavia aver prestato contributi rilevanti ogni volta che c’è stato bisogno di lui. La funzione della figura delittuosa associativa è di definizione del contributo dato all’associazione, in modo distinto e autonomo dalla realizzazione e responsabilità dei singoli delitti: sia perché tale contributo può essere diverso e ulteriore, sia perché gli elementi di fatto che ne sono significativi possono essere diversi dalla prova della responsabilità per i delitti. In tale ultimo senso va considerata pure la funzione di supplenza probatoria, indubbiamente svolta dalle figure delittuose associative, nella prassi, che tuttavia appare scarsamente condivisibile, solo in situazioni assolutamente particolari.

Utilizzando, già, categorie di natura sociologica (vedi avanti), la funzione delle figure delittuose associative può essere definita, innanzitutto, di generalizzazione: di definizione della responsabilità, per il contributo personale dato alla struttura dell’associazione, considerata in generale, in modo distinto e autonomo rispetto alla responsabilità dei singoli delitti, e dalla relativa prova. Tale funzione può essere definita, inoltre, di interdizione, di tipo concreto e dinamico, dell’esistenza e dell’attività dell’associazione (del processo, del flusso, organizzativo) nella fase stessa del suo svolgimento.

Di tale funzione, peculiare rispetto alle funzioni considerate ordinarie del diritto penale, appaiono emblematiche le tecniche della premialità della collaborazione con la giustizia e delle misure di prevenzione, personali e soprattutto patrimoniali: queste tecniche, che accompagnano la storia delle categorie dei delitti politici e associativi, servono infatti a disarticolare la dimensione dell’associazione nelle caratteristiche che ne sono essenziali della solidarietà interpersonale e delle risorse materiali ed economiche. Le nozioni di lotta e di contrasto della criminalità organizzata, che prima erano considerate estranee alla cultura giuridica, oggi sono recepite ed espresse dalla stessa legislazione, come fondamentali. In modo particolare, le figure delle associazioni di tipo mafioso e terroristico sono così diventate baricentri di veri e propri sotto-sistemi penali con elementi di marcata differenziazione, sotto

(21)

i distinti profili sostanziale, processuale, dell’esecuzione, amministrativo.

Corrisponde, viceversa, all’indirizzo consolidato della Corte suprema statunitense di ritenere incompatibile con i principi costituzionali la nozione di responsabilità penale per la partecipazione ovvero appartenenza a una associazione od organizzazione criminale, per la mancanza di determinatezza, chiarezza (unclair), di una simile nozione. Negli Stati Uniti, la normativa OCCA (Organized Crime Control Act) del 1970 ha riguardato i reati tipici dei settori in cui agiscono le organizzazioni criminali, che vi vengono definiti, e il titolo IX, RICO (Racketeers Influenced and Corrupt Organizations), ha riguardato in particolare il reinvestimento dei capitali illeciti in attività imprenditoriali e le infiltrazioni nell’economia dei membri e con i metodi delle organizzazioni criminali.

2. La nozione di criminalità organizzata e la cultura dello Stato di diritto La nozione di criminalità organizzata ha cominciato a essere usata in Italia intorno alla metà degli anni settanta, con riferimento ai fenomeni dei sequestri di persona e di diffusione degli stupefacenti nonché ai primi gruppi terroristici: nel linguaggio dei media e comune, prima che in quello dei giuristi. Fra i giuristi, intanto, erano frequenti le idee che la mafia fosse una nozione prettamente sociologica e che il giudice non dovesse lottare contro nessuno, dovesse unicamente applicare la legge. Frattanto, la legislazione speciale, definita emergenziale, ha contribuito ad ampliare in modo esponenziale, inizialmente soprattutto in questi campi, il potere discrezionale dei magistrati.

È estranea alla presente trattazione la riflessione, di carattere necessariamente molto più generale e molto più complesso, sulle profonde trasformazioni che ha subito nel frattempo lo Stato di diritto, sul fenomeno della legislazione speciale ovvero della decodificazione, sulla destrutturazione del modello culturale e istituzionale dello Stato di diritto, sulla modificazione del ruolo dei magistrati e sull’incremento appunto esponenziale del potere discrezionale di questi, cui questo tipo di legislazione ha certamente contribuito, comunque di cui è stata espressione clamorosa. Tuttavia, riteniamo che la materia della repressione della criminalità organizzata possa essere considerata abbastanza come un laboratorio, nelle precedenti direzioni, da cui trarre indicazioni valide anche in generale4.

4 Mi permetto di rinviare il lettore alla mia recente opera su Codificazione e decodificazione, 2

(22)

La cultura dello Stato di diritto, sottostante alla codificazione, ha presupposto la pretesa, attitudine e capacità di semplificazione, come l’incontro delle culture razionalistica, illuministica e cattolica. Questo assetto è stato stressato dalle nuove scienze e dal processo di industrializzazione, dalla complessità crescente delle attività umane e della rappresentazione che se ne fa, quindi della cultura e dei fenomeni, della società e della politica:

dalla complessificazione reale e culturale, e della politica.

Una considerazione che può sembrare paradossale, che invece suscita stupore, è che coloro che si occupano professionalmente di criminalità organizzata hanno poca dimestichezza scientifica con la rilevanza assunta progressivamente in generale nella cultura dalla problematica e dalla teoria dell’organizzazione. È ovvio che tale rilevanza dipende innanzitutto dalla crescente dimensione organizzativa di tutte le attività umane, ma non è solo così, dipende anche dalla crescente rilevanza della cultura del molteplice, che per brevità necessaria indichiamo come epistemologia della complessità.

Nel frattempo, parallelamente, progressivamente, tutte le scienze assumono consapevolezza dei limiti dell’analisi causale, della categoria causale, che è stata assolutamente centrale della cultura occidentale, precipuamente moderna. Tutte le scienze, tranne quella giuridica, segnatamente penalistica, particolarmente nostrana. Ho cercato di mostrare, in un’opera molto più ampia, come la causalità costituisca fra l’altro un pilastro di un intero assetto culturale, anche di potere sociale5. I penalisti tendono a descrivere l’organizzazione eminentemente, essenzialmente, secondo le categorie, le coordinate, dell’accordo e della causalità.

3. Epistemologia della complessità e teoria dell’organizzazione

La causalità, possiamo riassumere, in un linguaggio da e per addetti ai lavori, è collegamento logico-conoscitivo di tipo binario, lineare, definitorio di una successione (cronologica), normativo, determinante, esprime la pretesa di necessarietà e sufficienza della spiegazione. La causalità è formale, esprime la logica formale (binaria) e ne è esempio (anche requisito) cruciale, in quanto presuppone la predefinizione astratta e generale delle categorie cui sono riconducibili gli eventi dei due tipi considerati; fra cui viene effettuata la comparazione, essenziale del collegamento logico.

voll., Giuffrè, Milano 2019, in cui mi sono occupato di questa riflessione di carattere generale.

5 Pensiero causale e pensare complesso. Contributo di un penalista, Pacini, Pisa 2020.

(23)

Perciò è tendenzialmente decontestuale; quando diventa probabilistica, e quindi viene contestualizzata, assume connotazioni di tipo funzionalistico:

è possibile definirne la dimensione funzionale. La cultura giuridica, così, è formalistica in un senso più profondo del riferimento alle leggi scritte: in quanto utilizza nozioni predefinite in modo astratto e generale.

La teoria dell’organizzazione descrive, e valuta, scelte individuali, di opportunità, in ragione della utilità rispetto al conseguimento di determinate finalità, compara costi e benefici. Tutta un’altra storia. La teoria dell’organizzazione appartiene alla epistemologia della complessità.

Complesso è contrario di semplice, ma è diverso da complicato. Complexus, latino, vuol dire intrecciato, tessuto insieme. Complesso, nel linguaggio della teoria della scienza contemporanea, è (ciò che attiene o è risultato dell’analisi) multifattoriale e contestuale, di un insieme di elementi considerati in correlazione fra di loro e alla stregua di un contesto, in senso spaziale e temporale, quindi anche dinamico. Questo tipo di analisi guarda i fenomeni (mentre stanno accadendo) piuttosto che gli eventi (accaduti) e tende a sostituire quale oggetto della scienza la verità da scoprire con i problemi da risolvere.

La scienza, in generale, assume consapevolezza della propria approssimazione. Essenziali, quanto ovvi, i riferimenti alla teoria della relatività (ristretta 1905 e generale 1915), secondo cui le stesse nozioni di spazio e di tempo sono relative al sistema di riferimento, e alla meccanica quantistica, fondata sul principio di indeterminazione (1927), il cui significato può essere individuato nel fatto che l’atto della misurazione perturba il campo e quindi l’oggetto della misurazione, e secondo la quale sono possibili solo rappresentazioni probabilistiche dei fenomeni fisici, almeno subatomici. Ingenua appare l’osservazione che, fra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo di queste analisi, nella vita quotidiana tutto rimane come prima.

La complessità è stata definita nei termini indicati appena sopra inizialmente da un matematico americano, Warren Weaver, nel 1948, in un breve saggio Science and Complexity, in cui è contenuta fra l’altro la distinzione fra complessità organizzata, appunto la teoria dell’organizzazione, e complessità disorganizzata, con riferimento alla teoria dei flussi6.

Appare assai interessante che lungo gli anni sessanta due studiosi di discipline affatto diverse abbiano percorso strade simili, scritto cose simili, appunto in ambiti diversi, senza citarsi vicendevolmente. Ludwig von

6 W. Weaver, Science and Complexity, in «American Scientist», n. 36, 1948, pp. 536-544, trad. it. rinvenibile in <http://ulisse.sissa.it/bUlb0401003.jsp>.

(24)

Bertalanffy, biologo austriaco con curiosità e interesse per la psicologia, e Niklas Luhmann, sociologo tedesco. Hanno attraversato la problematica della complessità, Bertalanffy nel campo delle scienze biologiche, muovendo esplicitamente e direttamente da Weaver, Luhmann nel campo sociologico;

hanno esposto a critica l’analisi causale classica, mostrandone le insufficienze;

hanno costruito progressivamente la teoria generale dei sistemi, viventi, Bertalanffy, sociali, Luhmann7. Hanno utilizzato la funzione come chiave di lettura, ovvero il funzionalismo come metodo, della epistemologia della complessità e della teoria dei sistemi.

Sistema può essere definito un insieme di elementi considerati in correlazione fra di loro e alla stregua di un contesto. So di avere utilizzato la medesima definizione data appena più sopra di complesso, o di complessità.

Utilizziamo per ora queste nozioni come sinonimi, riservandoci più avanti ulteriori considerazioni.

Già Mach e Russell proposero di sostituire in generale la nozione di causa, essenzialmente qualitativa, con quella di funzione, quantitativa, matematizzabile8. Progressivamente l’analisi funzionalistica è diventata il supporto metodologico della epistemologia della complessità e della teoria dell’organizzazione. A leggere Luhmann, tutto quello che spieghiamo in termini causali può essere rappresentato, meglio, in termini funzionalistici, ovvero anche, può dirsi, la causalità è un tipo di relazione funzionale, mentre non è vero il reciproco, perché vi sono rappresentazioni e definizioni funzionalistiche non suscettibili di spiegazione causale: l’analisi funzionalistica è più ampia, copre un maggiore spazio di significati. Anche se potessimo dar ragione a Luhmann, rinunciare alla causalità creerebbe di per sé fra i giuristi una vera Torre di Babele, che sembra una giustificazione più che sufficiente per fare diversamente. Ma ciò non può e non deve valere a ignorare il senso della riflessione.

Sinteticamente, possiamo dire che la funzione esprime un significato più debole, in confronto alla causa, perché non è determinante, ma è espressione di un’analisi più ricca, appunto multifattoriale e contestuale, in senso sia spaziale che temporale. La funzione è nozione quantitativa, che nasce in matematica, come relazione di co-variazione fra grandezze, e

7 L. von Bertalanffy, Il sistema uomo. La psicologia nel mondo moderno, 1967, trad.

it., Isedi, Milano 1971, pp. 77-79; Id., Teoria generale dei sistemi. Fondamenti, sviluppo, applicazioni, 1968, trad. it., Istituto Librario Internazionale, Milano 1971.

8 Vedi, da un canto, quanto scrive e anche riporta R. Musil, che era già ingegnere, nella sua tesi di laurea in filosofia, Sulle teorie di Mach, 1908, trad. it., Adelphi, Milano 1993;

d’altro canto, B. Russell, Sul concetto di causa, 1912, trad. it. in Misticismo e logica e altri saggi, Longanesi, Milano 1980, pp. 170 ss.

(25)

viene progressivamente utilizzata nelle scienze biologiche e poi in sociologia, come in antropologia. Esprime una relazione di interdipendenza, fra grandezze (non fra eventi, accaduti). Definisce il contributo di una parte rispetto a un tutto, di un elemento in un insieme, alla stregua di un contesto, spaziale e temporale. Così per esempio, la funzione del cuore e dei polmoni nell’organismo, in funzione della vita, della sopravvivenza del sistema; la funzione di un individuo o di un collettivo o anche di una prassi ovvero di una norma in una struttura sociale; qualsiasi contributo di utilità (costi-benefici). In tal senso, possono essere indicate le analisi, via via, di Durkheim9, Merton10, Radcliffe-Brown11. La funzione esprime una connotazione di stabilità (almeno dell’analisi), e può essere reciproca, fra grandezze considerate contemporaneamente: per esempio il benessere fisico e il benessere economico di una persona. Questo tipo di relazione, certamente interessante, non è causale. Tra parentesi, un esempio di causalità circolare è costituito dal termostato, che registra la variazione della temperatura e innesca una variazione nel meccanismo di produzione artificiale della temperatura.

Ronald Coase, economista inglese naturalizzato statunitense, premio Nobel per l’economia nel 1991, ha affrontato negli anni trenta la problematica dell’impresa e ha definito l’organizzazione come il trasferimento dentro la struttura dell’impresa delle transazioni tipiche del mercato: perché l’imprenditore organizza l’attività in modo che sono definiti stabilmente ruoli e funzioni, compiti cui sono corrispondenti le remunerazioni:

convenzioni di carattere generale che tengono luogo degli accordi caso per caso. Possiamo definire dunque l’organizzazione come il coordinamento di un’attività, per la realizzazione di determinate finalità. Coase sottolinea il fatto che l’organizzazione va tenuta distinta dall’organismo, che «funziona da solo», in quanto l’organizzazione è costituita da ‘isole di potere cosciente’, soggetti che scelgono, individui12.

Un altro premio Nobel, Ilya Prigogine, fisico russo naturalizzato belga, premio Nobel per la chimica nel 1975, con la sua teoria delle strutture dissipative (i vortici) ha sostanzialmente sovvertito i termini del rapporto fra ordine e disordine. Nella visione tradizionale, un vortice è un disordine

9 É. Durkheim, Le regole del metodo sociologico, 1895, trad. it., Editori Riuniti, Roma 1996.

10 R. K. Merton, Teoria e struttura sociale, 1949, 1968, trad. it., Il Mulino, Bologna 1971, vol. I, Teoria sociologica e ricerca empirica.

11 A. R. Radcliffe-Brown, Struttura e funzione nella società primitiva, 1967, trad. it., Jaka Book, Milano 1968.

12 R. Coase, La natura dell’impresa, 1937, trad. it. in Impresa, mercato e diritto, Il Mulino, Bologna 2006, pp. 74-75.

(26)

che si crea nel mondo ordinato, così come il terremoto. Nell’analisi di Prigogine, i vortici sono forme di auto-organizzazione della materia, nel caos del mondo, secondo le delimitazioni dell’ambiente: così dell’atmosfera;

ma si pensi anche alle pareti di un lavandino che determinano il flusso dell’acqua13.

Tutti i flussi, che nel linguaggio di Weaver e di Bertalanffy sono forme di complessità non organizzata, presentano, possiamo dire, elementi di organizzazione. Gli argini del fiume, ma anche un masso che sta in mezzo e determina una separazione del flusso. Nel caso delle auto che rientrano dal week-end (Bertalanffy), la larghezza delle strade, i caselli autostradali, il tempo buono o cattivo, perfino un’importante partita di calcio, trasmessa in televisione: gli anziani si metteranno in macchina per vederla a casa, i giovani faranno tardi; ma tutto può cambiare se nella parte iniziale della partita la squadra del cuore subisce tre gol, molti spegneranno la televisione e torneranno a casa. I flussi della folla che entra allo stadio sono determinati dai tornelli, dai controlli della polizia, dalla larghezza delle scale, e così via.

È certo molto interessante che nell’Enciclopedia Einaudi le voci Ordine/

disordine, Organizzazione, Sistema siano redatte da Prigogine, insieme con la sua allieva filosofa Isabelle Stengers14, a denotare infatti come queste nozioni siano assolutamente trasversali e generali della nostra cultura.

Centrale nell’analisi di Prigogine è la nozione di biforcazione, come la situazione di equiprobabilità fra diverse alternative: dato A, sono parimenti possibili, equiprobabili, B e C, sia B che C. L’esempio può essere una valanga che scende lungo un crinale: se scivola da una parte, schiaccia un centro abitato e uccide persone; se scivola dall’altra, interrompe il corso di un fiume e seccano le piantagioni. Nasce la nozione storica della fisica.

Appare estremamente interessante, pure affascinante, che nella transizione dalle scienze hard alle scienze umane e sociali le nozioni di sistema e di organizzazione, da sovrapponibili, vadano progressivamente differenziandosi: così nel passaggio dalla fisica, alla chimica, alla biochimica, alla biologia, alla medicina, alla psichiatria, alla psicologia, alla sociologia, all’economia, al diritto, che è la più formalizzata delle scienze umane. In questa transizione aumentano infatti progressivamente le variabili coinvolte, da tenere in considerazione, e nelle scienze propriamente umane, sociali,

13 Di I. Prigogine vedi Dall’essere al divenire, 1978, trad. it., Einaudi, Torino 1986; Le leggi del caos, Laterza, Roma-Bari 2006; La fine delle certezze. Il tempo, il caos e le leggi della natura, 1996, trad. it., Bollati Boringhieri, Torino 2014; I. Prigogine, I. Stengers, La nuova alleanza. Metamorfosi della scienza, 1979, trad. it., Einaudi, Torino 1999.

14 I. Prigogine, I. Stengers, Ordine/disordine, Organizzazione e Sistema, in «Enciclopedia Einaudi», Torino rispettivamente vol. X, 1980, pp. 87 ss. e 178 ss., vol. XII, 1981, pp. 993 ss.

(27)

rileva, peculiarmente, la libertà di scelta dell’individuo: la biforcazione più pura e meno predicibile che esista in natura15. Così la nozione di organizzazione della società è diversa, enormemente più articolata, rispetto a quella di organizzazione della materia. Anche l’organizzazione, d’altro canto, è un flusso, un processo, una dinamica molteplice: nel senso sociologico, collettiva, coordinata.

Il caos è stato scoperto per caso (mi si perdoni l’accostamento, ma l’occasione era imperdibile) da Edward Lorenz, meteorologo. Nel 1961, al Massachusetts Institute of Technology, stava immettendo nel suo enorme calcolatore Royal McBee dati relativi alle condizioni meteorologiche, e andò a prendersi un caffè. Egli aveva trascritto dati con tre decimali, prendendoli da uno stampato precedente, mentre nella memoria del computer erano registrati sei decimali. Quando tornò, un’ora dopo, pensò che si fosse guastato il computer, che fosse saltata una valvola, perché si trovò davanti a grandissime oscillazioni, nei grafici, determinate da piccolissime differenze nelle condizioni iniziali.

Anni dopo, in un seminario del 1979, Lorenz, dopo aver pensato al battito delle ali di un gabbiano, espresse l’immagine che il battito di ali di una farfalla in Brasile possa produrre un cambiamento delle condizioni iniziali che una settimana dopo potrebbe scatenare un tornado nel Texas:

donde il nome di ‘effetto farfalla’.

Rappresentazioni grafiche del caos sono gli attrattori strani (per una curiosa coincidenza l’attrattore strano di Lorenz assomiglia alle ali dispiegate di una farfalla) e il linguaggio dei frattali (fractals, dal latino fractus, rotto, frammentato), entità geometriche che ripetono in scala sempre minore la stessa forma iniziale. Accanto può pure considerarsi la teoria delle catastrofi di René Thom, come descrizione, raffigurazione, matematica delle instabilità16.

Secondo la rappresentazione di Lyotard, la cui definizione della condizione post-moderna riguarda precipuamente le analisi che stiamo

15 Per la teoria dei sistemi e dell’organizzazione sono fondamentali le opere di M.

Crozier, E. Friedberg, Attore sociale e sistema. Sociologia dell’azione organizzata, 1977, Etas Libri, Milano 1989, e H. von Foerster (fisico e filosofo austriaco), Sistemi che osservano, raccolta di saggi a cura di M. Ceruti, U. Telfner, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1987. Vedi anche P. Delattre, Teoria dei sistemi ed epistemologia. Metodi e concetti utilizzati nelle diverse discipline scientifiche, 1982, trad. it., Einaudi, Torino 1984. Di questo A. consiglio di vedere la voce Funzione dell’Enciclopedia, Einaudi, Torino 1979, vol. VI, pp. 415 ss.

16 R. Thom, Modèles mathématiques de la morphogenèse, 10/18, Paris, 1974; Parabole e catastrofi. Intervista su matematica, scienza e filosofia, a cura di G. Giorello, S. Morino, il Saggiatore, Milano 1980. Per un’esposizione della teoria delle catastrofi vedi K. Pomian, Catastrophes et déterminisme, in «Libre», n. 4, Payot, Paris 1978, pp. 115-136.

(28)

considerando, «Thom stabilisce il linguaggio matematico che consente di descrivere come in determinati fenomeni possano prodursi delle discontinuità dando luogo a forme inaspettate: tale linguaggio costituisce quella che si definisce la teoria delle catastrofi»17.

Bertalanffy ne Il sistema uomo ha ricordato come il problema dei tre corpi (che si attraggono reciprocamente nella gravitazione universale) sia sostanzialmente irresolubile con le equazioni della fisica classica18.

Van de Kerchove e Ost, due giuristi belgi, penalista il primo, filosofo del diritto il secondo, hanno definito l’immagine, molto efficace, che la modernità, binaria, causale, semplificatoria, abbia rimosso il terzo19. E hanno intitolato «Il ritorno del terzo» la conclusione di un capitolo del loro libro20, relativo alla consapevolezza e quindi alla epistemologia della complessità, ovvero fra l’altro alla consapevolezza dei limiti dell’analisi causale e all’opportunità di analisi diverse e ulteriori. Secondo questi Autori, che fanno riferimento a Morin, epistemologo francese della complessità, si tratta di trasformare la consapevolezza della complessità in metodo di governo della complessità21.

Mi permetto altresì di far notare come il titolo originale del libro della Delmas-Marty pubblicato in italiano come Dal codice penale ai diritti dell’uomo (che è il sottotitolo dell’edizione francese) sia Le flou du droit, che può essere tradotto come La vaghezza del diritto22. Il filtro flou in fotografia è quello che può essere definito diffusore, che sfuoca e ammorbidisce le immagini, ne sfuma i contorni. Secondo questa illustre Autrice, è la stessa pressione esercitata dai diritti dell’uomo che contribuisce a rendere vago il diritto, ed essa esprime l’esigenza, auspica, che questo flou, storicamente

17 J.F. Lyotard, La condizione postmoderna. Rapporto sul sapere, 1979, trad. it., Feltrinelli, Milano 2012, p. 107.

18 Von Bertalanffy, Il sistema uomo, cit., p. 77.

19 M. van de Kerchove, F. Ost, Il diritto ovvero i paradossi del gioco, 1992, trad. it., Giuffrè, Milano 1994.

20 Ivi, pp. 86-88.

21 Ivi, pp. 84-86. Di E. Morin vedi i sei volumi de La méthode, 1977-2004, trad. it., Il metodo, Raffaello Cortina, Milano, 2001-2005, nonché Epistémologie de la complexité, in «Revue de la recherche juridique. Droit prospectif», 1984-1, pp. 47 ss. Di M. van de Kerchove vedi anche Quand dire, c’est punir. Essai sur le jugement pénal, Facultés universitaires Saint-Louis, Bruxelles, 2005 e Sens et non-sense de la peine. Entre mythe et mystification, Facultés universitaires Saint-Louis, Bruxelles 2009.

22 M. Delmas-Marty, Le flou du droit. Du code pénal aux droits de l’homme, Presses Univeritaires de France, Paris 1986, trad. it., Dal codice penale ai diritti dell’uomo, Giuffrè, Milano 1992.

(29)

irreversibile, possa diventare «matematizzabile»23. Ciò è possibile, a mio avviso, mediante l’analisi funzionale.

4. Insufficienza della causalità nella rappresentazione della condotta collettiva.

Il concorso di persone

Il ‘terzo’ (rimosso dalla modernità) può essere, per esempio, il palo nella rapina.

Nella rappresentazione dei penalisti il singolo contributo è costitutivo del concorso di persone nel reato in quanto ‘causale’24. Il palo nella rapina non è causale, secondo qualsiasi significato definito nel capitolo sulla causalità: non è condicio sine qua non della rapina, perché una rapina si può fare benissimo senza il palo, correndo maggiori rischi e, se riesce, dividendo il bottino in un minor numero di parti, e una rapina complicata si può fare meglio con due pali, diminuendo il rischio e però dividendo il bottino in un maggior numero di parti, ma così potendo fare una rapina più corposa e complicata: questa è la teoria dell’organizzazione (opportunità, costi- benefici, utilità), che costituisce un’analisi affatto diversa da quella causale (ovvero della necessarietà e sufficienza per la spiegazione); men che meno il palo può essere definito, considerato, causalmente adeguato, sufficiente, singolarmente, al verificarsi della rapina.

L’idea della causalità agevolatrice o di rinforzo presuppone che vi sia una condotta principale e le altre accessorie (teoria della accessorietà), e invece in concreto può non essere così, perché le singole condotte parti stanno sostanzialmente tutte sullo stesso piano, per lo meno nessuna realizza autonomamente la fattispecie delittuosa, e comunque non sposta i termini del problema, perché manca di definire peculiarmente il contributo, ovvero definisce ‘causale’ ciò che non lo è (secondo le teorie causali).

La definizione del contributo come causale nel senso del contributo

‘alla causalità’ del tutto definisce il secondo termine della relazione ma non definisce, evidentemente, il primo termine, il singolo contributo, le caratteristiche che questo deve avere, dal punto di vista materiale; ne definisce solo l’aspetto soggettivo, il dolo, nella consapevolezza che il soggetto deve avere di contribuire alla realizzazione del fatto delittuoso.

La definizione del contributo come causale nel senso della condicio sine

23 Ivi, p. 278.

24 Da F. Antolisei si può dire che la linea sia ininterrotta, fino all’odierna Cassazione.

(30)

qua non del fatto per come in concreto questo si è realizzato25, nella sua unicità, contraddice il contenuto di astrattezza e generalità, la connotazione normativa, della nozione di causalità, e costituisce una finta spiegazione, ovvero non contribuisce a spiegare, è sempre vera: di qualsiasi elemento presente si può dire che senza di quello il fatto sarebbe stato diverso. Ma così non possiamo distinguere ciò che è rilevante e ciò che non lo è, per la definizione di illiceità penale del contributo al fatto, ovvero di responsabilità penale del suo autore.

A differenza del modello classico della causalità, la nozione di contributo è definita dalla relazione fra chi lo fornisce e chi lo riceve, dalla prestazione effettuata e dall’uso che di questa è fatto, dal contesto in cui la stessa è inserita. Lo stesso contributo può sortire effetti diversi, avere rilevanza diversa, a seconda dell’uso che poi ne venga fatto, del contesto in cui sia inserito. Il concorso morale rilevante in un rapporto intersoggettivo può non esserlo in un rapporto diverso, caratterizzato da posizioni e ruoli sociali differenti. Ancora, la nozione classica di causa vuole definire una soglia semantica: senza A non B. La nozione di contributo è senza soglia: può essere utile un contributo piccolissimo alla realizzazione di un fatto pure ingente. Il contributo alla raccolta dei fondi per la ricerca contro il cancro può essere piccolissimo e tuttavia rilevante.

La nozione di contributo non è tipizzabile: si può definire come criterio, di valutazione e di argomentazione, di misurazione (come le nozioni di causalità, di colpa, di dolo). Una persona si può uccidere in un numero infinito di modi possibili. Un contributo a qualsiasi attività può essere di un numero infinito di modi possibili, ed essere poi utilizzato in un numero infinito di modi possibili. La nozione di contributo dipende dalla (è legata alla) fantasia di chi lo fornisce e di chi lo riceve e lo utilizza. Tutti i tentativi, normativi e culturali, di tipizzazione delle forme di concorso nel reato hanno avuto un’impronta casistica, e non hanno potuto evitare il ricorso a formule di chiusura di carattere generalizzante (definitorie, invero, di criteri, non di modalità di condotta), del tipo ‘e comunque aiuta’, ‘e comunque serve’ (che poi è come dire ‘e comunque ha contribuito’)26. Le distinzioni astratte dei

25 M. Romano, G. Grasso, Commentario sistematico del codice penale. II. Art. 85-149, IV ed. rinn. e ampl., Giuffrè, Milano 2012, p. 175.

26 Può vedersi lo sforzo di S. Seminara, Tecniche normative e concorso di persone nel reato, Giuffrè, Milano 1987. Vedi poi la definizione contenuta nell’articolato approvato dalla Commissione ministeriale per la riforma del codice penale, presieduta da C.F. Grosso, nella seduta del 26 maggio 2001: «Concorre nel reato chiunque partecipa alla sua ese- cuzione, ovvero determina o istiga altro concorrente, o ne agevola l’esecuzione fornendo aiuto o assistenza causalmente rilevanti per la sua realizzazione».

(31)

ruoli sotto il profilo della pena sono poco giustificate, perché non vi sono corrispondenti quantità sostanziali di efficacia della condotta, un contributo formalmente marginale e atipico può essere in concreto più rilevante di uno più centrale e tipico.

Funzione generale della disciplina concorsuale è la definizione della responsabilità per i contributi atipici alla realizzazione del fatto antigiuridico:

non ci si può meravigliare se i contributi concorsuali siano considerati non tipizzabili, anche se questa dimensione sta, certo, su un piano diverso rispetto all’altra.

La nozione di contributo a una realizzazione plurisoggettiva ovvero organizzata può essere apprezzata e valutata, argomentata e misurata, nei termini generali della funzionalità: della utilità, della parte rispetto al tutto;

della probabilità di conseguimento del risultato, e del maggior risultato, quindi del vantaggio, della diminuzione dei rischi, come dei costi. Queste sono nozioni della teoria dell’organizzazione: analisi e valutazione del rapporto costi-benefici; affatto diverse dalla problematica propriamente causale: che riguarda l’analisi delle condizioni di verificabilità di un evento, soprattutto al fine di evitarne il verificarsi, evitandone le condizioni che possono esserne ritenute necessarie e sufficienti.

D’altro canto, la problematica del concorso di persone nel reato non può essere ridotta senz’altro a quella dell’organizzazione27: perché nel concorso di persone possono avere rilevanza condotte, di soggetti estranei al concerto, non preventivate né preventivabili, e tuttavia utili alla realizzazione del fatto:

la guardia giurata aiuta i rapinatori, salvo poi chiedere loro, successivamente, una parte del bottino (ma questo elemento non è ovviamente necessario a costituirne la responsabilità per il concorso); un qualsiasi individuo, che passa per caso, aiuta il violentatore invece che la vittima.

Il riferimento in tali casi alla nozione organizzativa mi pare eccessivo, esclusivo del punto di vista di chi fornisce il contributo. La nozione organizzativa (di tipo, come abbiamo visto, sociologico, economico) riguarda peculiarmente il coordinamento delle diverse attività.

La qualificazione del singolo contributo come ‘causale’ può essere intesa solo nel senso di ‘fare la differenza’ (v. per esempio Hart e Honoré: ‘make the difference’28), cioè della sua rilevanza rispetto all’assenza. Ma poi questa

‘rilevanza’ può essere argomentata utilmente (solo) in termini funzionali quantitativi, può essere quindi ‘misurata’ in termini ‘funzionali’. Influiscono,

27 Vedi in tal senso l’analisi di G. Insolera, Problemi di struttura del concorso di persone nel reato, Giuffrè, Milano 1986.

28 H.L.A. Hart, A.M. Honoré, Causation in the law, The Clarendon Press, Oxford 1959, II ed., 1985, rist. 2002.

(32)

cioè, come parametri di riferimento, non (non solo e non tanto) le leggi binarie della causalità, bensì quelle probabilistiche e complesse della teoria dell’organizzazione, quelle sociali, psicologiche, delle relazioni fra gli uomini, nonché le norme che disciplinano in concreto l’organizzazione in oggetto.

In concreto, ovviamente, il singolo contributo può essere determinante, rispetto alla verificazione dell’intero, ma ciò non vale in alcun senso a ritenere e utilizzare la causalità come criterio generale di riferimento e valutazione delle dinamiche collettive. Salvo che con la causalità si copra il lessico funzionalistico, ma questo genera grande e inutile confusione.

5. Teoria dell’organizzazione e figure delittuose associative. La problematica del concorso esterno

L’applicazione della teoria dell’organizzazione alle figure delittuose associative costituisce possibilità, e criteri, di argomentazione che possono contribuire a superare alcuni dei problemi di genericità e indeterminatezza, come di scarsa consistenza della prova.

La problematica dell’organizzazione, da un canto, non può essere ridotta a quella dell’accordo, dell’adesione formale. Sono le prassi che definiscono la dimensione organizzativa. Così la problematica del concorso di persone non può essere ridotta al momento intellettuale dell’accordo.

D’altro canto, l’analisi dell’organizzazione va condotta nei termini funzionalistici. Nella complessità dell’organizzazione, infatti, i nessi causali sbiadiscono e diventano pure irrilevanti.

L’organizzazione è costituita dalla effettività delle relazioni funzionali.

La nozione di organizzazione va tenuta distinta, perciò, dall’organigramma, che è la rappresentazione formale dei ruoli definiti nell’organizzazione, e possono in concreto non corrispondere alla effettività delle funzioni svolte.

Abbiamo detto che la nozione di funzione è caratterizzata dalla stabilità (almeno dell’analisi).

La partecipazione all’associazione può essere definita come la relazione funzionale stabile della persona con la struttura e quindi con l’attività illecita della associazione: tale relazione può dirsi caratterizzata dal dato di fatto che le prestazioni siano reciprocamente garantite e che le parti vi facciano perciò affidamento. L’attività dell’associazione può essere definita penalisticamente secondo le nozioni delittuose ordinarie: cui l’attività del singolo è correlata attraverso la mediazione costituita dalla struttura organizzativa stabile.

Riferimenti

Documenti correlati

L'ultimo caso giudiziario nel nostro Paese, in ordine temporale, è rappresentato dalla condanna per tentato omicidio della figlia da parte di un padre mussulmano

In un momento storico, come quello attuale, nel quale le categorie fondamentali del diritto penale liberale sembrano messe duramente alla prova dall’emergere, sia nel sentire sociale

contempla i fenomeni corruttivi intraUE, per i quali è prevista la san- zione punitiva anche a carico del pubblico ufficiale (concussione, peculato, corruzione passiva). La

Si invita a dare notizia di eventuali disdette della partecipazione (attraverso l’area Sfera) entro le ore 19:00 del giorno precedente all’evento (oltre tale termine è

attenuare la intollerabilità delle sofferenze; d) della esplicita autodeterminazione, li- bera e valida, del soggetto di procedere al suicidio assistito; e) della esecuzione in

permette l’epilogo estintivo a fronte dell’integrale riparazione (mediante le restituzioni o il risarcimento) del danno cagio- nato, nonché dell’eliminazione (eventuale, in

Questa Corte ha già avuto modo di affermare che: «In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per

E' vero invece il contrario ossia che, in tal caso, anche a fronte del materiale scioglimento dell'equipe, persiste l'obbligo di garanzia, che impone, quanto meno,