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MICHELE FORNACIARI
Ancora sulla conservazione degli effetti dell’atto introduttivo anche nei rapporti fra giudice e ar- bitro: Cassazione vs. Corte Costituzionale?
(scritto destinato alla Rivista dell’arbitrato)
SOMMARIO: 1. La Cassazione e la questione di costituzionalità dell’art. 819 ter2 cpc. – 2. I termini del problema. – 3. I possibili argomenti a sostegno della tesi, secondo la quale la conservazione degli effetti dell’atto introduttivo sarebbe già concretamente operante: 1) la lettera dell’art. 819 ter2 cpc. – 4. Segue: 2) l’interpretazione conforme alla costituzio- ne. – 5. Segue: 3) l’applicazione degli artt. 59 l. 69/2009 e 11 d. lgs. 104/2010. – 6. Conclusioni.
1. La Cassazione e la questione di costituzionalità dell’art. 819 ter2 cpc
La lettura dei due provvedimenti che qui si pubblicano suscita sentimenti contrastanti.
Quanto alla sentenza della Cassazione, essa lascia francamente interdetti. Quella adottata dalla Cor- te è infatti un’interpretazione disarmante, indegna – lo si lasci dire – dell’organo posto al vertice del nostro sistema giudiziario e deputato a garantire, secondo il disposto dell’art. 65 dell’Ordinamento Giudiziario “l’esatta osservanza […] della legge”. Quanto invece all’ordinanza dell’arbitro, essa tut- to all’opposto rinfranca. Alla luce di tale ordinanza, la prospettiva di una pronuncia d’incostituzionalità dell’art. 819 ter2 cpc, che faccia finalmente giustizia della discriminazione del giudizio arbitrale rispetto a quello davanti al giudice statale, diventa infatti assai più concreta di quanto fosse in precedenza.
Le ragioni di quest’ultima affermazione sono intuitive. L’art. 819 ter2 cpc, com’è noto, era già stato fatto oggetto di una questione di costituzionalità, sollevata nel giugno del 2012 dal Tribu- nale di Catania1. Tale questione, pure nel merito fondatissima, era peraltro a rischio di sfociare in un nulla di fatto, data la sua abbastanza manifesta irrilevanza nel giudizio a quo.
Il problema, ingenerato dalla mancata conservazione degli effetti dell’atto introduttivo del giudizio nel passaggio dal giudice all’arbitro o viceversa, non si pone infatti davanti all’organo giu- dicante adito per primo, bensì di fronte a quello davanti al quale il giudizio venga riproposto in se- conda battuta (è a questo punto che, laddove gli effetti del primo atto introduttivo non si conservino, la durata del relativo giudizio rischia di avere ormai fatto maturare decadenze o prescrizioni e che l’applicazione dell’art. 819 ter2 cpc rischia dunque di tradursi in un diniego di tutela). Ben si com- prende dunque come, essendo nella fattispecie il Tribunale di Catania l’organo giudicante adito per primo, difficilmente la questione avrebbe potuto essere ritenuta rilevante2.
Questo valeva però appunto fino ad ora. A questo punto, alla luce dell’ordinanza in rasse- gna, l’ostacolo risulta viceversa senz’altro superato. L’arbitro, che ha nuovamente sollevato la que- stione (fra l’altro la fattispecie è esattamente la medesima, vale a dire l’impugnazione della delibera di una srl, ed identica è anche la vicenda processuale e dunque la prospettiva di riferimento, vale a dire quella del passaggio dal giudice all’arbitro), è infatti in questo caso l’organo giudicante adito in seconda battuta. Nessun dubbio può dunque sussistere circa il fatto che davanti a lui il predetto pro-
1 V. T. Catania 21 giugno 2012 (ord.), in Riv. arb. 2012, 891, con nota di M.FORNACIARI,Conservazione degli effetti dell’atto introduttivo anche nei rapporti fra giudice e arbitro: sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 819-ter, comma 2, c.p.c.; in www.judicium.it, con la medesima nota; in Riv. dir. proc. 2013, 467, con nota di S.
BOCCAGNA, Translatio iudicii nei rapporti tra giudice e arbitro: sollevata la questione di costituzionalità dell’art. 819 ter c.p.c.
2 Sul punto v. già M.FORNACIARI,Conservazione degli effetti, 895 e 902 e S.BOCCAGNA, Translatio iudicii, 474.
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blema si ponga e che l’esame nel merito – e l’accoglimento – della questione di costituzionalità non possa essere eluso.
O meglio: questo è quanto sembrerebbe ragionevole ritenere. Così non la pensa però eviden- temente la Cassazione, la quale, sia pure unidirezionalmente, afferma che la salvezza degli effetti del primo atto introduttivo sia già allo stato interpretativamente argomentabile.
A questo punto, la sensazione è quella di un film già visto; ed anzi tre volte già visto: per un verso in quanto il duplice, pressoché contemporaneo, intervento della Cassazione e della Corte Co- stituzionale, che si profila, ripropone uno scenario al quale abbiamo già assistito, qualche anno fa, con riferimento al problema dei rapporti fra giurisdizioni differenti3; per altro verso in quanto, ancor più specificamente, il problema è esattamente il medesimo del quale si trattava in tale precedente occasione, vale a dire quello dalla conservazione degli effetti dell’atto introduttivo nel passaggio da un canale all’altro (là quello fra due differenti giurisdizioni, qua quello fra processo e arbitrato); in ultimo in quanto anche questa volta è possibile – ed in verità auspicabile – che, pur sulla base della medesima opzione in merito ai rapporti fra i due canali in questione, le pronunce della Cassazione e della Corte Costituzionale risultino contrasto fra loro, ed in particolare che la seconda, smentendo l’opinione della prima circa la sufficienza della via interpretativa, ritenga che tanto non sia possibile e preferisca percorrere, pur in vista del medesimo risultato, la via della declaratoria di incostituzio- nalità.
Ma andiamo con ordine.
2. I termini del problema
Il problema, relativo in generale ai rapporti fra processo e arbitrato, è, come detto, più in particolare quello della conservazione degli effetti dell’atto introduttivo nel passaggio da un canale all’altro.
La questione è oggetto di un’espressa previsione normativa, vale a dire il citato art. 819 ter2 cpc, il quale, com’è noto, stabilisce che “[n]ei rapporti tra arbitrato e processo non si applicano re- gole corrispondenti agli articoli 44, 45, 48, 50 e 295”. Almeno apparentemente, la conservazione degli effetti, in quanto sancita dall’art. 50 cpc, sembrerebbe dunque senz’altro esclusa. Ed in effetti proprio su tale presupposto è stata sollevata la questione di costituzionalità del suddetto art. 819 ter2 cpc.
La Cassazione, con la sentenza in rassegna, ritiene invece di poter operare una diversa lettu- ra della norma. Facendo leva sulla lettera della previsione, ed in particolare sul fatto che, come vi- sto, l’esclusione dell’applicabilità degli artt. 44, 45, 48, 50 e 295 cpc è riferita ai “rapporti fra arbi- trato e processo”, essa sostiene infatti che tale esclusione riguarderebbe solo il passaggio dall’arbitro al giudice, mentre nel caso speculare (vale a dire quello del passaggio dal giudice all’arbitro) dovrebbe viceversa, già de iure condito, ritenersi possibile la riassunzione, nel termine
3 Il riferimento è chiaramente alle due, quasi contemporanee, pronunce con le quali, prima le Sezioni Unite della Cassa- zione (sentenza 22 febbraio 2007 n. 4109, in Foro it. 2007, I, 1010, con nota di R.ORIANI, E’ possibile la «translatio iudicii» nei rapporti tra giudice ordinario e giudice speciale: divergenze e consonanze tra Corte di cassazione e Corte costituzionale, Giur. it. 2007, 2253, con osservazione di D.TURRONI, Diritto proc. amm. 2007, 796, con nota di G.SI- GISMONDI, Difetto di giurisdizione e translatio iudicii) e poi la Corte Costituzionale (sentenza 12 marzo 2007 n. 77, in Foro it. 2007, I, 1010, con nota di R.ORIANI, Op. cit., Giur. it. 2007, 2253, con osservazione cit. di D.TURRONI, Giust.
civ. 2007, I, 553, Diritto proc. amm. 2007, 796, con nota di G.SIGISMONDI, Op. cit.), estesero alla carenza di giurisdi- zione il principio della conservazione degli effetti dell’atto introduttivo, normativamente previsto per la sola incompe- tenza. Tale estensione, com’è noto, è stata poi normativamente recepita con gli artt. 59 l. n. 69/2009 e 11 d. lgs. n.
104/2010.
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all’uopo fissato dal giudice oppure, in mancanza, in quello di cui all’art. 50 cpc, con salvezza degli effetti dell’atto introduttivo.
Il punto, con più stretta attinenza alla pronuncia della Cassazione, è dunque evidentemente quello circa la condivisibilità o meno di tale lettura (condivisibilità che, come già chiaramente anti- cipato4, è senz’altro da escludere).
Più in generale, ed in prospettiva, esso è però quello dei possibili esiti del giudizio di costi- tuzionalità ed a tale proposito (venuta meno, come detto, grazie all’ordinanza dell’arbitro, la pro- spettiva della declaratoria di irrilevanza) gli scenari possibili sono i seguenti:
a) esame limitato al passaggio dal giudice all’arbitro (come detto5, questa è la prospettiva nella quale si è posto il problema, tanto davanti al Tribunale di Catania quanto davanti all’arbitro) e, in tale ambito:
aa) declaratoria di inammissibilità, in quanto, alla luce della decisione della Cassa- zione, la conservazione degli effetti dell’atto introduttivo deve ritenersi, nel diritto “vivente”, già di fatto operante;
bb) accoglimento, l’interpretazione della Cassazione dovendosi ritenere erronea;
b) esame esteso anche al passaggio dall’arbitro al giudice e in tale, più ampio, ambito:
cc) declaratoria di inammissibilità (non evidentemente alla luce del diritto “vivente”, visto che la Cassazione si occupa esclusivamente del passaggio dal giudice all’arbitro, ma comun- que) per mancanza di motivazione in merito all’impossibilità di operare un’interpretazione della norma in linea con la costituzione;
dd) declaratoria di inammissibilità, in quanto l’art. 819 ter2 cpc deve ritenersi supera- to dalla normativa successiva, relativa ai rapporti fra giurisdizioni differenti (i già citati6 artt. 59 l.
69/2009 e 11 d. lgs. 104/2010), da ritenersi applicabile (si tratti poi di interpretazione diretta, esten- siva o analogica) anche ai rapporti fra processo e arbitrato7;
ee) accoglimento, nessuna delle due opzioni precedenti (possibilità di una lettura conforme a costituzione; applicabilità della citata normativa in tema di rapporti fra giurisdizioni di- verse) apparendo condivisibile.
Posto – come francamente non mi pare seriamente dubitabile – che il principio sia fuori di- scussione, che cioè anche nei rapporti fra processo e arbitrato si imponga la conservazione degli ef- fetti dell’atto introduttivo8, il problema è dunque in sostanza se tale conservazione necessiti di esse- re introdotta mediante una pronuncia di incostituzionalità, o se, viceversa, essa sia già concretamen- te operante nell’ordinamento, in generale, oppure per così dire a senso unico (vale a dire solo nel passaggio dal giudice all’arbitro); ed a tale riguardo, i possibili argomenti a favore della seconda opzione (già attuale concreta operatività del principio) sono tre, il primo relativo alla prospettiva della conservazione a senso unico, gli altri due a quella generalizzata: 1) la lettera dell’art. 819 ter2 cpc; 2) l’interpretazione conforme alla costituzione; 3) l’applicazione degli artt. 59 l. n. 69/2009 e 11 del d. lgs. n. 104/2010.
4 V. il § 1.
5 V. il § 1.
6 Nella nota 3.
7 Per la proposta di applicare l’art. 59 l. 69/2009 anche ai rapporti fra processo e arbitrato v. G.VERDE, Ancora sulla pendenza del giudizio arbitrale, in Riv. arb. 2010, 219 ss. e (sia pure senza riferimenti al problema della conservazione degli effetti dell’atto introduttivo) M.BOVE, Giurisdizione e competenza nella recente riforma del processo civile (leg- ge 18 giugno 2009 n. 69), in Riv. dir. proc. 2009, 1305 s.
8 Sulle ragioni di tale necessità, che (al netto delle alternative interpretative delle quali subito si dirà) sono poi quelle che stanno alla base della ritenuta incostituzionalità dell’art. 819 ter2 cpc, v. M.FORNACIARI,Conservazione degli effet- ti, 895 s. e S.BOCCAGNA, Translatio iudicii, 472 ss.
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3. I possibili argomenti a sostegno della tesi, secondo la quale la conservazione degli effetti dell’atto introduttivo sarebbe già concretamente operante: 1) la lettera dell’art. 819 ter2 cpc
Quelli appena sintetizzati essendo i termini del problema, e posto dunque che in sostanza questo ruota intorno alla valutazione dei tre argomenti, dei quali si è appena detto, è in verità abba- stanza evidente che nessuno di essi raggiunge la soglia, non solo della fondatezza, ma anche sem- plicemente della plausibilità.
Per quanto concerne il primo, vale a dire la lettera dell’art. 819 ter2 cpc – che è poi quello utilizzato dalla Cassazione nella decisione in rassegna – esso risulta, a mio modo di vedere e come già anticipato9, veramente inconsistente, addirittura puerile, e in tutta franchezza credo che difficil- mente potrebbe essere preso sul serio se non fosse (purtroppo) contenuto in una decisione della Cor- te.
L’argomento, come visto, consiste in ciò, che siccome la norma sancisce che quelle certe re- gole non si applicano “[n]ei rapporti fra arbitrato e processo”, l’esclusione vale soltanto nel passag- gio appunto dall’arbitrato al processo e non anche in quello inverso.
Bene, può darsi che mi sbagli e che la mia comprensione della lingua italiana sia imperfetta, ma a fronte di un’espressione di questo genere a me non verrebbe mai in mente anche solo di ipo- tizzare che in questione siano solo i rapporti fra il primo e il secondo dei due enti interessati e non invece tutti tali rapporti, e dunque anche quelli fra il secondo e il primo. Del resto, si immagini che l’art. 1175 cc fosse formulato nel senso che “il rapporto fra il debitore e il creditore deve essere im- prontato al rispetto delle regole di correttezza”: applicando il medesimo canone interpretativo ado- perato dalla Cassazione dovrebbe ritenersi che solo il debitore deve osservare tali regole, mentre al creditore è viceversa consentito di comportarsi scorrettamente. Esiste forse qualcuno che sarebbe disposto non dico ad accettare, ma anche solo a prendere in considerazione una lettura di questo ti- po?
Né, si aggiunga, le cose cambiano laddove dal versante letterale ci si sposti su quello logico.
Premesso che qualunque norma, ancorché incostituzionale, deve comunque rispondere ad una qual- che ratio, riconoscibile come tale, quale sarebbe quella della disposizione in discorso, ove interpre- tata come preteso dalla Corte? Quale logica avrebbe cioè guidato il legislatore nel sancire che se, errando, mi rivolgo al giudice anziché all’arbitro, la domanda proposta davanti al primo conserva effetti, mentre se, commettendo il medesimo tipo di errore, mi rivolgo all’arbitro anziché al giudice, non vale altrettanto?
Insomma: è del tutto evidente che l’argomento in questione non fornisce alcuna soluzione. E del resto, quand’anche avesse una maggiore consistenza, esso non sarebbe comunque risolutivo. Il problema – e con questo l’incostituzionalità della norma – rimarrebbe infatti per quanto concerne il passaggio dall’arbitro al giudice10.
9 V. i §§ 1 e 2.
10 A completamento del commento della decisione della Cassazione, mette conto segnalare come anche il riferimento, in essa contenuto, alla “riassunzione” in sede arbitrale sia in realtà scorretto. Proprio perché ciò di cui si tratta, come la stessa Corte esplicita, è di “inizia[re] […] la procedura arbitrale nei modi di cui agli artt. 809 e 910 c.p.c.” è infatti evi- dente che in questione non è, in realtà, la riassunzione del processo, bensì la riproposizione della domanda. Beninteso, rispetto allo svarione interpretativo principale, del quale si è detto nel testo, questo è un peccato decisamente veniale.
Non per questo esso non avrebbe però potuto essere agevolmente evitato, semplicemente con una maggiore attenzione alla terminologia adoperata.
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4. Segue: 2) l’interpretazione conforme alla costituzione
Passando al secondo degli argomenti, dei quali si è detto sopra, vale a dire l’interpretazione conforme alla costituzione dell’art. 819 ter2 cpc, esso si infrange, mi pare, contro la chiarezza del testo della norma in questione.
Per potersi anche solo prospettare l’ipotesi di una lettura conforme alla costituzione di una disposizione di legge, occorre infatti che questa si presti ad una pluralità di interpretazioni, tale che i valori costituzionali possano orientare nella relativa scelta; o comunque che essa presenti un qual- che margine di indeterminatezza, che la renda suscettibile di accogliere tali valori.
Altrettanto non è invece possibile laddove la disposizione detti una chiara ed univoca rego- lamentazione, frontalmente contrastante con i valori medesimi, com’è appunto nel caso di specie (l’art. 819 ter2 cpc sancisce in modo che più netto non si potrebbe che nei rapporti fra processo e arbitrato la salvezza degli effetti dell’atto introduttivo non opera, che è precisamente il contrario di quanto si ritiene imposto dagli artt. 24 e 111 Cost.). Se anche in tal caso fosse percorribile la via in- terpretativa, se, detto più incisivamente, in nome della costituzione fosse lecito operare il ribalta- mento, o comunque lo stravolgimento, del significato chiaramente emergente dalle disposizioni di legge, questo priverebbe infatti la Corte Costituzionale di qualunque, sia pur minimo, margine di intervento.
Ora, è vero che la Cassazione ha dato abbondantemente prova di non avere troppe remore in tale opera di stravolgimento: un esempio per tutti, si pensi alla nota presa di posizione in merito al giudicato implicito sulla questione di giurisdizione, che ha in pratica cancellato la previsione (art.
37 cpc) relativa alla rilevabilità di tale questione in ogni stato e grado del processo11. Si spera però da un lato che questa pulsione manipolatoria sia destinata prima o poi ad esaurirsi, dall’altro che quantomeno la Corte Costituzionale eviti di assecondarla.
5. Segue: 3) l’applicazione degli artt. 59 l. 69/2009 e 11 d. lgs. 104/2010
Per quanto concerne infine il terzo degli argomenti sopra indicati, vale a dire l’applicazione degli artt. 59 l. 69/2009 e 11 d. lgs. 104/2010, esso è probabilmente il meno astruso dei tre. Nondi- meno, neppure esso mi pare offrire una base realmente affidabile12.
11 L’indirizzo, inaugurato da Cass. sez. un. 9 ottobre 2008 n. 24883, in Foro it. 2009, I, 806, con nota di G.G.POLI, Le sezioni unite e l’art. 37 c.p.c., Giur. it. 2009, 406, con note di R.VACCARELLA, Rilevabilità del difetto di giurisdizione e translatio iudicii e di A.M.SOCCI, Il difetto o conflitto di attribuzione (o di giurisdizione), del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione o dei giudici speciali, non può essere eccepito o rilevato in Cassazione per la prima volta, ibidem, 1459, con nota di A.CARRATTA, Rilevabilità d’ufficio del difetto di giurisdizione e uso improprio del “giudicato implicito”, Giust. civ. 2009, I, 47, con nota di A.NAPPI, Effetto devolutivo delle impugnazioni e giudica- to interno sugli errores in procedendo, Riv. dir. proc. 2009, 1071, con note di E.F.RICCI, Le Sezioni Unite cancellano l’art. 37 c.p.c. nelle fasi di gravame e di V.PETRELLA, Osservazioni minime in tema di giudicato implicito sulla giuri- sdizione e giusto processo, Corriere giur. 2009, 372, con note di R.CAPONI, Quando un principio limita una regola (ragionevole durata del processo e rilevabilità del difetto di giurisdizione) e di F.CUOMO ULLOA, Il principio di ragio- nevole durata e l'art. 37: rilettura costituzionalmente orientata o riscrittura della norma (e della teoria del giudicato implicito)?, Giusto proc. civ. 2009, 263, con nota di G.BASILICO, Il giudicato interno e la nuova lettura dell’art. 37 c.p.c., è stato poi ripetutamente e pervicacemente confermato: v. ad es. Cass., Sez. un., 11 aprile 2011, n. 8127 (ord.), in Foro it., 2011, I, 1386; Cass., Sez. un., 28 gennaio 2011, n. 2067 (ord.) in Foro it., 2011, I, 1386, ibidem; Cass., Sez.
un., 9 novembre 2011, n. 23306, in Giust. civ. 2012, I, 41 e Giur. it. 2012, 1847.
12 Contro l’applicabilità dell’art. 59 l. 69/2009 v. M.ACONE, Arbitrato e translatio iudicii: un parere eretico, in AA.
VV., Sull’arbitrato. Studi offerti a Giovanni Verde, Napoli 2010, 14 s. e S.BOCCAGNA, Translatio iudicii, 475.
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Senz’altro fuori questione è infatti un’applicazione analogica, o anche estensiva, di tali nor- me alla fattispecie qui in esame ed il motivo dell’esclusione è, mi pare, abbastanza evidente. Esso consiste nel fatto che, per potersi anche solo porre un problema di interpretazione analogica, o e- stensiva, occorrerebbe che la suddetta fattispecie risultasse priva di una regolamentazione, ciò che è invece sicuramente escluso, data la presenza dell’art. 819 ter2 cpc.
Piuttosto, dovrebbe dunque ragionarsi in termini di incompatibilità fra le due normative in questione (quella di cui all’art. 819 ter2 cpc e quella di cui agli artt. 59 l. 69/2009 e 11 d. lgs.
104/2010) e dunque di prevalenza della più recente sulla più vecchia. Questo presuppone però che tali due normative si riferiscano al medesimo fenomeno, il che a sua volta presuppone che il rappor- to fra processo e arbitrato venga ricondotto, o comunque assimilato, se non altro a questi effetti, ad un rapporto fra due diverse giurisdizioni, ciò a cui in verità non sarei personalmente alieno13, ma che in genere viene tuttavia escluso14.
6. Conclusioni
All’esito di questa breve analisi, risulta insomma senz’altro confermato, mi pare, che, come anticipato, nessuno dei tre argomenti presi in esame è in alcun modo idoneo a supportare la tesi, se- condo la quale nei rapporti fra processo e arbitrato la conservazione degli effetti dell’atto introdutti- vo sarebbe già concretamente operante, in generale o quantomeno nel passaggio dal giudice all’arbitro.
Posto che tale conservazione sia costituzionalmente necessitata – ciò di cui, si ripete, non pare lecito dubitare – è dunque evidente che l’intervento della Corte Costituzionale si impone. Tale conclusione risponde del resto anche ad un più generale criterio, se non altro di opportunità che, a mio avviso, dovrebbe guidare la Consulta nella scelta del tipo di intervento da operare; vale a dire quello di perseguire, quale effetto del proprio intervento, l’esito quanto più possibile certo e dunque, laddove la lettura in linea con la costituzione sia opinabile, di optare senz’altro per la declaratoria di incostituzionalità della norma, piuttosto che rimettere l’adeguamento della normativa ordinaria alla costituzione al più incerto e non vincolante strumento del loro coordinamento in via meramente in- terpretativa.
Tutto sta semmai a vedere se la Corte limiterà il suo intervento alla sola prospettiva del pas- saggio dal giudice all’arbitro, oppure se pronuncerà sull’art. 819 ter2 cpc unitariamente considerato e dunque anche con riferimento alla prospettiva opposta15. Va da sé, per evidenti ragioni di comple- tezza e di razionalità della regolamentazione conseguente, che l’opzione auspicabile è la seconda.
13 Nello stesso senso v. M.BOVE, Giurisdizione e competenza, 1305.
14 In tal senso v. ad esempio S.BOCCAGNA, L’impugnazione per nullità del lodo, Napoli 2005, 249 ss. e ID., Translatio iudicii, 475.
15 Sui vari possibili scenari v. il § 2.