• Non ci sono risultati.

– – – Nutrizione 41

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "– – – Nutrizione 41"

Copied!
8
0
0

Testo completo

(1)

Nutrizione 41

JAMESC. RUCINSKI

“In ogni patologia è un buon segno quando il paziente è in sé ed è disposto ad ingerire qualsiasi cibo gli venga offerto; il contrario è invece un cattivo segno.”

(Ippocrate, 460?–377? a.C.)

Dio ha creato l’uomo con una bocca, uno stomaco ed un intestino – non con un accesso venoso per NPT.

L’intervallo relativamente breve che avete a disposizione per preparare all’in- tervento un paziente con una urgenza addominale non vi permette di pensare alla nutrizione. Perciò la questione è affrontata soltanto intra- o post-operatoriamente.

Verso la fine dell’intervento dovreste domandarvi se è necessario predisporre o meno un accesso enterale, e ciò per facilitare l’alimentazione post-operatoria. Dopo l’intervento, dovrete pensare quando e per quale via nutrire il paziente.

Digiuno

Il digiuno ha come risultato uno stato di adattamento. Dopo che le riserve di glicogeno epatico sono state consumate, entro 24–48 ore, il fegato sintetizza il gluco- sio utilizzando gli aminoacidi derivati dalla degradazione delle proteine. Questa

“auto-cannibalizzazione” delle riserve proteiche funzionali si riduce, in certa misura, nel momento in cui i due maggiori consumatori “obbligati” di glucosio, il sistema nervoso centrale ed i reni, iniziano a consumare i corpi chetonici. Le riserve adipose sono utili in quanto producono i chetoni che, attraverso il metabolismo glicidico, for- niscono una piccola quantità aggiuntiva di glucosio. Una lesione, una malattia o un intervento chirurgico aumentano notevolmente il fabbisogno di glucosio per poter soddisfare le richieste ipermetaboliche indotte della SIRS (sindrome da risposta infiammatoria sistemica) e per poter fornire l’energia necessaria per la guarigione del- le ferite e quella necessaria al midollo osseo e ai leucociti prodotti dal midollo. Il risul- tato finale è la degradazione delle proteine che determina una astenia generale, uno scarso potere di riparazione, una ridotta funzionalità del sistema immunitario ed una debolezza dei muscoli respiratori che può determinare l’insorgenza di atelettasia, pol- monite, dipendenza dalla terapia ventilatoria e decesso del paziente.

Perciò la necessità di un supporto nutrizionale dipende dalla:

valutazione fisica e delle riserve nutrizionali del paziente mediante test di labo- ratorio

valutazione dello stress determinato dalla patologia di base

valutazione dell’intervallo di tempo che dovrà trascorrere prima che il pazien- te possa riprendere una dieta normale

(2)

Valutazione della necessit `a del supporto nutrizionale

Dovete chiedere al paziente da quanto tempo sta male, quanto peso ha per- so (se l’ha perso) nelle settimane precedenti l’intervento e quando ha mangiato l’ultima volta. Osservandolo, potrete valutare quale sia il suo peso forma e fare una “stima” della percentuale di calo ponderale (la regola standard riguarda i tan- to favoleggiati “70 Kg”). Un calo maggiore del 10% si associa ad una percentuale più elevata di complicanze e di mortalità dopo un intervento chirurgico addomina- le. Questa valutazione vi fornirà le prime due informazioni necessarie al decision- making:

La percentuale di calo ponderale e le riserve disponibili.

Il momento in cui il paziente ha cessato di alimentarsi normalmente.

I livelli di albumina sierica rispecchiano l’equilibrio tra la sintesi e la degrada- zione di uno dei prodotti del metabolismo epatico. In urgenza, il livello di albumi- na è l’unico parametro di laboratorio che avrete a disposizione per valutare le riser- ve del paziente. In chirurgia addominale, livelli <3 mg/dl si associano ad una percen- tuale maggiore di complicanze e di mortalità.

È possibile stimare lo stress associato alla patologia approssimativamente in minimo, moderato o massimo. Tuttavia sarebbe meglio classificare lo stress con un sistema di punteggio fisiologico che misuri la gravità della malattia acuta, come ad esempio l’APACHE II (Cap. 6). In chirurgia addominale, un elevato livello di stress determina una maggiore degradazione proteica e percentuali più elevate di compli- canze e mortalità.

La terza informazione necessaria al decision-making è l’intervallo di tempo che intercorrerà prima che il paziente possa riprendere una dieta normale. Tale valutazio- ne si basa sulla natura della patologia primitiva e sul tipo di intervento richiesto o che è già stato eseguito. Ad esempio, in un soggetto con una “semplice” appendici- te acuta, l’alimentazione normale dovrà essere interrotta per un periodo di tempo tra le 24 e le 72 ore, mentre in un paziente con diverticolite perforata e peritonite generalizzata il periodo sarà di 10–14 giorni. Una volta ottenute tali informazioni, sarete in grado di decidere quali pazienti potranno beneficiare del supporto nutri- zionale.

Da un lato ci sono i pazienti con riserve normali, valutate mediante l’anam- nesi e gli esami, e con stress associato da minimo a moderato, che potranno ripren- dere una alimentazione normale in meno di 7–10 giorni e che perciò non avranno bisogno di supporto nutrizionale.

Dall’altro ci sono i pazienti con scarse riserve disponibili e con stress da moderato a grave che potranno riprendere una alimentazione normale dopo 7–10 giorni e che perciò beneficeranno del supporto nutrizionale.

(3)

Nutrizione enterale versus parenterale

Il supporto nutrizionale può essere fornito per via enterale (mediante il trat- to alimentare) o parenterale (per endovena). Il vantaggio della nutrizione enterale è che è più facile da gestire, è meno costosa, si associa ad un numero minore di complicanze e, molto probabilmente, anche ad una migliore funzionalità del siste- ma immunitario e ad una minore traslocazione dei batteri intestinali. Il vantaggio della nutrizione parenterale è che può essere utilizzata quando il tratto gastro-inte- stinale non funziona.Tale impiego non è più controverso: quando l’intestino fun- ziona, usate la nutrizione enterale! È ovvio che la nutrizione enterale è più sicura, più economica e più fisiologica di quella parenterale!

Nutrizione enterale

Del buon cibo somministrato per bocca è l’ideale. La nutrizione per os richie- de la collaborazione del paziente, un normale meccanismo di deglutizione e una normale motilità gastrica. Pazienti sedati ed intubati non possono deglutire.

Tuttavia il problema principale è che dopo un intervento all’addome, lo stomaco è più pigro dell’intestino. In altre parole, dopo una laparotomia, l’intestino tenue riacquista la propria motilità prima dello stomaco. L’intestino è pronto ad assorbi- re sostanze nutrienti in I giornata post-operatoria mentre lo svuotamento gastrico può essere ritardato per qualche giorno (Cap. 43). È dunque ovvio che, quando si ritiene necessaria una alimentazione post-operatoria precoce o quando l’assun- zione per os di cibo è inadeguata, il cibo dovrebbe essere somministrato distal- mente, al di là dell’esofago e dello stomaco.

Vie di somministrazione

Generalmente, quando il paziente non può usare la bocca, le vie alternative per il nutrimento sono:

Sondino naso-gastrico e naso-enterico. Il primo è ovviamente da scartare quan- do lo stomaco non funziona. Il secondo rilascia le sostanze nutritive direttamente nel duodeno e nel digiuno. L’intubazione transnasale in pazienti coscienti è tollera- bile esclusivamente se sono utilizzati sondini morbidi di piccolo diametro.

Complicanze rare sono un trauma nasale, una infezione dei seni paranasali e (mol- to raramente) la dislocazione del sondino nell’albero bronchiale con instillazione accidentale di soluzione nutritiva nei polmoni.

Gastrostomia e sondino digiunale transgastrico. Il sondino di alimentazione è posizionato chirurgicamente nello stomaco e/o nel digiuno attraverso il piloro.

Questa è una procedura chirurgica invasiva per la parete gastrica. La complicanza principale è un gemizio dalla sede di inserimento attorno al sondino – una eve- nienza non rara – o in cavità peritoneale – una evenienza meno frequente ma potenzialmente letale.

(4)

Digiunostomia. Il sondino (o catetere) di alimentazione viene inserito diretta- mente nel digiuno prossimale (vedi sotto).

Chiaramente, una nutrizione diretta nel digiuno, a differenza di quella gastri- ca, si associa ad un rischio minore di “ab ingestis”.

Devo inserire un catetere di alimentazione digiunale?

Questa è la domanda che dovete farvi al termine della laparotomia d’urgen- za. È molto meglio inserirlo a questo punto invece che dopo l’intervento. Dovete tenere in considerazione i tre problemi citati in precedenza: che probabilità ha il paziente di mangiare nei prossimi 7–10 giorni? Il paziente è o non è malnutrito?

Qual è l’entità della malattia?

Un paziente malnutrito, alcolista, che richieda una gastrectomia totale con anastomosi esofago-digiunale per una emorragia massiva del tratto gastro-intesti- nale superiore, rappresenta la classica indicazione all’inserimento di un catetere a J di alimentazione digiunale. Una nutrizione immediata con catetere-J può apporta- re dei benefici anche in pazienti con traumi multipli del torace, della pelvi e delle ossa lunghe, sottoposti a laparotomia per un danno epatico. L’inserimento del catetere-J non è invece indicato in pazienti ben nutriti sottoposti a resezione gastrica poiché i rischi potenziali sono maggiori dei presunti benefici. Ehi, non vorrete posizionare un catetere-J in un paziente che non ne ha bisogno!

Ci sono tre modalità per inserire un catetere-J durante un intervento:

Per via transnasale – fino allo stomaco da cui potrete manipolarlo spingen- dolo fino al digiuno prossimale. Il vantaggio è che non c’è bisogno di eseguire una gastrotomia o una enterotomia; gli svantaggi sono la presenza del tubo nel naso ed il rischio di un dislocamento accidentale.

Per via transgastrica – sono disponibili cateteri per gastrostomia/digiuno- stomia combinati che permettono contemporaneamente l’aspirazione gastrica e l’alimentazione digiunale. Ovviamente la gastrostomia ha le proprie complicanze – soprattutto leakage intorno al tubo, in cavità peritoneale ed una cellulite della parete addominale. È obbligatorio suturare meticolosamente lo stomaco alla parete addominale.

Per via digiunostomica – un catetere di 16 F od oltre può essere posizionato – in direzione distale – attraverso una enterotomia (a circa 30–40 cm dall’angolo duodeno-digiunale, NdT) e lo si fissa mediante una borsa di tabacco quindi, dalla sede di entrata, lo si “tunnellizza” per 5–7 cm lungo il versante antimesenterico inte- stinale (tecnica di Witzel). In alternativa, un catetere di 12 o 14 G può essere “tun- nellizzato” nel lume digiunale attraverso un ago (“tecnica del catetere con ago”).

Entrambe le tecniche richiedono che l’intestino sia suturato nella sede di entrata del catetere alla parete addominale, in modo da prevenire una eventuale perdita intra- addominale del contenuto ileale se il catetere dovesse venire incidentalmente rimos- so prima che si venga a creare una fistola entero-cutanea (entro 7–10 giorni). Altri trucchi utili sono: suturare il tratto efferente ed afferente dell’ansa alla parete addo-

(5)

minale, per prevenire l’angolazione e l’occlusione in sede di digiunostomia. L’ago ed il catetere devono penetrare obliqui nella parete addominale, in linea diretta, quasi parallela con il “tunnel” parete-intestino; così facendo, si previene l’angola- zione – seguita da rottura – del tubicino alla giunzione intestino-cute.

Nella maggior parte dei casi si può istituire una alimentazione continua con catetere-J subito dopo l’intervento. La diarrea è un problema frequente che richie- de la regolazione del volume e della concentrazione della soluzione di vostra pre- ferenza. Sappiate che i cateteri naso-digiunali possono, naturalmente, essere posi- zionati al di là delle linee di sutura/anastomosi quindi, così facendo, la nutrizione enterale scorrerà distalmente ad esse. Da notare anche che in pazienti critici trat- tati precocemente con alimentazione digiunale post-operatoria sono stati riportati casi di infarto intestinale massivo, forse dovuto ad un incremento del fabbisogno metabolico in un intestino già scarsamente perfuso. Mantenete i cateteri-J in pazienti instabili e in quelli trattati con vasopressori. L’ileo dell’intestino tenue può ostacolare una adeguata nutrizione con cateteri-J; tenete sempre presente che, alla base di un ileo persistente o recidivante, può esserci una causa che può essere risol- ta (Cap. 43).

Potreste essere contattati dai produttori delle nuove diete “immunostimolan- ti”. Si tratta di formule per l’alimentazione che contengono alte concentrazioni di elementi nutritivi e che sono ritenute in grado di “aumentare l’immunità”, ridu- cendo così la percentuale di infezioni post-operatorie. Il valore di queste costose diete è dubbio, così come il valore della integrazione enterale con l’aminoacido glu- tammina.

Inserimento post-operatorio di un catetere-J transnasale

Se indicato, potete inserire un catetere-J transnasale anche dopo l’intervento:

non è semplice e richiede una prolungata manipolazione sotto fluoroscopia. Una alternativa è quella di utilizzare un gastroscopio con un lungo catetere (naso-biliare) posizionato nel duodeno distale attraverso il canale bioptico della sonda e sotto visione. È ovvio che l’inserimento intra-operatorio è più semplice. Non dimentica- tevi di questa opzione prima di richiudere l’addome.

Nutrizione parenterale

I pazienti incapaci di mangiare e che non tollerano l’alimentazione entera- le possono aver bisogno di un supporto nutrizionale parenterale, disponibile in 3 “gusti”:

L’idratazione con basso contenuto proteico o protein-sparing si avvale del fatto che 100 g di glucosio al giorno aboliscono la gluconeogenesi epatica fornendo una buona parte del fabbisogno di glucosio giornaliero necessario: due litri di destrosio al 5% forniscono questa quantità di zucchero; per il paziente medio, “non troppo stressato” questo è più che sufficiente per i primi 7 giorni post-operatori.

(6)

La nutrizione parenterale periferica (NPP) contiene aminoacidi oltre ad una bassa concentrazione di glucosio; può fornire un effetto protein-sparing aggiuntivo quando lo “stress” si associa al digiuno. È utile nella nutrizione di mantenimento per un periodo intermedio di digiuno post-operatorio, 7–14 giorni, o finché dura- no le vene periferiche del paziente. Infatti l’NPP “distrugge” le vene e richiede spes- so nuovi accessi venosi (i curatori mi hanno chiesto di non citare voci bibliografi- che, ma non resisto e perciò raccomando di leggere un eccellente review sull’argo- mento di AD Anderson et al. – Anderson AD, Palmer D, MacFie J. Peripheral paren- teral nutrition (2003). Br J Surg 90:1048–54).

La nutrizione parenterale totale (NPT) contiene aminoacidi ed una soluzio- ne concentrata di destrosio a cui viene di solito aggiunta una soluzione lipidica che fornisce, per una durata indefinita, la quantità totale di fabbisogno nutrizio- nale anche a fronte di un grave stress. Come sempre l’atto di bypassare la fisio- logia ha un prezzo – la NPT si associa ad una lunga lista di complicanze mecca- niche, infettive e metaboliche correlate all’inserimento del catetere ed è piuttosto costosa.

Valutazione dell’efficacia del supporto nutrizionale

Nel lungo termine, può essere calcolata osservando l’equilibrio tra sintesi e degradazione proteica, rispecchiato dai livelli delle proteine sieriche come l’albu- mina (emivita 17 giorni) o la transferrina (emivita 8 giorni). Nel breve termine, soprattutto nei malati critici, è possibile valutare il bilancio azotato confrontando la quantità di azoto urinario (campione delle urine delle 24 ore analizzato in labo- ratorio) con la quantità di azoto fornita dal supporto nutrizionale (riportato sulla confezione).

Perci `o cosa dovete fare?

Per prima cosa, decidete se è utile fornire un supporto nutrizionale, valutan- do le riserve nutrizionali, il livello di stress e l’intervallo di tempo prima che il paziente possa riprendere una dieta normale.

Rimandate la somministrazione degli integratori nutrizionali fino a quando la reintegrazione peri-operatoria dei liquidi per via endovenosa non abbia attenuato l’effetto del sequestro di liquidi nel terzo spazio ed il quadro fisio- logico iniziale ipermetabolico ed iperglicemico non si sia risolto in qualche modo (di solito entro 24 ore).

Calcolate il fabbisogno nutrizionale con formule (non dovete vergognarvi di farlo) o con la calorimetria indiretta.

Istituite il supporto nutrizionale.

Valutate l’efficacia del trattamento analizzando la perdita di azoto urinario confrontata con la quantità di azoto fornito dal trattamento.

(7)

Alimentazione per os di “routine”

Per fortuna, nella maggior parte dei pazienti operati per una urgenza addo- minale, l’ileo, indotto dalla patologia di base e dall’intervento chirurgico, si risol- ve entro qualche giorno. Una volta, la ripresa dell’alimentazione per os avveniva per gradi. Per prima cosa veniva introdotto il sondino naso-gastrico, che era man- tenuto in sede per un periodo di tempo variabile (Cap. 40); poi il sondino veni- va rimosso (in base ai dogmi stabiliti dal guru locale). Dopo la benedetta emissio- ne di aria, il paziente iniziava con “piccoli sorsi”, passando gradualmente ai “liqui- di chiari” poi a “liquidi sostanziosi” e ad una “dieta leggera”, fino al grande giorno in cui poteva assumere una “dieta regolare” che di solito indicava che la dimissio- ne era vicina. Questo rituale o le sue varianti sono ancora in uso presso il vostro dipartimento? Se sì, sappiate che la sua utilità non è basata su alcuna prova. Esi- stono, invece, prove scientifiche che dimostrano che una iniziale assunzione di cibi solidi è altrettanto “sicura” e tollerabile del metodo graduale, ancora oggi utilizza- to da molti.

Dall’altro lato della medaglia, ci sono chirurghi che sostengono che se il paziente divora una bistecca il giorno dopo una colectomia questa è la prova evi- dente delle loro eccezionali capacità chirurgiche. Probabilmente anche questo atteg- giamento è sbagliato – che senso ha forzare un paziente a mangiare se non ha fame?

Il fisiologico ileo post-operatorio è una reazione che deve avere un qualche moti- vo; la fame e il desiderio di mangiare ritornano quando riprende la motilità inte- stinale. Il nostro approccio è quello di far decidere al paziente quando, cosa e quan- to mangiare; sarà lui a dirvi quando il suo stomaco è pronto per una bistecca o un semolino (Fig. 41.1).

Fig. 41.1. Prima giornata post-operatoria: “Lasciala mangiare quanto vuole…”

(8)

Commento finale

Prima di finire, vi riveliamo alcune verità:

Sappiamo che un digiuno prolungato può essere dannoso, ma non esistono prove che dimostrino che una rialimentazione precoce dopo un intervento apporti dei vantaggi.

Sappiamo che la nutrizione enterale, se confrontata con la NPT post-opera- toria, determina risultati migliori. Tuttavia, se questi studi non prevedono un gruppo di controllo di pazienti non alimentati, non è chiaro se la nutrizione enterale apporti dei particolari benefici o se la NPT sia associata o meno ad un aumento della percentuale di complicanze.

Esistono prove che dimostrano che una nutrizione enterale post-operatoria precoce può determinare effetti negativi sulla funzionalità respiratoria.

Le “catastrofi” addominali ed il loro trattamento chirurgico sono spesso com- plicati da una compromissione delle riserve nutrizionali, da stress e da un lungo intervallo di tempo prima che il paziente possa riprendere una dieta normale. Il risultato di tutti questi fattori è l’instaurarsi di una “immunoparesi” da “auto-can- nibalizzazione” delle proteine funzionali con percentuali associate di morbilità e mortalità. In pazienti selezionati il supporto nutrizionale può contribuire a ridur- re questi effetti. Indotto dalle case farmaceutiche, dai servizi dietetici ospedalieri o dai “team NPT”, il trend attuale è quello di sovralimentare il paziente chirurgico, determinando morbilità e costi ulteriori. La nutrizione artificiale è un’arma a dop- pio taglio. Perciò siate prudenti e selettivi.

“Alcuni sembrano essere incapaci di permettere ai loro pazienti di usare le naturali vie di alimentazione… i cibi ed i liquidi assunti attraverso il canale alimen- tare permettono ai tessuti di selezionare e trattenere ciò di cui hanno bisogno e di scartare ciò che è dannoso o è superiore al fabbisogno.” (William Heneage Ogilvie, 1887–1971)

“Nella maggior parte dei casi, i cibi che sono graditi ai pazienti possono essere mangiati, quelli che invece non sono graditi non dovrebbero essere mangiati.”(Mark M. Ravitch, 1910–1989)

Riferimenti

Documenti correlati

To show the capabilities of our scheme we have applied it for the time integration of second order system of equations resulting after discontinuous spectral element

operazioni di imbarco e di sbarco compiute nel luogo in cui viene effettuato uno scalo. L5421-3 del Codice dei trasporti: «L'accident corporel survenu en cours de voyage, ou

La nostra posizione personale e di gruppo è presto delineata: apparteniamo alla categoria di coloro che sono convinti che, preliminare a qualsiasi preparazione professionale,

associati al tema della finta astrologia, già illustrati nella commedia di d’Ouville, e assenti nella comedia di Calderón, senza che questi portino a una critica delle

molto più rigorosamente del delitto colposo ed avvicinata piuttosto al delitto doloso: la fuoriuscita dal voluto su tale linea di sviluppo fra evento meno grave ed evento

Come si vede dalla figura, sono due le condizioni che devono essere verificate affinch` e si abbia la transizione in questo stato: il livello di tensione della batteria deve

Organizzata per macro- blocchi di carattere tematico (a una parte iniziale in cui sono con- centrati, con valore introduttivo, i lavori di carattere generale per un

Gli aspetti più critici della serie di conferenze sono stati l’ambiguità e la duplicità degli obiettivi princi- pali: da un lato la redazione di una nuova bozza di principi di