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Discrimen » Il valore del precedente e il carattere vincolante delle pronunce delle Sezioni unite

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Academic year: 2022

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I tinerari di D iritto P enale

Collana diretta da

E. Dolcini - G. Fiandaca - E. Musco - T. Padovani - F. Palazzo - F. Sgubbi Sezione Saggi

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sue prevedibili prospettive di sviluppo? Ipertrofia e diritto penale minimo, affermazione simbolica di valori ed efficienza utilitaristica, garantismo individuale e funzionalizzazione politico-criminale nella lotta alle forme di criminalità sistemica, personalismo ed esigenze collettive, sono soltanto alcune delle grandi alternative che l’attuale diritto penale della transizione si trova, oggi più di ieri, a dover affrontare e bilanciare.

Senza contare il riproporsi delle tematiche fondamentali rela- tive ai presupposti soggettivi della responsabilità penale, di cui appare necessario un ripensamento in una prospettiva integrata tra dogmatica e scienze empirico-sociali.

Gli itinerari della prassi divergono peraltro sempre più da quelli della dogmatica, prospettando un diritto penale “reale” che non è più neppure pallida eco del diritto penale iscritto nei principi e nella legge. Anche su questa frattura occorre interrogarsi, per analizzarne le cause e prospettarne i rimedi.

La collana intende raccogliere studi che, nella consapevo-

lezza di questa necessaria ricerca di nuove identità del diritto

penale, si propongano percorsi realistici di analisi, aperti anche

ad approcci interdisciplinari. In questo unitario intendimento di

fondo, la sezione Monografie accoglie quei contributi che guar-

dano alla trama degli itinerari del diritto penale con un più largo

giro d’orizzonte e dunque – forse – con una maggiore distanza

prospettica verso il passato e verso il futuro, mentre la sezione

Saggi accoglie lavori che si concentrano, con dimensioni neces-

sariamente contenute, su momenti attuali o incroci particolari

degli itinerari penalistici, per cogliere le loro più significative

spezzature, curvature e angolazioni, nelle quali trova espressione

il ricorrente trascorrere del “penale”.

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IL vALoRE dEL pRECEdENtE

E IL CARAttERE vINCoLANtE dELLE pRoNuNCE dELLE SEzIoNI uNItE

G. GIAppICHELLI EdItoRE – toRINo

(5)

vIA po, 21 - tEL. 011-81.53.111 - FAX 011-81.25.100 http://www.giappichelli.it

ISBN/EAN 978-88-921-2169-0

ISBN/EAN 978-88-921-9333-8 (ebook - pdf)

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Indice

pag.

Prefazione VII

Il valore del precedente e il carattere vincolante delle pronunce delle Sezioni Unite

1. Interpretazione e paradigmi interpretativi alla luce del rapporto

tra giudice e testo normativo 1

1.1. Lo spazio semantico, l’interpretazione sistematica e la scel-

ta ermeneutica 14

1.2. Il vincolo del giudice alla legge, il divieto di analogia e i

limiti dell’interpretazione estensiva 19 1.3. La discrezionalità dell’interprete e le difformità rispetto al-

l’ideal-tipo del giudice come «bocca della legge». Il magi-

strato ius dicente 27 2. L’erosione del principio di legalità, la supplenza giudiziaria e la

necessità di un “rinnovamento”. 32

2.1. Funzione nomofilattica della Cassazione e crisi del princi- pio di legalità: da Giudice di legittimità a Giudice del (qua-

si) merito? 40

2.1.1. Uno sguardo alla nomofilachia in Germania 50 3. Dall’interpretazione conforme alla logica del precedente 54

3.1. Il precedente giudiziario: origine e caratteristiche. Prece-

dente vincolante vs precedente persuasivo 62 3.1.1. Il precedente nell’esperienza anglosassone e statuni-

tense 69 3.1.2. Precedente giudiziario e Sezioni Unite. Il problema

della “vincolatività” 75

3.2. Il principio di diritto e il precedente: due realtà a confronto 85 4. Il carattere vincolante della giurisprudenza di legittimità a Se-

zioni Unite 88

4.1. L’approccio dicotomico del giudice e i “casi-norma”. Dal diritto giurisprudenziale “fisiologico” al diritto giurispru-

denziale illegittimo 94

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4.2. La natura vincolante del principio di diritto enunciato

dalle Sezioni Unite nella riforma Orlando 97 4.3. L’art. 618, comma 1 bis, c.p.p. Aspetti critici e prime appli-

cazioni 101 4.4. Una questione irrisolta: quando le Sezioni semplici non si

uniformano al principio di diritto 108 5. Crisi del parlamentarismo e giurisprudenza “creativa” 114

6. Una prospettiva di riforma 118

Bibliografia 125

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Prefazione

Il presente lavoro si prefigge lo scopo di analizzare le difficoltà che oggi, più che mai, la giurisprudenza di legittimità incontra nell’eserci- zio interpretativo, in presenza di una legislazione ormai assente, quanto a chiarezza e precisione, e alla necessità di fare fronte alle quotidiane esigenze ermeneutiche, con precipuo riferimento all’utiliz- zo di “fonti normative alternative” di “natura giurisprudenziale”.

L’approfondimento avrà, in particolare, a oggetto lo specifico am- bito delle sentenze emesse dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite e il relativo carattere vincolante nei confronti delle sezioni semplici e delle sezioni di merito, anche con riferimento all’utilizzo, ormai nella prassi sedimentato, del c.d. “precedente giudiziario”.

In un’ottica de lege ferenda, poi, si cercherà di prospettare soluzioni tese a sintetizzare le esigenze di garanzia con la necessità di una inter- pretazione dinamica e pragmaticamente orientata.

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Il valore del precedente e il carattere vincolante delle pronunce delle Sezioni Unite

SOMMARIO: 1. Interpretazione e paradigmi interpretativi alla luce del rapporto tra giudice e testo normativo. – 1.1. Lo spazio semantico, l’interpretazione sistemati- ca e la scelta ermeneutica. – 1.2. Il vincolo del giudice alla legge, il divieto di ana- logia e i limiti dell’interpretazione estensiva. – 1.3. La discrezionalità dell’inter- prete e le difformità rispetto all’ideal-tipo del giudice come «bocca della legge». Il magistrato ius dicente. – 2. L’erosione del principio di legalità, la supplenza giu- diziaria e la necessità di un “rinnovamento”. – 2.1. Funzione nomofilattica della Corte di Cassazione e crisi del principio di legalità: da Giudice di legittimità a Giudice del (quasi) merito? – 2.1.1. Uno sguardo alla nomofilachia in Germania.

– 3. Dall’interpretazione conforme alla logica del precedente. – 3.1. Il precedente giudiziario: origine e caratteristiche. Precedente vincolante vs precedente per- suasivo. – 3.1.1. Il precedente nell’esperienza anglosassone e statunitense. – 3.1.2.

Precedente giudiziario e Sezioni Unite. Il problema della “vincolatività”. – 3.2. Il principio di diritto e il precedente: due realtà a confronto. – 4. Il carattere vinco- lante della giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite. – 4.1. L’approccio dico- tomico del giudice e i “casi-norma”. Dal diritto giurisprudenziale “fisiologico” al diritto giurisprudenziale illegittimo. – 4.2. La natura vincolante del principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite nella riforma Orlando. – 4.3. L’art. 618, comma 1 bis, c.p.p. Aspetti critici e prime applicazioni. – 4.4. Una questione irri- solta: quando le Sezioni semplici non si uniformano al principio di diritto. – 5.

Crisi del parlamentarismo e giurisprudenza “

1. Interpretazione e paradigmi interpretativi alla luce del rap- porto tra giudice e testo normativo

È passato un mondo da quando il Code Napoléon prevedeva come reato “l’interpretazione della legge” 1. Oggi l’interpretazione è fisiolo-

1 APRATI, Il “protocollo” dell’interpretazione convenzionalmente orientata, in Cass.

pen., 2015, 3902.

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gicamente collegata all’applicazione della norma nella sua fase attua- tiva 2.

2 In tema si vedaBARBERIS,Il sacro testo. L’interpretazione giuridica fa ermeneu- tica e pragmatica, in Ars interpretandi, 1999, 282 ss.; BIANCHI,La dipendenza conte- stuale. Per una teoria pragmatica del significato, Napoli, 2001, 118 ss.; BETTI, In- terpretazione della legge e degli atti giuridici, Milano, 1943, 3 ss., 92 e 107; ID., Teoria generale dell’interpretazione, Milano, 1990, 20 ss.; BIGLIAZZI GERI, L’interpretazione, Milano, 1994, 4; CHIASSONI, Tecnica dell’interpretazione giuridica, Bologna, 2007, 60 ss.; CASTIGNONE,GUASTINI,TARELLO, Introduzione teorica allo studio del diritto.

Prime lezioni, IV lez., Genova, 1984, 10 ss.; CHIASSONI, Tecnica dell’interpretazione giuridica, Bologna, 2007, 50 ss.; GUASTINI,Problemi di teoria del diritto, Bologna, 1980, 10 ss.; ID.,Lezioni sul linguaggio giuridico, Torino, 1985, 99 ss.; ID., In tema di conoscenza del diritto, in Foro it., 1987, 376 ss.; ID., Le fonti del diritto e l’interpre- tazione, in Trattato di diritto privato, (a cura di) Iudica, Zatti, Milano, 1993, 10 ss.;

ID., Dalle fonti alle norme, Torino, 19922, 20 ss.; ID., Due esercizi di non-cogni- tivismo, in Analisi e diritto 1999. Ricerche di giurisprudenza analitica, (a cura di) Comanducci, Guastini, Torino, 2000, 123 ss.; ID., L’interpretazione dei documenti normativi, Milano, 2004, 50 ss., ID., Nuovi studi sull’interpretazione, Roma, 2008, 56 ss.; IRTI, Il mondo e lo sguardo giuridificante, in ID., Un diritto incalcolabile, To- rino, 2016, 198; JORI,PINTORE, Manuale di teoria generale del diritto, Torino, 1995, 119 ss.; LUZZATI, Del giurista interprete. Linguaggio, tecniche, dottrine, Torino, 2016, 135 ss.; MODUGNO, Interpretazione giuridica, Milano, 20153, 10 ss.; PAOLUCCI, Strutturalismo e interpretazione, Milano, 2010, 204 ss.; MUFFATO, La semantica del- le norme. Il neustico da Hare a Tarello, Genova, 2007, 111 ss.; PATTARO, Il realismo giuridico scandinavo. I: Axel Hägerström, Bologna, 1974, 32 ss.; SANTI ROMANO, Osservazioni sulla completezza dell’ordinamento statale, 1925, ora in ID., Scritti mi- nori, Milano, 1950, 449 ss.; ID., L’ordinamento giuridico, 19462, ora in ID., L’“ultimo” Santi Romano, Milano, 2013, 11; ID., Interpretazione evolutiva, 1947, ora in ID., L’“ultimo Santi Romano, cit., 195 ss.; ID., Diritto (funzione del), 1947, ora in ID., L’“ultimo’ Santi Romano, cit., 671 ss.; TARELLO, Diritto, enunciati, usi, Bolo- gna, 1974, 146 ss.; ID., L’interpretazione della legge, Milano, 1980, 9 ss.; TREVES, Considerazioni sulla teoria sociologica del diritto di Santi Romano, in Le dottrine giuridiche di oggi e l’insegnamento di Santi Romano, (a cura di) Biscaretti di Ruffia, Milano, 1977, 266 ss.; VELLUZZI, Significato letterale e interpretazione del diritto, Torino, 20002, 40 ss.; VILLA, Il positivismo giuridico. Metodi, teorie e giudizi di valo- re, Torino, 2004, 79 ss.; VIOLA,ZACCARIA, Diritto e interpretazione. Lineamenti di ermeneutica del diritto, Roma-Bari, 1999, 70 ss.; ID., L’arte dell’interpretazione. Sag- gi sull’ermeneutica giuridica contemporanea, Padova, 1990, 12 ss.; e nella letteratu- ra straniera BAKER,HACKER, Language, Sense and Nonsense. A critical Investiga- tion into Modern theories of Language, Oxford, 1984, 95 ss.; CASSIRIER, Axel Häger- ström. Uno studio sulla filosofia svedese del presente, (a cura di) De Biase, Papa, Roma, 2017, 54 ss.; CALVO GONZÀLEZ, Comunidad jurídica y experiencia interpreta- tiva. Un modelo de juego intertextual para el derecho, Barcelona 1992, 20 ss.; DUM- METT, Seas of Language, Oxford, 1993, 122 ss.; ESSER, Grundsatz und Norm in der richterlichen Fortbildung des Privatrecht, Tübingen 1956, 14 ss.; GRICE, Studies in the Ways of Words, Harvard, 1989, 25 ss. Di fondamentale importanza l’apporto alla materia del realismo giuridico svedese che ha visto come massimi esponenti:

 

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Partiamo dall’etimologia. Il sostantivo «interpretazione» deriva dal latino interpretatio e significa, nel senso letterale del termine e nel più specifico ambito giuridico, applicazione del precetto legislativo al ca- so concreto, previo chiarimento delle oscurità e integrazione delle la- cune contenute nella legge; in senso “improprio”, invece, l’interpreta- zione è l’attività ermeneutico-esplicativa del potere legislativo (c. d. i.

autentica), consistente in una legge emessa a chiarimento di una norma legislativa precedente, con qualificazione diversa in ragione dei suoi effetti (c.d. i. restrittiva, estensiva).

Più nello specifico, secondo l’orientamento tradizionale, in seno al- l’‘interpretazione 3 – «invenzione di una disciplina già esistente» 4 – delle leggi penali è possibile operare un primo distinguo in relazione alla fonte dalla quale promana: l’“interpretazione autentica”, l’“inter-

HÄGERSTRÖM, Kants Ethik im Verhältnis zu seinen erkenntnistheoretischen Grund- gedanken systematisch dargestellt, Uppsala e Leipzig, 1902, 5 ss.; ID., Stat och rätt.

Ein rättfilosofisk undersökning, Uppsala, 1904, 20 ss.; ID., Das Prinzip der Wissen- schaft. Eine logischerkenntistheoretsche Untersuchung, I, Die Realität, Skrifter utgivna av. K. Humanistika Vetenskap Samfundet i Uppsala XIII, 3, Uppsala, 1908, 15 ss.; ID., Die Philosophie der Gegenwart in Selbstdarstellungen, Leipzig, 1929,10 ss.; ID., Vergleich zwischen den Kraftvorstellungen der Primitiven und der modernen Naturvölker. Zugleich ein Beitrag zur Psychologie der Magie, Festskrift Grotenfelt, 1933, 22 ss.; ID., «Social teleologi i Marxismen», Univ. Årsskrift, Uppsala, 1909, 32 ss.; LUNDSTEDT, Föreläsningar över valda delar av obligationsrätten. I. Principin- ledning. Kritik av straffrättens grundåskådningar, Uppsala, 1920, 25 ss.; ID., Legal thinking revised, My views on law, Stockholm, 1956, 5 ss.; ID., Hågkomster från förräderimålet in Festskrift för Zeth Höglund, Stockholm, 1944, 101; ROSS, A text- book of international law: general part, London, 1947, 31 ss.; ID., Diritto e giustizia, (a cura di) Gavazzi, Milano, 2001, 5 ss.; ID., Democrazia, potere, e diritto. Contributi al dibattito odierno, (a cura di) Serpe, Torino, 2016, 18 ss. In tema di interpreta- zione si veda peraltro: HART, Il concetto del diritto, (a cura di) Cattaneo, Torino, 2002, 20 ss.; KELSEN, Reine Rechtslehre, 1934, trad. it. (a cura di) TREVES, Linea- menti di dottrina pura del diritto, Torino, 1952, 120 ss.; MACCORMICK, Ragionamen- to giuridico e teoria del diritto, 1978, (a cura di) Villa, Torino, 2001, 12 ss.; MAR- MOR, Interpretation and Legal Theory, Oxford, 1992, 12 ss.; MORRISON, Excursions into the Nature of Legal Language, in Cleveland State Law Review, 37, 1989, 271 ss., PEIRCE, Collected Papers of Charles Sanders Peirce, Cambridge, 1931-19356, I, 541 ss.;

RORTY, Metaphilosophical Difficulties of Linguistic Philosophy, Introduction, in The Linguistic Turn. Recent. Essays in Philosophical Metod, Chicago-London, 1967, 7 ss.;

SEARLE, Expression and Meaning. Studies in Theory and Pragmatics, Dordrect, 1980, 221 ss.; WILLIAMS, La controversia a proposito della parola “diritto”, 1945, trad. it. (a cura di)SCARPELLI, Diritto e analisi del linguaggio, Milano, 1976, 10 ss.

3 Ex multis FIANDACA,MUSCO, Diritto penale, Parte generale, Bologna, 20147, 123 ss.

4 DI GIOVINE, «Salti mentali» (analogia e interpretazione nel diritto penale), in Questione giust., Riv. trim., 2018, 4, 1.

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pretazione ufficiale”, l’“interpretazione giudiziale” e l’“interpretazione dottrinale”. La prima è quella fornita dallo stesso organo da cui è ori- ginata la norma oggetto di interpretazione; la seconda si sostanzia nell’attività ermeneutica posta in essere dai pubblici funzionari dello Stato in seno alle competenze istituzionali; l’interpretazione giudiziale è quella esercitata dal giudice nella propria attività; l’interpretazione dottrinale è quella posta in essere dagli studiosi di diritto nelle opere di dottrina. Di particolare interesse, ai fini del presente lavoro, è una nozione di natura più strettamente filosofico-antropologica, c.d. defi- nizione “concettuale” di interpretazione 5, particolarmente adeguata ai casi in cui il definendum sia costituito da «nozioni strutturalmente aperte alla discussione e suscettibili di essere ricostruite in modi affat- to diversi, tutti supportati da “buoni argomenti”» 6, i c.d. essentially contested concepts 7. Muovendo da questa impostazione, sono state innanzitutto distinte «tre grandi concezioni dell’interpretazione giuri- dica» 8, affermatesi storicamente a partire dagli inizi del secolo XIX, per poi elaborare la c.d. “teoria dell’interpretazione pragmaticamente orientata”, fondata su una relazione concettuale tra interpretazione e significato, una relazione biunivoca 9 in cui l’uno dei termini richiama necessariamente l’altro: «non si può, insomma, pensare alla nozione di significato se non attraverso la nozione di interpretazione, e vice- versa» 10.

Il concetto generale di interpretazione, così inteso, si sostanzia dunque nell’attribuire un significato a qualsiasi oggetto all’interno del quale opera l’interpretazione giuridica: in senso ampio, è costituita dall’interpretazione di un’attività giuridica (“interpretazione nel dirit- to”); in senso più ristretto, dall’attività interpretativa di testi giuridici (“interpretazione del diritto”), un’«attività – questa – che consiste nel determinare il significato di una disposizione (la componente – base di ogni testo giuridico) ricavando da essa una o più norme esplicite,

5 Per un maggiore approfondimento di detta teoria si veda VILLA, in Ragione pratica, 2010, 2, 11, che è colui che l’ha ideata.

6 VILLA, in Ragione pratica, 2010, 2, 17.

7 GALLIE, Essentially contested concepts, in Proceedings of the Aristotelian Socie- ty, LVI, 1955-1956, 167-198.

8 VILLA, in Ragione pratica, 2010, 2, 17.

9 Si veda in proposito BACKER,HACKER, Language, Sense and Nonsense. A Criti- cal Investigation into Modern Theories of Language, Oxford, 1984, 95-115.

10 VILLA, in Ragione pratica, 2010, 2, 17, secondo cui: «non si può, insomma, pensare alla nozione di significato se non attraverso la nozione di interpretazione, e viceversa».

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accreditate come sue interpretazioni giuridicamente corrette» 11. Secondo tale elaborazione, quando i giudici, in assenza di una di- sposizione esplicita, creano “nuovo diritto” o danno vita a norme im- plicite, cioè quando non hanno ab origine una disposizione di riferi- mento, non opererebbero una interpretazione giuridica poiché si al- lontanerebbero dal suo perimetro. Tale costruzione si ispira alla filo- sofia analitica del linguaggio ordinario, secondo cui lo stesso deve es- sere lasciato così come è, il che, da un punto di vista giuridico, signi- fica interpretare nei limiti del contenuto ricavabile dalla norma, senza estensioni ulteriori.

Nell’ultima parte di questo schema ricostruttivo, vengono enuncia le tre macro teorie sviluppatesi a partire dal XIX secolo, e cioè il c.d.

“formalismo interpretativo”, in virtù del quale l’interprete deve atte- nersi al significato preesistente della norma, decontestualizzandolo da qualsiasi ambito applicativo; l’“antiformalismo interpretativo”, che, invece, dà vita a un nuovo significato della norma in relazione al con- testo di applicazione, così che il testo non rappresenta un vincolo for- te per l’interprete; e, infine, le c.d. teorie ellittiche 12. Queste ultime cercano di mediare tra il formalismo e l’antiformalismo interpretati- vo, dunque tra scoperta e creazione, ma in un’ottica di alterità: «l’in- terpretazione scopre significati nei casi facili – mentre – crea nuovi significati nei casi difficili» 13. Tutte queste impostazioni, però, hanno in comune una visione statica del significato attribuibile alla norma, mentre per l’elaborazione concettuale dell’interpretazione, il significa- to necessita di essere inteso in senso “dinamico”, come esito di un processo applicativo a più fasi. Una ricostruzione perfettamente ri- spondente ai tempi odierni in cui il legislatore lascia ampi spazi alla discrezionalità del giudice, così che non è possibile pensare a un’in- terpretazione che esuli totalmente dal contesto applicativo di riferi- mento. Laddove, invece, un’interpretazione “statica”, nel senso anzi- detto, implicherebbe una mancata contestualizzazione all’attuale sta- to legislativo nonché un ampio discostamento dal concetto di inter- pretazione come scoperta e creazione 14, oltre che estendere i già am- plissimi margini della discrezionalità. Ricostruire il significato della norma in una dimensione dinamica, pertanto, significa riconoscere

11 Ibidem nonché CHIASSONI, Tecnica dell’interpretazione giuridica, Bologna, 2007, 50.

12 HART, Il concetto di diritto, (a cura di) Cattaneo, Milano, 2002, VIII, 25 ss.

13 VILLA, in Ragione pratica, 2010, 2, 27.

14 Così come teorizzato da DWORKIN, A matter of principle, Cambridge, 1985, 146, 147.

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che detto significato «tende a specificarsi progressivamente, man ma- no che entra a contatto con situazioni applicative concrete (nel caso del giudice), o con situazioni applicative-tipo (nel caso del giuri- sta)» 15, in modo tale da pervenire a quello che Villa definisce un “mo- nismo sequenziale”: l’interpretazione si specifica in un processo mul- tifasico che resta, però, sostanzialmente unitario. Secondo tale Auto- re, infatti, una teoria dell’interpretazione giuridica per essere adegua- ta dal punto di vista semantico deve essere appropriata anche da un punto di vista contestuale; tale interpretazione non può, quindi, esu- lare dal suo ambito di applicazione e non avere riguardo alle difficoltà oggettive che i giudici incontrano nell’attuazione della norma, poiché solo in tal modo è possibile limitare la loro discrezionalità e perime- trarne i relativi confini. Operando diversamente si rischia di non com- prendere appieno proprio il senso dell’interpretazione giuridica, la sua portata concreta, e il ruolo assolto dal giudice nell’ordinamento 16.

La “teoria dell’interpretazione pragmaticamente orientata”, dun- que, costituisce una buona premessa dalla quale partire per appro- fondire le difficoltà dell’interpretazione giuridica in senso lato e nel più specifico ambito odierno, connotato da una crisi delle fonti nor- mative, parametro pur sempre irrinunciabile e limite intrinseco della discrezionalità interpretativa. Essa tiene, infatti, nella dovuta conside- razione il fatto che l’interpretazione giuridica non va “trattata” come un parametro astratto, perché la norma necessita di essere attuata, e solo ponendo risalto alle molteplici difficoltà applicative è possibile porre rimedio all’opera di un legislatore per lo più distratto e a un giudice che a volte subisce tali distrazioni, ma a volte “ne approfitta”.

L’ermeneutica giuridica è comunque, evidentemente, un’operazio- ne di estrema complessità, che si acuisce nell’ambito del diritto penale sia in ragione del canone della extrema ratio 17 sia di quello della tassa- tività. Non a caso il legislatore moderno pone limiti a un’ermeneutica giudiziaria totalmente arbitraria, laddove il nullum crimen sine lege – che nasce «quale primo, indispensabile, strumento per consentire alla società di uscire dalle fosche nebbie dello strapotere del sovrano; di

15 VILLA, Una teoria pragmaticamente orientata dell’interpretazione giuridica, in Ragione pratica, 2010, 2, 30.

16 VILLA, Una teoria pragmaticamente orientata dell’interpretazione giuridica, cit., 34, che sottolinea: «non si danno mai espressioni e affermazioni completamente acontestuali; senza contesti di riferimento e atti di uso del linguaggio le parole che pronunciamo e che scriviamo rimangono completamente inerti».

17 Per un commento recente si veda PALIERO, Extrema ratio: una favola raccon- tata a veglia?, in Riv. it., 2018, 1447.

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svincolarsi dal dominio imprevedibile dei giudici dell’Ancien régime» 18 –, imponendo al legislatore una formulazione precisa delle fattispecie incriminatrici e delle relative sanzioni, nonché al giudice un’applica- zione tassativa della norma così come tipizzata, assolvendo così alla specifica funzione di evitare gli abusi del potere giudiziario nell’attivi- tà interpretativa 19 e, in chiave teleologica, a implementare il bilancia- mento dei poteri. In questa prospettiva, il divieto di analogia preclude l’estensione a un caso non regolato di una norma che ha a oggetto ca- si simili o materie analoghe, così che la necessaria predeterminazione legale del fatto tipico venga rispettata, impedendo l’introduzione nel sistema di norme non elaborate dal legislatore.

L’interpretazione delle norme penali 20, indissolubilmente legata, dunque, al principio di legalità, è attività conoscitiva di natura stru- mentale, “a discrezionalità vincolata”, circa il senso da attribuire a una determinata disposizione, e che – per cogenti limiti di legalità –

18 AMARELLI, Dalla legolatria alla post-legalità: eclissi o rinnovamento di un prin- cipio?, in Riv. it., 2018, 1406. Si veda anche al riguardo.

19 In tema si veda: BRICOLA, BRICOLA, Legalità e crisi: l’art. 25, commi 2 e 3, della Costituzione rivisitato alla fine degli anni ’70 in «Questione criminale», 1980, 179.; PALAZZO, in AA.VV., Diritto penale e giurisprudenza costituzionale, Vassalli (a cura di), Napo- li, 2006, 49 ss.; LICCI, Ragionevolezza e significatività come parametri di determina- tezza della norma penale, Milano, 1989, 1 ss.; RONCO, Il principio di tipicità della fattispecie penale nell’ordinamento vigente, Torino, 1979, 1 ss.; SPASARI, Appunti sulla discrezionalità del giudice penale, in Riv. it., 1976, 50. E per una più ampia trattazione ex multis: AMBROSETTI, Il rapporto fra legalità e giustizia: l’eterno ritorno della formula di Radbruch, in Scritti in onore di Mauro Ronco, (a cura di) Ambro- setti, Torino, 2017, 18 ss.; BOBBIO, Analogia, in Noviss. dig. it., Torino, 1957, I, 607 ss.; COCCO, AMBROSETTI,Manuale di diritto penale, Parte generale, Padova, 2013, 97 ss.; ID., Trattato di diritto penale, Parte generale, La legge penale, Milano, 2016, I, 90 ss.; GROSSO,PELLISSERO,PETRINI,PISA, Manuale di diritto penale, Milano, 20172, 50 ss.; MANNA, in Trattato di diritto penale, Parte generale, (a cura di) Cadoppi, Ca- nestrari, Manna, Papa, Torino, 2014, III, 63 ss.; ID., Introduzione generale al Con- vegno su: “Il principio di stretta legalità tra giurisprudenza nazionale e comunitaria”, in Il problema dell’interpretazione nella giustizia penale, Pisa, 2016, 9 ss.; ID., Il lato oscuro del diritto penale, Pisa, 2017, 15 ss.; MORSELLI, Analogia e fattispecie penale, in Ind. pen., 1990, 505; PALAZZO, Testo, contesto e sistema nell’interpretazione pena- listica, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, (a cura di) Dolcini, Paliero, Milano, 2006, I, 515-538; VASSALLI, voce Analogia nel diritto penale, in Dig. disc. pen., Tori- no, 1987, I, 158 ss.; VOGLIOTTI, Dove passa il confine? Sul divieto di analogia in ma- teria penale, Torino, 2011, 1 ss.; ZACCARIA, L’analogia come ragionamento giuridico, in Riv. it., 1989, 1535.

20 SACCO, Concetto di interpretazione nel diritto, Torino, 2004, 1 ss.; DI GIOVINE, L’interpretazione nel diritto penale, Milano, 2006, 1 ss.; MANNA, Il problema dell’in- terpretazione nella giustizia penale, Convegno PRIN 2010-11, Pisa Press, 2016, 1 ss.

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deve avere a oggetto norme descritte in modo chiaro, preciso e tassa- tivo. Cosa che oggi, tuttavia, frequentemente non accade.

Le fattispecie penali si sono moltiplicate, sono elaborate in modo approssimativo, poco chiaro, non di rado ispirate a mere esigenze di opportunità mediatica o elettorale; la “sciatteria” legislativa 21, partico- larmente acuitasi a partire dagli anni ’90, ha messo in crisi il principio di legalità e onerato la prassi di un ruolo che la Costituzione, di certo, non le aveva attribuito.

Nell’applicare la norma 22, il giudice si trova di fronte alla necessità di allineare un’operazione – pur sempre – discrezionale con i principi costituzionali, in virtù di uno schema declinabile secondo diverse op- zioni: una “legalistica”, una più propriamente “prammatica”, una “te- leologica/tipologica”. La prima, di matrice illuministica, che individua nella legge la fonte del diritto e nell’interpretazione una “mera applica- zione” della legge, si fonda su tre pilastri 23; il primo muove dalla pre- messa che il legislatore, in un sistema democratico, in quanto e- spressione del corpo sociale ne costituisce strumento di tutela, diver- samente dal giudice e dal potere esecutivo che invece ne possono costi- tuire una minaccia; garanzia e legittimazione democratica investono il legislatore di un “potere buono”, laddove l’assenza di tale legittimazione può invece dar luogo ad abusi idonei a ledere i diritti del cittadino.

21 JORI, Scarpelli sul metodo giuridico, in Notizie di politeia, 2004, 103, per il quale: «l’attività interpretativa è opera ardua e la fedeltà alla legge è un obiettivo limite che richiede difficili sforzi…che richiede consapevolezza di come funzioni il linguaggio giuridico ... che richiede un legislatore che sappia e voglia legiferare in linguaggio rigoroso».

22 FIANDACA,MUSCO, Diritto penale, Parte generale, cit., 124.

23 In tal senso si veda GIUNTA, La legittimazione del giudice penale tra vincolo di soggezione alla legge e obbligo di motivazione, in Giust. pen., 2011, 259; ID., Rileg- gendo Norberto Bobbio “L’analogia nella logica del diritto”, in Criminalia, 2007, 447;

INSOLERA, Qualche riflessione e una domanda sulla legalità penale nell’epoca dei giudici”, in Riv. it., 2012, 285; ID., Dogmatica e orientamento della giurisprudenza, in Dir. pen. cont., 25 ottobre 2013, 1 ss.; MARINUCCI, L’analogia e la “punibilità svincolata dalla conformità alla fattispecie penale”, in Riv. it., 2007, 1254 ss.; MAZ- ZACUVA, A proposito della “interpretazione creativa” in materia penale: nuova “garan- zia” o rinnovata violazione dei principi fondamentali, in AA.VV., Studi in onore di G.

Marinucci, (a cura di) Dolcini, Paliero, Milano, 2006, I, 437; MUSCO, L’illusione pe- nalistica, Milano, 2004, 71 ss.; RAMPIONI, “In nome della legge” (ovvero considera- zioni a proposito di interpretazione creativa), in Cass. pen., 2004, 310 ss.; ID., Dalla parte degli ingenui: considerazioni in tema di tipicità, offesa e c.d. giurisprudenza creativa, Padova, 2007, 15 ss.; ID., Il reato quale illecito di modalità e di lesioni tipi- che: l’impraticabilità di un “equivalente funzionale” al principio di riserva di legge, in Riv. it., 2013, 552 ss.

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La potestà punitiva in mano pubblica può rivelarsi dunque “liber- ticida”, motivo per il quale il potere giudiziario, in quanto privo di in- vestitura popolare, non deve valicare i limiti posti dalla legge. Il se- condo di tali pilastri, strettamente connesso al primo, si fonda sul presupposto che la democrazia e la legge sono strumenti di esercizio della sovranità 24. Il terzo si sostanzia nello strumento atto a realizzare la piena tutela di tale equilibrio, ed è da individuarsi nella divisione dei poteri che, se «letta in chiave “prescrittiva” … determina addirit- tura una gerarchia tra – gli stessi –: mentre il legislatore ha il primato, il giudice e potere esecutivo si trovano in una posizione di sostanziale subalternità dovendo svolgere una funzione di applicazione/esecuzio- ne pressoché automatica della legge: e non è un caso che “il giudice sia subordinato – proprio – alla legge» 25.

Il paradigma legalista, dunque, nel senso inteso, mira a limitare l’attività interpretativa del giudice e a far sostanzialmente coincidere la formulazione con l’interpretazione e con la relativa applicazione della norma, così che l’interprete deve essere il più possibile fedele ai termini utilizzati dal legislatore in sede di tipizzazione. In questo qua- dro, «il criterio per valutare la determinatezza è essenzialmente lin- guistico e riguarda la singola espressione in sé e per sé considerata e l’esigenza di determinatezza si considera soddisfatta nel momento in cui la singola locuzione risulta avere un significato sufficientemente unico, nel senso che risulta il meno interpretabile possibile» 26. Anche l’interpretazione, però, viene da questa ricostruzione intesa in termini di vincolatività linguistica, così rigorosa da problematizzare l’interpre- tazione estensiva, riducendo lo spazio ermeneutico ottimale al nucleo centrale dell’area semantica. Ma questo nucleo centrale, una volta ca-

24 BARTOLI, Lettera, precedente, scopo. Tre paradigmi interpretativi a confronto, cit., 1770, che afferma: «la scelta di criminalizzazione compete al legislatore per- ché esprime una volontà che si radica nel popolo; gli altri poteri, invece, devono limitarsi ad applicare e attuare le scelte del legislatore e quindi ogni loro eventuale distacco dalla legge finisce per rappresentare una scelta arbitraria del tutto priva di legittimazione e che, proprio perché divergente dalla legge, contraddice la stes- sa volontà del popolo espressa dalla legge».

25 BARTOLI, Lettera, precedente, scopo. Tre paradigmi interpretativi a confronto, cit., 1770, che puntualizza: «Se letta in chiave “più ricognitiva”, preso atto che l’in- tervento di un giudice in sede applicativa è nella sostanza inevitabile proprio al fine di evitare un accentramento dei poteri, la separazione dei poteri finisce per essere garantita proprio dalla stessa legge che diviene lo strumento imprescindibi- le di ripartizione della competenza tra poteri».

26 BARTOLI, Lettera, precedente, scopo. Tre paradigmi interpretativi a confronto, cit., 1771.

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lato nella realtà interpretativa, rischia di essere “contestato” 27; occorre pertanto fare concessioni a un’interpretazione estensiva data per am- missibile, per quanto non auspicabile perché collocata nel margine periferico della semantica, ponendo al contrario come assolutamente inammissibile l’analogia 28. La finalità del paradigma legale, dunque, è proprio quello di prescindere dai rischi sottesi al momento applicati- vo della norma.

Il paradigma prammatico (o giurisprudenziale), al contrario rico- nosce il primato del giudice sul legislatore e si concentra sui risultati prodotti dall’attività ermeneutica. Il «sostanzialismo di questa conce- zione non esclude ovviamente il ruolo centrale della legge come prin- cipale indicatore in senso normativo», ma postula che quest’ultimo possa essere compiutamente raggiunto – almeno in presenza di casi complessi – «solo interrogando il fatto storico che stimola quell’opera- zione valutativa ispirata al criterio di valore espresso dalla legge, ma impossibile senza un’apertura e una verifica condotta sul banco dell’e- sperienza sociale» 29. Secondo il paradigma giurisprudenziale, perciò, i principi penalistici di derivazione illuministico-liberale, a causa della metamorfosi socio-politica degli ultimi tempi, non regolano più i rap- porti tra legislatore e giudice, bensì tra legge interpretata e cittadino:

«fondamentale diviene che l’interpretazione, la decisione del caso concreto, sia ragionevolmente prevedibile» 30. Ciò comporta che la funzione del principio di determinatezza diviene quella di garantire che l’imputato non venga sorpreso da punizioni che nessuno uomo ra- gionevole poteva prevedere 31, e che il divieto di analogia deve mirare a tutelare la libertà di autodeterminazione del singolo: l’interpretazione concreta, per questo paradigma, deve essere prevedibile. La necessità di una interpretazione prevedibile mira a ridurre l’indeterminatezza della norma. Ma quel che più rileva in questa sede è che, per il para- digma giurisprudenziale, il controllo della discrezionalità del giudice si otterrebbe mediante il vincolo alla decisione precedente: «la ragio-

27 Ibidem.

28 Questo profilo verrà trattato più ampiamente nel par. 1.2.

29 PALAZZO, Regole e prassi nell’interpretazione penalistica nell’attuale momento storico, in Diritto privato, 2001-2001, VII-VIII, L’interpretazione del giurista, Pado- va, 2003, 522.

30 BARTOLI, Lettera, precedente, scopo. Tre paradigmi interpretativi a confronto, cit., 1775, secondo cui si tratta, nello specifico, della “legalità europea” consolidata dalla giurisprudenza eurounitaria in tema di art. 7 Cedu.

31 HASSEMER, Diritto giusto attraverso un linguaggio corretto? Sul divieto di ana- logia nel diritto penale, in Ars interpretandi, 1997, 186.

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nevole prevedibilità della decisione è minata soprattutto dai contrasti giurisprudenziali, mentre è garantita dalla presenza di orientamenti uniformi e stabili, con la conseguenza che alcuni precedenti partico- larmente qualificati devono possedere un certo grado di vincolatività sulle pronunce successive» 32. Di questo si parlerà approfonditamente nel prosieguo del presente lavoro 33.

Nel modello teleologico-tipologico, infine, soluzione intermedia tra il paradigma legale e quello giurisprudenziale, viene valutato positi- vamente il ruolo di garanzia dei giudici, nella piena consapevolezza che i rapporti tra legalità e determinatezza ineriscono proprio ai rap- porti tra legislatore e giudice. Viene criticata, invece, la riconduzione della legalità, sub specie della determinatezza, alla mera prevedibilità delle decisioni in quanto tale modello, «avendo come conseguenza ul- tima quella di interdire qualsiasi estensione interpretativa in virtù del suo effetto retroattivo, nasconde dietro un riferimento alla colpevo- lezza e alla irretroattività» 34. In realtà, il concetto di legalità come prevedibilità è stato elaborato in seno alla giurisprudenza della Corte Edu, giurisprudenza spiccatamente “concreta”, posta a tutela dei di- ritti dell’uomo, e non “astratta”, posta cioè a tutela della legittimità del- le leggi 35.

Secondo il paradigma teleologico, poi, più che di separazione di poteri, sarebbe opportuno parlare di un loro bilanciamento, sul pre- supposto che una pluralità di poteri concorre a produrre il diritto pe- nale, sicché il contributo di uno serve a bilanciare l’apporto dell’altro.

Tale paradigma rimarca l’importanza della norma formulata dal legi- slatore quale fonte scritta della sua volontà che non deve essere stra- volta dall’interpretazione del giudice, perché in tal modo verrebbe ne- gato proprio il ruolo del legislatore e la relativa funzione costituziona- le. Fondamentale, allora, diventa lo scopo della norma e la sua attua- zione da parte del giudice in sede applicativa: «obiettivo diviene la punizione attraverso una determinata fattispecie capace di coprire i

32 BARTOLI, Lettera, precedente, scopo. Tre paradigmi interpretativi a confronto, cit., 1776, che a sua volta riprende il pensiero di CADOPPI, Il valore del precedente nel diritto penale. Uno studio sulla dimensione in action della legalità, Torino, 2014, 14 ss.; ID., Riflessioni sul valore del precedente nel diritto penale italiano, in AA.VV., Interpretazione e precedente giudiziale in diritto penale, (a cura di) Cocco, Padova, 2005, 123 ss.; ID., Giudice penale e giudice civile di fronte al precedente, in Ind. pen., 2014, 11 ss.

33 Si veda al riguardo il paragrafo 4.

34 PALAZZO, Introduzione ai principi del diritto penale, Torino, 1999, 293.

35 BARTOLI, Lettera, precedente, scopo. Tre paradigmi interpretativi a confronto, cit., 1779.

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fatti che esprimono lo stesso disvalore e quindi sono riconducibili allo stesso tipo criminoso ovvero allo stesso scopo» 36, con conseguente re- strizione dell’ambito del penalmente rilevante. Diversamente, «esten- dere la norma incriminatrice, e pertanto anche la pena comminata, a fatti diversi da quello tipico, significherebbe rompere quel rapporto di proporzione valutativo tra reato e pena che costituisce ormai un prin- cipio non solo dello Stato di diritto, ma anche di giustizia» 37. Secondo il paradigma teleologico, pertanto, si ha interpretazione ammissibile allorquando la norma venga applicata a fatti omogenei quanto a di- svalore, e invece inammissibile quando relativa a fatti in tali termini disomogenei 38. Ne consegue che i contrasti interpretativi devono essere intesi quali contrasti in merito all’individuazione dello scopo della norma interpretata, anche se, come sottolinea Bartoli 39, «il cuore del problema interpretativo non sta tanto nella conformità di una interpre- tazione a un tipo criminoso, ma nel compimento di due attività: da un lato, nella “scelta” del tipo criminoso al quale dare nella sostanza “pre- valenza”; dall’altro lato, nella verifica di una coerenza – per così dire – complessiva e sistematica all’interno della stessa giurisprudenza» 40.

Il paradigma teleologico, così inteso, sgombro da ogni strumenta- lizzazione dello scopo di tutela della norma 41, sembra quello maggior- mente rispondente a una interpretazione costituzionalmente orien- tata, che tenga conto degli interessi in gioco, della difficoltà di ricon- durre le c.d. “zone grigie” al nucleo duro della norma tipica, nel pieno rispetto dei principi costituzionali, i quali «rappresentano delle diret- tive, generali e fondamentali, di derivazione normativa, diretta o indi- retta» 42.

36 BARTOLI, Lettera, precedente, scopo. Tre paradigmi interpretativi a confronto, cit., 1780, il quale precisa: «e il raggiungimento di questo obiettivo consente di soddisfare non tanto il carattere della frammentarietà che contraddistingue il di- ritto penale, quanto piuttosto la proporzione che deve sussistere tra il disvalore di un fatto e il corrispondente trattamento sanzionatorio».

37 PALAZZO, Regole e prassi, cit., 523.

38 PALAZZO, Legalità penale, cit., 1311.

39 BARTOLI, Lettera, precedente, scopo. Tre paradigmi interpretativi a confronto, cit., 1781.

40 Ibidem.

41 BARTOLI, Lettera, precedente, scopo. Tre paradigmi interpretativi a confronto, cit., 1784 che fa diversi esempi al riguardo, in primis quanto alla consumazione del furto nei supermercati.

42 MOCCIA, Sistema penale e principi costituzionali: un binomio inscindibile per lo Stato sociale di diritto. Relazione di sintesi, in Riv. it., 2018, 1720, per il quale:

 

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Il pieno rispetto di una interpretazione costituzionalmente orienta- ta impone però che ci sia un legislatore in grado di formulare norme precise 43; oggi invece si assiste, accanto a una crescente ipertrofia le- gislativa, alla costante legiferazione «per clausole generali ispirate a principi di etica sociale», con conseguente «scadimento del parlamen- to quale tutore del principio di legalità, nella crescente produzione le- gislativa di “leggi vuote”, simboliche, … di “leggi compromissorie”…

di “leggi sciatte”» 44, «all’erosione giurisprudenziale del principio di tassatività, dovuto alle difformità giurisprudenziali e alle supplenze giudiziarie, segni di periodi di conflittualismo politico, sociale, cultu- rale e di perdita del senso della legalità. Ma vivificate anche dalla in- determinatezza delle leggi e dalla rinuncia della Corte di Cassazione alla sua originaria funzione di garanzia di uniformità, nonché da cer- te inerzie del legislatore e da certe tendenze alla strumentalizzazione giudiziale del diritto, attinto talora da fonti materiali extralegislative, secondo i soggettivismi ideologici, e, talora, caratteriali di singoli giu- dici» 45.

L’opera, dunque, di “equilibrio” costituzionale dell’ermeneutica giurisprudenziale diventa sempre più complessa nonché foriera di dif- ficoltà che, acutizzate da un legislatore sordo alle più strette esigenze di legalità, ha condotto la prassi alla creazione di un “diritto penale giurisprudenziale”, dai liquidi confini e dalla problematica compatibi- lità con un sistema di civil law.

Al riguardo, come evidenziato, il paradigma giurisprudenziale, og- gi nella prassi molto utilizzato, si basa su una prevedibilità delle deci- sioni quale canone interpretativo di riferimento, parametro solo in apparenza rigido e non a caso frequentemente eluso, come sarà me- glio approfondito, sia dalla giurisprudenza di merito sia dalla stessa giurisprudenza di legittimità.

In un’ottimizzazione dell’equilibrio tra i poteri dello Stato, portato irrinunciabile della democraticità di un sistema, dovrebbe spettare al- la Consulta il “potere” di individuare, riconoscendone la prevalenza, l’interpretazione maggiormente conforme alla Costituzione, in un’otti-

«essi si caratterizzano per la connessione sistematica, la razionalità assiologica e funzionale in coerenza con le opzioni fondamentali che danno impronta alla legge fondamentale. Essi forniscono la ratio teleologica per la costruzione e/o l’interpre- tazione di altre norme. E, inoltre, possono essere considerati sia come norme che esprimono orientamenti e ideali di politica legislativa, sia come criteri direttivi per l’interpretazione».

43 MARINUCCI,DOLCINI, Diritto penale, Parte generale, Milano, 20187, 79.

44 MANTOVANI Fer., Diritto penale, Padova, 20137, 70.

45MANTOVANI Fer., Diritto penale, cit., 71.

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ca di ricognizione del più corretto scopo da attribuire alla norma in sede applicativa nonché di tutela dei principi 46. È una via, evidente- mente erta di ostacoli, ma che in qualche modo sta trovando uno spa- zio, sia pur “obliquo”, in alcune sentenze della Corte 47.

1.1. Lo spazio semantico, l’interpretazione sistematica e la scelta er- meneutica

Autorevole dottrina 48 ha individuato quattro canoni interpretativi:

uno semantico; uno storico; uno logico-sistematico; uno teleologico.

Il criterio semantico si basa sul significato lessicale dei termini uti- lizzati in seno alla norma, così come indicato nell’art. 12 disp. prel., secondo uno schema che lascia ampi spazi al raggio interpretativo; il criterio storico ha di mira la ricostruzione della volontà del legislatore e viene inteso in due sensi 49: come “volontà soggettiva” del legislatore

46 Per un più ampio approfondimento si veda MOCCIA, Sistema penale e principi costituzionali: un binomio inscindibile per lo Stato sociale di diritto. Relazione di sintesi, cit., 1722.

47 Corte Cost., 24 ottobre 2019, n. 223, in Dejure; ID., 22 novembre 2019, n. 242, in Dejure.

48 Ex multis ANTOLISEI, Il metodo nella scienza del diritto penale, in problemi odierni, Milano, 1940, 1; BELLAVISTA, L’interpretazione della legge penale, Milano, 1975, 15 ss.; CADOPPI, Il valore del precedente nel diritto penale. Uno studio sulla dimensione in action della legalità, Torino, 1999, 1 ss.; CASTRONUOVO, Clausole ge- nerali e diritto penale, in Scritti in onore di Alfonso Maria Stile, (a cura di) AA.VV., Napoli, 2013, 477; DI GIOVINE, L’interpretazione nel diritto penale tra creatività e vincolo alla legge, Milano, 2006, 1 ss.; ID., Considerazioni su interpretazione, retorica e deontologia in diritto penale, in Riv. it., 2009, 93 ss.; FIANDACA, Diritto penale giu- risprudenziale e ruolo della Cassazione, in Cass. pen., 2005, 1722; ID., Il diritto pena- le giurisprudenziale tra orientamenti e disorientamenti, Napoli, 2008, 1 ss.; FIANDA- CA,MUSCO, Diritto penale, Parte generale, cit. 128 ss.; GIANNOTTA, Un problema di interpretazione, in Riv. it., 1954, 102; MAGGIORE, Il sillogismo penale, in Riv. pen., 1949, 213; PAGLIARO, Testo e interpretazione delle leggi penali, in Ars interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica, 1997, 157 ss.; ID., Testo e interpretazione nel di- ritto penale, in Riv. it., 200, 433; PALAZZO, Regole e prassi dell’interpretazione penali- stica nell’attuale momento storico, in Diritto privato, 2001-2002, VII-VIII, 507; PU- LITANÒ, Sull’interpretazione e gli interpreti della legge penale, in Scritti in onore di Giorgio Marinucci, (a cura) di Palazzo, Paliero, Milano, 2006, 90 ss.; RAMACCI, In- troduzione all’analisi del linguaggio legislativo penale, Milano, 1970, 20 ss.; SCARA- NO, Il problema dei mezzi nell’interpretazione della legge penale, in Studi in memoria di Arturo Rocco, Milano, 1952, II, 493; VILLA, Lineamenti di una teoria pragmati- camente orientata dell’interpretazione giuridica, in Cass. pen., 2005, 2424.

49 FIANDACA,MUSCO, Diritto penale, Parte generale, cit., 130 ss.

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storico, e come “volontà storica obiettivata nella legge”, da intendersi quale analisi del contesto storico in cui viene inserita la norma, dei motivi obiettivi che hanno portato alla sua elaborazione e del modello di disciplina accolto in seno alla stessa. Il criterio logico-sistematico, invece, consiste «nel cogliere le connessioni concettuali esistenti tra la norma da applicare e le restanti norme, sia del sistema penale stret- tamente inteso, sia dell’intero ordinamento giuridico» 50. Questo crite- rio, però, opera una distinzione precipua tra norma e disposizione 51, anche se tale distinguo mutuato dal diritto pubblico 52, è stato applica- to al diritto penale 53 attraverso un sillogismo: la norma non è la di- sposizione; affinché la norma possa ritenersi esistente, non basta la disposizione, ma occorre la sua interpretazione; ne consegue che l’in- terpretazione in quanto attività è attività di creazione di norme e l’inter- pretazione in quanto suo “prodotto” è la norma 54. La relazione tra di- sposizione e norma, dunque, è uno dei momenti inevitabili e cruciali della teoria e della pratica dell’interpretazione del diritto 55, e la trasfor- mazione della disposizione in norma è lo stadio in cui l’interpretazione sistematica avviene 56.

In dottrina, riguardo al criterio logico-sistematico, è stato eviden- ziato che «l’interpretazione giuridica è interpretazione in funzione normativa, nel senso che l’interprete deve tendere a penetrare il signi- ficato di ciò che è oggetto dell’interpretazione allo scopo di trarne una regola per la condotta propria o di altri» 57, così che il giudice ricerca con l’interpretazione sistematica la razionalità insita nell’ordinamento e se non trova pieno riscontro contribuisce lui stesso ad avverarla 58.

50 FIANDACA,MUSCO, Diritto penale, Parte generale, cit., 132 ss.

51 In particolare si veda GUASTINI, Le fonti del diritto e l’interpretazione, in Trat- tato di diritto privato, (a cura di) Iudica, Zatti, Milano, 1993, 10 ss.; ID., Dalle fonti alle norme, Torino, 19922, 20 ss.

52 CRISAFULLI, Disposizione (e norma), in Enciclopedia del diritto, XII, Milano, 1994, 196.

53 DONINI, Metodo democratico e metodo scientifico nel rapporto fra il diritto pe- nale e politica, in Riv. it., 2001, 27 ss.; ID., Alla ricerca di un disegno. Scritti sulle riforme penali in Italia, Padova, 2003, 11 ss.; ID., Il diritto giurisprudenziale penale, in Dir. pen. cont., Riv. trim., 2016, 3, 13 ss.

54 CRISAFULLI, Disposizione (e norma), in Enciclopedia del diritto, cit., 196 ss.

55 Ibidem.

56 DEMURO, L’interpretazione sistematica nel diritto penale, in Riv. it., 2018, 1100.

57 BETTI, Interpretazione della legge e degli atti giuridici, Milano, 1943, 3 ss., 92 e 107.

58 DEMURO, L’interpretazione sistematica nel diritto penale, cit., 1094.

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All’interno dell’interpretazione sistematica, di cui costituisce una species, può inserirsi “l’interpretazione convenzionalmente orientata”, ossia quella conforme alla normativa prevista dalla Cedu, definita “in- terpretazione adeguatrice” 59, nel senso che dal testo normativo occor- re ricavare un significato omogeneo e coerente rispetto a un’altra norma gerarchicamente superiore, così da evitare antinomie. Tale in- terpretazione, che rientra nel modello dell’interpretazione confor- me 60, si connota per il carattere della obbligatorietà 61, essendo l’Italia ovviamente vincolata al rispetto della Cedu 62.

I rapporti tra fonte italiana e fonte europea sono complessi. Se- condo la Corte Costituzionale 63, la Cedu ha natura di norma interpo- sta, in virtù del richiamo ex art. 117, comma 1, Cost., con il duplice effetto che tale fonte non può porsi in contrasto con la Costituzione, e che le fonti subordinate alla Costituzione non possono porsi in con- trasto con essa. L’importanza dell’interpretazione convenzionalmente orientata è peraltro stata riconosciuta dalla stessa Consulta che, in più occasioni 64, ha ritenuto inammissibili le questioni di legittimità qua- lora il giudice a quo non avesse prima provato ad applicare tale mo- dello interpretativo.

Il criterio teleologico, infine, ampiamente adottato, ha natura og- gettiva 65, muovendo «dalla presa d’atto che la legge, una volta emana- ta, è paragonabile ... a una nave che giunta in alto mare cerca, sotto la

59 GUASTINI, L’interpretazione dei documenti normativi, Milano, 2004, 173 ss.

60 Che sarà approfondita nel cap. III, par. 3.2.

61 In proposito si veda CARDONE, voce Diritti fondamentali (tutela multilivello), in Enc. giur., Annali, Milano, 2011, IV, 383 ss.

62 Per un maggiore approfondimento del tema si veda MANES, Diritto penale e fonti in materia penale, in Introduzione al sistema penale, (a cura di) Insolera, Maz- zacuva, Pavarini, Zanotti, Torino, 20144, 184 ss. Un esempio al riguardo è il caso Punta Perotti, Corte Edu, 10 maggio 2012, Sud Fondi c. Italia, in Dejure.

63 Corte Cost., 24 ottobre 2007, n. 348, in Dejure; ID., 24 ottobre 2007, n. 349, in Dejure; ID., 13 febbraio 2009, n. 39, in Dejure; ID., 26 novembre 2009, n. 311, in Dejure; ID., 4 dicembre 2009, n. 317, in Dejure; ID., 12 marzo 2010, n. 93, in Dejure;

ID., 17 marzo 2010, n. 106, in Dejure; ID., 8 giugno 2011, n. 180, in Dejure; ID., 22 luglio 2011, n. 236, in Dejure; ID., 5 aprile 2012, n. 78, in Dejure.

64 Corte Cost., 24 ottobre 2007, n. 348, in Dejure; ID., 24 ottobre 2007, n. 349, in Dejure; ID., 17 marzo 2010, n. 106, in Dejure; ID., 8 giugno 2011, n. 180, in Dejure;

ID., 22 luglio 2011, n. 236, in Dejure; ID., 5 aprile 2012, n. 78, in Dejure.

65 Per un più ampio approfondimento si veda ALEXY, voce Interpretazione giuri- dica, in Enciclopedia delle scienze sociali, Roma, 1996, 64-71; GUASTINI, Le fonti del diritto e l’interpretazione, in Trattato di diritto privato, (a cura di) Iudica, Zatti, Mi- lano, 1993, 388.

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