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egli ultimi anni si sta assistendo a una sostanziale evoluzione delle tecniche di allevamento dei suini, sulla base di nuove e sempre più pressanti esigenze, principalmente volte al miglioramento delle condi- zioni di benessere degli animali allevati.

Nell’emanazione delle normative comunitarie sul benessere ani- male, in Italia recepite con il D.Lgs. 534/1992 e con il D.Lgs.

53/2004, non è stato adeguatamente considerato l’aspetto relati- vo al comfort termico del suino; su tale punto, infatti, le disposi- zioni sono alquanto generiche, non fornendo indicazioni precise sui valori termoigrometrici da garantire agli animali allevati.

Durante il periodo estivo, gli allevatori di suini spesso devono subire i danni legati alle avverse condizioni microclimatiche, ac-

cettando i rilevanti peggioramenti nelle prestazioni produttive e riproduttive degli animali.

Il problema si è avvertito in modo particolarmente pesante negli ultimi anni, in coincidenza di periodi di caldo afoso molto pre- coce. Per esempio, nei mesi di giugno 2002 e 2003 in pianura padana, oltre ai problemi di carattere produttivo e riproduttivo noti da tempo, gli allevatori hanno dovuto fronteggiare anche una situazione di elevate perdite di animali. Nel 2003 il proble- ma della mortalità di scrofe, soprattutto nella fase di parto-allat- tamento, è stato particolarmente accentuato per tutto il corso dell’estate, procurando gravi danni economici alle aziende.

Durante i mesi estivi, per quanto si curi la ventilazione e si au- menti la coibentazione delle porcilaie, risulta difficile mantene- re la temperatura interna su valori accettabili e per la difesa dal caldo è necessario ricorrere ad altre tecniche, valide ma ancora poco diffuse.

Questi sistemi di raffrescamento si basano principalmente sul- l’utilizzo di acqua. Si possono adottare due diverse metodologie per raffrescare gli animali: la prima agisce sulla temperatura del- l’ambiente (raffrescamento evaporativo), la seconda direttamen- te sull’animale.

In alternativa, si possono prevedere sistemi di condizionamento dell’aria o sistemi che sfruttano elevate velocità dell’aria per l’a- sportazione di calore dal corpo dell’animale.

RAFFRESCAMENTO EVAPORATIVO

Il raffrescamento evaporativo è un processo di saturazione adia- batica; l’aria, infatti, subisce una riduzione di temperatura senza

Il caldo in allevamento, come difendere i suini

Le mutate condizioni climatiche che hanno caratterizzato soprattutto i periodi estivi degli ultimi anni, hanno posto al centro dell’interesse di allevatori e aziende

costruttrici di impianti il problema di come evitare agli animali lo stress da calore

di Matteo Barbari1- Paolo Rossi2- Alessandro Gastaldo2

Figura 1 - Impianto di ventilazione in pressione con aspirazione dell’aria di rinnovo da tubi interrati: a) camino di aspirazione dell’aria; b) ventilatore pressurizzatore; c)fan jet (fonte Crpa, 2004)

1Dipartimento di Ingegneria Agraria e Forestale - Università degli Studi di Firenze

2Centro Ricerche Produzioni Animali - Reggio Emilia

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per una buona distribuzione dell’acqua, non dovrebbe superare i 2,4 m.

Per un regolare funzionamento dei sistemi di raffrescamento evaporativo è opportuno sistemare correttamente i pannelli po- rosi e i ventilatori. Errori nella collocazione, infatti, determinano temperature non uniformi all’interno dell’edificio, con differen- ze anche di diversi gradi tra entrata e uscita dell’aria, e sacche di aria viziata.

Cassoni adiabatici - Nei cassoni adiabatici l’evaporazione è ot- tenuta per mezzo di una fine nebulizzazione d’acqua all’interno di un cassone percorso dalla corrente d’aria (fig. 2). L’impianto più semplice, con limitati costi di installazione e minimi costi di gestione, è basato sull’impiego di tubi irroratori provvisti di ugelli che nebulizzano molto finemente acqua all’interno dei cassoni.

Il massimo di umidificazione è raggiungibile con sistemi che di- rigono un getto d’acqua su un disco metallico rotante, orizzonta- le o verticale, la cui rotazione ad elevata velocità determina la formazione di particelle d’acqua molto piccole (8÷10 ) nella corrente d’aria in ingresso.

In entrambi i casi l’impianto è normalmente in pressione e pre- vede una piccola sala di servizio per il trattamento dell’aria (fig.

3): da qui il flusso d’aria è convogliato all’interno del ricovero, tramite condotte (fan-jet(( ), così da distribuire uniformemente l’a- ria raffreddata in tutto l’edificio.

Nebulizzatori interni - Molto spesso l’evaporazione di acqua, anziché in un apposito cassone evaporativo, è realizzata diretta- mente all’interno dell’edificio, mediante particolari nebulizzato- ri o mediante ugelli collocati in cassoni, nei quali è fatta ricirco- lare aria interna. A volte, la nebulizzazione dell’acqua è effettua- ta nel sottotetto e l’aria raffrescata è convogliata all’interno del locale di allevamento attraverso soffitti forati.

Il sistema di nebulizzazione trova una certa diffusione nelle por- cilaie italiane per la facilità di installazione e questo per due mo- tivi:

1. si adatta meglio a strutture già esistenti;

2. non causa perdite di rendimento dei ventilatori presenti.

La pressione del sistema di nebulizzazione è molto importante, perché più fini sono le gocce d’acqua prodotte e maggiore è l’ef- fetto raffrescante che esse procurano.

Per evitare problemi ai suini connessi agli elevati valori di umi- che vari il suo contenuto totale di calore, ossia la sua entalpia. In

altre parole, il raffrescamento dell’aria è conseguenza del fatto che il calore sensibile dell’aria iniziale si converte in calore la- tente (contenuto nel vapore), col risultato di una riduzione della temperatura a bulbo secco.

Ovviamente, il sistema funziona bene in situazione di caldo sec- co, ma anche in zone a clima caldo umido, come la pianura pa- dana, può dare risultati apprezzabili se attivato nelle ore più cal- de della giornata, quando l’umidità relativa raggiunge i livelli minimi.

Le apparecchiature utilizzate per il raffrescamento evaporativo sono molto semplici e appartengono a due diverse tipologie:

– filtri umidi;

– cassoni adiabatici.

Inoltre, occorre considerare i sistemi di nebulizzazione di acqua posti all’interno dell’edificio.

Filtri umidi - Nei filtri umidi la corrente d’aria attraversa uno strato di materiale poroso, mantenuto costantemente bagnato da un velo d’acqua, che cade per gravità dalla parte alta e viene re- cuperato in basso e ricircolato.

Nel caso più semplice i filtri sono realizzati da un doppio strato di rete metallica con interposti trucioli di legno o altri materiali di recupero, ma le prestazioni migliori si ottengono con pannel- li in fibre di cellulosa. Negli ultimi anni la produzione commer- ciale si è orientata verso materiali sintetici, di lunga durata e di più facile pulizia, quali fibre di vetro, polipropilene e pvc.

Le prestazioni del pannello poroso sono valutate in termini di ef- ficienza di saturazione, la quale però, oltre che dal tipo di mate- riale, dipende dalla velocità dell’aria che attraversa il filtro, dal- lo spessore del pannello, dalla temperatura dell’acqua e dall’o- rientamento.

Un altro aspetto progettuale di notevole importanza è costituito dalla superficie dei pannelli, che deve essere commisurata alle dimensioni dell’edificio; essa viene calcolata dividendo il volu- me unitario di aria richiesta nel locale per la velocità dell’aria at- traverso il pannello. Così, ad esempio, per una portata di venti- lazione di 10.000 m3/h e per una velocità dell’aria attraverso il pannello di 0,5 m/s, si ottiene un filtro della superficie di circa 5,6 m2.

Per determinare la lunghezza del sistema a pannelli occorre quindi dividere l’area così ottenuta per l’altezza; quest’ultima,

Figura 2 - Raffrescamento evaporativo mediante cassone adiabatico abbinato a ventilazione in pressione con fan jet: a) rete di adduzione dell’acqua; b) ugelli nebulizzatori; c) pompa per la ricircolazione dell’acqua; d) ventilatore pressurizzatore; e) fan jet (fonte Crpa, 2004)

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dità che si possono raggiungere, la centralina di controllo può prevedere lo spegnimento dell’impianto di nebulizzazione oltre un valore soglia (umidità relativa massima: 80%).

Ovviamente i risultati raffrescanti ottenuti col sistema suddetto sono a volte modesti (l’efficienza di saturazione difficilmente supera il 40%), dal momento che l’acqua arriva a contatto con l’aria, quando questa ha già assorbito vapore dall’ambiente in- terno, per cui si è ridotto considerevolmente il suo potenziale raffrescante.

I sistemi a filtri umidi, descritti precedentemente, forniscono quindi prestazioni migliori in termini di temperatura a bulbo sec- co, indice THI e consumo (Panagakis e Axaoupoulos, 2006).

RAFFRESCAMENTO CON ACQUA

I sistemi di raffrescamento diretto sull’animale sono basati sul- l’impiego di bagni, docce e gocciolatori.

L’utilizzo di vasche per il bagno delle scrofe è pratica corrente negli allevamenti all’aperto; in tali situazioni si realizzano sem- plici buche in terra, riempite di acqua. Negli allevamenti intensi- vi possono essere utilizzate vasche di calcestruzzo per il bagno dei suini, ma queste presentano varie controindicazioni, in parti- colare la scarsa igiene, che può favorire la diffusione tra gli ani- mali di patologie indesiderate.

L’acqua fornita con la doccia asporta calore dall’animale attra- verso due vie:

– conduzione (nel caso in cui l’acqua sia a temperatura più bas- sa rispetto a quella della pelle);

– evaporazione.

Mentre la perdita per conduzione dura soltanto il tempo della doccia, la dispersione di calore per evaporazione dura per tutto il tempo impiegato dall’animale ad asciugarsi (qualche decina di minuti) e necessita di modeste quantità di acqua. Pertanto, per li- mitare i consumi di acqua, è preferibile puntare esclusivamente sulla perdita di calore per evaporazione.

Negli ultimi anni sono stati condotti numerosi studi per rilevare la reazione fisiologica del suino all’irrorazione con acqua, in condizioni di elevate temperature. Il benessere ricevuto dal sui- no è determinato in base alla variazione di alcuni parametri fi- siologici, quali numero di pulsazioni cardiache, temperatura ret- tale, temperatura cutanea e numero di atti respiratori.

Uno studio, volto a verificare le risposte fisiologiche di scrofe sottoposte a irrorazio- ne di acqua, ha messo in evidenza il benefi- co effetto della doccia sulle scrofe, che si manifesta col calo re- pentino della tempe- ratura cutanea (fino a 3÷4 °C subito dopo la doccia) e col calo più contenuto, ma pro- lungato nel tempo, della temperatura ret-

tale (0,3÷0,4 °C da 15÷20 minuti dopo la doccia fino a oltre due ore dopo).

Oltre alla risposta fisiologica del suino all’irrorazione con acqua, interessa in particolar modo l’influenza che l’irrorazione esercita sulle performance di allevamento. Da numerosi studi compiuti in tal senso emerge come l’uso della doccia contribuisca a migliora- re l’assunzione di cibo dei suini da ingrasso, il che consente di raggiungere il peso di macellazione anticipatamente; a volte si notano differenze significative anche nell’indice di conversione alimentare. La maggiore assunzione alimentare è dovuta al fatto che i suini irrorati trascorrono più tempo alle mangiatoie rispetto agli animali non spruzzati nelle ore più calde della giornata.

Docce in box per scrofe gestanti e verri - L’irrorazione di acqua mediante docce può essere effettuata in gruppi di scrofe gestan- ti o in box singolo per verri. In tali situazioni l’impiego delle docce è preferibile rispetto all’uso di vasche per bagni, che, co- me detto, presentano controindicazioni di natura igienica.

L’impianto di raffrescamento a docce è, dal punto di vista im- piantistico, estremamente semplice: in genere le docce sono co- mandate da un temporizzatore, che consente l’erogazione di ac- qua ad intervalli prestabiliti, indipendentemente dalle esigenze degli animali, e, a volte, da un termostato, che permette il fun- zionamento dell’impianto solo al di sopra di una temperatura prefissata.

Il principale limite del sistema di raffrescamento a doccia è quel- lo di provocare gravosi consumi di acqua, che possono determi- nare problemi di smaltimento, se l’acqua erogata sugli animali confluisce nei liquami.

Per ridurre i consumi idrici possono essere utilizzate stazioni di raffrescamento individuale (fig. 4): la scrofa entra singolarmen- te nella stazione e attiva la doccia (pedana mobile, fotocellula), usufruendo in tal modo dell’erogazione di acqua anche più vol- te al giorno. Numerose sperimentazioni condotte negli ultimi an- ni hanno dimostrato la capacità della scrofa di apprendere rapi- damente il meccanismo di funzionamento della doccia indivi- duale (Barbari, 2005; 2006; 2007).

RAFFRESCAMENTO LOCALIZZATO AD ACQUA

Alleviare lo stress da caldo per le scrofe in sala parto non è un problema di facile soluzione, perché in questa fase gli animali adulti convivono a stretto contatto con i suinetti, che presentano

Figura 3 - Cassone adiabatico (fonte Fancom)

Figura 4 - Stazione individuale di raffrescamento: la scrofa è libera di entrare nella stazione più volte al giorno usufruendo così a piacere dell’erogazione di acqua (fonte Barbari)

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porta a una riduzione della temperatura corporea e può, pertanto, migliorare le condizioni di benessere termico dell’animale.

L’acqua finemente nebulizzata o spruzzata sul corpo del suino è in grado di attenuare lo stress da calore. In questo modo la scro- fa viene raffrescata in un primo momento in maniera diretta, me- diante contatto, e successivamente grazie al raffrescamento eva- porativo.

Studi condotti sull’efficacia di questo sistema hanno individuato risposte positive in termini di performance produttive e riprodut- tive.

Le risposte delle scrofe sono generalmente stabilite in base a pa- rametri fisiologici, quali numero di battiti cardiaci per minuto, ritmo respiratorio e temperature rettali e cutanee.

Le scrofe sottoposte a raffrescamento a goccia manifestano segni di maggior comfort termico, valutato in termini di frequenza respiratoria e pulsazioni cardia- che, rispetto a scrofe non trattate.

Quando vengono presi in considerazione parametri comportamentali, le scrofe, al- loggiate in gabbia parto e raffrescate con sistema a goccia, hanno mostrato di esse- re più calme, di trascorrere più tempo in una posizione di decubito laterale e di ab- beverarsi meno delle scrofe sottoposte a condizioni di stress termico.

Il sistema applicato in fase di allattamento porta a un maggiore consumo di mangime da parte delle scrofe che, conseguentemen- te, manifestano un minor calo di peso.

La produzione di latte delle scrofe è mag- giore, per cui anche gli incrementi ponde- esigenze fisiologiche molto diverse. Infatti, se per le scrofe tem-

perature sopra i 20 °C cominciano a diventare “critiche”, la tem- peratura confortevole per i suinetti è molto elevata, soprattutto durante le prime ore di vita (35 °C).

Inoltre, i sistemi di riscaldamento localizzato in genere utilizza- ti per i suinetti (lampada a raggi infrarossi o tappetino riscalda- to) innalzano la temperatura di 4÷5 °C anche nella zona circo- stante, contribuendo a creare disagio per le scrofe.

È necessario quindi dotare la gabbia parto di sistemi di raffre- scamento ad azione localizzata, in modo da abbassare la tempe- ratura corporea delle scrofe, senza però provocare alcun effetto sui suinetti. Negli ultimi anni sono stati sperimentati vari siste- mi, sia ad acqua, sia ad aria.

La soluzione più diffusa per il raffrescamento localizzato è sicu- ramente quella ad acqua (drip cooling), che assicura un raffre- scamento delle scrofe per mezzo di una lenta, ma costante ces- sione di gocce d’acqua sul collo dell’ani-

male.

La tecnica di raffrescamento a goccia è stata ideata negli Stati Uniti, ma ormai da diversi anni è applicata anche in Italia.

Si tratta di una soluzione utile a migliorare il comfort termico degli animali. Infatti, l’applicazione di tale tecnica si presta bene per il raffrescamento di scrofe gravide in gabbie individuali (fig. 5) e, soprattutto, di scrofe allattanti in box parto (fig. 6).

Nonostante gli sforzi profusi, la soluzione è ancora poco nota e quando viene utiliz- zata, gli impianti impiegati sono spesso approssimativi e con scarsa o nulla rego- lazione.

Il sistema di raffrescamento prevede la ca- duta di piccole quantità di acqua a basso flusso (2÷4 l/h) direttamente sul collo del- le scrofe, ossia in una zona caratterizzata da una notevole irrorazione sanguigna.

L’evaporazione di acqua in questa zona

Nell’affrontare il tema del raffrescamento di edifici la prima do- manda che ci si può porre è relativa alla possibilità di impiego di veri e propri condizionatori d’aria.

In realtà, l’impiego di apparecchiature di condizionamento nelle porcilaie è limitato ad alcuni rari casi, quale i centri di feconda- zione artificiale e locali annessi, mentre risulta improponibile ne- gli allevamenti, visti gli elevati costi di impianto e di gestione.

Tuttavia, si può pensare di trattare l’aria in ingresso nell’edificio scambiando calore con il terreno; il suolo, infatti, a una profon- dità sufficiente mantiene una temperatura più o meno costante durante tutto l’anno. Convogliando l’aria all’interno di tubi sot- terranei, che funzionano come scambiatori di calore, è pertanto possibile riscaldare l’aria in inverno e, soprattutto, raffrescarla in estate.

L’entità dello scambio termico tra aria e terreno dipende natural- mente da tipo di suolo (per esempio, i terreni argillosi conserva- no il calore meglio di quelli sabbiosi), profondità della falda ac- quifera, forma, diametro e lunghezza dei tubi, velocità di circola- zione dell’aria e caratteristiche dei ventilatori.

Di norma, i tubi sono realizzati in materiale plastico (pvc, poli- propilene) e sono posti a una profondità di 1,5÷1,8 m (fig. 1).

L’effetto principale dei tubi interrati è quello di attenuare forte- mente i picchi di temperatura, smorzando le escursioni termiche tra il giorno e la notte e tra una stagione e l’altra, il che garanti- sce il mantenimento di temperature relativamente costanti nel- l’arco di tutto l’anno senza il ricorso a sistemi di regolazione.

IL CONDIZIONAMENTO DELL’ARIA

Figura 5 - Raffrescamento localizzato con acqua per scrofe gravide in gabbie individuali (fonte Crpa, 2004)

Figura 6 - Raffrescamento localizzato con acqua per scrofe allattanti in box parto (fonteBarbari)

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rali dei suinetti risultano più favorevoli (circa il 10% in più con temperature di oltre 30 °C). Inoltre, una corretta alimentazione in sala parto, con minori cali di peso durante l’allattamento, con- sente di migliorare le prestazioni riproduttive delle scrofe nelle fasi successive: minore intervallo svezzamento-estro, migliore fertilità, maggiore numero di suinetti nati.

Per ridurre gli sprechi idrici, particolarmente elevati in estate nelle porcilaie da parto, più che puntare su dispositivi di eroga- zione dell’acqua a ridotto consumo (ad esempio abbeveratoi a morso), è risultato molto più utile prevedere l’installazione di si- stemi di raffrescamento delle scrofe, che garantiscano un mag- gior comfort termico agli animali.

Dal punto di vista impiantistico, il sistema di raffrescamento a goccia è estremamente semplice. Impianti diffusi da tempo per l’irrigazione in campo agricolo, si basano sull’impiego di una centralina elettronica che consente il controllo dell’erogazione di acqua sulla base del valore di temperatura ambiente.

In genere, è possibile definire il valore della temperatura soglia di attivazione, fissata molto vicina al limite superiore della zona di neutralità termica e il valore ammesso dello scarto di tempe- rature (t). La centralina consente, inoltre, di stabilire il tempo di erogazione dell’acqua e gli intervalli tra i tempi.

In letteratura si indica in genere una portata tra 2 e 4 l/h (ma il

valore più basso è nettamente prevalente), con tempi di eroga- zione dell’acqua variabili (dai 5 min. di accensione e 15 min. di spegnimento, fino ai 2 min. di accensione e 45 min. di spegni- mento). Come temperatura di attivazione spesso si considerano i 27 °C.

L’impianto di distribuzione dell’acqua prevede, a monte, un ri- duttore di pressione, quindi un filtro, un’elettrovalvola a 24 volt e una valvola di ritegno.

L’acqua è portata in prossimità delle scrofe mediante tubi di po- lietilene. La disponibilità di raccordi ad innesto rapido semplifi- ca notevolmente l’installazione, che spesso è effettuata con ma- nodopera aziendale.

RAFFRESCAMENTO LOCALIZZATO CON ARIA

Il solo sistema a goccia può, però, non essere sufficiente in sale parto con ventilazione naturale e pavimentazione totalmente in plastica, soprattutto nel caso in cui le temperature esterne rag- giungano valori molto elevati.

Per questo motivo potrebbe essere opportuno accoppiare il drip cooling con un sistema di raffrescamento ad aria (snout coo- ling). Questa tecnicaprevede di indirizzare un getto di aria, gra- zie all’impiego di un ventilatore centrifugo e a tubazioni ade- guatamente dimensionate, direttamente sul grugno della scrofa.

La letteratura internazionale riporta numerose sperimentazioni con i sistemi di raffrescamento localizzato ad aria, sia essa pre- levata direttamente dall’esterno, sia essa raffreddata con condi- zionatore, soprattutto in sale parto.

Il sistema localizzato ad aria consente, infatti, di mantenere ele- vate velocità dell’aria in prossimità della testa della scrofa, sen- za creare pericolose correnti nelle restanti parti del box destina- te ai suinetti.

La portata di aria in uscita dai tubi, quindi in prossimità della te- sta della scrofa, è generalmente compresa tra i 70 e i 120 m3/h. I valori più alti sono da prevedere quando l’aria è prelevata dall’e- sterno (possibilmente dal lato nord dell’edificio); i valori più bassi, viceversa, si possono adottare quando l’aria è sottoposta a condizionamento.

L’effetto del sistema sul benessere della scrofa è valutato princi- palmente facendo riferimento a parametri fisiologici, in partico- lare la frequenza respiratoria e la temperatura rettale. A volte si valuta l’effetto del sistema in relazione all’accrescimento dei

P

er limitare lo stress da calore a carico degli animali negli alleva- menti all’aperto sono disponibili soluzioni tecniche differenti:

– ombreggiamento (reti ombreggianti, alberature);

– realizzazione di pozze o impiego di vasche riempite con acqua;

– utilizzo di spruzzatori, docce o gocciolatori.

I suini allevati all’aperto devono poter usufruire di opportune aree ombreggiate (fig. 7) e di zone “umide” (fig. 8), dove potersi raffre- scare durante la stagione calda; diversamente, quando la tempera- tura raggiunge i 25÷30 °C, possono subire scottature e colpi di ca- lore. Il colpo di calore può portare a un forte deperimento e, nei ca- si gravi, anche alla morte del soggetto.

I principali comportamenti espressi dai suini all’aperto per raffrescarsi sono rappresentati dallo scavo di buche alla ricerca di terreno fresco su cui sdraiarsi e dall’immersione in pozze piene di acqua o di fango.

Molte scrofe frequentano le pozze in gruppo disperdendosi al loro

interno, generalmente, senza rivolgersi l’una verso l’altra; alcune, invece, preferiscono frequentare le pozze da sole. Le pozze, quindi, devono essere sufficientemente ampie. La gestione delle pozze rap- presenta un fattore critico nell’allevamento all’aperto; esse non de- vono asciugarsi troppo e devono contenere sempre sia acqua, sia fango fluido.

Normalmente, per la realizzazione delle pozze è sufficiente scavare una buca di modeste dimensioni, mantenerla piena di acqua e la- sciare che i suini la allarghino in base alle loro esigenze. La soluzio- ne ideale per l’approvvigionamento idrico delle pozze è rappresen- tato da un flusso continuo di acqua fresca e pulita; in questo caso, le scrofe tendono a disporsi vicino al punto d’immissione dell’acqua utilizzando la pozza anche per l’abbeverata. Quando i terreni sono particolarmente aridi, può essere opportuno installare spruzzatori a getto continuo in corrispondenza delle pozze.

GLI INTERVENTI NEGLI ALLEVAMENTI ALL’APERTO

Figura 7 - Esempio di ombreggiamento mediante reti per (fonteCrpa)

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scontrato un maggiore incremento ponderale giornaliero (+5%) in suinetti di scrofe raffrescate e un maggiore consumo di ali- mento (+5%) da parte delle scrofe.

L’impianto ad aria è ancora poco conosciuto in Italia, ma po- trebbe sicuramente prestarsi ad essere impiegato nelle sale par- to, soprattutto in abbinamento al sistema di raffrescamento a goccia. Alcune prove sperimentali (Dong H. et al., 2001) hanno messo in evidenza come proprio un sistema di raffrescamento ad acqua ottenga risultati notevolmente più modesti, in termini di benessere degli animali, valutato sulla base della temperatura corporea e della frequenza respiratoria, se non è accoppiato a un sistema ad aria.

PAVIMENTO RAFFRESCATO

In letteratura viene menzionato, come ulteriore metodo diretto nella soluzione del problema del caldo negli allevamenti suini- coli, l’utilizzo di una superficie piena raffrescata posta sotto il corpo della scrofa. Questo in accordo con il fatto che i pavimen- ti grigliati in plastica non favoriscono la dissipazione del calore e che, anzi, sono generalmente più caldi di circa 3÷5 °C rispetto ai pavimenti di altro materiale.

Secondo uno studio condotto da ricercatori americani (Bull et al., 1997) l’uso di un pavimento pieno raffrescato può costituire una soluzione di alto gradimento per le scrofe, che lo utilizzano per dissipare l’eccesso di calore corporeo. ■

Figura 8 - Buca mantenuta piena d’acqua mediante spruzzatore funzionante in continuo durante le ore calde della giornata (fonte Crpa)

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