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Q uarto tem a generatore: la tem peranza. L’altro polo del no stro binom io salesiano è la tem peranza.

E qui è im p o rtan te rico rd are quello che avevamo detto in settem bre alle C apitolari (voi novizie, che siete intuitive, ave­

te già capito di che si tra tta!): non dobbiam o confondere la

« tem peranza » con la « m ortificazione ».

La S trenn a non p arla esplicitam ente e direttam en te di m ortificazione; anche se la tem peranza esige ed include senz’

altro m olte m ortificazioni, non si esaurisce in esse, né è costi­

tu ita pro priam en te da esse. Capito?

La tem peranza di cui parliam o non si riduce a una formu- le tta m oralistica p er darsi dei ben m eritati castighi. No! Ab­

biam o detto che il no stro m otto è im pegno profetico p er un trap asso culturale; com porta, perciò, tu tto uno stile di vita.

Allora, p er tem peranza che cosa intendiam o? Ho cercato un altro term ine più positivo p er spiegarlo con chiarezza. Mi sem bra che la paro la più ad a tta p er farci capire la tem p eran ­ za di cui parliam o sia quella della « regalità » battesim ale:

essere re o regine; sì, insiem e con Cristo! R iprendiam o in m a­

no la Lum en gentium e leggiamo la prim a p arte del n. 36, dove si p arla di questo tema. Si riferisce ai laici; m a in un cer­

to senso siam o tu tti dei laici, per opera del sacram ento del B attesim o. Il prim o aspetto della regalità indicato dal Conci­

lio è il seguente: sotto m ettere a Cristo tu tte le realtà create affinché, attrav erso Lui, Iddio sia tu tto in tu tti. « Questo po­

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tere C risto l’h a com unicato ai discepoli, perché an ch ’essi sia­

no costituiti nella lib ertà regale e con l’abnegazione di sé e la v ita san ta vincano in se stessi il regno del peccato (cf R om 6,12), anzi servendo a Cristo anche negli altri, con um iltà e pazienza conducano i loro fratelli al Re, servire al quale è re­

gnare » (LG 36).

La tem peranza consiste app un to in q uesta capacità di do­

m inio d i se stessi che rende possibile l ’ideale del « Dio tu tto in tu tta la m ia persona » e così, a poco a poco e attrav erso an­

che di me, in tu tti. Im pegnarm i a fa r sì che in me, nelle s tru t­

tu re della m ia persona, nella m ia psicologia, nelle m ie incli­

nazioni, nelle mie passioni Dio sia presente come Signore, in tu tte le mie realtà costitutive e dinam iche. Per essere liberati dalla schiavitù della corruzione, p er partecip are alla gloriosa lib ertà dei figli di Dio (cf R om 8,21).

È u n a regalità p er cui, p rim a di sottom ettere il m ondo e di offrirlo al Padre, attraverso Cristo, nella politica, nell’econo­

m ia, nella c u ltu ra (sono i com piti assegnati ai laici) c’è da so ttom ettere questo m icrocosm o che sono io (com pito asse­

gnato a tu tti!). Ci dev'essere qui dentro u n re o u n a regina che fa m uovere convenientem ente tu tti gli elem enti dinam ici che m i costituiscono. Tutto, senza disprezzarne nessuno. Si com batte e si esclude solo il peccato. Le inclinazioni del cuo­

re, i desideri, le passioni, le concupiscenze, le sessualità, i gu­

sti che abbiam o: tu tto , tu tto ; so tto m ettere questo a Dio.

Un tale po tere regale farà sì che tu tto sia nostro; che noi siam o di Cristo; e che Cristo sia del Padre, come ci ricorda S. Paolo ( / Cor 3,23).

Ecco che cosa vogliamo indicare con la p aro la « tem pe­

ranza ». È m olto di più che la mortificazione.

È pro prio « uno stile di vita », u n atteggiam ento globale e com plesso (convergenza di ta n te virtù!) di non-comodità, di m oderazione, di signoria delle passioni, delle concupiscen­

ze, dei desideri, dei sentim enti, di equilibrio di convivenza, di riservatezza, di sana furbizia, di disciplina pedagogica, di educazione al dono di sé, di capacità di vigilanza, di revisione,

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di osservanza, ecc. La tem peranza è il prim o analogato di una lunga lista di v irtù m oderatrici che assicurano u n ragionevo­

le dom inio di sé.

Se il « lavoro » lancia la n o stra persona all’azione e ne sti­

m ola l’inventiva, la « tem peranza » ci fa p ad ro n i di tu tte le no stre energie p er abilitarci a donare noi stessi nell’am ore.

È dunque u n a q ualità assai bella, im portante, indispensa­

bile, che deve im plicare tu tta la capacità di form azione e di realizzazione della n o stra esistenza. Non è facile!... come ci accorgiam o guardandoci in faccia. Qui si trova il segreto che ci porta a una santità « sim patica »! Una persona che è signo­

ra di se stessa, delle sue passioni, dei suoi gusti, dei dinam i­

smi della sua esistenza: è u n a « regina di bellezza »... spiri­

tuale!

Si tra tta , con la tem peranza, di fa r percepire in che cosa consiste il fam oso « uom o nuovo ». Oggi ta n ti sistem i politici e le ideologie presentano l’uom o nuovo, no? Io ho vissuto nel­

l’am biente della v itto ria di u n determ inato progetto politico:

eh... tu tto era cam biato: « el hom bre nuevo! », come abbia­

mo sentito cantare in spagnolo poco fa.

Ma l ’uom o nuovo non lo producono i sistem i politici, an­

che se le s tru ttu re sociali devono essere o rien tate a costruire un nuovo tipo di cittadino e anche se noi siam o chiam ati a sentirci corresponsabili in tale com pito. Il vero « uom o nuo­

vo » nasce solo dalla risurrezione di Cristo, nasce solo dal battesim o e si realizza sviluppando il potere regale di cui ab­

biam o parlato. Questo è l ’unico uomo veram ente nuovo che c’è nella storia.

La tem peranza vuol m ettere in luce la q u alità di tale uom o nuovo, con la sua signoria battesim ale. L’energia della risu r­

rezione trasfo rm a la n o stra realtà um ana, non la schiaccia, non la nega: la eleva e la irro bustisce in ciò che h a di positi­

vo. Tocca le no stre concupiscenze, nel senso positivo della pa­

rola; però ne elim ina le deviazioni. Tocca le n o stre passioni.

Meno m ale che abbiam o passioni! Di una persona um ana sen­

za passioni che cosa ne facciam o? Passioni nel senso m igliore 20

della parola, dove non è solo il ragionam ento dell’u ltim a cel­

lula del cervello che è convinta, m a è tu tto il no stro essere.

Noi non siam o fa tti solo di ragionam enti e di logica; siam o fatti di sentim enti, di em otività, di inclinazioni, di ta n ti ele­

menti... Meno male! Voi credete che don Bosco sarebbe p o tu ­ to divenire am ico dei giovani, dei ragazzi, se non fosse stato un uom o ricco di tu tti questi elem enti?

La tem peranza tocca i n o stri istin ti e le no stre inclinazio­

ni. La forza della risurrezione trasfo rm a i dinam ism i che sen­

tiam o dentro verso ta n te cose buone, che possono però farci cadere in eccessi nella m aniera di realizzarli e ci po rtan o al­

l’egoismo e all’edonism o. Tocca ed esorcizza le esagerazioni, gli squilibri; tocca e irrobustisce so p ra ttu tto i valori, come quelli del buon senso, della bontà, della m odestia, della sim ­ patia, della sem plicità. Per questo è « uno stile di v ita ».

Vedete, dunque, vivere la tem peranza è come avere in m a­

no le briglie di tu tti i « cavalli » che corrono d entro di noi p er farli funzionare come noi vogliamo.

E allora vedete: la tem peranza è certam ente u n elem ento di intensa e continua ascesi, che im plica anche u n a costante capacità di m ortificazione.

E ora, sapete qual è il vero trono di q uesta regalità? È l’um iltà.

L’u m iltà è l’espressione più grande del regno di Dio in noi, perché si disfà del nem ico più pericoloso della regalità di Cristo che è il n o stro « io ».

Vedete: quando noi, p er esempio, invece di p arla re in a stra tto pensiam o ai n o stri m odelli concreti don Bosco e m a­

dre Mazzarello com prendiam o meglio. La tem peranza di san­

ta M aria M azzarello p iù che nel m angiar poco, nel vestire m o­

desto, nel soffrire il freddo, nel fare silenzio, ecc. (cose che senz'altro sono significative), si fonda sostanzialm ente nella sua um iltà, quale radice della sua regalità. In lei, che aveva voglia di essere la prim a, di ap p arire (perché queste erano an­

che le inclinazioni del suo essere um ano), brilla in form a ec­

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cezionale la capacità di signoria spirituale contro le tendenze della superbia.

L ’um iltà non si rifugia nel disprezzo sciocco di se stessi.

N essuno disprezza se stesso senza disprezzare Dio (è una fa­

m osa frase di Bernanos).

L’u m iltà cristian a è cosciente dei doni ricevuti, perché è una um iltà che cerca il Re; e il Re è d entro in ognuno di noi.

Siamo oggetto dell’am ore di Dio: dunque c'è qualcosa, anzi m olto, di Lui in noi. E come non lo scopriam o? Corriam o il pericolo di app ro priarci e fare sfoggio delle q ualità ricevute, però esse sono doni che valgono oggettivam ente, e sono in noi da p a rte di Dio p e r co struire il suo Regno nel m ondo.

L’um iltà, inoltre, è magnanima. Il con trario di m agnani­

m a è « pusillanim e ». Sono parole latine. « Pusillus » — picco­

lo... testolina... m ente piccola, senza orizzonti. No! L’um ile FMA deve essere m agnanim a: da « m agnus » = grande! Ma­

dre M azzarello è n ata in un paesino sperduto, eppure ora vengono a inneggiarla dal Cile... con una « C antata » form ida­

bile! Come sono arrivate le FMA d ap p ertu tto, giù nel Cile?

Eh, vedete... è fru tto di um iltà m agnanim a. E lo stesso don Bosco ai Becchi... Una casetta da niente. G irate il m ondo e la sua Fam iglia sp irituale la tro v ate ovunque.

Così fu appu nto l’um iltà della M adonna: « G randi cose ha fatto in m e l'O nnipotente, e santo è il suo nom e ».

Un’um iltà, quella salesiana — sentite questa! — esige in noi di cercare di farsi amare. Capito? Quasi il co ntrario di ciò che indica di p er sé l’um iltà: un vero paradosso. Un’um il­

tà che ci spinge a farci am are non per noi stessi, m a p e r Dio:

è meraviglioso, anche se difficile. Io credo che questa è l’e­

spressione p iù pedagogica e p iù alta dell'um iltà. Il salesiano dice ai giovani: am atem i. Ma nel dire questo neppure pensa a sé perché lo fa per u n a carità pastorale, conoscitrice delle strad e del cuore dei giovani p e r la loro educazione. Si passa dall’incontro personale, dal dialogo, dalla fiducia, dalla am i­

cizia con la p ro p ria persona, a Cristo e al Padre.

Quindi u n 'u m iltà che ci fa p ro p o rre noi stessi com e og­

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getto di sim patia alla gioventù... Im m agin arsi che tem peran­

za bisogna avere p er ottenere questo! Ce lo rico rd a il fam oso sogno del pergolato delle rose.

Anche questa cara tte ristica h a u n centro speciale di re­

visione e di ricarica. Sapete q u al è?

Il centro vivo, vitale, ric o stru tto re della tem peranza sale­

siana è il sacram ento della penitenza. La frequenza del sacra­

m ento della Riconciliazione ci ab ilita a u n a intelligente au to ­ critica; ci p o rta all’atteggiam ento di conversione (perché non sarem o m ai p erfetti « re » o « regine » del n o stro m icrocosm o personale); ci ricarica con la grazia sacram entale della peni­

tenza che irrobustisce l’um iltà con tro i n o stri d ifetti e peccati.

Care sorelle, non scoraggiam oci mai; fin che avrem o vita dovrem o riconoscere che non è fin ita la costruzione del regno di Dio in noi; anche se è m icrocosm ico n on si finisce m ai di com pletarne la rifinitura! N on sarem o m ai u n orologio giap­

ponese... perfetto! M anca sem pre qualche pezzettino da rifa­

re. Ma la Penitenza ci som m inistra energia, coraggio e co­

stanza.

RILETTURA TEOLOGALE DI QUESTA NOSTRA SPIRITUALITÀ

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