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MADRE ROSETTA MARCHESEben nota, amata e apprezzata soprattutto dalle varie ispettorie

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Academic year: 2022

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I s t i t u t o F i g l i e d i M a r i a A u s i l i a t r i c e

F o n d ato da S. Giov. Bosco

Roma, 26 ottobre 1981

C arissim e Sorelle,

il giorno 23 c. m„ per desiderio di m adre Ersilia C an ta — c o n ­ diviso in pienezza e gioia da tu tte le C ap ito lari — , l'Is titu to venne co n s ac ra to allo Spirito S an to nel corso di una c e le b ra ­ zione presieduta dal R ettor M aggiore.

N ella luce e n ell’ in tim o gaudio di questo avvenim ento, si pro­

ced ette, nel giorno successivo, 24 ottobre, all'e le zio n e della M a d re G en erale. So tto la presidenza del Rev.m o R ettor M a g ­ giore, don Egidio Viganò, D eleg ato A postolico per l'Is titu to . L 'adunanza c ap ito lare si aprì con il c an to del Veni C reator.

Seguirono le votazioni e, fin dal prim o rapido scrutinio, risultò e letta la carissim a

MADRE ROSETTA MARCHESE

ben nota, a m a ta e a p p re zza ta so p rattu tto d alle v arie ispettorie d ’ Italia e d' Europa che visitò in questo sessennio.

N ata in Aosta nel 1922, e n trò giovanissim a nell' Istituto, fa ­ cendovi la prim a Professione nel 1941. Dopo parecchi in c ari­

chi direttivi e ispettivi, nel C ap ito lo G e n era le XV I venne eletta C onsigliera visitatrice.

Oggi è c h iam a ta , da un lum inoso disegno di Dio, a rap p resen ­ ta re la M ad o n n a nella guida dell' Istituto. Lo riceve d alle mani d eiram a tiss im a m adre Ersilia C an ta, che per 12 anni — d e li­

cati e difficili per la vita religiosa nella C hiesa — lo ha guidato con lim pida fede, con serena ferm e zza , con instancabile d ed i­

zione, ed ora lo tras m e tte, unito e fed ele, a m adre Rosetta.

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La successiva elezione ha donato, alla M a d re e a ll’ Istituto, la V icaria G e n era le nella persona della carissim a

MADRE MARIA DEL PILAR LETÓN

che per lunga esperienza a cq u istata com e d irettrice, ispettrice e visitatrice in vari Paesi deH'Am erica Latina e per la sua pro­

vata fed eltà, dà g rand e fiducia di essere valido aiu to per la M a d re G en erale.

B enediciam o il Signore che, a ttrav e rso M aria A usiliatrice, con ­ tinua ad a ssicu rare la sua presenza tra noi, e diciam ogli il g razie incessante per i doni di ieri di oggi e di dom ani, dei quali abb iam o filiale c ertezza.

C ontinuiam o a pregare per i lavori del C apitolo e per le e le ­ zioni delle a ltre C onsigliere g enerali che, a suo tem po, segui­

ranno.

A ff.m a in M . A.

suor M ich elin a Secco

S e g re ta ria p er le e le zion i nel C a p ito lo G e n e ra le X V II

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I s t i t u t o F i g l i e d i M a r i a A u s i l i a t r i c e

F o n d ato da S. Giov. Bosco

Carissime Sorelle,

i lavori capitolari urgono; tuttavia non posso fare a m e­

no di raggiungervi in questo 13 dicem bre 1981, ultim a com m e­

m orazione m ensile che conchiude il prim o centenario della m orte di santa Maria Domenica Mazzarello.

Il 12 m attino all’offertorio della solenne concelebrazione presieduta dal R etto r Maggiore in S. Pietro, prim a dell’udienza Pontificia, ho presentato con le o fferte per il Sacrificio, il libro della vita della nostra Santa. Ho voluto com piere in tal m odo un gesto profondam ente significativo: in quella vita ho racchiu­

so la vita di tu tte noi, care sorelle, sì, la vita di ogni FMA, di ogni aspirante, postulante, novizia.

D urante l’anno abbiam o cercato di conoscere meglio, inte­

riorizzare, riprodurre in noi, secondo le m ozioni dello Spirito, alm eno qualche aspetto della santità della nostra Madre. Ab­

biamo cercato di essere fedeli alle linee program m atiche dateci dalla carissim a m adre Ersilia all’ inizio delle com m em orazioni centenarie: « convertirsi personalm ente e decisam ente, e m an­

tenere integro, infuocato, lo spirito delle origini... lasciarsi con­

durre dallo Spirito Santo nell’ intim o santuario del cuore di madre Mazzarello per realizzare una vera trasform azione spi­

rituale » (cf circ. n. 643, 24- 12- 1980).

Abbiam o fa tto la felice scoperta del dinam ism o di im pegno cristiano e di gioia di vivere che la sua conoscenza ha prodotto in quanti, dietro nostro invito, hanno accostato la sua figura:

dalla gioventù che popola le nostre case, ai genitori e collabo­

ratori; alle exallieve, a tu tta la fam iglia salesiana.

Portando all’altare la vita di m adre Mazzarello, quasi a rin­

novare in nom e di ciascuna FMA il suo gesto di suprem a offerta per il fu tu ro dell’ Istitu to , ho inteso rendere lode al Signore per l’am m irabile fluire di grazia che ha percorso in questo anno

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centenario le nostre com unità; ho supplicato affinché tale ab­

bondanza di grazia restasse com e ricchezza perm anente e fo rte spinta a continuare il cam m ino di santità intrapreso e rasso­

dato sulle sue orme.

Madre Mazzarello ci ha trasm esso questo « clamore » alla santità come il più bel regalo che oggi possiamo fare alle gio­

vani, attraverso le parole del R etto r Maggiore nell'om elia che ho il piacere di accludervi. Esso deve scuotere le profondità del nostro cuore, là dove lo Spirito di Dio ci abita e attende che diam o spazio alle meraviglie delle sue operazioni divine: non abbiam o paura, care sorelle; lasciamo che lo Spirito Santo, a cui la Congregazione è stata consegnata, operi in noi com e vento im petuoso o com e brezza soave. Egli ci plasmerà secondo quel­

la santità quotidiana, semplice, ignara di sé, aperta a tu tti, che ci renderà salesianam ente amabili; santità piena di quella gioia contagiosa senza cui, com e ci ha detto il Papa nella straordina­

ria udienza concessaci subito dopo, non è possibile guadagnare il cuore delle giovani, secondo le esigenze dell’amorevolezza salesiana.

I vari m om en ti delle com m em orazioni centenarie non pote­

vano avere conclusione più solenne e più ricca di suggestioni per la nostra vita che le parole del Papa e del R etto r Maggiore.

Siam one grate al Signore, traducendole in volontà ogni giorno rinnovata di vita piena nello Spirito per la crescita del Regno di Dio.

Ho protestato al Papa, a nom e di tutte, la nostra indiscussa fedeltà, che vuol essere eco di quella di don Bosco e di m adre Mazzarello; gli ho assicurato che le FMA leggono e m editano la sua parola e che il suo m agistero orienta la stesura delle nostre Costituzioni; gli ho prom esso la nostra preghiera quotidiana:

facciam o che le parole con cui ho cercato di interpretarvi, sia­

no, in ogni situazione di vita, una coerente realtà.

Al term ine di questa m ia sento il bisogno di esprim ere un grazie particolarissim o a nom e di tulle, al R etto r Maggiore.

Egli, nonostante i suoi gravi impegni, non si è m ai so ttra tto ai nostri inviti. Nella lettera espressam ente scritta per il centena­

rio della m orte di m adre Mazzarello e in tu tti i discorsi tenuti nelle varie tappe delle celebrazioni fino all’om elia conclusiva,

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ci ha donato un abbondantissim o, autorevole, aggiornato m ate­

riale per approfondire lo spirito di M ornese e la figura di m a­

dre Mazzarello in relazione alla vocazione salesiana.

Per lui, per tu tti i Superiori e Confratelli Salesiani che ci hanno aiutate nello studio delle nostre origini, ed in m odo spe­

ciale per don L. Càstano, don C. Colli, don A. Kothgasser, don A. L ’Arco i cui scritti hanno notevolm ente contribuito a farci scoprire l’apporto fem m inile di m adre Mazzarello e dello spiri­

to di Mornese al carisma salesiano, il nostro grazie diventa pre­

ghiera e vita.

Preghiera im plorante ogni benedizione di Maria Ausiliatrice sul loro m inistero sacerdotale; vita entusiasta e dinamica, che vuol coinvolgere nell’unico appassionante cam m ino verso la santità salesiana, anche le nostre giovani.

Proprio in questi giorni la Chiesa sta m ettendo il suggello al riconoscim ento della santità eroica di suor Teresa Valsè e di Laura Vicuna; non vi pare, care sorelle, che il Signore ci ricopra di grazie s t r a o r d i n a r i e che queste grazie attendano una straor­

dinaria risposta da parte nostra?

R innoviam oci nell’ allegria ricca di fede e di speranza che fruttificava a M ornese in opere di carità!

In questo clima natalizio tu tto ci parla di gioia per la « Vita » che è venuta a rinnovare il m ondo; il Capitolo sta donandoci le C ostituzioni definitivam ente rinnovate. Ognuna di noi sia, con l’aiuto di Maria, nostra Madre Ausiliatrice, un grazie vissuto in un crescendo di donazione a Dio e alle giovani.

Come avrete appreso dalle vostre ispettrici, il 3 e il 4 dicem ­ bre, nella novena dell’ Im m acolata, è stato eletto il nuovo Con­

siglio Generale che risulta così com posto:

' Madre Maria del Pilar Léton — Vicaria Generale

‘ Madre Ilka Perillier Moraes — Consigliera per la Formazione ' Madre Marinella Castagno — » per la Pastorale ' Madre Carmen Martin Moreno — » per le Missioni

• Madre Laura Maraviglia — » per l’Amministraz.

' Madre Dolores Acosta — » Visitatrice

(Ispettoria u ruguayana)

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° M adre Lina Chiandotto — Consigliera Visitatrice

(ispettoria cinese)

• M adre M aria Ausilia Corallo — » »

• M adre Anna M aria Deumer — » »

(ispettoria belga SS. Sacramento)

• Madre Letizia Galletti — » »

• M adre E lisabetta Maioli — » »

(ispettoria emiliana)

• M adre Elba Montaldi — » »

Form iam o una bella famiglia, sem plice e serena; desiderosa di m ettersi a vostro com pleto servizio per la crescente vitalità dell’ Istituto.

Sentiteci così e continuate a sostenerci con la vostra adesio­

ne fedele e la vostra cordiale preghiera.

Interpretate il nostro pensiero augurale presso i vostri cari ge­

nitori e fam iliari; presso i rev.di Ispettori, Direttori, Confratelli e i m em b ri della fam iglia salesiana.

Dite alla nostra carissim a gioventù che è sem pre parte viva della nostra preghiera e lo sarà particolarm ente in questo Na­

tale capitolare, così eccezionale per noi.

Il gaudio natalizio riem pia il cuore di tutte.

Roma, 13 dicem bre 1981

Vostra aff.ma Madre

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I s t i t u t o F i g l i e d i M a r i a A u s i l i a t r i c e

F o n d ato d a S. Giov. Bosco

Rom a, 1° n ovem bre 1981 Solennità di tu tti i Santi

Carissime Sorelle,

vengo per la prim a volta a voi nella festa di tu tti i Santi; festa liturgica che sem bra avere un particolare sa­

pore salesiano: in fa tti il pensiero del « Paradiso » inteso com e vita di grazia e dim estichezza con la Madonna, gli Angeli e i Santi, era abituale nell’am biente educativo di Valdocco e di Mornese; da esso zampillava la gioia genera­

trice di santi delle nostre benedette origini.

In questo clim a di gioia e di azione di grazie, desidero raggiungere ciascuna delle m ie carissim e sorelle.

E ntro nelle vostre case, vi trovo nel luogo del vostro lavoro, della vostra preghiera, della vostra sofferenza: per ciascuna in particolare è il m io grazie, pieno di fiducia e d i affetto.

Da tu tte le parti del m ondo, personalm ente e com uni­

tariam ente, m i avete voluta incoraggiare con tante espres­

sioni piene di bontà, con l'assicurazione di preghiere in­

tense, di o fferte generose, di adesione filiale: su questa im m ensa ricchezza appoggio il nuovo servizio all’am ato Is ti­

tuto e a ciascuna di voi; servizio che ho iniziato il 24 otto­

bre so tto lo sguardo m aterno di Maria, dopo che tu tta la Congregazione, la sera precedente, per felice iniziativa della

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nostra carissim a m adre Ersilia, era stata riconsegnata allo Spirito Santo.

Dallo Spirito Santo, per la m ani di Maria, l’ho così rice­

vuta e, p u r nello sgom ento di quegli istanti, ho sentito il cuore dilatarsi, nei sentim enti della Madonna, alla fecondità del suo Fiat e all’esultanza del suo Magnificat.

Vengo così a voi nella consapevolezza della m ia povertà, dei m iei lim iti, m a con un vivissim o desiderio di essere co­

me m adre Mazzarello solo e sem pre la « Vicaria della Ma­

donna » e di am arvi e servire il Regno di Dio in ciascuna di voi con il cuore paterno di don Bosco.

Lunedì, 26 ottobre, com e già sapete, le Capitolari hanno eletto a vicaria generale la carissim a m adre Ma r ia d e l Pi l a r Le t ó n. I l suo fo rte attaccam ento all’ Istitu to , l’espe­

rienza e la saggezza che la contraddistinguono, m i saranno di valido aiuto a bene di tutte.

Ci restano esem pio lum inoso di dedizione senza lim iti le nostre am atissim e m adre Ersilia e m adre Margherita. Le Capitolari vi parleranno della serenità, della sem plicità e della spontaneità con cui ci hanno trasm esso l’eredità, che da esse abbiam o accolto con tanto filiale a ffetto e gratitu­

dine. Abbiam o vissuto m o m e n ti di vita di fam iglia che re­

steranno scolpiti nel cuore di tu tte e che porteranno certa­

m ente m olto fru tto nella vita dell’ Istituto.

Con la cara m adre Pilar, con le Madri, le Capitolari e con voi tutte, sento il bisogno di rinnovare in questo m o­

m ento il nostro im pegno di fedeltà alla Chiesa e al Papa;

im pegno che tradurrem o concretam ente nell'obbedienza al suo m agistero e nel rinnovato slancio di lavoro apostolico.

Un ringraziam ento tu tto speciale è per il R etto r Mag­

giore, che sentiam o in m ezzo a noi sop ra ttu tto Padre, con una disponibilità che ci lascia ogni volta più edificate. La sua presenza incoraggiante nel giorno delle elezioni ci ha fatto sentire al vivo il cuore di don Bosco; la sua parola

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sem pre così ricca di salesianità, di luce, di slancio, ci spa­

lanca larghi orizzonti e ci aiuta nella riflessione dei vari argom enti con quella carica di ottim ism o, di equilibrio, di fiducia che sostiene e rende m eno difficile il cam m ino.

Maria Ausiliatrice lo ricom pensi largam ente e ricom ­ pensi con lui tu tti i rev.di Superiori e confratelli salesiani che in tanti m odi si sono fa tti cordialm ente presenti e che fa ttivam ente ci sostengono ovunque con il loro m inistero sacerdotale.

Alle carissim e allieve ed oratoriane, alle Exallieve, ai Cooperatori, alle VDB, ai genitori e ai collaboratori laici delle nostre opere, vada il m io saluto riconoscente e l’assi­

curazione della m ia preghiera.

Care sorelle, risalendo da m adre Ersilia, a m adre An­

gela, a m adre Linda, a m adre Vaschetti, a m adre Daghero, lungo una traccia lum inosa di santità salesiana, incontria­

m oci tu tte in m adre Mazzarello e riprendiam o con lei il cam m ino. La m èta è unica: arrivare in Paradiso con tu tte le anim e giovanili per cui abbiam o donato e consum ato Vesistenza.

Per questo fine lavoriamo unite, voi nelle vostre case e noi qui in Capitolo.

La benedizione della M adonna e di tu tti i S an ti rafforzi la nostra unità e fecondi le nostre fatiche per il Regno di Dio.

Con le am atissim e m adre Ersilia e m adre Margherita, con le Madri tutte, vi rinnovo il saluto, e vi sono

aff.m a M adre Suor ROSETTA MARCHESE

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Ist it u t o Fig l ie d i Maria Aus ilia tr ic e

Fondato da S. Giov. Bosco

N. 651

Carissime Sorelle,

sono lieta di presentarvi il prezioso dono del com m ento alla Strenna che il rev.mo R etto r Maggiore tenne qui in casa generalizia il 31 dicem bre u.s.

Come vedete, la Strenna per il 1982 si riallaccia al sogno del personaggio dai dieci diam anti, di cui lo stesso rev.m o S u ­ periore e Padre nell’agosto scorso, in preparazione al com ­ piersi del centenario di detto sogno (settem bre 1881) ci diede am pia e com pleta spiegazione e sul quale im prontò la predi­

cazione degli Esercizi alle Capitolari.

La Strenna s’im pernia sulle parole « Lavoro e Temperan­

za », quale program m a o meglio testimonianza ascetica di ca­

rità pastorale alla scuola di don Bosco.

Per poterla praticare in m odo da trarne veram ente i fr u t­

ti copiosi che il rev.mo R etto r Maggiore se ne riprom ette, bi­

sogna non solo leggere, ma m editare ogni p u n to del com m en­

to, così da coglierne tu tti gli sviluppi e gli approfondim enti che ne illum inano il proposto stile di vita.

Solo in tal m odo potrete com prenderne l’attualità che pre­

senta, per vivere in pienezza l'im pegno della nostra vocazione di am ore pastorale per la gioventù di oggi.

N on aggiungo parole a quanto è contenuto nell’am pio com m ento, se non la vivissim a raccomandazione di tradurlo in vita vissuta.

Il nostro santo fondatore don Bosco, di cui ci prepariam o a celebrare la festa, ci conceda di saper rispondere alla nuova grazia di luce che ci viene o fferta e di rispondervi col suo

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stesso am ore per la gioventù, che fu palpito operoso d'inces­

sante donazione di tutta la sua vita.

M entre rinnovo al rev.mo R etto r Maggiore la riconoscen­

za più profonda dell’intero Istitu to per questo nuovo dono, rinnovo pure per tu tte l’im pegno di preghiera e di fattiva vo­

lontà di valorizzare ogni sua parola.

Lo accompagni e lo avvalori la nostra potente Ausiliatrice, alla quale lo affidiam o, certe del suo im m ancabile aiuto.

Con l ’augurio di una santa festa di don Bosco che ci intro­

duca nella sperata fase conclusiva del Capitolo e ce ne assi­

curi l'esito atteso, vi saluto per tu tte le Madri, prim e sem pre madre Ersilia e m adre Margherita, raccomandando m e e tutte alle vostre preghiere.

Roma, 24 gennaio 1982

Vostra aff.m a Madre

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S T R E NN A 1082

Lavoro e temperanza

siano per noi alla scuola di don Bosco

testimonianza ascetica di carità pastorale

contestatrice di un mondo

che promuove il dissidio tra amore e sacrificio

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CONTENUTO

• Introduzione.

• Un augurio alle Capitolari.

• Lavoro e Temperanza: stemma della nostra « indole propria » nella Chiesa.

• Appello profetico nell’odierna svolta culturale.

• Il lavoro: « estasi dell’azione ».

• La temperanza: « uno stile di vita ».

• Rilettura teologale di questa nostra spiritualità.

C om m ento del R e tto r Maggiore, don E gidio Viganò, secondo fedele registrazione e una sua revisione.

Roma, Casa Generalizia FMA - 31 dicembre 1981

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Incom inciam o leggendo il testo della S trenna:

« lavoro e tem peranza siano per noi alla scuola di don Bosco testim onianza ascetica di carità pastorale con­

testatrice di un m ondo che prom uove il dissidio tra am ore e sacrificio ».

INTRODUZIONE

Per u n com m ento a q uesta S tren n a sorge per m e u n a dif­

ficoltà: sul tem a « lavoro e tem peranza » ho già p arlato in settem bre alle C apitolari alm eno p er u n paio d'ore... e non vorrei ripeterm i. Se no, si può pensare: « Ma sono quelle lì le riflessioni che sa fare su quel tem a? N ient’altro ? ». P otreb­

be derivarne una delusione.

Cercherò, dunque, a ltri aspetti, che suppongono quanto già detto allora. Offro degli spunti in torno a q u a ttro « tem i generatori » di idee (come si dice adesso). Il resto le m ette­

rete insiem e voi pensandoci su.

Prim a, però, sento la necessità di dare u n a lode e u n plau­

so alle infaticabili e ingegnose Capitolari.

UN AUGURIO ALLE CAPITOLARI

Io sono ancora, e anche voi, sotto la g rata im pressione del­

l'a tto m usicale testé realizzato, la « C antata » cilena che avete eseguito in onore di m adre Mazzarello alla chiusura (proprio l’ultim o giorno!) di q u est’Anno Centenario. Una m usica m a­

gnifica, con u n caratteristico sapore latino-am ericano... con parole poetiche, pen etran ti, espressive; con soliste e voci...

da « opera »; con u n coro impeccabile! Abbiamo gioito e pen­

sato insiem e con pro fo nd a g ratitudine a m adre M azzarello e alle origini.

A me, poi, la « C antata » h a fa tto venire in m ente anche un altro bel pensiero, che si trad u ce in un voto cordiale: Ma guarda un p o ’ — m i sono detto — queste C apitolari come si sanno m ettere d'accordo! e fare arm onia! e cantare insieme

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ta n to bene! e realizzare... uno spettacolo artistico p er tu tto l’ istitu to ! Brave!! Auguri!!...

Ma torniam o alla Strenna.

LAVORO E TEMPERANZA:

STEMMA DELLA NOSTRA «INDOLE PROPRIA» NELLA CHIESA Il prim o « tem a generatore » in to rno a cui riflettere è l'af­

ferm azione che Lavoro e Temperanza costituiscono una sin­

tesi pratica di tutto lo spirito salesiano.

Don Bosco ci h a lasciato pro prio questo m otto « la vo ro e t e m p e r a n z a » come lo « stem m a » della n o stra spiritualità;

è il m etro della n o stra fedeltà e anche della n o stra crescita e della n o stra fecondità spirituale.

Il fam oso sogno del « personaggio » dai dieci diam anti, così come l'abbiam o m editato, ci presen ta sulle spalle del m anto, quasi a sostenere tu tti gli a ltri diam anti, ap p u nto que­

sti due: il lavoro e la tem peranza! In essi si deve vedere la concretizzazione vissuta, la p rassi quotidiana dei valori e del­

le esigenze degli altri diam anti. Quando ci si dom anda come vive il salesiano la fede, la speranza, la carità, come vive l'ob­

bedienza, la castità, la povertà, la m ortificazione, ecc., ossia tu tti gli atteggiam enti spirituali simboleggiati dai diam anti, ecco qual è la risposta: li realizza attrav erso un vissuto quo­

tidiano di « lavoro e tem peranza »; questo è, in com pendio, il nostro stile di santità.

È u n a sintesi della n o stra prassi, ossia della n o stra vita concreta, dove confluiscono e crescono tu tte le v irtù della sp iritu alità salesiana di don Bosco. È lo stem m a della n o stra scuola di spiritualità. Scrivendo a voi FMA per il Centenario della m orte di m adre Mazzarello, ho parlato della « scuola » spirituale di don Bosco. Q uando noi studiavam o teologia

— anni fa, quando eravam o u n p o ’ più giovani di adesso... — sentivam o dire che i « capiscuola » delle grandi co rrenti spi­

ritu ali sono assai pochi; dei santi strao rd in ari; e gli studiosi di allora non catalogavano don Bosco in quella im po rtan te 6

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lista. Passati « alcuni » anni — m ettiam o tre n ta o qu aranta, non di più!... — noi vediamo invece con sem pre m aggior chia­

rezza che anche don Bosco è u n caposcuola; certo, d entro la vasta o rb ita salesiana di san Francesco di Sales, m a con una originalità tu tta p ro p ria e assai vasta. Don Bosco è davvero l’iniziatore geniale di u n a corrente di sp iritu alità, il modello qualificato di u n tipo peculiare di sequela del Cristo. Così c’è pro prio da p arlare dell’« indole p ro p ria » della sua scuola.

Un contrassegno per percepire l’indole p ro p ria di tale ori­

ginalità spirituale, che è genialità e fisionom ia inconfondibi­

le, la troviam o appunto in questo m otto, che non è u n a sem­

plice form ula letteraria, o una frase p iù o m eno indovinata.

Nessuno di noi può pensare che don Bosco si sia seduto a ta ­ volino e abbia cercato due parole « belle » che potessero sug­

gerire un qualche program m a occasionale di pro p o siti asce­

tici: m ai più!... Il m otto è il risu ltato di u n a lunga esperienza vissuta, che non è neppure solo sua personale. Sì, è senz'al­

tro esperienza personale; m a è inoltre esperienza di famiglia, di am biente, di popolo cristiano, di tu tta u n ’epoca o u n a cul­

tu ra popolare perm eata dal Vangelo. Abbiamo rivissuto, poco fa, con gioia e contem plazione, d u ran te la « C antata », le ori­

gini del vostro Istitu to : M ornese, m adre Mazzarello! Ebbene, come descrivereste l’am biente della sua fam iglia, della sua com unità parrocchiale, dello spirito di M ornese? Abbiamo am m irato con affetto le diapositive che in qualche m odo lo fotografavano: il babbo, la m am m a, i com paesani, don Pe- starino... Come riassum ereste la m aniera p ratica di vivere di m adre Mazzarello? di quei cristiani? di quel paese? Queste due parole del m otto vengono pro p rio giuste: lavoro e tem­

peranza!

Le vediam o non come una form ula m oralistica p er descri­

vere u n a co ndotta di osservanza legale, o p er intensificare u n a m odalità di correzione dei difetti. Si presentano come uno stile culturale di vivere il cristianesim o: che è m olto di più! Perché tocca tu tto , im pregna tu tta l’esistenza, tu tto il quotidiano, tu tto ciò che si fa, come u n clim a in cui si vive spontaneam ente, quasi senza accorgersi.

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E d è pro prio questo il senso profondo del prim o « tem a generatore ». Dobbiam o percepire, innanzitutto, che il m otto

« lavoro e tem peranza » ci concentra su una sintesi di vita p ratica in cui vibra tu tta la n o stra spiritualità. Noi facciamo consistere la san tità in q uesta m aniera di vivere, in questo stile di esistenza quotidiana: qui scopriam o la n o stra « indo­

le p ro p ria ».

È doveroso aggiungere e sottolineare che lo stem m a sale­

siano di lavoro e tem peranza è am bientato in u n clim a spiri­

tuale che noi qui supponiam o. Per vedere la n o stra « indole p ro p ria » in esso, dobbiam o sup porre che cosa? Innanzitutto, che il lavoro e la tem peranza del salesiano sono fru tto di una carità p asto rale che ha fatto l'opzione preferenziale p er la gioventù bisognosa. Si tr a tta di un lavoro e di una tem peran­

za non in a stra tto , m a vissuti storicam ente da m odelli « tip i­

ci », come sono stati don Bosco e m adre Mazzarello che hanno saputo in carn arli in una tradizione viva. È in essi che si espri­

m e l’am ore di predilezione per la salvezza della gioventù b i­

sognosa. Un lavoro e u na tem peranza che procedono dal tro n ­ co della carità pastorale, in seriti in un « progetto educativo » originale con una sua sp iritualità, una sua criteriologia p asto ­ rale e u n a sua m etodologia di approccio e di dialogo, chia­

m ato « Sistem a Preventivo ».

Il salesiano vive i grandi dinam ism i della fede e della carità in u na speranza che si traduce in « lavoro e tem peran­

za »; il suo lavoro è tu tto rad icato nell’obbedienza; la sua tem ­ peranza custodisce una castità tu tta im p astata di b o n tà p er creare la sim patia del « farsi am are »; predilige la gioventù povera e vive p er essa e tra essa attrav erso il lavoro e la tem ­ peranza. T utto questo lo supponiam o!

APPELLO PROFETICO NELL'ODIERNA SVOLTA CULTURALE Un secondo « te m a generatore»: vivere lo stem m a lavoro e tem peranza come u n a profezia per la n o stra o ra culturale;

una profezia continuata, n u trita e difesa quotidianam ente 8

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dal vigore ascetico.

Che significa, « come una profezia »?

Vuol dire che si tra tta di una testim onianza che interpella, e anche inquieta, perché è contestatrice di u n m ondo che p ro ­ m uove il dissidio tra am ore e sacrificio. Noi viviamo u n 'o ra di creatività culturale. Bello!

Q uando ci riuniam o p er discutere sul rinnovam ento, ci costa m etterci d ’accordo! C’è chi vede più novità e chi ne vede di meno. Però nessuno m ette in discussione che viviamo u n ’ o ra di novità.

Nella novità o nei valori em ergenti appaiono, di fatto, sem­

p re due asp etti che si presentano uniti, m a che noi dobbiam o saper distinguere.

A nzitutto c ’è l 'aspetto positivo dei valori che em ergono e crescono. È bello vivere quest'ora! Q uanti valori si scoprono oggi che p rim a non erano presi sufficientem ente in conto!

Nei secoli scorsi, per m en talità verticista simile, in p arte, al p repotente abuso a cui si assiste ora in Polonia, certe m o­

d alità sociali di vita non prom uovevano l’uomo, e meno an ­ cora la donna. Adesso i popoli frem ono, perché c'è la coscien­

za del valore della dignità della persona, di un popolo, dei d iritti della libertà, del dialogo. C'è una novità! E cresce.

Mi è scappato fuori un esem pio che non finisce in trionfo, m a in calvario. Però si possono ad d u rre ta n ti a ltri esempi.

Noi stessi sentiam o, nel rinnovam ento della vita religiosa, il senso profondo del processo di personalizzazione, delle esi­

genze della libertà. Consideriam o un vantaggio il fatto che la consacrazione religiosa possa oggi essere vissuta con m ag­

gior coscienza e con più genuina libertà. Cam bierà m agari la m aniera di p arlare del voto di ubbidienza, di povertà e di castità, m a cresce la fedeltà a Cristo nella più cosciente rad i­

calità di uno stile di vita obbediente, p u ra e casta. Sto p a r­

lando dei religiosi e delle religiose buoni, di quelli che guar­

dano alla novità dei tem pi p er applicarla alla vocazione che am ano. Dunque: q u e st’o ra di novità è u n tem po di valori che emergono, che fanno crescere, e la cui saggia assunzione rin ­ 9

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nova le vocazioni. C’è urgenza di una nuova erm eneutica per percepire il linguaggio dei segni dei tempi!

Però, di fatto, sono anche tem pi in cui la novità, siccome em erge di p e r sé ancora pagana, non ancora battezzata, facil­

m ente s’incam m ina p er strade m eno giuste e anche devianti, che offrono il fianco a delle interpretazioni sbagliate con i conseguenti pericolosi abusi. Possiam o osservarlo in u n esem ­ pio di facile com prensione: il processo di prom ozione della donna, nella sua dignità personale, nella sua m issione fam i­

liare e nella sua funzione sociale. È uno dei segni dei tempi!

Meno m ale che c'è! Però se ne consideriam o certe in terp reta­

zioni e certe applicazioni, p er esem pio nel m ovim ento fem m i­

nista, allora vediam o stranezze, m ancanze di criterio, atteg­

giam enti contro natu ra , che accusano m ancanza di capacità di vivere i valori em ergenti secondo il loro giusto significato, nella verità e con uno sviluppo che favorisca la crescita in um anità.

Quindi la novità è am bivalente: com porta dei valori posi­

tivi che devono crescere, m a anche va accom pagnata, di fatto, da disvalori e da interpretazioni e sviluppi erronei e squili­

brati.

Ebbene: la « S trenna » è sta ta propo sta come u n appello alla n o stra coscienza profetica in una svolta culturale dove certe m ode sociali esigono da noi di vivere « contro corrente », ossia con un coraggioso e intelligente atteggiam ento di con­

testazione.

Un aspetto che caratterizza oggi la civiltà delle c ittà e di ta n te nazioni è u n tipo di nuova cultu ra totalm ente an tro p o ­ centrica, em ergente da una visione praticam en te ateistica, preoccupata solo del protagonism o dell’uom o in u n a in terp re­

tazione im m anente della storia, im pegnalo nella ricerca di una liberazione sociale m isu ra ta dal benessere; u n a ricerca di m aggior potere economico, di com odità, di trionfo del ben vivere, di ideali te rre stri e orizzontali, non più in là di ciò che è u n tipo di uom o riuscito socialm ente, nell’econom ia, nella tecnica e in u n a certa cu ltu ra del benessere, che non è certa­

m ente la « civiltà dell’am ore » proclam ata da Paolo VI.

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In tale cu ltu ra an tro pocentrica l’am ore si va identificando con l’eros, com e soddisfacim ento degli istin ti e delle pro p rie inclinazioni. Ciò h a in tro d o tto nella società u n disastroso di­

vorzio tra im p arare ad am are ed accettare di soffrire. Q uanto è sofferenza e sacrificio, ap pare com e u n a sconfitta o una m ancanza di realizzazione della persona. Se noi guardiam o invece, negli orizzonti della fede, alle m igliori testim onianze, se scrutiam o il m istero di Cristo, se analizziam o la grandezza di coloro che ci hanno preceduti in u n a auten tica vita cri­

stiana, p e r esem pio di don Bosco e di m adre Mazzarello, ve­

diam o che hanno un ito indissolubilm ente l’am ore e il sacri­

ficio, in u n a coesione esistenziale p er cui l’am ore più alto si dim ostra attraverso il maggior sacrificio.

La S trenna, allora, lancia alla Fam iglia Salesiana una spe­

cie di appello culturale. Noi siam o chiam ati a testim oniare oggi questa profezia evangelica, a d im o strare con la vita alcu­

ni asp etti fond anti una cu ltu ra alternativa. Precisam ente p er­

ché siam o m ossi dalla carità pastorale, ossia perché viviamo di am ore, p ro p rio p er questo assum iam o uno stile di vita sa­

crificata: u n a vita che riattualizza, in fo rm a realista e sto ri­

cam ente la più alta, la nuova q u alità di esistenza contenuta negli eventi pasquali di Cristo. P roprio ieri ascoltavam o all’

UPS che tali eventi sono « id quo m aius fieri nequit », ossia ciò di cui non si può fare nulla di più grande in tu tte le cultu­

re di qualsiasi secolo. In una sto ria in tessu ta di peccato il più grande am ore si dim ostra attraverso il dono totale di sé nel più generoso sacrificio.

Dio, che è l’Amore sussistente, nel farsi uom o p er salvarci non h a p o tu to inventare niente di più sublim e che il sacrifi­

cio di se stesso fino alla m o rte (e u n a m orte di croce!) come dim ostrazione di m assim o am ore.

La preoccupazione, quindi, di tra d u rre tu tte le n o stre vir­

tù in « lavoro e tem peranza » dovrebbe apparire, anzi deve essere, il clamore di una « profezia contestatrice ». N on si con­

testano, p iu tto sto si assum ono, i valori che sbocciano dall’

em ergenza culturale; si contestano, invece, le deviazioni e le 11

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m ode disum anizzanti. Noi che viviamo tra la gioventù sap­

piam o bene quali sono.

La n o stra contestazione, però, non si riveste della te a tra ­ lità della dem agogia e del populism o: non siam o dei trib u n i che vanno sul podio nelle piazze con alto p arlan ti (e m agari con la pipa in bocca...) p er lanciare discorsi infuocati contro sistem i, p rogetti e persone. La n o stra vita è « contestatrice » perché si m o stra palesem ente, senza bisogno di pu lp iti e di m icrofoni, attraverso u ri esistenza sim patica di tu tti i giorni, come una vita « contro corrente » nella fium ana del com odi­

smo che p o rta alla deriva. Quelli che vanno in giù con la cor­

ren te devono vedere chiaram ente che c'è qualcuno che va in su;

anche se è u n a b arch e tta piccolina: va in su, non va in giù!

In questo senso la S trenn a serve a in terpellare la gioventù che ci guarda. La obbliga a pensare: « Come mai?... Questa persona è felice... è contenta. Ha lasciato casa, fam iglia e co­

modità... vive qui tra noi... e s o p ra ttu tto p er noi! Come mai?

Non ha tali e quali vantaggi, non cerca né l'eros, né il potere, né la fam a, né l’indipendenza, né la tran q u illità e vive più contenta di noi. E ppure è intelligente! Come m ai? ».

Ecco il valore profetico, penetrante, interpellante della n o stra m aniera di vivere la S trenna: uno stile di vita — di­

ciam o così — sp artan o o meglio cristiano, salesiano, che m et­

te in vetrin a nella società u n m odo di realizzarsi nella pro p ria esistenza, di essere felici, allegri, soddisfatti, anche se sem pre in ricerca, perché m ostra una originale qualità di v ita in cui l’am ore non si esprim e nella com odità e nella soddisfazione dei p ro p ri piaceri, bensì nel sacrificio e nel servizio.

Una simile capacità profetica esige assai! Nella nostra, come in ogni sp iritu alità, è indispensabile una pedagogia di disciplina. L’im pegno ascetico non è la santità, m a è assolu­

tam ente inseparabile da essa. La croce non è il centro del m i­

stero di Cristo, m a è intrinseca ad esso. Il pro feta non è u na persona molle, in balia degli istin ti e a m ercé delle concupi­

scenze. La robustezza dell’im pegno ascetico è segno di buona salute nell’amore!

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IL LAVORO: « ESTASI DELL'AZIONE »

Dopo aver considerato lo stem m a della n o stra « indole p ro p ria » nella Chiesa e di averne sottolineato il « valore p ro ­ fetico », passiam o a considerare il lavoro del salesiano.

D obbiam o subito m etterci in sintonia con ciò che significa per noi il term ine « lavoro ». Come dicevo poco fa, lo collo­

chiam o al di d entro di un p rogetto educativo-pastorale, il Si­

stem a Preventivo; quindi ci situiam o p iù in là di u n a p u r im ­ p o rtan te visione sociologica.

In oltre, app ro fittan d o della distinzione che il Papa fa nel­

la sua u ltim a Enciclica tra il lavoro considerato « oggettiva­

m ente », com e elem ento sociale di studio e di giustizia, e il lavoro considerato « soggettivam ente », come espressione di­

nam ica della persona del lavoratore, noi ci concentriam o in questo secondo aspetto di azione personale. L’ Enciclica in­

com incia a p p u n to con la frase « Laborem exercens », quasi ad indicare non un oggetto in sé, m a u n soggetto che realiz­

za qualcosa: più che al lavoro in sé, guardiam o alla persona im pegnata nel lavoro, al « lavoratore ». Noi riflettiam o qui da tale angolatura: quella della persona che sta lavorando.

Parliam o del lavoro m a pensiam o al lavoratore, alla lavora­

trice: il salesiano, la FMA sono dei « lavoratori »! Ancora di più: anche in q u est’o ttica noi non ci ferm iam o (perché non ci com pete, non perché non sia di p er sé assai im p o rtan te stu ­ diarlo), non ci ferm iam o al lavoratore (« laborem exercens ») nell’am bito delle preoccupazioni sindacali; ossia non ci fer­

m iam o, anche dal p u n to di vista soggettivo del lavoro, nel settore dei problem i sociali, m a andiam o subito m olto più in là; consideriam o p iu tto sto e pro p riam en te l’am bito della spi­

ritualità di don Bosco. Allora il lavoro p ro posto dalla S tren ­ na che cos'è?

È una p rassi apostolica! Un atteggiam ento personale di dinam ism o e di servizio, tessu to anche di com petenza e di professionalità, che incarna nell’azione, come dicevo prim a, le n o stre virtù; in p artico lar m odo la n o stra c a r it à p a s t o r a l e.

Traduce nella p ratica i dinam ism i del « cuore o rato rian o »!

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È queli’« estasi dell’azione » di cui p arla S. Francesco di Sales nel suo fam oso tra tta to sull’am ore. Se qualcuno vuol sapere da u n salesiano, da u n a FMA, in che cosa consiste il suo lavo­

ro, deve p o te r scoprire che cos’è la carità pasto rale con quel suo originale dono di predilezione verso la gioventù. E la ri­

cerca di una risp o sta dovrebbe essere guidata dal seguente consiglio: « Osservate bene il loro lavoro! G uardate quanto lavorano e com e lavorano ».

Il lavoro com e « estasi dell’azione » scaturisce tu tto dalla carità apostolica. Essa ne è la sorgente, la scintilla p rim a che spinge, che nu tre, che anim a, che dà capacità di creatività, di iniziativa, di costanza, di gioia, di donazione. Il lavoro quindi non è ta n to una v irtù o uno stru m en to ascetico, m a la tra d u ­ zione in p rassi vissuta di ta n te v irtù della n o stra spiritualità.

Vediam one alcune caratteristiche.

In nan zitu tto è una donazione, un uscir fuori da se stessi ( = estasi!) con delle attività, nella preoccupazione concreta di offrire dei servizi; perciò com porta: iniziativa, dinam ism o, fatica, costanza, coordinam ento, tem po pieno — senza lim iti di ore perché non è un lavoro sindacale, non ci sono le qua­

ran tad u e o tre n to tto ore settim anali! — è « a tem po pieno e a piena esistenza ».

Poi è un lavoro personale, gioioso e spontaneo perché m os­

so dall'am ore che c e nel cuore, m a ha dim ensione com unita­

ria, serietà di esigenze e di program m azione, perché va rea­

lizzato in un p rogetto educativo com unitario.

È creativo: sprigiona degli sprazzi nell' intelligenza; fa ve­

nire in m ente possibilità nuove, inventiva di servizio all/os­

servare ciò che bisogna fare; sveglia l’im maginazione, fa sco­

prire, eppure è tu tto radicato in una m issione di ubbidienza.

Il diam ante del lavoro nel sogno famoso è sulla spalla del

« personaggio », m a riassum e la carità che è sul cuore e l’ob­

bedienza che è al centro del qu adrilatero posteriore.

È un lavoro pluriform e: va dal lavorare in cucina, al d et­

ta re lezioni m agari anche da una catted ra universitaria, all’

anim are un gruppo giovanile, a ll’organizzare un oratorio, al 14

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fare teatro e sp o rt e m usica e com unicazione sociale e pas­

seggiate, a quello che volete... m a è com plem entare nell'am ­ bito arm onico della com unità salesiana che ne p o rta la re­

sponsabilità.

È un lavoro logorante, che stanca; m a è u n lavoro che si fa con allegria, con gioia, che è am ato e ricercato. Anche se stanca, non annoia mai. Perché è fru tto di am ore ed è voluto:

non è tedioso, qui è il punto!

È un lavoro utile: non è l'azione p er l'azione, m a u n 'a tti­

vità proficua. Però la sua efficacia non si m isu ra dal salario e neppure dalle gocce di sudore, bensì dalla crescita cristia­

na della gioventù.

È un lavoro che ama la com petenza, acquisita o da acqui­

sire giornalm ente, interessato all’autodidassi. Sem pre dobbia­

mo saper im parare. Esige una form azione continua p er una seria professionalità: abbiam o degli im pegni da affro ntare che esigono com petenza... anche nei servizi casalinghi; chi di noi non si rallegra p er una cuoca che conosce bene la sua p ro ­ fessione?

È un lavoro basato sulla generosità quotidiana, quindi ri­

chiede uno spirito rinnovato ogni giorno.

È un lavoro che va accompagnato da disciplina e visione d ’insiem e perché è involucrato in un progetto salesiano del- l’isp ettoria e della casa.

È un lavoro che esige coscienza del proprio dovere, p er­

ché, prim a di ricercare altre possibilità, si dedica con tu tte le capacità a disim pegnare bene, con inventiva, il pro p rio do­

vere. Ascoltate il seguente pensiero di don Bosco: « Fa m olto chi fa poco, m a fa quello che deve fare; fa nulla chi fa m olto, ma non fa quello che deve fare » (MB I 401).

È un lavoro che cerca sem pre un sovrappiù. Mi azzardo a dirlo anche a voi, FMA, anche se poi quando parlo con la Ma­

dre le confesso che m i sem bra che lavoriate troppo! Però, ve­

dete, questo peculiare asp etto bisogna rico rdarlo ugualm ente.

C’è sem pre una specie di « plus valore » nel lavoro salesiano, un sovrappiù. Nel senso che non si esaurisce m ai nel semplice

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com pim ento del pro p rio dovere. Rim ane sem pre u n po' di posto p er qualche a ltra cosa da fare in più.

La sorgente del nostro lavoro, come dicevamo, è la carità pastorale. Ma che cosa significa? « C arità p asto rale » è u n a gran bella parola; però l’intenso lavoro quotidiano, così co­

m e l’abbiam o descritto: pesa! Bisogna p u r scoprire qual è la fonte che ci som m inistra a getto continuo delle iniezioni di energia e di capacità di costanza: è la carità pastorale! E che cos’è? Care sorelle, la carità p astorale è l ’amicizia perso­

nale, profonda, quotidianamente rinnovata con Gesù Cristo Salvatore (« d a m ihi anim as »!).

Essa consiste, dunque, nell’avere un cuore come quello di Cristo, che ci fa guardare al P adre p er am arlo, lodarlo e ado­

rarlo come Lui: per vedere nel P adre Colui che am a ta n to gli uom ini da m andare il suo Figlio nel m ondo con una m issione che p o rta Gesù sino alla croce p u r di salvarli.

Noi non ci ferm iam o solo a contem plare in Dio il suo inef­

fabile m istero di vita nella Trinità: certam ente anche questo!

Ci sono altre vocazioni chiam ate appunto a tale sublim ità.

Noi procediam o oltre, se così si può dire; andiam o più adden­

tro fino a scoprire il suo slancio indetenibile di donazione salvifica all’uom o, sottolineandone la predilezione verso i gio­

vani. La carità pasto rale com porta in noi u na peculiare di­

m ensione contem plativa del piano di salvezza del P adre in un im pegno fatto di sacrificio e di pedagogia. Vediamo Dio e il suo Cristo sem pre sotto questa angolatura, come fonte dei dinam ism i che ci p o rtan o all’« estasi dell’azione ». Quindi non è, davvero, l’azione p er l’azione, non è banale attivism o! È una qualificata espressione di carità che p artecipa al m istero di Dio nel suo progetto concreto di storia della salvezza; che segue il Cristo divenuto il Salvatore degli uomini; che im ita don Bosco e m adre Mazzarello nella donazione di sé con tu t­

te le forze della loro esistenza per far del bene alla gioventù.

* Se questa è la fonte del nostro lavoro, sarà indispensa­

bile intensificare quotidianam ente la potenza della n o stra ca­

rità. O ccorrerà dare spazi di tem po, d ar vita a iniziative p er­

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sonali per essere sicuri che funzioni il co n tatto d iretto, per­

sonale e com unitario, con Cristo, fonte di c arità pastorale.

Tale co ntatto va m aturando, p er p ro p ria n atu ra, in u n profon­

do atteggiam ento caratterizzato da u n a sua « estasi » originale.

Sì: questo incontro vivo con Dio e con il suo Cristo fa ve­

n ir voglia di... andare in estasi: m a è l’« estasi dell’azione », l'estasi del lavoro! Il nostro contatto con Dio — ascoltate be­

ne questa espressione di don Bosco, che, fuori di questo con­

testo, p otreb be sem brare erro n ea — non si tradu ce ta n to in

« pratiche di pietà » quanto in « pratich e di carità » !

N on dico che non ci debbano essere anche delle « p ra ti­

che » di pietà, « quelle del buon cristiano »: afferm o che don Bosco h a insistito chiaram ente nell' indicare che noi ci dob­

biam o caratterizzare p er le « pratiche di carità ».

Ma certo; per fare tan te p ratich e di carità, bisogna avere un cuore contem plativo come il suo, e p er avere u n cuore

« così » ci vuole la preghiera, ci vuole la m editazione, ci vo­

gliono gli spazi dedicati ad esse, ci vuole profondità, ci vuole anche silenzio.

Però tu tto questo non è ord in ato a fare della n o stra co­

m u n ità u n a casa di p ratich e di pietà, anche se esige in essa una vera « m istica ». Ma è la « m istica » della carità pastorale, o rd in ata a farci divenire degli instancabili inventori di servi­

zi di u tilità spirituale alla gioventù.

° Ci deve essere in casa un centro di flusso e di riflusso di q uesta carità.

Sapete qual è? l’Eucaristia. L’E ucaristia di tu tti i giorni;

l ’ E ucaristia come evento pasquale; l’ E u caristia come sacri­

ficio; l’E ucaristia come ecclesiogenesi; l’E u caristia come fon­

te di grazia; l'E u caristia come presenza reale. Don Bosco ha voluto sem pre 1’ E ucaristia com e centro di tu tta la n o stra vi­

ta. E ssa è inserim ento di ognuno di noi, di ogni com unità, con la sua esistenza, nella carità di Cristo che si offre al Padre.

Essa è generatrice di u n a m issione di carità che fru ttifica nel n o stro lavoro.

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Dobbiam o saper fare dell’ E u caristia quotidiana il cesello divino che scolpisce in noi esistenzialm ente la condizione sa­

crificale di « ostia p u ra e g rad ita », così da rendere il lavoro quotidiano una liturgia di vita.

È questo il lavoro di cui parliam o. Più ce n’ò, meglio è.

Fino a m orire? Fino a m orire! Ma come fru tto eucaristico di carità pastorale!

LA TEMPERANZA: « UNO STILE DI VITA »

Q uarto tem a generatore: la tem peranza. L’altro polo del no stro binom io salesiano è la tem peranza.

E qui è im p o rtan te rico rd are quello che avevamo detto in settem bre alle C apitolari (voi novizie, che siete intuitive, ave­

te già capito di che si tra tta!): non dobbiam o confondere la

« tem peranza » con la « m ortificazione ».

La S trenn a non p arla esplicitam ente e direttam en te di m ortificazione; anche se la tem peranza esige ed include senz’

altro m olte m ortificazioni, non si esaurisce in esse, né è costi­

tu ita pro priam en te da esse. Capito?

La tem peranza di cui parliam o non si riduce a una formu- le tta m oralistica p er darsi dei ben m eritati castighi. No! Ab­

biam o detto che il no stro m otto è im pegno profetico p er un trap asso culturale; com porta, perciò, tu tto uno stile di vita.

Allora, p er tem peranza che cosa intendiam o? Ho cercato un altro term ine più positivo p er spiegarlo con chiarezza. Mi sem bra che la paro la più ad a tta p er farci capire la tem p eran ­ za di cui parliam o sia quella della « regalità » battesim ale:

essere re o regine; sì, insiem e con Cristo! R iprendiam o in m a­

no la Lum en gentium e leggiamo la prim a p arte del n. 36, dove si p arla di questo tema. Si riferisce ai laici; m a in un cer­

to senso siam o tu tti dei laici, per opera del sacram ento del B attesim o. Il prim o aspetto della regalità indicato dal Conci­

lio è il seguente: sotto m ettere a Cristo tu tte le realtà create affinché, attrav erso Lui, Iddio sia tu tto in tu tti. « Questo po­

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tere C risto l’h a com unicato ai discepoli, perché an ch ’essi sia­

no costituiti nella lib ertà regale e con l’abnegazione di sé e la v ita san ta vincano in se stessi il regno del peccato (cf R om 6,12), anzi servendo a Cristo anche negli altri, con um iltà e pazienza conducano i loro fratelli al Re, servire al quale è re­

gnare » (LG 36).

La tem peranza consiste app un to in q uesta capacità di do­

m inio d i se stessi che rende possibile l ’ideale del « Dio tu tto in tu tta la m ia persona » e così, a poco a poco e attrav erso an­

che di me, in tu tti. Im pegnarm i a fa r sì che in me, nelle s tru t­

tu re della m ia persona, nella m ia psicologia, nelle m ie incli­

nazioni, nelle mie passioni Dio sia presente come Signore, in tu tte le mie realtà costitutive e dinam iche. Per essere liberati dalla schiavitù della corruzione, p er partecip are alla gloriosa lib ertà dei figli di Dio (cf R om 8,21).

È u n a regalità p er cui, p rim a di sottom ettere il m ondo e di offrirlo al Padre, attraverso Cristo, nella politica, nell’econo­

m ia, nella c u ltu ra (sono i com piti assegnati ai laici) c’è da so ttom ettere questo m icrocosm o che sono io (com pito asse­

gnato a tu tti!). Ci dev'essere qui dentro u n re o u n a regina che fa m uovere convenientem ente tu tti gli elem enti dinam ici che m i costituiscono. Tutto, senza disprezzarne nessuno. Si com batte e si esclude solo il peccato. Le inclinazioni del cuo­

re, i desideri, le passioni, le concupiscenze, le sessualità, i gu­

sti che abbiam o: tu tto , tu tto ; so tto m ettere questo a Dio.

Un tale po tere regale farà sì che tu tto sia nostro; che noi siam o di Cristo; e che Cristo sia del Padre, come ci ricorda S. Paolo ( / Cor 3,23).

Ecco che cosa vogliamo indicare con la p aro la « tem pe­

ranza ». È m olto di più che la mortificazione.

È pro prio « uno stile di vita », u n atteggiam ento globale e com plesso (convergenza di ta n te virtù!) di non-comodità, di m oderazione, di signoria delle passioni, delle concupiscen­

ze, dei desideri, dei sentim enti, di equilibrio di convivenza, di riservatezza, di sana furbizia, di disciplina pedagogica, di educazione al dono di sé, di capacità di vigilanza, di revisione,

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di osservanza, ecc. La tem peranza è il prim o analogato di una lunga lista di v irtù m oderatrici che assicurano u n ragionevo­

le dom inio di sé.

Se il « lavoro » lancia la n o stra persona all’azione e ne sti­

m ola l’inventiva, la « tem peranza » ci fa p ad ro n i di tu tte le no stre energie p er abilitarci a donare noi stessi nell’am ore.

È dunque u n a q ualità assai bella, im portante, indispensa­

bile, che deve im plicare tu tta la capacità di form azione e di realizzazione della n o stra esistenza. Non è facile!... come ci accorgiam o guardandoci in faccia. Qui si trova il segreto che ci porta a una santità « sim patica »! Una persona che è signo­

ra di se stessa, delle sue passioni, dei suoi gusti, dei dinam i­

smi della sua esistenza: è u n a « regina di bellezza »... spiri­

tuale!

Si tra tta , con la tem peranza, di fa r percepire in che cosa consiste il fam oso « uom o nuovo ». Oggi ta n ti sistem i politici e le ideologie presentano l’uom o nuovo, no? Io ho vissuto nel­

l’am biente della v itto ria di u n determ inato progetto politico:

eh... tu tto era cam biato: « el hom bre nuevo! », come abbia­

mo sentito cantare in spagnolo poco fa.

Ma l ’uom o nuovo non lo producono i sistem i politici, an­

che se le s tru ttu re sociali devono essere o rien tate a costruire un nuovo tipo di cittadino e anche se noi siam o chiam ati a sentirci corresponsabili in tale com pito. Il vero « uom o nuo­

vo » nasce solo dalla risurrezione di Cristo, nasce solo dal battesim o e si realizza sviluppando il potere regale di cui ab­

biam o parlato. Questo è l ’unico uomo veram ente nuovo che c’è nella storia.

La tem peranza vuol m ettere in luce la q u alità di tale uom o nuovo, con la sua signoria battesim ale. L’energia della risu r­

rezione trasfo rm a la n o stra realtà um ana, non la schiaccia, non la nega: la eleva e la irro bustisce in ciò che h a di positi­

vo. Tocca le no stre concupiscenze, nel senso positivo della pa­

rola; però ne elim ina le deviazioni. Tocca le n o stre passioni.

Meno m ale che abbiam o passioni! Di una persona um ana sen­

za passioni che cosa ne facciam o? Passioni nel senso m igliore 20

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della parola, dove non è solo il ragionam ento dell’u ltim a cel­

lula del cervello che è convinta, m a è tu tto il no stro essere.

Noi non siam o fa tti solo di ragionam enti e di logica; siam o fatti di sentim enti, di em otività, di inclinazioni, di ta n ti ele­

menti... Meno male! Voi credete che don Bosco sarebbe p o tu ­ to divenire am ico dei giovani, dei ragazzi, se non fosse stato un uom o ricco di tu tti questi elem enti?

La tem peranza tocca i n o stri istin ti e le no stre inclinazio­

ni. La forza della risurrezione trasfo rm a i dinam ism i che sen­

tiam o dentro verso ta n te cose buone, che possono però farci cadere in eccessi nella m aniera di realizzarli e ci po rtan o al­

l’egoismo e all’edonism o. Tocca ed esorcizza le esagerazioni, gli squilibri; tocca e irrobustisce so p ra ttu tto i valori, come quelli del buon senso, della bontà, della m odestia, della sim ­ patia, della sem plicità. Per questo è « uno stile di v ita ».

Vedete, dunque, vivere la tem peranza è come avere in m a­

no le briglie di tu tti i « cavalli » che corrono d entro di noi p er farli funzionare come noi vogliamo.

E allora vedete: la tem peranza è certam ente u n elem ento di intensa e continua ascesi, che im plica anche u n a costante capacità di m ortificazione.

E ora, sapete qual è il vero trono di q uesta regalità? È l’um iltà.

L’u m iltà è l’espressione più grande del regno di Dio in noi, perché si disfà del nem ico più pericoloso della regalità di Cristo che è il n o stro « io ».

Vedete: quando noi, p er esempio, invece di p arla re in a stra tto pensiam o ai n o stri m odelli concreti don Bosco e m a­

dre Mazzarello com prendiam o meglio. La tem peranza di san­

ta M aria M azzarello p iù che nel m angiar poco, nel vestire m o­

desto, nel soffrire il freddo, nel fare silenzio, ecc. (cose che senz'altro sono significative), si fonda sostanzialm ente nella sua um iltà, quale radice della sua regalità. In lei, che aveva voglia di essere la prim a, di ap p arire (perché queste erano an­

che le inclinazioni del suo essere um ano), brilla in form a ec­

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cezionale la capacità di signoria spirituale contro le tendenze della superbia.

L ’um iltà non si rifugia nel disprezzo sciocco di se stessi.

N essuno disprezza se stesso senza disprezzare Dio (è una fa­

m osa frase di Bernanos).

L’u m iltà cristian a è cosciente dei doni ricevuti, perché è una um iltà che cerca il Re; e il Re è d entro in ognuno di noi.

Siamo oggetto dell’am ore di Dio: dunque c'è qualcosa, anzi m olto, di Lui in noi. E come non lo scopriam o? Corriam o il pericolo di app ro priarci e fare sfoggio delle q ualità ricevute, però esse sono doni che valgono oggettivam ente, e sono in noi da p a rte di Dio p e r co struire il suo Regno nel m ondo.

L’um iltà, inoltre, è magnanima. Il con trario di m agnani­

m a è « pusillanim e ». Sono parole latine. « Pusillus » — picco­

lo... testolina... m ente piccola, senza orizzonti. No! L’um ile FMA deve essere m agnanim a: da « m agnus » = grande! Ma­

dre M azzarello è n ata in un paesino sperduto, eppure ora vengono a inneggiarla dal Cile... con una « C antata » form ida­

bile! Come sono arrivate le FMA d ap p ertu tto, giù nel Cile?

Eh, vedete... è fru tto di um iltà m agnanim a. E lo stesso don Bosco ai Becchi... Una casetta da niente. G irate il m ondo e la sua Fam iglia sp irituale la tro v ate ovunque.

Così fu appu nto l’um iltà della M adonna: « G randi cose ha fatto in m e l'O nnipotente, e santo è il suo nom e ».

Un’um iltà, quella salesiana — sentite questa! — esige in noi di cercare di farsi amare. Capito? Quasi il co ntrario di ciò che indica di p er sé l’um iltà: un vero paradosso. Un’um il­

tà che ci spinge a farci am are non per noi stessi, m a p e r Dio:

è meraviglioso, anche se difficile. Io credo che questa è l’e­

spressione p iù pedagogica e p iù alta dell'um iltà. Il salesiano dice ai giovani: am atem i. Ma nel dire questo neppure pensa a sé perché lo fa per u n a carità pastorale, conoscitrice delle strad e del cuore dei giovani p e r la loro educazione. Si passa dall’incontro personale, dal dialogo, dalla fiducia, dalla am i­

cizia con la p ro p ria persona, a Cristo e al Padre.

Quindi u n 'u m iltà che ci fa p ro p o rre noi stessi com e og­

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