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CAPITOLO I
L’IMPRENDITORE AGRICOLO: NORMATIVA CIVILISTICA E
FISCALE
1.1 NOZIONE CIVILISTICA DI IMPRENDITORE AGRICOLO
Dal punto di vista civilistico, la definizione d’imprenditore agricolo è contenuta nell’articolo 2135 del codice civile, che nella sua originaria formulazione stabiliva che: «È imprenditore agricolo chi esercita un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla selvicoltura, all’allevamento del bestiame e attività connesse. Si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione o all’alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura».
Quest’articolo è stato completamente modificato dall’articolo 1 del D.lgs. 18 Maggio 2001, n. 228 (“Orientamento e modernizzazione del settore agricolo”), al fine di garantire la multifunzionalità dell’impresa agricola e attualmente dispone che: «È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali s’intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. S’intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di
6 valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge».
Il nuovo testo dell’art. 2135 c.c. individua l’imprenditore agricolo in colui che esercita una delle seguenti attività:
- Coltivazione del fondo→Attività diretta allo sfruttamento delle energie naturali della terra e con la nuova formulazione della norma è stata superata la precedente nozione riferita al complesso inscindibile del ciclo dei lavori svolto dall’agricoltore per ottenere i prodotti della terra (dalla rottura del suolo al raccolto).
- Selvicoltura→Particolare specie di coltivazione della terra finalizzata alla produzione di alberi da legname.
- Allevamento di animali→L’originaria formulazione della norma faceva riferimento all’allevamento del bestiame e la prevalente dottrina la riferiva alle sole specie animali legate al fondo, per essere adibite alla sua lavorazione o essere alimentate con i prodotti della terra (bestiame da carne, da lavoro, da latte e da lana). Nella nuova formulazione è stato sostituito il termine «bestiame» con quello di «animali» e pertanto sembra che il legislatore abbia abbandonato il principio secondo il quale l’allevamento di animali, per essere classificato agricolo, non doveva essere disgiunto dalla terra e dal suo sfruttamento e che possano oggi qualificarsi attività agricole anche l’apicoltura, l’avicoltura, la bachicoltura, l’allevamento di animali da pelliccia, di cani o cavalli.
- Attività connesse alle precedenti.
Dalla lettura della frase “…che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine”, si capisce che il possesso del fondo non è più un elemento indispensabile per l’attività agricola: il fondo diventa un fattore di produzione sostituibile e che può anche non esistere senza intaccare l’essenza dell’imprenditore agricolo.
7 1.1.1 Le attività connesse
L’ultimo inciso del primo comma dell’art. 2135 c.c. si riferisce alle cd. «attività agricole per connessione» ed attribuisce la qualifica di imprenditore agricolo a chi esercita attività connesse a quelle della coltivazione del fondo, della selvicoltura e dell’allevamento di animali.
La nuova disposizione, accogliendo una visione dinamica dell’impresa agricola proiettata verso il mercato, ha stabilito il principio secondo cui devono comunque ritenersi connesse le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti ottenuti dalla coltivazione del fondo o dall’allevamento di animali.
La connessione è attuata con il concorso di due requisiti:
- Connessione soggettiva: l’attività connessa deve essere compiuta dallo stesso imprenditore agricolo che compie l’attività agricola principale.
- Connessione oggettiva: l’attività connessa deve essere collegata all’attività agricola principale esercitata. Tale collegamento, per le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione avviene con «prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali», mentre per le attività dirette alla fornitura di beni o servizi avviene con «l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda (comprese quelle umane) normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge».
L’art. 2135 del c.c. recepisce il carattere di strumentalità funzionale rispetto all'attività agricola principale, quando permette all'imprenditore agricolo di svolgere le suddette attività connesse anche utilizzando, entro certi limiti, prodotti acquistati da terzi, al fine di:
a) migliorare la qualità del prodotto e di aumentare la redditività complessiva dell'impresa agricola;
8 b) ottenere, nell'ambito dell'attività di trasformazione e manipolazione, un mero aumento quantitativo della produzione;
c) migliorare la gamma di beni complessivamente venduti, a condizione che i beni acquistati da terzi appartengano al medesimo comparto produttivo in cui opera l'agricoltore.
In altri termini, è tramite la nozione di prevalenza che all'imprenditore è consentito di porre in essere attività connesse utilizzando prodotti acquisiti da terzi, i quali non devono, dunque, preponderare rispetto a quelli provenienti dal proprio fondo, bosco o allevamento.
In linea generale, il requisito della prevalenza è soddisfatto quando, in termini quantitativi, i prodotti utilizzati nello svolgimento dell'attività connesse e ottenuti direttamente dall'attività agricola svolta nel fondo, risultano prevalenti, ossia superiori, rispetto a quelli acquistati presso terzi. Nel caso in cui il confronto quantitativo non è possibile perché i beni sono di natura diversa, si fa riferimento al valore degli stessi, rapportando il valore normale dei prodotti agricoli ottenuti dall'attività agricola svolta nel fondo e il costo dei prodotti acquistati da terzi. Il requisito della prevalenza si considera in tal caso soddisfatto quando il valore dei prodotti propri è superiore al costo sostenuto per acquistare prodotti di terzi. Laddove non è possibile effettuare il confronto in quanto i prodotti non sono suscettibili di valutazione (come ad esempio nel caso dei residui zootecnici), la prevalenza potrà essere riscontrata effettuando una comparazione “a valle” del processo produttivo dell'impresa, tra l'energia derivante da prodotti propri e quella derivante da prodotti acquistati da terzi.
In base all’art. 9 del D.p.r. n. 917 del 1986: “Per valore normale si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle
9 mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d'uso”).
Infine, la Legge 23 Dicembre 2005, n. 266, dopo le modifiche del 2006/2007, ricomprende fra le attività connesse anche le produzioni e le cessioni di:
- energia elettrica e calorica derivante da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche;
- carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo;
- prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo.
Al di fuori di questi requisiti, l’attività di trasformazione, commercializzazione ecc., non può essere considerata connessa all’attività agricola e assume la natura di attività industriale o commerciale.
10 1.1.2 La produzione di energia elettrica
Negli ultimi anni il legislatore, nell'ottica dello sviluppo della produzione di energia mediante fonti rinnovabili, ha introdotto disposizioni di carattere fiscale volte ad incentivare l'esercizio di tale attività da parte di imprenditori agricoli: In particolare, l'articolo 1, comma 423, della Legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006) aveva stabilito che “La produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali effettuate dagli imprenditori agricoli costituiscono attività connesse ai sensi dell'articolo 2135, terzo comma, del codice civile e si considerano produttive di reddito agrario”.
L’articolo 2-quater, comma 11, del Decreto legge 10 gennaio 2006, n. 2 (convertito con modificazioni dalla Legge 11 marzo 2006, n. 81), ha integrato la citata norma aggiungendo, dopo le parole "energia elettrica", quelle "e calorica" e dopo “fonti rinnovabili agroforestali”, le parole “e fotovoltaiche”.
L'articolo 1, comma 369, della Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) ha sostituito il citato comma 423, riformulandolo come segue: “Ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa, la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo, effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse ai sensi dell'articolo 2135, terzo comma, del Codice civile e si considerano produttive di reddito agrario”.
L'ultimo intervento normativo in materia è contenuto nella Legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008) e, in particolare, nel comma 178 dell'articolo 1, con il quale il legislatore ha integrato il citato comma 423, specificando alla fine che le predette attività si considerano produttive di reddito agrario, “fatta salva l'opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari, previa comunicazione all'ufficio secondo le modalità previste dal regolamento di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442”.
11 Come detto, il comma 423 della legge finanziaria 2006 ha ampliato la categoria delle attività agricole connesse di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del c.c. Al riguardo si precisa che, di norma:
- per fonti “rinnovabili agroforestali” s’intendono le biomasse, ovvero, la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali ed animali) e dalla silvicoltura (es. biomasse legnose che si ottengono da legna da ardere o pellet derivante dalla segatura di legno);
- per fonti “fotovoltaiche” s’intendono i moduli o pannelli fotovoltaici, in grado di convertire l'energia solare in energia elettrica;
- per “carburanti derivanti da produzioni vegetali” s’intendono i prodotti come il bioetanolo (etanolo ricavato dalla biomassa ovvero dalla parte biodegradabile dei rifiuti, destinato ad essere usato come carburante), il biodiesel (etere metilico ricavato da un olio vegetale o animale, destinato ad essere usato come carburante), il biogas carburante ed altri carburanti simili;
- per “prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli” s’intendono prodotti quali biopolimeri, bioplastiche, che si ottengono da amido e miscele di amido (prodotti della c.d. chimica verde).
La produzione di energia da fonte fotovoltaica, a differenza di quella derivante da fonti agroforestali, non richiede l'utilizzazione di prodotti provenienti dal fondo, bensì necessita della installazione di specifici impianti (pannelli fotovoltaici) in grado di convertire le radiazioni solari in energia elettrica o calorica. Si tratta, dunque, di un'attività connessa "atipica" in quanto il suo svolgimento non richiede all'imprenditore agricolo l'impiego di prodotti derivanti dalla coltivazione del fondo. Tale produzione prescinde, infatti, dalla coltivazione del fondo, del bosco o dall'allevamento di animali. Ciò nonostante, trattandosi di attività agricola connessa presuppone, comunque, un collegamento con l’attività agricola tipica. In particolare, i terreni, di proprietà dell'imprenditore agricolo o, comunque nella sua disponibilità, devono essere condotti dall'imprenditore
12 medesimo ed essere ubicati nello stesso comune ove è sito il parco fotovoltaico, ovvero in comuni confinanti.
13 1.1.3 Vendita diretta di prodotti agricoli
Il legislatore, consapevole delle difficoltà dipendenti dal collocamento della produzione agricola sul mercato, ha disciplinato anche l’attività di vendita dei prodotti agricoli effettuata sia direttamente al consumatore e sia attraverso la rete commerciale/industriale di trasformazione.
Il D.lgs. n. 228 del 18 Maggio del 2001 ha apportato un’innovazione normativa, in base alla quale ha semplificato e agevolato la realizzazione della filiera corta come strumento d’incontro commerciale tra l’impresa agricola e il consumatore finale.
L’articolo 4 del D.lgs. 228/2001 afferma che gli imprenditori agricoli, singoli o associati, iscritti nel registro delle imprese, possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il territorio della Repubblica, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende, osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità.
Quindi, ai fini della qualificazione dell’attività di commercializzazione come “agricola” è richiesto il possesso di due requisiti:
- Requisito soggettivo: l’attività deve essere svolta dallo stesso soggetto che esercita la vendita diretta già qualificato come imprenditore agricolo per l’esercizio in forma di impresa dell’attività principale di coltivazione del fondo, di allevamento di animali o di selvicoltura.
- Requisito oggettivo: i prodotti posti in vendita dall’imprenditore agricolo devono provenire prevalentemente dall’attività agricola principale. Quindi, l’imprenditore agricolo può commercializzare sia prodotti derivanti dalla sua produzione aziendale e sia i prodotti agricoli acquistati, in forma non prevalente, sul mercato.
In base al comma 7 del D.lgs. 228/2001, alla vendita diretta di prodotti agricoli non si applica la disciplina in materia di commercio di cui al D.lgs. n. 114 del 31 Marzo 1998. Tuttavia, secondo il comma 8, se l’ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti non provenienti dalle rispettive aziende nell'anno solare precedente sia superiore a 160.000€ per gli imprenditori individuali ovvero a
14 4.000.000€ per le società, si applicano le disposizioni del citato decreto legislativo n. 114 del 1998.
Il comma 2 del D.lgs. 228/2001 dispone che la vendita diretta dei prodotti agricoli in forma itinerante, vale a dire la vendita effettuata con mezzi mobili o con banchi di vendita trasportabili non ancorati a terra, è soggetta alla preventiva comunicazione di inizio attività al Comune del luogo dove ha sede l'azienda agricola e può essere effettuata decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione stessa. Questa comunicazione deve contenere: generalità del richiedente, estremi iscrizione nel registro delle imprese, estremi di ubicazione dell’azienda agricola, specificazione dei prodotti di cui s’intende praticare la vendita, modalità con cui si intende effettuarla (compreso il commercio elettronico).
La vendita al dettaglio esercitata su superfici all’aperto nell’ambito dell’azienda agricola o di altre aree private di disponibilità degli imprenditori agricoli, non richiede la comunicazione di inizio attività, però è in ogni caso obbligatoria l’iscrizione nel Registro delle Imprese e l’osservanza delle norme in materia di igiene e sanità.
Se l’imprenditore agricolo vuole esercitare la vendita al dettaglio non in forma itinerante su aree pubbliche o in locali aperti al pubblico, la comunicazione di inizio attività è indirizzata al Sindaco del Comune in cui si intende esercitare la vendita. Per la vendita al dettaglio su aree pubbliche mediante l'utilizzo di un posteggio la comunicazione deve contenere la richiesta di assegnazione del posteggio medesimo, ai sensi dell'art. 28 del D.lgs. 114 del 31 marzo 1998 (“l’autorizzazione all’esercizio dell’attività di vendita sulle aree pubbliche mediante l’utilizzo di un posteggio, è rilasciata in base alla normativa emanata dalla Regione e dal Sindaco del Comune sede del posteggio”).
Il Ministero delle Politiche Agricole, in attuazione della Legge 296 del 2006 (Legge Finanziaria per il 2007) comma 1065, ha emanato il Decreto Ministeriale del 20 Novembre 2007 con il quale ha dettato le linee guida per la realizzazione dei mercati riservati alla vendita diretta dei prodotti da parte degli imprenditori
15 agricoli. Questo Decreto non ha natura regolamentare, dal momento che la competenza legislativa esclusiva nelle materie del commercio e dell’agricoltura è riservata alle Regioni dall’art. 117 della Costituzione. Esso si pone pertanto come un atto d’indirizzo che mira a diffondere una corretta ed efficiente modalità organizzativa del c.d. “farmer market”.
Tale D.M. stabilisce che i comuni, anche associati o consorziati, di propria iniziativa o su richiesta degli imprenditori agricoli singoli o associati, o attraverso associazioni di produttori di categoria, istituiscono o autorizzano i mercati agricoli di vendita diretta che soddisfano gli standard del presente decreto. Le richieste di autorizzazione, trascorsi inutilmente sessanta giorni dalla presentazione, s’intendono accolte.
I mercati agricoli di vendita diretta possono essere costituiti, su area pubblica, in locali aperti al pubblico nonché su aree di proprietà privata.
I comuni, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nell'ambito delle ordinarie dotazioni di bilancio, promuovono azioni d’informazione per i consumatori sulle caratteristiche qualitative dei prodotti agricoli posti in vendita in tali strutture. I soggetti ammessi all’esercizio della vendita diretta nei mercati agricoli, sono gli imprenditori agricoli iscritti nel registro delle imprese e che rispettino le seguenti condizioni:
a) ubicazione dell'azienda agricola nell'ambito territoriale amministrativo della regione o negli ambiti definiti dalle singole amministrazioni competenti;
b) vendita nei mercati agricoli di vendita diretta di prodotti agricoli provenienti dalla propria azienda o dall'azienda dei soci imprenditori agricoli, anche ottenuti a seguito di attività di manipolazione o trasformazione, ovvero anche di prodotti agricoli ottenuti nell'ambito territoriale di cui alla lettera a), nel rispetto del limite della prevalenza di cui all'art. 2135 del codice civile;
c) possesso dei requisiti previsti dall'art. 4, comma 6, del Dcreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228: “Non possono esercitare l'attività di vendita diretta gli imprenditori agricoli, singoli o soci di società di persone e le persone giuridiche i
16 cui amministratori abbiano riportato, nell'espletamento delle funzioni connesse alla carica ricoperta nella società, condanne con sentenza passata in giudicato, per delitti in materia di igiene e sanità o di frode nella preparazione degli alimenti nel quinquennio precedente all'inizio dell'esercizio dell'attività. Il divieto ha efficacia per un periodo di cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna”.
L'attività di vendita all'interno dei mercati agricoli di vendita diretta è esercitata dai titolari dell'impresa, ovvero dai soci in caso di società agricola e di quelle di cui all'art. 1-comma 1094 della Legge 296/2006 (le società di persone e le società a responsabilità limitata costituite da imprenditori agricoli), dai relativi familiari coadiuvanti, nonché dal personale dipendente di ciascuna impresa.
Nei mercati agricoli di vendita diretta conformi alle norme igienico-sanitarie di cui al regolamento n. 852/2004 CE, sono posti in vendita esclusivamente prodotti agricoli conformi alla disciplina in materia d’igiene degli alimenti, etichettati nel rispetto della disciplina in vigore per i singoli prodotti e con l'indicazione del luogo di origine territoriale e dell'impresa produttrice.
Con riguardo alla disciplina amministrativa e all’attività di controllo dei mercati agricoli di vendita diretta, l’art. 3 del decreto afferma che
- Fatte salve le disposizioni regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano in materia di vendita diretta di prodotti agricoli, gli imprenditori agricoli che intendano esercitare la vendita nell'ambito dei mercati agricoli di vendita diretta devono ottemperare a quanto prescritto dall'art. 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.
- L’esercizio dell’attività di vendita all'interno dei mercati agricoli di vendita diretta, non è assoggettato alla disciplina sul commercio.
- Il mercato agricolo di vendita diretta è soggetto all'attività di controllo del comune nel cui ambito territoriale ha sede. Il comune accerta il rispetto dei regolamenti comunali in materia nonché delle disposizioni del presente decreto e in caso di più violazioni commesse anche in tempi diversi può revocare l’autorizzazione.
17 All’interno dei mercati agricoli di vendita diretta è ammesso l'esercizio dell'attività di trasformazione dei prodotti agricoli da parte degli imprenditori agricoli nel rispetto delle norme igienico-sanitarie e possono essere realizzate attività culturali, didattiche e dimostrative legate ai prodotti alimentari, tradizionali e artigianali del territorio rurale di riferimento, anche attraverso sinergie e scambi con altri mercati autorizzati.
I comuni istituiscono o autorizzano i mercati agricoli di vendita diretta sulla base di un disciplinare di mercato che regoli le modalità di vendita, finalizzato alla valorizzazione della tipicità e della provenienza dei prodotti medesimi e ne danno comunicazione agli assessorati all'agricoltura delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano.
I comuni favoriscono la fruibilità dei mercati agricoli di vendita diretta anche mediante la possibilità, per altri operatori commerciali, di fornire servizi destinati ai clienti dei mercati. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali attraverso forme di collaborazione con l'A.N.C.I. (Associazione Nazionale Comuni Italiani), provvede alla realizzazione di tutte le attività di supporto e assistenza tecnica ai comuni per l'adempimento delle funzioni loro assegnate e, d'intesa con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, effettua un monitoraggio annuale dei mercati di vendita diretta dei prodotti agricoli autorizzati e delle attività in essi svolte.
18 1.2 L’ISCRIZIONE NEL REGISTRO DELLE IMPRESE
Il Registro Imprese è un registro pubblico che, già previsto dal Codice Civile, ha avuto completa attuazione a partire dal 1996, con la Legge relativa al riordino delle Camere di Commercio e con il successivo Regolamento di attuazione. La Legge sopracitata ha istituito, presso ciascuna Camera di Commercio, l'Ufficio del Registro Imprese, che ha le seguenti caratteristiche:
- ha competenza provinciale;
- è gestito secondo tecniche informatiche;
- la sua tenuta è affidata alla locale Camera di Commercio sotto la vigilanza di un Giudice delegato dal Presidente del Tribunale del capoluogo di Provincia;
- è retto da un Conservatore nominato dalla giunta nella persona del Segretario Generale ovvero di un dirigente della Camera di Commercio che assicura la corretta tenuta del Registro Imprese in osservanza delle disposizioni in materia e delle decisioni del Giudice del Registro.
Il Registro Imprese può essere definito come l'anagrafe delle imprese: vi si trovano, infatti, i dati (costituzione, modifica, cessazione) di tutte le imprese con qualsiasi forma giuridica e settore di attività economica, con sede o unità locali sul territorio nazionale, nonché gli altri soggetti previsti dalla legge. Il Registro Imprese fornisce quindi un quadro completo della situazione giuridica di ciascun’impresa ed è un archivio fondamentale per l'elaborazione d’indicatori di sviluppo economico e imprenditoriale in ogni area di appartenenza.
La funzione principale del Registro Imprese è di assicurare un sistema di pubblicità legale delle imprese, garantendo la tempestività dell'informazione su tutto il territorio nazionale:
- pubblicità costitutiva: riguarda i casi in cui l'iscrizione di un determinato atto nel Registro è requisito necessario e indispensabile affinché l'atto produca effetti giuridici tra le parti (ad es. atto costitutivo di società di capitali);
- pubblicità dichiarativa: riguarda i casi in cui l'iscrizione nel Registro rende opponibile ai terzi l'atto del quale è stata data pubblicità, prescindendo
19 dall’effettiva conoscenza che i terzi ne abbiano (ad es. atto costitutivo delle società di persone);
- pubblicità notizia: riguarda i casi in cui l'iscrizione nel Registro ha una finalità di certificazione anagrafica e d’informazione del pubblico, senza alcuna conseguenza né sull’efficacia né sull’opponibilità ai terzi dell'atto iscritto (ad es. l'iscrizione del piccolo imprenditore commerciale).
Il Registro Imprese è unico e comprende una sezione ordinaria e una sezione speciale.
La Sezione Ordinaria comprende: - società di persone e di capitali; - società cooperative;
- consorzi con attività esterna e società consortili;
- società costituite all'estero con sede amministrativa o secondaria sul territorio italiano o con l'oggetto principale dell'impresa sul territorio italiano;
- gruppi europei d’interesse economico;
- enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un’attività commerciale;
- imprenditori commerciali individuali (non piccoli). La Sezione Speciale è suddivisa in cinque parti:
1°) comprende: imprenditori agricoli individuali (persone fisiche e persone giuridiche), piccoli imprenditori commerciali, le società semplici, imprenditori artigiani;
2°) comprende le società tra professionisti;
3°) è destinata alla pubblicità dei legami di gruppo (società o enti che esercitano attività di direzione e coordinamento e quelle che vi sono soggette);
4°) è destinata alle imprese sociali (organizzazioni private qualificabili come imprese sociali).
5°) comprende gli atti di società di capitali in lingua comunitaria diversa dall'italiano.
20 Nel Registro Imprese confluisce un'altra banca dati pubblica, il Repertorio Economico Amministrativo (REA), che ha lo scopo di integrare i dati del Registro Imprese con informazioni di carattere economico, statistico e amministrativo (es. le modifiche e la cessazione dell'attività, l'insegna, la nomina di responsabili tecnici, l'attività prevalente, l'apertura, la cessazione e le modifiche delle unità locali).
Il Registro Imprese contiene tutte le principali informazioni relative alle imprese (denominazione, statuto, amministratori, sede, …) e tutti i successivi eventi che le hanno interessate dopo l'iscrizione (ad es. modifiche dello statuto e di cariche sociali, trasferimento di sede, liquidazione, procedure concorsuali, ecc.). Gli enti pubblici, le associazioni e altri organismi non obbligati all'iscrizione al Registro Imprese sono comunque tenuti a comunicare le informazioni al REA quando esercitano un'attività economica.
L’imprenditore agricolo è obbligato all’iscrizione nel registro delle imprese con automatica iscrizione al Repertorio Economico Amministrativo (R.E.A.).
Questa iscrizione assume gli effetti della pubblicità dichiarativa di cui all’art. 2193 del codice civile: “I fatti dei quali la legge prescrive l’iscrizione, se non sono stati iscritti, non possono essere opposti ai terzi da chi è obbligato a richiederne l’iscrizione, a meno che questi non provi che i terzi ne abbiano avuto conoscenza”.
21 1.2.1 Dichiarazione di inizio attività
L’iscrizione nel Registro delle Imprese va effettuata entro 30 giorni dall’inizio dell’attività. Per le società il termine d’iscrizione varia a seconda del tipo di società e decorre dalla data di costituzione.
Per la S.p.a. la S.r.l e la Società cooperativa, il termine d’iscrizione dell’atto costitutivo è fissato, a norma dell’art. 2330 c.c. (per la S.p.a e la S.r.l.) e dell’art. 2523 (per la cooperativa), in 20 giorni.
Per la società di persone il termine d’iscrizione è di 30 giorni.
Gli atti di modifica e la cessazione dell’attività vanno presentati entro 30 giorni dalla data in cui si verifica l’evento.
L’art. 35 del D.p.r. n. 633 del 1972, stabilisce che i soggetti che intraprendono nel territorio dello stato l’esercizio di un’impresa, arte o professione, devono presentare all’Amministrazione finanziaria una dichiarazione d’inizio attività entro 30 giorni dall’evento. Se il termine cade in un giorno festivo è prorogato al 1° giorno lavorativo successivo.
La dichiarazione è redatta, a pena di nullità, su modelli conformi a quelli approvati con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.
La presentazione della dichiarazione d’inizio attività comporta l’attribuzione del numero di Partita Iva, che dovrà essere indicato nelle dichiarazioni, nei documenti aziendali (fatture, documenti di trasporto, ecc…) e in ogni altro documento ove richiesto.
Ci sono due moduli utilizzabili per le comunicazioni: il modello AA9/11 per le persone fisiche, il modello AA7/10 per i soggetti diversi.
Entrambi i modelli e le relative istruzioni sono resi gratuitamente in formato elettronico e possono essere prelevati dal sito internet dell’Agenzia delle Entrate www.agenziaentrate.gov.it e dal sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze www.finanze.gov.it.
Questi modelli possono essere utilizzati per diverse necessità: - dichiarare l’inizio dell’attività;
22 - dichiarare la cessazione dell’attività;
- richiedere il duplicato del certificato di Partita Iva.
Attualmente, le dichiarazione di inizio attività, variazione dati e cassazione attività possono essere presentate scegliendo fra le seguenti modalità:
- in duplice esemplare direttamente (anche per mezzo di persona appositamente delegata) ad uno qualsiasi degli uffici dell’Agenzia delle entrate, indipendentemente dal domicilio fiscale del contribuente;
- in un unico esemplare a mezzo servizio postale e mediante raccomandata postale, allegando copia fotostatica di un documento di identità del dichiarante, da inviare ad uno qualsiasi degli uffici dell’Agenzia delle entrate indipendentemente dal domicilio fiscale del contribuente (in questo caso la dichiarazione si considera presentata nel giorno in cui risulta spedita);
- per via telematica direttamente dal contribuente o tramite soggetti incaricati della trasmissione telematica di cui all’art. 3, commi 2-bis e 3 del D.p.r. n. 322 del 22 Luglio 1998 (in questo caso la dichiarazione si considera presentata nel giorno in cui è conclusa la ricezione dei dati da parte dell’Agenzia delle entrate); - tramite il modello di comunicazione unica (“ComUnica”) presentato all’Ufficio del Registro delle imprese telematicamente o su supporto informatico.
Il modello AA9/11 è composto dai seguenti quadri (il modello AA7/10 è strutturato allo stesso modo, però deve essere utilizzato dai soggetti diversi dalle persone fisiche: le società di persone, le società di capitali, le società cooperative, le organizzazioni di produttori, i consorzi, gli enti commerciali e non commerciali, nonché gli altri enti dotati o non dotati di personalità giuridica): • Quadro A: tipo di dichiarazione da presentare (barrare la casella 1 per la dichiarazione di inizio attività, la casella 2 per la dichiarazione di variazione dei dati, 3 per la dichiarazione di cessazione dell’attività, 4 per la richiesta di duplicato del certificato di Partita IVA).
• Quadro B: dati identificativi del soggetto d’imposta, estremi dell’attività esercitata e luogo di esercizio dell’attività.
23 In sede di compilazione di questo quadro occorre prestare particolare attenzione alle seguenti informazioni:
- Codice attività: deve essere indicato il codice dell’attività svolta in via prevalente (con riferimento al volume d’affari) desunto dalla classificazione delle attività economiche vigente al momento della presentazione del modello, disponibile presso gli uffici dell’Agenzia delle entrate e nei siti internet www.agenziaentrate.gov.it e www.finanze.gov.it.
L’Agenzia delle entrate, con provvedimento del 16 novembre 2007, ha approvato la nuova tabella dei codici di classificazione delle attività economiche denominata ATECO 2007 che, a partire dal 1° gennaio 2008, sostituisce la tabella ATECOFIN 2004. La struttura della classificazione è gerarchica al fine di guidare la scelta del contribuente, e si articola in 6 livelli:
1. alfabetico (sezioni);
2. numerico a due cifre (divisioni); 3. numerico a tre cifre (gruppi); 4. numerico a quattro cifre (classi); 5. numerico a cinque cifre (categorie); 6. numerico a sei cifre (sotto categorie).
La classificazione è standardizzata a livello europeo fino alla quarta cifra, mentre le categorie e le sotto categorie sono diverse tra i singoli Paesi dell’Unione Europea.
- Descrizione attività: descrizione sintetica dell’attività esercitata in via prevalente.
- Volume di affari presunto: deve essere indicato in caso d’inizio attività ovvero qualora sia intrapresa una nuova attività che si presume prevalente, solo se il contribuente ritiene di realizzare, nell’anno o nella frazione d’anno, un volume di affari che comporti, quale regime naturale, l’applicazione di disposizioni speciali ad esso connesse concernenti l’osservanza di adempimenti o di criteri speciali di determinazione dell’imposta (ad esempio agricoltori esonerati, soggetti che
24 effettuano spettacoli viaggianti e contribuenti minori esercenti attività di spettacolo).
• Quadro C: dati identificativi della persona fisica titolare dell’impresa individuale.
• Quadro D: deve essere compilato solo nei casi in cui il rappresentante sia un soggetto diverso dal contribuente (es. impresa posta in fallimento o in amministrazione controllata, titolare minore/inabilitato/interdetto).
• Quadro E: operazioni straordinarie come la cessione e la donazione d’azienda, la modificazione di società in ditta individuale, la successione ereditaria, la cessione e donazione di un ramo d’azienda, il conferimento e l’affitto d’azienda. • Quadro F: soggetti depositari e luoghi di conservazione delle scritture contabili. • Quadro G: attività esercitate abitualmente e rilevanti ai fini dell’IVA, per le quali è possibile attribuire un distinto codice di attività, con esclusione dell’attività prevalente indicata nel quadro B, e luoghi di conservazione delle scritture contabili.
• Quadro H: riguarda eventuali rapporti di rappresentanza e deve essere compilato (se del caso) al fine di superare la presunzione di cessione di cui all’art. 1, comma 1, del D.p.r. n. 441 del 1997 (“Si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, ne` in quelli dei suoi rappresentanti. Tra tali luoghi rientrano anche le sedi secondarie, filiali, succursali, dipendenze, stabilimenti, negozi, depositi ed i mezzi di trasporto nella disponibilità dell'impresa”).
• Quadro I: altre informazioni da fornire all’Amministrazione finanziaria in sede d’inizio attività.
25 1.2.2 La Comunicazione unica “ComUnica”
Fino ad oggi, le imprese o i loro intermediari evadevano gli obblighi riguardanti l’Agenzia delle Entrate, l’INAIL, l’INPS e il Registro delle Imprese, con procedure diverse per ogni ente (modelli cartacei, sistemi telematici, presentazioni allo sportello, ecc…) al fine di:
- richiedere il codice fiscale e la Partita IVA; - aprire la posizione assicurativa presso l’INAIL;
- chiedere l’iscrizione all’INPS dei dipendenti o dei lavoratori autonomi; - chiedere l’iscrizione al Registro delle Imprese tenuto per tutti gli enti.
Oggi, grazie al coordinamento fra questi enti è stato possibile avviare, nel rapporto tra imprese e Pubblica Amministrazione, processi di semplificazione amministrativa che sfruttano i benefici offerti dalla telematica. Con la Comunicazione Unica, infatti, tutti gli adempimenti possono essere assolti rivolgendosi ad un solo canale telematico, il Registro delle Imprese, che è l’unico soggetto al quale inviare la singola pratica digitale contenente le informazioni per tutti gli enti. La Comunicazione Unica per la nascita dell’impresa è regolata dall’art. 9 del D.L. 7/2007 convertito con la Legge 40 del 2007 ed è obbligatoria per tutte le imprese dal 1° Aprile 2010.
La pratica di Comunicazione Unica è un insieme di file strutturato in:
- documento contenente i dati sul richiedente, l’oggetto della comunicazione e il riepilogo delle richieste ai diversi enti;
- modelli per il Registro delle Imprese; - modelli per l'Agenzia delle Entrate; - modelli per l'INPS;
- modelli per l'INAIL.
La nuova procedura telematica prevede l’utilizzo di un software gratuito denominato “ComUnica Impresa”, che guida l’utente nella compilazione della Comunicazione Unica per la nascita dell’impresa (e per le successive variazioni e cancellazione). Questa pratica è valida ai fini fiscali, previdenziali e assicurativi e deve essere inviata, previa apposizione della firma digitale, all'Ufficio del
26 Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio di competenza, che provvederà ad inoltrarla tempestivamente agli altri Enti (Agenzia delle Entrate, INPS, INAIL, SUAP). Le ricevute e tutte le comunicazioni inerenti alla pratica saranno recapitate all'indirizzo PEC (Posta Elettronica Certificata: è un’email con valore legale pari a quello della raccomandata A/R e può essere rilasciata da un gestore di PEC iscritto nell’elenco del DigitPa) indicato dall'impresa ai fini del procedimento, consentendo tracciabilità e trasparenza sull'iter procedurale. Entro 5 giorni la Camera di Commercio di competenza comunica l'iscrizione all'indirizzo PEC d'impresa (e al mittente della pratica come di consueto) ed entro 7 giorni i singoli enti comunicano gli esiti di competenza sia all'impresa che al Registro delle Imprese. Questa comunicazione è valida ai fini fiscali, previdenziali e assicurativi. La Comunicazione Unica deve essere inoltrata, utilizzando la firma digitale, all'Ufficio del Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio di competenza, che provvederà ad inoltrarla agli altri Enti. Prima di iniziare la procedura informatica l’utente deve munirsi di due cose: - le credenziali per Telemaco per spedire la propria pratica al Registro delle Imprese;
- la firma digitale per firmare la pratica di Comunicazione Unica.
La firma digitale ha lo stesso valore legale della firma autografa, poiché è il risultato di una procedura informatica che consente di attestarne l’autenticità (la sicurezza dell’identità di chi firma), la paternità (l’impossibilità che il firmatario disconosca il documento sottoscritto) e l’integrità (la certezza che il documento non sia stato modificato dopo essere stato firmato digitalmente). Può essere rilasciata da un Ente Certificatore Accreditato presso il DigitPA (Ente nazionale per la digitalizzazione della pubblica amministrazione), che garantisce l’autenticità della firma, conserva i codici generati dalla sottoscrizione dei documenti e garantisce la verifica della validità della firma seguendo gli standard di legge. La firma digitale può essere apposta su qualsiasi documento informatico: bilanci e atti societari, fatture, comunicazioni alla pubblica amministrazione. Per firmare digitalmente un documento si deve disporre di un
27 dispositivo di firma digitale con certificato di firma a norma (Smart Card), e di un lettore di firma digitale a norma.
28 1.2.3 Camera di Commercio di Pisa - Diritto annuale: adempimenti 2013
Il diritto annuale è istituito con D.L. n. 786 del 1981, convertito nella Legge n. 51 del 1982, e recepito dall'articolo 18 della Legge n. 580/1993 quale esplicita fonte di Finanziamento delle Camera di Commercio.
A decorrere dal 2001, per effetto del disposto di cui all'art. 17 della Legge 488/1999 (legge finanziaria 2000), la disciplina del diritto annuale ha subito un radicale cambiamento in merito alle modalità di determinazione e ai termini di liquidazione, accertamento e riscossione. Tale rinnovamento normativo è stato poi regolamentato con Decreto del Ministero dell'Industria del Commercio e dell'Artigianato n. 359 del 2001.
Gli elementi di rinnovamento più significativi sono stati:
1) Presupposto impositivo: il diritto deve essere pagato finché l'impresa rimane iscritta o annotata nel Registro delle Imprese, indipendentemente dallo stato dell'attività o dalla messa in scioglimento o liquidazione, contrariamente a quanto era previsto in passato.
2) Base contributiva: a decorrere dall'anno 2001 il diritto annuale è determinato in misura fissa per le sole imprese iscritte nella sezione speciale, mentre per le imprese iscritte in sezione ordinaria è commisurato al fatturato dell'esercizio precedente e determinato per scaglioni di fatturato.
Considerata la novità assoluta di quest'ultimo elemento il legislatore ha ritenuto opportuno determinarne una applicazione graduale prevedendo inizialmente un periodo transitorio di almeno due anni (2001 e 2002). Tale periodo transitorio è stato successivamente più volte prorogato e si è protratto fino al 2007.
Solo con l'entrata in vigore del D.M. 1 febbraio 2008, con cui sono state fissate le misure del diritto annuale dovuto per l'anno 2008, il nuovo diritto annuale è entrato a regime.
La determinazione della misura del diritto annuale è aggiornata annualmente con Decreto ministeriale, e per gli importi 2013 c’è la Nota Ministero Sviluppo economico n.0261118 del 21 dicembre 2012. Su tali importi, ai sensi dell'art. 18
29 comma 10 della L. n. 580 del 1993, ciascuna Camera di Commercio può deliberare una maggiorazione fino al 20%.
Dall’anno 2011, il D.lgs. n. 23/2010 ha introdotto alcune modifiche in materia di diritto annuale:
1. Le imprese individuali iscritte nella Sezione Ordinaria versano il diritto annuale in misura fissa e non in base al fatturato.
2. I soggetti iscritti nel solo REA (Repertorio Economico Amministrativo), sono tenuti al versamento del diritto annuale per la sola sede in misura fissa.
3. Le società semplici, agricole e non, e le società tra avvocati non sono più tenute al versamento del diritto in misura fissa, ma in base al fatturato (dichiarazione IRAP)
Tuttavia con la predisposizione del Decreto di determinazione delle misure del diritto annuale, anche per l’anno 2013, il Ministero dello sviluppo economico ha definito per i soggetti che sono stati interessati dalle innovazioni normative, il regime transitorio.
Sono soggetti al versamento del diritto tutte le Imprese che al 1° gennaio di ogni anno sono iscritte o annotate nel Registro delle Imprese, e a partire dal 1.1.2011 tutti coloro che sono iscritti nel Repertorio Economico Amministrativo, nonché tutte le imprese che si iscrivono o vengono annotate nel Registro Imprese e Repertorio Economico Amministrativo nel corso dell’anno di riferimento.
La stessa regola si applica alle imprese con sede legale all’estero e uffici operativi in Italia.
Sono obbligati al pagamento del diritto annuale: Società in liquidazione o in scioglimento; Società inattive dalla costituzione;
Società o Imprese individuali che abbiano sospeso o cessato l’attività; Società o Imprese individuali cessate nel corso dell’anno;
le unità locali d’imprese estere;
30 Sono esonerati dal versamento del diritto le unità locali di soggetti iscritti nel Repertorio Economico Amministrativo.
La cessazione di attività da parte di un’impresa non sempre coincide con la cancellazione dal registro imprese.
Le cause di esonero dal pagamento del diritto annuale sono solo quelle tassativamente indicate dall’articolo 4 del Decreto Interministeriale n. 359/2001: - le imprese individuali cessano il pagamento dall'anno successivo alla cessazione di attività, purché la domanda di cancellazione dal R.I. sia stata presentata entro il 30 gennaio dell'anno successivo a quello di cessazione;
- le società e altri enti collettivi cessano il pagamento dall'anno successivo all'approvazione del bilancio finale di liquidazione (o del piano di riparto finale), purché la domanda di cancellazione dal R.I. sia stata presentata entro il 30 gennaio dell'anno successivo a quello di approvazione;
- le società di persone e i consorzi che si sciolgono senza fase di liquidazione, cessano il pagamento dall'anno successivo all'atto di scioglimento senza liquidazione, purché la domanda di cancellazione dal R.I. sia stata presentata entro il 30 gennaio di tale anno.
- le imprese per le quali sia stato dichiarato il fallimento o la liquidazione coatta amministrativa, cessano il pagamento a partire dall'anno successivo a quello di adozione del provvedimento, purché non sia stato autorizzato e fino a quando non sia cessato l'esercizio provvisorio d'impresa;
- le società cooperative poste in scioglimento da parte dell'Autorità ai sensi dell'articolo 2544 del c.c, cessano il pagamento a partire dall'anno successivo a quello della data del provvedimento che ha comportato lo scioglimento.
Anche le imprese iscritte in corso d’anno sono soggette al versamento del diritto annuale contestualmente alla presentazione della domanda/denuncia o, entro trenta giorni dalla stessa, saldando l’eventuale maggiorazione del diritto al momento della scadenza.
Le imprese che esercitano attività economica anche attraverso unità locali devono versare, per ciascuna di esse, alla Camera di Commercio nel cui territorio
31 ha sede l’unità locale, un diritto pari al 20% di quello dovuto per la sede principale fino a un massimo di 240,00 euro ciascuna. Le unità locali o sedi secondarie d’imprese con sede principale all'estero versano un diritto in misura fissa pari ad euro 132,00 ciascuna.
Le imprese che denunciano l'apertura di unità locali in corso d'anno, versano il diritto annuale al momento della presentazione della denuncia.
Per le imprese già iscritte al primo di gennaio dell'anno di riferimento, il termine per il versamento del diritto annuale coincide con quello per il pagamento del primo acconto delle imposte sui redditi, con la possibilità di versare nei 30 giorni successivi a tale termine con la maggiorazione dello 0,40%.
Scadenza ordinaria per il versamento (imprese e unità locali preesistenti all’1.1.2013):
16 giugno 2013 per il versamento senza 0,40%;
16 luglio 2013 per versamento con 0,40% (anche in caso di compensazione con altri tributi, c.d. “F24 a saldo zero”, il diritto annuale deve essere maggiorato dello 0,40%)
Scadenza per società con proroga di approvazione del bilancio e/o con esercizio non coincidente con l’anno solare:
entro il giorno 16 del sesto mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta;
entro il giorno 16 del mese successivo a quello di approvazione del bilancio (per i soggetti che in base a disposizioni di legge approvano il bilancio oltre il termine di quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio);
entro il giorno 16 del mese successivo a quello di scadenza del termine stesso (se il bilancio non è approvato nel termine stabilito, in base alle disposizioni di legge di cui al precedente periodo, il versamento è comunque effettuato).
Il Decreto Interministeriale che stabilisce gli importi del diritto annuale, prevede che il diritto annuale è versato, in unica soluzione, con le modalità previste dal Capo III del D.Lgs. 9 luglio 1997 n. 241. Il citato D.Lgs. 241/1997 disciplina il “Modello di pagamento unificato”, ovvero il modello F24: a decorrere dal 1
32 ottobre 2006 i soggetti titolari di partita IVA devono effettuare i pagamenti delle imposte, dei contributi compreso il diritto annuale solo con modalità telematiche, anche servendosi di intermediari autorizzati.
Il diritto annuale, per le imprese e le unità locali preesistenti all’1 gennaio, deve essere obbligatoriamente versato, in unica soluzione, con modello F24.
Il diritto annuale di nuova iscrizione (per le imprese e/o unità locali) può essere versato anche con altre modalità al momento della protocollazione della domanda stessa. Se non è stato versato contestualmente alla presentazione della pratica, dovrà essere versato entro trenta giorni con modello F24, utilizzando le stesse modalità e codici descritti qui di seguito previsti per l’esazione a scadenza ordinaria.
L'importo del diritto annuale non è frazionabile in rapporto alla durata d’iscrizione nell'anno. Per la Camera di Commercio di Pisa, anche per l’anno 2013 è stato confermato, in virtù del comma 10 dell'art. 18 della Legge 580/1993, la maggiorazione del tributo nella misura del 20% da destinare ad interventi di sostegno e promozione dell'economia provinciale.
IMPORTO DIRITTO ANNUALE 2013: IMPRESE GIA’ ISCRITTE SOGGETTI ISCRITTI AL REPERTORIO ECONOMICO
AMMINISTRATIVO SEDE
UNITA' LOCALE
SOGGETTI ISCRITTI AL REPERTORIO ECONOMICO 36 € -
AMMINISTRATIVO – (REA)
(IMPORTO COMPRENSIVO DELLA MAGGIORAZIONE)
SEDI SECONDARIE/UNITA' LOCALI DI SEDI ESTERE SEDE
UNITA' LOCALE UNITÀ LOCALI E/O LE SEDI SECONDARIE DI IMPRESE CON
SEDE - 132 €
PRINCIPALE ALL'ESTERO
33 IMPRESE ISCRITTE/ANNOTATE NELLA SEZIONE SPECIALE SEDE
UNITA' LOCALE IMPRESE INDIVIDUALI
105,60
€ 21,12 €
SOCIETA' SEMPLICE AGRICOLA (*)
120,00
€ 24,00 €
SOCIETA' SEMPLICE NON AGRICOLA (*)
240,00
€ 48,00 €
SOCIETA' TRA AVVOCATI (*)
240,00
€ 48,00 €
(IMPORTI COMPRENSIVI DELLA MAGGIORAZIONE)
(*) REGIME TRANSITORIO
IMPRESE ISCRITTE NELLA SEZIONE ORDINARIA SEDE
UNITA' LOCALE IMPRESE INDIVIDUALI
240,00
€ 48,00 €
TUTTE LE ALTRE IMPRESE: Importo derivante dall'applicazione scaglioni di fatturato 2011-Irap 2012
Si dovrà poi calcolare il tributo ministeriale per la singola unità locale, come 20% del dovuto per la sede e con un massimo che per il 2011 è fissato in Euro 240,00.
IMPORTO DIRITTO ANNUALE 2013: IMPRESE ISCRITTE DAL 1 GENNAIO 2013
IMPRESE ISCRITTE/ANNOTATE NELLA SEZIONE SPECIALE SEDE
UNITA' LOCALE IMPRESE INDIVIDUALI
106,00
€ 21,00 €
SOCIETA' SEMPLICE AGRICOLA
120,00
€ 24,00 €
SOCIETA' SEMPLICE NON AGRICOLA
240,00
€ 48,00 €
SOCIETA' TRA AVVOCATI
240,00
€ 48,00 €
IMPRESE CON SEDE PRINCIPALE ALL'ESTERO - 132,00 €
34 IMPRESE ISCRITTE/ANNOTATE NELLA SEZIONE ORDINARIA SEDE
UNITA' LOCALE IMPRESE INDIVIDUALI-SOCIETA' DI PERSONE/CAPITALI/COOPERATIVE 240,00 € 48,00 €
SOGGETTI ISCRITTI AL REA
36,00
€ -
(IMPORTI COMPRENSIVI DELLA MAGGIORAZIONE)
L’istituto del ravvedimento è disciplinato dall’art. 6 del D.M. 54/05, e consente al contribuente, entro un anno dalla scadenza del pagamento, di sanare spontaneamente le violazioni commesse beneficiando della riduzione della misura minima della sanzione applicabile, purché le violazioni non siano già state constatate e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività di accertamento delle quali i soggetti interessati abbiano avuto formale conoscenza.
La sanzione ridotta da applicare in sede di versamento con ravvedimento del diritto annuale è pari al:
• 3,75% del tributo dovuto, se la regolarizzazione interviene entro trenta giorni dalla data di scadenza del pagamento (N.B. il ravvedimento “breve” è alternativo alla maggiorazione dello 0,40%);
• 6% del tributo dovuto, se la regolarizzazione interviene dal trentunesimo giorno e comunque entro un anno dalla data di scadenza ordinaria prevista per il versamento del primo acconto delle imposte dei redditi (non la data di scadenza di pagamento con la maggiorazione dello 0,40%).
Occorre precisare che il cosiddetto ravvedimento sprint (o brevissimo) introdotto dal Decreto Legge n. 98 del 2011, consistente nella sanzione dello 0,2% per ogni giorno di ritardo se il versamento è effettuato entro i quattordici giorni successivi alla scadenza originaria, non è previsto dalla Camera di Commercio di Pisa per il diritto annuale.
Il pagamento della sanzione ridotta deve essere eseguito contestualmente alla regolarizzazione del tributo dovuto, nonché al pagamento degli interessi moratori calcolati al tasso legale (1,5% anno 2011 e 2,5% dal 1-1-2012) con maturazione giorno per giorno.
35 E’ senz’altro più vantaggioso per il contribuente utilizzare la compensazione anziché richiedere il rimborso in caso di diritto annuale versato in eccedenza oppure non dovuto. Il modello F24 offre, infatti, la possibilità di compensare eventuali crediti vantati verso i vari enti creditori, ivi compresi quelli nei confronti della Camera di Commercio, limitatamente a quanto versato tramite modello F24 con il codice tributo 3850 (Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 115/E del 23.05.2003).
Invece, le richieste di rimborso devono essere presentate e proposte, a pena di decadenza, entro ventiquattro mesi dalla data di versamento (art.17 c. 3 Legge 23 dicembre 1999, n. 488, ribadito da art. 10 c. 1 del D.M. 359/2001).
La domanda di rimborso è l’unico mezzo per ottenere la restituzione di somme versate in eccesso a titolo di diritto annuale in caso di imprese cessate che non debbano effettuare più alcun versamento con F24.
In caso di omesso o tardato pagamento si applica la sanzione amministrativa dal 10 al 100% dell'ammontare del diritto dovuto, secondo le disposizioni in materia di sanzioni amministrative di cui al Decreto Ministeriale 27 gennaio 2005 n. 54. L’art. 10 del D.M. 54/2005 dispone che le sanzioni per omesso o tardivo versamento del diritto annuale debbano essere notificate a pena di decadenza entro il 31 dicembre del 5° anno successivo all'anno in cui è avvenuta la violazione (anno di riferimento del diritto annuale).
L’art. 6, del citato regolamento camerale, fissa i seguenti criteri di determinazione della sanzione:
1. Nei casi di tardivo versamento si applica una sanzione del 10% dell’importo dovuto.
2. Nei casi di versamento omesso o effettuato con un ritardo superiore ai trenta giorni si applica la sanzione del 30% sul diritto dovuto da maggiorare o ridurre in relazione agli elementi di valutazione di cui ai successivi articoli 7 e 10.
36 a. sull’intero diritto dovuto se il versamento parziale è stato eseguito con un ritardo superiore ai 30 giorni rispetto la scadenza prevista dall’art. 8 del D.M. 11 maggio 2001, n. 359;
b. sulla quota di diritto omesso se il versamento parziale è stato eseguito entro la scadenza prevista dall’art. 8 del D.M. 11 maggio 2001, n. 359 e/o con un ritardo inferiore ai 30 giorni.
Gli articoli 7 e 10 del Regolamento prevedono incrementi della sanzione in corrispondenza dei seguenti elementi aggravanti:
art. 7: gravità della violazione; art. 10: recidiva.
37 1.3 NORMATIVA IVA E IMPOSTE SUI REDDITI DELL’IMPRESA AGRICOLA
L’art. 2214 del codice civile dispone che: “L’imprenditore che esercita un’attività commerciale deve tenere il libro giornale e il libro degli inventari. Deve altresì tenere le altre scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa e conservare ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite.
Le disposizioni di questo paragrafo non si applicano ai piccoli imprenditori”. In base all’art. 2195 del codice civile, si considera imprenditore commerciale colui che esercita:
1) un’attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi; 2) un’attività intermediaria nella circolazione dei beni;
3) un’attività di trasporto per terra, per acqua o per aria; 4) un’attività bancaria o assicurativa;
5) altre attività ausiliarie delle precedenti.
Secondo l’art. 2083 del codice civile, sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.
In base a queste disposizioni, ne consegue che:
- gli imprenditori agricoli individuali (persone fisiche) e le società semplici agricole non sono obbligati a tenere le scritture contabili previste nell’art. 2214; - gli imprenditori agricoli costituiti sotto forma di società in nome collettivo e in accomandita semplice, di società di società di capitali e di società cooperative, sono obbligati a tenere le scritture contabili previste per l’imprenditore commerciale.
I libri contabili obbligatori sono il libro giornale e il libro degli inventari. Il libro giornale indica le operazioni relative all’esercizio dell’impresa.
38 L’inventario deve redigersi all’inizio dell’esercizio dell’impresa e successivamente ogni anno, deve contenere l’indicazione/valutazione delle attività/passività dell’impresa e si chiude con il bilancio (redatto con i criteri stabiliti per la s.p.a.) e con il conto profitti/perdite. L’inventario deve essere sottoscritto dall’imprenditore entro 3 mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi (30/9: sottoscrizione inventario entro 31/12).
A norma dell’art. 2215 del c.c, i libri contabili, prima di essere messi in uso, devono essere numerati progressivamente in ogni pagina e, qualora sia previsto l’obbligo della bollatura o della vidimazione, bollati in ogni foglio dall’ufficio del registro delle imprese o da un notaio secondo le disposizioni delle leggi speciali. Il libro giornale e il libro degli inventari devono essere numerati progressivamente e non sono soggetti a bollatura né a vidimazione.
Tutte le scritture devono essere tenute secondo le norme di un’ordinata contabilità, senza spazi in bianco, senza interlinee e senza trasporti in margine. Non vi si possono fare abrasioni e, se è necessaria qualche cancellazione, questa deve eseguirsi in modo che le parole cancellate siano leggibili.
Le scritture devono essere conservate per dieci anni dalla data dell’ultima registrazione. Per lo stesso periodo devono conservarsi le fatture, le lettere e i telegrammi ricevuti e le copie delle fatture, delle lettere e dei telegrammi spediti. Tuttavia, la legge fiscale (art. 22 del D.p.r. n. 600 del 1973) stabilisce che le scritture e i documenti contabili vengano conservati anche oltre il termine di dieci anni, fino a quando non siano definiti gli eventuali accertamenti relativi al corrispondente periodo d’imposta.
Le scritture e i documenti contabili, possono essere conservati sotto forma di registrazioni su supporti di immagini, sempreché le registrazioni corrispondano ai documenti e possano in ogni momento essere rese leggibili con mezzi messi a disposizione dal soggetto che utilizza detti supporti.
Ad ogni effetto di legge, ai fini civilistici e ai fini fiscali, la tenuta della contabilità informatizzata è considerata equivalente alla tenuta della contabilità
39 con modalità tradizionali a condizione che siano rispettate le disposizioni del Decreto Ministeriale del 23 gennaio 2004.
L’art. 3 di tale Decreto, stabilisce che i documenti informatici (rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti) ai fini tributari:
- hanno la forma di documenti statici non modificabili;
- sono emessi, al fine di garantirne l’attestazione della data, l’autenticità e l’integrità, con l’apposizione del riferimento temporale (data/ora) e della sottoscrizione elettronica (apposizione della firma elettronica qualificata);
- in caso di verifiche/controlli/ispezioni, sono resi leggibili e, a richiesta, disponibili su supporto cartaceo e informatico presso il luogo di conservazione delle scritture (possono anche essere esibiti telematicamente secondo le modalità stabilite con i provvedimenti dei direttori delle Agenzie fiscali);
- sono memorizzati su qualsiasi supporto di cui sia garantita la leggibilità nel tempo, purché sia assicurato l’ordine cronologico e non vi sia soluzione di continuità per ciascun periodo d’imposta;
- devono essere consentite le funzioni di ricerca e di estrazione delle informazioni dagli archivi informatici in relazione al cognome, al nome, alla denominazione, al codice fiscale, alla partita IVA, alla data/associazioni logiche di quest’ultimi.
Il processo di conservazione dei documenti informatici avviene mediante le modalità di memorizzazione previste dal comma 1 – lett. d), e termina con la sottoscrizione elettronica e l’apposizione della marca temporale (sequenza di simboli binari – bit, che consente di rendere opponibile a terzi un riferimento temporale), sull’insieme dei predetti documenti ovvero su un’evidenza informatica contenente l’impronta/e dei documenti da parte del responsabile della conservazione.
Gli imprenditori agricoli costituiti sotto la forma di società di capitali o di società cooperative, oltre ai registri contabili obbligatori, devono tenere i libri sociali. L’art. 2421 del c.c. prevede che la società per azioni, oltre ai libri e le altre scritture contabili prescritti nell’articolo 2214, deve tenere:
40 1) il libro dei soci, nel quale devono essere indicati distintamente per ogni categoria il numero delle azioni, il cognome e il nome dei titolari delle azioni nominative, i trasferimenti e i vincoli ad esse relativi e i versamenti eseguiti; 2) il libro delle obbligazioni, il quale deve indicare l’ammontare delle obbligazioni emesse e di quelle estinte, il cognome e il nome dei titolari delle obbligazioni nominative e i trasferimenti e i vincoli ad esse relativi;
3) il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee, in cui devono essere trascritti anche i verbali redatti per atto pubblico;
4) il libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione o del consiglio di gestione;
5) il libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale ovvero del consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione;
6) il libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitato esecutivo, se questo esiste;
7) il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee degli obbligazionisti, se sono state emesse obbligazioni;
8) il libro degli strumenti finanziari emessi ai sensi dell’articolo 2447sexies. I libri indicati ai numeri 1), 2), 3), 4) e 8) sono tenuti a cura degli amministratori o dei componenti del consiglio di gestione, il libro indicato al numero 5) a cura del collegio sindacale ovvero del consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione, il libro indicato al numero 6) a cura del comitato esecutivo e il libro indicato al numero 7) a cura del rappresentante comune degli obbligazionisti.
I libri di cui al presente articolo, prima che siano messi in uso, devono essere numerati progressivamente in ogni pagina e bollati in ogni foglio a norma dell’articolo 2215.
L’art. 2478 del c.c. prevede che la società a responsabilità limitata, oltre ai libri e le altre scritture contabili prescritti nell’articolo 2214, deve tenere:
1) il libro delle decisioni dei soci, nel quale sono trascritti senza indugio sia i verbali delle assemblee, anche se redatti per atto pubblico, sia le decisioni prese
41 ai sensi del primo periodo del terzo comma dell’articolo 2479 (la relativa documentazione è conservata dalla società);
2) il libro delle decisioni degli amministratori;
3) il libro delle decisioni del collegio sindacale o del revisore nominati ai sensi dell’articolo 2477.
I libri indicati ai numeri 1) e 2) devono essere tenuti a cura degli amministratori; il libro indicato al numero 3) deve essere tenuto a cura dei sindaci o del revisore. Quindi, la vidimazione iniziale e la bollatura a secco delle singole pagine, attualmente, è prevista solo per i libri sociali obbligatori: queste scritture, pertanto, vanno numerate e bollate presso il Registro Imprese della Camera di Commercio o presso un notaio.
Invece, gli altri libri contabili previsti dal codice civile (libro giornale e libro degli inventari) e quelli previsti dalle norme fiscali (registri Iva, registro beni ammortizzabili, ecc.) non devono essere vidimati: per queste scritture contabili, l’unica formalità richiesta per il loro uso è rappresentata dalla numerazione progressiva delle pagine eseguita direttamente dal soggetto obbligato alla tenuta delle stesse.
Ai fini delle imposte sui redditi, i soggetti che esercitano attività di allevamento di animali, devono tenere un registro cronologico di carico e scarico degli animali allevati, distinti per specie e ciclo di allevamento, con l’indicazione degli incrementi e decrementi verificatesi per qualsiasi causa nel periodo d’imposta.